In cammino insieme allo Spirito Santo la via che conduce a Dio

NOVENA A DIO

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 12:54


    NOVENA A DIO

     

    PRIMO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: prediletta da Dio Creatore

    (Gen. 1,1.26-28; 2,16-18; 3,1-10)

     

    I.

    San Paolo mette in evidenza che, ammiran­do la perfezione della creazione, è facile risalire alle perfezioni del suo Autore, quali la sua Potenza e la sua Divinità: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rm 1,20). La ragione ci dice: "Dio c'è!". Questa consape­volezza ci fa desiderare di conoscerlo sempre meglio. Il Catechismo della Chiesa cattolica ce lo ricorda: esi­stiamo per conoscere, amare e servire Dio in questa vita e goderlo eternamente in Paradiso.

     

    Il.

    Leggendo i primi tre capitoli del libro della Genesi, l'Agiografo, ispirato dallo Spirito Santo, ci fa capire che ogni creatura umana non è frutto di cieche combinazioni, ma siamo stati progettati, dall'eternità, da Colui che è la Fonte della Vita.

     

    III.

    Come ci insegnò Gesù, solo al nostro Crea­tore spetta il titolo di Padre-Abbà:Papà. Gesù ci ha rivelato che il Padre è la prima perso­na della Santissima Trinità.

     

    IV.

    Leggendo il racconto della creazione, l'a­giografo evidenzia che Dio, totalmente libero e incon­trastato, crea, cioè dona l'esistenza, con il semplice suo volere, a cose che prima non esistevano. La sua Parola è creatrice, come si legge anche nel libro dei Salmi: "Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui tutti gli abitanti del mondo, perché egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste" (Sai 33,8-9). Da Dio procedono solo opere buone: la creatura venuta all'esistenza riceve l'approvazione soddisfatta del Creatore: "E Dio vide che era cosa buona " (Gn 1,10).

     

    V.

    "Dio creò l'uomo a sua immagine; a imma­gine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gn 1,27). Dinanzi all'uomo, Dio si compiace molto più che dinanzi a tutte le altre creature: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Gn 1,31). San Paolo, sempre in riferimento alla creazione, ci dice che "Dio ci ha creato in Cristo" (cfr Col 1,26); "In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: poiché di lui stirpe noi siamo" (At 17,28); in realtà abbiamo: "Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ef 4,6).

     

    VI.

    Dio Padre si intrattiene familiarmente col primo suo figlio: Adamo; ce lo dice, ancora, il libro sacro della Genesi; come il migliore dei Padri, lo ammaestra, lo segue: “Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all 'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati..." (Gn 2,19).

     

    VII.

    Dio tratta il primo uomo creato come una persona libera e responsabile; non lo costringe come si fa con le cose, come le altre creature che sono obbliga­te al loro compito. Traspare il rispetto di Dio per l'uo­mo dal quale si aspetta il rapporto filiale; per questa ragione Dio avverte il suo amato figlio del pericolo esi­stente: nel mondo esiste una creatura che ha voluto creare un'alternativa al piano di amore di Dio e l'alter­nativa all'amore e al bene non può non essere che odio e male; l'artefice dell'alternativa: un angelo creato buono e ora pervertito, di nome Lucifero. Pena dell'eventuale trasgressione dell'avvertimento divino: conoscenza o esperienza della morte: "...quando tu ne man­giassi, certamente moriresti" (Gn Z 17).

     

    VIII.

    Lo scrittore sacro, nel Cap. 3 del libro della Genesi, descrive in modo semplice ed immediato le fasi della tentazione e della caduta della prima cop­pia creata, Adamo ed Eva. Si mette in risalto come il tentatore riesce, nel suo malvagio intento, a insinuare in Eva il dubbio verso la bontà di Dio. Purtroppo, come ci svela la Sacra Scrittura, la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo. Questa tremenda realtà della caduta degli Angeli, divenuti demoni, diceva il Sommo Pontefice Paolo VI, è una storia di cui conosciamo poco, con la quale, però, dobbiamo fare i conti. Ce lo ricorda anche il Concilio Vaticano Il: "... Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno"; lotta che, come dice San Paolo, è rivolta contro creature spirituali, demoni, per cui ci è necessario pre­munirci con la corazza e con le armi adeguate, che San Paolo elenca: "1n realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragio­namenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all'ubbidienza al Cristo" (2Cor 10,3-6). La difesa decisiva contro satana, come ci ricorda ancora Paolo VI, è la vita di Grazia in Dio. Tutto quello che ci difende dal peccato ci difende dal nemico stesso: satana. 

     

    IX.

    Adamo ed Eva si sentono realmente tra­sformati da figli e amici di Dio, in paurose creature; il veleno mortale della diffidenza verso Dio, ormai, opera nei loro cuori. Da allora, questa opera di convin­cimento satanico facilmente ha trovato accoglienza in tanti cuori, resi sempre più diffidenti dal male dilagan­te sotto tante forme. 

     

    X.

    Ma Dio è Padre! Se i figli possono mancare nel loro dovere verso di lui, Dio non può rinnegare se stesso: Dio-Padre mai rinnegherà i figli suoi. Quanto ha fatto e continua a fare Dio per convincerci che ci vuole bene! Certamente, per poter sperimentare con serena fiducia l'amicizia di Dio, è necessario togliere l'unico impedimento: il peccato, cioè la disobbedienza, la tra­sgressione delle sue leggi di vita.

     

    XI.

    Ricordiamo la premura del Cuore paterno di Dio Misericordioso che, ad una sua serva, ha voluto rivelare: "Che gli uomini conoscano Dio non come un padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono che cerca con ogni mezzo di far con­tenti i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro " Il Beato Pio da Pietralcina afferma la stessa verità quando dice: "Dio non rigetta le anime pentite e va in cerca di quelle ostinate".

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore creante, sulla parola del tuo dilettissimo Figlio, il Signore Nostro Gesù Cristo, che ha detto: “In verità vi dico, qualunque cosa chiederete al Padre mio, nel mio nome, egli ve la concederà"; Nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore immacolato di Maria, ti chiediamo: manda il tuo Santo Spirito Creatore in ogni cuore; i tuoi figli siano sempre più convinti della tua immutabile bontà verso di loro. Conduci a termine le opere di bene da noi incominciate, perché non debba rattristarti delle nostre cattive azioni, dopo che ti sei degnato di chiamarci ad essere tuoi figli.

    Pater, Ave, Gloria.

     

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 12:57
    SECONDO GIORNO:



    SECONDO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: creata libera e responsabile.

     (Lc 15,1-13)

     

     

     

    I.

    Abbiamo detto che una delle caratteristiche che fanno della creatura umana un figlio di Dio è il dono della libertà. Questo dono-diritto ricevuto da Dio Padre è giustamente rivendicato da ogni creatura umana Dio stesso, per la sua infinita giustizia, rispetta in modo sacro tale dignità elargita ai suoi figli; ciò vuoi dire che Dio non si impone come Padre, né impone, d'altra parte, il bene infinito che desidera elargire ai suoi figli, nel tempo e nell'eternità.

     

    Il.

    Sappiamo che, da sempre, Dio ha elaborato un progetto su ogni creatura umana e tale progetto coincide con la massima realizzazione della persona, nel tempo e nella eternità. Progetto di Dio sull'uomo non vuol dire fatalismo, proprio perché non è un progetto imposto, bensì pro­posto all'uomo, quale figlio.

     

    III.

    Coloro che ricorrono ai chiromanti, agli astrologi, ai maghi, ai mediums, o a forme di spiritismo che dir si voglia, ammettono una dipendenza da "forze" sconosciute; il volere conoscere il futuro, manifesta una rassegnazione passiva ad un destino inevitabile; oppure, per dare un altro esempio, volere una grazia speciale tramite un pagamento significa volere piegare Dio alla propria volontà e uscire dall'ambito di creatu­re di Dio. Questi ricorsi all'occultismo manifestano il rifiuto del rapporto filiale che dovrebbe essere vissuto con la fonte della Vita-Dio.

     

    IV.

    Quando la creatura umana decide di tra­sgredire la Legge di Dio, gli effetti devastanti del pec­cato si fanno sentire. Paolo VI ce lo ricordava: il pec­cato, offesa personale della creatura nei confronti del Creatore, è un vero e proprio suicidio.

     

    V.

    Le leggi di Dio sono leggi di vita uscite dal Cuore di Dio-Vita Eterna; la loro trasgressione è, in qualche modo, paragonabile all'uscita dai binari di un treno...

     

    VI.

    Gli effetti devastanti del peccato, sull'uomo che lo pratica, si fanno sentire ad ogni livello: psico-fisico-spirituale. Il peccatore, col peccato, realmente si separa da Dio e si isola da se stesso, dalle altre creatu­re umane e dalle stesse cose. Le facoltà: intelligenza e volontà, vengono otte­nebrate e indebolite separandosi da Dio Luce e Forza. E anima e il corpo, per natura uniti nella loro attività, sperimentano la morte, perché non attingono più dal contatto vivificante con la Fonte eterna: Dio-Vita. Di fatto, l'unica realtà che resta e resterà in eterno, è la esistenza che Dio non toglierà mai alle creature umane, proprio perchè create a immagine e somiglianza di Dio; create per esistere sempre; per esistere o in comu­nione con lui, Vita Eterna (= Paradiso), o separati da Lui, nelle tenebre della morte eterna (= Inferno).

     

    VII.

    Diocalcola tutti i condizionamenti, che mente umana non può valutare se non molto superfi­cialmente; soprattutto Dio vede l'astuta malizia satani­ca che facilmente riesce ad ingannare i poveri discen­denti di Adamo ed Eva.

     

    VIII.

    Gesù disse: "Chi vede me, vede colui che mi ha mandato" (Gv 12,45); "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14.9). In tanti modi, il Padre, ci manifesta il suo atteggiamento nei nostri confronti. Gesù si paragona al Buon Pastore che lascia, nel sicuro recinto, le pecore che non si sono allontanate da Lui (= simbolo della Vita di grazia) per andare in cerca, con fatica e rischi per la vita propria, della pecora imprudente. Per farci intendere meglio la sproporzione tra la sua dignità e la nostra, e l'eccesso del suo amore per noi, Gesù si paragona al Buon Pastore, disposto a dare la vita per assicurare la vita delle sue pecore! Gesù-Dio rappresenta il Padre che continuamente e instancabilmente vuole ritrovare i suoi figli per curarli, anzitutto, per ricostruirli poi, perché il peccato li ha distrutti e, infine, per riproporre loro il suo progetto di felicità.

     

    IX.

    Concretamente comprendiamo come la ragione profonda per la quale Gesù-Dio ha fondato la sua Chiesa e ci ha lasciato la Santa Messa e i Santi Sacramenti è proprio questa: il recupero-salvezza dei suoi figli smarriti e feriti, ingannati, colpiti dai crudeli nemici, ricollocandoli nel luogo sicuro in terra e, se i suoi figli sono perseveranti nel volere il vero bene, collocarli in eterno al sicuro nella sua casa ove non sarà più possibile perdersi o ferirsi. Ecco il piano di Dio-Padre su ciascuno di noi.

     

    X.

    I Santi padri della Chiesa dicevano: "Extra Aecclesia nulla salus" (fuori dalla Chiesa non c'è nes­suna salvezza), evidenziando l'affermazione di Gesù: "Chi crede in lui (nel Figlio di Dio) non é condannato; ma chi non crede é già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio" (Gv 3,18); da sé, infatti, si condannerà a morte chi, dopo essere venuto a conoscenza della possibilità di venire liberato dal male-peccato, rifiuterà la salvezza. È quello che disse Papa Paolo VI, quando nella sua Professione di Fede dichiarò che sarebbero andati eter­namente perduti solo quelli che, fino all'ultimo, avreb­bero resistito alla misericordia di Dio.

     

    XI.

    La gloria di Dio è l'uomo vivente. La Sacra Scrittura ci ricorda: "Poiché non gli inferi ti lodano, né la morte ti canta inni... Il vivente, il vivente ti rende grazie come io oggi faccio" (Is 38,18-19); "Ogni vivente dia lode al Signore" (Sai 150,5). Gesù, d'altro canto, ci assicura: "Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cerca­re e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10); "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbon­danza" (Gv 10,10). l'essere creati in Cristo, con la conseguente libertà umana di consentire la glorificazione di Dio (= realiz­zare), il progetto di Dio su di sé o rifiutarlo, costituisce la ragione profonda o della Festa-Gioia di Dio con i suoi eletti (in cielo, in terra, in purgatorio e di fronte all'inferno) o della sua sofferenza incommensurabile, incomprensibile a mente umana.

     

    XII.

    l'uomo che ha colto questa relazione ineffabile con il suo Dio scopre di essere al centro di un conflitto tra il bene e il male e, per meritare di essere annoverato tra i figli di Dio per sempre, lotta, con 1'aiu­to di Dio, contro il male, per uscire da questo mondo vincitore contro i veri nemici di Dio e nostri: satana, la carne, il peccato; il santo è certo dell'aiuto di Dio, della sua fedeltà. Dio infatti non permetterà mai che l'uomo venga tentato oltre le proprie forze. Il cristiano sa, come dice la Sacra Scrittura, che tutta la vita è una tentazione, una prova, che dimostra, a noi stessi - non a Dio, che ci conosce da sempre -, se vera­mente amiamo la Vita.

     

    XIII.

    Il segreto della riuscita sicura è il seguente: credere nella bontà di Dio; credere ferma­mente. Credere che Dio è Dio perché è immutabile nell'amore misericordioso, nella sua volontà di bene e di salvezza per l'umanità. Credere sui fatti: credere e richiamare la storia della salvezza, la storia vera scritta da Dio e che nessuno può negare e cancellare. È storia che ritroveremo divina­mente scolpita sull'eterno Libro della Vita, che è il suo Cuore divino, quando saremo chiamati nella Città della Nuova-Splendente-Eterna Gerusalemme. È stato questo il grido gioioso degli Apostoli, testi­moni oculari del sacrificio dell'Uomo-Dio Gesù: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1 Gv 4,16).

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore vivificante, sulla parola del tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, che ha detto: “In verità vi dico, chiedete ed otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”; nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito vivificante in ogni cuore; i tuoi figli sentano costantemente la necessità di far morire l'amore proprio in se, radice della superbia e di ogni vizio; cresca sempre più l'amore alla vera vita: Gesù: Via, Verità e Vita.

    Pater, Ave, Gloria.

     

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 12:59


    TERZO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: peccatrice e capace di conversione.

    (Lc 15, 14-24)

     

    I.

    La parabola del figlio prodigo manifesta, anzitutto, chiaramente, il diritto della creatura umana a realizzare un proprio progetto di vita, giusto o sbaglia­to che sia. "Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: 'Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta"'. Anzitutto, questo giovane, rivendica il diritto ad usare della sua libertà: "Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano...". Fino a qui, si è nel pieno diritto, dato da Dio, di amministrare la propria vita come si vuole.

     

    Il.

    Quello che amareggia il Cuore del Padre di questi due figli, descritti nella parabola, è che il figlio minore, chiedendogli irrispettosamente la parte di ere­dità che avrebbe ricevuto alla morte del padre, pratica­mente ha anticipato quell'ora, concretizzata con la sua partenza. Evidentemente la prospettiva della fatica, delle rinunce, del lavoro umile e nascosto, spesso non apprezzato, anche se garantiva benessere e protezione dai parenti e amici, non attiravano più il figlio più gio­vane. Egli aveva in cuore un suo progetto: perché la fatica e il lavoro quando si può disporre di beni per divertirsi ed essere al centro dell'attenzione e puoi ser­virti di tutto?

     

    III.

    giovane, nello stesso tempo, volutamen­te, ignorava quel comandamento divino che vuole ono­rati i genitori da parte dei figli! Duplice trasgressione del comandamento perché l'allontanamento del figlio dalla casa paterna non è richiesto da una vocazione divina e perché, la vita dis­soluta del giovane, prima programmata e poi attuata, avrebbe gravemente disonorato anche i genitori.

     

    IV.

    Dice la Sacra Scrittura: "l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che peri­scono" (Sai 49,13), "Perché là dov’ è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore  (Mt 6,21). Gesù ci ricorda sempre, sulla parola della Sacra Scrittura, che è difficile, per un ricco, entrare nel regno dei cieli: "L'attaccamento al denaro, infatti, è la radice di tutti i mali" (1 Tm 6,10). È evidente che non sono un male le ricchezze in se stesse; infatti, come lo dimostra la vita dei santi, esse possono essere usate per opere gradite a Dio, secondo la sua volontà. La povertà di spirito è la necessaria disposizione che non fa sentire l'uomo un dio; l'uomo che si fa dio da se stesso non sente il bisogno di dipen­dere da Dio-Padre, perché si sente potente, non si sente bisognoso di chiedere filialmente e di dipendere umil­mente, come si conviene a povere creature. Il povero di spirito, si sente amministratore e col­laboratore di Dio-Padre, vero ed eterno padrone di ogni bene.

     

     

     

    V.

    È sempre per il bene delle sue creature che Dio-Padre permette, per giustizia, che facciamo le nostre scelte e che sperimentiamo le conseguenze umi­lianti e dolorose delle nostre decisioni sbagliate. La storia umana è una storia di sofferenze, lutti e umilia­zioni proprio perché, all'origine di tutto questo male, esistono una o più trasgressioni delle leggi di Dio-Vita, nei singoli individui, nelle famiglie e nelle nazioni.

     

    VI.

    La parabola ci dice che il figlio prodigo: "Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci" (Le 15,14-15). Povertà, difficoltà nate da calamità naturali e da ostilità degli uomini, facilmente condu­cono alla disperazione i cuori che si sono chiusi al rap­porto filiale con Dio. In realtà, chi non è con Dio, si sente perso. Spesso le contrarietà della vita, anziché portare ad un ravvedimento, anziché stimolare soluzioni giuste, portano ad imprecare, si maledice, si diventa più ingiu­sti ed aggressivi con tutti: con Dio, con se stessi e con gli altri. l'atteggiamento giusto lo tiene il giovane del Vangelo che riconosce che, alla base della sua infelice situazione, sta la sua scelta sbagliata: "Ho peccato con­tro il Cielo (Dio) e contro di te (Padre)"   (Le 15,18).

     

    VII.

    Quando decidiamo di rientrare nei binari della giustizia comprendiamo bene come Dio è vera­mente buono, sempre, perché usa dei nostri stessi erro­ri per correggerci e beneficarci ancora di più. Lo evi­denzia bene san Paolo: "Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm. 8,28).

     

    VIII.

    L'uomo si arrende quando scopre l'amo­re paterno di Dio anche sotto gli aspetti più severi della vita; nelle malattie e nelle guerre il Padre non abban­dona mai i propri figli, nonostante le offese ricevute da loro. Cadono, così, dal cuore pentito, le false visioni della vita; conversione, ritorno, riallacciare i rapporti familiari divini: tutto diventa un accrescimento di stima verso il Padre, che si credeva di conoscere ma, di fatto, era valutato come un semplice vicino di casa, o come un impedimento alla realizzazione della personale felicità.

     

    IX.

    È incomprensibile dolore del Padre, per­mettere, per giustizia, le esperienze del male per i pro­pri figli, nonostante tutte le cure e gli avvertimenti elar­giti per evitarle. Quando il figlio decide di fare ripara­zione al Padre, di realizzare il progetto che da sempre ha, con amore, ideato per lui, da quel momento, il pas­sato negativo del figlio non esiste più; il figlio prodigo non esiste più: è ridiventato il vero figlio; il figlio torna ad essere causa di gioia e vanto, dinanzi a tutto il mondo; diventa gioia per il Padre onorarlo pubblica­mente: in Cielo, in Terra, di fronte a tutti.

     

    X.

    Questo è il comportamento che tiene Dio-Padre con i suoi figli, indipendentemente dal numero e dalla gravità delle offese arrecategli. Dio-Padre non guarda al tempo, attende anche per decenni i suoi figli allontanati da casa e, anche se molti, delusi e stanchi, ritorneranno solo al termine della loro esistenza terrena, questi troveranno, sulla soglia di casa, il Padre creatore che si rallegra nel vede­re il figlio tornare alla vita. Festa completa di Dio-Padre con il figlio prodigo rinato e riconciliato: il vestito più bello: lo Spirito Santo: vita sempre nuova; l'anello al dito: il nuovo patto di paternità e di filiazione, con nuova eredità; i calzari ai piedi: sicura padronanza di chi cam­mina in casa propria; il vitello grasso: l'eucaristia, la vita di grazia; e mangiamo e facciamo festa: partecipazione e comunione di tutta la Famiglia di Dio, la Chie­sa: trionfante - purgante - militante.

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore Incompreso, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: In verità vi dico, se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli..."; nel nome di Gesù, per mezzo dei Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito di amore, in ogni cuore; tuoi figli, con vero abbandono confidente e filiale, si lascino condurre nelle tue vie, abbiano una sola ricchezza: il tuo amore; abbiano una sola sicurezza: la tua misericordia; abbiano una sola dimora: il tuo cuore.

    Pater, Ave, Gloria.

     

     

     

     

     

     

    QUARTO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: oggetto della benevolenza dell'eterno Padre

    (Luca 15,25-32)

     

    I.

    Nella parabola del Padre misericordioso è impressionante il comportamento tenuto dal figlio maggiore, di fronte alla notizia della presenza del fra­tello festeggiato in casa, dal Padre e dai servi, perché si è nuovamente inserito nella vita familiare. La prima tendenza che avvertiamo di fronte a tale comportamen­to, è quella di confrontarlo con il comportamento del Padre di tutti e due i figli e di collegano all'atteggia­mento del fariseo nei confronti del pubblicano, il quale se        ne stava umiliato in fondo al Tempio  (cfr Lc 18,9-14). Il fariseo, in piedi, era preoccupato di ricordare a Dio che aveva davanti a sé una persona per bene; più ancora, Dio aveva davanti a sé un perfetto osservante della Legge, al quale, Dio, non avrebbe potuto fare alcun rimprovero: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppu­re come questo pubblicano. Digiuno due volte la setti­mana e pago le decime di quanto possiedo" (Lc 18,11-12).

     

    Il.

    Il figlio maggiore, della citata parabola del Padre misericordioso, va ben oltre i limiti tenuti dal fariseo: diventa aggressivo: "Egli si arrabbiò, e non voleva entrare" (Lc 15,28). Dal primo rifiuto di incontrarsi col fratello minore, passa all'accusa di ingiustizia nei confronti del Padre che lo invitava, con umile tenerezza, ad entrare in casa a far festa: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici" (Lc 15,29). È la negazione radicale del rapporto familiare! Il figlio maggiore affermava, sostanzialmente, che il suo servizio meritava un capretto, da consumare con gli amici, ma non col fratello! Il figlio maggiore, apparentemente stava vicino al Padre: in realtà, la sua esternazione manifesta un evi­dente giudizio di disistima nei confronti del genitore, giudizio covato interiormente e rivelato alla prima occa­sione.

     

    III.

    Sia il fariseo, sia il figlio maggiore della parabola in questione, non pensano minimamente che, nelle persone che essi respingono, il pubblicano e il fratello minore, possa esserci, come di fatto c'è, la con­versione o l'inizio di un cambiamento di vita: sono per­sone perse, per loro.

     

    IV.

    Gesù, non casualmente ci ha illustrato la parabola del Figlio prodigo. Spesso siamo tentati di dire: "Io mi sforzo di essere sempre onesto e devo vede­re dei delinquenti che stanno bene, sono contenti e non hanno le sofferenze e le prove che ho io. A che serve allora comportarsi bene, meglio praticare il male!". Questa affermazione la si sente dire da tutte le cate­gorie di persone; detta, da noi cristiani, discepoli di Gesù, morto in Croce, è grandemente blasfema!

     

    V.

    Quante volte le creature umane vogliono mantenere una posizione disordinata! Quante volte accusiamo Dio di ingiustizia! Affermiamo: Signore, perché permetti questo e quello? Tale comportamento è l'effetto del peccato origina­le che, dopo aver provocato ogni disordine e instaurato un clima di diffidenza verso il Padre Eterno e le altre persone, alimenta chiusure in noi stessi, che si manife­stano evidenziando le colpe altrui. Dio Creatore, dice la Sacra Scrittura, passeggiava nel giardino terrestre alla brezza della sera, in familia­re intimità con Adamo ed Eva. Nella terribile esperienza del peccato, Dio andò verso i suoi figli impauri­ti e avviliti. Chiese ad Adamo: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?". Adamo rispose accusando Eva: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'al­bero e io ne ho mangiato". Eva, non si riconobbe subito colpevole ed indicò il tentatore come responsabile della sua caduta: "Il ser­pente mi ha ingannata e io ho mangiato" (Gn 3,11-13). Adamo ed Eva dovevano riconoscere subito la respon­sabilità del loro peccato. Quando riconosciamo d'aver peccato ameremo, con giustizia, il nostro Dio e i fratelli! Se abbondò il pecca­to, sovrabbondò la grazia di Cristo! È festa senza limi­ti per il peccatore sinceramente pentito! Lo dice il confessore Beato Pio da Pietrelcina e con lui, tutti i sacerdoti che per ore ed ore confessano i penitenti.

     

    VI.

    Il fariseo e il figlio maggiore della citata parabola, parlano ed agiscono, non in base ai dati certi, ma mossi dai loro preconcetti; per loro, la realtà è evi­dente! Nel caso del fariseo, Gesù conclude: "Ma io vi dico: questi (il pubblicano) tornò a casa giustificato, a diffe­renza dell 'altro (il fariseo)" (Lc 18,14). Il motivo di que­sta conclusione divina è semplice: il fariseo, in pratica, non si riteneva bisognoso di perdono-salvezza, perciò non si umiliò nel chiedere misericordia, mentre Dio ha promesso di darci la Salvezza se la chiediamo pentiti. Nel caso della parabola del Padre misericordioso, il Padre spiega le ragioni del suo comportamento: rivela al figlio maggiore quello che ignorava: il figlio più gio­vane, suo fratello, è pentito al punto da accettare di essere trattato come un servo qualsiasi: "... non sono più degno di esser chiamato tuo figlio" (Lc 15,21).

     

    VII.

    Il Padre, Dio misericordioso, invia il suo Figlio Unigenito: Gesù Cristo, consustanziale al Padre. Appare luminosamente infinita, instancabile, la Bontà del Figlio di Dio, vero Figlio maggiore, nei con­fronti di tutti noi, figli prodighi che ritorniamo alla casa paterna! Non solo Dio-Figlio attende il ritorno dei suoi fra­telli minori ma, lui stesso, dopo aver lasciato la casa del Padre, i cieli, si è messo alla ricerca dei suoi fratelli lontani. Gesù può affermare: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9); per la perfetta unione di amore, i fra­telli minori, in tutto, vedono in Gesù, il Padre-Dio.

     

    VIII.

    Una grande lezione dobbiamo ritenere dalla parabola del Padre misericordioso: "Quando (il figlio prodigo) era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò" (Lc 15,20). Dio Padre vuole che i suoi figli che non hanno lasciato la casa paterna, vita di grazia-vita divina, siano gioiosamente solleciti ed operino fattiva­mente per il ritorno dei loro fratelli lontani. Dobbiamo avere compassione, facendo propri i sen­timenti di Dio-Padre nostro, al punto da non darci pace, non darci per vinti, ma tutto intraprendere e fare tutto il possibile per il recupero-salvezza della loro anima e per dare gioia al Padre-Buono. Desiderare di partecipa­re alla festa del Padre, festa che non avrà mai fine, quando ci si riunirà per sempre nella Patria vera e defi­nitiva: "Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7). I sacerdoti che confessano si dimenticano dei pecca­ti dei fratelli pentiti, e partecipano della loro immensa gioia. Questa gioia divina sostiene i confessori nelle ore e ore vissute nell'amministrare il sacramento del Padre misericordioso.

     

    IX.

    La conversione e la riconciliazione nostra e dei fratelli con Dio-Trinità! Èquesto il grande lavoro che Dio-Padre vuole che decisamente e con fiducia intraprendiamo, certi che con i mezzi che ci mette con­tinuamente a disposizione potremo riuscire nell'impre­sa divina. Come è respinta da Dio la superbia del fariseo, allo stesso modo non è gradita a Dio la falsa umiltà di colui che avanza, come ragioni di disimpegno, la propria meschinità o gli egoismi che lo hanno vinto in passato.

     

    X.

    Entrare nelle prospettive di Dio-Padre, colla­borando con Lui instancabilmente, fino alla fine, signi­fica immunizzarsi, sempre e maggiormente, contro ogni forma di alienazione e, d'altra parte, significa irrobustire e rinsaldare sempre più i vincoli di carità e di vita con la Santissima Trinità.

     

    XI.

    Dio sa come siamo bisognosi di tutto, Dio sa quello che è per il nostro bene, Dio ha già predispo­sto come e quando darci quello che ci è necessario e darci più ancora; Egli desidera da noi che gli chiedia­mo la forza e la perseveranza per amare col suo Cuore, con i suoi sentimenti, tutti i nostri fratelli, particolar­mente i più esposti a perdersi. Gesù stesso, pur essendo Dio, ha condiviso la nostra condizione umana, come ricorda San Paolo. Costante­mente attingeva dall'eterno Padre, nella preghiera, la forza per amare anche coloro che lo odiavano. E sua l'affermazione: "Se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra" (Gv 15,20b); "In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò" (Gv 14,12-14). Chiediamo per noi e per tutti l'aumento della fede, la vera conversione e la perseveranza finale nella Volontà di Dio, condizioni indispensabili per entrare nel Regno dei Cieli.

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore misericordioso, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: Beati i misericordiosi perchè otterranno misericordia"; nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito, l'amore misericordioso, in ogni cuore; i tuoi figli, amino col tuo stesso cuore compassionevole e, liberi da qualsiasi risentimento, vedano in ogni persona, non una creatura da giudicare, ma un fratello da rispettare e da aiutare, per tuo volere.

    Pater, Ave, Gloria.

     

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 13:01


    QUINTO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: sacra, perché sposata alla natura divina.

    (Rm 5,8-11.15-17.8,31-39; Fil 2,5-11)

     

    I.

    Non serve perdere tempo pensando a come sarebbero andate le cose se Dio non avesse trovato l'u­nica creatura immacolata, la sempre vergine Maria che, con il suo "Sì", ha reso possibile l'Incarnazione del Verbo e la Redenzione operata da Gesù. Dobbiamo meditare le opere di Dio: Creatore, Redentore e Santi­ficatore, tenendo presente la realtà storica come si è svolta e si svolge.

     

    II.

    Abbiamo considerato come Dio aveva minacciato, ai primi uomini creati, la pena di morte, quale conseguenza della trasgressione del suo coman­do di vita eterna. Sappiamo bene che la persona che muore non è in grado, da sé, di tornare alla vita. Solo Gesù, Uomo-Dio, per virtù propria, ha potuto ripren­dere il proprio corpo: "Nessuno me la toglie (la vita), ma la offro da me stesso, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio" (Gv 10,18). Diceva il Papa Paolo VI: "Siamo capaci di per­derci ma non di salvarci!... abbiamo bisogno di un Sal­vatore...". Èevidente che Dio-Trinità, eterno presente, come ha visto che l'umanità si sarebbe persa, ha pure previ­sto il rimedio: Gesù, Uomo-Dio, e la Redenzione da lui operata.

     

    III.

    Èbene, tuttavia, tenere presente cosa ne sarebbe stato dell'umanità, di ognuno di noi, se Dio misericordioso non fosse intervenuto per salvarci. Col peccato originale, Adamo ed Eva, rifiutano lo Spirito di Dio-Vita eterna, la comunione con lui e, conseguente­mente, accolgono in sé lo spirito del nemico di Dio e dell'umanità, Satana-morte. Gesù l'ha detto: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Lc 11,23). L'esistenza eterna donataci da Dio, senza il suo intervento liberante, avrebbe avuto come conseguenza, per libera scelta umana, la situazione di eterna schia­vitù sotto il giogo demoniaco. Sarebbe stato il vero inferno, iniziato su questa terra e consumato per sem­pre oltre questo mondo. Con le nostre forze, non solo singolarmente, ma neppure organizzati collettivamente, mai avremmo avuto la forza di liberarci.

     

    IV.

    Solo l'offeso ha il diritto, per sua bontà, di decretare di usare misericordia al suo offensore e di perdonarlo. Solo Dio, autore della vita e onnipotente, può decidere, nella sua santità, di ridare la vita a chi l'aveva uccisa e liberare da qualsiasi schiavitù. Dio lo può sempre compiere questo atto e lo vuole sempre compiere: come l'uomo si rende, libera­mente, schiavo del peccato e di Satana, così, per giusti­zia, deve volere essere liberato, collaborando con Dio-Trinità, osservando le sue leggi di vita.

     

    V.

    Ilpiano meraviglioso di Dio, sconosciuto a Satana, fino al tempo della sua manifestazione, ha pre­visto che l'Infinito-Eterno-Onnipotente Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, visi­bili ed invisibili, unisse a sé la natura umana. Con l'Incarnazione del Verbo, in un certo senso, Dio si è unito ad ogni uomo. Gesù sottolinea, ancora, l'ineffabile unità voluta dal Padre tra Lui e noi: "Io sono la vite, voi i tralci..." (Gv 15,5), "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,40), "Padre prego... perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch 'essi in noi una cosa sola.. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità" (Gv 17,21.23).

     

    VI.

    Nell'unione ipostatica, come sappiamo, in Gesù ci sono due nature: divina e umana; due volontà: divina e umana; Gesù è la vera vite: quello che Gesù è per natura, Dio, ogni creatura umana, lo diventa, se vuole, per pura grazia divina; come tralci, siamo inse­riti in Gesù, diventando così partecipi della sua natura divina. Siamo creati per vivere divinamente. A questa luce si comprende bene che Gesù, come dice San Paolo: "essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" (Ebr 4,15), ha accettato di essere il Capo del Corpo, che è la Chiesa e, nello stesso tempo, ha ritenuto come ferite sue, schiavitù sua, morte sua, le ferite, la schiavitù e la morte volute liberamente dalle membra del suo Corpo. Gesù realmente ha detto: "Io sono ferito, Io sono schiavo, Io morirò", come muore realmente un corpo colpito da malattie mortali, in tutte le sue membra, anche se il Capo è perfettamente sano.

     

    VII.

    Èper avere accettato questa morte, rimanendo perfettamente fedele ed obbediente in tutto alla volontà dell'eterno Padre, rimanendo fermo nella volontà di bene che vuole, solo e sempre, il bene e la vita di tutti, che Gesù, come uomo, non ha potuto né mai potrà essere vinto dalla morte vera; fondamentalmente, la morte vera rimane, secondo Dio, la libera scelta per la morte che segue al peccato: libera scelta di esistere separati da Dio e separati dal Corpo vivo di Gesù, nella trasgressione delle leggi di vita eterna. Dobbiamo anche ricordare che Gesù-Dio fu sem­pre fuso con lo Spirito Santo vivificatore: dalla Incar­nazione alla Passione e Morte.

     

    VIII.

    Si tratta, per chi vuole la vita vera ed eter­na, di accettare con ineffabile meraviglia e gratitudine, la regalità di Gesù. È la regalità di Gesù quella che ci libera da tutte le schiavitù. Appare comprensibile come, per giustizia, Gesù-Dio ci chieda di sopportare con pazienza le nostre infermità, durante questo esilio terreno; infatti, per giu­stizia soffriamo, noi peccatori, come diceva bene il buon ladrone, convertito e crocifisso accanto a Gesù: "Neanche tu (riprendendo il suo compagno, crocifisso insieme a Gesù) hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giu­sto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male" (Lc 23,40-41). Noi soffriamo per le nostre colpe, Gesù, al con­trario, soffre da innocente per i mali nostri, perché siamo sue membra, suoi tralci... 

     

    IX.

    Misericordia infinita dell'eterno Padre che ci dona il Figlio, creandoci nel Figlio e, come il Figlio, ci rende partecipi attivamente del suo sacerdozio, del suo ministero profetico e regale che si concretizza, per noi, nella efficace collaborazione salvifica con Cristo, per Cristo e in Cristo. Per questo è necessario, secondo la parola di Dio, che: "Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si é comportato" (1Gv 2-6). Tutto questo si realizza sempre per grazia, se lo vogliamo. Da una parte è Dio che suscita nei nostri cuori i santi desideri, che sono secondo la sua volontà; da parte nostra Dio vuole che insistentemente e perseverantemente gli chiediamo che non permetta mai che abbiamo ad essere separati da lui, come si dice nella Santa Messa, nell'Orazione sacerdotale, in preparazio­ne alla comunione: "Signore Gesù Cristo, che per volontà del Padre e per l'opera dello Spirito Santo morendo hai dato la vita al mondo, per il santo miste­ro del tuo Corpo e del tuo Sangue liberaci da ogni colpa e da ogni male, fa 'che siamo sempre fedeli alla tua legge e non siamo mai separati da te”.

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore onnipotente, il tuo  dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: lo sono         la risurrezione e la vita"; nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito, lo Spirito di vita, in ogni cuore; i tuoi figli, morti a tutto ciò che ci separa da te, nostro tutto, vivano, fin da questa terra, con lo stesso cuore di Gesù-Dio, l'Eterno Vivente.

    Pater, Ave, Gloria.

     

     

    SESTO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La creatura umana: invitata a vita perfetta

    (Matteo 5,22-48)

     

    I.

    Il comando di Gesù: "Siate voi dunque per­fetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48), ci lascia senza parole, anche se onorati dalla fiducia di Dio. Può anche spaventarci: ci viene comandato di imi­tare, raggiungere, Colui che è la perfezione in Persona. Gesù-Dio, essendo la Sapienza in Persona, è impos­sibile che comandi realtà irragiungibili. Naturalmente, non ci viene comandato di raggiun­gere la perfezione assoluta; non possiamo diventare ciò che Dio è da sempre: l'infinito, l'eterno, l'onnipotente pienezza di ogni perfezione di vita e di bene. Siamo e saremo in eterno creature che hanno avuto un inizio e resteremo creature per sempre, totalmente dipendenti da Dio. Quello che Gesù vuole che noi ci sforziamo di raggiungere, e ci è possibile e doveroso raggiungere, è la pienezza di perfezione di vita e di ogni bene raggiungibile, uniformandoci, in tutto, alla volontà di Dio, dando il massimo che possiamo dare, umanamente parlando.

     

    Il.

    Dio è Amore, come dice la Sacra Scrittura; la perfezione umana consiste, perciò e anzitutto, nell'amare Colui che è l'Amore infinito, eterno ed onni­potente: con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima, con tutte le forze (cfr Mc 12,29-31). Gesù l'ha affermato: "Questa è la vita eterna: che conoscano te (Padre), l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3), conoscere il Padre secondo la volontà di Gesù-Dio, non secondo i nostri criteri o i criteri del mondo. Per conoscenza qui si intende, secondo Gesù, non una formazione puramen­te intellettuale, ma la fusione con Dio, che è compene­trazione di vita, realizzabile all'unica condizione di mettere in pratica la Parola di Dio. C'è solo un modo per conoscere la Verità, ha detto Gesù-Verità: "Gesù allora disse a quei Giudei che ave­vano creduto in lui: 'Se rimanete fedeli alla mia paro­la (mettendola in pratica), sarete davvero miei discepo­li conoscerete la verità (Io sono la Via-Verità-Vita) e la verità vi farà liberi' "(Gv 8,31).

     

    III.

    Il secondo grande comandamento, simile al primo, è quello di amare il prossimo nostro come noi stessi. Quando chiesero a Gesù chi fosse il nostro pros­simo, Gesù rispose narrando la famosa e bella parabo­la del buon samaritano (cfr Lc 10,29-37). Sappiamo bene, perché Gesù ce lo ha detto chiara­mente, che tutto ciò che facciamo al più piccolo, Gesù-Dio lo ritiene fatto a sé e ci ricorderà questa realtà quando si incontrerà, con noi, nel giorno del giudizio particolare (cfr Mt 25,34.41). l'essere perfetto come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli significa, perciò, amare Gesù-Dio e il suo Corpo, che è la Chiesa, nella totale pienezza possibile alla natura umana, con lo stesso amore col quale l'E­terno Padre ama l'Eterno Verbo fatto Uomo. Gesù ci comanda di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amato, affermando: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9b); Gesù vuole evidenziare non solo l'u­nità di natura con Dio Padre, essendo l'eterno Verbo, ma vuole anche evidenziare l'adesione umana di carità, perfettamente vissuta e costantemente tenuta con Dio-Padre e con l'umanità, possibile anche a qualsiasi crea­tura umana.

     

    IV.

    L'affermazione di Gesù: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frut­to, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5), l'invito suo: "Chiedete e vi sarà dato" (Mt 7,7), e la garanzia: "Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio" (Gv 14,13), manifestano il dono gratuito di Dio, offerto a tutti, di essere inseriti nella vita divina, con la conse­guente capacità di vivere attivamente e divinamente il nostro rapporto di amore con le Persone divine e con le creature.

     

    V.

    L'unica condizione che permette questo rap­porto di amore, da parte della creatura umana, è il sin­cero desiderio di viverlo secondo la volontà di Dio. Ce lo ricorda Sant'Agostino: "1l desiderio di Dio è preghiera: chi l'ha abitualmente prega sempre". Chi smette di desiderare smette di pregare, cioè si chiude a questo rapporto vitale con Dio e l'umanità. Si capisce bene, perciò, che i Comandamenti di Dio, che sono leggi di vita, uscite dal cuore di Dio-Trinità, il sacrifi­cio della Messa, i Sacramenti e la vera preghiera sono finalizzati a favorire nel modo più perfetto, la nostra vita in Dio, con Dio e con l'umanità.

     

    VI.

    La nostra vita di preghiera e la vita sacramentale verrebbero veramente mortificate e private di significato se non si mettesse, al vertice di tutto il nostro pensare ed agire, la nostra perseverante unifor­mità alla volontà di Dio; Dio è Amore e la sua volontà è perfezione di Amore.

     

    VII.

    Il nostro costante esame di coscienza deve essere rivolto a questo obiettivo centrale: è vivo in me il desiderio di essere figlio, degno e fedele, di Dio? Posseggo il desiderio costante di amare Gesù-Dio col cuore e con l'amore di Dio-Padre? Se mi ritengo sod­disfatto della mia situazione mi devo seriamente preoc­cupare! È necessario essere instancabili nell'invocare il dono dello Spirito Santo, in pienezza, in noi. Lo Spiri­to Santo-Dio è il vero e supremo dono di Dio che ci inserisce vitalmente e attivamente nel vortice di amore che unisce l'eterno Padre all'eterno Figlio. Questo dono va chiesto con vivo desiderio: Gesù lo disse: "Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chie­dono" (Lc 11,13). Èimportante ricordare l'efficacia della preghiera concordata tra due o più persone: "In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riu­niti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,1940). Chiediamo al Padre nostro, nel nome di Gesù, lo Spiri­to Santo; chiediamo da soli, riuniti nelle famiglie, nei gruppi ecclesiali, nelle comunità religiose e in ogni incontro di preghiera.

     

    VIII.

    La semplice osservanza dei divieti conte­nuti nei Comandamenti e la formale osservanza este­riore della santificazione delle feste e dell'amore verso i parenti, priva dell'anima vera, che anela costante­mente, e con tutta se stessa, a questo rapporto filiale con Dio Trinità, difficilmente reggerà all'urto delle prove della vita. È necessario instaurare un rapporto vivo di amore con le persone della Santissima Trinità, con la consa­pevolezza che siamo sempre alla presenza di Dio.

     

    IX.

    Desiderando di amare Gesù-Dio, che ritie­ne fatto a sé tutto quello che facciamo al più piccolo, desideriamo di amare, concretamente, con la pienezza di perfezione e d'amore possibile a creatura umana: con tutto il cuore. Ci è di esempio vivo, in questa decisione personale, la Madre di Dio, Maria Santissima, la cui perfezione è seconda solo a quella di Dio e alla quale chiederemo: "Maria Santissima, Madre di Dio, regna in me, ora e sempre, affinché possa amare Gesù col tuo stesso cuore, col tuo stesso amore!".

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore santissimo, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: Sia te voi perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste'' nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito, il divino Spirito Santo, in ogni cuore; i tuoi figli possano amarti in eterno con lo stesso sacratisssimo Cuore di Gesù, vero Dio e vero Uomo, per la tua gioia e per il bene di tutta l'umanità.

    Pater, Ave, Gloria.

     

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 13:03



    SETTIMO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

     Gloria al Padre

     

    La creatura umana: in dialogo con l'eterno Padre

    (Mt 6,7-15)

     

    I.

     Sappiamo che, per somma misericordia di Dio, la Santissima Trinità, da sempre, ha decretato di crearci in Cristo, come evidenzia San Paolo. Èdono ineffabile potere rivolgerci all'eterno Padre del nostro Signore Gesù Cristo, chiamandolo Padre, Padre nostro. Prima di pronunciare la santa preghiera del Padre nostro, insegnataci da Gesù, dobbiamo tenere presenti le condizioni indispensabili per essere ascoltati da Dio ed essere accolti come veri figli.

     

    Il.

    Anzitutto stare come si conviene alla presen­za di Dio. Questo deve essere un esercizio abituale da praticarsi in qualsiasi luogo e in qualsiasi circostanza della vita: sempre siamo e viviamo in Dio. Egli, mai, neppure per un solo istante, cessa di amarci, di seguirci, di usare verso di noi infinite attenzioni e delicatezze. 

     

    III.

    Per rivolgersi degnamente a Dio, Padre nostro, con l'orazione insegnataci da Gesù, sono neces­sarie, da parte nostra, disposizioni di fede, umiltà, fidu­cia, amore. Fede ferma nella paternità di Dio che vuole, solo e sempre, il bene delle sue creature, perché è la bontà in persona. Umiltà: Dio è sempre Dio, Egli è colui che è, e le creature tutte, dei nulla che esistono per sua bontà. "Ricordati che io sono Colui che è e tu sei colei che non è", ricordava Gesù a Santa Caterina da Siena. Anche se Dio vuole che lo invochiamo col nome di Padre, mai ci deve lasciare la consapevolezza del nostro nulla e del dono della figliolanza divina, concesso senza alcun merito. Fiducia: illimitata fiducia nella fedeltà di Dio alle sue promesse: Dio ha parlato, Dio ha creato, "... perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" (Rm 11,29); "L'erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno" (1 Ptr i ,24b-25); "Ma tu (mio Dio), resti lo stesso" (Sai 102,28); "Io sono il Signore, non cambio". Amore: non paura di Dio, ma giusto equilibrio tra timore e amore, timore inteso come preoccupazione-vigilanza tesa non solo a non offendere Dio ma a sod­disfarlo-glorificarlo in tutto. Amore che ci porta a tene­re viva, verso Dio, una filiale-audace confidenza.

     

    IV.

    Terminato l'insegnamento della preghiera del Padre nostro, Gesù fa una precisazione importante: "...Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe" (Mt 6,14-15). Entriamo, qui, nella profondità della preghiera viva che ci richiama il comandamento divino di Gesù: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48) e l'affermazione di Gesù: "Chi vede me, vede colui che mi ha mandato" (Gv 12,45). Siamo chiamati, come figli, ad avere anzitutto, nel Figlio e col Figlio, gli stessi sentimenti di Gesù che afferma: "Il Figlio dell 'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" {Lc 19,10); "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbon­danza" (Gv 10,10). L’atteggiamento filiale presuppone il vivo deside­rio, delle singole membra del Corpo mistico di Cristo, che la guarigione/perdono/salvezza siano estesi a tutte le membra del Corpo di Cristo, che è anche il nostro corpo. Il perdono, cosi inteso, come ce lo chiede Dio, quale condizione per essere perdonati, presuppone un uguale interesse per il bene del singolo membro (=il proprio) e per il bene di tutte le membra del corpo. Questo interesse implica una attiva collaborazione con Gesù-Dio medico, per il risanamento di tutto l'essere. Di fatto, il negare il perdono I guarigione I sal­vezza, ad un membro del proprio corpo, costituisce, in realtà, un vero disinteresse per la propria salute I sal­vezza, che ha il sapore del suicidio. Esiste un legame indissolubile in Cristo, per volontà di Dio-Padre, fra tutti i membri.

     

    V.

    Più profondamente va considerato l'atteggia­mento di Dio nei confronti dell'umanità e di ogni singolo uomo in particolare. Qui ci richiamiamo il comando di Gesù-Dio, precedentemente citato: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). Lo Spirito Santo, per mezzo degli agiografi, ci dice: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3,17); "il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio" (Gv 5,22): il Padre ha rinunciato a giudicare l'uomo! Gesù, da parte sua, disse: "Se qualcu­no ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo con­danno... Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condan­nerà nell'ultimo giorno" (Gv 12,47-48).

     

    VI.

    Ogni creatura umana, ad imitazione di Dio, per essere perfetta come lo è Dio, deve, anzitutto, aste­nersi dal giudicare e condannare chiunque, anche se stesso. La creatura umana,, con tutta umiltà, che è verità, sinceramente si riconoscerà peccatrice e biso­gnosa di essere salvata, nella ferma convinzione che non potrà mai auto-assolversi e auto-salvarsi, ma avrà la certezza fondata sulla bontà di Dio, che l'amore misericordioso di Dio Padre lo attende per curarlo e salvarlo eternamente.

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore fedele, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: Il Figlio dell'uomo è venuto cercare e a salvare ciò che era perduto" nel nome di Gesù, del Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito, Lo Spirito di fedeltà, in ogni cuore; i tuoi figli ti amino e ti temano sempre, come si conviene; liberaci e preservaci sempre dal peccato contro lo Spirito Santo, aumenta in noi, sempre più, la fede in te.

    Pater, Ave, Gloria.

     

     

     

    OTTAVO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    La Creatura umana: Creataper la gloria dei cieli

    (Ap 21,9-11.22-27; 22,3-5.16.17.20-21)

     

    I.

    Nella Nuova Gerusalemme: “Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o fal­sità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell 'Agnello" (Ap 21,27). Un’affermazione tratta dal libro della Apocalisse, che abbiamo citato, non deve farci pensare, erronea­mente, come abbiamo già detto, ad un fatalismo cieco, ad un destino ineluttabile predeterminato da Dio. Dio è giustizia infinita e ha creato l'umanità pen­sando ad ogni singola creatura umana, desiderando che la sua dimora eterna sia allietata da tanti figli e figlie creati a sua immagine e somiglianza. Il dono della libertà, che Dio ha dato all'umanità, mette ogni creatura umana nella condizione di decider­si per Dio: accettare di essere suoi figli, o rifiutare di far parte della famiglia divina, scegliendo di vivere secondo lo spirito del mondo, il cui dio, feroce, è Sata­na. Non esiste perciò la predestinazione alla condan­na dell'inferno ma, esiste, naturalmente, una conoscen­za infallibile da parte di Dio Trinità del numero degli eletti: " ... quelli che sono scritti nel libro della vita dell 'Agnello" (Ap 21,27). San Pietro disse: "'In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appar­tenga, è a lui accetto" (At 10,34). Spetta alla creatura umana fare in modo che il proprio nome sia scritto e rimanga per sempre nel libro della vita dell'Agnello.

     

    Il.

    Gesù ci ha istruito personalmente ed ha lasciato alla Santa Chiesa il compito di istruire e gui­dare alla salvezza l'umanità. La Chiesa dispone di mezzi efficaci per inserire nella vita trinitaria-divina le creature umane, e per mantenerle nella grazia di Dio: questi mezzi indispen­sabili sono i Sacramenti. Occorrono determinate condizioni.

         1a condizione:ricevere il battesimo e vivere da battezzati! "Gesù disse loro... 'Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato"' (Mc 16,16). Per credere in Gesù-Dio si inten­de, naturalmente, non il semplice riconoscimento della divinità di Gesù, cosa che fanno anche i demoni, ma l'adesione pratica agli insegnamenti-comandamenti di vita di Gesù.

         2a condizione: la necessità di diventare come bambini: avere la purezza di spirito, conservata o riacquistata col permanente pentimento-penitenza: "Gli rispose Gesù (a Nicodemo): 'In veritò, in veritò ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio'. (.) Se uno non nasce da acqua e da Spi­rito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è spirito"' (Gv 3,3.5-6). Il bambino, accanto a papà e mamma, vuole sempre crescere e maturare nella novità di vita. Dio è l'Eterno Presente: né vecchio, né giova­ne. Dio rimane eterna novità sia che viviamo, sia che moriamo, qui in terra come in cielo.

         3a condizione: perseveranza finale nella volontà di Dio. La difficoltà della perseveranza finale nella volontà di Dio è evidenziata da Gesù a motivo delle prove della vita. Ogni creatura umana deve scon­trarsi ogni giorno con i tre classici nemici dell'anima: satana, il mondo e la carne, che si manifesta con la sua triplice concupiscenza: "Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo" (1 Gv 2,15-16); Gesù ci avverte apertamente: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!" (Mt 7,13-14). Avvertimento divino, solenne e decisivo: ci viene offer­to da Dio-Padre, il cammino della vita-salvezza, verso la nuova ed eterna Gerusalemme del cielo: a noi accon­sentire! Gesù con la sua Passione-Morte e Resurrezione ci ha aperto le porte della Gerusalemme celeste, porte che erano state chiuse dopo il peccato originale.

     

    III.

    Un incontro vitale e vivificante con Dio Tri­nità necessariamente, per la libertà umana che Dio rispetta, deve realizzarsi e intensificarsi sempre più sin da adesso. La ragione profonda del Santo sacrificio della Messa, che Gesù ci ha lasciato come memoriale, come opera di salvezza che viene realizzata oggi per ognuno di noi, questo incontro filiale con la famiglia Trinitaria­-divina, specialmente nella santificazione delle domeni­che e feste comandate e con la nostra vita sacramenta­le, assumono l'aspetto di un anticipo festoso di quella pienezza che non avrà mai fine nella Gerusalemme celeste. Il nostro incontro sacramentale con Dio, e la nostra partecipazione consapevole al Santo Sacrificio della Messa, permette l'azione terapeutica-guaritrice-­creatrice di Dio Trinità.

     

    IV.

    La serietà della situazione e la prospettiva di una felicità che non avrà mai fine, il cui esito positivo è lasciato alla nostra responsabilità, sprona inevitabil­mente la creatura umana alla ricerca e all'utilizzo di tutte le risorse vitali di cui può disporre. Anzitutto l'umile e fiducioso ricorso, come veri poveri, all'aiuto divino. Quello che conta veramente, l'impegno più importante da svolgere, è quello di per­mettere a Dio-Trinità di operare in noi. La nostra collaborazione con Dio è indispensabi­le, come lo è, quella del paziente, nei confronti del medico curante. Gesù-Dio sta continuamente vicino a noi come padre e come medico, per guidarci, per risanarci e ricrearci col suo Sangue, per cui si può dire degli elet­ti: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti ren­dendole candide col sangue dell 'Agnello" (Ap 7,14).

     

    V.

    Per avere la certezza morale, di non errare nel raggiungere l'obiettivo della vita eterna, e con que­sta la Patria, la Gerusalemme celeste, è necessario affi­darsi totalmente alla Madre di Dio e Madre nostra. Maria Santissima ha promesso la salvezza dall'errore nel tempo e la salvezza eterna a chi si consacra a Lei. Deve essere una consacrazione concretizzata nella vita di ogni giorno, fino alla morte.

     

    VI.

    A Fatima, nel 1917, la Vergine Immacolata, Madre di Dio e nostra, è apparsa per comunicarci que­sta volontà di Dio: si estenda nel mondo la devozione al Cuore immacolato di Maria Santissima; sincera e perseverante conversione a Dio; si intensifichi la preghiera, specialmente il santo Rosario, privatamente e nelle famiglie; penitenza e sacrifici per la conversione dei pec­catori e in riparazione delle offese contro i Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria. Se l'umanità ascolterà la Madre di Dio e Madre nostra, questa nostra terra diventerà, certamente, un'anticamera della Gerusalemme celeste e più agevo­le sarà il nostro pellegrinaggio verso la Patria eterna.

     

    Ineffabile ed Eterno Padre, amore fulgido, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: In verità vi dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio"; nel nome di Gesù, per mezzo del cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito, lo Spirito rigeneratore, in ogni cuore, i tuoi figli, recuperino completamente l'integrità originale come nuovi Adami e nuove Eve, perfettamente uniformati atta tua volontà, conoscano anche su questa terra, a beatitudine del tuo regno di amore e di pace.

    Pater, Ave, Gloria.

     

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    MARIOCAPALBO
    00 21/09/2012 13:04

    NONO GIORNO:

     

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto

    Gloria al Padre

     

    Meditazione conclusiva.

     

    I.

    "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immaco­lati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia" (Ef 1,3-7). Questa lode uscita dal cuore di San Paolo, acceso di gioia e di gratitudine filiale, nel suo abbraccio d'anima con l'eterno Padre, lascia trasparire il desiderio che tutte le creature ammirino, stupite ed adoranti, l'ineffa­bile mistero di Dio Uno e Trino che agisce incessantemente nell'opera della creazione, redenzione e santifi­cazione dell'umanità: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero" (Gv5,17). Il primo uomo, creato con la "'polvere del suolo" (Gn 2-7), è creato a "immagine e somiglianza di Dio" (Gn 1,26); non e una semplice creatura, la più perfetta della terra, posta ai confini della dimora del suo creatore, ma, sublime realtà, è creata in Dio, nel cuore stesso di Dio, in Gesù-Dio, il vero Adamo, il Primogenito dell'eterno Padre. Come è vero che Dio ha creato la madre di Gesù, Immacolata, in previsione dei meriti del Figlio divino, in previsione degli stessi meriti ha creato la prima coppia umana, immacolata, decretando ab aeter­no, di usare misericordia a loro e a tutti i discendenti, dopo il pentimento dei personali errori.

     

    Il.

    Appare evidente, alla luce della Rivelazione, che la ribellione-disobbedienza-rifiuto alle parole del Creatore, da parte della prima coppia creata e dei loro imitatori, equivale ad un uscire dal cuore di Dio, dal paradiso, dall'ambito vitale naturale, Cuore, per un'al­tra dimora: ... tutto ciò è paragonabile ad un auto-abor­to! Realtà tremenda: è un vero suicidio! Ma Dio, "Ricco di misericordia", non vuole la morte del pec­catore, dei propri figli che segue sempre con sguardo paterno, preoccupato solo di curare e di guarire le feri­te che si sono procurati. Gesù-Dio, "è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (Ebr 13,8), e sta sempre in mezzo a noi come colui che vuole restaurare, nell'uomo, l'immagine divina deturpata dal peccato. Gesù ha affermato, a più riprese e in vari modi, questa sua missione di salvatore: "In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita" (Gv 5,24); "Non sono i sani che hanno bisogno del medi­co, ma i malati" (Mt 9,12); "È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita" (Gv 6,63); "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza"  (Gv 10,10); "Io sono la via, la verità, la vita" (Gv 14,6). Alle parole creatrici di Dio, parole riportate nei primi due capitoli del libro della Genesi, seguono le parole di Gesù-Dio, nella Pienezza dei tempi, per ripor­tare vita e salute all'umanità decaduta: "Dalla sua pie­nezza noi abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Gv 1,16).

     

    III.

    La domanda che Gesù rivolge al paralitico, giacente ai margini della piscina di Betzaetà: "Vuoi guarire?" (Gv 5,6), Gesù-Dio la rivolge ad ogni creatura umana: "Vuoi guarire? Vuoi la vita eterna?". Non può appagare completamente neppure la guari­gione dalle malattie più gravi se non si risolve alla radi­ce il problema esistenziale: Gesù dopo la guarigione dei dieci lebbrosi, osserva, rivolgendosi al samaritano riconoscente: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?" (Lc 17,17). Gesù con questa domanda evidenzia la necessità della gratitudine verso Dio, per la sua misericordia, che si concretizza nel permettergli di continuare in noi la sua opera guaritrice e creatrice: "La gloria di Dio, infatti, è l'uomo vivente". Il nostro ringraziamento a Dio Trinità consiste, infatti, nel dargli la gioia di met­terci stabilmente al nostro posto naturale: il suo Cuore! Ce lo rivela Gesù nell'ultima cena, quando nella sua preghiera all'eterno Padre chiede: "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, 'perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità..." (Gv 17,22-23).

     

    IV.

    il nostro rapporto con Dio Uno e Trino va vissuto, quindi, come rapporto filiale-adorante e come rapporto terapeutico-curativo-creativo. Dio desidera da noi l'abbandono, in lui, confidente e fiducioso, che gli permetta di intervenire positiva­mente nella nostra vita. La condizione fondamentale che favorisce l'intervento salvatore di Dio in noi è la nostra obbedienza alle sue leggi di vita. La nostra stes­sa preghiera, individuale, familiare, liturgica, deve otte­nerci, anzitutto, questa fedeltà sino alla fine, tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù. Il pregare per ottenere una qualsiasi grazia, senza chiedere la somma grazia dell’uniformità alla volontà di Dio, è contraddire Dio e danneggiare se stessi. La permanente struttura obbedienziale, alle leggi di Dio, corrisponde alla struttura, autenticamente orante, della nostra esistenza: "Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc 21,36). Il Santo Sacrificio della Messa e i Sacramenti, che Gesù-Dio ci ha lasciato, permettono un incontro sensi­bile col Signore: nel Santo Sacrificio della Messa, viene efficacemente attualizzata l'opera della reden­zione; Dio, realmente, ci cura e ci rafforza, continuan­do in noi l'opera della nostra creazione e santificazio­ne, attraverso la permanente Pentecoste dello Spirito Santo; in particolare, nel sacramento della Eucaristia, farmaco di immortalità, Gesù-Dio ci assimila a sè in unità di vita: come la fusione di due candele in una, così dicevano i Santi Padri. Dobbiamo ricorrere spesso anche al sacramento della confessione, penitenza-riconciliazione, perché è una medicina, come insegnava il Papa Paolo VI: anche se non ci sono mancanze rilevanti da sottoporre all'as­soluzione sacramentale.

     

    V.

    Facciamo in modo che Gesù, almeno per noi cristiani, non abbia più a ripetere i dolorosi lamenti: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Mc 7,6): "...voi non volete veni­re a me per avere la vita" (Gv 5,40). Spesso siamo solle­citi ad andare dal nostro medico, all'ospedale, nella speranza di essere guariti dai nostri mali; non dovrem­mo, a maggior ragione, correre da Gesù-Dio, vero medico, per lasciarci curare da lui? Lo abbiamo già detto: il Santo Sacrificio della Messa e i Sacramenti fanno parte di una vera terapia divina! Dobbiamo però essere precisi e scrupolosi negli appuntamenti settimanali, alla domenica e nei giorni festivi, come lo siamo agli appuntamenti fissati dal medico di famiglia.

     

    VI.

    Irimproveri di Gesù non siano mai più rivol­ti ad alcuno di noi: "Hanno chiuso i loro occhi per non vedere con gli occhi, non ascoltare con gli orecchi, non comprendere nel loro cuore e non convertirsi, perché io li risani" (At 28,27). Gesù non può condannare l'igno­ranza incolpevole, ma non può scusare l'ignoranza voluta, di Dio e delle sue leggi di vita. Ripetiamo: oggi, come ieri e sempre, c'è solo un modo per conoscere la verità e la vita, ed è questo: "Perseveranza nell'osservanza dell'insegnamento di Gesù-Dio, che implica l'amore di Dio e del prossimo". Lo ribadiva il sommo pontefice Paolo VI, in un discorso ai fedeli: "... ed ora mi rivolgo a voi, anziani, nella vostra vita avete visto crollare tanti sistemi poli­tici, tante persone che si ergevano a maestri dell'uma­nità.. Uno solo è rimasto in piedi: CRISTO!..." "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" "Marana-thà, vieni presto Signore Gesù." Ineffabile ed Eterno Padre, amore immutabile, il tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, ci ha detto: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati"; nel nome di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, ti chiediamo: Manda il tuo Santo Spirito sanante, in ogni cuore; i tuoi figli camminino, integri, alla tua presenza; confermaci nella tua grazia; concedici il grande dono della perseveranza finale nelle tue vie, nella tua santa volontà. Maràna-thà, vieni presto Signore Gesù.

    Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre.