00 16/10/2013 16:00
filosofico


LA GRANDEZZA DELL'ANIMA

Cenni sull'origine dell'anima (1, 1 - 2, 3)

Si pone il problema.

1. 1. EVODIO - Veggo che disponi di molto tempo libero. Penso dunque che non è importuno e sconveniente, se ti prego di rispondermi su problemi che mi preoccupano. Ti ho proposto spesso delle questioni, ma tu hai creduto opportuno distogliermi con non saprei quale massima greca, secondo cui ci si proibisce di ricercare ciò che è sopra di noi. Ora io ritengo che noi non siamo sopra dì noi. Penso dunque, se ti propongo domande sull'anima, di non esser meritevole di udire: Che cosa c'importa di ciò che è sopra di noi?. Al contrario potrei essere meritevole d'udire che cosa siamo noi.
AGOSTINO - Di' in breve che cosa vuoi udire sull'anima.
E. - Subito giacché sono temi tenuti presenti in una continua meditazione. Chiedo dunque l'origine dell'anima, le sue proprietà, la sua grandezza, la ragione della sua unione col corpo, la sua condizione nell'unione col corpo e dopo la separazione.

L'anima ha origine di Dio.

1. 2. A. - Quando mi chiedi l'origine dell'anima, son costretto a riflettere su due concetti. Un conto è dire l'origine dell'uomo, quando si desidera conoscere la sua patria, ed un conto, quando si cercano i principi che lo costituiscono, cioè i quali elementi reali è composto. Nel porre il problema dell'origine dell'anima, quale di questi due concetti vuoi conoscere? Desideri conoscere il suo suolo natale, per così dire, e la sua patria, da cui viene nel mondo, ovvero ricerchi la sua esseità?
E. - In verità vorrei sapere l'uno e l'altro, ma preferisco lasciare al tuo criterio una priorità.
A. - Credo che Dio stesso è come la casa paterna dell'anima perché da lui è stata creata. Mi è impossibile definire la sua esseità. Non penso infatti che risulti dagli elementi naturali a portata dell'esperienza e che si percepiscono con i sensi. Ritengo quindi che non è composta di terra, di acqua, di aria, di fuoco, dal loro complesso o dall'unione di alcuni di essi. Se tu mi chiedessi di che è composto quest'albero, allegherei i quattro elementi, oggetto d'immediata esperienza, poiché si ritiene che tutti i corpi siano composti di essi. Ma se continuassi a chiedermi di che risultino la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco, non saprei che rispondere. Così se mi si chiede di che è composto l'uomo, posso rispondere di anima e di corpo. E se ancora tu mi chiedessi sul corpo, ricorrerei ai quattro elementi. Se invece mi chiedi sull'anima, poiché essa è concepita come qualche cosa di semplice e dotata d'una propria sussistenza, mi trovo in dubbio, come se tu mi chiedessi da che risulta la terra. L'abbiamo già detto.
E. - Non comprendo perché le attribuisci una propria sussistenza. Hai detto che è creata da Dio.
A. - Ma io debbo affermare che anche la terra è stata prodotta da Dio e tuttavia non posso affermare che la terra risulti da altri elementi naturali. La terra è corpo semplice per il fatto stesso che è terra e quindi è concepita come elemento di tutti i corpi, che son composti dai quattro elementi. Quindi non esiste contraddizione nella teoria, con cui si afferma che l'anima ha origine da Dio ed ha una propria natura. Dio stesso ha prodotto questa sua natura propria in sé, come pure quella del fuoco, dell'aria, dell'acqua e della terra, affinché da essi fossero composti gli altri corpi.

L'anima è simile a Dio e immortale.

2. 3. E. - Intanto accetto l'origine dell'anima da Dio. Vi mediterò sopra attentamente e, se trovo difficoltà, riproporrò la questione. Ed ora, ti prego, esponimi le sue proprietà.
A. - Mi sembra simile a Dio. Mi stai chiedendo appunto, salvo errore, dell'anima umana.
E. - Proprio questo vorrei che tu mi spiegassi, come l'anima è simile a Dio, poiché si crede che Dio non ha origine da un altro e tu hai detto che l'anima ha origine da Dio.
A. - E tu pensi che sia stato difficile a Dio produrre un essere a sé simile? Puoi constatare invece da molte nostre produzioni che tale potere è accordato anche a noi.
E. - Ma noi abbiamo coscienza di produrre cose soggette a perire. Dio al contrario ha prodotto l'anima immortale, come ritengo io e salvo la tua opinione in contrario.
A. - E vorresti che gli uomini producessero cose eguali a quelle che produce Dio?
E. - Non intendevo dir questo. Ma come egli immortale ha prodotto un essere immortale a sua somiglianza, così ciò che noi, creati da Dio immortali, produciamo a nostra somiglianza, dovrebbe essere immortale.
A. - Avresti ragione, se tu dipingessi un quadro a somiglianza di ciò che in te è immortale. Al contrario tu dipingi la somiglianza di un corpo che certamente è soggetto a perire.
E. - E allora in che senso sono simile a Dio, se non posso produrre come lui esseri immortali?
A. - L'immagine del tuo corpo non può valere quanto il tuo corpo. Così non c'è da meravigliarsi se l'anima non ha tanto potere, quanto colui, a cui somiglianza è stata creata.

L'anima non è estesa (3, 4 - 14, 24)

La grandezza dell'anima non è nella tridimensione.

3. 4. E. - Anche su questo argomento per ora basta. Parlami adesso della grandezza dell'anima.
A. - In che senso chiedi della sua grandezza? Non comprendo se domandi sulle dimensioni di larghezza o lunghezza o solidità o di tutte insieme, ovvero se ne vuoi conoscere il valore. Di solito ci chiediamo quanto fu grande Ercole, cioè a quanti piedi si levò la sua statura. Allo stesso modo s'intende quanto fu grande come uomo, cioè di quale forza e valore.
E. - Voglio sapere dell'anima l'una e l'altra cosa.
A. - Il primo senso non si può applicare e intendere dell'anima. Non è assolutamente possibile rappresentarsi l'anima o lunga o larga o dotata di resistenza. Per quanto ne capisco io, queste son proprietà sensibili e sulla base dell'esperienza sensibile ci raffiguriamo con esse l'anima. E per tal motivo giustamente anche nei riti religiosi si insegna a chiunque intende rendersi tale qual è stato creato, cioè simile a Dio, di disprezzare le cose sensibili e di rinunciare a tutto questo mondo che, come esperimentiamo, è sensibile. Non v'è infatti altra salvezza per l'anima o rinnovamento o riconciliazione col proprio Creatore. Per tale motivo non posso rispondere sulla grandezza dell'anima nel senso della domanda. Posso soltanto affermare che non è lunga, larga, solida o soggetta ad altre proprietà, che di solito si esaminano nelle dimensioni dei corpi. E se vuoi, posso renderti ragione della mia teoria.
E. - Certo che lo voglio e sono in ansiosa attesa. Mi par quasi che l'anima sia un nulla se non ha tali dimensioni.
A. - Prima di tutto, se vuoi, ti dimostrerò che esistono molte cose, delle quali non puoi dire che sono un nulla, eppure in esse tu non trovi le dimensioni che attribuisci all'anima. Pertanto non solo non devi ritenere che l'anima è un nulla perché in essa non trovi la lunghezza o altra proprietà simile, ma che si deve stimare più preziosa e di maggiore valore perché non ha tali proprietà. In seguito vedremo se non ne ha proprio nessuna.
E. - Segui il metodo e il procedimento che vuoi, io son pronto ad udire ed apprendere.

La giustizia non è tridimensionale.

4. 5. A. - Bravo. Ma preferisco che tu risponda alle mie domande poiché forse già conosci le nozioni che mi appresto ad insegnarti. Tu infatti non dubiti, come suppongo, che quest'albero non è proprio un nulla.
E. - E chi potrebbe dubitarne?
A. - E non dubiti che la giustizia ha assai più valore di questo albero?
E. - È assurdo il contrario. Non esiste alcun confronto.
A. - Sei magnanimo con me. Ma ora poni attenzione a quanto segue. È evidente che questo albero ha meno valore della giustizia al punto che tu ritieni di dover escludere ogni confronto ed hai anche ammesso che questo albero non è un nulla. Ti piacerebbe se accettassimo la tesi che la giustizia è un nulla?
E. - Chi è tanto pazzo da pensarlo?
A. - Proprio bene. Ma tu forse ritieni che questo albero è qualche cosa perché è lungo secondo una sua misura e largo e spesso. Se togli tali proprietà, sarà un nulla.
E. - Sì,. certo.
A. - E allora la giustizia che, secondo il tuo parere, è un qualche cosa, è anzi una quiddità indefettibile e assai più nobile dell'albero, ti sembra che sia lunga?
E. - È del tutto impossibile che la giustizia si presenti al mio pensiero come lunga, larga o altro simile.
A. - Dunque la giustizia non ha alcuna di tali dimensioni e tuttavia è un qualche cosa. Perché dunque riterresti l'anima un nulla senza una sua lunghezza?
E. - Suvvia, ormai non ritengo più l'anima un nulla per il fatto che non è lunga, larga e solida. Ma sai bene che ancora non hai esposto la ragione, per cui è veramente così. Si dà la possibilità che si diano esseri di alto valore privi della dimensione. Ma non per questo devo ammettere che anche l'anima appartiene a tale categoria.

L'anima non è soffio o vento.

4. 6. A. - So che ci rimane da svolgere tale argomento e m'ero ripromesso di esporlo in seguito. Ma l'argomento è assai difficile e richiede ben altra capacità mentale di quella che l'esperienza umana di solito impiega negli atti della vita quotidiana. Ti avverto quindi di seguire docilmente il procedimento, attraverso il quale intendo condurti, di non lasciarti annoiare dalla indispensabile operazione d'analisi e di non sopportare malvolentieri se arrivi un po' più tardi al risultato che intendi conseguire. E prima di tutto ti chiedo se, secondo te, vi può essere un corpo, che nella propria misura non abbia una qualche lunghezza, larghezza e altezza.
E. - Non comprendo cosa intendi per altezza.
A. - Intendo quella proprietà, per cui si può rappresentare la massa di un corpo, o anche percepirlo se è translucido come il vetro. Comunque se la sottrai ai corpi, nei limiti della mia teoria, non possono essere percepiti, anzi non possono esser considerati corpi. Desidero che tu manifesti la tua opinione.
E. - Il corpo non può esser privo di tali dimensioni. Non ne dubito affatto.
A. - E puoi pensare che le tre dimensioni non siano soltanto nei corpi?
E. - Non comprendo come sia possibile che si trovino altrove.
A. - Quindi, secondo te, l'anima non è diversa dal corpo?
E. - Se ammettiamo che il vento è corpo, non posso negare che l'anima è corpo. Me la rappresento pressappoco così.
A. - Ammetto che il vento è corpo, come lo affermerei, se tu me lo chiedessi dell'onda. Noi percepiamo il vento come aria mossa o agitata. Se ne può fare l'esperimento in un luogo tranquillo e chiuso ad ogni vento anche con un piccolo ventaglio. Pure se con esso allontaniamo le mosche, moviamo l'aria e ne sentiamo il muoversi. Se il fenomeno avviene mediante il movimento assai occulto di corpi celesti e terrestri nel grande spazio del mondo, si chiama vento, che ha diversi nomi secondo le diverse zone dell'orizzonte. La pensi diversamente?
E. - No, non ho nulla da dire, e accetto come probabile la tua teoria. Tuttavia non ho detto che l'anima è vento, ma qualche cosa di simile.
A. - Prima di tutto dimmi se, a tuo parere, questo soffio, di cui hai parlato, ha lunghezza, larghezza e altezza. In seguito esamineremo se l'anima è qualche cosa di simile. Così potremo ricercarne anche la grandezza.
E. - E che cosa si può trovare di più lungo, largo e profondo dell'aria? Tu stesso mi hai dimostrato or ora che, quando è mossa, è vento.

Il problema della grandezza dell'anima.

5. 7. A. - Bene, ma non ritieni che la tua anima è soltanto nel tuo corpo?
E. - Sì.
A. - E pensi che sia soltanto all'interno riempiendolo come un otre, ovvero all'esterno come una veste, oppure all'interno e all'esterno?
E. - La penso nei termini dell'ultima tua clausola. Se non fosse all'interno, non ci sarebbe vita nel nostro organismo e se non fosse all'esterno, non potrebbe sentire una puntura, per quanto leggera, alla pelle.
A. - E allora perché ricerchi ancora la grandezza dell'anima? Dovresti già sapere che ha tanta grandezza, quanta ne comportano le dimensioni del corpo.
E. - Se la filosofia insegna così, non chiedo altro.
A. - Fai bene a non chiedere al di là dell'insegnamento della filosofia. Ma codesta teoria filosofica, la ritieni tanto sicura?.
E. - Sì, se non ne trovo altra. Al momento opportuno chiederò se rimane la medesima figura, quando si separerà dal corpo. È un problema che mi assilla. E rammento che fra gli argomenti da discutere ho posto questo all'ultimo posto. Ma mi pare che l'indagine sul numero delle anime è pertinente alla grandezza. Penso dunque che a questo punto non si dovrebbe tralasciare.
A. - Non pensi male. Ma prima, per favore, risolviamo il problema della sua dimensione. Esso ancora mi preoccupa. Anche io, se tu sei già soddisfatto, devo imparare qualche cosa.
E. - Ricerca come vuoi. La tua ironia mi fa dubitare senza ironia sul problema, che io pregiudizialmente avevo creduto risolto.

La memoria e il corpo.

5. 8. A. - Dimmi, per gentilezza, se ritieni che la facoltà, denominata memoria, è un nome vuoto.
E. - E chi lo riterrebbe?
A. - E pensi che appartiene all'anima ovvero al corpo?
E. - Anche qui sarebbe ridicolo dubitare. Non può essere oggetto né di fede né di pensiero che un corpo esanime si ricordi di qualche cosa.
A. - Ti ricordi ancora di Milano?
E. - La ricordo bene.
A. - Ed ora, dal momento che è stata rievocata alla mente, ricordi la sua grandezza e configurazione?
E. - Certo che ricordo, anzi nessun ricordo è così fresco e completo.
A. - Ed ora, sebbene non la vedi con gli occhi, la rievochi nella coscienza.
E. - Sì.
A. - Ricordi, penso, quanto ora dista da noi.
E. - Sì, anche questo ricordo.
A. - Vedi dunque nella coscienza la distanza stessa.
E. - Sì.
A. - Quindi se la tua anima è dove è il tuo corpo e non si estende al di fuori di esso, come è stato dianzi dimostrato, come avviene che essa intuisce tutte quelle cose?
E. - Avviene mediante la memoria, penso, e non perché è presente a quei luoghi.
A. - Dunque la rappresentazione di quei luoghi è il contenuto della memoria.
E. - Così penso. Infatti non so quanto vi avviene in questo momento. Non lo ignorerei, se la mia coscienza si estendesse fino a quei luoghi e li percepisse come presenti.
A. - Dici bene, mi pare, ma tali rappresentazioni sono sensibili.
E. - Ma certo. Città e regioni sono oggetti sensibili.

L'anima è incommensurabile.

5. 9. A. - Hai mai guardato in piccoli specchi o hai mai visto la tua faccia riflessa nella pupilla di un altro? 
E. - Anzi spesso.
A. - Perché appare molto più piccola della realtà?
E. - E vorresti che appaia disuguale dalla misura dello specchio?
A. - Dunque necessariamente le immagini degli oggetti sensibili appaiono piccole, se son piccoli gli oggetti sensibili, in cui appaiono.
E. - Sì, certamente.
A. - Ora l'anima si trova in uno spazio tanto piccolo qual è il suo corpo. Perché dunque in essa si possono riprodurre immagini tanto grandi al punto che può rappresentarsi città, territori estesi ed altri smisurati oggetti sensibili? Vorrei che tu pensassi con maggiore attenzione alle grandi e numerose cose, che son conservate nella memoria. Ed esse certamente sono contenute anche nell'anima. Quale estensione in terra, nel mare e nel cielo può contenerle? Eppure sembrerebbe quasi che la nostra precedente indagine abbia concepito l'anima tanto estesa quanto il corpo.
E. - Non trovo che rispondere e non saprei dichiarare quanto tali difficoltà mi preoccupano. Ed ora mi sento veramente oggetto di scherno, perché ho con tanta prontezza acconsentito alla precedente dimostrazione che ho finito per ridurre la grandezza dell'anima alla misura del corpo.
A. - Ma ora non la ritieni più qualche cosa come un soffio?
E. - No, affatto. L'aria, di cui il vento, secondo probabile opinione, è come il muoversi dell'onda, forse riempie tutto il mondo sensibile. Ma l'anima può rappresentarsi innumerevoli ed estesissimi mondi di simile mole, ed io non posso figurarmi in quale spazio contenga tali rappresentazioni.
A. - Vedi allora che è meglio non ritenerla, come ho detto poco fa, lunga, larga e alta. Per la giustizia me l'hai già concesso.
E. - Lo ammetterei volentieri, se non mi trattenesse ancora la difficoltà del modo, con cui essa può contenere le innumerevoli rappresentazioni di spazi così estesi senza una propria lunghezza, larghezza e altezza.

La dimensione pura.

6. 10. A. - Lo scopriremo, forse in certi limiti, se prima analizziamo le tre dimensioni, cioè lunghezza, larghezza e altezza. Ed allora prova a rappresentarti la lunghezza, che ancora non ha implicato la larghezza.
E. - Non posso rappresentarmela. Se mi propongo all'attenzione un filo di ragno, la cosa più esile che di solito osserviamo, immediatamente mi viene in mente la lunghezza, ma anche la larghezza e l'altezza. E per quanto piccolissime, debbo affermare che vi sono.
A. - La tua risposta non è del tutto irragionevole. Ma nell'atto che comprendi l'esistenza delle dimensioni nel filo di ragno, le distingui e ne conosci la differenza?
E. - E come non conoscerla? Come avrei potuto altrimenti riscontrare che nessuna dimensione mancava nel filo?
A. - Col medesimo atto di pensiero, con cui le hai distinte, puoi anche, separando le altre, rappresentarti la sola lunghezza. Basta che non ti rappresenti un determinato oggetto sensibile. Infatti qualunque sia l'oggetto sensibile, non sarà privo delle tre dimensioni. Pertanto è astratto dal sensibile l'oggetto che, secondo il mio intento, devi rappresentarti. Infatti la lunghezza separata si può rappresentare soltanto col pensiero ed è impossibile trovarla nell'oggetto sensibile.
E. - Comincio a capire.
A. - Pensa a tagliare, per dir così, in due longitudinalmente la lunghezza stessa. Ti accorgerai che non è possibile. Se fosse possibile, sarebbe implicata anche la larghezza.
E. - È chiaro.
A. - E se sei d'accordo, denominiamo linea la lunghezza ideale e pura. Così di solito si denomina da molti scienziati.
E. - Chiamala un po' come ti pare. Non mi devo preoccupare della terminologia, se il concetto è chiaro.

Linea e figura.

6. 11. A. - Bravo. E non solo ti approvo, ma ti consiglio di fissare sempre l'attenzione ai concetti piuttosto che alle parole. La linea, di cui, come penso, hai ben afferrato la nozione, se viene protratta da una o da ambedue le parti per quanto si può protrarre, va all'infinito, come ben vedi. Ovvero l'acutezza della tua mente non è da tanto che possa intuire tale nozione?
E. - Ma la intuisco benissimo e mi è comprensibilissima.
A. - Vedi dunque che non si dà figura, se ci si limita a prolungare la linea.
E. - Non capisco che cosa intendi per figura.

7. 11. A. - Frattanto chiamo figura lo spazio conchiuso da una sola linea, quando la tracci a cerchio, o da più linee, quando congiungi quattro segmenti di linea, in maniera che l'estremo di ciascuno di essi non sia separato dagli altri.

E. - Mi pare d'intendere cosa intendi per figura. Ma magari potessi capire a che mirano le tue parole e quale risultato ne vuoi ottenere, affinché possa apprendere quanto chiedo dell'anima.

Autorità e ragione nella ricerca.

8. 12. A. - Fin dall'inizio ti ho invitato con insistenza a sopportare pazientemente per un po' la nostra operazione di analisi. Adesso ti rinnovo la preghiera. Non è futile l'argomento in esame e non è facile averne conoscenza. E noi, nei limiti del possibile, intendiamo averne piena conoscenza e scienza. Un conto è rimettersi all'autorità e un altro alla ragione. Rimettersi all'autorità richiede un'operazione assai breve e nessuna ricerca. Se ti soddisfa, potrai apprendere con la lettura molte nozioni. Di quelle che sembravano indispensabili a tali problemi hanno parlato salutarmente, quasi per ispirazione, uomini grandi ed eccellenti, agli ignoranti. E vollero che fossero credute da coloro, per la cui coscienza, o più tarda o troppo occupata, non si dava altra salvezza. Tali uomini costituiscono la grande massa. E se essi pretendono di raggiungere il vero, sono facilmente ingannati e si lasciano andare a varie e ingannevoli opinioni, al punto che non se ne potranno mai liberare, o con grandissima difficoltà. Per costoro quindi è assai utile rimettersi ad una eccellente autorità e vivere secondo la norma conseguente. E se tu lo credi più sicuro, non solo non mi oppongo, ma lo approvo pienamente. Se invece non puoi rinunciare a questo tuo desiderio, che ti convince a cercare la verità con la ragione, devi tollerare molte e lunghe operazioni di analisi. Ti deve guidare la ragione che sola è ragione, cioè la vera. E nell'ipotesi che essa in qualche modo sia in potere dell'uomo, non solo è vera, ma anche così certa e immune da ogni sofisma che argomenti falsi e opinativi non te ne possono allontanare.
E. - Non desidero più di procedere con fretta. Mi muova e guidi la ragione per dove vuole, purché mi faccia arrivare.

Il triangolo equilatero.

8. 13. A. - Dio lo farà. Egli si deve pregare soltanto per questi valori o principalmente per essi. Ma torniamo all'argomento iniziato. Ti è già noto che cosa sono la linea e la figura. Ed ora rispondi a questa domanda. Secondo te, si dà figura nel caso che la linea si prolunga all'infinito da entrambe le parti oppure da una?
E. - Rispondo che è assolutamente impossibile.
A. - Che cosa dobbiamo fare allora per comporre una figura?
E. - Soltanto che la linea non sia protratta all'infinito, ma sia condotta orbicolarmente, in maniera che si ricongiunga dall'altra parte. Per quanto ne capisco, è l'unico modo possibile per conchiudere uno spazio con una sola linea. E se non si compie tale operazione, secondo la tua spiegazione non si dà figura.
A. - E se volessi comporre una figura con linee rette, è possibile o no comporla con una sola linea?
E. - No.
A. - Con due?
E. - Neanche.
A. - E con tre?
E. - Veggo che è possibile.
A. - Dunque hai bene appreso e compreso che una figura di rettilinee non si può comporre con meno di tre. Ma esiste un argomento in contrario che possa farti deflettere da questa tua conoscenza?
E. - Indubbiamente se qualcuno mi dimostrasse che è falso, non vi sarebbe altro che fossi certo di sapere.
A. - Ed ora dimmi come componi una figura di tre linee.
E. - Facendole incontrare alle estremità.
A. - E dove s'incontrano, si formano degli angoli?
E. - Certamente.
A. - Di quanti angoli è composta questa figura?

E. - Di tanti, quante le linee.
A. - E le linee, le tracci eguali o ineguali?
E. - Eguali.
A. - Gli angoli hanno tutti la medesima ampiezza, ovvero qualcuno è più stretto o più ampio dell'altro?
E. - Veggo che anche essi sono eguali.
A. - È possibile, ovvero no, che nella figura composta di tre linee rette eguali gli angoli siano ineguali?
E. - No, assolutamente.
A. - E se la figura è composta di tre linee rette ma ineguali, è possibile che gli angoli siano eguali, o la pensi diversamente?
E. - È assolutamente impossibile.
A. - Bene. Ma dimmi, quale figura ti sembra più perfetta e più bella, quella composta di linee eguali o ineguali?
E. - Ma chi può dubitare che è più perfetta quella, in cui prevale l'eguaglianza?

Eguaglianza nel quadro e rombo.

9. 14. A. - Dunque preferisci l'eguaglianza alla ineguaglianza?
E. - Non saprei se qualcuno non la preferisca.
A. - Osserva adesso che cosa nella figura composta di tre angoli eguali si contrappone all'angolo, quanto dire che è posto dalla parte opposta, la linea o l'angolo.
E. - La linea.
A. - E non ammetti che se si contrappone angolo ad angolo e linea a linea, si ha maggiore eguaglianza che nella figura, in cui ciò non avviene? 
E. - Lo ammetto, ma non veggo come sia possibile ottenerlo con tre linee.
A. - E con quattro è possibile?
E. - È possibile.
A. - Dunque la figura, che risulta di quattro linee eguali, è più perfetta di quella con tre.
E. - Più perfetta certamente, perché vi si manifesta una maggiore eguaglianza.
A. - E ritieni che questa, la quale è composta di quattro linee eguali, possa essere così strutturata che non tutti gli angoli siano in essa eguali, oppure no?

E. - Veggo che è possibile.
A. - E come?
E. - Se due sono più acuti e due più ottusi.
A. - E vedi anche come i due acuti e i due ottusi sono l'uno all'altro opposti?
E. - Con assoluta certezza.
A. - Anche qui dunque intendi che, quanto è possibile, è mantenuta l'eguaglianza. Ti rendi conto infatti, se la figura è composta di quattro linee uguali, dell'impossibilità che, o tutti o per lo meno a due a due, gli angoli non siano eguali e che quelli che sono eguali sono opposti.
E. - Lo intendo e ne sono certissimo.

Eguaglianza e giustizia.

9. 15. A. - E non ti colpisce una certa grande e stabile giustizia anche in queste cose?
E. - E come?
A. - Perché, a mio avviso, noi concepiamo la giustizia come equità ed è manifesto che equità è denominata da eguaglianza. Ora l'equità in questa virtù comporta che sia dato a ciascuno il suo. E certamente non si può dare a ciascuno il suo, se non mediante una certa distinzione. La pensi diversamente?.
E. - È chiaro e son pienamente d'accordo.
A. - E ritieni che si dia distinzione, se tutte le cose fossero eguali e non differissero in nulla fra di loro?
E. - No, certamente.
A. - Quindi non si può attuare la giustizia, se nelle cose, in cui è attuata, vi sia una certa, per così dire, ineguaglianza e dissimiglianza.
E. - Capisco.
A. - Dunque noi ammettiamo che le figure, di cui stiamo trattando, una che risulta di tre angoli e l'altra di quattro, sono dissimili, sebbene siano composte di linee eguali. Non ti sembra quindi che è stata conservata una certa giustizia, nel senso che la prima, la quale non può avere l'eguaglianza dei contrari, mantiene una rigida eguaglianza degli angoli, nella seconda invece, poiché v'è grande corrispondenza dei contrari, la legge degli angoli tolleri una certa ineguaglianza? Il principio mi ha colpito profondamente. Perciò mi è sembrato opportuno chiederti in quale misura avvertivi l'esteticità di questa verità, equità, eguaglianza.
E. - Adesso comprendo e apprezzo moltissimo il tuo discorso.
A. - Ora tu giustamente preferisci l'eguaglianza alla ineguaglianza e non v'è assolutamente, a mio avviso, alcuno, dotato di facoltà di comprendere le cose, che non lo ritenga. Cerchiamo dunque, se sei d'accordo, una figura, nella quale si possa trovare l'eguaglianza perfetta. Qualunque sia, sarà preferita senza dubbio alle altre.
E. - D'accordo e desidero sapere quale sia.

Eguaglianza nel quadrato e triangolo.

10. 16. A. - Dunque rispondi per primo se ritieni che fra le figure, di cui fin qui abbiamo parlato quanto ci è sembrato sufficiente, eccelle quella che risulta di quattro linee ed altrettanti angoli eguali. Come vedi, in essa si ha eguaglianza di linee e di angoli. Si ha inoltre eguaglianza dei contrari, che non riscontravamo in quella che è chiusa da tre linee eguali, poiché, come vedi, sono contrari linea a linea ed angolo ad angolo.

  

E. - È come tu dici.
A. - Ha la più perfetta eguaglianza o ritieni diversamente? Se l'ha, inutilmente ne cerchiamo un'altra, come abbiamo iniziato; se non l'ha, desidero che tu me ne dia la dimostrazione.
E. - Mi pare che l'abbia. Non vedo come ravvisare ineguaglianza, dove si hanno angoli e linee eguali.
A. - Il mio parere è diverso. La linea retta fino all'incontro con gli angoli è dotata di perfetta eguaglianza. Non ritieni che è sorgente d'ineguaglianza la proprietà, per cui una linea da un lato diverso si congiunge con un'altra e forma l'angolo? Ti sembra proprio che si raccordi per eguaglianza e somiglianza la sezione di figura che è chiusa dalla linea con quella che è racchiusa nell'angolo?
E. - No, proprio. Mi vergogno della mia sventatezza. Vi sono stato indotto dal fatto che in essa vedevo angoli e lati eguali. Ma chi non vedrebbe la grande differenza fra lati e angoli?
A. - Considera un altro evidente indizio d'ineguaglianza. Osservi certamente che tanto il triangolo equilatero che il quadrato hanno un centro.
E. - Certamente.
A. - E se dal centro tracciamo linee a tutte le parti della figura, ritieni che esse siano eguali o ineguali?

E. - Certamente ineguali, perché sono necessariamente più lunghe quelle che tracciamo verso gli angoli.
A. - E quante sono nel quadrato e quante nel triangolo?
E. - Quattro e tre.
A. - E ancora, quali sono le più brevi e quante in ciascuna figura?
E. - Egualmente quattro e tre, e son più brevi quelle che incidono a metà dei lati.
A.. - Giustissimo, mi sembra. Non è necessario che ci soffermiamo più a lungo su tali figure. Basta al nostro intento perché, come vedo, tu comprendi che vi è mantenuta una grande eguaglianza, ma non è ancora perfetta per ogni aspetto.
E. - Certamente lo comprendo e aspetto impazientemente di conoscere qual è la figura che ha la perfetta eguaglianza.

Linea e superficie.

11. 17. A. - È quella, la cui estremità è omogenea da ogni parte, poiché non v'è angolo che turbi l'eguaglianza e perché dal suo centro si possono tracciare linee eguali ad ogni punto del perimetro.
E. - Credo di aver capito. Stai descrivendo la figura che è limitata da una sola linea tracciata in cerchio.
A. - Hai capito. Ora considera un'altra cosa. Un precedente ragionamento ci ha dimostrato che il concetto di linea implica soltanto la dimensione della lunghezza, che non include la superficie e che quindi è indivisibile in direzione della lunghezza. Ciò posto, ritieni che si dia figura senza la superficie?
E. - No, certamente.
A. - Ed è possibile o no, che la superficie non abbia la lunghezza, sebbene sia soltanto superficie, allo stesso modo che precedentemente abbiamo potuto avere il concetto di lunghezza senza superficie?
E. - Evidentemente impossibile.
A. - Ed anche è evidente per te, salvo mio errore, che è possibile dividere la superficie da ogni parte e che al contrario non è possibile per la linea nel senso della lunghezza.
E. - Evidente.
A. - E cosa ritieni più perfetto, ciò che è divisibile o ciò che è indivisibile?
E. - Certamente ciò che è indivisibile.
A. - Dunque ritieni più perfetta la linea che la superficie. Se l'indivisibile è più perfetto, necessariamente dobbiamo ritenere più perfetto ciò che è meno divisibile; ora la superficie è divisibile da ogni parte, la lunghezza al contrario soltanto trasversalmente, giacché è indivisibile in direzione della lunghezza; quindi è più perfetta della superficie. La pensi diversamente?
E. - La tua dimostrazione mi convince.

[Modificato da MARIOCAPALBO 16/10/2013 16:04]