00 13/04/2013 14:44
(morali pastorali)


IL COMBATTIMENTO CRISTIANO

 

Il diavolo è il nostro avversario.

1. 1. La corona della vittoria non si promette se non a coloro che combattono. Nelle divine Scritture, inoltre, troviamo con frequenza che si promette a noi la corona, se vinceremo. Ma per non dilungarci a richiamare molti passi, presso l’apostolo Paolo si legge con molta chiarezza: Ho compiuto la mia opera, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede, ora mi resta la corona di giustizia 1. Dobbiamo dunque conoscere quale sia questo avversario, vinto il quale, saremo incoronati. È quello stesso che il Signore nostro vinse per primo, sicché anche noi, se perseveriamo in lui. E perciò la Potenza e la Sapienza di Dio2 e il Verbo, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose3, che è il Figlio unigenito, rimane immutabile al di sopra di ogni creatura. E poiché sotto di Lui sta anche la creatura che non ha peccato, quanto più sta sotto di Lui ogni creatura peccatrice? E poiché sotto di Lui sono tutti gli angeli santi, molto più a Lui sono sottoposti gli angeli prevaricatori, di cui il diavolo è il capo. Ma poiché quest’ultimo aveva ingannato la nostra natura, l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di assumere la nostra stessa natura, affinché da essa stessa fosse vinto il diavolo, e quello che il Figlio di Dio ha sottoposto a sé, fosse sottoposto anche a noi. È appunto quello che indica quando dice: Il principe di questo mondo è stato cacciato fuori 4. Non perché il diavolo è stato cacciato fuori dal mondo, come credono alcuni eretici, ma fuori dalle anime di coloro che aderiscono alla parola di Dio e non amano il mondo, di cui egli è il capo; infatti egli domina su quelli che amano le cose temporali, che sono contenute in questo mondo visibile, non perché egli sia padrone di questo mondo, ma perché è fonte di tutte quelle cupidige, per le quali si brama tutto ciò che è passeggero, cosicché a lui sono soggetti quelli che trascurano l’eterno Dio ed amano le cose caduche e mutevoli. La radice di tutti i mali è la cupidigia: seguendo la quale alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da sé tormentati con molti dolori 5. Per mezzo di questa cupidigia il diavolo regna sull’uomo e occupa il suo cuore. Tali sono tutti quelli che amano questo mondo. Il diavolo poi è cacciato fuori, quando di tutto cuore si rinuncia a questo mondo. Così infatti si rinuncia al diavolo, che è principe di questo mondo, quando si rinuncia a ciò che è corrotto, alle pompe e ai suoi corifei. Ecco perché lo stesso Signore, avendo già assunto trionfalmente la natura dell’uomo, disse: Sappiate che io ho vinto il mondo 6.

Occorre vincere la cupidigia per vincere il diavolo.

2. 2. Molti poi dicono: come possiamo noi vincere il diavolo che non vediamo? Ma noi abbiamo un maestro il quale si è degnato di mostrarci in che modo si vincono i nemici invisibili. Di lui infatti dice l’Apostolo: Spogliandosi della carne, fu modello ai principati e alle potestà, trionfando con sicurezza su di loro in se stesso 7. Dunque si vincono le invisibili potenze a noi ostili là dove si vincono le invisibili cupidige. E perciò poiché in noi stessi vinciamo le brame delle cose temporali, è necessario che in noi stessi vinciamo anche colui che regna nell’uomo per mezzo delle stesse cupidige. Quando infatti fu detto al diavolo: Mangerai terra, fu detto al peccatore: Tu sei polvere e in polvere ritornerai 8. Il peccatore fu dunque dato in pasto al diavolo. Facciamo in modo di non essere terra, se non vogliamo essere divorati dal serpente. Come infatti ciò che mangiamo lo convertiamo nel nostro corpo, affinché lo stesso cibo si trasformi in ciò che noi siamo secondo il nostro corpo, così a causa dei cattivi costumi per mezzo della malvagità e della superbia e dell’empietà ciascuno diventa ciò che è il diavolo, cioè simile a lui, ed è sottoposto a lui, come il nostro corpo è soggetto a noi. E questo è ciò che si dice, essere mangiato dal serpente. Chiunque pertanto teme quel fuoco che fu preparato per il diavolo ed i suoi angeli 9, si sforzi di trionfare su di lui in se stesso. Infatti quelli che ci combattono all’esterno, noi li vinciamo internamente, col vincere le concupiscenze per mezzo delle quali essi ci dominano. E attirano con sé nelle pene quelli che troveranno simili a sé.

I cattivi demoni non abitano in cielo.

3. 3.Così dice anche l’Apostolo che in se stesso combatte le potenze esterne. Dice infatti: Non dobbiamo noi combattere contro la carne e il sangue, ma contro i principi e le potestà di questo mondo, contro coloro che governano queste tenebre, contro gli spiriti di malizia negli spazi celesti 10. Cielo infatti è chiamato anche questo spazio, dove i venti e le nubi e le tempeste e i turbini si avvicendano; come infatti anche la Scrittura dice in molti passi: E il Signore tuonò dal cielo 11; e gli uccelli del cielo 12 e i volatili del cielo 13; essendo chiaro che gli uccelli volano nell’aria. Anche noi abitualmente chiamiamo cielo quest’aria: infatti quando domandiamo intorno al tempo sereno o nuvoloso, talvolta diciamo: "com’è l’aria?", talvolta: "com’è il cielo?". Dico ciò affinché nessuno pensi che i cattivi demoni abitano là dove Dio dispose il sole, la luna e le stelle. Questi cattivi demoni perciò l’Apostolo chiama spirituali 14, perché anche gli angeli cattivi sono chiamati spiriti nelle divine Scritture. Perciò egli li chiama rettori di queste tenebre, perché chiama tenebre gli uomini peccatori, sui quali questi dominano. Perciò dice in un altro passo: Voi foste infatti una volta tenebre; ma ora siete luce nel Signore 15; perché da peccatori erano stati giustificati. Non pensiamo dunque che il diavolo con i suoi angeli abiti nelle sommità del cielo, donde crediamo che egli sia caduto.

Empia credenza dei manichei.

4. 4. Così infatti errano i manichei, i quali affermano che prima della creazione del mondo vi era stato un popolo di tenebre che si ribellò contro Dio. Quegli sventurati credono che in quella guerra Dio onnipotente non poté altrimenti aiutare se stesso se non inviando una parte di sé contro quella razza. I principi di quella razza, come essi dicono, divorarono la parte di Dio e si organizzarono in modo tale che il mondo potesse essere costruito da loro. Così affermano che Dio giunse alla vittoria con grandi disgrazie e tormenti e miserie delle sue membra; queste membra, dicono, essersi poi mescolate alle viscere tenebrose dei loro principi, per calmarli e frenarli dal loro furore. E non capiscono che la loro setta è tanto sacrilega da credere che Dio onnipotente abbia combattuto con le tenebre non per mezzo della creatura che egli aveva fatto, ma per mezzo della sua propria natura: credere ciò è un’empietà. Né affermano solo ciò, ma anche che quelli stessi che furono vinti divennero migliori per il fatto che il loro furore fu frenato e che la natura di Dio, che in realtà vinse, divenne miserrima. Dicono anche che essa per questa mescolanza abbia perduto l’intelletto e la sua felicità e si sia trovata implicata in gravi errori e rovine. Se dicessero che la natura di Dio si sia in parte completamente purificata, affermerebbero tuttavia una grande empietà contro Dio onnipotente, del quale una parte crederebbero essere stata esposta per tanto tempo ad errori e pene senza alcuna responsabilità di peccato. Ora quegli sventurati osano dire che non può purificarsi tutta completamente, e che quella stessa parte che non si è potuta purificare, è destinata alla necessità di essere avvolta e legata alla rovina del sepolcro; e così una parte di Dio che per niente ha peccato rimane sempre ivi misera, ed è punita in eterno col carcere delle tenebre. Questo essi dicono per ingannare le anime semplici. Ma chi è così semplice da non accorgersi che sono cose sacrileghe quando affermano che Dio onnipotente è stato oppresso dalla necessità, così da permettere che la sua parte buona e innocente fosse ricoperta da tante grandi rovine e macchiata da tanta immondezza e non potesse liberarla completamente, e legasse con vincoli eterni ciò che non ha potuto liberare? Chi dunque non rigetterebbe simili cose? Chi non capirebbe che queste cose sono empie e nefande? Ma essi quando ingannano gli uomini non parlano di questi argomenti per primo; se ne parlassero sarebbero derisi o sarebbero respinti da tutti; scelgono invece quei capitoli delle Scritture che gli uomini semplici non capiscono e per mezzo di quelli ingannano le anime inesperte, domandando loro donde provenga il male. Così fanno a proposito di un testo dell’Apostolo dov’è scritto: I principi di queste tenebre e gli spiriti del male nei cieli 16. Quegli ingannatori cercano l’uomo che non comprende le divine Scritture e gli dicono donde siano in cielo i principi delle tenebre; così non avendo egli potuto rispondere, possano trascinarlo attraverso la loro curiosità; poiché ogni anima ignorante è curiosa. Chi invece conosce bene la fede cattolica ed è munito di buoni costumi e vera pietà, sebbene ignori la loro eresia, tuttavia risponde loro. Né può essere ingannato colui che ormai conosce quello che appartiene alla fede cristiana, che è chiamata cattolica, diffusa nel mondo, protetta dalla Provvidenza divina contro tutti gli empi e i peccatori e quelli suoi che la trascurano.

La lotta cristiana non è esteriore ma interiore.

5. 5. Abbiamo dunque detto che l’apostolo Paolo ha affermato che noi lottiamo contro i capi delle tenebre e le potenze spirituali del male che abitano nei cieli, e abbiamo anche provato che questo spazio aereo prossimo alla terra si chiama cielo; bisogna credere che noi combattiamo contro il diavolo e i suoi angeli, i quali godono dei nostri turbamenti. Lo stesso Apostolo infatti in un altro passo chiama il diavolo principe della potenza dell’aria 17. Sebbene il passo dove dice: Gli spiriti del male che occupano gli spazi celesti 18, si possa intendere diversamente, di modo che egli non ha detto che sono gli stessi angeli prevaricatori negli spazi celesti, ma piuttosto noi, dei quali in altro passo dice: La nostra dimora è nei cieli 19, affinché noi stabiliti negli spazi celesti, cioè camminando nei precetti spirituali di Dio, combattiamo contro gli spiriti del male che tentano di distrarci di là. Perciò bisogna cercare di più in che modo possiamo combattere e vincere contro quelli che non vediamo, affinché gli stolti non pensino che noi dobbiamo combattere contro l’aria.

È necessario domare il proprio corpo.

6. 6. Pertanto lo stesso Apostolo insegna dicendo: Io non combatto per così dire battendo l’aria, ma castigo il mio corpo e lo riduco in servitù, affinché predicando agli altri, per caso non sia io riprovato 20. Quindi aggiunge: Siate miei imitatori come anch’io lo sono di Cristo 21. Perciò bisogna intendere che anche lo stesso Apostolo abbia trionfato in se stesso delle potenze di questo mondo 22, come aveva detto del Signore di cui si professa imitatore 23. Imitiamo dunque anche noi lui, come ci esorta e castighiamo il nostro corpo e riduciamolo in schiavitù, se vogliamo vincere il mondo. Poiché questo mondo ci può dominare per mezzo dei piaceri illeciti e le vanità e la pericolosa curiosità, cioè quelle cose che allettano gli amanti dei piaceri temporali con dannoso piacere in questo mondo e li costringono a servire al diavolo ed ai suoi angeli: se abbiamo rinunziato a tutte queste cose, riduciamo il nostro corpo in schiavitù.

Anzitutto sottomettersi a Dio "con buona volontà e sincera carità".

7. 7. Ma affinché nessuno chieda in che modo dobbiamo sottomettere il nostro corpo a schiavitù, si può facilmente capire e può avvenire se sottomettiamo a Dio per prima noi stessi con buona volontà e sincera carità. Infatti ogni creatura voglia o non voglia è soggetta a un solo Dio e suo Signore. Ma di ciò siamo ammoniti, a servire al Signore Dio nostro con tutta la volontà. Poiché il giusto serve liberamente, l’ingiusto invece serve in catene. Tutti però servono alla divina Provvidenza; ma alcuni obbediscono come figli e con essa fanno ciò che è bene, altri poi sono legati come schiavi e di essi avviene ciò che è giusto. Così Dio onnipotente, Signore di tutte le creature, il quale creò tutte le cose, com’è scritto, assai buone 24 le ha ordinate in modo che riesca del bene dalle cose buone e dalle cose cattive. Ciò che si fa con giustizia è fatto bene. Giustamente i buoni sono beati e giustamente i cattivi pagano le pene. Dio dunque ricava il bene e dai buoni e dai cattivi, poiché fa tutto con giustizia. Buoni sono coloro che con tutta la loro volontà servono a Dio; i cattivi servono per necessità: nessuno sfugge infatti alle leggi dell’Onnipotente. Ma altro è fare ciò che la legge comanda, altro è sopportare ciò che la legge comanda. E quindi i buoni agiscono secondo le leggi, i cattivi soffrono secondo le leggi.

Perché in questa vita i giusti sopportano molti mali gravosi e difficili.

7. 8. E non ci sconvolga il fatto che in questa vita secondo la carne che essi portano, i giusti sopportino molti mali gravosi e difficili. Infatti, non soffrono alcun male coloro che ormai possono dire ciò che quell’uomo spirituale, l’Apostolo, canta con esultanza e predica dicendo: Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 25. Se dunque in questa vita, dove vi sono tanti grandi travagli, gli uomini buoni e giusti, quando sopportano tali sofferenze, possono non solo tollerarle con animo sereno, ma anche gloriarsi nell’amore di Dio, che cosa pensare di quella vita che ci è promessa, dove nessuna molestia sentiremo da parte del corpo? In effetti il corpo dei giusti non risorgerà per lo stesso scopo per cui risorgerà il corpo degli empi. Come sta scritto: Tutti risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati 26. E affinché nessuno creda che questa trasformazione non è promessa ai giusti, ma piuttosto agli ingiusti, e non consideri che essa procuri pena, l’Apostolo prosegue e dice: E i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati 27. Tutti i cattivi dunque sono ordinati in modo tale che ciascuno nuoce a se stesso e tutti si danneggiano vicendevolmente. Infatti desiderano ciò che è amato in modo pernicioso e ciò che ad essi può essere facilmente portato via; e queste cose portano via a se stessi a vicenda quando si perseguitano. E così sono angustiati coloro ai quali vengono tolti i beni temporali, perché li amano; al contrario coloro che se ne impossessano, godono. Ma una siffatta gioia è cecità e somma miseria: infatti coinvolge ancor più l’anima conducendola a tormenti sempre più grandi. Anche il pesce è contento, quando, non vedendo l’amo, divora l’esca. Ma appena il pescatore comincia a tirarlo, per primo vengono attorcigliate le sue viscere, in seguito, da tutto quel piacere per mezzo di quella stessa esca dalla quale era stato attratto, è trascinato alla morte. Similmente accade di tutti coloro che si reputano felici per i beni terreni. Abboccano, infatti, all’amo, e con quello vanno errando. Verrà il tempo quando sentiranno quanti tormenti avranno divorato con l’avidità. E ai buoni non arrecano danno per nulla, perché viene tolto loro ciò che essi non amano. Infatti, nessuno può loro sottrarre ciò che essi amano, e per cui sono felici. Il tormento del corpo affligge miseramente le anime malvagie, invece purifica fortemente quelle buone. Così avviene che l’uomo cattivo e l’angelo cattivo combattono per disposizione della divina Provvidenza, ma ignorano quale bene Dio trae da loro. E quindi vengono ricompensati non per i meriti del loro servizio, ma per i meriti della loro malizia.

L’onnipotenza di Dio governa non solo le anime ma l’intero universo.

8. 9. Ma come queste anime che hanno la volontà di nuocere e la facoltà di pensare sono ordinate sotto le leggi divine affinché nessuno soffra alcunché di ingiusto, così tutte le cose sia animate sia corporee sono, nel loro genere ed ordine, sottomesse alle leggi della divina Provvidenza e amministrate da esse. Perciò dice il Signore: Forse che due passeri non si vendono per un denaro ed uno di essi non cade in terra senza la volontà del Padre vostro? 28 Questo infatti disse volendo dimostrare che qualunque cosa che gli uomini stimano di pochissimo conto è governata dall’onnipotenza di Dio. Gli uccelli del cielo sono nutriti da Lui e i gigli del campo sono vestiti da Lui 29, così parla la Verità, e aggiunge che anche i nostri capelli sono contati 30. Ma poiché Dio cura da se stesso le anime razionali che sono pure, sia negli ottimi e grandi angeli, sia negli uomini che servono a Lui con tutta la volontà, governa poi le altre cose mediante questi stessi e poté anche in modo verissimo affermarsi dall’Apostolo quel detto: Non spetta a Dio prendersi cura dei buoi 31. Nelle sante Scritture Dio insegna agli uomini come debbono agire con gli altri uomini ed essi stessi servire Dio. Essi sanno già come agire con le loro bestie, cioè come governare la salute del loro bestiame con la pratica e la perizia e la ragione naturale: tutte cose queste che essi ricevettero dai grandi doni del loro Creatore. Chi dunque può capire come Dio creatore della natura universale la governa per mezzo delle anime sante che sono sue ministre in cielo e in terra; perché anche le stesse anime sante furono da Lui fatte e nella sua creazione tengono il primato: chi dunque può capire capisca ed entri nella gioia del suo Signore 32.

Finché siamo nel corpo gustiamo quanto è soave il Signore.

9. 10. Se poi non possiamo fare ciò, finché siamo nel corpo e siamo lontani dal Signore 33, almeno gustiamo quanto è soave il Signore 34; poiché ha dato a noi lo Spirito come pegno 35, nel quale sentiamo la sua dolcezza e desideriamo la stessa fonte della vita, dove con sobria estasi saremo inondati e irrigati, come l’albero che è piantato lungo il corso delle acque e dà il frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno 36. Dice infatti lo Spirito Santo: I figli degli uomini spereranno all’ombra delle tue ali, saranno inebriati dalla ubertà della tua casa e li abbevererai col torrente del tuo amore. Poiché presso di te è la fonte della vita 37. Tale ebrietà non sconvolge la mente, ma tuttavia la rapisce in alto, e dà la dimenticanza di tutte le cose terrene. E possiamo già dire con tutto il nostro affetto: Come il cervo desidera le fonti delle acque, così l’anima mia desidera te, o Dio 38.

Egli ha avuto pietà della nostra debolezza.

10. 11. Che se per caso ancora per le malattie dell’anima, che essa ha contratto per l’amore del secolo, noi non siamo idonei a gustare quanto è dolce il Signore, crediamo almeno alla divina autorità che ha voluto manifestare nelle sante Scritture circa il Figlio suo, il quale fu fatto a lui dalla discendenza di Davide secondo la carne, come dice l’Apostolo 39. Tutte le cose, infatti, sono state fatte per mezzo di lui, com’è scritto nell’Evangelo, e senza di lui nulla è stato fatto 40. Egli ha avuto pietà della nostra debolezza che noi abbiamo meritato non per opera sua ma per nostra volontà. Infatti Dio ha creato l’uomo per l’immortalità 41 e gli ha dato il libero arbitrio della volontà. Non sarebbe infatti molto felice se dovesse servire ai comandamenti di Dio per necessità e non per volontà. È facile, a mio avviso, tutto questo: la qual cosa non vogliono capire quelli che hanno abbandonato la fede cattolica, eppure vogliono essere chiamati cristiani. Infatti, se ammettono con noi che la natura umana non può essere guarita se non facendo il bene, confessino pure che la stessa natura non si può ammalare se non peccando. E perciò non bisogna credere che l’anima nostra sia ciò che Dio è, perché se ciò fosse né per sua volontà né per qualche altra necessità si cambierebbe in peggio; poiché in ogni modo capiamo che Dio è immutabile, lo si comprende non da quelli che in spirito di contesa e vanità e per desiderio di vana gloria amano parlare di ciò che non sanno, ma da quelli che con cristiana umiltà "sentono la bontà di Dio e lo cercano nella semplicità del cuore" 42. Il Figlio di Dio perciò si è degnato di assumere la nostra debolezza: E il Verbo si fece carne e abitò fra noi43. Non perché quell’eternità si sia cambiata, ma perché ha mostrato agli occhi mutabili degli uomini la creatura mutabile che Egli assunse con immutabile maestà.

Innalzi la sua speranza il genere umano: il Figlio di Dio ha assunto 1’uomo.

11. 12. Vi sono degli stolti che dicono: non poteva la Sapienza di Dio liberare gli uomini in modo diverso senza assumere l’umanità, senza nascere da una donna e patire tutte quelle sofferenze da parte dei peccatori? A costoro rispondiamo: lo poteva certamente; ma se avesse fatto diversamente, sarebbe dispiaciuto ugualmente alla vostra stoltezza. Se non apparisse agli occhi dei peccatori, certamente la sua luce eterna, che si vede con gli occhi interiori, non potrebbe essere vista dalle menti inquinate. Ora dal momento che si è degnato di istruirci visibilmente per prepararci alle cose invisibili, dispiace agli avari, perché non ha assunto un corpo tutto d’oro; dispiace agli impudichi, perché è nato da una donna (infatti, non hanno molto piacere gli impudichi che le donne concepiscano e partoriscano); dispiace ai superbi, perché ha sopportato con infinita pazienza le offese; dispiace ai delicati, perché è stato crocifisso; dispiace ai timidi, perché è morto. E perché non sembri che difendono i loro vizi, dicono che si dispiacciono che ciò sia accaduto non in un uomo, ma nel Figlio di Dio. Non capiscono infatti cosa sia l’eternità di Dio che ha assunto umana natura e che cosa sia la stessa umana creatura, che era riportata dalle sue mutazioni all’antica stabilità, affinché imparassimo, come insegna lo stesso Signore, che le infermità che abbiamo acquistato col peccare, possono essere sanate col bene operare. Si mostrava a noi, infatti, a quale fragilità l’uomo era giunto con la sua colpa, e da quale fragilità era liberato con l’aiuto divino. Perciò il Figlio assunse umana natura ed in essa ha sofferto da uomo. Questo rimedio a favore degli uomini è così grande che più non si può immaginare. Quale superbia si può sanare, se non si sana con l’umiltà del Figlio di Dio? Quale avarizia si può sanare, se non si sana con la povertà del Figlio di Dio? Quale iracondia si può sanare, se non si sana con la pazienza del Figlio di Dio? Quale empietà si può sanare, se non si sana con la carità del Figlio di Dio? Infine, quale timidezza si può sanare, se non si sana con la risurrezione del corpo di Cristo Signore? Innalzi la sua speranza il genere umano e riconosca la sua natura, veda quanto posto ha nelle opere di Dio. Non disprezzate voi stessi, o uomini: il Figlio di Dio si è fatto uomo. Non disprezzate voi stesse, o donne: il Figlio di Dio è nato da una donna. Non amate però le cose carnali: perché nel Figlio di Dio non siamo né maschio né femmina. Non amate le cose temporali: perché se si amassero come un bene, le amerebbe l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. Non temete gli oltraggi e le croci e la morte, perché se nuocessero agli uomini non le avrebbe sofferte l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. Questa fede che ormai dovunque si predica, dovunque si venera, che sana ogni anima obbediente, non esisterebbe nella società umana, se non fossero state realizzate tutte quelle cose che dispiacciono ai più stolti. Chi si degnerà di imitare la stolta presunzione per poter essere spinto a praticare la virtù, se arrossisce di imitare colui del quale fu detto, prima che nascesse, che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo 44 e già in tutte le nazioni, cosa che nessuno può negare, lo si chiama Figlio dell’Altissimo? Se abbiamo una grande opinione di noi, degniamoci di imitare colui che è chiamato Figlio dell’Altissimo. Se invece ci stimiamo poco, osiamo imitare i pescatori e i pubblicani che lo hanno imitato. O medicina provvida per tutti, che reprime tutti i tumori, che ravviva tutto ciò che è debole, che toglie tutte le escrescenze, custodisce tutto ciò che è vitale, ripara tutte le perdite, corregge tutte le depravazioni! Chi ormai può elevarsi contro il Figlio di Dio? Chi può disperare di sé, se per lui il Figlio di Dio ha voluto essere tanto umile? Chi può stimare beata la vita per quelle cose che il Figlio di Dio ha insegnato doversi disprezzare? A quali avversità potrà cedere colui il quale crede che la natura dell’uomo è custodita da tante persecuzioni nel Figlio di Dio? Chi potrà pensare che il regno dei cieli gli è chiuso, se conosce che i pubblicani e le meretrici hanno imitato il Figlio di Dio? 45 Da quale malvagità non sarà preservato chi osserva e ama le opere e le parole di quest’uomo, nel quale il Figlio di Dio si è offerto a noi quale esempio di vita?

La speranza della vita eterna solleva il mondo.

12. 13. Ormai sia gli uomini, sia le donne, sia ogni età e grado di questo secolo sono mosse alla speranza della vita eterna. Alcuni lasciano i beni temporali e accorrono alle cose divine; altri si lasciano avvincere dalle virtù di quelli che fanno ciò e lodano quello che non osano imitare. Pochi però mormorano sino ad ora e sono tormentati da vano livore e sono o quelli che cercano il loro interesse nella Chiesa, sebbene sembrino cattolici, o gli eretici che vogliono trovare gloria dallo stesso nome di Gesù Cristo, o i giudei che desiderano difendere il loro peccato di empietà, o i pagani che temono di perdere la loro curiosità di vana licenza. Ma la Chiesa cattolica sparsa in lungo e in largo per tutto il mondo, rompendo i loro attacchi fin dai primi tempi, si è fortificata sempre di più, non col resistere ma col sopportare. Ora Essa con la fede irride alle loro insidiose questioni, con la ragione le discute, e con l’intelligenza le distrugge. Non si cura dei calunniatori delle sue pagliuzze, perché distingue il tempo della messe, il tempo dell’aia e il tempo dei granai con prudenza e diligenza. Corregge i calunniatori del suo frumento o gli erranti e relega gli invidiosi tra le spine e la zizzania.

Come nella conoscenza bisogna guardarsi dall’errore, così nell’azione bisogna guardarsi dal peccato.

13. 14. Sottoponiamo dunque l’anima a Dio, se vogliamo sottoporre il nostro corpo a schiavitù e trionfare del diavolo. La fede è la prima che sottopone l’anima a Dio; poi i precetti del vivere, con l’osservanza dei quali la nostra speranza si rafforza, e la carità si alimenta e comincia a risplendere quello che prima solo si credeva. Poiché la conoscenza e l’azione rendono beato l’uomo, come nella conoscenza bisogna guardarsi dall’errore, così nell’azione bisogna guardarsi dal peccato. Erra invece chiunque crede di poter conoscere la verità vivendo ancora nell’iniquità. È iniquità amare questo mondo e avere in grande considerazione le cose che nascono e passano, bramarle e affannarsi per esse per conquistarle; rallegrarsi quando abbondano e temere di perderle; contristarsi quando si perdono. Tale vita non può contemplare quella pura, sincera e immutabile verità e attaccarsi ad essa, né staccarsene più per l’eternità. Pertanto prima di purificare la nostra mente dobbiamo credere quello che non possiamo ancora comprendere; poiché in tutta verità fu detto per mezzo del profeta: Se non crederete, non comprenderete 46.

Crediamo in Dio Trinità.

13. 15. La fede nella Chiesa si esprime con somma brevità; in essa sono comprese le verità eterne che non possono ancora essere comprese dagli uomini carnali e le cose temporali passate e future che l’eterna divina Provvidenza ha fatto e farà per la salvezza degli uomini. Crediamo dunque nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Queste sono (Persone) eterne e immutabili, cioè un solo Dio, la Trinità eterna di una sola sostanza, Dio, dal quale è tutto, per il quale è tutto, nel quale è tutto 47.

Dio in tre Persone.

14. 16.Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che solamente il Padre esiste, che non ha il Figlio, né che è con Lui lo Spirito Santo; ma che lo stesso Padre talora si chiama Figlio e talvolta Spirito Santo. Ignorano il Principio dal quale sono tutte le cose, la sua Immagine per la quale tutte le cose sono formate e la sua santità nella quale tutte le cose sono ordinate.

Le tre Persone divine sono un solo Dio.

15. 17. Neppure dobbiamo ascoltare coloro che si indignano e si infastidiscono perché noi diciamo che non bisogna adorare tre dèi. Ignorano infatti che cosa significhi una sola e medesima sostanza; e si illudono dei loro fantasmi, perché sogliono vedere materialmente o tre esseri animati o tre corpi qualunque stare separati nei loro posti. Così credono che bisogna intendere la sostanza di Dio, e sono in grave errore perché sono superbi; e non possono imparare, perché non vogliono credere.

Uguaglianza delle tre Persone divine.

16. 18.Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che solo il Padre è il vero e sempiterno Dio; che il Figlio non è generato dal Padre, ma da Lui stesso fatto dal nulla e che ci fu un tempo quando non esisteva, ma che tuttavia tiene il primo posto fra tutte le creature; e (dicono anche) che lo Spirito Santo è di minore maestà rispetto al Figlio; e che le sostanze di questi tre sono diverse, come l’oro, l’argento e il bronzo. Non sanno quello che dicono e da queste realtà che sogliono guardare con gli occhi della carne, trasferiscono le vane immagini nelle loro discussioni. In realtà è arduo rendersi conto con la mente circa la generazione che non avviene nel tempo, ma è eterna; e la stessa Carità e Santità, per cui chi genera e chi è generato sono uniti reciprocamente in modo ineffabile. È arduo e difficile comprendere questa verità con la nostra mente, sebbene sia serena e tranquilla. Non è possibile che capiscano ciò quelli che guardano troppo le umane generazioni e a queste tenebre aggiungono ancora fumo, che essi non cessano di fomentare tra loro con le contese e le lotte quotidiane, con l’animo impelagato negli affetti carnali, come legni saturi di acqua, nei quali il fuoco vomita solo fumo e non può emanare splendide fiamme. E questo lo si può affermare benissimo per tutti gli eretici.

Gesù Cristo è il Figlio di Dio.

17. 19. Credendo nell’immutabile Trinità noi crediamo anche alla sua economia temporale per la salvezza del genere umano. Non ascoltiamo coloro che dicono che il Figlio di Dio, Gesù Cristo altro non è che un uomo, sebbene così giusto da essere degno di essere chiamato Figlio di Dio. E infatti la dottrina cattolica li ha cacciati fuori, poiché ingannati dalla brama di vana gloria vollero disputare contenziosamente, prima di capire cosa sia la Virtù di Dio e la Sapienza di Dio 48 e che in principio esisteva il Verbo, per cui sono state fatte tutte le cose e in che modo il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi 49.

Gesù Cristo è vero uomo.

18. 20. Non dobbiamo ascoltare coloro che dicono che il Figlio di Dio non ha assunto un vero uomo, né che è nato da una donna, ma ha voluto mostrare a quelli che lo vedevano una falsa carne e un’immagine simulata del corpo umano. Non sanno come la sostanza di Dio che amministra tutta la creazione non può assolutamente corrompersi. E tuttavia predicano che questo sole visibile sparge i suoi raggi attraverso tutte le brutture e le immondizie dei corpi e pure li conserva dovunque mondi e puri. Se dunque le cose pure visibili possono venire a contatto con le cose visibili immonde e non si corrompono, quanto più l’invisibile e immutabile Verità, assumendo l’anima per mezzo dello spirito e il corpo per mezzo dell’anima, avendo preso l’uomo completo, lo ha liberato da tutte le infermità senza alcuna contaminazione! Perciò provano maggiori difficoltà e, temendo che la Verità si inquini di carne umana, ciò che non può avvenire, affermano che la Verità ha mentito. E, avendo Egli detto col suo precetto: Sia nella vostra bocca: Sì, sì, e no, no 50 e gridando l’Apostolo: Non era in lui sì e no; in lui era sì 51, costoro sostengono che tutto il suo corpo sia stato una falsa carne, di modo che a loro non sembra di imitare il Cristo, se non mentendo ai loro uditori.

Gesù Cristo ha non solo il corpo e l’anima dell’uomo, ma anche lo spirito.

19. 21. Non dobbiamo ascoltare coloro che professano la Trinità in una sostanza eterna, ma che osano dire che l’uomo stesso, assunto nel tempo, non aveva la mente di uomo, ma solamente l’anima e il corpo. Come se dicessero: non fu uomo ma aveva le membra di corpo umano. Anche le bestie hanno l’anima e il corpo, ma non hanno la ragione, che è propria della mente. Se pertanto bisogna riprovare coloro che negano che egli abbia avuto un corpo umano, la qual cosa nell’uomo è parte secondaria, mi meraviglio che costoro non arrossiscano quando negano che Cristo abbia avuto quello che nell’uomo è il massimo. Molto è da deplorare la mente umana, se è vinta dal suo corpo, se poi in quell’uomo la mente umana non è stata resa alla forma primiera, in lui il corpo stesso umano ha ricevuto già la dignità della forma celeste. Ma sia lontano da noi credere ciò che la temeraria cecità e la superba loquacità ha immaginato.

L’unione dell’uomo con Dio in Gesù Cristo non è solo morale ma reale.

20. 22.Non dobbiamo dare ascolto a coloro che affermano che da quella eterna Sapienza è stato assunto l’uomo, che è nato da una vergine, allo stesso modo come anche da essa diventano sapienti altri uomini, che sono perfettamente saggi. Ignorano infatti il mistero proprio di quell’uomo e credono che ciò che egli ha avuto di più rispetto agli altri tanto beati consiste nell’essere nato da una vergine. Questo stesso privilegio, se essi lo considerassero attentamente, forse crederebbero ch’egli lo abbia meritato più che gli altri, precisamente per il carattere unico di tale unione. Altro è divenire sapiente solamente per la Sapienza di Dio ed altro è portare la Persona stessa della Sapienza di Dio. Sebbene la natura del corpo della Chiesa sia la stessa, tuttavia chi non capisce che c’è molta differenza tra il Capo e le altre membra? Se infatti il Capo della Chiesa è quell’uomo, per la cui assunzione il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi 52; le altre membra sono tutti i santi, per mezzo dei quali si compagina e si completa la Chiesa. Come infatti l’anima dà vita a tutto il nostro corpo e lo vivifica, ma sente nel capo vedendo, udendo, odorando, gustando e toccando, nelle altre membra invece solamente toccando; e perciò al capo tutte le membra sono soggette per operare, esso poi è collocato sopra per provvedere a tutto, poiché l’anima, la quale provvede al corpo, in certo modo sostiene tutta la persona, ivi infatti si manifesta ogni sentimento: così per tutto il popolo dei santi, come un solo corpo, il capo è il Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù 53. E perciò la Sapienza di Dio, e il Verbo in principio per il quale tutto è stato fatto 54, non assunse quell’uomo come gli altri santi, ma in modo molto più eccellente e sublime: come fu necessario che fosse assunto solo colui nel quale la Sapienza doveva mostrarsi agli uomini, così conveniva che quella si mostrasse in maniera visibile. Perciò altra è la sapienza del resto degli uomini, quali che siano, o poterono essere, o lo potranno; e altro quell’unico Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù, che della stessa Sapienza per la quale divengono sapienti tutti gli altri uomini, non solo ha il beneficio, ma porta anche la persona. Degli altri spiriti sapienti e spirituali rettamente si può dire che abbiano in sé il Verbo di Dio per il quale tutte le cose sono state create. Ma in nessuno di essi rettamente si può dire che il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi, cosa che molto rettamente si dice solo del Signore nostro Gesù Cristo.