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LIBRO SECONDO

 

 

LE BEATITUDINI NEL RAPPORTO CON DIO

La beatitudine dei puri di cuore nella preghiera, elemosina,
digiuno e nelle opere di bene
(1, 1 - 22, 76)

Purezza del cuore e amore della lode.

1. 1. La purificazione del cuore, con cui ha inizio questo libro, viene dopo la misericordia, con la cui esposizione ha avuto termine il primo libro. La purificazione del cuore è paragonabile a quella dell’occhio con cui si vede Dio; e a mantenerlo limpido è indispensabile tanta attenzione quanta ne richiede la dignità dell’essere che con esso si può conoscere. Ma è difficile che in questo occhio, in gran parte purificato, non s’insinuino furtivamente alcune placche per mezzo delle eventualità che abitualmente accompagnano le nostre buone azioni, ad esempio la lode degli uomini. Certamente è dannoso non vivere onestamente, ma il vivere onestamente e non volere essere lodato non è altro che essere nemico delle umane eventualità che son tanto più degne di compassione, quanto meno è gradita la onesta vita degli uomini. Se dunque coloro, in mezzo ai quali vivi, non loderanno te che vivi onestamente, essi sono in errore; se invece ti loderanno, tu sei in pericolo. Si eccettua il caso che tu abbia un cuore tanto limpido e puro da non fare per le lodi degli uomini quel che fai con onestà e da rallegrarti per loro che lodano con onestà, perché è ad essi gradito ciò che è bene, anziché per te stesso. Difatti vivresti con onestà, anche se nessuno ti lodasse, e allora capiresti che la tua azione lodevole è utile a coloro che ti lodano, se onorano te non per la tua vita virtuosa, ma Dio perché è suo tempio veramente degno di rispetto chi vive bene. Si adempie così quel che dice Davide: Nel Signore si gloria la mia anima; ascoltino gli umili e si rallegrino 1. Spetta dunque all’occhio puro nell’agire onestamente non aver di mira le lodi degli uomini e non riferire ad essi la buona azione che compi, cioè fare una buona azione per essere gradito agli uomini. Così andrebbe a genio perfino simulare una buona azione, se si bada soltanto a farsi lodare da un individuo il quale, poiché non può vedere il cuore, può lodare anche l’ipocrisia. E quelli che lo fanno, cioè quelli che simulano la bontà, sono di cuore doppio. Quindi ha il cuore limpido, cioè puro, soltanto chi supera le lodi umane e nel vivere bene è attento soltanto a lui e a lui s’impegna d’esser gradito, perché egli soltanto è scrutatore della coscienza. E tutto ciò che proviene dalla rettitudine della coscienza è tanto più degno di lode, quanto meno ambisce le lodi umane.

La retta intenzione.

1. 2. Evitate dunque, dice il Signore, di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro ammirati, ossia: evitate di vivere onestamente con questa intenzione e di stabilire il vostro bene nel farvi ammirare dagli uomini. Altrimenti non avrete la ricompensa dal Padre vostro che è nei cieli 2, non nel senso che siate ammirati dagli uomini, ma se vivete con onestà appunto per farvi ammirare. Altrimenti non avrebbe senso quel che è stato detto all’inizio di questo discorso: Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città collocata sopra un monte, né accendono una lucerna e la mettono sotto il moggio, ma sopra il lucerniere affinché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini affinché vedano le vostre opere buone e non ha terminato con queste parole, ma ha aggiunto: E diano gloria al vostro Padre che è nei cieli 3. Qui invece, poiché rimprovera se sia volto alla lode il fine delle buone azioni, cioè se ci comportiamo con onestà per essere ammirati dagli uomini, dopo aver detto: Evitate di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro ammirati 4, non ha aggiunto nulla. Da questo si evidenzia che non ha proibito che si agisca con onestà davanti agli uomini, ma che si agisca con onestà davanti agli uomini per essere da loro ammirati, ossia che questo ci prefiggiamo e che vi riponiamo il fine della nostra intenzione.

Esempio di Paolo.

1. 3. Difatti l’Apostolo dice: Se fossi ancora gradito agli uomini, non sarei ministro di Cristo 5, mentre in un altro passo dice: Siate graditi a tutti in tutto, come io sono gradito a tutti in tutto 6. Quelli che non capiscono questo pensiero dell’Apostolo vi notano un’antitesi, quantunque egli abbia affermato di non essere gradito agli uomini, perché non agiva con onestà per piacere a loro, ma a Dio, in quanto intendeva, per il fatto stesso che era gradito agli uomini, volgere il loro cuore all’amore di lui. Perciò affermava con onestà di non essere gradito agli uomini, perché lo avvertiva nel fatto stesso di essere gradito a Dio; e sempre con onestà ingiungeva che si deve esser graditi agli uomini, non affinché questo si desideri come ricompensa delle buone opere, ma perché non potrebbe essere gradito a Dio chi non si offrisse all’imitazione di coloro che vorrebbe indurre alla salvezza; per nessun motivo infatti un individuo può imitare chi non gli è gradito. Come dunque non irragionevolmente parlerebbe chi dicesse: In questa mia attività, con cui cerco una nave, non cerco la nave ma la patria, così logicamente l’Apostolo direbbe: In questa mia attività, con cui sono gradito agli uomini, non a loro ma a Dio son gradito perché non tendo a questo, ma intendo che mi imitino coloro che voglio restituire alla salvezza. Così dice dell’offerta che si dà per i fedeli: Non perché voglio un regalo, ma perché ritengo necessario il merito 7, cioè: nel fatto che cerco una vostra offerta, non essa cerco, ma un vostro merito. Da questa precisazione poteva esser manifesto quanto avessero progredito nel Signore perché eseguivano liberamente quel che da loro si richiedeva non per la soddisfazione proveniente dal regalo, ma per la comunione della carità.

Vera ricompensa in Dio.

1. 4. Anche quando aggiunge la frase: Altrimenti non avrete la ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli 8, indica soltanto che noi dobbiamo evitare di esigere la lode degli uomini per ricompensa delle nostre azioni, cioè di lusingarci che con essa diventiamo felici.

Retta intenzione anche nell’elemosina.

2. 5. Quando dunque fai l’elemosina, dice il Signore, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e per le strade per essere lodati dagli uomini 9. Non voler farti notare, dice, come gli ipocriti. È evidente che gli ipocriti non hanno nel cuore quel che pongono davanti agli occhi degli uomini. Infatti gli ipocriti sono operatori di finzioni sul tipo dei presentatori dell’altrui personalità nelle rappresentazioni teatrali. Ad esempio chi nella tragedia fa la parte di Agamennone o di un altro personaggio storico o mitologico non è realmente lui, ma lo rappresenta ed è detto mimo. Così nella Chiesa e in tutta l’umana convivenza è un ipocrita chi vuol sembrare quel che non è. Infatti imita con finzione il virtuoso, non lo esibisce, perché ripone tutto l’utile nella lode umana, che possono conseguire anche quelli che fingono nell’atto che ingannano coloro a cui sembrano buoni e dai quali vengono lodati. Ma tali individui da Dio, che scruta il cuore, ricevono come ricompensa soltanto la condanna dell’inganno. Infatti hanno ricevuto dagli uomini, dice Gesù, la loro ricompensa 10. E molto giustamente sarà detto loro: Allontanatevi da me, operatori d’inganno 11, perché avete portato il mio nome, ma non avete praticato le mie opere. Hanno dunque ricevuto la loro ricompensa coloro che fanno l’elemosina soltanto per essere lodati dagli uomini, non però se sono lodati dagli uomini, ma se la fanno appunto per esser lodati, come è stato discusso precedentemente. La lode umana non si deve ambire dunque da chi fa opere buone, ma deve accompagnare chi le fa, affinché diventino migliori coloro che possono imitare ciò che lodano e non perché egli pensi che essi, lodandolo, gli siano di vantaggio.

La sinistra non è il nemico.

2. 6. Invece mentre fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra 12. Se intenderai che con la sinistra sono indicati i non cristiani, sarà evidente che non v’è colpa nel voler essere gradito ai cristiani, mentre ci è assolutamente proibito di stabilire il vantaggio e il fine dell’opera buona nella lode di qualsiasi persona. Ma il complesso di atti, affinché ti imitino coloro ai quali saranno gradite le tue buone azioni, si deve mostrare non soltanto ai cristiani ma anche ai non cristiani, affinché nel lodare le nostre buone opere onorino Dio e giungano alla salvezza. Se poi per sinistra vorrai intendere un nemico nel senso che un tuo nemico non sappia quando fai l’elemosina, perché mai il Signore stesso, mosso a pietà, sanò alcune persone alla presenza dei Giudei suoi nemici? Perché l’apostolo Pietro, avendo guarito quell’uomo di cui alla porta Bella del tempio ebbe compassione in quanto storpio, dovette subire la collera dei nemici contro di sé e contro gli altri discepoli di Cristo 13? Se poi è necessario che il nemico non sappia quando facciamo l’elemosina, non sappiamo che fare col nemico stesso per adempiere il comandamento: Se il tuo nemico avrà fame, dàgli da mangiare; se avrà sete, dàgli da bere 14.

La sinistra fra marito e moglie.

2. 7. Di solito v’è una terza interpretazione, assurda e ridicola, dei materialisti. Non la ricorderei se non conoscessi per esperienza che non pochi sono incappati nell’errore in quanto dicono che con l’appellativo di sinistra è indicata la moglie. Siccome abitualmente le donne nella gestione della famiglia sono più attaccate al denaro, non dovrebbero conoscere a causa dei litigi di famiglia quando i loro mariti danno qualcosa ai bisognosi. Come se soltanto gli uomini siano cristiani e il comandamento non sia dato anche per le donne. A quale sinistra dunque la donna deve occultare l’opera della propria misericordia? O anche l’uomo sarà la sinistra della donna? È proprio assurdo. Ovvero se si pensasse che l’uno è la sinistra dell’altro, qualora da uno si distribuisce qualcosa dal patrimonio familiare in modo che sia contro il volere dell’altro, tale matrimonio non sarebbe cristiano. Ma è inevitabile che se uno dei due, secondo il comandamento di Dio, vorrà fare l’elemosina, chiunque dei due avrà contro, sia nemico del comandamento di Dio e sia quindi da considerarsi tra i non cristiani. E su tali argomenti è comandamento di Dio che mediante un buon rapporto e comportamento il marito cristiano conquisti la moglie o la moglie cristiana il marito 15. Perciò non debbono nascondere l’uno all’altro le proprie buone azioni, alle quali si debbono spronare a vicenda, sicché possa l’un l’altro spronarsi alla comune professione della fede cristiana. E non si devono commettere furti per guadagnarsi la bontà di Dio. Ma poniamo che si debba occultare qualcosa fin quando la debolezza dell’altro non può sopportare con animo sereno, giacché questo non è né ingiusto né illecito. Tuttavia dall’esame di tutto il brano non appare con evidenza chi sia indicato come sinistra, perché da esso emergerà che è insieme all’altro chi potrebbe considerare come sinistra.

La sinistra è desiderio di lode.

2. 8. Evitate, dice il Signore, di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro ammirati; altrimenti non avrete la ricompensa dal Padre vostro che è nei cieli 16. Nell’inciso ha parlato della virtù in generale, in seguito svolge separatamente. È un settore della virtù l’opera che si compie mediante l’elemosina e quindi ne deduce la massima: Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e per le strade per essere lodati dagli uomini 17. A questo si riferisce quel che ha detto prima: Evitate di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro lodati. Invece quel che segue: In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa si riferisce al pensiero che ha espresso precedentemente: Altrimenti non avrete la ricompensa dal Padre vostro che è nei cieli. Poi continua: Invece quando tu fai l’elemosina. Quando dice: Invece quando tu cosa dice di diverso che: non come loro? Che cosa mi comanda allora? Invece quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra 18. Quindi essi agiscono in modo che la loro sinistra sappia ciò che fa la loro destra. Quindi a te si proibisce di fare quel che in loro è reprensibile. E in loro è reprensibile che agiscano in modo da bramare le lodi degli uomini. Quindi è evidente che con immediata deduzione la sinistra simboleggia la compiacenza della lode, la destra l’intenzione di adempiere i precetti divini. Quando dunque alla coscienza di chi fa l’elemosina si congiunge il desiderio della lode umana, la sinistra si rende cosciente dell’azione della destra. Non sappia dunque la tua sinistra quel che fa la tua destra, cioè: Non si congiunga il desiderio della lode umana alla tua consapevolezza, quando nel fare l’elemosina t’impegni a osservare il comandamento divino.

L’elemosina nel segreto.

2. 9. Affinché la tua elemosina rimanga nel segreto 19. Che cosa significa nel segreto se non nella stessa retta coscienza che non si può mostrare alla vista umana né svelare con le parole? Difatti molti dicono molte menzogne. Quindi se la destra agisce interiormente nel segreto, sono di competenza della sinistra tutte le cose esteriori poste nello spazio e nel tempo. Quindi la tua elemosina avvenga nella coscienza stessa in cui molti fanno l’elemosina con la buona volontà, sebbene non abbiano denaro o qualsiasi altro bene che si deve offrire al bisognoso. Molti invece agiscono all’esterno e non agiscono all’interno, in quanto vogliono apparire compassionevoli per ambizione o per amore di qualsiasi altro tornaconto esteriore, perché si deve ritenere che in essi agisce soltanto la sinistra. Così alcuni hanno una posizione di mezzo fra gli uni e gli altri, sicché fanno l’elemosina con l’intenzione volta a Dio e tuttavia s’insinua in questa ottima disposizione un certo desiderio della lode o di qualche altro vantaggio labile ed effimero. Ma nostro Signore con grande energia proibisce che in noi agisca soltanto la sinistra, quando proibisce che essa s’insinui nelle opere della destra affinché, cioè, non solo evitiamo di fare l’elemosina per il solo desiderio dei beni caduchi ma anche affinché in questa opera non volgiamo l’attenzione a Dio in modo che vi si confonda o aggiunga il desiderio di vantaggi esteriori. Si tratta infatti di purificare il cuore che, se non sarà limpido, non sarà puro. E come sarà limpido se serve a due padroni 20 e non purifica il proprio sguardo con la sola percezione dei beni eterni, ma la offusca con l’amore delle cose caduche ed effimere? Sia dunque la tua elemosina nel segreto e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà 21. Assolutamente giusto e vero. Se infatti attendi il premio da colui che è il solo scrutatore della coscienza, ti basti a riscuotere in premio la coscienza stessa. Molti codici latini hanno: E il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà apertamente. Ma siccome nei codici greci, che sono più antichi, non ho trovato apertamente, ho pensato che non se ne deve trattare.

Preghiera non all’aperto...

3. 10. E quando pregate, soggiunge, non siate come gli ipocriti che amano stare in piedi a pregare nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini 22. Ed anche in questo caso non è proibito essere visti, ma compiere queste azioni per farti vedere dagli uomini. E inutilmente ripetiamo tante volte i medesimi concetti, perché una sola norma si deve osservare, dalla quale si è appreso che non si deve temere o evitare se gli uomini conoscono questi fatti ma se si compiono con l’intenzione di presumere da essi il risultato di essere graditi agli uomini. E il Signore stesso usa le medesime parole nel soggiungere come prima: In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa, lasciando intendere di proibire che si desideri quella ricompensa, di cui godono gli stolti quando sono lodati dagli uomini.

...ma nel segreto.

3. 11. Voi invece quando pregate, soggiunge, entrate nella vostra camera da letto 23. Evidentemente la camera è il cuore stesso che viene anche indicato in un salmo, in cui si dice: Di quel che dite nel vostro cuore pentitevi anche sul vostro letto 24. E chiudendo la porta, continua Gesù, pregate il Padre vostro nel segreto. È troppo poco entrare nelle camere da letto, se la porta è aperta agli sfacciati, perché attraverso la porta le cose esterne irrompono dentro a frotte e disturbano la nostra interiorità. Ho detto che sono fuori tutte le cose poste nel tempo e nello spazio, le quali attraverso la porta, cioè attraverso il senso esteriore, s’introducono nei nostri pensieri e con la confusione delle varie immaginazioni ci disturbano mentre preghiamo. Si deve quindi chiudere la porta, cioè opporsi al senso esteriore, affinché la preghiera proveniente dallo spirito si levi al Padre perché essa avviene nel profondo del cuore, quando si prega il Padre nel segreto. E il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà 25. E l’argomento doveva aver termine con una simile conclusione. Difatti con esso non ci esorta a pregare ma a come dobbiamo pregare; e precedentemente non affinché facciamo l’elemosina, ma con quale intenzione dobbiamo farla 26. Difatti ingiunge di purificare il cuore e lo purifica soltanto il solo e schietto anelito alla vita eterna in un unico e puro amore della sapienza.

Preghiera non a parole.

3. 12. Quando pregate poi, continua, non dite molte parole come i pagani, i quali suppongono di essere esauditi per le loro molte parole27. Come degli ipocriti è esibirsi alla vista, poiché il loro intento è piacere agli uomini, così è degli etnici, cioè in latino pagani, ritenere di essere esauditi per le molte parole. E in verità il molto parlare proviene dai pagani che s’impegnano più ad educare il linguaggio che a purificare la coscienza. E si sforzano di adibire questa forma di futile attitudine a convincere Dio con la preghiera, perché suppongono che egli, come l’uomo giudice, sia mosso dalle parole a prendere una decisione. Non siate dunque come loro, dice l’unico vero Maestro, perché il Padre vostro sa di che cosa avete bisogno, prima che glielo chiediate 28. Se infatti si pronunziano molte parole per informare e istruire uno che non sa, che bisogno se ne ha per colui che conosce tutte le cose, perché a lui parlano tutte le cose nell’atto stesso che esistono e si segnalano come avvenute? Ed anche gli eventi futuri non sono nascosti alla capacità creativa e sapienza di lui, perché in essa sono presenti e non transeunti tutti gli eventi che sono passati e che passeranno.

Opere buone implicate dalle parole.

3. 13. Ma poiché anche il Signore sta per dire delle parole, sebbene poche, con cui ci insegna a pregare, si può chiedere il motivo per cui vi sia bisogno di queste sia pure poche parole per lui che conosce tutti gli eventi prima che avvengano e sa, come è stato detto, di che cosa abbiamo bisogno prima che glielo chiediamo. A questo quesito prima di tutto si risponde che per ottenere quel che vogliamo, noi dobbiamo rivolgerci a Dio non con le parole, ma con le opere che compiamo mediante la coscienza e l’atto del pensiero assieme all’amore puro e a un sincero affetto. Nostro Signore poi ci ha insegnato le opere con le parole affinché con queste, trasmesse alla memoria, ci ricordiamo di quelle al momento della preghiera.

Essere presenti al Padre.

3. 14. Ma tanto se dobbiamo pregare con le opere come con le parole, si pone ancora la domanda che bisogno si abbia della preghiera stessa se Dio già conosce quello di cui abbiamo bisogno. La ragione è che l’applicazione stessa alla preghiera rasserena e purifica il nostro cuore e lo rende più capace a ricevere i doni divini che ci vengono elargiti spiritualmente. Infatti non ci esaudisce per il desiderio delle nostre preghiere, perché egli è sempre disposto a darci la sua luce non visibile, ma intellegibile e spirituale, ma non sempre noi siamo disposti a riceverla perché tendiamo ad altro e ci ottenebriamo nella bramosia delle cose poste nel tempo. Avviene dunque nella preghiera il volgersi del cuore a lui che è sempre disposto a dare se noi riceviamo quel che ha dato. E nell’atto del volgersi avviene la purificazione dell’occhio interiore, poiché si respingono i vantaggi che si desiderano per il tempo, affinché lo sguardo d’un cuore limpido possa accogliere la limpida luce che splende col potere divino senza tramonto e variante, e non soltanto accogliere ma rimanere in essa non solo senza inquietudine, ma anche con l’ineffabile gioia, in cui realmente e schiettamente si effettua la felicità.

La preghiera al Padre.

4. 15. Ma ormai si devono considerare quali cose ci ha comandato di chiedere nella preghiera colui dal quale apprendiamo che cosa chiedere e otteniamo quel che chiediamo. Voi dunque, egli dice, pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male 29. Poiché in ogni invocazione si deve propiziare la benevolenza di colui che invochiamo e poi dire quel che invochiamo, si suole propiziare la benevolenza con la lode a colui al quale è diretta la preghiera e si suole porre questa lode all’inizio della preghiera. E in tale inizio nostro Signore ci ha ingiunto di dire soltanto: Padre nostro che sei nei cieli. Molte sono le espressioni a lode di Dio e ognuno le può rimeditare quando legge, perché sono sparse in vario modo e per ogni dove nei libri della Sacra Scrittura, tuttavia mai si trova che è stato ordinato al popolo d’Israele di dire: Padre nostro o di pregare Dio Padre, ma è stato indicato come loro padrone, ossia a individui posti in schiavitù che, cioè, vivevano ancora secondo la carne. Dico questo per il tempo in cui ricevevano gli ordinamenti della Legge, perché s’imponeva loro di osservarli. I profeti infatti fanno capire che Dio Signore potrebbe essere anche il loro Padre, se non trasgredissero i suoi comandamenti, come è l’espressione: Ho messo al mondo dei figli e li ho allevati, ma essi mi si sono ribellati 30; e l’altra: Io ho detto: siete dèi e figli dell’Altissimo; eppure morirete come ogni uomo e cadrete come uno dei potenti 31; e questa ancora: Se sono padrone, dove è il timore per me? E se sono padre, dov’è il rispetto dovuto? 32. Vi sono molte altre espressioni, in cui i Giudei sono rimproverati perché peccando non han voluto essere figli, eccettuate quelle espressioni che si hanno nei profeti sul futuro popolo cristiano, che avrebbe avuto Dio come Padre secondo la celebre frase del Vangelo: Ha dato loro di diventare figli di Dio 33. E l’apostolo Paolo dice: Finché l’erede è minorenne, non è in nulla diverso da uno schiavo 34; e ricorda che noi abbiamo ricevuto uno spirito di figli adottivi, in cui gridiamo: Abba, Padre 35.

Padre per la nostra adozione.

4. 16. E poiché l’esser chiamati all’eterna eredità per essere coeredi di Cristo e giungere all’adozione a figli 36, non è proprio dei nostri meriti ma della grazia di Dio, ricorriamo alla grazia all’inizio della preghiera col dire: Padre nostro. Con questo nome si promuove anche la carità perché il padre è l’essere più amato dai figli. Si suscitano anche un appassionato sentimento di supplica, quando gli uomini dicono a Dio: Padre nostro; e una determinata previsione di ottenere quel che stiamo per chiedere perché, prima di chiedere qualcosa, abbiamo ricevuto un dono tanto grande che ci è permesso di dire a Dio: Padre nostro. Che cosa ormai non può dare ai figli che chiedono, se ha già concesso di essere figli? Infine quale grande attrattiva avvince la coscienza, affinché chi dice: Padre nostro non sia indegno di un Padre così buono? Se infatti a un uomo della plebe fosse accordato da un senatore di antica nomina di chiamarlo padre, certamente egli si confonderebbe e non oserebbe farlo con disinvoltura nel considerare la bassezza della propria origine, la mancanza di beni e la volgarità della condizione plebea. A più forte ragione dunque si deve trepidare di chiamare Dio padre se è tanto grande la bruttezza e la riprovevole condotta nei costumi al punto che Dio le respinge da un rapporto con lui molto più giustamente che un senatore la povertà di un qualsiasi mendicante. Difatti questi disprezza nel mendicante uno stato al quale anche egli per la caducità delle umane condizioni potrebbe giungere, mentre Dio giammai cade in costumi depravati. E grazie alla sua bontà, perché per essere nostro padre esige da noi qualcosa che con nessuna opera si può procurare ma soltanto con la buona volontà. A questo punto sono ammoniti anche i ricchi e i nobili secondo il mondo, quando sono divenuti cristiani, a non insuperbire contro i poveri e gli umili, perché assieme a loro dicono a Dio: Padre nostro e non possono dirlo con verità e pietà se non si riconoscono fratelli.

Cieli sono i santi e i virtuosi.

5. 17. Il nuovo popolo, chiamato alla eredità eterna, usi dunque la voce del Nuovo Testamento e dica: Padre nostro che sei nei cieli 37, cioè nei santi e nei virtuosi, poiché Dio non è limitato dallo spazio cosmico. I cieli sono infatti i corpi nel cosmo che si distinguono per bellezza, ma sono sempre corpi che quindi possono essere soltanto nello spazio. Ma se si ritiene che la sede di Dio sia nei cieli in quanto sono le parti più alte del mondo, di più grande merito sono gli uccelli, perché la loro vita è più vicina a Dio. Però non si ha nella Scrittura: Il Signore è vicino ai giganti e ai montanari, ma si ha: Il Signore è vicino ai contriti di cuore 38, ma questo concetto è più attinente a una condizione di terrenità. Ma come il peccatore è stato considerato terra, quando gli fu detto: Sei terra e alla terra tornerai 39, così al contrario il virtuoso può essere considerato cielo. Difatti si dice ai virtuosi: Il tempio di Dio è santo e siete voi 40. Perciò se Dio abita nel suo tempio e i santi ne sono il tempio, Che sei nei cieli si traduce con criterio: Che sei nei santi. Ed è molto appropriata l’analogia che spiritualmente appaia esservi tanta differenza fra i virtuosi e i peccatori, quanta fisicamente fra il cielo e la terra.

Varie analogie dei cieli.

5. 18. Nell’intento di simboleggiare questo valore, quando preghiamo in piedi, ci volgiamo all’oriente, da cui si stende il cielo. Questo non perché Dio vi abiti, come se avesse abbandonato le altre parti del mondo egli che è dovunque presente non nello spazio fisico sebbene con la potenza della maestà, ma affinché l’anima sia avvertita a volgersi all’essere più perfetto, cioè a Dio, perché il corpo, che è terrestre, si volge a un corpo più perfetto cioè a un corpo celeste. Conviene anche all’avanzamento del sentimento religioso e influisce assai che con l’intelligenza di tutti, piccoli e grandi, si pensi bene di Dio. E poiché è necessario che prepongano il cielo alla terra coloro i quali sono ancora intenti alle bellezze visibili e non possono rappresentarsi un essere incorporeo, il loro modo di pensare è più tollerabile se credono che Dio, di cui ancora pensano come di un corpo, sia piuttosto in cielo che sulla terra. Questo affinché quando verranno a sapere alfine che il valore dell’anima è superiore anche a un corpo celeste, lo cerchino piuttosto nell’anima che in un corpo anche celeste e quando verranno a sapere quanta differenza vi sia fra l’anima dei peccatori e quella dei virtuosi, come non osavano, quando ancora intendevano secondo la carne 41, di collocare Dio in terra ma in cielo, così poi con fede più retta o anche col pensiero lo ricerchino piuttosto nell’anima dei virtuosi che in quella dei peccatori. Rettamente quindi s’interpreta che Padre nostro che sei nei cieli 42 significa nel cuore dei virtuosi come nel suo tempio santo. Nello stesso tempo chi prega vuole che anche in sé abbia dimora colui che invoca e, quando desidera questo bene, pratichi la virtù perché con questa prerogativa Dio è invitato a prender dimora nella coscienza.

Che significhi la santificazione del nome...

5. 19. Ed ora esaminiamo quel che si deve chiedere. È stato esposto chi è che viene invocato e dove ha la dimora. La prima di tutte le cose che si invocano è questa: Sia santificato il tuo nome 43. E non si chiede come se il nome di Dio non sia santo, ma affinché sia ritenuto santo dagli uomini, ossia affinché Dio si riveli a loro in modo tale che non ritengano nulla più santo e che nulla temano di offendere di più. Infatti la frase: Dio è conosciuto in Giudea, in Israele è grande il suo nome 44 non si deve interpretare nel senso che in un luogo Dio sia più piccolo e in un altro più grande, ma che il suo nome è grande in quel luogo, in cui è nominato con riferimento alla grandezza della sua maestà. Così è considerato santo il suo nome là dove è nominato con rispetto e nel timore dell’offesa. Ed è questo che ora avviene mentre il Vangelo, diffondendosi ancora fra i vari popoli, celebra per la mediazione del suo Figlio il nome dell’unico Dio.

...l’avvento del regno...

6. 20. E continua: Venga il tuo regno 45 nel senso, come il Signore stesso insegna nel Vangelo, che il giorno del giudizio verrà, quando il Vangelo sarà predicato in tutto il mondo e questo evento appartiene alla santificazione del nome di Dio. Infatti le parole Venga il tuo regno non si devono intendere come se al momento Dio non regni. Ma forse qualcuno potrebbe intendere che la parola Venga implica sulla terra, come se egli anche ora non regni sulla terra, che anzi sempre vi ha regnato dalla creazione del mondo. Il termine Venga si deve dunque interpretare: si manifesti agli uomini. Come infatti anche la luce visibile è invisibile ai ciechi e a quelli che chiudono gli occhi, così il regno di Dio, sebbene mai abbandoni la terra, è tuttavia invisibile a coloro che non lo conoscono. A nessuno infatti sarà lecito ignorare il regno di Dio, perché il suo Unigenito, non solo nel settore del pensiero ma anche dell’esperienza, è venuto dal cielo nell’uomo del Signore per giudicare i vivi e i morti. E dopo questo giudizio, cioè quando sarà avvenuta la distinzione e separazione dei buoni dai cattivi, Dio sarà presente nei buoni in modo tale che non vi sarà più bisogno dell’ammaestramento umano, ma tutti, come si ha nella Scrittura: potranno essere ammaestrati da Dio 46. Poi la felicità sarà totalmente realizzata come fine nei santi per sempre, come ora gli angeli del cielo, sommamente santi e felici, soltanto con la illuminazione di Dio hanno la pienezza del sapere e della felicità, perché il Signore anche questo ha promesso ai suoi: Nella risurrezione saranno, egli dice, come gli angeli del cielo 47.

...l’adempimento della volontà.

6. 21. Quindi dopo l’invocazione Venga il tuo regno segue: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 48; ossia come la tua volontà è negli angeli che sono in cielo, in modo che ti sono totalmente uniti e in te sono felici, perché nessuno errore oscura la pienezza del loro pensiero, nessuna infelicità impedisce la loro felicità, così avvenga nei tuoi santi che sono sulla terra e dalla terra, per quanto attiene al corpo, sono stati plasmati e sempre dalla terra devono essere elevati alla immutabile felicità del cielo. Riguarda questo concetto anche l’annuncio degli angeli: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà 49. Questo affinché, quando si porrà in cammino la nostra buona volontà che segue lui che ci chiama, si compia in noi la volontà di Dio, come negli angeli del cielo, in modo che nessuna opposizione impedisca la nostra felicità, e in questo si ha la pace. Egualmente Sia fatta la tua volontà s’interpreta rettamente: si obbedisca ai tuoi comandamenti come in cielo così in terra, ossia come dagli angeli così dagli uomini. Il Signore stesso afferma che si compie la volontà di Dio, quando si obbedisce ai suoi comandamenti. Dice infatti: Mio cibo è fare la volontà di lui che mi ha mandato 50; e frequentemente: Non son venuto a compiere la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato 51; così quando dice: Ecco mia madre e i miei fratelli. E chiunque fa la volontà di Dio è per me fratello madre e sorella 52. In coloro dunque che compiono la volontà di Dio si compie appunto la sua volontà, non perché essi fanno che Dio voglia, ma perché fanno quel che egli vuole, ossia fanno secondo la sua volontà.

Cielo e terra sono buoni e cattivi.

6. 22. V’è anche un altro significato nell’espressione: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 53, cioè come nei santi e virtuosi così anche nei peccatori. E questo significato si può intendere ancora in due modi. Dobbiamo cioè pregare per i nostri nemici, perché si devono ritenere tali coloro contro la cui volontà aumenta la religione cristiana e cattolica, sicché la frase: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra potrebbe significare: Compiano la tua volontà come i virtuosi così anche i peccatori, affinché a te si convertano. Inoltre: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, affinché a ciascuno si dia il suo, e questo avviene nell’ultimo giudizio, sicché ai virtuosi si dà il premio, la condanna ai peccatori, quando gli agnelli saranno separati dai capri 54.

Cielo e terra sono spirito e carne.

6. 23. Non è assurdo anzi molto rispondente alla nostra fede e speranza è l’interpretazione che come cielo e terra siano intesi lo spirito e la carne. E poiché l’Apostolo dice: Con il pensiero sono soggetto alla legge di Dio, con la carne alla legge del peccato 55, notiamo che la volontà di Dio si compie nel pensiero, cioè nello spirito. Quando la morte sarà assorbita nella vittoria e questo corpo mortale si sarà vestito d’immortalità, e questo avverrà con la risurrezione della carne e con la trasfigurazione, che viene promessa ai virtuosi secondo l’insegnamento dell’Apostolo 56, sarà fatta la volontà di Dio così in terra come in cielo; ossia come lo spirito non resiste a Dio, quando esegue e compie la sua volontà, così anche il corpo non resisterà allo spirito o anima, la quale ora è travagliata dalla debolezza del corpo e incline al comportamento carnale. E nella vita eterna sarà proprio della pace perfetta la condizione che non solo ci attiri il volere ma anche il compiere il bene. Ora infatti, dice l’Apostolo, mi attrae volere il bene, ma non il compierlo 57, perché non ancora nella terra come in cielo, cioè non ancora nella carne come nello spirito si è compiuta la volontà di Dio. Difatti sia pure nella nostra infelicità si compie la volontà di Dio, quando attraverso la carne soffriamo quei mali i quali ci sono dovuti per debito della nostra soggezione alla morte che la nostra natura ha conseguito peccando. Ma nella preghiera si deve chiedere che, come in cielo e in terra si compie la volontà di Dio, ossia che come acconsentiamo alla legge di Dio secondo la coscienza, così avvenuta la trasfigurazione del corpo nessuna nostra componente, a causa dei dolori fisici o dei piaceri, contrasti con questo nostro consenso.

La volontà del Padre in Gesù e nella Chiesa.

6. 24. E non dissente dalla verità la parafrasi: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 58, ossia come nello stesso Signore Gesù Cristo così nella Chiesa, come nell’uomo che ha compiuto la volontà del Padre, così nella donna che a lui è sposata. Infatti nel cielo e nella terra si ravvisano, per così dire, il maschio e la femmina, dato che la terra è produttiva perché il cielo la rende fertile.

Significato di pane quotidiano.

7. 25. La quarta domanda è: Dacci oggi il nostro pane quotidiano 59. Il pane quotidiano è stato indicato in luogo di tutti gli utili che servono al sostentamento della vita fisica; ed esortando a suo riguardo dice: Non preoccupatevi del domani 60 e per questo ha detto: Dacci oggi. Ovvero è stato indicato in riferimento al corpo di Cristo che ogni giorno riceviamo o anche come cibo spirituale, di cui il Signore stesso dice: Procuratevi il cibo che non si corrompe 61; e ancora: Io sono il pane della vita che son disceso dal cielo 62. Si può esaminare quale delle tre interpretazioni sia la più attendibile. Infatti qualcuno potrebbe turbarsi sul fatto che preghiamo per ottenere cose necessarie a questa vita, come il vitto e il vestito, dato che il Signore dice: Non preoccupatevi di quel che mangerete e di come vestirete 63. Ma c’è il problema se un individuo non debba preoccuparsi del bene che chiede di ottenere con la preghiera, poiché la preghiera si deve innalzare con grande fervore dello spirito. E proprio a questo tende l’esortazione di chiudere le camere da letto 64 ed anche quest’altra: Chiedete prima il regno di Dio e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta 65. Non ha detto: Cercate prima il regno di Dio e poi cercate queste cose, ma dice: Tutte queste cose vi saranno date in aggiunta, anche se non le chiedete. Non so se si può risolvere in che senso si dica con criterio che uno non chieda quel che per ottenere prega Dio con grande fervore.

Pane come sacramento.

7. 26. Trattiamo anche del sacramento del corpo del Signore affinché non muovano obiezioni i molti che nelle regioni d’Oriente non partecipano ogni giorno alla cena del Signore, sebbene questo pane è stato dichiarato quotidiano. Facciano dunque silenzio e non difendano la propria opinione sull’argomento sia pure con l’autorità ecclesiastica, poiché lo fanno senza scandalo e non sono impediti di farlo da coloro che comandano nelle loro chiese e, anche se non obbediscono, non sono condannati. Da ciò si evidenzia che in quelle regioni questo non è considerato pane quotidiano, perché sarebbero rei di un grave peccato coloro che non lo ricevono ogni giorno. Ma affinché, come è stato premesso, non discutiamo di costoro in alcun senso, deve certamente sovvenire a coloro che riflettono che noi abbiamo ricevuto dal Signore la norma del pregare e che non si deve trasgredire né aggiungendo né togliendo. Stando così le cose, chi osa dire che dobbiamo recitare soltanto una volta la preghiera del Signore o almeno, anche se una seconda e terza volta, fino a quell’ora in cui facciamo la comunione col corpo del Signore e che poi non si deve pregare così per il resto del giorno? Infatti non potremmo più dire: dacci oggi quel che abbiamo già ricevuto. Ovvero ci si potrà costringere a celebrare quel sacramento fino all’ultima parte del giorno?

Pane come parola di Dio.

7. 27. Rimane dunque che lo intendiamo come pane spirituale, cioè come i comandamenti del Signore che ogni giorno si devono meditare e osservare. Di essi infatti il Signore dice: Procuratevi il cibo che non si corrompe 66. Nel tempo appunto si considera quotidiano un tale cibo finché scorre questa vita posta nel divenire attraverso i giorni che vanno e vengono. E veramente finché lo stato d’animo si avvicenda ora nei beni superiori, ora in quelli inferiori, cioè ora in quelli spirituali, ora in quelli carnali, come a chi ora si nutre di cibo, poi soffre la fame, ogni giorno è necessario il pane, affinché con esso si ristori chi ha fame e si riprenda chi non si regge in piedi. Così dunque il nostro corpo in questa vita, prima della finale immunità dal bisogno, si ristora con il cibo perché avverte la dispersione di forze; allo stesso modo l’anima spirituale, poiché subisce mediante gli affetti terreni come una dispersione di forze dalla tensione a Dio, si ristora con il cibo dei comandamenti. È stato suggerito: Dacci oggi, finché si dice l’oggi 67, cioè in questa vita che scorre nel tempo. Infatti dopo questa vita ci sazieremo in eterno di un cibo spirituale in modo tale che non s’intenda il pane quotidiano, perché allora non vi sarà lo scorrere del tempo, che fa succedere i giorni ai giorni, da cui prende significato l’ogni giorno. Come infatti e stato detto: Oggi se ascolterete la sua voce 68, che l’Apostolo parafrasa nella Lettera agli Ebrei con: Finché si dice l’oggi 69, così anche in questa accezione si deve interpretare il Dacci oggi. Se qualcuno invece vuole intendere questa frase in relazione al necessario alimento del corpo o al sacramento del corpo del Signore, è conveniente che questi tre significati si intendano unitamente, cioè che chiediamo insieme il pane quotidiano, tanto quello necessario, come quello consacrato visibilmente e quello invisibile della parola di Dio.

 

[Modificato da MARIOCAPALBO 13/04/2013 14:52]