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LIBRO PRIMO

 

 

PRECETTI CHE ATTENGONO A REGOLARE LA VITA

Spiegazione delle beatitudini (1, 1 - 5, 15)

Il valore del Discorso sul monte.

1. 1. Se qualcuno esaminerà con fede e serietà il discorso che nostro Signore Gesù Cristo ha proferito sulla montagna, come lo leggiamo nel Vangelo di Matteo, penso che vi riscontrerà la norma definitiva della vita cristiana per quanto attiene a un'ottima moralità. Non osiamo affermarlo alla leggera, ma lo deriviamo dalle parole stesse del Signore. Difatti il discorso si conchiude ad evidenziare che in esso vi sono tutti i precetti che attengono a regolare la vita. Dice infatti: Riterrò simile chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica a un uomo saggio che costruì la propria casa sulla roccia. Scese la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sulla roccia. Riterrò poi chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica simile a un uomo stolto che costruì la propria casa sulla sabbia. Scese la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa rovinò e fu grande la sua rovina 1. Non ha detto soltanto: chi ascolta le mie parole, ma ha aggiunto: chi ascolta queste mie parole. Quindi, come ritengo, le parole che ha rivolto stando sul monte educano tanto efficacemente la vita di coloro che intendono viverle che essi sono paragonati a chi costruisce sulla roccia. Ho espresso questo pensiero affinché appaia che il discorso è al completo di tutte le norme dalle quali è regolata la vita cristiana. A suo luogo si tratterà di questo argomento più esaurientemente.

Simbolismo del monte.

1. 2. Ora l'inizio di questo discorso è enunciato con le parole: Avendo visto una grande folla, salì sul monte ed essendosi seduto, gli si avvicinarono i suoi discepoli e prendendo la parola li ammaestrava dicendo 2. Se si chiede che cosa simboleggia il monte, è buona l'interpretazione che simboleggi i più grandi precetti dell'onestà perché gli inferiori erano quelli che erano stati trasmessi ai Giudei. Tuttavia l'unico Dio, mediante i suoi santi profeti e ministri, secondo l'ordinatissima distribuzione dei tempi, ha dato precetti inferiori al popolo che era opportuno tenere ancora avvinto dal timore e, mediante il suo Figlio, i più alti al popolo che conveniva fosse reso libero nella carità. Poiché son dati ordinamenti più piccoli ai più piccoli e più grandi ai più grandi, son dati da lui perché egli soltanto sa offrire al genere umano la cura propria ai relativi tempi. E non c'è da meravigliarsi che sono dati ordinamenti più grandi per il regno del cielo e che sono stati dati più piccoli per il regno della terra dall'unico e medesimo Dio che ha creato il cielo e la terra. Di questa giustizia che è più alta si ha un detto del Profeta: La tua giustizia come i monti di Dio 3; e questo pensiero simboleggia convenientemente che dall'unico Maestro 4, il solo idoneo a insegnare tante verità, s'insegna sul monte. Inoltre insegna seduto perché attiene alla dignità del Maestro. Si avvicinano a lui i suoi discepoli affinché ad ascoltare le sue parole fossero più vicini col corpo coloro che aderivano più da vicino con lo spirito nell'osservare i precetti. Prese la parola e insegnava loro dicendo 5. La perifrasi con cui dice: e prendendo la parola con la riserva stessa fa pensare che il discorso sarebbe stato un po' più lungo, a meno che forse l'aver detto che ora egli ha preso la parola non includa che egli stesso nel Vecchio Testamento era solito disporre a parlare i profeti.

I poveri in spirito contro la superbia.

1. 3. Ma ascoltiamo quel che dice: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli 6. Troviamo scritto sul desiderio dei beni della terra: Sono tutti vanità e presunzione dello spirito 7. Ora la presunzione dello spirito significa arroganza e superbia. Di solito si dice anche che i superbi hanno un grande spirito e giustamente perché talora anche il vento viene denominato spirito. Si ha infatti nella Scrittura: Il fuoco, la grandine, la neve, il gelo, il vento di tempesta 8. Chi potrebbe ignorare che i superbi sono considerati gonfiati come se siano dilatati dal vento. V'è infatti anche il detto dell'Apostolo: La scienza gonfia, la carità edifica 9. Perciò giustamente nel passo sono indicati come poveri di spirito gli umili e quelli che temono Dio, che non hanno cioè uno spirito che gonfia. E non doveva assolutamente avere inizio d'altra parte la beatitudine perché dovrà giungere alla somma sapienza. Infatti inizio della sapienza è il timore del Signore 10, perché al contrario inizio di ogni peccato è la superbia 11. I superbi dunque desiderino e amino i regni della terra; ma beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli 12.

I mansueti e la terra.

2. 4. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra 13, credo quella terra della quale si dice nei Salmi: Sei tu la mia speranza, il mio retaggio nella terra dei viventi 14. Simboleggia infatti una certa solidità e stabilità della eredità perenne, perché in essa l'anima mediante un buon sentimento riposa come in una propria dimensione allo stesso modo che il corpo sulla terra e da essa si nutre come d'un proprio cibo come il corpo dalla terra. Ed essa è il riposo e la vita dei santi. Sono miti quindi coloro che non acconsentono alla malvagità e non resistono al male ma vincono il male col bene 15. Litighino dunque i violenti e lottino per i beni della terra e del tempo, ma beati i miti, perché avranno in eredità la terra 16, quella da cui non possono esser espulsi.

Il pianto e la consolazione.

2. 5. Beati coloro che piangono perché saranno consolati 17. Il pianto è la tristezza per la perdita dei cari. Voltisi a Dio pèrdono quei beni, amati in questo mondo e che stringevano in un amplesso. Infatti non godono più di quelle cose, di cui prima godevano e fino a che non si produce in loro l'amore dei beni eterni sono addolorati da una certa mestizia. Saranno dunque consolati dallo Spirito Santo che soprattutto per questo è detto il Paraclito, cioè consolatore, affinché nel perdere la gioia nel tempo godano di quella eterna.

Fame e sete della virtù.

2. 6. Beati quelli che hanno fame e sete della virtù, perché saranno saziati 18. Qui afferma che essi amano il bene vero e inamissibile. Saranno dunque saziati di quel cibo, di cui il Signore stesso dice: Mio cibo è fare la volontà del Padre mio 19, e questo è virtù; e l'acqua è quella da cui, per chiunque la berrà, come egli stesso dice, scaturirà in lui una sorgente che zampilla alla vita eterna 20.

Soccorrere ed essere soccorsi.

2. 7. Beati i misericordiosi, perché di loro si avrà misericordia 21. Dice beati quelli che soccorrono gli infelici poiché a loro sarà dato in contraccambio di essere liberati dalla infelicità.

Il cuore puro e la visione di Dio.

2. 8. Beati quelli dal cuore puro perché vedranno Dio 22. Sono dunque molto stolti quelli che cercano Dio con gli occhi del corpo, poiché si vede col cuore, come è scritto in un altro passo: Cercatelo nella semplicità del cuore 23. Difatti un cuore puro è lo stesso che un cuore semplice. E come la luce del giorno si può vedere soltanto con gli occhi puri, così neanche Dio si vede se non è pura la facoltà con cui si vede.

La pace in Dio.

2. 9. Beati gli operatori di pace, perché saranno considerati figli di Dio 24. Nella pace v'è la perfezione, perché in essa nulla è in contrasto; e quindi gli operatori di pace sono figli di Dio, perché nulla si oppone a Dio ed ovviamente i figli devono mantenere la somiglianza del Padre. Sono operatori di pace nel proprio essere coloro che, sottomettendo tutte le attività dell'animo alla ragione, cioè all'intelligenza e alla coscienza, e avendo dominato tutti gli impulsi sensuali, divengono regno di Dio. In esso le attività sono talmente ordinate al punto che nell'uomo domina quella la quale primeggia ed eccelle, senza che si oppongano le altre che sono comuni a noi e alle bestie. Così ciò che nell'uomo eccelle, cioè l'intelligenza e la ragione, sia sottomesso all'essere più alto che è la stessa Verità, l'Unigenito Figlio di Dio. Infatti l'uomo non riesce a dominare le cose inferiori se egli stesso non si sottomette all'Essere superiore. Ed è la pace che è data in terra agli uomini di buona volontà 25, è la vita del saggio al culmine della perfezione. Da questo regno, posto nel pieno della pace e dell'ordine, è stato cacciato fuori il principe di questo mondo 26 che domina su gli esseri privi di pace e di ordine. Organizzata e resa stabile questa pace, qualunque tipo di persecuzione susciti dall'esterno colui che è stato messo fuori, accresce la gloria che è secondo Dio, perché non demolisce nulla in quell'edificio, anzi con l'inefficienza delle proprie macchine da guerra fa capire la grande saldezza che è strutturata all'interno. Perciò continua: Beati coloro che soffrono persecuzione per l'onestà, perché di essi è il regno dei cieli 27.

Riepilogo.

3. 10. Sono dunque in tutto otto aforismi. Richiamandone altri si rivolge ai presenti con le parole: Sarete beati quando diranno male di voi e vi perseguiteranno 28. Esprimeva genericamente gli aforismi precedenti. Difatti non ha detto: Beati i poveri di spirito, perché vostro è il regno dei cieli, ma: perché è di essi 29; e non: Beati i miti, perché voi possederete la terra, ma: perché essi possederanno la terra 30 e così gli altri aforismi fino all'ottavo con cui ha detto: Beati quelli che soffrono persecuzione per l'onestà, perché di essi è il regno dei cieli 31. Dopo comincia a parlare rivolgendosi ai presenti, sebbene anche gli aforismi, che erano stati enunciati in precedenza, riguardavano anche coloro che, essendo presenti, ascoltavano; e questi, che sembrano enunciati in modo speciale per i presenti, riguardino anche coloro che erano assenti o che fossero vissuti in seguito. Perciò si deve considerare attentamente il numero degli aforismi. La beatitudine inizia dall'umiltà: Beati i poveri di spirito, cioè non gonfiati, quando l'anima si sottomette alla divina autorità, perché teme di andare alle pene dopo questa vita, sebbene le sembri eventualmente di essere beata in questa vita. Di conseguenza giunge alla conoscenza della Sacra Scrittura, però bisogna che in essa si mostri mite mediante la pietà, affinché non osi condannare ciò che ai profani sembra assurdo e si renda indocile con ostinate discussioni. Da ciò inizia a capire da quali limiti della vita presente essa è impedita mediante l'abitudine sensuale e i peccati. Quindi nel terzo grado, in cui v'è la scienza, si piange la perdita del sommo bene, perché ci si avvince ai beni infimi. Nel quarto grado v'è l'affanno perché in esso ci si applica con energia affinché la coscienza si svincoli da quegli oggetti, dai quali è avvinta con attrattiva esiziale. Quindi in esso si ha fame e sete dell'onestà ed è molto necessaria la fortezza, giacché non si lascia senza dolore ciò che si possiede con diletto. Al quinto si dà il consiglio di evadere a coloro che persistono nell'affanno perché se non si è aiutati da un essere superiore, non si è assolutamente capaci di districarsi dai tanti viluppi delle sofferenze. Ed è un giusto consiglio che chi vuol essere aiutato da un essere superiore, aiuti uno più debole nell'occorrenza in cui egli è più forte. Quindi: Beati i misericordiosi, perché di loro si avrà misericordia. Al sesto grado si ha la purezza del cuore che dalla consapevolezza delle buone opere anela a contemplare il sommo bene che si può intuire soltanto con la mente pura e serena. Infine la settima è la stessa sapienza, cioè la contemplazione della verità che pacifica tutto l'uomo a ricevere l'immagine di Dio; ed essa si enuncia così: Beati gli operatori di pace, perché saranno considerati figli di Dio. L'ottavo aforisma ritorna, per così dire, al primo perché mostra e giudica che è stato eseguito e compiuto. Difatti nel primo e nell'ottavo è stato nominato il regno dei cieli: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli; e: Beati coloro che soffrono persecuzioni per la virtù, perché di essi è il regno dei cieli. Difatti si ha nella Scrittura: Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la penuria, il pericolo, la spada? 32. Sono sette dunque le beatitudini che portano a compimento, poiché l'ottava, quasi tornando ancora al principio, chiarisce e indica ciò che è stato compiuto, affinché attraverso questi gradi siano compiuti anche gli altri.

Confronto con i doni dello Spirito Santo...

4. 11. A me sembra dunque che anche la settiforme operazione dello Spirito Santo, di cui parla Isaia 33, corrisponda a questi gradi e aforismi, ma v'è la differenza della disposizione; difatti nel Profeta l'elenco comincia dai gradi più alti, qui dai più bassi, lì infatti comincia dalla sapienza e termina con il timore di Dio, ma inizio della sapienza è il timore di Dio 34. Perciò se rassegniamo, per così dire, salendo di grado in grado, primo è il timore di Dio, seconda la pietà, terza la scienza, quarta la fortezza, quinto il consiglio, sesto l'intelletto, settima la sapienza. Il timore di Dio si addice agli umili, dei quali nel Vangelo si dice: Beati i poveri di spirito, cioè non gonfiati, non superbi, ai quali l'Apostolo dice: Non montare in superbia, ma temi 35, cioè non ti esaltare. La pietà si addice ai miti. Chi infatti ricerca con pietà onora le Sacre Scritture e quindi non critica quel che ancora non capisce e perciò non vi si oppone; e questo è esser mite; perciò qui si dice: Beati i miti. La scienza si addice a coloro che piangono, in quanto hanno appreso dalla Scrittura da quali mali son tenuti avvinti, perché per ignoranza li hanno bramati come buoni e giovevoli; di essi qui si dice: Beati quelli che piangono. La fortezza si addice a coloro che hanno fame e sete. Sono infatti nel dolore, perché desiderano la gioia dei veri beni e aspirano a distogliere l'amore dai beni della terra e del corpo; di essi si dice: Beati quelli che hanno fame e sete della virtù. Il consiglio si addice ai misericordiosi. V'è infatti un solo rimedio per evadere dai grandi mali: che rimettiamo, cioè, come vogliamo che sia rimesso a noi e aiutiamo gli altri in quel che possiamo, come noi desideriamo essere aiutati in quel che non possiamo; di essi si dice nel passo: Beati i misericordiosi. L'intelletto si addice ai puri di cuore, inteso come occhio purificato, affinché con esso si possa scorgere quel che l'occhio fisico non ha visto né l'orecchio ha udito né è penetrato nel cuore dell'uomo 36; di essi qui si dice: Beati i puri di cuore. La sapienza si addice agli operatori di pace, perché in essi tutti gli atti sono nell'ordine e non v'è impulso ribelle alla ragione, ma tutto è sottomesso alla coscienza dell'uomo, perché anche egli è sottomesso a Dio; di essi qui si dice: Beati gli operatori di pace.

...e giustificazione simbolica.

4. 12. Ma un solo premio, cioè il regno dei cieli, è stato ripetuto in diverso modo per i gradi suddetti. Nel primo, come era conveniente, è stato indicato il regno dei cieli che è la totale e somma sapienza dell'anima ragionevole. È stato così espresso: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli, che equivale a: Inizio della sapienza è il timore del Signore. Ai miti è stata data l'eredità come a coloro che assieme alla pietà chiedono il testamento del Padre: Beati i miti, perché essi avranno in eredità la terra; a coloro che piangono il conforto come a coloro i quali sanno che cosa hanno perduto e in quali mali erano immersi: Beati quelli che piangono, perché saranno consolati; agli affamati e assetati la sazietà come ristoro per coloro che si affaticano e lottano per la salvezza: Beati quelli che hanno fame e sete della virtù perché saranno saziati; ai misericordiosi la misericordia, come a coloro che seguono il vero e ottimo consiglio che a loro si offra da chi è più forte ciò che essi offrono ai più deboli: Beati i misericordiosi, perché di loro si avrà misericordia; ai puri di cuore la capacità di vedere Dio, come a coloro che hanno l'occhio puro per comprendere le cose eterne: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio; agli operatori di pace la somiglianza con Dio, come a coloro che hanno la perfetta saggezza e sono formati a somiglianza di Dio mediante la rigenerazione dell'uomo nuovo: Beati gli operatori di pace, perché saranno considerati figli di Dio. Questi valori possono essere interamente realizzati in questa vita, come crediamo che si siano realizzati negli apostoli; infatti non si può indicare con parole il totale cambiamento nella forma angelica che è promesso dopo questa vita. Beati dunque coloro che soffrono persecuzioni per l'onestà, perché di essi è il regno dei cieli. Il contenuto di questo ottavo aforisma, che ritorna da capo e dichiara l'uomo perfetto, è allegorizzato presumibilmente dalla circoncisione all'ottavo giorno nel Vecchio Testamento, e dalla risurrezione del Signore dopo il sabato, che è l'ottavo e anche il primo giorno, e dall'osservanza degli otto giorni di riposo che pratichiamo nella rigenerazione dell'uomo nuovo, e dal numero stesso della pentecoste. Difatti al sette per sette, che fanno quarantanove, si aggiunge un ottavo giorno, in modo che si abbiano i cinquanta e, per così dire, si torni al principio. In questo giorno fu mandato lo Spirito Santo, dal quale siamo condotti nel regno dei cieli, riceviamo l'eredità, siamo consolati, siamo saziati, otteniamo misericordia, siamo purificati e restituiti alla pace. Così, resi alla pienezza, sopportiamo per la verità e l'onestà tutte le sofferenze inferte dall'esterno.

Beatitudine per chi soffre.

5. 13. Sarete beati, continua, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli 37. Chiunque nella qualifica di cristiano cerca le gioie di questo mondo e l'abbondanza dei beni della terra rifletta che la nostra felicità è all'interno, come si dice dell'anima della Chiesa con le parole del Profeta: Ogni bellezza della figlia del re è all'interno 38. All'esterno invece sono promesse ingiurie, persecuzioni, diffamazioni, per le quali nei cieli grande sarà la ricompensa, che si avverte nel cuore dei sofferenti, di coloro che possono dire: Ci gloriamo nelle sofferenze, perché sappiamo che la sofferenza produce pazienza, la pazienza una virtù provata, la virtù provata la speranza; e la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 39. Infatti non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù non solo con animo sereno, ma anche con gioia. Difatti molti eretici, i quali col nome cristiano traggono in errore le anime, subiscono molte di tali sofferenze, ma sono esclusi dalla suddetta ricompensa, perché non è stato detto soltanto: Beati coloro che soffrono persecuzione, ma è stato aggiunto: per la virtù. E non è possibile che nell'individuo, in cui non v'è una retta fede, vi sia la virtù, perché l'uomo virtuoso vive di fede 40. Anche gli scismatici non si lusinghino di avere una tale ricompensa, poiché egualmente non è possibile che vi sia l'onestà in chi non v'è la carità. Difatti l'amore al prossimo non fa del male 41 e, se lo avessero, non lacererebbero il corpo di Cristo che è la Chiesa 42.

L'insulto e la diffamazione.

5. 14. Si può proporre il quesito: in che differiscono le sue parole: quando vi malediranno e: diranno ogni sorta di male contro di voi, dato che maledire è il medesimo che dire del male. Ma in forma diversa si rivolge la mala parola, mediante l'insulto alla presenza di colui al quale fu detto, nel caso a nostro Signore: Non diciamo forse il vero che sei un samaritano e hai un demonio 43. Diversamente si ha quando si offende la riputazione, come di lui si ha nella Sacra Scrittura: Alcuni dicevano: è un profeta; altri invece: No, ma inganna il popolo 44. Perseguitare poi è usar violenza o aggredire con una macchinazione. La eseguirono colui che lo tradì e coloro che lo crocifissero. Certamente si ha un pensiero che non è stato enunciato con immediatezza col dire: E diranno ogni sorta di male contro di voi, ma vi è stato aggiunto: mentendo e anche: a causa mia. Io ritengo che l'aggiunta sia per coloro che vogliono vantarsi delle persecuzioni e del disonore della propria riputazione e quindi pensano che Cristo appartiene a loro, dato che si dicono molte cattive parole di loro, giacché si dice la verità, quando si dicono del loro errore. Ed anche se talora si buttano là alcune cose false, il che spesso avviene per la sventatezza degli uomini, tuttavia non le subiscono per amore di Cristo. Infatti non segue Cristo chi non sulla base della vera fede e dell'insegnamento cattolico è considerato cristiano.

Ricompensa nei cieli.

5. 15. Godete ed esultate, continua, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli 45. Penso che nel passo non sono denominati cieli le sfere più alte del mondo visibile. La nostra ricompensa infatti, che deve essere stabile ed eterna, non si deve riporre nelle cose poste nel divenire e nel tempo. Penso quindi che nei cieli significa nella dimora dello spirito, dove ha sede l'eterna bontà 46. Nel confronto l'anima malvagia è considerata terra e ad essa, perché pecca, è stato detto: Sei terra e alla terra ritornerai 47. Di questi cieli dice l'Apostolo: Poiché la nostra patria è nei cieli 48. Sperimentano dunque nel tempo questa ricompensa coloro che godono dei beni dello spirito, ma di là sarà resa alla pienezza in ogni senso, quando anche ciò che è soggetto alla morte conseguirà l'immunità dalla morte 49. Così, soggiunge, hanno perseguitato anche i profeti che sono vissuti prima di voi 50. In questo passo ha inteso in senso generico la persecuzione tanto quella delle maledizioni come della violazione del buon nome. Ed ha giustamente esortato mediante un esempio, giacché di solito soffrono la persecuzione quelli che dicono il vero. Tuttavia non per questo gli antichi profeti hanno defezionato dalla proclamazione della verità.

I poveri di spirito o umili sono beati
perché sono concordi con i fratelli
(6, 16 - 10, 28)

Gli apostoli sale della terra...

6. 16. Con molta coerenza quindi continua: Voi siete il sale della terra 51, mostrando che si devono ritenere insipidi coloro che, agognando l'abbondanza e temendo la scarsezza dei beni del tempo, perdono i beni dell'eternità che non possono esser dati né tolti dagli uomini. Quindi: Se il sale diventasse scipito, con che cosa lo si potrà render salato? Vale a dire se voi, mediante i quali si devono condire, per così dire, i popoli, per timore delle persecuzioni nel tempo perderete il regno dei cieli, quali saranno gli uomini, mediante i quali si elimini da voi l'errore, dato che il Signore vi ha scelti per eliminare l'errore degli altri? Quindi: Non serve a nulla il sale scipito, se non per essere gettato fuori e calpestato dagli uomini. Quindi non è calpestato dagli uomini chi soffre la persecuzione, ma chi diventa scipito perché teme la persecuzione. Difatti non si può calpestare se non chi è sotto, ma non è sotto colui che, pur subendo molti dolori in terra, col cuore è tuttavia rivolto al cielo.

...e luce del mondo.

6. 17. Voi siete la luce del mondo 52. Come prima ha detto: sale della terra, così ora dice: luce del mondo. Difatti neanche prima per terra si deve intendere quella che calpestiamo con i piedi, ma gli uomini che vivono sulla terra, o anche i peccatori, perché il Signore ha inviato il sale apostolico per condirli e impedirne la putrefazione. E qui per mondo è opportuno intendere non il cielo e la terra, ma gli uomini che sono nel mondo o amano il mondo, perché gli apostoli sono stati inviati a illuminarli. Non può rimanere nascosta una città collocata sul monte, cioè fondata su una insigne e grande onestà, simboleggiata anche dal monte in cui il Signore sta insegnando. E non accendono la lucerna e la pongono sotto il moggio, ma sul lucerniere 53. Che pensare? L'inciso: sotto il moggio è stato usato affinché s'intenda soltanto l'occultazione della lucerna, come se dicesse: nessuno accende la lucerna e la nasconde? Ovvero anche il moggio simboleggia qualcosa, sicché porre la lucerna sotto il moggio è considerare il benessere del corpo più importante dell'annuncio della verità, al punto che non si annuncia la verità, perché si teme di soffrire qualche fastidio nelle cose spettanti al corpo e al tempo? E a proposito è indicato il moggio, prima di tutto per la correlazione della misura, perché con essa ciascuno riceve quel che ha portato nel corpo, affinché di là, come dice appunto l'Apostolo, ciascuno riceva in cambio le opere che ha compiuto nel corpo 54 e analogamente di questo moggio del corpo si dice in un altro passo: Nella misura, con cui misurerete voi, vi sarà misurato 55. Inoltre i beni posti nel tempo, che si conseguono col corpo, si iniziano e passano in una certa misura di giorni che il moggio probabilmente simboleggia. Invece i beni eterni e spirituali non sono contenuti in tale limite, poiché Dio dà lo Spirito senza misura 56. Pone dunque la lucerna sotto il moggio chi spegne e copre la luce della buona istruzione con le soddisfazioni nel tempo, la pone sul lucerniere chi sottomette il proprio corpo a servizio di Dio, in modo che in alto vi sia l'annuncio della verità, in basso la sottomissione del corpo. Però mediante tale sottomissione del corpo deve splendere in alto l'istruzione che nelle buone opere si consegna a coloro che apprendono mediante le funzioni del corpo, cioè mediante la voce, la lingua e gli altri movimenti del corpo. Quindi pone la lucerna sul lucerniere l'Apostolo, quando dice: Faccio il pugilato non come chi batte l'aria, ma castigo il mio corpo e lo induco alla sottomissione, affinché nell'istruire gli altri io non rimanga squalificato 57. Penso che nelle parole di Gesù: Affinché risplenda a tutti coloro che sono nella casa 58, per casa s'indichi l'abitazione degli uomini, cioè il mondo stesso per quel che ha detto in precedenza: Voi siete la luce del mondo 59. Ovvero se per casa si vuole intendere la Chiesa, neanche questo significato è improbabile.

Il vero fine della lode.

7. 18. Così risplenda, soggiunge, la vostra luce davanti agli uomini, in modo che vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli 60. Se dicesse soltanto: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, in modo che vedano le vostre opere buone, sembrerebbe che avesse stabilito il fine nelle lodi degli uomini, di cui sono avidi gli ipocriti, coloro che ambiscono gli onori e raggiungono una gloria del tutto vuota. Contro di essi si legge: Se andassi ancora a genio agli uomini, non sarei ministro di Cristo 61; e del Profeta: Coloro che piacciono agli uomini sono arrossiti di vergogna, perché Dio li ha resi un nulla; e di seguito: Dio spezza le ossa di coloro che sono graditi agli uomini 62; e ancora l'Apostolo: Non diventiamo avidi di una vuota gloria 63; ed egli ancora: L'uomo invece esamini se stesso e allora in se stesso e non nell'altro troverà motivo di gloria 64. Quindi non ha detto soltanto: Affinché vedano le vostre opere buone, ma ha aggiunto: E diano gloria al Padre vostro che è nei cieli. Perciò l'uomo non deve intendere come fine di piacere agli uomini per il fatto che mediante le opere buone piace ad essi, ma lo riferisca a lode di Dio e perciò piaccia agli uomini, affinché in lui sia resa gloria a Dio. A coloro che lodano conviene quindi lodare non l'uomo ma Dio, come il Signore ha mostrato in quell'uomo che gli portavano davanti, sicché la folla nel caso del paralitico sanato ammirò il potere di Dio, come è scritto nel Vangelo: Ebbero timore e diedero gloria a Dio che ha dato un tale potere agli uomini 65. E Paolo, suo imitatore, dice: Avevano soltanto sentito dire che colui il quale una volta ci perseguitava, ora annunzia la fede che prima voleva distruggere; e glorificavano Dio a causa mia 66.

Gesù integra la Legge.

7. 19. Dopo aver esortato gli uditori di prepararsi a superare tutte le difficoltà per la verità e l'onestà, a non nascondere il bene che stavano per ricevere, ma ad apprendere con una amorevolezza tale da ammaestrare gli altri, riferendo le proprie opere alla gloria di Dio e non al proprio vanto, inizia a informare e insegnare quel che debbono insegnare, come se glielo chiedessero dicendo: Ecco vogliamo sopportare tutto per il tuo nome e non nascondere il tuo insegnamento. Ma che cosa è quel che proibisci di nascondere? E perché comandi che tutte le difficoltà siano sopportate? Forse che devi dire altre cose contrarie a quelle che sono scritte nella Legge? No, disse: Non crediate che sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento 67.

Il compimento della Legge.

8. 20. In questa proposizione si ha un doppio significato; bisogna esporre in base all'uno e all'altro. Chi afferma: Non son venuto per abolire la Legge ma per portarla a compimento afferma o aggiungendo quel che manca o perfezionando quel che ha. Esaminiamo l'ipotesi che ho indicato al primo posto. Infatti chi aggiunge quel che manca certamente non abolisce quel che trova, ma lo ratifica rendendolo più perfetto. E per questo continua col dire: In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla Legge un solo iota o un solo accento, senza che tutto sia compiuto 68. Perciò mentre si avverano i dati che sono stati aggiunti al completamento, molto più si avverano quelli che sono stati premessi per l'iniziazione. L'inciso: un solo iota o un solo accento non passeranno dalla Legge si può interpretare soltanto come una veemente affermazione della perfezione, poiché è stata indicata dai singoli dati espressivi fra cui lo iota è il più piccolo perché si traccia con un solo trattino e l'accento è poi un certo segnetto sopra di esso. Con queste parole egli mostra che nella Legge anche i dati più piccoli sono portati a compimento. Poi soggiunge: Chi dunque considererà abrogato uno solo di questi più piccoli comandamenti e insegnerà così agli uomini sarà considerato il più piccolo nel regno dei cieli 69. I comandamenti più piccoli dunque sono simboleggiati da un solo iota e da un solo accento. Chi dunque considererà abrogato e insegnerà così, cioè secondo il dato abrogato, non secondo quel che nella Legge ha trovato e letto, sarà considerato il più piccolo nel regno dei cieli e forse non vi sarà per niente nel regno dei cieli, in cui possono essere soltanto i grandi. Chi invece osserverà e così insegnerà, questi sarà considerato grande nel regno dei cieli. Chi invece osserverà significa: chi non considera abrogato e insegnerà così, in base a ciò che non ha abrogato. Se sarà considerato grande nel regno dei cieli, ne consegue che anche sia nel regno dei cieli, in cui sono ammessi i grandi. All'argomento attiene quel che segue.

Confronto fra Legge e Vangelo.

9. 21. Vi dico che se la vostra virtù non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli 70, cioè se non solo non osserverete i comandamenti più piccoli della Legge, che iniziano l'uomo all'onestà, ma anche questi aggiunti da me, che non son venuto ad abolire la Legge, ma a completarla, non entrerete nel regno dei cieli. Ma tu mi obietti: Di quei comandamenti più piccoli, mentre ne parlava in precedenza, ha detto che è il più piccolo nel regno dei cieli chi ne considerasse abrogato uno solo e insegnasse in base a questa sua abrogazione, quindi che è considerato grande chi li osserverà e così insegnerà e che per questo sarà già nel regno dei cieli, perché è grande. E allora che bisogno c'è che si aggiunga qualcosa ai più piccoli comandamenti della Legge, se già può essere nel regno dei cieli, perché è grande chi li osserverà e così insegnerà? Rispondo: Perciò la proposizione si deve interpretare in questo senso: Chi li osserverà e insegnerà così, sarà considerato grande nel regno dei cieli, cioè non sulla base di quei comandamenti più piccoli, ma sulla base di quelli che io dichiarerò. E quali sono? Che la vostra virtù, afferma, superi quella degli scribi e dei farisei, perché se non la supererà, non entrerete nel regno dei cieli. Quindi chi considererà aboliti i comandamenti più piccoli e insegnerà così, sarà considerato il più piccolo; chi invece osserverà i più piccoli e così insegnerà, non deve essere considerato ormai un grande e meritevole del regno dei cieli, però non così piccolo come chi li considera abrogati. Affinché sia grande e meritevole del regno, deve osservare e insegnare come al presente insegna Cristo, cioè che la sua virtù superi quella degli scribi e dei farisei. La virtù dei farisei comporta che non uccidano, la virtù di quelli che entreranno nel regno di Dio che non si adirino senza motivo. Il non uccidere dunque è l'osservanza più piccola e chi la considererà abrogata sarà considerato il più piccolo nel regno dei cieli. Chi invece adempirà di non uccidere non sarà senz'altro grande e meritevole del regno dei cieli, tuttavia è salito un gradino; si perfezionerà se non si adira senza motivo e, se avrà raggiunto questa perfezione, sarà assai più lontano dall'omicidio. Quindi chi insegna di non adirarsi non considera abrogata la legge di non uccidere, la osserva invece, sicché tanto all'esterno, se non uccidiamo, come nel cuore, se non ci adiriamo, manteniamo l'immunità dalla colpa.

Gradualità della colpa nel rapporto col fratello.

9. 22. Avete udito, continua, che fu detto agli antichi: Non ucciderai; e chi avrà ucciso, sarà meritevole del processo. Io vi dico invece che chi si adira con il proprio fratello senza motivo, sarà meritevole del processo; chi avrà detto al fratello: Racha, sarà meritevole di condanna, chi gli avrà detto: Imbecille, sarà meritevole della geenna di fuoco 71. Che differenza v'è fra il meritevole di processo, il meritevole di condanna e il meritevole della geenna di fuoco? Infatti quest'ultimo contesto ha un tono molto grave e fa pensare che si fanno alcune gradazioni da pene più leggere a più gravi fino a giungere alla geenna di fuoco. Quindi se è più lieve essere meritevole di processo che meritevole di condanna, e così se è più lieve esser meritevole di condanna che della geenna di fuoco, è opportuno che si giudichi più lieve adirarsi senza motivo col fratello che dirgli racha e ancora che è più lieve dirgli racha che imbecille. La colpevolezza in sé non avrebbe gradazioni, se anche i peccati non venissero rassegnati gradualmente.

Esame etimologico di racha.

9. 23. Nel testo è usato un solo termine di significato incerto, perché racha non è né greco né latino; gli altri sono usati nella nostra lingua. Alcuni han voluto derivare dal greco la traduzione di questa parola ritenendo che racha significa cencioso, perché in greco il cencio si denomina . Tuttavia quelli, a cui si chiede come si volge in greco cencioso, non rispondono racha. D'altronde il traduttore latino, dove ha riportato racha, poteva tradurre cencioso e non usare una parola che nella lingua latina non esiste e in greco non è usata. È più attendibile la versione che ho appreso da un ebreo, quando l'ho interrogato in proposito. Mi disse che è un suono che non significa qualcosa, ma esprime una emozione della coscienza. I grammatici chiamano interiezione queste piccole parti del discorso che indicano un impulso dell'animo turbato, come quando si dice: ahi! da chi soffre e ohibò! da chi è adirato. Sono espressioni proprie di tutte le lingue e non agevolmente si traducono in un'altra lingua. Ed è certamente questo il motivo che ha spinto il traduttore, tanto greco che latino, a riportare il termine stesso, perché non trovava come tradurlo.

Tre colpe e tre imputazioni.

9. 24. Vi sono dunque delle gradazioni in questi peccati. Prima di tutto uno si adira e trattiene l'emozione formatasi all'interno. Se poi il turbamento stesso strapperà a chi è adirato un suono che non ha significato, ma attesta col prorompere stesso l'emozione dell'anima, in modo che con essa si offende colui contro cui si adira, il fatto è certamente più grave di quanto l'ira insorgente si cela nel silenzio. Se inoltre non solo si ode la voce di chi è sdegnato, ma anche la parola che indica e qualifica l'oltraggio a colui contro cui si proferisce, non v'è dubbio che è un po' di più che se si udisse soltanto l'espressione di sdegno. Dunque nel primo caso si ha un solo dato, cioè l'ira in sé; nel secondo due, cioè l'ira e il suono che indica l'ira; nel terzo tre, l'ira il suono che indica l'ira e nel suono stesso la dimostrazione di un deliberato oltraggio. Esamina ora anche le tre imputazioni: del processo, della condanna, della geenna di fuoco. Nel processo si dà ancora luogo alla difesa. Invece per quanto riguarda la condanna, sebbene sia anche processo, tuttavia l'averli distinti induce a rilevare che in questo passo differiscono per qualche aspetto. Sembra appunto che ad essa sia di spettanza l'emissione della sentenza. Difatti con essa non si discute con il colpevole stesso se è da condannare, ma coloro che lo giudicano s'intrattengono a trattare con quale pena è opportuno condannare chi evidentemente è da condannare. La geenna di fuoco poi non propone come incerta né la condanna come il processo, né la pena del condannato come la condanna; nella geenna sono certe la condanna e la pena del condannato. Si avvertono dunque alcune gradazioni nelle colpe e nella imputazione. Ma chi può esprimere in quali termini siano invisibilmente applicate le pene ai meriti delle anime? Si deve prestare attenzione alla differenza che si ha fra la virtù dei farisei e quella più grande che introduce nel regno dei cieli. Quindi, poiché è più grave uccidere che rivolgere un insulto con la parola, in quella l'omicidio rende meritevole di processo, in questa è l'ira che rende meritevole di processo, sebbene sia il più lieve dei tre peccati. In quella infatti gli uomini conducevano l'inchiesta discutendo fra di loro; in questa tutto è rimesso al giudizio divino, per il quale il destino dei condannati è la geenna di fuoco. Chi ha detto che con una pena più grave in una giustizia più grande è punito l'omicidio, se con la geenna di fuoco è punito l'insulto, induce a pensare che vi sono diversità di geenne.

Significati sottintesi.

9. 25. Senza dubbio in queste tre proposizioni si deve avvertire un sottinteso di parole. La prima proposizione infatti contiene tutte le parole necessarie per non sottintendere nulla. Chi si adira, dice, con un suo fratello senza motivo è meritevole di processo. Nella seconda invece, poiché afferma: Chi poi dirà al suo fratello racha, è sottinteso: senza motivo, e così si aggiunge: Sarà meritevole di condanna. Nella terza poi in cui dice: Chi poi gli avrà detto: imbecille 72, sono sottintesi due concetti: a un suo fratello e: senza motivo. Si giustifica quindi il fatto che l'Apostolo denomina stolti i Galati che tuttavia considera come fratelli, perché non lo fa senza motivo. Quindi in questo inciso si deve sottintendere fratello, perché del nemico si dice in seguito in qual modo anche egli deve esser trattato con una virtù più grande.

Dono all'altare e riconciliazione...

[Modificato da MARIOCAPALBO 13/04/2013 14:51]