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Amorth Gabriele

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2016 13:56
17/09/2016 13:53

1. In linea di massima, come base iniziale di parten­za, ho notato questi due procedimenti. Alcuni fanno lunghi interrogatori, lunghe indagini, a volte per va­rie sedute, prima di procedere a benedire o a esor­cizzare. Altri — ed è questo il metodo che io seguo

— quando notano motivi di sospetto, procedono su­bito a brevi preghiere esorcistiche che poi prolunga­no o meno, secondo il bisogno che riscontrano. Ho già affermato che l'esorcismo non ha solo scopo li­beratorio, ma prima ancora diagnostico; solo per mezzo dell'esorcismo si arriva alla morale certezza di un'influenza diabolica. Questo secondo metodo, anche per motivi di necessità, è usato soprattutto da quegli esorcisti che sono assaliti da folle di richie­denti. In queste condizioni se si usasse il primo me­todo, si perderebbe molto tempo con persone che poi si rivelano prive di bisogno dell'opera dell'esorci­sta. Ricorrendo al secondo metodo, gli esami e gli interrogatori approfonditi vengono fatti poco per vol­ta e solo di mano in mano che se ne riscontra il bi­sogno. Immaginate uno come p. Candido, che riceveva set­tantaottanta persone ogni mattinata: che cosa a­vrebbe potuto concludere se con ogni persona a­vesse dovuto premettere due ore di interrogatorio... Certo in questo settore si richiede esperienza, ma soprattutto grazia. Prima c'è stato l'esame prelimi­nare, la lettura delle cartelle cliniche, l'accertamento dei motivi di sospetto, come abbiamo detto. A que­sto punto occorre osservare le reazioni sia durante l'esorcismo, sia dopo ossia gli effetti che l'esorcismo produce nelle giornate o settimane seguenti, sia le evoluzioni che avvengono nel corso della serie di esorcismi. È possibile che il caso si risolva breve­mente, o che si manifesti con chiarezza come e­straneo a influenze malefiche; in questa eventualità si sospendono gli esorcismi. Ma è possibile che il caso si dimostri incerto, complicato, tale da lasciare perplessi. Dico subito che, quando si riscontrano vantaggi anche per pochi giorni, io proseguo il mio ministero anche se mi rendo conto che i vantaggi sono dovuti probabilmente a soli fattori psicologici, di suggestione. Non dico più le preghiere d'esorci­smo, ma altre; però non abbandono il malato. An­che i vantaggi dovuti a suggestione sono vantaggi reali. È possibile invece che il caso si presenti diffici­le da diagnosticare. Non convincono le ipotesi dei medici; non convincono le cure fatte; ma non con­vincono neppure le reazioni e i risultati degli esorci­smi. Richiedo più che mai la collaborazione medica lo specialista più indicato è quasi sempre uno psi­chiatra, ma non mi limito a quello. Nell'incertezza, preferisco persistere con gli esorcismi: ci tengo a dire che in vari casi il fatto di aver proseguito negli esorcismi ha dato il vantaggio di sbloccare la situa­zione, di far si che si giungesse a una diagnosi o­ralmente certa; e mai il fatto di proseguire negli e­sorcismi mi ha causato dei danni. Anzi, nell'incer­tezza in cui si trovavano i medici, il proseguimento degli esorcismi a mantenuto viva la speranza di giungere ad una soluzione, anche se poi si accerta­va che quello non era un caso di possessione dia­bolica. Si tenga presente che le possessioni riser­vano le sorprese più impensabili, con una gamma di manifestazioni vastissime, per la diversità delle rea­zioni. Per darne 'idea indico due casi limite. Ho esorcizzato dei posseduti che dovevano essere tenuti ben stretti da almeno sei persone: parlavano lingue che le vittime non conoscevano, oppure lin­gue strane; rivelavano cose del futuro sconosciute all'interessato e ai presenti. E ho esorcizzato casi di possessione in cui la vittima non diceva nulla, rima­neva calmissima senza dimostrare la più impercetti­bile reazione; ne descriverò uno in appendice. È possibile sbagliarsi? Certamente. Ma in tutti i casi che ho conosciuto, sia in quelli capitati a me sia in quelli capitati ad altri esorcisti, è successo poi qual­che fatto che ci ha indotti a riconoscere lo sbaglio e ci ha messi sulla strada giusta. Il più frequente moti­vo di incertezza dipende dal riconoscere se ci si tro­va davanti a un caso di possessione o di malattia psichica. Si noti però che, quasi sempre, la posses­sione alterna momenti di crisi a pause di riposo, mentre invece il male psichico è costante. E poi av­viene che, nel corso del tempo, un esorcista pratico sa capire se le reazioni e gli effetti dell'esorcismo sono conformi ai sintomi di possessione; così come un bravo psichiatra sa rendersi conto se la fenome­nologia corrisponde o no a quella della malattia so­spettata. I casi più difficili si hanno quando esorcisti e psichiatri, confrontando i sintomi pro e contro quello che è il male di loro competenza, si rendono conto che il soggetto ha mali dipendenti da entram­be le cause e va curato sia dallo psichiatra sia dall'esorcista. Allo stato attuale delle competenze e delle convinzioni, è assai comune che l'esorcista mandi il paziente dal medico, non ravvisando nulla di propria competenza; purtroppo è raro, il caso in­verso, che sia lo psichiatra a richiedere l'intervento dell'esorcista, quando vede che le reazioni del ma­lato esulano da ogni parametro delle malattie cono­sciute, sia per i sintomi sia per gli effetti o i non ef­fetti dei medicinali.



2. Quando si ricercano le cause di un male ma non sempre si arriva a scoprirle. In molti ambienti si usa la convinzione che sia pos­sibile subire l'effetto di maledizioni che si prolunga­no per più generazioni. E ogni volta viene citato il testo, ripetuto in vari libri biblici, secondo cui «Dio conserva la sua grazia per mille generazioni, ma fa ricadere la colpa dei padri sui figli, fino alla terza e alla quarta generazione» Esodo 34, 7. Il significato più ovvio di questa espressione è di porre in luce quanto è grande la misericordia di Dio per mille ge­nerazioni a confronto della sua giustizia punitiva per tre o quattro generazioni. Per cui è un testo da in­terpretarsi in questo senso, anche ponendolo a con­fronto con altri testi biblici, in cui è detto chiaramen­te che ognuno paga per sé. Piuttosto ci si chiede se esistono predisposizioni naturali che rendono più vulnerabili; ad esempio, le persone che hanno un sistema nervoso più fragile. A mio parere questa è una causa che fanno bene a considerare i medici riguardo ai mali psichici; ma i mali malefici sono su un altro piano. Ciò invece che occorre è la piena collaborazione delle persone colpite e delle persone che le aiutano familiari, amici, gruppi di preghiera che prendono a cuore il caso. Un ostacolo alla gua­rigione è dato dalla passività. Certe persone hanno più o meno questo atteggiamento: «Padre, ho un diavolo che mi tormenta; lei me lo tolga». Rispondo sempre: «Io ti posso aiutare, ma la lotta devi soste­nerla tu». Occorre tanta volontà e tanto sforzo per ricorrere largamente ai mezzi di grazia preghiera e sacramenti, a una vita sinceramente cristiana senza compromessi col peccato; ci vuole una lotta costan­te contro gli attacchi malefici. In certe occasioni ci si può fare aiutare anche a distanza: mi capita conti­nuamente di fare brevi esorcismi per telefono, a persone che già ricorrono al mio ministero, e spesso con grande efficacia.

3. Un problema che mi è stato posto più di una vol­ta: se si può liberare una persona a sua insaputa. In base alle mie esperienze personali e a quelle che mi hanno comunicato amici esorcisti, è possibile li­berare una persona a sua insaputa, ma non contro la sua volontà, espressa o non espressa. Certamen­te non si possono fare preghiere esorcistiche su chi le rifiuta; mi è capitato più volte il caso di persone che mi hanno confessato esplicitamente: «Padre, sono venuto qui per compiacere i miei, ma non cre­do a queste cose e non voglio che lei faccia nessun rito su di me». È chiaro che dobbiamo rispettare la volontà dell'interessato e limitarci a farlo ragionare e a dirgli ciò che vediamo opportuno. Mentre invece possiamo esorcizzare chi richiede questo nostro ministero, anche se si tratta di non cristiani.

4. Un problema a cui accenno appena, perché da solo meriterebbe un volume, è il problema delle presenze. E così chiamata la possibilità o meno che, in una persona, siano presenti anime di defunti: dannati, persone morte violentemente o d'improvvi­so, antenati o estranei alla propria famiglia. Collega­to con questo problema c'è quello della possibilità o meno che esistano "anime vaganti", ossia anime di defunti che non hanno ancora trovato la propria via definitiva; o la possibilità che esistano le cosiddette "anime guida". Dico subito che si tratta di problemi aperti, su cui vorrei che i teologi studiassero e ap­profondissero i dati della Sacra Scrittura e del magi­stero; ma anche le esperienze dei santi. Noi cono­sciamo dalla Rivelazione delle affermazioni sicure: Che abbiamo un'unica vita in cui decidiamo il nostro eterno avvenire. Noi non crediamo nella reincarna­zione, ma nella resurrezione. E sappiamo che tutti risorgeranno: ma chi per una resurrezione di gloria e chi per una resurrezione di tormento. — Sappia­mo anche che le anime dei defunti, dopo la morte, vanno subito o all'inferno, o in paradiso o in purga­torio. È una verità chiaramente contenuta nella Scrittura tanto da essere formalmente definita come dogma da due concili ecumenici, quello di Lione e quello di Firenze. Mi pare che così si escluda già la possibilità di anime vaganti e di anime guida. Del resto sappiamo ben poco. Lo stesso s. Tommaso afferma che è una grandissima difficoltà dimostrare razionalmente come le anime possano vivere senza il corpo, e come possano essere felici quelle che sono in paradiso senza il corpo. Aggiunge anche che sappiamo così poco della vita delle anime nell'aldilà che dobbiamo tener conto delle rivelazioni private dei santi. Sappiamo, dalle verità sul corpo mistico, che esiste un'attività delle anime nell'altra vita: i santi e le ani­me del purgatorio possono pregare per noi; noi pos­siamo invocare l'intercessione dei santi, pregare in suffragio delle anime del purgatorio e raccomandar­ci al loro aiuto. Restano problemi aperti. Ad esempio la difficoltà di stabilire con esattezza il momento del­la morte. Inoltre i teologi discutono se la condizione in cui vivono le anime dei defunti è uno stato o un luogo; anche questo fatto può influire su una loro eventuale attività. Ma diciamo subito che il Rituale, nelle sue norme introduttive mettendo in guardia l'e­sorcista dai possibili camuffamenti del demonio, al

n. 14 afferma che non bisogna credergli quando vuole farsi passare per l'anima di un santo, o di un defunto, o di un angelo. Mi limito a dire che, interro­gando vari esorcisti, ho avuto risposte diverse se­condo la maggiore o minore esperienza personale che hanno avuto di questo fenomeno. Quanto a da­re spiegazioni, sono tutti molto prudenti. Ad esem­pio, sia p. La Grua sia p. Emetti avanzano dei tenta­tivi di soluzione, anche d'indole semplicemente na­turale, senza nessuna pretesa di risolvere la que­stione. A mio parere è necessario un approfondi­mento sulla condizione delle anime dopo morte, te­nendo conto delle definizioni conciliari sopra riporta­te, ma non limitandosi a queste. E sarebbe anche utile uno studio storico. Ad esempio, un santo esor­cista, il vescovo s. Geminiano, patrono di Modena, circa 310, 392 contemporaneo di s. Ambrogio e s. Agostino, ha dovuto affrontare simili casi.

5. Spesso sono stato interpellato su altri problemi che creano interrogativi: guaritori, pranoterapisti, scrittura automatica, registrazioni di voci ultraterre­ne, fenomeni par anormali... È tutto un campo che esula quasi completamente dalle competenze di un esorcista; è un campo quanto mai aperto alla spe­culazione e all'imbroglio; ma ognuna di queste voci merita uno studio accurato per dividere ciò che è buono da ciò che non lo è, ciò che proviene da for­ze naturali da ciò che rasenta la magia o è vera magia, per cui include l'intervento del maligno. Faccio un esempio. Esistono guaritori e pranotera­peuti seri, che si avvalgono di un potere paranorma­le quindi d'indole naturale e la cui opera risulta be­nefica su mali naturali, mai su mali malefici. Ed esi­stono i tanti guaritori o pranoterapeuti che sono solo imbroglioni o che fanno magia vera e propria. Sulla scrittura automatica e sulla registrazione di voci di defunti mi limito a dire che queste non sono vie di Dio: possono essere fenomeni paranormali o diabo­lici, secondo i casi. E sui fenomeni paranormali, che oggi si preferisce indicare col nome di parapsicolo­gici, c'è da stare molto attenti su ciò che è valido e ciò che non lo è; oggi si tende a farne la giustifica­zione di tutto ciò che non conosciamo o di ciò in cui non crediamo; anche dei fenomeni diabolici. Così il "paranormale" diventa il grande ombrellone che ri­copre la nostra ignoranza.

6. Ho parlato in questo capitolo, sia pure solo ac­cennando, di guaritori e pranoterapeuti per trattare di un' altra grossa difficoltà. Un ostacolo alla libera­zione è dato dal fatto che non si ama abbastanza la Chiesa. Capita perfino che, chi si rivolge a un esor­cista, non pensa neppure di andare da un uomo di Chiesa e che agisce in nome della Chiesa. Capita spesso che si vada da lui come si andrebbe da un guaritore, attribuendogli un potere personale che non ha niente a che fare con la fede. È un problema molto importante, che tocca forse il punto focale del­la crisi religiosa del nostro tempo. Trascrivo il pen­siero del card. Ratzinger, espresso con stupenda chiarezza nell'intervista raccolta da Vittorio Messori. Domanda: «Crisi, dunque. Ma dov'è, a suo parere, il principale punto di rottura, la crepa che allargandosi minaccia la stabilità dell'intero edificio della fede cat­tolica?». Risposta: «Non ci sono dubbi: l'allarme è focalizzato innanzitutto sulla crisi del concetto di Chiesa, sull'ecclesiologia. Qui è l'origine di buona parte degli equivoci o dei veri e propri errori che in­sidiano sia la teologia che l'opinione comune cattoli­ca». E stato chiesto a p. Candido, nel corso di un'in­tervista: «Lei non si sente solo? Cosa c'è nel suo animo quando esorcizza?». E lui ha risposto, con tutta naturalezza: «È come quando celebro la mes­sa, anche se sono due cose diverse. La disposizio­ne interiore è la stessa: sto compiendo un ministero legato non alla mia persona, ma al mio sacerdozio; legato al comando di Gesù: "cacciate i demoni". È un'azione della Chiesa, che è Chiesa militante». Da qui sorge uno sforzo per noi esorcisti: riparlare della Chiesa, fare amare la Chiesa, far capire che chi viene da noi non cerca un uomo fornito di chissà quali poteri taumaturgici, ma avvicina un ministro di Dio che ha dalla Chiesa l'incarico di esercitare, per sua concessione, un ministero particolare. Una delle disposizioni che più mancano, in coloro che richie­dono l'opera degli esorcisti, è l'amore alla Chiesa, la fiducia nella Chiesa, al di là di ogni personalismo. È così che poi non ottengono nessun frutto; alcuni gi­rano da un esorcista all'altro, trinciano accuse il tale non vale niente; l'altro non capisce niente... e non si rendono conto che se non hanno fede nella Chiesa e se non hanno la consapevolezza di recarsi da un sacerdote che agisce in nome della Chiesa, fanno meglio a starsene a casa loro.

7. Vorrei ora aggiungere qualcosa sui segni di libe­razione. Abbiamo detto che i tempi sono di Dio e che noi esorcisti non possiamo prevedere quanto tempo ci vorrà per liberare da un male malefico o da una possessione diabolica. Ci sono però dei segni che danno qualche aiuto. È possibile, ad esempio, che fin dai primi esorcismi la vittima del demonio si senta progressivamente meglio e che i suoi disturbi si stiano attenuando. Altre volte capita che, col pro­gredire degli esorcismi, il paziente diventi sempre più furioso e i disturbi si aggravino: è il male che era già nascosto dentro e che sta emergendo; poi in­comincia la fase del regresso, dei miglioramenti, per cui i disturbi si attenuano e sempre più si diradono. Anche questo è un segno che si cammina verso la totale liberazione.

1 Altri segni vengono percepiti dalle parole stesse del demonio. Ad esempio: «Tu mi uccidi! Muoio! Mi hai vinto!...». Altre volte il demonio, sentendosi sempre più debole e incapace di resistere alle im­posizioni dell'esorcista, chiede aiuto: invoca l'arrivo di altri demoni che vengano a soccorrerlo. In altri casi, alla domanda dell'esorcista: Quando te ne vai?, mentre prima rispondeva: Mai, incomincia a rispondere: Presto. Oppure fissa una data; spesso è una data fasulla; ma talvolta, per divina volontà, è esatta. In ogni caso è evidente che quando i demoni perdono forze e arroganza la liberazione non è lon­tana anche se, talvolta, questo stato può protrarsi per tempi lunghi. E abbastanza comune, al momen­to della liberazione, o un pianto dirotto e questa vol­ta è un pianto di gioia, o una perdita totale di forze. Altre volte la persona colpita si accorge con sorpre­sa, poco per volta, di essere interamente libera; sembra quasi che stenti a convincersene. L'importante è che non perda più, per tutta la vita, quel ritmo di preghiera, di unione con Dio, di fre­quenza ai sacramenti, di apertura al perdono, che l'ha sostenuta e aiutata durante il tempo della dura lotta col maligno.

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