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Amorth Gabriele

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2016 13:56
17/09/2016 13:51

«Padre, mio figlio sta diventando nervoso; ho paura che gli abbiano fatto qualcosa». Anche qui, alle mie domande, si evidenzia la mancanza di qualsiasi sin­tomo, tale da destare sospetto; dò i soliti consigli generali e basta.


«Padre, mio marito m'ha lasciata per andare con un'altra donna. Mi voleva tanto bene! Certamente gli hanno fatto una fattura»; pure in questo caso, con poche domande, si vede che non c'è nessun sinto­mo positivo che desti sospetto; le fatture non c'en­trano affatto, per cui si danno i consigli opportuni e basta.


Altre volte la spinta a rivolgersi all'esorcista viene da persone sospette. «Padre, mi dia un appuntamento; ho una fattura». «E chi glielo ha detto?». Spesso la persona si trova imbarazzata a rispondere; capisce di essersi basata su un motivo che zoppica o che forse le meriterà un rimprovero. Ma si fa coraggio, costretta dalla domanda: «E stata una zingara — E stata una santa persona, di molta preghiera, che mi ha dato una benedizione — Sono andata da un car­tomante; mi ha detto che mi hanno fatto una fattura e mi ha chiesto cinque milioni per toglierla. Io ho pensato bene di venire' da lei. — Faccio parte di un gruppo di preghiera; hanno pregato su di me, hanno fatto discernimento e hanno visto che io ho dei mali malefici per cui ho bisogno di ricorrere all'aiuto di un esorcista — Sono andato da un sacerdote molto buono, che benedice, benché non faccia veri e pro­pri esorcismi; ho avuto delle reazioni violente: ho ur­lato, mi sono buttato per terra, ho bestemmiato; alla fine il sacerdote mi ha detto che avevo bisogno di esorcismi — Sono andato da un guaritore, o prano­terapeuta, non so bene; mi ha fatto certi riti, mi ha fatto bere dell'acqua particolare; in seguito mi sono sentito molto male e ho capito di avere qualcosa che non và. Potrei continuare a lungo... la serie di queste dichia­razioni. Oggi siamo pieni di persone stimate sante, di guaritori, di cartomanti, di maghi, di zingari, di veggenti, di carismatici e simili. Non è facile orien­tarsi. Sono contrario alle soluzioni di comodo: «Tut­te storie, tutte falsità». E invece necessario discer­nere perché, anche se è vero che nella maggioran­za dei casi si tratta di falsi allarmi o di imbrogli, tal­volta si tratta invece di avvertimenti seri, giusti e che meritano di non essere disattesi. In molti casi l'im­broglio o la magia è evidente. Negli altri casi proce­do all'interrogatorio come ho esposto in preceden­za, per vedere se vi sono sintomi sospetti; e in que­sto caso accordo l'appuntamento e procedo. Quali sono i primi sintomi di sospetto, in seguito ai quali fisso un primo incontro? Possono essere tanti; qui mi limito ai più ricorrenti. I familiari in genere sono loro; più raramente la persona che è direttamente interessata mi dicono che i medici non riescono a formulare una diagnosi precisa e che nessuna me­dicina ha effetto. Si noti che quando parlo delle me­dicine che "non hanno alcun effetto", non intendo dire che le medicine non guariscono il male; ma in­tendo dire che le medicine non ottengono neppure quell'effetto immediato che sarebbe loro proprio. Ad esempio, quando i sedativi o i sonniferi sono del tut­to inefficaci o ottengono l'effetto contrario, benché assunti in dosi molto forti. La incapacità a formulare una diagnosi e l'inefficacia delle medicine può esse­re un primo sintomo sospetto. Poi mi dicono che quel loro familiare, un tempo praticante, non riesce più a pregare, non va più in chiesa e si arrabbia se viene invitato ad andarci; talvolta bestemmia o si ur­ta alla vista di immagini sacre. L'avversione al sacro è senz'altro un sintomo significativo. Se aggiungono che la persona ha crisi di rabbia, di violenza, contra­riamente al suo carattere; insulta, bestemmia, e poi non ricorda più niente di queste sue crisi, anche questo è un sintomo sospetto specie per le be­stemmie, anche se è in comune con mali psichici. A questo punto passo ad un'altra serie di domande. Chiedo da quanto tempo dura il male e se è ricolle­gabile a un fatto particolare. Potrebbero così emergere dati significativi. Ad e­sempio se la persona ha fatto sedute spiritiche, se ha frequentato maghi, se la sua cerchia di amicizie comprendeva persone dedite a droga, o a occulti­smo, o a certe discoteche. Generalmente emerge una causa a cui si attribuisce l'inizio dei guai; spes­so si tratta di una persona particolare. Chiedo come è cambiato, da quel momento, il comportamento della persona; se ha fatto stranezze, in quali casi manifesta più violenza. Spesso i familiari stessi, nel corso dell'interrogatorio, si meravigliano di come vengano in mente dei fatti, dei particolari a cui non avevano dato importanza e che invece si dimostra­no indicativi. Molte volte la prima benedizione così normalmente chiamo gli esorcismi, parlando con le persone si riduce a poco. Capita spesso che le per­sone, nel desiderio di ottenere un appuntamento, esagerino i disturbi che, alla prova dei fatti, si dimo­strano assai meno preoccupanti. Molte volte, pro­prio tante, mi capita di dover dire: «Qui non ci vo­gliono esorcismi, ma ci vuole una conversione». In­fatti le persone che vengono, sovente sono comple­tamente lontane dalla preghiera e dai sacramenti; la messa festiva è trascurata con estrema facilità: nel sacramento della riconciliazione me ne sono accor­to da tempo i penitenti neppure se ne accusano più. Da troppi anni i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa non sono più insegnati. Spesso poi si riscontrano situazioni matrimoniali anormali, irrego­lari e ingarbugliate. Oggi la famiglia non prega: guarda il televisore, per cui non c'è neppure dialogo tra i membri. Se vedo che non c'è motivo di sospet­to, dò una semplice benedizione, se è opportuno, recitando la preghiera del Rituale sui malati. In caso contrario procedo all'esorcismo, normalmente breve la prima volta, ma che può durare più o meno lun­gamente, secondo le reazioni che riscontro. Termi­no con i soliti ammonimenti circa la preghiera, i sa­cramenti, la vita di grazia. Varie volte ho costatato che una buona confessione generale che raccomando sempre come punto di partenza con la ripresa di una intensa vita di pre­ghiera e di grazia ottiene la cessazione dei disturbi lamentati. Mentre senza preghiera e una vita di gra­zia gli esorcismi non hanno efficacia. Mi tengo tutta­via informato circa l'esito dell'esorcismo fatto, so­prattutto se si tratta di casi dubbi. E capitato, infatti, che, alle volte, durante l'esorci­smo, non vi sia stata nessuna reazione particolare, ma che in seguito si sia manifestato un effetto posi­tivo, durato per lungo tempo o, più spesso, per qualche giorno soltanto. Questo è già un sintomo sufficiente per dover insistere con altri esorcismi. In varie situazioni, procedendo negli esorcismi, la per­sona sempre più manifestava sintomi di presenze malefiche; incominciava col rivoltare gli occhi in alto o in basso, nel modo molto ben conosciuto dagli esorcisti; le volte successive, diventava progressi­vamente sempre più furiosa, esplodendo in urla e bestemmie; a un certo punto la forza del demonio, ormai interamente scoperto, si dimostrava anche col dialogo, rispondendo alle domande. Ho seguito dei casi in cui, dopo mesi di esorcismi, e una volta an­che dopo due anni, la presenza malefica si è pale­sata con tutta la sua forza. Chi avesse atteso che si fossero manifestati i tre segni elencati nel Rituale, sia pure a titolo di esempio parlare lingue scono­sciute alla persona, avere una forza sovrumana, ri­velare cose occulte, non avrebbe mai incominciato a fare gli esorcismi. Inutile dire che, più il caso si presenta grave, e più occorre raccomandare di pre­gare e far pregare. È necessario, inoltre, ricercare se esiste qualche impedimento alla grazia, che debba essere rimosso. Si può trattare di situazioni irregolari da sistemare riguardo al matrimonio, al la­voro, alla gestione patrimoniale, se si sono com­messe in radice gravi ingiustizie.... Un discorso par­ticolare, per la sua grande importanza, va fatto sempre a proposito del perdono di cuore. Alle volte si sa con quasi certezza chi ha causato quei distur­bi; o comunque ci si può trovare in situazioni di ten­sione, con familiari o con altri, per gravi torti subiti. È necessario perdonare di vero cuore, abbandonare ogni risentimento, pregare intensamente per quelle persone. In molti casi è stata questa la via per ri­muovere gli ostacoli alla grazia e ottenere la libera­zione. Dall'andamento degli esorcismi si ha l'im­pressione che prima il male debba emergere tutto; solo dopo inizia la liberazione. Si arriva sempre alla guarigione totale? Quanto tempo ci vuole? Sono due domande difficili. Già s. Alfonso, parlando degli esorcismi, avvertiva che non sempre si arriva alla guarigione, ma sem­pre si riesce a dar sollievo alle persone colpite. Di fronte a certi miei momenti di scoraggiamento per gli scarsi risultati, p. Candido assai spesso mi ha ri­petuto che noi dobbiamo fare tutta la nostra parte, lasciando a Dio le decisioni; e non si è stancato di ripetermi: «Se lei sapesse quante vite salviamo!». Infatti si ha l'impressione, anzi, lo si tocca con ma­no, che in molti casi l'esorcismo infonde nella per­sona colpita la forza di accettare il suo stato e di andare avanti. E però giusto notare che nella gran­de maggioranza dei casi si arriva alla guarigione, e spesso alla guarigione completa. Ma non possiamo prevedere quanto tempo ci vorrà. Dipende dalla gravità del caso; da quanto il male è radicato nella persona. Dipende dall'impegno di preghiera e di to­tale abbandono in Dio da parte della persona stes­sa, dei suoi cari, di quanti l'aiutano. Dipende dai piani che Dio ha su quella persona, per cui ha per­messo quella sofferenza. Molte volte, in casi di una certa gravità, sono stati necessari tre, quattro anni di esorcismi. Personalmente ritengo che vi sia un duplice beneficio nella lunghezza del tempo richie­sto, per giungere alla liberazione: per la persona colpita, che ritorna a una vita di costante e abituale preghiera, di grazia, di fiducia in Dio. Non sempre ciò accade nei casi di breve durata. I casi risolti in breve tempo talvolta hanno dato occasione ad un abbandono totale di ogni pratica religiosa, determi­nando poi una più grave ricaduta nel male. Ma vi è un secondo beneficio anche per le persone dei pa­renti e degli amici, che si sentono maggiormente stimolati alla preghiera e a credere con fede nelle realtà invisibili. Tanta gente, che oggi non crede più a queste cose, farebbe bene ad assistere a certi esorcismi! Ne avrebbero bisogno anche molti eccle­siastici. Certamente quando Dio permette il male è sempre per ricavarne un bene maggiore. A questo punto, prima di proseguire, pongo una domanda: sono sempre necessari gli esorcismi? Non esistono altri mezzi? E una domanda molto pratica e impor­tante, a cui cercherò di rispondere nel capitolo se­guente.


TESTIMONIANZE


Una comunità religiosa bene impegnata


Giancarlo è un religioso che studia teologia, in pre­parazione al sacerdozio; ha venticinque anni. Quando andai per la prima volta ad esorcizzarlo, era in un momento di crisi: disteso sul letto, cinque confratelli lo reggevano con forza e visibile fatica. Veniva assistito giorno e notte da uno dei due membri della sua congregazione che, a turno, si e­rano impegnati ad aiutarlo. Ma quando era assalito dalle crisi, con la tendenza di buttarsi dalla finestra, bisognava fare accorrere rinforzi: ci volevano pro­prio almeno cinque persone. Notai che aveva una mano fasciata; aveva rotto con il pugno due vetri di una finestra. Ero stato invitato per fare qualche e­sorcismo in più, dato che Giancarlo veniva già esor­cizzato settimanalmente dall'esorcista diocesano. Ma si desiderava anche un mio parere; c'erano dubbi se si trattasse veramente di possessione de­moniaca, anche se a questa conclusione erano giunti concordemente lo psichiatra che aveva in cu­ra l'infermo e l'esorcista della diocesi, appositamen­te incaricato dal vescovo. Alcuni sintomi non con­vincevano i superiori maggiori della Congregazione, che già avevano preso accordi per un esame sup­plettivo, che avrebbe dovuto fare un noto psichiatra romano, circa una settimana dopo la mia visita. Giancarlo era un religioso molto intelligente, di buon carattere, apprezzato dai superiori e dai compagni. Aveva sempre dimostrato di possedere tutte le qua­lità per diventare un buon religioso e un buon sa­cerdote: durante gli anni di postulato, di noviziato, di voti temporanei che lo avevano portato alla profes­sione perpetua. Fedelissimo nella vita di preghiera, intelligente negli studi, di buon carattere, non si po­teva prevedere la burrasca che scoppiò di colpo, anche se poi se ne ripercorsero le tappe di matura­zione: d'un tratto manifestò l'impossibilità di pregare, di stare in chiesa e, dopo una crisi di violenza, fece il primo tentativo di suicidio. Da quel momento le crisi violente lo assalivano varie volte al giorno an­che di notte e duravano due, tre ore. Bisognava che accorressero i robusti rinforzi per reggerlo, mentre lui urlava, alternava bestemmie a risate sarcastiche e si dimenava con forza, per poter attuare i suoi ten­tativi autolesionistici. In più era soggetto a lunghe crisi di immobilità, della durata di tre, quattro ore: durante queste crisi non aveva nessuna padronan­za di sé, non parlava, non reagiva a stimoli esterni come punture, pur rimanendo cosciente e ricordan­do poi tutto ciò che era accaduto durante quelle ore. La mia impressione, dopo un lungo esorcismo, fu di trovarmi di fronte a un caso di completa possessio­ne diabolica. E ammirai l'ottima assistenza. Prima di tutto da parte del suo superiore, che credeva nella possibilità delle possessioni diaboliche cosa non comune oggi nel clero, faceva tutto il possibile per giungere alla guarigione, riservando a sé le parti più dure, come l'assistenza notturna. E ammirai i con­fratelli che, oltre a pregare unanimi per la sua guari­gione, si alternavano con grande generosità nell'as­sistenza. La mia visita diede maggior sicurezza cir­ca la linea che si stava seguendo, ma si attendeva la visita dello psichiatra romano per avere una con­ferma decisiva. Questi ebbe la cattiva idea di arrivare in compagnia della moglie psicologa; a mio parere, ne fu total­mente condizionato. La visita si limitò a un dialogo sereno e cordiale con l'infermo. I due coniugi si rifiu­tarono di assistere a una crisi di violenza, avvenuta poco dopo il colloquio e inviarono, in seguito, il loro parere: si trattava di un fatto isterico e bastava al­lontanare l'infermo dalla casa religiosa per un mese, ossia fargli passare un mese di distrazioni, senza pratiche di pietà, senza esorcismi, senza assisten­za. Inutile dire che il responso lasciò molto perplessi i superiori, consci delle crisi di violenza e dei tentati­vi di suicidio, che richiedevano una robusta vigilan­za. Intanto vedevo che gli esorcismi davano già qualche risultato positivo. Consigliai di interpellare un altro specialista: si aveva tra le mani la diagnosi discordante di due psichiatri, valeva la pena di con­sultarne un terzo. Ma consigliai di sceglierlo tra quei pochi psichiatri che sono anche consci e pratici di possessioni demoniache; mi pareva indispensabile questo requisito, nel caso in esame. E così fu fatto. Il valente psichiatra interpellato, dopo un esame molto accurato, rilevò nelle sue conclusioni le per­fette condizioni psicofisiche del paziente e confermò quanto aveva costatato di persona: manifestazioni di orrore al sacro, tipiche delle possessioni diaboli­che. Così Giancarlo continuò a essere curato in maniera intensiva con gli esorcismi e con gli altri mezzi che si usano in simili casi. Il Signore fu molto prodigo di grazie con lui, perché il miglioramento fu costante, rapido, al di sopra di ogni più ottimistica previsione. Potevo rendermene conto ogni volta che andavo a esorcizzarlo, mensilmente, mentre invece l'esorcista diocesano continuava la sua opera una volta alla settimana. Credo che molto merito sia da attribuirsi alle preghiere di tutta quella comunità e alla piena collaborazione di Giancarlo che, con vo­lontà ferrea, seguiva le istruzioni e controbatteva gli assalti del maligno. Possiamo parlare di essere giunti alla guarigione quasi completa in poco più di tre anni; le piccole conseguenze rimaste stanno rapidamente scompa­rendo. Si è trattato veramente di una guarigione ra­pida se si pensa che le cause risalivano fin dalla nascita il rifiuto da parte del padre, che non voleva figli e tanto meno un figlio maschio e avevano avuto continue ricariche durante i venticinque anni di vita, in occasioni che non è stato poi difficile ricostruire, fino alla causa scatenante finale, che aveva deter­minato la prima crisi di violenza e aveva manifestato tutto il male che si era andato accumulando. Mi so­no più volte trovato a dover affrontare casi analoghi — anche se non esistono due casi uguali — e per giungere alla guarigione o alla quasi guarigione è stato necessario un tempo più lungo. Talvolta si è giunti a ottenere solo dei miglioramenti.


Sono infermiera in psichiatria


Sono spinta a scrivere dopo aver letto, in un noto giornale cattolico, un articolo sul demonio. Certa­mente è stato scritto in buona fede; ma desidero te­stimoniare quanto mi è accaduto, che è in diretto contrasto con ciò che il sacerdote asserisce nell'ar­ticolo. Ho 54 anni, sono infermiera e da sedici anni esercito la mia professione ininterrottamente in un reparto psichiatrico. Nonostante i miei difetti, ho sempre creduto in Dio, anche se sono stata poco praticante. La mia fede non era stata approfondita; si basava solo sulla educazione avuta nell'infanzia, per cui a un certo punto non reggeva più. Per de­cenni non ho più messo piede in chiesa, anche se ogni tanto pregavo a modo mio. Poi smisi anche di pregare; ma mi sentivo infelice, come se rifiutassi un amore di cui avevo bisogno. Sette anni fa, con i figli ormai grandi o sistemati, ho incominciato ad avere più tempo per me stessa e ho voluto approfondire i miei rapporti con Dio. Ma è stato un grande sforzo. Mi sentivo come legata, ari­da, chiusa in me stessa, quasi incapace di comuni­care. Ho avuto paura. A vari miei colleghi di lavoro è successo di subire danni alla salute mentale; teme­vo che capitasse la stessa cosa anche a me. Invano qualcuno, tra cui il cappellano dell'ospedale, ha cer­cato di aiutarmi. Rifiutavo tutto; ogni mattina mi svegliavo piena di odio contro tutto e contro tutti. Sentivo in me una vi­olenza omicida di vecchia data, ma sempre repres­sa dalla mia educazione; provavo rancori irragione­voli; avrei voluto urlare mentre invece, per l'abitudi­ne che avevo all'autocontrollo, apparivo calma e dolce. Eppure fin dall'adolescenza avevo avuto idee suicide, anche se sempre represse. Vivevo in uno stato di continua angoscia. Di notte, da molti anni, a intervalli irregolari, mi si ripresentavano alcuni sogni strani. Ad esempio, vedevo un uomo in fondo a un tubo vuoto, non capivo se era un rotolo di carta o una conduttura di fogna. Di quest'uomo non riuscivo mai a vedere la testa. Mi diceva: «Sarai mia». A quel punto urlavo terrorizzata, ma al tempo stesso avevo il desiderio di seguirlo. Mio marito mi sveglia­va, conscio che facevo sogni d'incubo. Ecco un altro sogno. Qualcuno mi metteva in braccio una bambi­na di nove, dieci mesi; io l'accoglievo con gioia. Su­bito quel dolce peso diventava come di piombo, io facevo ogni sforzo perché non mi cadesse, ma nei miei tentativi facevo del male, ferivo quella piccola creatura. Mi svegliavo triste e pregavo Dio di sal­varmi da quegli incubi o da quelle premonizioni. Nel 1989 mi trovai per caso ma è il Signore che aveva disposto così a parlare con un esorcista. Ho provato a spiegargli quello che provavo e tante altre stra­nezze, unite alla mia quasi impossibilità di pregare. Quel sacerdote mi ha detto che ero attaccata dal demonio e che potevo liberarmi; lui mi avrebbe aiu­tata. È stata una cosa meravigliosa, senza urla e senza nessun gesto spettacolare quando lui mi be­nediceva. Direi che tutto si è svolto nel modo più di­screto, più delicato. Poco per volta ho perso ogni sentimento d'odio, ogni voglia di urlare; non provavo più rancore verso nessuno, né voglia di suicidio o di violenza. Sono scomparsi i miei sogni d'incubo; è stato come se tutto il male che si era accumulato in me nel corso della vita e che avrebbe avuto voglia di sfogarsi, fosse interamente scomparso. Ho ripre­so con fedeltà le pratiche religiose e soprattutto prego molto. Eppure sono rimasta "segnata". Il ma­ligno non mi molla e talvolta mi malmena fisicamen­te e psichicamente. Nei momenti peggiori ricorro di nuovo al mio salvatore, l'esorcista, che mi rida pace e mi guida ad accettare le sofferenze in unione alla passione di Cristo. Accetto volentieri questa missio­ne di sofferenza, a vantaggio delle persone tormen­tate da Satana. Prego sempre lo Spirito Santo di guidarmi e mi pare che lo faccia. Ecco come; Si dice che un ladro riconosce un altro ladro e un bugiardo riconosce un altro bugiardo. A me pare di riconosce­re chi è tormentato dal demonio, anche se procedo con estrema prudenza, per paura di sbagliarmi. Ce­cilia veniva curata da quindici anni come malata psichica, ma aveva dei comportamenti atipici. Io l'ho accompagnata più volte dall'esorcista che, studiato il caso, le ha fatto una serie di esorcismi. Fatto sta che è quasi guarita. Il primario del nostro reparto ammette questa guarigione, anche se confessa onestamente di capirci poco. Cecilia ha conservato ancora certe abitudini di prima; deve rifarsi psicolo­gicamente. Ma la diagnosi che risultava nella sua cartella clinica è tutta da buttare. Lei e i suoi familiari sono molto soddisfatti. Sia pure con molta esitazio­ne, ho parlato al sacerdote esorcista di due pazienti del mio reparto, Rachele e Silvia. Lui non le ha mai incontrate, ma ha fatto per queste due persone del­le preghiere di liberazione a distanza, ossia senza la loro presenza. Può stupire questo fatto, ma io sono stata sorpresa dai risultati: entrambe sono state liberate da ogni forma di vio­lenza, tanto da poter essere dimesse dall'ospedale. Tutti i medici si sono meravigliati della rapida guari­gione e ne hanno attribuito il merito alle loro cure. Mi fanno proprio ridere! Basti dire che Rachele ha ammesso, prima di uscire, che da un mese non prendeva più nessuna medicina, perché sputava nei bagni tutte le pastiglie che le venivano somministra­te. Ma è propio tanto difficile ammettere che Dio può guarire? E vero, anche l'esorcista non vuole mai che io dica: «E stato lei a guarirmi, a guarire Rache­le e Silvia, a guarire...». Non vuole sentire questo. Ma almeno ripete sempre che


Dio esaudisce chi prega con fede.


Ecco le cose che avrei voluto dire a quell'articolista. Avrei voluto dirgli che, a mio modesto avviso, esi­stono vari gradi di influenza del demonio. Io non ho studiato queste cose; le ho viste. Avrei voluto dire che ci vogliono esorcisti veramente qualificati, specializzati; e che la maggior parte dei sacerdoti di queste cose non ne sanno proprio nien­te. Penso che questa realtà, oggi, sia più frequente e quindi più importante, che ai tempi in cui essi stu­diavano in seminario. L'articolo che mi ha ispirato a scrivere. Forse ha ragione a sostenere che i casi di possessione sono rari; a sostenere il contrario si fa­rebbe, forse, pubblicità al maligno. Ma in quell'arti­colo non si dice che ci sono anche tanti casi minori, non di possessione, ma di influenze malefiche. E quando l'autore dell'articolo spinge a rivolgersi subi­to a uno psichiatra, vorrei dirgli, io che da 16 anni lavoro in psichiatria: «Se si conosce un sacerdote veramente competente, è meglio prima rivolgersi a lui». Prego e faccio pregare perché gli esorcisti ab­biano tutte le grazie necessarie al loro difficile com­pito. E perché la Chiesa si renda conto di questa necessità e si dedichi alla formazione di esorcisti competenti. È una carenza immensa, evidentissima a chiunque lavori in questo settore.


ESORCISMI E PREGHIERE DI LIBERAZIONE


«Coloro che crederanno in me, nel mio nome scac­ceranno i demoni» Marco 16,17: con queste parole Gesù, che aveva dato il potere di scacciare i demoni prima ai dodici apostoli e poi ai settantadue disce­poli, ha esteso lo stesso potere a tutti i credenti in lui. La condizione è che si agisca nel suo nome. La forza di chiunque scaccia i demoni, esorcista o no, sta nella fede nel nome di Gesù, perché «non è sta­to concesso agli uomini nessun altro nome sotto il celo per mezzo del quale siano destinati a salvarsi» Atti 4,12. È perciò un potere che deriva direttamente da Cristo e che nessuno può limitare o misconosce­re. La Chiesa però, per dare un maggior aiuto a co­loro che soffrono di mali malefici e per mettere in guardia dagli imbroglioni, ha istituito un apposito sa­cramentale, l'esorcismo. Se vogliamo essere chiari e non cadere in continui equivoci, dobbiamo usare le parole in modo appropriato, senza fare confusio­ni. L'esorcismo è un sacramentale, istituito quindi dalla Chiesa, che può essere amministrato esclusivamen­te da quei sacerdoti mai da laici che ne abbiano a­vuta peculiare ed espressa licenza dal loro vescovo. Tutte le altre preghiere dirette a liberare dal demo­nio, recitate da sacerdoti o da laici, sono preghiere private e possiamo chiamarle "preghiere di libera­zione". Non ammetto altri linguaggi, che sono solo causa di equivoci, anche se vengono usati da autori rinomati. Ad esempio non accetto che si parli di e­sorcismi solenni, amministrati dall'esorcista, e di e­sorcismi semplici, amministrati da ogni sacerdote o laico. Si deve parlare di esorcismo solo quando si tratta di quel sacramentale istituito dalla Chiesa, che usa delle apposite preghiere indicate dal Rituale e che può essere amministrato solo dagli esorcisti. Tutte le altre forme in uso, da parte di sacerdoti o laici, di singoli o di gruppi, non sono esorcismi. Non esistono esorcismi solenni o semplici. Che differenza c'è tra l'esorcismo e la preghiera di liberazione? Che cosa è più efficace? Diciamo pure che lo scopo è identico: liberare da una presenza o da un'influenza malefica. Quanto all'efficacia il di­scorso è più complesso. Un laico che prega per la liberazione dal demonio, fa una preghiera privata, in cui esercita il sacerdozio dei fedeli e si avvale del potere dato da Cristo a quanti credono in lui. Il sa­cerdote che prega allo stesso scopo, fa anche lui una preghiera privata che, a pari condizioni, ha più efficacia in quanto usa del sacerdozio ministeriale e del suo mandato di benedire. Un esorcista che am­ministra un esorcismo, ha un'efficacia ancora mag­giore, di per sé, perché compie un sacramentale, fa quindi una preghiera pubblica, che coinvolge l'inter­cessione della Chiesa. Ma stiamo bene attenti. Il Si­gnore tiene molto conto della fede. Per cui è possi­bile che la semplice preghiera di un laico, benché preghiera privata, abbia più efficacia delle altre. Co­sì è possibile che la preghiera di un sacerdote non esorcista, fatta con molta fede, abbia più efficacia della preghiera di un esorcista autorizzato dal ve­scovo, ma che agisce con minor fede. Espongo su­bito un esempio pratico. Sappiamo da p. Raimondo da Capua, confessore e storiografo di s. Caterina da Siena, che quando gli esorcisti non riuscivano a li­berare un indemoniato, lo mandavano da Caterina. La santa pregava e otteneva la liberazione. La sua preghiera non era un esorcismo; essa non era né esorcista né sacerdote. Ma era santa! Si noti bene anche un altro elemento: non conta solo la fede di chi fa la preghiera di liberazione, o l'esorcismo; con­ta anche la fede della persona per cui si prega, dei suoi familiari, degli amici che pregano per lui. Il Vangelo, narrando la guarigione miracolosa del pa­ralitico che viene calato davanti a Gesù, scoper­chiando il tetto, ci dice che Cristo «vista la loro fe­de», operò il miracolo. Per cui tenne conto della fe­de del malato, ma anche della fede di chi lo accom­pagnava. Riprendendo dunque il discorso del rap­porto tra esorcismi e preghiere di liberazione, ecco quando possiamo precisare, riaffermando lo scopo unico di liberare dalla presenza o dalle influenze del maligno. Per cui non c'è un netto confine e possono entrambe le forme essere usate per la stessa per­sona. Come norma generale ricordiamo che gli e­sorcismi sono prescritti per le forme più gravi; il Di­ritto Canonico ne parla in relazione agli ossessi, o energumeni, ossia in relazione a coloro che sono vittime della possessione diabolica vera e propria. Questo non proibisce che vengano usati, come in pratica tutti gli esorcisti fanno, anche in ogni altro caso di intervento malefico. Ma resta il fatto che in tutti questi casi, che vengono generalmente indicati come casi minori o meno gravi, non è necessario l'esorcismo, ma può bastare la preghiera di libera­zione. Come possono bastare tutti i comuni mezzi di grazia: preghiere, sacramenti, digiuno, opere di cari­tà... Ci sembra che sia molto importante tener pre­sente queste osservazioni per la loro pratica utilità. Oggi purtroppo si incontra difficoltà a trovare esorci­sti. E utile sapere che, nella maggioranza dei casi, non è necessario il loro ministero. Anzi, proprio a motivo della loro scarsità numerica, sarebbe oppor­tuno riservare a loro soltanto i casi gravi e non op­primerli di lavoro con i casi minori, risolvibili altri­menti. Dal momento che in questo libro parliamo quasi esclusivamente degli esorcismi, diciamo ora qualcosa delle preghiere di liberazione. — Una pri­ma osservazione. Tra Vazione ordinaria del demo­nio tentazione e la sua azione straordinaria i mali malefici che abbiamo elencato non c'è un netto con­fine. Ciò vale anche per i rimedi. Ad esempio, ab­biamo visto come si può cadere anche nella pos­sessione diabolica completa persistendo in peccati di particolare gravità. Abbiamo presentato l'esempio di Giuda Iscariota. Così anche riguardo ai rimedi, sia per la prevenzio­ne sia per la liberazione, restano in ogni caso fon­damentali i comuni mezzi di grazia. — Una seconda osservazione. Attraverso l'azione pastorale, occorre risvegliare nella coscienza dei cristiani il senso di fedeltà a Cristo e di lotta al demonio. Tutti i fedeli, per loro natura, in quanto battezzati e cresimati, debbono sentirsi dei lottatori contro il demonio. Sanno di essere tempio dello Spirito Santo e sanno che il demonio vorrebbe strappare loro questo privi­legio. Sanno che Gesù è venuto «per distruggere le opere del demonio», e anch'essi debbono coopera­re in questa opera. Come il demonio lotta quotidia­namente contro di noi, così noi dobbiamo lottare ogni giorno contro di lui, certi di essere vincenti, per la forza dello Spirito che ci è stato donato. Vivere in grazia significa dire sempre sì a Cristo e no a Sata­na, conforme alle promesse battesimali. In caso contrario si cade nel peccato. Non sembra proprio che oggi sia molto presente, nella predicazione e nella catechesi, questo senso di lotta su cui insiste tutta la Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento. È un concetto da ricuperare. Salvaguardare e accre­scere lo stato di grazia è la vittoria contro l'azione ordinaria del demonio tentazione ed è insieme la migliore prevenzione contro la sua azione straordi­naria. — Passando poi a parlare più direttamente delle preghiere di liberazione, diciamo subito che tutte le preghiere sono buone, in particolare le pre­ghiere di adorazione e di lode a Dio, "salmi, inni, cantici spirituali", come si esprime Paolo. Le pre­ghiere possono anche essere inventate: è buona cosa, in ogni caso, abituarsi a preghiere spontanee. Se la preghiera viene fatta in gruppo, è necessario che essa sia guidata dal responsabile del gruppo, sacerdote o laico, per assicurarne l'ordinato svolgi­mento. Nei nostri ultimi tempi le preghiere di libera­zione hanno avuto grande e provvidenziale sviluppo grazie ai gruppi del Rinnovamento. Mancando di esperienza, si sono rese necessarie delle particolari istruzioni. A tale scopo sono usciti due libri che an­cora oggi possono essere molto utili: L. J. SUE­NENS, Rinnovamento e potenza delle tenebre, pre­sentazione del Card. Ratzinger, Ed. Paoline 1982; MATTEOLA GRUA, La preghiera di liberazione, Ed. Herbita, Palermo 1985. sono particolarmente grato ai gruppi di preghiera del Rinnovamento per la sen­sibilità che hanno a questo tipo di sofferenze, per l'aiuto che prestano ai bisognosi. Tanto più è merito-ria la loro opera, in quanto oggi è così raro trovare comprensione in altri ambienti. Occorre però fare le cose bene. A questo scopo è importante tener pre­sente la Lettera che la Congregazione della Dottrina della Fede ha inviato ai vescovi, il 29 settembre 1985. Ne deduco alcune delle cose che non si deb­bono fare. Altre cose le aggiungo dopo. — Intanto non si possono fare gli esorcismi ufficiali, riservati agli esorcisti. Neppure si deve usare l'esorcismo di Leone XIII, dal momento che è diventato di diritto pubblico. Altra cosa è l'uso privato di tale esorci­smo; così almeno ci pare di poter arguire dal docu­mento. — Si deve anche evitare di rivolgersi diret­tamente al demonio per conoscerne il nome e, ag­giungo io, per qualsiasi altra domanda. Oltre al re­sto, il dialogo diretto col demonio può essere perico­loso per chi osa farlo, senza la debita autorizzazio­ne e quindi senza anche la protezione della Chiesa. — Il documento termina ricordando l'importanza della preghiera, dei sacramenti, del ricorso all'inter­cessione della Vergine Maria, degli angeli e dei san­ti. Riteniamo opportuno aggiungere qualcos'altro. — Le preghiere di liberazione avvengono in tanti modi diversi: singolarmente, da parte dell'interessato; in famiglia, o con la presenza di qualche amico; in gruppi di preghiera, talvolta anche molto numerosi e a favore di varie persone disturbate. È molto impor­tante che, in ogni caso, si conservi un clima di rac­coglimento, che favorisca la preghiera fiduciosa. — Si possono usare quei mezzi soliti, come la benedi­zione con l'acqua santa e la presenza di un crocifis­so. Mi pare opportuno, non tassativo, che le benedi­zioni con l'acqua santa siano fatte da un sacerdote, quando la preghiera avviene nei gruppi; trovo utile e da divulgare che, in famiglia, siano il padre o la ma­dre a benedire i figli, facendo loro in fronte un segno di croce, col pollice intinto d'acqua benedetta. E questo anche indipendentemente dalle preghiere di liberazione. — È importante che, nei gruppi, si eviti tutto ciò può essere motivo di curiosità e non di pre­ghiera fervorosa. Ad esempio, se qualche persona colpita si agita o urla durante la preghiera, deve es­sere tenuta stretta o aiutata solo dai familiari o da coloro che vengono incaricati; se il gruppo non è composto da persone preparate, la preghiera va fat­ta in luogo appartato, alla presenza solo di persone preparate. Chi assiste per curiosità, senza volontà di collaborare attivamente con la sua preghiera, può essere di danno. — Consiglio anche un'estrema di­screzione nei gesti. In certi gruppi, tutti hanno la mania di porre le mani sul capo o sulle spalle della persona su cui si prega; porre la mano sul capo, è un gesto biblico usuale, ma è bene che lo faccia il sacerdote o chi guida la preghiera. Gli altri, se ne hanno l'abitudine, possono tenere la destra o le braccia alzate verso la persona che viene benedet­ta, ma senza toccarla. Si può pregare in lingue, ma sempre con ordine, evitando anche ogni parvenza di esaltazione. Come già abbiamo detto, si è speri­mentato che le preghiere più efficaci sono quelle di adorazione e di lode a Dio. — Un grande servizio che i gruppi di preghiera rendono, sia in occasione delle loro preghiere di liberazione, sia in aiuto all'o­pera degli esorcisti, è di accompagnare le persone colpite a compiere un cammino di preghiera e di ca­techesi. Mi rivolgo soprattutto ai gruppi perché, pur­troppo, solo rare volte le parrocchie sono in grado di rendere questo servizio, che sarebbe di loro spet­tanza. In molti casi chi è colpito da mali malefici do­vrebbe pregare molto, ma non ci riesce se non vie­ne aiutato; dovrebbe andare in chiesa, ma ha ne­cessità di esservi accompagnato, di essere assistito perché ha la continua tentazione di uscire; deve es­sere accompagnato ad accostarsi alla comunione, perché da solo non ce la fa. Inoltre ha bisogno di seguire un cammino di istru­zione religiosa. Quasi sempre abbiamo a che fare con persone che di istruzione religiosa non ne han­no affatto. È quella "nuova evangelizzazione" su cui insiste il santo padre, e che può essere fatta sia col­lettivamente sia individualmente. Nei casi che trat­tiamo, ci troviamo di fronte a terreni ottimamente di­sponibili per un'istruzione individuale. — Aggiungo anche che c'è una sostanziale differenza sul com­portamento da tenere nei casi di esorcismo e nei casi di preghiere di liberazione. Queste ultime sono assai più libere, in quanto non vi sono norme parti­colari che le regolano, tranne quelle che abbiamo riferito. Basta procedere con fede e con ordine, se­guendo la guida di chi presiede alla preghiera. Capi­ta talvolta che delle persone abituate alle preghiere di liberazione siano invitate ad assistere ad esorci­smi, per portare il contributo della loro preghiera e, quando occorra, l'aiuto della loro assistenza alla persona che viene esorcizzata. In questo caso chi agisce è l'esorcista, che amministra un sacramenta-le, seguendo le norme prescritte dal Rituale. Se vi sono presenti dei sacerdoti, anch'essi possono reci­tare le stesse preghiere del Rituale, sotto la guida dell'esorcista. I laici si limitano a pregare interior­mente, o sottovoce, evitando ogni gesto imposizio­ne delle mani ecc. o ogni iniziativa che non si addi­ce all'amministrazione prescritta dalla Chiesa per quel sacramentale. La loro presenza è di valido aiu­to all'esorcista, purché sappiano stare al loro posto. «Nel mio nome scacceranno i demoni»: il potere da­to da Cristo a tutti i credenti in lui è stupendo; ma nell'esercizio pratico richiede tanta fede, tanta umil­tà, tanta dimenticanza di se stessi. Ricordo che una volta p. Jozo ben noto a tutti coloro che hanno un po' di pratica di Medjugorje aveva pregato per la li­berazione di una persona nella sua chiesa parroc­chiale. La preghiera occupò quasi tutta una notte; la chiesa era piena di persone, specie di pellegrini, che cercavano di apportare il contributo della loro preghiera personale. Alla fine p. Jozo, divenuto as­sai pratico in questo campo, ha dichiarato che la persona non era stata liberata perché troppi dei presenti erano animati da curiosità, e persistevano a stare in chiesa solo per vedere quale sarebbe stata la conclusione. Ho notato anch'io che la presenza anche di una sola persona sbagliata può nuocere alla riuscita di un esorcismo.


TESTIMONIANZE


Alcuni episodi di liberazione


Ci pare utile riportare alcuni casi che scegliamo tra i tanti per la qualifica che vi riscontriamo di esempla­rità: non esistono mai due casi uguali, ma vi sono situazioni che si ripetono con una certa somiglianza. Liberazione di se stessi. Incominciamo con l'affer­mare che il potere dato da Cristo a tutti i credenti in lui: «Nel mio nome scacceranno i demoni» Marco 16,27, non vale solo per liberare gli altri, ma anche per liberare se stessi. Prima di tutto ricordiamo che vivere abitualmente in grazia di Dio, pregare, acco­starsi spesso ai sacramenti, ricorrere all'intercessio­ne della Vergine Maria, degli angeli, dei santi, è il più sicuro rimedio preventivo. Ma questo talvolta non basta. Come abbiamo visto, è possibile che il demonio si accanisca particolarmente con qualcu­no, senza sua colpa; ed è possibile che il Signore permetta, a scopo di purificazione e di apostolato di quell’anima, che gli attacchi del demonio abbiano successo. E il caso biblico di Giobbe; è il caso di tanti santi e di tante anime buone, per le quali il Si­gnore permette tali prove, così come permette per tutti le prove di ogni forma di sofferenza. Qui mi preme porre in evidenza il fatto che, il più delle vol­te, tali anime superano queste prove, se ne liberano completamente, senza bisogno di preghiere di libe­razione e tanto meno di esorcismi. Direi: le preghie­re di liberazione se le fanno da sé. Bastano i mezzi comuni di grazia e l'uso dei tre grandi mezzi, a cui occorre un ricorso speciale, indicati da Gesù in oc­casione della difficile liberazione di quel giovane che nove apostoli non riuscirono a liberare: al padre del ragazzo chiede tanta fede; agli apostoli, Gesù dice che, per liberare da certi demoni, ci vuole preghiera e digiuno. Diamo pure alla parola "digiuno" quella grande estensione che molti passi biblici ci suggeri­scono. Mi piace citare due casi relativamente recen­ti. Si legge nella vita di d. Giovanni Bosco che, par­ticolarmente per due anni, il santo è stato tormenta­to in modo straordinario dal demonio. Non sappia­mo esattamente come si è liberato. Su questo punto d. Bosco è stato reticente e ci sembra di capire che, per umiltà, non abbia voluto rivelare le penitenze straordinarie a cui si è sottoposto per superare quel­la prova. E certo che ha fatto tutto da sé, nel senso che non ha avuto bisogno che altri facessero su di lui preghiere di liberazione e tanto meno esorcismi. Un altro caso più vicino a noi è quello di d. Giovanni Calabria, il fondatore veronese beatificato da Gio­vanni Paolo II il 17 aprile 1988, in occasione della visita pontificia a Verona. Negli ultimi anni di vita, d. Calabria ha vissuto dei periodi in cui il Signore ha permesso che venisse sottoposto alla possessione diabolica vera e propria. Ne è stato chiaro lo scopo, di purificazione e di espiazione. Leggendo i docu­menti ufficiali del processo canonico, risulta chiaro come quel santo sacerdote si è liberato da sé, con la sua fede, la sua umiltà, le sue preghiere. Non ha avuto bisogno di preghiere di liberazione e tanto meno di esorcismi. Credo che siano esempi conso­lanti e indicativi per tutti, anche se non per tutti ba­sta questo. Liberata con l'aiuto di una suora. Trovo interessante questo fatto, anch'esso esemplare di quanto può accadere. Una suora italiana, missiona­ria in Brasile, insegnava in un Istituto di Marìlia San Paolo, nelle classi del ginnasio e delle magistrali. La scuola era frequentata da circa settecento alunne, quasi tutte del luogo, tranne un'ottantina, che veni­vano ospitate come alunne interne dalle suore. Una di queste, Gloria, stava terminando il corso per con­seguire il diploma di maestra elementare. Diligente, educata, servizievole, era la prima di sei fratelli; es­sendo orfana di padre, suo nonno sosteneva le spese scolastiche sperando che, una volta maestra, avrebbe aiutato i fratelli. Sr. Maria Teresa, la suora che mi ha narrato questi fatti, incominciò ad accor­gersi che i professori si lamentavano di Gloria, cosa che non era mai accaduta in precedenza: pareva assente, mancava alle lezioni, dopo il rientro dalle vacanze era cambiata. La suora la chiamò con una scusa; disse che le interessava quella parte di geo­grafia che stava studiando e che desiderava ascol­tare l'ultima lezione. La ragazza aprì il libro, e subito ne uscì un piccolo fazzoletto piegato, a colori viva­cissimi: rosso, verde e giallo. La suora cercò di af­ferrarlo, ma le sfuggì di mano, scomparendo nel nul­la. Gloria impallidì: «Povera me! Non posso perder­lo!». Suonava il campanello delle lezioni; sr. Maria Teresa mandò in classe la ragazza dicendole di sta­re tranquilla, che lei avrebbe fatto ricerche. Infatti andò al tavolo privato di studio di Gloria e si mise a sfogliare libri e quaderni, pagina per pagina. Trovò quel fazzoletto in fondo all'ultimo libro, ma dovette stringerlo con forza per tenerlo perché pareva elet­trizzato e tentava di sfuggire. Insospettita e con una certa paura, la suora invocò la Madonna e poi si rivolse al piccolo fazzoletto co­me se fosse il diavolo: «Disgraziato! Maria Santis­sima ti ha già schiacciato il capo». Corse in cucina e lo buttò in una grande stufa, dove ardeva un bel fuoco. Dopo quel fatto accadde che Gloria non riu­sciva più a ritenere nessun cibo e deperiva giorno dopo giorno. Sr. Maria Teresa chiamò in disparte la ragazza e la convinse a confessarle che cosa le era accaduto durante le vacanze in famiglia. Gloria per prima cosa disse che anche di notte non poteva dormire, perché dal suo guanciale usciva un rumore assordante, che la teneva sveglia. Poi raccontò che in famiglia si dava molto da fare per tenere la casa in ordine e accudire ai fratellini, in modo che sua madre potesse lavorare presso qualche altra fami­glia per un po' di guadagno. Un giorno entrò in casa una donna che le disse, in tono imperativo: «Appe­na sarai diplomata tu dovrai sposare mio figlio. In­tanto conserva questo fazzolettino; se lo perderai, non potrai più studiare, sarai bocciata agli esami e morirai». La ragazza, in lacrime, disse che cercava di obbedire per amore di sua madre e dei suoi fra­telli. La suora l'assicurò: «Abbi fiducia nella Madon­na e segui i miei consigli». Prima l'accompagnò in chiesa, perché potesse fare una buona confessio­ne; poi, in un momento in cui nei dormitori delle ra­gazze non c'era nessuno, la volle vicina a sé per fa­re un'ispezione al suo guanciale. Quando le ordinò di scucirlo per guardarci dentro, la ragazza tremava di paura, ma obbedì. Non fu difficile trovare uno strano oggetto pesante, avvolto nella stoffa; appena lo ebbe aperto, Gloria impallidì: «I miei capelli!». C'era infatti una ciocca di capelli e Gloria ricordò al­lora che quella donna, mentre le parlava, le aveva sveltamente tagliato una ciocca dei suoi lunghi ca­pelli, che le scendevano sulle spalle. Ma la maggior sorpresa fu quella di trovare un piccolo fazzoletto, identico a quello che era stato bruciato. In un ango­lo del cortile vi era un bidone per la cartaccia. Vi dettero fuoco e vi buttarono tutto ciò che avevano trovato nel cuscino. L'involucro, i capelli e le altre cianfrusaglie fecero presto a incenerirsi; ma per di­struggere il fazzolettino a colori fu necessario ag­giungere molta altra carta per alimentare la fiamma. Nel frattempo pregavano fatto molto importante in questi casi e la suora disse di nuovo: «I piedi di Ma­ria Santissima continuino a schiacciarti, spirito ma­ledetto». In seguito la ragazza si riprese del tutto: mangiava, dormiva, andava bene negli studi; si sen­tiva serena e libera. Sr. Maria Teresa ha concluso il suo racconto dicendomi che prima non aveva mai creduto alle fatture, ma dopo... Due sacerdoti non esorcisti, ma di molta preghiera, si erano accordati per benedire un ragazzo di undici anni, dietro richiesta dei genitori, loro parrocchiani. Il fatto risale al 1987. Mentre i familiari e poche altre persone restano in chiesa a pregare, i sacerdoti conducono il bambino in sagrestia; era ubbidiente, calmo, amabile; non pareva proprio che potesse avere niente di malefico. Appena ha inizio la recita delle comuni preghiere, ecco che il bimbo incomin­cia a smaniare, a sputare bava, a bestemmiare, a pronunciare minacce. Per due ore i sacerdoti hanno continuato a pregare, usando anche i mezzi di cui disponevano e che facevano smaniare sempre più il piccolo posseduto: segni di croce, benedizioni con acqua santa, l'accensione di candele benedette, il bruciare incenso. Per quella volta decisero di so­spendere. Dopo quindici giorni il bambino si presen­tò nervoso fin dall'inizio e subito s'infuriò quando in­cominciarono le preghiere. La sua rabbia cresceva sempre più, quanto più si invocavano la Madonna, s. Francesco, s. Benedetto patrono di quella parroc­chia, s. Michele arcangelo. Un sacerdote non ces­sava di fare segni di croce con un grande crocifisso. Il demonio diventava sempre più furibondo e parve evidente che non ce l'avrebbe fatta a resistere. In­fatti incominciò a gridare aiuto, e a invocare per nome altri demoni, in particolare Lucifero, e i danna­ti. Sforzi vani. A un tratto gridò: «La Madonna no! forse

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