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luglio 15/22

Ultimo Aggiornamento: 14/08/2014 19:59
14/08/2014 19:59

15/07


 


 



Preghiera


A te, Padre sapientissimo ed ottimo, io anelo e proprio a te chiedo i mezzi con cui il mio anelito sia soddisfatto. Infatti se tu abbandoni, si va in rovina; ma tu non abbandoni, perché sei il sommo bene che sempre si è raggiunto se si è rettamente cercato. (Soliloquia I, 1.6)


 


 



Lettura



L’unione delle creature al Creatore si compie nell’amore purissimo e santissimo



 


La creatura razionale, sia trattandosi di spirito angelico, sia di anima umana, è così fatta che non può essere per se stessa il bene capace di renderla beata; ma se la sua natura mutevole si volge al bene immutabile, diviene felice; se invece gli volge le spalle, diviene infelice. Il suo allontanarsi è il suo vizio; il suo avvicinarsi è la sua virtù. La natura quindi non è cattiva, poiché la creatura dello spirito vitale razionale, anche se privata del bene che comunicandosi ad essa la rende beata, cioè anche se difettosa, vale sempre più della sostanza materiale ch’è la più nobile di tutte, cioè vale più della luce percepita dai nostri occhi carnali, poiché anch’essa è una sostanza fisica. Qualsivoglia natura incorporea è superiore a qualsiasi corpo: non per la mole, che è qualità propria solo dei corpi, ma per un’energia che sorpassa ogni immaginazione, che l’anima medita e rimugina tra sé, dopo averla attinta dai sensi corporei. Ma come nei corpi medesimi quelli inferiori, quali la terra, l’acqua ed anche l’aria, diventano migliori quando ricevono parte di un corpo migliore, cioè quando sono illuminati dalla luce e vengono ravvivati dal calore, così le nature razionali incorporee diventano migliori partecipando del Creatore, quando s’uniscono a Lui per mezzo dell’amore purissimo e santissimo; se invece sono affatto prive di questo, vivono nelle tenebre e, in qualche modo, induriscono. (Ep. 140, 23.56)


 


 



Per la riflessione


Quanto più l’anima si allontana da Dio non per distanza spaziale, ma per amore e cupidigia delle cose inferiori a se stessa, tanto più si riempie di stoltezza e di miseria. Pertanto, essa ritorna a Dio con l’amore, però non con quello con cui aspira ad eguagliarlo, ma con quello col quale aspira a sottomettersi a lui. E quanto più lo avrà fatto con passione e con applicazione, tanto più sarà felice ed eccelso e, sotto la sola dominazione di Dio, sarà completamente libero. (De moribus ecclesiae Cath. I, 12.21)


 


 



Pensiero agostiniano


Dio, il quale dà a te, non ti dà di meglio che se stesso. (Sermo 105, 3.4)



 



16/07


 


 



Preghiera


Mi hai redento, Signore, Dio di verità, facendo quanto hai promesso, non ingannando nella tua promessa, Dio di verità! (En. in Ps. 30, II, d. 1, 11)


 


 



Lettura



La morte di cui parla il Vangelo



 


Nella mia lettera precedente, [carissimo Paolino, mio signore] ti domandavo come ti raffiguri la vita dei santi nell’eternità. Tu però mi hai giustamente risposto che bisogna pure preoccuparci delle condizioni della vita presente. […] Hai detto pure, assai giustamente, che "bisogna morire in anticipo della morte di cui parla il Vangelo, prevenendo cioè la dissoluzione del nostro corpo con la morte volontaria, staccandoci dalla vita di questo mondo col cuore ed il pensiero, non già col darci la morte fisica". Questa è una forma di attività semplice, non turbata da nessun’ansia di dubbio, poiché siamo ben certi che nella nostra esistenza terrena bisogna trascorrere la nostra vita mortale sì da renderci, per così dire, conformi alla vita immortale. Ma il problema che angustia le persone come me, nella loro condotta pratica e nella loro ricerca teorica, consiste tutto nel sapere in qual modo debbano vivere in mezzo a coloro e per il bene di coloro che non sanno ancora vivere, morendo non già con la morte fisica, ma staccandosi col desiderio della volontà dalle lusinghe dei sensi. Infatti nella maggior parte dei casi abbiamo l’impressione che, se non ci adattiamo un po’ alle cose da cui desideriamo staccarli, non potremo arrecare loro alcun giovamento spirituale. Così facendo si insinua pure in noi tanto fascino per tali cose, che spesso godiamo parlare di sciocchezze e ascoltare chi ne parla; e non solo ne sorridiamo, ma ci lasciamo vincere da un riso sfrenato. In tal modo appesantendo, per così dire, l’anima nostra con la polvere e il fango degli affetti terreni, con più fatica e lentezza la solleviamo a Dio, per vivere una vita evangelica mediante la morte di cui parla il Vangelo. E se talora ci riusciamo, ci sentiamo tosto sussurrare: "Bravo, bravo!"; e questa voce non ci viene dagli altri, perché nessuno può avvertire negli altri tale approvazione dello spirito, ma in certo qual modo dal profondo del nostro intimo donde, non so come, si alza quel grido "Bravo, bravo!". […] Ecco perché la vita dell’uomo su questa terra è tutta una tentazione, dal momento che l’uomo è tentato nell’atto stesso in cui cerca di conformare, per quanto è capace, la sua vita e renderla simile a quella celeste. (Ep. 95, 2)


 


 



Per la riflessione


Allontana da me una simile follia, Signore, affinché la mia bocca non sia per me l’olio del peccatore per ungere il mio capo (Sal 140, 5). (Conf. X, 37.62)


 


 



Pensiero agostiniano


Tu che ti dai tanto da fare per morire un po’ più tardi, fa’ qualcosa per non morire mai. (Sermo 302, 4)



 



17/07


 


 



Preghiera


O Dio verità, fondamento, principio e ordinatore della verità di tutti gli esseri che sono veri: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)


 


 



Lettura



Quante sofferenze per allungare questa misera vita!



 


Se per la vita medesima che un giorno o l’altro dovrà finire si affrontano le fatiche, i pericoli, i disastri di questa vita transitoria non con lo scopo di allontanarne del tutto la fine, ma di differirla un poco, quanto più seriamente bisogna affrontare le presenti sciagure per la vita eterna, dove la natura non si premunisce contro la morte con trepidazione né la codardia la teme vigliaccamente né la sapienza la sopporta con fortezza. Per nessuno ci sarà più la morte poiché essa non esisterà più. La vita eterna ti annoveri dunque fra i suoi innamorati. Non vedi quanti spasimanti ha questa vita miserabile e povera e quanto li asservisce a se stessa? Spesso, turbati dai pericoli a cui la vita è soggetta, vi pongono termine tanto più presto proprio per la paura che termini e, mentre evitano la morte, la affrettano a guisa di chi si getta in un fiume per esserne travolto, nel tentativo di sfuggire ad un brigante o ad una belva. Quando la tempesta infuria, i marinai gettano in mare a volte anche gli alimenti; e per sopravvivere si disfanno dei mezzi per vivere, per non terminare presto la vita che si trascorre persino in mezzo ai travagli. Con quante pene si ottiene di prolungare le pene! Ma quando la morte comincia a sovrastare, allora si cerca di evitarla per temerla più a lungo. Difatti, in mezzo a tanti accidenti della fragilità umana, quante specie di morte si temono, mentre quando una sola di esse verrà, non v’è certo da temere le altre. E nondimeno se ne fugge una sola perché si abbia paura di tutte. Da che dolori lancinanti sono tormentati coloro che vengono curati e operati dai medici! Forse per non morire? Nient’affatto, ma solo per morire un po’ più tardi. Si sopportano molti tormenti sicuri, perché si aggiungano alla vita solo pochi giorni malsicuri. (Ep. 127, 2)


 


 



Per la riflessione


So soltanto che le cose caduche e passeggere si devono disprezzare, le cose immutabili ed eterne ricercare. Ciò so, o Padre, poiché questo solo ho appreso, ma ignoro da dove si deve partire per giungere a te. Tu suggeriscimelo, tu mostrami la via e forniscimi ciò che necessita al viaggio. (Soliloquia I, 1.5)


 


 



Pensiero agostiniano


Ti dispiaccia sempre ciò che sei, se vuoi guadagnare ciò che non sei. (Sermo 169, 15.18)



 



18/07


 


 



Preghiera


Ormai io te solo seguo, [Dio mio, Signore mio,] te solo cerco e sono disposto ad essere soggetto a te soltanto, poiché tu solo con giustizia eserciti il dominio ed io desidero essere di tuo diritto.(Soliloquia I, 1.5)


 


 


Lettura


Solo da Dio viene la felicità



 


Nessuno può essere veramente amico dell’uomo se non è innanzi tutto amico della verità: questo amore se non è disinteressato non è assolutamente possibile.


Su tale argomento hanno discusso molto anche i filosofi, ma nei loro scritti non si trova alcun cenno del vero sentimento religioso, cioè del genuino culto del vero Dio. La causa di ciò è - a mio parere – ch’essi hanno voluto fabbricarsi la felicità a modo loro e hanno creduto ch’era necessario procacciarsela da sé stessi anziché impetrarla, mentre Colui che la concede è soltanto Iddio. Infatti rende felice l’uomo, solo Colui che l’ha creato. In realtà Chi elargisce ai buoni e ai cattivi sì grandi beni della sua creazione, vale a dire l’esistenza, la natura umana, la vigoria dei sensi, l’energia fisica, l’abbondanza delle ricchezze, darà sé stesso ai buoni affinché siano felici, poiché anche l’essere buoni è dono di Lui. Al contrario i filosofi i quali in questa vita piena di affanni, con queste membra destinate alla morte, sotto il peso della carne corruttibile, hanno voluto essere autori e, per così dire, creatori della propria felicità come se potessero raggiungerla e quasi averla in possesso con le proprie virtù, senza chiederla e sperare di attingerla dalla fonte delle virtù, non hanno potuto affatto comprendere che Dio resisteva alla loro superbia. […] Essi cedono di fronte ai mali fisici divenuti eccessivi e dichiarano che si deve partire da questa vita quando le molestie sono troppo dolorose. (Ep. 155, 1.1-2)


 


 



Per la riflessione


Voglio te, giustizia e innocenza bella e ornata delle tue pure luci e di un’insaziabile sazietà. Accanto a te una pace profonda e una vita imperturbabile. Chi entra in te, entra nel gaudio del suo Signore(Mt 25, 21); non avrà timori e si troverà sommamente bene nel sommo Bene. (Conf. II, 10.18)


 


 



Pensiero agostiniano


Amico, rimani unito a Dio, dal quale sei stato creato uomo; rimani attaccato a lui, confida in lui, invoca lui, la tua forza è lui. (Sermo 97, 4)



 



19/07


 


 



Preghiera


Nella Chiesa del mondo intero ti confesserò. Scioglierò i miei voti alla presenza di quanti lo temono: eleverò alla presenza di chi lo teme il sacramento del mio corpo e del mio sangue. (En. in Ps. 21, I, 26)


 


 



Lettura



Non siano amanti di se stessi i pastori di Cristo!



 


Non siano amanti di se stessi coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma come di Cristo. E non cerchino di trarre profitto da esse, come fanno gli amanti del denaro; né di dominarle come i vanagloriosi o vantarsi degli onori che da esse possono ottenere, come gli arroganti; né come i bestemmiatori presumere di sé al punto da creare eresie; né, come i disobbedienti ai genitori, siano indocili ai santi padri; né, come gli ingrati, rendano male per bene a quanti vogliono correggerli per salvarli; né, come gli scellerati, uccidano l’anima propria e quella degli altri; né comegli empi, strazino le viscere materne della Chiesa; né, come i disamorati, disprezzino i deboli; né, come i calunniatori, attentino alla fama dei fratelli; né, come gli incontinenti, si dimostrino incapaci di tenere a freno le loro perverse passioni; né, come gli spietati, siano portati a litigare; né, come chi è senza benignità, si dimostrino incapaci a soccorrere; né, come fanno i traditori, rivelino agli empi ciò che si deve tenere segreto; né, come i procaci, turbino il pudore con invereconde esibizioni; né, come chi è accecato dai fumi dell’orgoglio, si rendano incapaci d’intendere quanto dicono e sostengono; né, come gli amanti del piacere più che di Dio, antepongano i piaceri della carne alle gioie dello spirito. Tutti questi e altri simili vizi, sia che si trovino riuniti in uno stesso uomo, sia che si trovino sparsi qua e là, pullulano tutti dalla stessa radice, cioè dall’amore egoistico di sé. Il male che più d’ogni altro debbono evitare coloro che pascono le pecore di Cristo, è quello di cercare i propri interessi, invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle proprie cupidigie coloro per i quali fu versato il sangue di Cristo. L’amore per Cristo deve, in colui che pasce le sue pecore, crescere e raggiungere tale ardore spirituale da fargli vincere quel naturale timore della morte a causa del quale non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. (In Io. Ev. 123, 5)


 


 



Per la riflessione


Se il buon pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore, ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore devono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare? (In Io. Ev. 123, 5)


 


 



Pensiero agostiniano


Rispetta Cristo in te, riconosci Cristo in te. (Sermo 161, 1.1)



 



20/07


 


 



Preghiera


Signore, col tuo aiuto abbiamo fatto quel che ci avevi comandato; tu dacci quel che ci avevi promesso. (Sermo 31, 6)


 


 



Lettura



Esser pronti a seguire la volontà di Dio



 


Fratelli se volete esser pronti a seguire la volontà di Dio - e questo lo diciamo a voi e, prima, lo diciamo a noi, anzi lo dice a tutti colui che parla con sicurezza - se vogliamo esser pronti a seguire la volontà di Dio, non amiamo le cose che passano, non crediamo che la nostra felicità sia quella di questo mondo. Ciò credevano quei figli stranieri: riponevano tutta la loro felicità nelle cose temporali, tutta la dolcezza nell’ombra [delle realtà], non nella stessa luce, non nella stessa verità. Osservate quindi, in questo salmo che è su Golia, la sua parte conclusiva. Tutto è proposto con parole quanto mai esplicite, con un dire sommamente piano, tanto che non si richiede l’interprete o l’espositore; per misericordia di Dio le cose sono descritte in modo che nessuno può dire: Ecco, questo l’ha asserito [l’espositore] perché così gli garbava, l’ha spiegato secondo la sua fantasia, l’ha compreso a suo talento. [Niente di tutto questo, ma] le cose sono state proposte in modo che nessuno avanzi scuse. Sono state poi così proposte da Davide, di cui ci si riferiscono le parole e che rappresenta la nuova vita, la vita di Cristo, la vita che ci è stata data ad opera di Cristo. Questa vita schernisce e condanna la vita vecchia, la vecchia felicità degli uomini, e coloro che in essa ripongono la propria speranza e ne vanno a caccia e la ritengono loro [sommo] godimento. (Sermo 32, 18)


 


 



Per la riflessione


Il desiderio dei beni eterni e della felicità eterna non deve mescolarsi col desiderio dei beni temporali, cioè della felicità presente e temporanea. (Sermo 32, 22)


 


 



Pensiero agostiniano


Eppure tutti questi beni naturali sono sollievi d’infelici e condannati, non premio dei beati. (De civ. Dei XXII, 24.5)



 



21/07


 


 



Preghiera


Lodiamo l’ineffabile essenza di Dio e amiamo la sua misericordia. (Sermo 7, 7)


 


 



Lettura



Dio sarà la nostra eterna ricompensa



 


Non aspettiamo il frutto della nostra semina in questo tempo in cui abbiamo seminato. Qui abbiamo seminato con fatica la messe delle buone opere, ma in futuro raccoglieremo con gioia i suoi frutti, secondo quanto è scritto: All’andata camminavano piangendo, gettando la loro semente; al ritorno verranno con gioia, portando i loro covoni (Sal 125, 6). Il fatto [di Elia] avvenne come simbolo, non come dono; quella vedova infatti ricevette quaggiù [la ricompensa] per il fatto che temette l’uomo di Dio. Non è molto quanto seminò, per questo raccolse una quantità non elevata di messe. È temporaneo quanto ricevette, cioè la farina che non veniva meno e l’olio che non diminuiva, fino a quando Dio avesse mandato la pioggia sulla terra; anche se proprio allora cominciò a sentire maggiormente la penuria, quando Dio si degnò di far piovere. Allora avrebbe lavorato, avrebbe aspettato i frutti della terra, li avrebbe raccolti. Quando invece non pioveva, il vitto le veniva senza fatica. Questo segno che Dio le aveva concesso per lo spazio di pochi giorni significava la vita futura, dove la nostra ricompensa non può venir mai meno. Dio sarà la nostra farina. Come l’olio e la farina per tutti quei giorni non vennero meno, così Dio non verrà mai meno. Speriamo in questo premio, quando operiamo il bene, perché nessuno di voi venga tentato da questo pensiero: "Nutrirò un servo di Dio che ha fame, affinché la mia brocca non si vuoti o nella mia botte si trovi sempre vino". Non cercare qui queste cose. (Sermo 11, 3)


 


 



Per la riflessione


Semina senza timore, la tua messe verrà più tardi, verrà più lentamente, ma quando sarà venuta non avrà più fine. (Sermo 11, 3)


 


 



Pensiero agostiniano


Gli uomini possono conoscere le nostre opere che compiamo con le azioni e con le parole, ma con quale animo le compiamo, e dove desideriamo giungere con esse, lo sa solo quel Dio che scruta reni e cuori. (En. in Ps. 7, 9)



 



22/07


 


 



Preghiera


Signore Dio mio, […] i miei beni sono opere tue e doni tuoi; i miei mali colpe mie e condanne tue. […] Ma tu, Signore, deliziato dal profumo del tuo santo tempio, abbi misericordia di me secondo la grandezza della tua misericordia (Sal 50, 3), in grazia del tuo nome. Tu, che non abbandoni mai le tue imprese a metà, completa ciò che è imperfetto in me. (Conf. X, 4.5)


 


 



Lettura



Se siamo qualcosa di buono, lo siamo per opera di Dio



 


Molto più alacremente dobbiamo accorrere a contemplare le opere divine anziché le nostre, poiché anche noi, se siamo qualcosa di buono, siamo opera di Dio, non degli uomini. Ecco perché l’Apostolo disse: Non è qualche cosa né chi pianta né chi irriga, ma è Dio che fa crescere (1Cor 3, 7).


Senocrate, in una conferenza sui vantaggi della temperanza, convertì d’un tratto a un tenore di vita morigerato Polemone, che non solo era un ubriacone, ma in quel momento era anche ubriaco. Sebbene quello non fosse guadagnato alla causa di Dio, ma liberato soltanto dalla tirannia della dissolutezza, tuttavia non attribuirei neppure questo suo mutamento in meglio all’opera di un uomo, ma di Dio. Poiché i beni del corpo stesso, cioè dell’infima parte di noi, quali sono ad esempio la bellezza, le forze, la salute e qualunque altro bene di tale genere, non provengono se non da Dio creatore e perfezionatore della natura: con quanto maggior ragione nessun altro può darci i beni dell’anima! Qual pensiero più orgoglioso e più ingrato potrebbe nutrire la pazza mente umana, che reputare che Dio renda bello l’uomo nel fisico, e che l’essere reso casto nell’anima provenga dall’uomo? Nel libro della Sapienza cristiana sta scritto: Poiché sapevo che nessuno può essere continente, se Dio non lo concede; ed era già questo un frutto della sapienza, il sapere cioè da chi ci è concesso questo dono (Sap 8, 21)(Ep. 144, 1-2)


 


 



Per la riflessione


Ciò soprattutto dovete riconoscere, ciò meditare con pietà ed umiltà. A Dio, fratelli miei, a Dio dovete esser grati; Dio dovete temere per non mancare, Dio amare per avanzare. (Ep. 144, 2)


 


 



Pensiero agostiniano


Siamo grati di ciò che abbiamo, perché ci sia dato in aggiunta ciò che non abbiamo e non perdiamo ciò che abbiamo. (Sermo 158, 5)



 



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