«In tutto simile a noi fuorchè nel peccato»
GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 3 febbraio 1988
1. Gesù Cristo è vero uomo. Continuiamo la catechesi precedente dedicata a questo tema. Si tratta di una verità fondamentale della nostra fede. È fede basata sulla parola di Cristo stesso, confermata dalla testimonianza degli apostoli e discepoli, trasmessa di generazione in generazione nell’insegnamento della Chiesa: “Credimus . . . Deum verum et hominem verum . . . non phantasticum, sed unum et unicum Filium Dei” (Conc. Lugdun. II: Denz.-Schönm., 852).
Più recentemente la stessa dottrina è ricordata dal Concilio Vaticano II, che ha sottolineato il nuovo rapporto che il Verbo, incarnandosi e facendosi uomo come noi, ha inaugurato con ciascuno e con tutti: “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito, in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo . . . ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (Gaudium et Spes, 22).
2. Già nella cornice della catechesi precedente abbiamo cercato di far vedere questa “somiglianza” di Cristo con noi, che deriva dal fatto che egli era vero uomo: “Il Verbo si fece carne”, e “carne” (“sarx”) indica proprio l’uomo quale essere corporeo (“sarkikos”), che viene alla luce mediante la nascita “da donna” (cf. Gal 4, 4). In questa sua corporeità Gesù di Nazaret, come ogni uomo, ha provato la stanchezza, la fame e la sete. Il suo corpo era passibile, vulnerabile, sensibile al dolore fisico. E proprio in questa carne (“sarx”) egli è stato sottoposto a terribili torture e infine crocifisso: “Fu crocifisso, morì e fu sepolto”.
Il testo conciliare sopracitato completa ancora questa immagine quando dice: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo” (Gaudium et Spes, 22).
3. Rivolgiamo oggi una particolare attenzione a quest’ultima affermazione, che ci fa entrare nel mondo interno della vita psicologica di Gesù. Egli provava veramente i sentimenti umani: la gioia, la tristezza, lo sdegno, la meraviglia, l’amore. Leggiamo per esempio che “Gesù esultò nello Spirito Santo” (Lc 10, 21); che pianse su Gerusalemme: “Alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giornòla via della pace»” (Lc 19, 41-42); pianse anche dopo la morte del suo amico Lazzaro: “Quando vide (Maria) piangere e piangere anche i giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l’avete posto?». gli dissero: «Signore vieni a vedere». Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11, 33-35).
4. I sentimenti di tristezza raggiungono in Gesù una particolare intensità nel momento del Getsemani. Leggiamo: “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: La mia anima è triste fino alla morte” (Mc 14, 33-34; cf. anche Mt 26, 37). In Luca leggiamo: “In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22, 44). Un fatto di ordine psicofisico che attesta a sua volta la realtà umana di Gesù.
5. Leggiamo anche dello sdegno di Gesù. Così, quando gli si presenta per essere guarito un uomo dalla mano inaridita, ed è in giorno di sabato, Gesù, prima pone ai presenti la domanda: “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla? Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: Stendi la mano! La stese e la sua mano fu risanata” (Mc 3, 5).
Parimenti nell’episodio dei venditori scacciati dal tempio. Scrive Matteo che “scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: la Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri” (Mt 21, 12-13; cf. Mc 11, 15).
6. Altrove leggiamo che Gesù “si meraviglia”: “Si meravigliava della loro incredulità (Mc 6, 6). Oppure che prova ammirazione. Così quando dice: “Guardate i gigli, come crescono . . . neanche Salomone nella sua gloria, vestiva come uno di loro” (Lc 12, 27). Ammira anche la fede della donna Cananea: “Donna, davvero grande è la tua fede” (Mt 15, 28).
7. Soprattutto ci risulta dai Vangeli che Gesù ha amato. Leggiamo che durante il colloquio con il giovane venuto a chiedere che cosa doveva fare per entrare nel Regno dei cieli, “Gesù, fissatolo, lo amò (Mc 10, 21). L’evangelista Giovanni scrive che “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” (Gv 11, 5), e chiama se stesso “il discepolo . . . che Gesù amava” (Gv 13, 23).
Gesù amava i bambini: “Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse . . . E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva” (Mc 10, 13-16). E quando ha proclamato il comandamento dell’amore, si è richiamato a questo amore con cui egli stesso ha amato: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 12).
8. L’ora della passione, specialmente l’agonia sulla croce, costituisce si può dire, uno zenit dell’amore con cui Gesù “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). Contemporaneamente questo è anche lo zenit della tristezza e dell’abbandono che egli ha provato nella sua vita terrena. Una espressione penetrante di questo abbandono rimarranno per sempre le parole: “Eloì, Eloì lema sabactàni? . . . Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15 ,34). Sono parole che Gesù attinge al Salmo 22 (Sal 22, 2). e con le quali esprime il supremo strazio della sua anima e del suo corpo, comprendente la misteriosa sensazione di un momentaneo abbandono da parte di Dio. La punta più drammaticamente lacerante di tutta la Passione!
9. Così dunque Gesù è divenuto veramente simile agli uomini, assumendo la condizione di servo, come proclama la lettera ai Filippesi (cf. Fil 2, 7). Ma la lettera agli Ebrei, parlando di lui come di “sommo sacerdote dei beni futuri” (Eb 9, 11), conferma e precisa che questo non è un “sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo lui stesso provato in ogni cosa a somiglianza di noi, escluso il peccato” (cf. Eb 4, 15). Veramente egli “non aveva conosciuto il peccato”, anche se san Paolo dirà che “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).
Lo stesso Gesù potè lanciare la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8, 46). Ed ecco la fede della Chiesa: “Sine peccato conceptus, natus et mortuus”. Lo proclama in armonia con tutta la Tradizione, il Concilio Fiorentino (Conc. Floren. “Decr. pro Iacob.”: Denz.-Schönm., 1347): Gesù “è stato concepito, è nato e morto senza peccato”. Egli è l’uomo veramente giusto e santo.
10. Ripetiamo col nuovo testamento, col Simbolo e col Concilio: “Gesù Cristo si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (cf. Eb 4, 15). E proprio grazie a una tale somiglianza: “Cristo, che è il nuovo Adamo . . . svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes, 22).
Si può dire che mediante una tale constatazione il Concilio Vaticano II dà, ancora una volta, la risposta alla domanda fondamentale che forma il titolo del celebre trattato di sant’Anselmo: “Cur Deus homo?” È una domanda dell’intelletto che approfondisce il mistero del Dio Figlio, che divenne un uomo vero “per noi uomini e per la nostra salvezza”, come professiamo nel Simbolo della fede niceno-costantinopolitano.
Cristo ha rivelato “pienamente” l’uomo all’uomo proprio per il fatto che egli “non aveva conosciuto peccato”. Poiché il peccato non è in alcun modo un arricchimento dell’uomo. Tutto al contrario: lo deprezza, lo diminuisce, lo priva della pienezza che gli è propria (cf. Gaudium et Spes, 13).
Il ricupero, la salvezza dell’uomo decaduto è la fondamentale risposta alla domanda sul perché dell’incarnazione.
Ai fedeli di espressione inglese
Dear Brothers and Sisters,
I wish to extend a special word of welcome to the group of visitors from Korea, as well as to the various groups from the United States. And to all the English -speaking pilgrims I offer my most heartfelt greetings. May the Lord bless you with an abundance of peace and joy.
Ad alcuni gruppi di fedeli di lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern!
Mit dieser kurzen Zusammenfassung meiner heutigen Glaubenskatechese grüße ich herzlich alle heutigen Audienzteilnehmer deutscher Sprache. Besonders die zahlreichen Pilger aus Österreich. Unter diesen namentlich die Teilnehmer der Pilgerfahrt aus Wiener-Neustadt zusammen mit Weihbischof Florian Kuntner. Möge euch euer Kurs geistlicher Besinnung und Erneuerung zu einer entschlossenen Christusnachfolge ermutigen, der uns durch sein gottmenschliches Vorbild den Weg zu unserer eigenen Vollendung zeigt. Dazu erbitte ich euch und allen anwesenden Pilgern Gottes reiche Gnade mit meinem besonderen Apostolischen Segen.
Ai fedeli provenienti da aree di espressione spagnola
Amadísimos hermanos y hermanas,
Deseo saludar ahora cordialmente a los peregrinos de lengua española, procedentes de España y de América Latina. De modo especial, saludo a los grupos de jóvenes panameños y de estudiantes chilenos, así como a los alumnos y alumnas de los Colegios: “San José” de Asunción y “María Auxiliadora” de Villarrica (Paraguay). A todos os encomiendo bajo la protección de San Juan Bosco, cuyo centenario estamos celebrando, y os aliento a ser, como él, hijos fieles de la Iglesia.
Con gran afecto imparto a todos mi Bendición Apostólica.
Ad un gruppo di polacchi
Witam serdecznie księdza kardynala Metropolitę krakowskiego oraz wszystkich pielgrzymów z kraju i z emigracji . . . Starajmy się stałe odkrywać w Chrystusie miarę naszego człowieczeństwa i szukać dojścia do tej miary, przybliżać się do niej. Módlmy się o to stałe dla siebie, dla naszych bliskich, dla wszystkich rodaków, dla wszystkich ludzi.
Ad alcuni fedeli di espressione italiana
Desidero ora rivolgere un cordiale saluto ed un augurio ai partecipanti al corso di spiritualità ignaziana, organizzato dai Padri Gesuiti di Roma. A questo “corso ignaziano” sono convenuti Religiosi e Religiose dai cinque continenti per approfondire gli insegnamenti del grande Santo spagnolo, soprattutto in vista di una miglior preparazione al servizio della direzione e della formazione spirituale.
Non posso che esprimere il mio compiacimento, cari fratelli e sorelle, per questa iniziativa che ogni anno si ripete, e dalla quale è legittimo attendersi sempre nuovi incrementi ed aggiornamenti circa i metodi così delicati ed importanti della guida delle anime. Uno dei compiti del Sacerdote, e non solo di lui, è quello di aiutare il fratello nel discernimento della volontà di Dio, affinché il sentiero della vita conduca concretamente ed efficacemente al Regno di Dio. La regola aurea per questo discernimento è certamente il Vangelo; ma i Santi ci aiutano a vivere la Parola di Cristo applicandola ad ogni circostanza della nostra vita quotidiana. E Sant’Ignazio è uno di questi Maestri.
Auguro a tutti voi, pertanto, di trarre il massimo profitto da questi giorni intensi e ricchi di spunti di riflessione, onde poi svolgere ancor meglio i compiti formativi ed educativi che vi sono o vi saranno affidati. Vi accompagna la mia affettuosa Benedizione.
Ai giovani
Cari giovani, ieri abbiamo celebrato la memoria della Presentazione di Gesù al tempio per le mani della Vergine Maria: Ella presentò a Dio il fanciullo Gesù; in lui eravamo tutti noi! Cari giovani! La Regina del cielo vi presenta a Dio; mettete la vostra vita nelle sue mani! Come il fanciullo Gesù cresceva, sotto gli occhi di Lei, in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini, così voi con l’aiuto di Maria, vostra dolcissima Madre, crescete non solo intellettualmente e fisicamente, ma soprattutto anche nella fede, nella speranza, nella carità. Vi benedico con affetto.
Agli ammalati
Cari ammalati, la Madre celeste vi presenta al Signore con particolare affetto, perché voi siete le membra doloranti della Chiesa e dell’umanità. Ella vi ama di più, perché la provvidenza vi ha predestinato ad essere più rassomiglianti al suo Figlio nel dolore e nell’infermità. Come Maria ha accolto, in tale oblazione, la spada che Simeone le profetizzò mentre Ella presentava Gesù al tempio, così voi sappiate accettare dalle mani di Dio con rassegnazione, anzi con gioia, tutte le sofferenze che Egli permette per voi. La Madonna allevi le vostre sofferenze. Vi benedico di cuore!
Agli sposi novelli
Cari sposi novelli, per voi una raccomandazione mi scaturisce dal cuore: vogliatevi bene nel Signore! Dinanzi alla superficialità e all’improvvisazione, che oggi specialmente minacciano tanti matrimoni, c’è bisogno di vero amore. La sorgente di ogni autentico amore è in Dio, perché - come proclama l’apostolo Giovanni - “Dio è amore” Abbiate in voi quell’amore vero e profondo che con il passare del tempo si rafforza e si cementa, perché dove c’è amore, c’è Dio. La Sacra Famiglia vi sia di modello e di esempio. Alimentate la fiamma accesa dal Sacramento, fate vivere la grazia di Cristo che con esso vi è stata elargita, la quale porterà nella vostra casa la pace che viene da Dio. La mia Benedizione sia per voi pegno dei doni celesti!
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Gesù uomo solidale con tutti gli uomini
GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 10 febbraio 1988
1. Gesù Cristo, vero uomo, è “in tutto simile a noi fuorché nel peccato”, ecco il tema della catechesi precedente. Il peccato è essenzialmente escluso in colui che essendo vero uomo, è anche vero Dio (“verus homo”, ma non “merus homo”).
Tutta la vita terrena di Cristo e tutto lo svolgimento della sua missione rendono testimonianza alla verità della sua assoluta impeccabilità. Lui stesso ha lanciato la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8, 46). Uomo “senza peccato”, Gesù Cristo è durante tutta la sua vita in lotta con il peccato e con tutto ciò che genera il peccato, a cominciare da satana, che è “padre della menzogna” nella storia dell’uomo “fin da principio” (cf. Gv 8, 44). Questa lotta si delinea già alla soglia della missione messianica di Gesù, nel momento della tentazione (cf. Mc 1, 13; Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13), e raggiunge il suo culmine nella croce e nella risurrezione. Lotta che dunque termina con la vittoria.
2. Questa lotta al peccato e alle sue stesse radici non rende Gesù estraneo all’uomo. Al contrario, lo avvicina agli uomini, a ogni uomo. Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo.
3. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11, 18-19). È evidente il carattere “polemico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché si muove e opera in mezzo alla gente. Ma è altrettanto trasparente da tali parole la verità del modo di essere, di sentire, di comportarsi di Gesù verso i peccatori.
4. Lo accusavano di essere “amico dei pubblicani (ossia degli esattori delle imposte, mal visti perché esosi e ritenuti inosservanti) (cf. Mt 5, 46; 9, 11. 18. 17), e dei peccatori”. Gesù non rifiuta radicalmente questo giudizio, la cui verità, che pure esclude ogni connivenza, ogni reticenza, è confermata da molti episodi registrati nei Vangeli. Così quello legato al nome del capo dei pubblicani di Gerico, Zaccheo, nella casa del quale Gesù si era, per così dire, autoinvitato: “Zaccheo, scendi subito (infatti Zaccheo essendo piccolo di statura, era salito su un albero per vedere meglio Gesù che passava), perché oggi devo fermarmi in casa tua”. E quando il pubblicano scese pieno di gioia e offrì a Gesù l’ospitalità nella propria casa, senti dire da lui: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche egli, Zaccheo, è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (cf. Lc 19, 1-10). Da questo testo appare non soltanto la familiarità di Gesù con pubblicani e peccatori ma anche il motivo della loro ricerca e frequentazione da parte sua: la loro salvezza.
5. Un avvenimento analogo è legato al nome di Levi, figlio di Alfeo. L’episodio è tanto più significativo in quanto questo uomo, che Gesù aveva visto “seduto al banco delle imposte”, era stato da lui chiamato a diventare uno degli apostoli: “Seguimi”, gli aveva detto. Egli, alzatosi, lo seguì. È elencato tra i Dodici sotto il nome di Matteo, e sappiamo che è l’autore di uno dei Vangeli. L’evangelista Marco dice che Gesù “stava a mensa in casa di lui”, e che “molti pubblicani e peccatori si misero a mensa insieme con Gesù e i suoi discepoli” (cf. Mc 2, 13-15). Anche in questo caso “gli scribi della setta dei farisei” fecero le loro rimostranze ai discepoli; ma Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2, 17).
6. Il sedere a mensa con altri - compresi “i pubblicani e i peccatori” - è un modo di essere umano, che in Gesù si nota fin dall’inizio della sua attività messianica. Infatti una delle prime occasioni in cui egli manifestò il suo potere messianico fu al banchetto nuziale di Cana di Galilea, al quale partecipava insieme a sua Madre e ai discepoli (cf. Gv 2, 1-12). Ma anche in seguito Gesù era solito accettare gli inviti a tavola e non soltanto da parte dei “pubblicani” ma anche dei “farisei”, che erano i suoi più accaniti avversari. Lo leggiamo per esempio in Luca: “Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola” (Lc 7, 36).
7. Durante questo pasto avviene un fatto che getta ancora nuova luce sul comportamento di Gesù verso la povera umanità composta di tanti “peccatori” che i presunti “giusti” disprezzano e condannano. Ecco, una donna nota nella città come peccatrice si trovava tra i presenti, e piangendo baciava i piedi di Gesù e li cospargeva di olio profumato. Nasce allora un colloquio tra Gesù e il padrone di casa, nel corso del quale Gesù stabilisce un essenziale legame tra la remissione dei peccati e l’amore ispirato dalla fede: “Le sono perdonati i molti peccati, poiché ha molto amato . . . Poi disse a lei: Ti sono perdonati i tuoi peccati . . . la tua fede ti ha salvata. Và in pace!” (cf. Lc 7, 36-50).
8. Questo non è l’unico caso del genere. Ve ne è un altro, che in qualche modo è drammatico: quello di “una donna sorpresa in adulterio” (cf. Gv 8, 1-11). Anche quest’avvenimento, come quello precedente, spiega in quale senso Gesù era “amico dei pubblicani e dei peccatori”. Egli dice alla donna: “Và, e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11). Colui che era “in tutto simile a noi fuorché nel peccato”, si è dimostrato vicino ai peccatori e alle peccatrici, per allontanare da loro il peccato. Ma mirava a questo scopo messianico in un modo completamente “nuovo” rispetto al rigore che riservavano ai “peccatori” coloro che li giudicavano in base alla legge antica. Gesù operava nello spirito di un grande amore verso l’uomo, in base alla profonda solidarietà che nutriva in sè per chi era stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1, 27; 5, 1).
9. In che cosa consiste questa solidarietà? Essa è la manifestazione dell’amore che ha la sua sorgente in Dio stesso. Il Figlio di Dio è venuto nel mondo per rivelare quest’amore. Lo rivela già per il fatto che lui stesso si è fatto uomo: uno di noi. Quest’unione con noi nell’umanità da parte di Gesù Cristo, vero uomo, è l’espressione fondamentale della sua solidarietà con ogni uomo, perché parla eloquentemente dell’amore con cui Dio stesso ha amato tutti e ciascuno. L’amore viene qui riconfermato in un modo tutto particolare: colui che ama, desidera condividere tutto con l’amato; proprio per questo il Figlio di Dio si fa uomo. Di lui aveva predetto Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17; cf. Is 53, 4). Gesù condivide così con ogni figlio e figlia del genere umano la stessa condizione esistenziale. E in questo egli rivela anche l’essenziale dignità dell’uomo: di ciascuno e di tutti. Si può dire che l’incarnazione è una “rivalutazione” ineffabile dell’uomo e dell’umanità!
10. Questo “amore-solidarietà” spicca nell’intera vita e missione terrena del Figlio dell’uomo soprattutto nei riguardi di coloro che soffrono sotto il peso di qualsiasi miseria fisica o morale. Al vertice del suo cammino ci sarà il “dare la propria vita in riscatto per molti” (cf. Mc 10, 45): il sacrificio redentore della croce. Ma sulla via che porta a questo sacrificio supremo, l’intera vita terrena di Gesù è una multiforme manifestazione della sua solidarietà con l’uomo, sintetizzata in quelle sue parole: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Era bambino come ogni bambino umano. Ha lavorato con le proprie mani accanto a Giuseppe di Nazaret, così come lavorano tutti gli uomini (cf. Laborem Exercens, 26). Era un figlio d’Israele, partecipava alla cultura, alla tradizione, alla speranza ed alla sofferenza del suo popolo. Ha conosciuto anche egli ciò che spesso avviene nella vita degli uomini chiamati a qualche missione: l’incomprensione e addirittura il tradimento di uno di coloro che lui stesso aveva scelto come suoi apostoli e continuatori: e anch’egli ha provato, per questo, un profondo dolore (cf. Gv 13, 21).
E quando si è avvicinato il momento in cui doveva “dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28), ha offerto volontariamente se stesso (cf. Gv 10, 18), consumando così il mistero della sua solidarietà nel sacrificio. Il governatore romano non trovò altra parola per definirlo di fronte agli accusatori riuniti, se non questa: “Ecco l’uomo!” (Gv 19, 5).
Questa parola di un pagano ignaro del mistero ma non insensibile al fascino che promanava da Gesù anche in quel momento, dice tutto sulla realtà umana di Cristo: Gesù è l’uomo; un vero uomo che, in tutto simile a noi fuorché nel peccato, si è fatto vittima per il peccato ed è diventato solidale con tutti fino alla morte di croce.
Ai fedeli di espressione linguistica francese
Chers frères et sœurs de langue française, en vous reparlant aujourd’hui du Christ Sauveur, je souhaite que votre pèlerinage à Rome, auprès des tombeaux des Apôtres et des martyrs, au centre de l’Eglise vivante, vous aide à retrouver les sources de la solidarité humaine, les sources de l’espérance fondée sur le Christ.
Parmi vous, je salue en particulier les Frères du Sacré-Cœur, en stage de renouveau spirituel et pastoral: je vous encourage à trouver, grâce à la prière et à la réflexion, un élan nouveau dans votre vie religieuse et dans votre service ecclésial.
A tous, aux jeunes et aux aînés, je donne volontiers ma Bénédiction.
Ai pellegrini di lingua inglese
Dear Brothers and Sisters,
I offer a special word of welcome to the First Year Students from the Pontifical Beda College. In this Marian Year, God’s Providence has brought you to Rome to begin your preparation for the priesthood. I encourage you therefore to use this time to foster a filial love for the Blessed Mother of God. Like Mary, seek always to listen attentively to God’s word and to put it into practice. There is no better way to prepare yourselves to be faithful heralds of the Gospel of salvation.
I wish also to extend a cordial greeting to the participants in the visit organized by the Ecumenical Institute of Bossey.
And on all the English-speaking visitors present, especially from England and the United States, I invoke abundant blessing of peace and joy.
Ai pellegrini di espressione spagnola
Amadísimos hermanos y hermanas,
Me es grato presentar ahora mi más cordial saludo de bienvenida a todos los peregrinos y visitantes de lengua española.
En particular, deseo saludar al grupo salesiano procedente de Buenos Aires, que conmemora con esta venida a Roma el centenario de la muerte de San Juan Bosco.
Igualmente saludo a los miembros del Movimiento de Apostolado “Regnum Christi”, a los estudiantes de la Universidad Católica de Chile y a los jóvenes del Perú y de Mallorca.
A todos imparto de corazón la Bendición Apostólica.
Ai visitatori giunti dalla Polonia
Witam wszystkich pielgrzymów z Polski z księdzem bp. Muszyńskim, nowym ordynariuszem włocławskim; pielgrzymów z parafii św. Katarzyny z Warszawy na 750-lecie; pielgrzymów z parafii Matki Bożej Częstochowskiej z Józefowa koło Otwocka; prócz tego grupę młodzieży z LX liceum Ogólnokształcącego z Warszawy; grupę Logos-Tour z Wałbrzycha i Wrocławia; kolejarzy z Katowic oraz innych uczestników grup turystycznych.
Ad alcuni gruppi italiani
Desidero ora porgere il mio saluto al gruppo dei fratelli Cappuccini provenienti da diverse Province italiane per partecipare ad un corso di formazione. Desidero incoraggiare il loro impegno, ed auguro loro di conservare sempre un grande amore alla Chiesa, al servizio per i poveri e gli umili, sull’esempio di San Francesco.
* * *
Saluto poi il gruppo delle Superiore delle Figlie dell’Immacolata Concezione, convenute a Roma dall’Argentina, dalla Spagna, dal Brasile e dall’Italia per un corso di aggiornamento. Auspico per loro ogni bene ed invoco dal Signore copiosi frutti di grazia sul loro apostolato.
* * *
Il mio pensiero va anche agli alunni ed agli educatori della Scuola Italiana “Antonio Raimondi” di Lima, in Perù. A loro do il mio benvenuto, con l’invito a scoprire in questa Città le tracce della tradizione culturale classica, insieme con i segni ed i monumenti delle origini del cristianesimo, delle “passioni” dei martiri e della vita della Chiesa.
A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.
Ai giovani
Non manca mai, a questo incontro settimanale, la presenza vivace di tanti ragazzi e giovani. È giusto che ad essi sia rivolto uno speciale saluto.
Carissimi, in questi giorni i mezzi di informazione insistono nel presentare la figura e l’opera educativa di San Giovanni Bosco.
Vi invito ad inserire i vostri progetti per il futuro nel solco tracciato da questa grande anima sacerdotale. Don Bosco seppe rispondere alle sfide del suo tempo presentando ai ragazzi che accorrevano a lui un programma di vita fondato sui valori che la ragione, illuminata dalla fede, è in grado di scoprire e indicando nell’impegno della volontà, sostenuta dalla grazia, il segreto per attuarlo.
È un programma che non ha perso nulla del suo valore.
Nell’esortarvi a farlo vostro vi benedico di cuore.
Agli ammalati
Saluto con particolare affetto anche voi, cari ammalati, e quanti vi accompagnano e vi soccorrono con generosa e lodevole dedizione.
La vostra presenza precede quella di numerosi altri infermi che, nella ricorrenza dell’apparizione della Vergine SS.ma a Lourdes, converranno nella Basilica di San Pietro per invocare la divina assistenza.
Nel proporre a tutti voi l’esempio di Santa Bernardetta, vi esorto a corrispondere generosamente all’invito della Madonna, offrendo a Dio le vostre sofferenze fisiche e morali che, unite ai meriti infiniti della passione di Cristo, contribuiscono alla redenzione del mondo.
In questo Anno Mariano, vi invito anche ad essere fedeli alla recita della bella preghiera del Rosario, in unione con le intenzioni del Papa. A tutti la mia affettuosa Benedizione.
Agli sposi novelli
Rivolgo infine il mio augurio cordiale alle coppie di sposi novelli qui presenti.
L’amore che vi siete promessi attraverso il Sacramento da poco ricevuto, deve accompagnare tutta la vostra vita, accrescendo ed affinando la vostra reciproca intesa. Esso non potrà non tradursi in un quotidiano esercizio di pazienza, di dialogo, di superamento delle inevitabili tensioni che la convivenza comporta. Avrete bisogno per questo dell’aiuto della grazia divina. Vi invito perciò ad essere costanti nella preghiera e nella pratica sacramentale. Dio non abbandona chi lo invoca con fiduciosa costanza.
Tornando nella vostra nuova casa, portatevi anche la mia Benedizione.
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