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febbraio 1988 Catechesi sul Credo, parte II: Gesu' Figlio e Salvatore

Ultimo Aggiornamento: 06/04/2013 09:13
06/04/2013 09:13

«In tutto simile a noi fuorchè nel peccato»

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 3 febbraio 1988

 

1. Gesù Cristo è vero uomo. Continuiamo la catechesi precedente dedicata a questo tema. Si tratta di una verità fondamentale della nostra fede. È fede basata sulla parola di Cristo stesso, confermata dalla testimonianza degli apostoli e discepoli, trasmessa di generazione in generazione nell’insegnamento della Chiesa: “Credimus . . . Deum verum et hominem verum . . . non phantasticum, sed unum et unicum Filium Dei” (Conc. Lugdun. II: Denz.-Schönm., 852).

Più recentemente la stessa dottrina è ricordata dal Concilio Vaticano II, che ha sottolineato il nuovo rapporto che il Verbo, incarnandosi e facendosi uomo come noi, ha inaugurato con ciascuno e con tutti: “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito, in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo . . . ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (Gaudium et Spes, 22).

2. Già nella cornice della catechesi precedente abbiamo cercato di far vedere questa “somiglianza” di Cristo con noi, che deriva dal fatto che egli era vero uomo: “Il Verbo si fece carne”, e “carne” (“sarx”) indica proprio l’uomo quale essere corporeo (“sarkikos”), che viene alla luce mediante la nascita “da donna” (cf. Gal 4, 4). In questa sua corporeità Gesù di Nazaret, come ogni uomo, ha provato la stanchezza, la fame e la sete. Il suo corpo era passibile, vulnerabile, sensibile al dolore fisico. E proprio in questa carne (“sarx”) egli è stato sottoposto a terribili torture e infine crocifisso: “Fu crocifisso, morì e fu sepolto”.

Il testo conciliare sopracitato completa ancora questa immagine quando dice: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo” (Gaudium et Spes, 22).

3. Rivolgiamo oggi una particolare attenzione a quest’ultima affermazione, che ci fa entrare nel mondo interno della vita psicologica di Gesù. Egli provava veramente i sentimenti umani: la gioia, la tristezza, lo sdegno, la meraviglia, l’amore. Leggiamo per esempio che “Gesù esultò nello Spirito Santo” (Lc 10, 21); che pianse su Gerusalemme: “Alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giornòla via della pace»” (Lc 19, 41-42); pianse anche dopo la morte del suo amico Lazzaro: “Quando vide (Maria) piangere e piangere anche i giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l’avete posto?». gli dissero: «Signore vieni a vedere». Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11, 33-35).

4. I sentimenti di tristezza raggiungono in Gesù una particolare intensità nel momento del Getsemani. Leggiamo: “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: La mia anima è triste fino alla morte” (Mc 14, 33-34; cf. anche Mt 26, 37). In Luca leggiamo: “In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22, 44). Un fatto di ordine psicofisico che attesta a sua volta la realtà umana di Gesù.

5. Leggiamo anche dello sdegno di Gesù. Così, quando gli si presenta per essere guarito un uomo dalla mano inaridita, ed è in giorno di sabato, Gesù, prima pone ai presenti la domanda: “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla? Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: Stendi la mano! La stese e la sua mano fu risanata” (Mc 3, 5).

Parimenti nell’episodio dei venditori scacciati dal tempio. Scrive Matteo che “scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: la Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri” (Mt 21, 12-13; cf. Mc 11, 15).

6. Altrove leggiamo che Gesù “si meraviglia”: “Si meravigliava della loro incredulità (Mc 6, 6). Oppure che prova ammirazione. Così quando dice: “Guardate i gigli, come crescono . . . neanche Salomone nella sua gloria, vestiva come uno di loro” (Lc 12, 27). Ammira anche la fede della donna Cananea: “Donna, davvero grande è la tua fede” (Mt 15, 28).

7. Soprattutto ci risulta dai Vangeli che Gesù ha amato. Leggiamo che durante il colloquio con il giovane venuto a chiedere che cosa doveva fare per entrare nel Regno dei cieli, “Gesù, fissatolo, lo amò (Mc 10, 21). L’evangelista Giovanni scrive che “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” (Gv 11, 5), e chiama se stesso “il discepolo . . . che Gesù amava” (Gv 13, 23).

Gesù amava i bambini: “Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse . . . E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva” (Mc 10, 13-16). E quando ha proclamato il comandamento dell’amore, si è richiamato a questo amore con cui egli stesso ha amato: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 12).

8. L’ora della passione, specialmente l’agonia sulla croce, costituisce si può dire, uno zenit dell’amore con cui Gesù “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). Contemporaneamente questo è anche lo zenit della tristezza e dell’abbandono che egli ha provato nella sua vita terrena. Una espressione penetrante di questo abbandono rimarranno per sempre le parole: “Eloì, Eloì lema sabactàni? . . . Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15 ,34). Sono parole che Gesù attinge al Salmo 22 (Sal 22, 2). e con le quali esprime il supremo strazio della sua anima e del suo corpo, comprendente la misteriosa sensazione di un momentaneo abbandono da parte di Dio. La punta più drammaticamente lacerante di tutta la Passione!

9. Così dunque Gesù è divenuto veramente simile agli uomini, assumendo la condizione di servo, come proclama la lettera ai Filippesi (cf. Fil 2, 7). Ma la lettera agli Ebrei, parlando di lui come di “sommo sacerdote dei beni futuri” (Eb 9, 11), conferma e precisa che questo non è un “sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo lui stesso provato in ogni cosa a somiglianza di noi, escluso il peccato” (cf. Eb 4, 15). Veramente egli “non aveva conosciuto il peccato”, anche se san Paolo dirà che “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).

Lo stesso Gesù potè lanciare la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8, 46). Ed ecco la fede della Chiesa: “Sine peccato conceptus, natus et mortuus”. Lo proclama in armonia con tutta la Tradizione, il Concilio Fiorentino (Conc. Floren. “Decr. pro Iacob.”: Denz.-Schönm., 1347): Gesù “è stato concepito, è nato e morto senza peccato”. Egli è l’uomo veramente giusto e santo.

10.     Ripetiamo col nuovo testamento, col Simbolo e col Concilio: “Gesù Cristo si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (cf. Eb 4, 15). E proprio grazie a una tale somiglianza: “Cristo, che è il nuovo Adamo . . . svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes, 22).

Si può dire che mediante una tale constatazione il Concilio Vaticano II dà, ancora una volta, la risposta alla domanda fondamentale che forma il titolo del celebre trattato di sant’Anselmo: “Cur Deus homo?” È una domanda dell’intelletto che approfondisce il mistero del Dio Figlio, che divenne un uomo vero “per noi uomini e per la nostra salvezza”, come professiamo nel Simbolo della fede niceno-costantinopolitano.

Cristo ha rivelato “pienamente” l’uomo all’uomo proprio per il fatto che egli “non aveva conosciuto peccato”. Poiché il peccato non è in alcun modo un arricchimento dell’uomo. Tutto al contrario: lo deprezza, lo diminuisce, lo priva della pienezza che gli è propria (cf. Gaudium et Spes, 13).

Il ricupero, la salvezza dell’uomo decaduto è la fondamentale risposta alla domanda sul perché dell’incarnazione.


Ai fedeli di espressione inglese

Dear Brothers and Sisters,

I wish to extend a special word of welcome to the group of visitors from Korea, as well as to the various groups from the United States. And to all the English -speaking pilgrims I offer my most heartfelt greetings. May the Lord bless you with an abundance of peace and joy.

Ad alcuni gruppi di fedeli di lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit dieser kurzen Zusammenfassung meiner heutigen Glaubenskatechese grüße ich herzlich alle heutigen Audienzteilnehmer deutscher Sprache. Besonders die zahlreichen Pilger aus Österreich. Unter diesen namentlich die Teilnehmer der Pilgerfahrt aus Wiener-Neustadt zusammen mit Weihbischof Florian Kuntner. Möge euch euer Kurs geistlicher Besinnung und Erneuerung zu einer entschlossenen Christusnachfolge ermutigen, der uns durch sein gottmenschliches Vorbild den Weg zu unserer eigenen Vollendung zeigt. Dazu erbitte ich euch und allen anwesenden Pilgern Gottes reiche Gnade mit meinem besonderen Apostolischen Segen.

Ai fedeli provenienti da aree di espressione spagnola  

Amadísimos hermanos y hermanas,

Deseo saludar ahora cordialmente a los peregrinos de lengua española, procedentes de España y de América Latina. De modo especial, saludo a los grupos de jóvenes panameños y de estudiantes chilenos, así como a los alumnos y alumnas de los Colegios: “San José” de Asunción y “María Auxiliadora” de Villarrica (Paraguay). A todos os encomiendo bajo la protección de San Juan Bosco, cuyo centenario estamos celebrando, y os aliento a ser, como él, hijos fieles de la Iglesia.

Con gran afecto imparto a todos mi Bendición Apostólica.  

Ad un gruppo di polacchi  

Witam serdecznie księdza kardynala Metropolitę krakowskiego oraz wszystkich pielgrzymów z kraju i z emigracji . . . Starajmy się stałe odkrywać w Chrystusie miarę naszego człowieczeństwa i szukać dojścia do tej miary, przybliżać się do niej. Módlmy się o to stałe dla siebie, dla naszych bliskich, dla wszystkich rodaków, dla wszystkich ludzi.  

Ad alcuni fedeli di espressione italiana  

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto ed un augurio ai partecipanti al corso di spiritualità ignaziana, organizzato dai Padri Gesuiti di Roma. A questo “corso ignaziano” sono convenuti Religiosi e Religiose dai cinque continenti per approfondire gli insegnamenti del grande Santo spagnolo, soprattutto in vista di una miglior preparazione al servizio della direzione e della formazione spirituale.

Non posso che esprimere il mio compiacimento, cari fratelli e sorelle, per questa iniziativa che ogni anno si ripete, e dalla quale è legittimo attendersi sempre nuovi incrementi ed aggiornamenti circa i metodi così delicati ed importanti della guida delle anime. Uno dei compiti del Sacerdote, e non solo di lui, è quello di aiutare il fratello nel discernimento della volontà di Dio, affinché il sentiero della vita conduca concretamente ed efficacemente al Regno di Dio. La regola aurea per questo discernimento è certamente il Vangelo; ma i Santi ci aiutano a vivere la Parola di Cristo applicandola ad ogni circostanza della nostra vita quotidiana. E Sant’Ignazio è uno di questi Maestri.

Auguro a tutti voi, pertanto, di trarre il massimo profitto da questi giorni intensi e ricchi di spunti di riflessione, onde poi svolgere ancor meglio i compiti formativi ed educativi che vi sono o vi saranno affidati. Vi accompagna la mia affettuosa Benedizione.  

Ai giovani

Cari giovani, ieri abbiamo celebrato la memoria della Presentazione di Gesù al tempio per le mani della Vergine Maria:  Ella presentò a Dio il fanciullo Gesù; in lui eravamo tutti noi! Cari giovani! La Regina del cielo vi presenta a Dio; mettete la vostra vita nelle sue mani! Come il fanciullo Gesù cresceva, sotto gli occhi di Lei, in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini,  così voi con l’aiuto di Maria, vostra dolcissima Madre, crescete non solo intellettualmente e fisicamente, ma soprattutto anche nella fede, nella speranza, nella carità. Vi benedico con affetto.  

Agli ammalati  

Cari ammalati, la Madre celeste vi presenta al Signore con particolare affetto, perché voi siete le membra doloranti della Chiesa e dell’umanità. Ella vi ama di più, perché la provvidenza vi ha predestinato ad essere più rassomiglianti al suo Figlio nel dolore e nell’infermità. Come Maria ha accolto, in tale oblazione, la spada che Simeone le profetizzò mentre Ella presentava Gesù al tempio, così voi sappiate accettare dalle mani di Dio con rassegnazione, anzi con gioia, tutte le sofferenze che Egli permette per voi. La Madonna allevi le vostre sofferenze. Vi benedico di cuore!

Agli sposi novelli  

Cari sposi novelli, per voi una raccomandazione mi scaturisce dal cuore: vogliatevi bene nel Signore! Dinanzi alla superficialità e all’improvvisazione, che oggi specialmente minacciano tanti matrimoni, c’è bisogno di vero amore. La sorgente di ogni autentico amore è in Dio, perché - come proclama l’apostolo Giovanni - “Dio è amore”  Abbiate in voi quell’amore vero e profondo che con il passare del tempo si rafforza e si cementa, perché dove c’è amore, c’è Dio. La Sacra Famiglia vi sia di modello e di esempio. Alimentate la fiamma accesa dal Sacramento, fate vivere la grazia di Cristo che con esso vi è stata elargita, la quale porterà nella vostra casa la pace che viene da Dio. La mia Benedizione sia per voi pegno dei doni celesti!

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana


 


Gesù uomo solidale con tutti gli uomini

GIOVANNI PAOLO II

 

UDIENZA GENERALE

 

Mercoledì, 10 febbraio 1988

 

 

 

1. Gesù Cristo, vero uomo, è “in tutto simile a noi fuorché nel peccato”, ecco il tema della catechesi precedente. Il peccato è essenzialmente escluso in colui che essendo vero uomo, è anche vero Dio (“verus homo”, ma non “merus homo”).

 

Tutta la vita terrena di Cristo e tutto lo svolgimento della sua missione rendono testimonianza alla verità della sua assoluta impeccabilità. Lui stesso ha lanciato la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8, 46). Uomo “senza peccato”, Gesù Cristo è durante tutta la sua vita in lotta con il peccato e con tutto ciò che genera il peccato, a cominciare da satana, che è “padre della menzogna” nella storia dell’uomo “fin da principio” (cf. Gv 8, 44). Questa lotta si delinea già alla soglia della missione messianica di Gesù, nel momento della tentazione (cf. Mc 1, 13; Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13), e raggiunge il suo culmine nella croce e nella risurrezione. Lotta che dunque termina con la vittoria.

 

2. Questa lotta al peccato e alle sue stesse radici non rende Gesù estraneo all’uomo. Al contrario, lo avvicina agli uomini, a ogni uomo. Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo.

 

3. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11, 18-19). È evidente il carattere “polemico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché si muove e opera in mezzo alla gente. Ma è altrettanto trasparente da tali parole la verità del modo di essere, di sentire, di comportarsi di Gesù verso i peccatori.

 

4. Lo accusavano di essere “amico dei pubblicani (ossia degli esattori delle imposte, mal visti perché esosi e ritenuti inosservanti) (cf. Mt 5, 46; 9, 11. 18. 17), e dei peccatori”. Gesù non rifiuta radicalmente questo giudizio, la cui verità, che pure esclude ogni connivenza, ogni reticenza, è confermata da molti episodi registrati nei Vangeli. Così quello legato al nome del capo dei pubblicani di Gerico, Zaccheo, nella casa del quale Gesù si era, per così dire, autoinvitato: “Zaccheo, scendi subito (infatti Zaccheo essendo piccolo di statura, era salito su un albero per vedere meglio Gesù che passava), perché oggi devo fermarmi in casa tua”. E quando il pubblicano scese pieno di gioia e offrì a Gesù l’ospitalità nella propria casa, senti dire da lui: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche egli, Zaccheo, è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (cf. Lc 19, 1-10). Da questo testo appare non soltanto la familiarità di Gesù con pubblicani e peccatori ma anche il motivo della loro ricerca e frequentazione da parte sua: la loro salvezza.

 

5. Un avvenimento analogo è legato al nome di Levi, figlio di Alfeo. L’episodio è tanto più significativo in quanto questo uomo, che Gesù aveva visto “seduto al banco delle imposte”, era stato da lui chiamato a diventare uno degli apostoli: “Seguimi”, gli aveva detto. Egli, alzatosi, lo seguì. È elencato tra i Dodici sotto il nome di Matteo, e sappiamo che è l’autore di uno dei Vangeli. L’evangelista Marco dice che Gesù “stava a mensa in casa di lui”, e che “molti pubblicani e peccatori si misero a mensa insieme con Gesù e i suoi discepoli” (cf. Mc 2, 13-15). Anche in questo caso “gli scribi della setta dei farisei” fecero le loro rimostranze ai discepoli; ma Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2, 17).

 

6. Il sedere a mensa con altri - compresi “i pubblicani e i peccatori” - è un modo di essere umano, che in Gesù si nota fin dall’inizio della sua attività messianica. Infatti una delle prime occasioni in cui egli manifestò il suo potere messianico fu al banchetto nuziale di Cana di Galilea, al quale partecipava insieme a sua Madre e ai discepoli (cf. Gv 2, 1-12). Ma anche in seguito Gesù era solito accettare gli inviti a tavola e non soltanto da parte dei “pubblicani” ma anche dei “farisei”, che erano i suoi più accaniti avversari. Lo leggiamo per esempio in Luca: “Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola” (Lc 7, 36).

 

7. Durante questo pasto avviene un fatto che getta ancora nuova luce sul comportamento di Gesù verso la povera umanità composta di tanti “peccatori” che i presunti “giusti” disprezzano e condannano. Ecco, una donna nota nella città come peccatrice si trovava tra i presenti, e piangendo baciava i piedi di Gesù e li cospargeva di olio profumato. Nasce allora un colloquio tra Gesù e il padrone di casa, nel corso del quale Gesù stabilisce un essenziale legame tra la remissione dei peccati e l’amore ispirato dalla fede: “Le sono perdonati i molti peccati, poiché ha molto amato . . . Poi disse a lei: Ti sono perdonati i tuoi peccati . . . la tua fede ti ha salvata. Và in pace!” (cf. Lc 7, 36-50).

 

8. Questo non è l’unico caso del genere. Ve ne è un altro, che in qualche modo è drammatico: quello di “una donna sorpresa in adulterio” (cf. Gv 8, 1-11). Anche quest’avvenimento, come quello precedente, spiega in quale senso Gesù era “amico dei pubblicani e dei peccatori”. Egli dice alla donna: “Và, e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11). Colui che era “in tutto simile a noi fuorché nel peccato”, si è dimostrato vicino ai peccatori e alle peccatrici, per allontanare da loro il peccato. Ma mirava a questo scopo messianico in un modo completamente “nuovo” rispetto al rigore che riservavano ai “peccatori” coloro che li giudicavano in base alla legge antica. Gesù operava nello spirito di un grande amore verso l’uomo, in base alla profonda solidarietà che nutriva in sè per chi era stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1, 27; 5, 1).

 

9. In che cosa consiste questa solidarietà? Essa è la manifestazione dell’amore che ha la sua sorgente in Dio stesso. Il Figlio di Dio è venuto nel mondo per rivelare quest’amore. Lo rivela già per il fatto che lui stesso si è fatto uomo: uno di noi. Quest’unione con noi nell’umanità da parte di Gesù Cristo, vero uomo, è l’espressione fondamentale della sua solidarietà con ogni uomo, perché parla eloquentemente dell’amore con cui Dio stesso ha amato tutti e ciascuno. L’amore viene qui riconfermato in un modo tutto particolare: colui che ama, desidera condividere tutto con l’amato; proprio per questo il Figlio di Dio si fa uomo. Di lui aveva predetto Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17; cf. Is 53, 4). Gesù condivide così con ogni figlio e figlia del genere umano la stessa condizione esistenziale. E in questo egli rivela anche l’essenziale dignità dell’uomo: di ciascuno e di tutti. Si può dire che l’incarnazione è una “rivalutazione” ineffabile dell’uomo e dell’umanità!

 

10. Questo “amore-solidarietà” spicca nell’intera vita e missione terrena del Figlio dell’uomo soprattutto nei riguardi di coloro che soffrono sotto il peso di qualsiasi miseria fisica o morale. Al vertice del suo cammino ci sarà il “dare la propria vita in riscatto per molti” (cf. Mc 10, 45): il sacrificio redentore della croce. Ma sulla via che porta a questo sacrificio supremo, l’intera vita terrena di Gesù è una multiforme manifestazione della sua solidarietà con l’uomo, sintetizzata in quelle sue parole: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Era bambino come ogni bambino umano. Ha lavorato con le proprie mani accanto a Giuseppe di Nazaret, così come lavorano tutti gli uomini (cf. Laborem Exercens, 26). Era un figlio d’Israele, partecipava alla cultura, alla tradizione, alla speranza ed alla sofferenza del suo popolo. Ha conosciuto anche egli ciò che spesso avviene nella vita degli uomini chiamati a qualche missione: l’incomprensione e addirittura il tradimento di uno di coloro che lui stesso aveva scelto come suoi apostoli e continuatori: e anch’egli ha provato, per questo, un profondo dolore (cf. Gv 13, 21).

 

 E quando si è avvicinato il momento in cui doveva “dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28), ha offerto volontariamente se stesso (cf. Gv 10, 18), consumando così il mistero della sua solidarietà nel sacrificio. Il governatore romano non trovò altra parola per definirlo di fronte agli accusatori riuniti, se non questa: “Ecco l’uomo!” (Gv 19, 5).

 

Questa parola di un pagano ignaro del mistero ma non insensibile al fascino che promanava da Gesù anche in quel momento, dice tutto sulla realtà umana di Cristo: Gesù è l’uomo; un vero uomo che, in tutto simile a noi fuorché nel peccato, si è fatto vittima per il peccato ed è diventato solidale con tutti fino alla morte di croce.

 


 

Ai fedeli di espressione linguistica francese  

 

Chers frères et sœurs de langue française, en vous reparlant aujourd’hui du Christ Sauveur, je souhaite que votre pèlerinage à Rome, auprès des tombeaux des Apôtres et des martyrs, au centre de l’Eglise vivante, vous aide à retrouver les sources de la solidarité humaine, les sources de l’espérance fondée sur le Christ.

 

Parmi vous, je salue en particulier les Frères du Sacré-Cœur, en stage de renouveau spirituel et pastoral: je vous encourage à trouver, grâce à la prière et à la réflexion, un élan nouveau dans votre vie religieuse et dans votre service ecclésial.

 

A tous, aux jeunes et aux aînés, je donne volontiers ma Bénédiction.  

 

Ai pellegrini di lingua inglese  

 

Dear Brothers and Sisters,

 

I offer a special word of welcome to the First Year Students from the Pontifical Beda College. In this Marian Year, God’s Providence has brought you to Rome to begin your preparation for the priesthood. I encourage you therefore to use this time to foster a filial love for the Blessed Mother of God. Like Mary, seek always to listen attentively to God’s word and to put it into practice. There is no better way to prepare yourselves to be faithful heralds of the Gospel of salvation.

 

I wish also to extend a cordial greeting to the participants in the visit organized by the Ecumenical Institute of Bossey.

 

And on all the English-speaking visitors present, especially from England and the United States, I invoke abundant blessing of peace and joy.

 

Ai pellegrini di espressione spagnola  

 

Amadísimos hermanos y hermanas,

 

Me es grato presentar ahora mi más cordial saludo de bienvenida a todos los peregrinos y visitantes de lengua española.

 

En particular, deseo saludar al grupo salesiano procedente de Buenos Aires, que conmemora con esta venida a Roma el centenario de la muerte de San Juan Bosco.

 

Igualmente saludo a los miembros del Movimiento de Apostolado “Regnum Christi”, a los estudiantes de la Universidad Católica de Chile y a los jóvenes del Perú y de Mallorca.

 

A todos imparto de corazón la Bendición Apostólica.  

 

Ai visitatori giunti dalla Polonia  

 

Witam wszystkich pielgrzymów z Polski z księdzem bp. Muszyńskim, nowym ordynariuszem włocławskim; pielgrzymów z parafii św. Katarzyny z Warszawy na 750-lecie; pielgrzymów z parafii Matki Bożej Częstochowskiej z Józefowa koło Otwocka; prócz tego grupę młodzieży z LX liceum Ogólnokształcącego z Warszawy; grupę Logos-Tour z Wałbrzycha i Wrocławia; kolejarzy z Katowic oraz innych uczestników grup turystycznych.   

 

Ad alcuni gruppi italiani  

 

Desidero ora porgere il mio saluto al gruppo dei fratelli Cappuccini provenienti da diverse Province italiane per partecipare ad un corso di formazione. Desidero incoraggiare il loro impegno, ed auguro loro di conservare sempre un grande amore alla Chiesa, al servizio per i poveri e gli umili, sull’esempio di San Francesco.  

 

* * * 

 

Saluto poi il gruppo delle Superiore delle Figlie dell’Immacolata Concezione, convenute a Roma dall’Argentina, dalla Spagna, dal Brasile e dall’Italia per un corso di aggiornamento. Auspico per loro ogni bene ed invoco dal Signore copiosi frutti di grazia sul loro apostolato.  

 

* * * 

 

Il mio pensiero va anche agli alunni ed agli educatori della Scuola Italiana “Antonio Raimondi” di Lima, in Perù. A loro do il mio benvenuto, con l’invito a scoprire in questa Città le tracce della tradizione culturale classica, insieme con i segni ed i monumenti delle origini del cristianesimo, delle “passioni” dei martiri e della vita della Chiesa.

 

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.  

 

Ai giovani  

 

Non manca mai, a questo incontro settimanale, la presenza vivace di tanti ragazzi e giovani. È giusto che ad essi sia rivolto uno speciale saluto.

 

Carissimi, in questi giorni i mezzi di informazione insistono nel presentare la figura e l’opera educativa di San Giovanni Bosco.

 

Vi invito ad inserire i vostri progetti per il futuro nel solco tracciato da questa grande anima sacerdotale. Don Bosco seppe rispondere alle sfide del suo tempo presentando ai ragazzi che accorrevano a lui un programma di vita fondato sui valori che la ragione, illuminata dalla fede, è in grado di scoprire e indicando nell’impegno della volontà, sostenuta dalla grazia, il segreto per attuarlo.

 

È un programma che non ha perso nulla del suo valore.

 

Nell’esortarvi a farlo vostro vi benedico di cuore.  

 

Agli ammalati  

 

Saluto con particolare affetto anche voi, cari ammalati, e quanti vi accompagnano e vi soccorrono con generosa e lodevole dedizione.

 

La vostra presenza precede quella di numerosi altri infermi che, nella ricorrenza dell’apparizione della Vergine SS.ma a Lourdes, converranno nella Basilica di San Pietro per invocare la divina assistenza.

 

Nel proporre a tutti voi l’esempio di Santa Bernardetta, vi esorto a corrispondere generosamente all’invito della Madonna, offrendo a Dio le vostre sofferenze fisiche e morali che, unite ai meriti infiniti della passione di Cristo, contribuiscono alla redenzione del mondo.

 

In questo Anno Mariano, vi invito anche ad essere fedeli alla recita della bella preghiera del Rosario, in unione con le intenzioni del Papa. A tutti la mia affettuosa Benedizione.  

 

Agli sposi novelli  

 

Rivolgo infine il mio augurio cordiale alle coppie di sposi novelli qui presenti.

 

L’amore che vi siete promessi attraverso il Sacramento da poco ricevuto, deve accompagnare tutta la vostra vita, accrescendo ed affinando la vostra reciproca intesa. Esso non potrà non tradursi in un quotidiano esercizio di pazienza, di dialogo, di superamento delle inevitabili tensioni che la convivenza comporta. Avrete bisogno per questo dell’aiuto della grazia divina. Vi invito perciò ad essere costanti nella preghiera e nella pratica sacramentale. Dio non abbandona chi lo invoca con fiduciosa costanza.

 

Tornando nella vostra nuova casa, portatevi anche la mia Benedizione.

 

 

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana






 


06/04/2013 09:13

Colui che «spoglia se stesso»

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 17 febbraio 1988



1. “Ecco l’uomo!” (Gv 19, 5). Abbiamo ricordato nella catechesi precedente queste parole pronunziate da Pilato nel presentare Gesù ai sommi sacerdoti e alle guardie, dopo averlo fatto flagellare e prima di pronunciare la condanna definitiva alla morte di croce. Gesù, piagato, coronato di spine, con un mantello di porpora addosso, schernito e schiaffeggiato dai soldati, vicino ormai alla morte, è l’emblema dell’umanità sofferente.

“Ecco l’uomo!”. Questa espressione contiene in un certo senso tutta la verità su Cristo vero uomo: su colui che si è fatto “in tutto simile a noi fuorché nel peccato”; su colui che “si è unito in certo modo ad ogni uomo”; (cf. Gaudium et Spes, 22). L’hanno chiamato “amico dei pubblicani e dei peccatori”. Proprio come vittima per il peccato divenne solidale con tutti anche con i “peccatori”, fino alla morte di croce. Ma proprio in questa condizione di vittima, a cui Gesù è ridotto, risalta un ultimo aspetto della sua umanità, che dev’essere accettato e meditato fino in fondo alla luce del mistero del suo “spogliamento” (“kenosis”). Secondo san Paolo, egli, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini,; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).

2. Il testo paolino della lettera ai Filippesi ci introduce nel mistero della “kenosis” di Cristo. Per esprimere questo mistero, l’Apostolo usa prima la parola “spogliò”, ed essa si riferisce soprattutto alla realtà dell’incarnazione “Il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14). Dio-Figlio ha assunto la natura umana, l’umanità, è diventato vero uomo, rimanendo Dio! La verità su Cristo-uomo deve essere considerata sempre in relazione a Dio-Figlio. Proprio questo riferimento permanente è indicato dal testo di Paolo. “Spogliò se stesso” non significa in alcun modo che cessò di essere Dio: sarebbe un assurdo! Significa invece, come si esprime in modo perspicace l’Apostolo, che “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio” ma, “pur essendo di natura divina” (“in forma Dei”) - come vero Dio-Figlio - egli assunse una natura umana priva di gloria, soggetta alla sofferenza e alla morte, nella quale poter vivere l’obbedienza al Padre fino all’estremo sacrificio.

3. In tale contesto, il farsi simile agli uomini comportò una rinuncia volontaria, che si estese perfino ai “privilegi” che egli avrebbe potuto godere come uomo. Infatti assunse “la condizione di servo”. Non ha voluto appartenere alle categorie dei potenti, ha voluto essere come colui che serve: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Mc 10, 45).

4. Di fatto, vediamo nei Vangeli che la vita terrena di Cristo fu segnata sin dall’inizio con il marchio della povertà. Ciò è messo in rilievo già nella narrazione della nascita, quando l’evangelista Luca fa notare che “non c’era posto per loro (Maria e Giuseppe) nell’albergo” e che Gesù è stato dato alla luce in una stalla e deposto in una mangiatoia (cf. Lc 2, 7). Da Matteo sappiamo che già nei primi mesi della sua vita provò la sorte del profugo (cf. Mt 2,13-15). La vita nascosta a Nazaret si svolse in condizioni estremamente modeste, quelle di una famiglia il cui capo era un carpentiere (cf. Mt 13, 55), e lo stesso Gesù lavorava col suo padre putativo (cf. Mc 6, 3). E quando diede inizio al suo insegnamento, un’estrema povertà continuò ad accompagnarlo, come attesta in qualche modo lui stesso riferendosi alla precarietà delle sue condizioni di vita, imposte dal suo ministero di evangelizzazione. “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9, 58).

5. La missione messianica di Gesù incontrò sin dall’inizio obiezioni e incomprensioni, malgrado i “segni” che operava. Era sotto osservazione e perseguitato da parte di quelli che esercitavano il potere e avevano l’influenza sul suo popolo. Infine venne accusato, condannato e messo a morte in croce: la più infamante tra tutte le specie di pene di morte, che era applicata soltanto nei casi di crimini di estrema gravità, specialmente nei confronti di coloro che non erano cittadini romani e degli schiavi. Anche per questo si può dire con l’Apostolo che Cristo assunse, letteralmente, “la condizione di servo” (Fil 2, 7).

6. In questo “spogliamento di se stesso” che caratterizza profondamente la verità su Cristo vero uomo, possiamo dire che si ristabilisce la verità dell’uomo universale: la si ristabilisce e la si “ripara”. Infatti, quando leggiamo che il Figlio “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”, non possiamo non cogliere in queste parole una allusione a quella prima e originaria tentazione alla quale l’uomo e la donna cedettero “in principio”: “Diventerete (cioè sarete) come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gen 3, 5). L’uomo aveva ceduto alla tentazione per essere “uguale a Dio”, benché fosse soltanto una creatura. Colui che è Dio-Figlio “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”. E facendosi uomo “spogliò sè stesso”, riabilitando con tale scelta ogni uomo, per quanto povero e spogliato, nella sua dignità originaria.

7. Ma per esprimere questo mistero della “kenosis” di Cristo, san Paolo usa anche un’altra parola: “Umiliò se stesso”. Questa parola è da lui inserita nel contesto della realtà della redenzione. Scrive infatti che Gesù Cristo “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). Qui la “kenosis” di Cristo è descritta nella sua dimensione definitiva. Dal punto di vista umano è la dimensione dello spogliamento mediante la passione e la morte infamante. Dal punto di vista divino è la redenzione operata dall’amore misericordioso del Padre per mezzo del Figlio che volontariamente ubbidì per amore al Padre e agli uomini da salvare. E in quel momento si ebbe un nuovo inizio della gloria di Dio nella storia dell’uomo: la gloria di Cristo, suo Figlio fatto uomo. Infatti il testo paolino dice: “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome” (Fil 2, 9).

8. Ecco come sant’Atanasio commenta questo testo della lettera ai Filippesi: “Tale espressione lo ha esaltato, non intende significare che sia stata esaltata la natura del Verbo: quest’ultimo, infatti, è stato e sarà sempre uguale a Dio. Essa vuole indicare, invece, l’esaltazione della natura umana. Queste parole, pertanto, non sono state pronunciate se non dopo l’incarnazione del Verbo, perché apparisse chiaro che termini come umiliato ed esaltato vanno riferiti unicamente alla dimensione umana. Soltanto ciò che è umile, infatti, è suscettibile di essere innalzato” (S. Athanasii “Adversus Arianos”, Oratio I, 41). Qui aggiungeremo soltanto che tutta la natura umana - tutta l’umanità - umiliata nella condizione penosa a cui l’ha ridotta il peccato, trova nella esaltazione di Cristo-uomo la fonte della sua nuova gloria.

9. Non possiamo concludere senza un ultimo accenno al fatto che Gesù per lo più ha parlato di se stesso come del “Figlio dell’uomo” (Mc 2, 10. 28; 14, 62; Mt 8, 20; 16, 27; 24, 27; Lc 9, 22; 11, 30; Gv 1, 51; 8, 28; 13, 31). Questa espressione secondo la sensibilità del linguaggio comune d’allora poteva anche indicare che egli è vero uomo così come tutti gli altri esseri umani, e senza dubbio contiene il riferimento alla sua reale umanità.

Tuttavia il significato strettamente biblico, anche in questo caso, va stabilito tenendo conto del contesto storico risultante dalla tradizione di Israele, espressa e influenzata dalla profezia di Daniele che dà origine a quella formulazione di un concetto messianico (cf. Dn 7, 13-14). “Figlio dell’uomo” in tale contesto non significa soltanto un comune uomo appartenente al genere umano, ma si riferisce a un personaggio che riceverà da Dio una dominazione universale e trascendente i singoli tempi storici, nell’era escatologica.

Sulla bocca di Gesù e nei testi degli evangelisti la formula è pertanto carica di un senso pieno che abbraccia divino e umano, cielo e terra, storia ed escatologia, come lo stesso Gesù ci fa intendere quando, testimoniando davanti a Caifa di essere il Figlio di Dio, predice con forza: “D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, venire sulle nubi del cielo” (Mt 26, 64). Nel Figlio dell’uomo è dunque immanente la potenza e la gloria di Dio. Siamo di nuovo di fronte all’unico Uomo-Dio, vero Uomo e vero Dio. La catechesi ci riporta continuamente a lui, perché crediamo e, credendo, preghiamo e adoriamo.

Ai visitatori di lingua francese

J’adresse un salut cordial à tous les visiteurs de langue française. En ce mercredi des cendres, l’Eglise nous invite à commencer notre marche vers Pâques par une période d’exercices spirituels: c’est le sens du carême, qui débute aujourd’hui. Je souhaite que vous entriez avec ferveur dans cette saison liturgique marquée par une prière plus intense et une discipline de vie plus rigoureuse, afin que, renouvelés dans la foi, l’espérance et l’amour, vous puissiez célébrer avec joie la Résurrection du Christ.

Je suis heureux de saluer spécialement les pèlerins du diocèse de Nîmes, les membres du “Chœur d’Hommes de Paris”, et les nombreux groupes de jeunes présents à cette audience.

De grand cœur, je prie le Seigneur de vous bénir.

Ai pellegrini di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I want to welcome in a special way the members of the Saint Agnes Cathedral Choir from New York. I extend warm greetings to the Catholic pilgrims from the Parish in Aarhus, Denmark, and from the Parish of Kungälv in Sweden. And I greet most cordially all the English-speaking visitors present at this audience, in particular those coming from England, Sweden, Denmark and the United States.

I pray that the season of Lent which begins today will be for all of you a time of renewed conversion of mind and heart. May the Lord bless you with his grace and peace.

Ai fedeli di espressione linguistica tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Dieses beispiel Jesu Christi von seiner demütigen Selbstentäußerung um unseres Heiles willen soll uns, liebe Brüder und Schwestern, in die nun beginnende österliche Bußzeit begleiten. Von Herzen begrüße ich euch alle zur heutigen Audienz; unter den genannten Gruppen namentlich die Ordensschwestern verschiedener Kongregationen, die an einem theologischen Kurs am Päpstlichen Institut ” Regina Mundi “ hier in Rom teilnehmen, sowie die Gruppe Steylerschwestern, die in einem Erneuerungskurs in Nemi ihren apostolischen Einsatz in den Missionen betend und betrachtend vertiefen. Euch allen sei Christus Vorbild, der gekommen ist, nicht um sich bedienen zu lassen, sondern um zu dienen, um sich selbst für das Heil der Menschen ganz zu verschenken. Er schenke euch und allen anwesenden Pilgern seine reiche Gnade mit meinem besonderen Apostolischen Segen!

Ai numerosi gruppi provenienti dall’America Latina e dalla Spagna

Amadísimos hermanos y hermanas,

Deseo ahora saludar cordialmente a todos los peregrinos y visitantes procedentes de los diversos Países de América Latina y de España.

En modo particular, saludo al grupo de Religiosas del Instituto Pureza de María, provenientes de Nicaragua, junto con sus familiares. Igualmente, a las Hermanas Franciscanas de la Inmaculada Concepción y a los componentes de la peregrinación de Colombia.

Con mi afecto imparto a todos la Bendición Apostólica.

Al gruppo del Cuore Immacolato di Maria di Fatima

Saúdo em particular o grupo vindo de Portugal, que se propõe expandir a devoção ao Coração Imaculado de Maria, divulgando a mensagem de Nossa Senhora de Fátima, que coincide com a do dia litúrgico de hoje, pois é convite à penitência e à conversão.

Grato por vos acolher, exortovos, e a quantos interpelardes, a obedecer à chamada do Amor eterno, aceitando o conselho vindo do Coração Imaculado da Mãe do Redentor: fazer o que o mesmo Jesus continua a dizer à Igreja e ao mundo: “Convertei-vos e acreditai no Evangelho!”. Com a minha Bênção.

Ai fedeli polacchi

Pozdrawiam wszystkich pielgrzymów z Polski, zarówno z kraiu, jak z emigracji, pośród nich również uczestników grup turystycznych Orbisu i PKS-u.

Ad alcuni pellegrinaggi italiani e ad un gruppo di studentesse svedesi

Desidero ora porgere il mio saluto al gruppo dei nuovi consiglieri ecclesiastici della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, convenuti a Roma per un corso di formazione. Cari sacerdoti! Dedicatevi con impegno alla vostra missione, contribuendo alla giusta promozione del mondo dei coltivatori della terra. Occorre che anche nella società tecnica sia favorita l’adeguata partecipazione del mondo rurale al progresso, ed è urgente operare affinché non vengano meno quei valori religiosi ed umani che hanno sempre fatto dell’ambiente agricolo un luogo ricco di solidarietà, di spirito fraterno, di cordiale amicizia e partecipazione. Che il Signore vi assista nella preziosa opera che vi accingete a compiere.

* * *

Saluto poi i sacerdoti della Società dell’apostolato Cattolico, i Padri Pallottini, responsabili della formazione nei Seminari maggiori della loro Società.

Vi auguro, carissimi, di saper mettere insieme le svariate esperienze delle vostre case diffuse in tutto il mondo, per confermare i principi fondamentali che devono guidare i candidati al sacerdozio verso il pieno e santo compimento della vocazione, nella luce dello specifico carisma del Fondatore.

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Il mio pensiero va poi al numeroso gruppo dei dipendenti e collaboratori di “Edenlandia”, il Parco dei divertimenti che opera attualmente a Fuorigrotta di Napoli. A tutti il mio cordiale benvenuto, unito all’augurio della costante protezione del Signore sulle vostre attività. Desidero esortarvi, altresì, a diffondere intorno a voi un clima di cordiale fraternità, mediante la proposta di un sano divertimento e di un intelligente svago.

* * *

Ed ora un saluto alle alunne di un Ginnasio della Svezia.

Maxima cum animi affectione volo nunc consalutare adstantes discipulas quae ex cathedrali schola Scarensi in Suecia huc advenerunt. Libentissime vos recipio vestrumque Latinitatis studium vehementer dilaudo. Vos autem singulas cohortor ut omnibus viribus in tam salutari frugiferoque disciplinarum optimarum curriculo diligenter perseveretis. In vos quidem vestrumque magistrum auxilium divinum devoco et benignissimum Dominum adprecor ut omnes amabiliter tueatur.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

* * *

Sono oggi presenti tra noi i Maestri di Cappella, venuti a Roma per un loro convegno. Nel rivolgere loro il mio cordiale saluto, desidero sottolineare l’importanza del servizio di animazione del canto liturgico, che essi svolgono durante i riti religiosi. Li esorto pertanto a perseverare con rinnovato entusiasmo in questo loro apprezzato ministero ecclesiale, nel ricordo della massima degli antichi Padri, secondo cui “chi bene canta prega due volte”.

A tutti la mia Benedizione.

Ai giovani

Un pensiero ora per tutti i giovani qui presenti. Cari giovani! Oggi è il “mercoledì delle ceneri”, il giorno che, come sapete, ci introduce ad un tempo prezioso per il cammino della fede: la quaresima. Durante questo tempo liturgico siamo tutti invitati ad un impegno di interiore conversione in preparazione alla Pasqua. La Chiesa ogni giorno ci propone nella liturgia le tappe da percorrere in tale spirituale cammino. Tempo di luce, quindi, la quaresima, e tempo di gioiose scoperte; ma anche, e soprattutto, tempo di severo impegno e di ricerca. Io vi esorto a viverlo con il proposito costante di dedicare in esso opportuni momenti all’ascolto della Parola di Dio. Scegliete le ore della giornata particolarmente adatte per accostarvi a Dio in atteggiamento di preghiera e di raccoglimento, nel silenzio che vi consente di ritrovare voi stessi ed il Signore che vi parla. Potrete allora accorgervi come, giorno dopo giorno, Cristo guidi la vostra anima alla comprensione della verità e della missione che egli vi vorrà affidare per la vita.

Agli ammalati

Saluto anche i malati e li esorto a vivere la quaresima uniti a Cristo nella meditazione più attenta del mistero della Croce. Carissimi, chi soffre può comprendere in maniera più acuta, quando è sostenuto dalla fede, le sofferenze spirituali che gravano sul cuore delle persone lontane da Cristo. I malati intuiscono il tormento di coloro che non hanno speranza, avendo perduto il senso di Dio e la gioia di obbedirGli. Chiedo perciò a voi, sofferenti, di rivolgervi spesso a Cristo Crocifisso per implorare il ritorno di coloro che sono lontani da Dio, affinché in questo tempo di grazia possano ritrovare la gioia della fede e della riconciliazione.

Agli sposi novelli

Un pensiero, poi, alle coppie di giovani sposi. Cari sposi Anche per voi i giorni quaresimali sono preziosi e possono segnare un felice inizio della vita coniugale cristiana. “Chi medita la legge del Signore, porta frutto a suo tempo”. Così acclama spesso la Chiesa in quaresima. Introducete nella comunità familiare, fin d’ora, l’abitudine di meditare sulla parola di Dio, cercando insieme la sua volontà e sforzandovi di percorrere le vie che Gesù Cristo vi indica per costruire costantemente la vostra famiglia sulla roccia salda del suo Vangelo.

A tutti la mia Benedizione.



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