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da 11 al 20 luglio con Santo Agostino

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2012 17:29
04/07/2012 17:29

11/07

 

Preghiera

O Dio, padre della verità, padre della sapienza, padre della vera e somma vita, padre della beatitudine, padre del bene e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione, padre della caparra mediante la quale siamo ammoniti di ritornare a te: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.2)

 

Lettura

Tutto è dono di Dio!

La vera sapienza nella vita presente, consiste nel vero culto del vero Dio, affinché nella vita futura il godimento di lui sia sicuro e intero: quaggiù la più perseverante pietà, lassù l’eterna felicità. Se possiedo un po’ di questa sapienza, ch’è l’unica vera, non ho la presunzione che sia una mia proprietà, ma l’ho attinta da Dio e spero che sarà portata a maturazione da Colui dal quale, umilmente sì, ma con gioia, riconosco che me n’è stato infuso il germe: non sono poi incredulo riguardo a quanto non m’ha ancora elargito né ingrato per quanto m’ha già concesso. Se infatti ho qualche dote degna di lode, non lo devo alla mia indole né al mio merito, ma a un dono di Lui. Alcuni ingegni, molto acuti e superiori agli altri, sono caduti in errori tanto più gravi con quanto maggior fiducia in sé stessi hanno voluto correre quasi con le proprie forze, senza pregare con umiltà e sincerità Iddio di mostrare loro la vera strada! Quali meriti, al contrario, possono avere gli uomini, quali che essi siano, dal momento che Dio, venendo sulla terra non con la ricompensa dovuta ma con la grazia gratuita, li ha trovati tutti peccatori, mentre egli è l’unico ad essere immune da peccati e l’unico salvatore? (Ep. 155, 2.5)

 

Per la riflessione

La sapienza e la verità, se non sono desiderate con tutte le forze dello spirito, in nessun modo è possibile trovarle. Se invece si cercano come si conviene, esse non possono né sottrarsi né nascondersi a coloro che le amano. (De moribus ecclesiae Cath. I, 17.31)

 

Pensiero agostiniano

A tutti piace un posto elevato, ma il gradino è l’umiltà. (Sermo 96, 3)

12/07

 

Preghiera

O Dio luce intelligibile, fondamento, principio e ordinatore della luce intelligibile di tutti gli esseri che partecipano alla luce intelligibile: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

La speranza delle persone timorate di Dio

Se hai desiderato le vanità del mondo quando non le avevi ancora conosciute, cerca dì disprezzarle adesso che ne hai fatta l’esperienza. La vanità porta infatti con sé un piacere fallace, una fatica inutile, una paura continua, un prestigio pericoloso. Si incomincia senza riflessione e si finisce senza soddisfazione. Così vanno tutte le cose che, nell’attuale nostra condizione piena di affanni, si bramano più inconsideratamente che prudentemente. Ben diversa è la speranza delle persone timorate di Dio, ben diversi i frutti delle loro sofferenze, ben diversa la ricompensa per le prove sostenute. Impossibile è d’altra parte evitare quaggiù le ansie, i dolori, le fatiche e le prove. Ma quel che soprattutto importa è per qual motivo, con quale aspettativa e per qual fine si soffre. Io, per conto mio, quando considero i mondani, non so quale potrebbe essere il momento più opportuno per far capire loro come comportarsi da saggi per guarirne le anime, poiché quando pare loro che tutto vada a gonfie vele, nella loro orgogliosa presunzione disprezzano gli ammonimenti dati per la salvezza e li prendono come una tiritera da vecchie; quando invece sono abbattuti dalle angustie, si danno pensiero di uscirne fuori anziché accettare il rimedio per guarire e così arrivare ove non potranno essere angustiati in alcun modo. Talora però c’è chi nel fondo del cuore presta orecchio ed attenzione alla verità; cosa ch’è più rara quando si è nella prosperità che quando si è nell’avversità. (Ep. 203)

 

Per la riflessione

Chi ama la libertà, cerchi di essere libero dall’amore per le cose mutevoli; e chi ama il potere, si sottometta come suddito a Dio, l’unico che regna su tutto, amandolo più di se stesso. (De vera religione 47.93)

 

Pensiero agostiniano

Manda [le ricchezze] in rovina per non andare tu stesso in rovina; donale per acquistarle, spargile come seme per poterle mietere. (Sermo 113, 4.4)

13/07

 

Preghiera

O Dio, dal quale allontanarsi è cadere, verso cui voltarsi è risorgere, nel quale rimanere è aver sicurezza: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Preferire Dio ai beni particolari

Le spese occorrenti a costruire la torre e i diecimila soldati capaci di tenere testa all’altro re che ne dispone di ventimila, non significano altro se non che ciascuno deve rinunciare ai suoi beni. Il preambolo del discorso concorda con la conclusione. Nel fatto per cui ciascuno rinuncia ai propri beni è compreso anche quello di odiare il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita. Tutte queste cose, infatti, sono come beni particolari di ciascuno e sono, per lo più, d’impaccio e d’ostacolo per entrare in possesso, non già dei beni esclusivi di ciascuno, che sono destinati a passare col tempo, bensì dei beni comuni a tutti ed eterni. Per il fatto, per esempio, che una donna è tua madre, per ciò stesso non è certo la mia. Si tratta quindi d’un bene temporale e passeggero, come appunto puoi constatare ch’è già passato il fatto d’averti concepito, d’averti portato nel seno, d’averti dato alla luce e d’averti allattato. Per il fatto invece ch’essa è sorella in Cristo lo è non solo per te, ma anche per me e per tutti coloro ai quali è promessa l’unica eredità del cielo e hanno Dio per padre e Cristo per fratello, in virtù dell’amore che ci unisce in una sola famiglia. Questi, sì, sono i beni eterni e non si consumano per l’ingiuria del tempo; sono i beni che tanto più sicuramente speriamo di possedere, quanto meno predichiamo che si possono ottenere per diritto privato piuttosto che per diritto pubblico. (Ep. 243, 3)

 

Per la riflessione

O verità, lume del mio cuore, non vorrei che fossero le mie tenebre a parlarmi. (Conf. XII, 10.10)

 

Pensiero agostiniano

Se sei buono, lo sei per un dono di Lui; se sei cattivo, lo sei per colpa tua. Fuggi da te e vieni da colui che ti ha creato. (Sermo 29, 4)

14/07

 

Preghiera

O Dio, che ci dai il pane della vita; o Dio, che ci asseti di quella bevanda sorbendo la quale non avremo più sete: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Nella felicità temporale è adombrata la felicità eterna

Volendo Dio mostrare come anche la felicità terrena e temporale è suo dono e bisogna solo sperarla da Lui, stimò bene di organizzare nelle prime età del mondo l’Antica Alleanza che fosse adatta all’uomo antico, da cui codesta vita deve necessariamente cominciare. Ma viene proclamato che la prosperità dei Patriarchi fu concessa per grazia di Dio, sebbene essa avesse attinenza con questa vita transitoria. Quei doni erano promessi e concessi palesemente, ma segretamente per mezzo di tutti quei doni veniva preannunziata allegoricamente la Nuova Alleanza e ciò veniva compreso dall’intelligenza di alcune poche persone fatte degne del dono della profezia dalla grazia di Dio. Quei santi dunque vivevano secondo le regole dell’Antica Alleanza in armonia con ciò che era conveniente a quei tempi, ma già facevano parte della Nuova Alleanza, poiché anche quando vivevano nella felicità temporale, comprendevano che la felicità vera e da preferire era quella eterna: e se ne servivano in rapporto a quella di cui era simbolo, per conseguire quella del premio. Se talvolta dovevano soffrire delle contrarietà, le sopportavano perché, liberati dall’aiuto evidentissimo di Dio, lo glorificassero come dispensatore di tutti i beni, non solo di quelli sempiterni che religiosamente speravano, ma anche di quelli temporali, che godevano secondo il loro significato profetico. (Ep. 140, 2.5)

 

Per la riflessione

Tu, Signore, li creasti, tu che sei bello, poiché sono belli; tu che sei buono, poiché sono buoni; tu che sei, poiché sono. Non sono così belli, né sono così buoni, né sono così come tu, loro creatore, al cui confronto non sono belli, né son buoni, né sono. Lo sappiamo, e ne siano rese grazie a te, sebbene il nostro sapere paragonato al tuo sia un ignorare. (Conf. XI, 4.6)

 

Pensiero agostiniano

L’allegrezza del mondo è la cattiveria impunita. (Sermo 171, 4)

15/07

 

Preghiera

A te, Padre sapientissimo ed ottimo, io anelo e proprio a te chiedo i mezzi con cui il mio anelito sia soddisfatto. Infatti se tu abbandoni, si va in rovina; ma tu non abbandoni, perché sei il sommo bene che sempre si è raggiunto se si è rettamente cercato. (Soliloquia I, 1.6)

 

Lettura

L’unione delle creature al Creatore si compie nell’amore purissimo e santissimo

La creatura razionale, sia trattandosi di spirito angelico, sia di anima umana, è così fatta che non può essere per se stessa il bene capace di renderla beata; ma se la sua natura mutevole si volge al bene immutabile, diviene felice; se invece gli volge le spalle, diviene infelice. Il suo allontanarsi è il suo vizio; il suo avvicinarsi è la sua virtù. La natura quindi non è cattiva, poiché la creatura dello spirito vitale razionale, anche se privata del bene che comunicandosi ad essa la rende beata, cioè anche se difettosa, vale sempre più della sostanza materiale ch’è la più nobile di tutte, cioè vale più della luce percepita dai nostri occhi carnali, poiché anch’essa è una sostanza fisica. Qualsivoglia natura incorporea è superiore a qualsiasi corpo: non per la mole, che è qualità propria solo dei corpi, ma per un’energia che sorpassa ogni immaginazione, che l’anima medita e rimugina tra sé, dopo averla attinta dai sensi corporei. Ma come nei corpi medesimi quelli inferiori, quali la terra, l’acqua ed anche l’aria, diventano migliori quando ricevono parte di un corpo migliore, cioè quando sono illuminati dalla luce e vengono ravvivati dal calore, così le nature razionali incorporee diventano migliori partecipando del Creatore, quando s’uniscono a Lui per mezzo dell’amore purissimo e santissimo; se invece sono affatto prive di questo, vivono nelle tenebre e, in qualche modo, induriscono. (Ep. 140, 23.56)

 

Per la riflessione

Quanto più l’anima si allontana da Dio non per distanza spaziale, ma per amore e cupidigia delle cose inferiori a se stessa, tanto più si riempie di stoltezza e di miseria. Pertanto, essa ritorna a Dio con l’amore, però non con quello con cui aspira ad eguagliarlo, ma con quello col quale aspira a sottomettersi a lui. E quanto più lo avrà fatto con passione e con applicazione, tanto più sarà felice ed eccelso e, sotto la sola dominazione di Dio, sarà completamente libero. (De moribus ecclesiae Cath. I, 12.21)

 

Pensiero agostiniano

Dio, il quale dà a te, non ti dà di meglio che se stesso. (Sermo 105, 3.4)

16/07

 

Preghiera

Mi hai redento, Signore, Dio di verità, facendo quanto hai promesso, non ingannando nella tua promessa, Dio di verità! (En. in Ps. 30, II, d. 1, 11)

 

Lettura

La morte di cui parla il Vangelo

Nella mia lettera precedente, [carissimo Paolino, mio signore] ti domandavo come ti raffiguri la vita dei santi nell’eternità. Tu però mi hai giustamente risposto che bisogna pure preoccuparci delle condizioni della vita presente. […] Hai detto pure, assai giustamente, che "bisogna morire in anticipo della morte di cui parla il Vangelo, prevenendo cioè la dissoluzione del nostro corpo con la morte volontaria, staccandoci dalla vita di questo mondo col cuore ed il pensiero, non già col darci la morte fisica". Questa è una forma di attività semplice, non turbata da nessun’ansia di dubbio, poiché siamo ben certi che nella nostra esistenza terrena bisogna trascorrere la nostra vita mortale sì da renderci, per così dire, conformi alla vita immortale. Ma il problema che angustia le persone come me, nella loro condotta pratica e nella loro ricerca teorica, consiste tutto nel sapere in qual modo debbano vivere in mezzo a coloro e per il bene di coloro che non sanno ancora vivere, morendo non già con la morte fisica, ma staccandosi col desiderio della volontà dalle lusinghe dei sensi. Infatti nella maggior parte dei casi abbiamo l’impressione che, se non ci adattiamo un po’ alle cose da cui desideriamo staccarli, non potremo arrecare loro alcun giovamento spirituale. Così facendo si insinua pure in noi tanto fascino per tali cose, che spesso godiamo parlare di sciocchezze e ascoltare chi ne parla; e non solo ne sorridiamo, ma ci lasciamo vincere da un riso sfrenato. In tal modo appesantendo, per così dire, l’anima nostra con la polvere e il fango degli affetti terreni, con più fatica e lentezza la solleviamo a Dio, per vivere una vita evangelica mediante la morte di cui parla il Vangelo. E se talora ci riusciamo, ci sentiamo tosto sussurrare: "Bravo, bravo!"; e questa voce non ci viene dagli altri, perché nessuno può avvertire negli altri tale approvazione dello spirito, ma in certo qual modo dal profondo del nostro intimo donde, non so come, si alza quel grido "Bravo, bravo!". […] Ecco perché la vita dell’uomo su questa terra è tutta una tentazione, dal momento che l’uomo è tentato nell’atto stesso in cui cerca di conformare, per quanto è capace, la sua vita e renderla simile a quella celeste. (Ep. 95, 2)

 

Per la riflessione

Allontana da me una simile follia, Signore, affinché la mia bocca non sia per me l’olio del peccatore per ungere il mio capo (Sal 140, 5). (Conf. X, 37.62)

 

Pensiero agostiniano

Tu che ti dai tanto da fare per morire un po’ più tardi, fa’ qualcosa per non morire mai. (Sermo 302, 4)

17/07

 

Preghiera

O Dio verità, fondamento, principio e ordinatore della verità di tutti gli esseri che sono veri: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Quante sofferenze per allungare questa misera vita!

Se per la vita medesima che un giorno o l’altro dovrà finire si affrontano le fatiche, i pericoli, i disastri di questa vita transitoria non con lo scopo di allontanarne del tutto la fine, ma di differirla un poco, quanto più seriamente bisogna affrontare le presenti sciagure per la vita eterna, dove la natura non si premunisce contro la morte con trepidazione né la codardia la teme vigliaccamente né la sapienza la sopporta con fortezza. Per nessuno ci sarà più la morte poiché essa non esisterà più. La vita eterna ti annoveri dunque fra i suoi innamorati. Non vedi quanti spasimanti ha questa vita miserabile e povera e quanto li asservisce a se stessa? Spesso, turbati dai pericoli a cui la vita è soggetta, vi pongono termine tanto più presto proprio per la paura che termini e, mentre evitano la morte, la affrettano a guisa di chi si getta in un fiume per esserne travolto, nel tentativo di sfuggire ad un brigante o ad una belva. Quando la tempesta infuria, i marinai gettano in mare a volte anche gli alimenti; e per sopravvivere si disfanno dei mezzi per vivere, per non terminare presto la vita che si trascorre persino in mezzo ai travagli. Con quante pene si ottiene di prolungare le pene! Ma quando la morte comincia a sovrastare, allora si cerca di evitarla per temerla più a lungo. Difatti, in mezzo a tanti accidenti della fragilità umana, quante specie di morte si temono, mentre quando una sola di esse verrà, non v’è certo da temere le altre. E nondimeno se ne fugge una sola perché si abbia paura di tutte. Da che dolori lancinanti sono tormentati coloro che vengono curati e operati dai medici! Forse per non morire? Nient’affatto, ma solo per morire un po’ più tardi. Si sopportano molti tormenti sicuri, perché si aggiungano alla vita solo pochi giorni malsicuri. (Ep. 127, 2)

 

Per la riflessione

So soltanto che le cose caduche e passeggere si devono disprezzare, le cose immutabili ed eterne ricercare. Ciò so, o Padre, poiché questo solo ho appreso, ma ignoro da dove si deve partire per giungere a te. Tu suggeriscimelo, tu mostrami la via e forniscimi ciò che necessita al viaggio. (Soliloquia I, 1.5)

 

Pensiero agostiniano

Ti dispiaccia sempre ciò che sei, se vuoi guadagnare ciò che non sei. (Sermo 169, 15.18)

18/07

 

Preghiera

Ormai io te solo seguo, [Dio mio, Signore mio,] te solo cerco e sono disposto ad essere soggetto a te soltanto, poiché tu solo con giustizia eserciti il dominio ed io desidero essere di tuo diritto. (Soliloquia I, 1.5)

 

Lettura

Solo da Dio viene la felicità

Nessuno può essere veramente amico dell’uomo se non è innanzi tutto amico della verità: questo amore se non è disinteressato non è assolutamente possibile.

Su tale argomento hanno discusso molto anche i filosofi, ma nei loro scritti non si trova alcun cenno del vero sentimento religioso, cioè del genuino culto del vero Dio. La causa di ciò è - a mio parere – ch’essi hanno voluto fabbricarsi la felicità a modo loro e hanno creduto ch’era necessario procacciarsela da sé stessi anziché impetrarla, mentre Colui che la concede è soltanto Iddio. Infatti rende felice l’uomo, solo Colui che l’ha creato. In realtà Chi elargisce ai buoni e ai cattivi sì grandi beni della sua creazione, vale a dire l’esistenza, la natura umana, la vigoria dei sensi, l’energia fisica, l’abbondanza delle ricchezze, darà sé stesso ai buoni affinché siano felici, poiché anche l’essere buoni è dono di Lui. Al contrario i filosofi i quali in questa vita piena di affanni, con queste membra destinate alla morte, sotto il peso della carne corruttibile, hanno voluto essere autori e, per così dire, creatori della propria felicità come se potessero raggiungerla e quasi averla in possesso con le proprie virtù, senza chiederla e sperare di attingerla dalla fonte delle virtù, non hanno potuto affatto comprendere che Dio resisteva alla loro superbia. […] Essi cedono di fronte ai mali fisici divenuti eccessivi e dichiarano che si deve partire da questa vita quando le molestie sono troppo dolorose. (Ep. 155, 1.1-2)

 

Per la riflessione

Voglio te, giustizia e innocenza bella e ornata delle tue pure luci e di un’insaziabile sazietà. Accanto a te una pace profonda e una vita imperturbabile. Chi entra in te, entra nel gaudio del suo Signore (Mt 25, 21);non avrà timori e si troverà sommamente bene nel sommo Bene. (Conf. II, 10.18)

 

Pensiero agostiniano

Amico, rimani unito a Dio, dal quale sei stato creato uomo; rimani attaccato a lui, confida in lui, invoca lui, la tua forza è lui. (Sermo 97, 4)

19/07

 

Preghiera

Nella Chiesa del mondo intero ti confesserò. Scioglierò i miei voti alla presenza di quanti lo temono: eleverò alla presenza di chi lo teme il sacramento del mio corpo e del mio sangue. (En. in Ps. 21, I, 26)

 

Lettura

Non siano amanti di se stessi i pastori di Cristo!

Non siano amanti di se stessi coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma come di Cristo. E non cerchino di trarre profitto da esse, come fanno gli amanti del denaro; né di dominarle come i vanagloriosi o vantarsi degli onori che da esse possono ottenere, come gli arroganti; né come i bestemmiatori presumere di sé al punto da creare eresie; né, come i disobbedienti ai genitori, siano indocili ai santi padri; né, come gli ingrati, rendano male per bene a quanti vogliono correggerli per salvarli; né, come gli scellerati, uccidano l’anima propria e quella degli altri; né come gli empi, strazino le viscere materne della Chiesa; né, come i disamorati, disprezzino i deboli; né, come i calunniatori, attentino alla fama dei fratelli; né, come gli incontinenti, si dimostrino incapaci di tenere a freno le loro perverse passioni; né, come gli spietati, siano portati a litigare; né, come chi è senza benignità, si dimostrino incapaci a soccorrere; né, come fanno i traditori, rivelino agli empi ciò che si deve tenere segreto; né, come i procaci, turbino il pudore con invereconde esibizioni; né, come chi è accecato dai fumi dell’orgoglio, si rendano incapaci d’intendere quanto dicono e sostengono; né, come gli amanti del piacere più che di Dio, antepongano i piaceri della carne alle gioie dello spirito. Tutti questi e altri simili vizi, sia che si trovino riuniti in uno stesso uomo, sia che si trovino sparsi qua e là, pullulano tutti dalla stessa radice, cioè dall’amore egoistico di sé. Il male che più d’ogni altro debbono evitare coloro che pascono le pecore di Cristo, è quello di cercare i propri interessi, invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle proprie cupidigie coloro per i quali fu versato il sangue di Cristo. L’amore per Cristo deve, in colui che pasce le sue pecore, crescere e raggiungere tale ardore spirituale da fargli vincere quel naturale timore della morte a causa del quale non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. (In Io. Ev. 123, 5)

 

Per la riflessione

Se il buon pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore, ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore devono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare? (In Io. Ev. 123, 5)

 

Pensiero agostiniano

Rispetta Cristo in te, riconosci Cristo in te. (Sermo 161, 1.1)


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