00 13/09/2014 22:05
Confrontare il passo dell'Apostolo con i testi delle Scritture.

15. 26. Se, dunque, tutte queste affermazioni ed altre ancora che si possono trovare in quantità per tutte le Scritture formulate senza ambiguità, saranno false, allora potrà essere vera quella interpretazione che danno della legna, del fieno e della paglia, secondo la quale saranno salvi attraverso il fuoco quelli che si sono limitati a serbare la fede in Cristo e hanno trascurato le opere buone. Se invece le affermazioni riportate sono vere oltre che chiare, allora non c'è alcun dubbio che quel passo dell'Apostolo va interpretato in un altro modo e deve essere posto tra quelli a proposito dei quali Pietro dice che nei suoi scritti vi sono alcune cose difficili da comprendere, ma che gli uomini si devono guardare bene dallo stravolgerne il senso a loro propria rovina, fino al punto di assicurare, in contrasto con evidentissimi testi delle Scritture, a individui completamente pervertiti e ostinatamente attaccati alla loro perversione che otterranno la salvezza, pur restando gli stessi, cioè senza correggersi e senza fare penitenza.

Su questo punto preferirei ascoltare esegeti migliori di me.

16. 27. A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi quale è la mia opinione sul passo richiamato dell'apostolo Paolo e come ritenga che debba essere interpretato. Confesso che sull'argomento preferirei ascoltare esegeti più penetranti e competenti, capaci di spiegarlo in modo che conservino tutta la loro verità e incontrovertibilità sia i testi sopra richiamati sia tutti gli altri non richiamati, con i quali la Scrittura attesta in modo assolutamente inequivocabile che la fede non giova a niente, se non si tratta di quella che, come l'ha definita l'Apostolo, opera per mezzo della carità 72; invece la fede senza le opere non può salvare né senza il fuoco né per mezzo del fuoco, perché, se salva attraverso il fuoco, in ogni caso è ancora essa che salva, mentre è detto in modo assolutamente chiaro: Che giova ad uno dire di avere la fede, se non ha le opere? Forse che quella fede potrà salvarlo? 73. Dirò tuttavia, nella forma più breve possibile, anche quale è la mia opinione su quel passo dell'Apostolo Paolo difficile da intendersi; però, a proposito della mia dichiarazione, si tenga conto soprattutto di quello che ho già detto, cioè che su questo punto preferirei ascoltare esegeti migliori di me. Che Cristo sia fondamento rientra nel piano del sapiente Architetto, e questo non ha bisogno di spiegazione perché è detto chiaramente: Nessuno infatti può porre altro fondamento oltre quello già posto, cioè Gesù Cristo 74. Ma se Cristo, senza dubbio la fede in Cristo: per mezzo della fede, infatti, Cristo abita nei nostri cuori, come dice lo stesso Apostolo 75. Inoltre, se la fede in Cristo non può essere che quella che, come l'ha definita l'Apostolo, opera per mezzo della carità; infatti non può essere presa come fondamento la fede dei demoni, benché anche essi credano e, tremanti 76, confessino che Gesù è il Figlio di Dio 77. E per quale ragione, se non perché non è fede che opera per mezzo dell'amore, ma fede che si manifesta sotto la pressione del timore? È dunque la fede in Cristo, la fede della grazia cristiana, cioè la fede che opera per mezzo dell'amore e che, posta nel fondamento, non permette a nessuno di perdersi. Ma che cosa significhi edificare su questo fondamento con oro, argento e pietre preziose, oppure con legno, fieno e paglia, temo che, se cercassi di approfondirlo, la spiegazione stessa sarebbe piuttosto difficile da comprendere. Tuttavia, con l'aiuto del Signore, mi sforzerò di esporre in breve e, per quanto potrò, in modo chiaro quello che penso. Ecco: colui che chiese al buon maestro che cosa doveva fare di buono per avere la vita eterna, si sentì rispondere che, se desiderava avere la vita eterna, doveva osservare i comandamenti; e quando poi domandò quali comandamenti, gli fu risposto: Non ucciderai, non commetterai adultèri, non ruberai, non testimonierai il falso; onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso 78. Agendo così nella fede di Cristo, senza dubbio avrebbe posseduto la fede che opera per mezzo della carità: infatti, non avrebbe potuto amare il prossimo come se stesso, se non dopo aver accolto l'amore di Dio, senza il quale non avrebbe potuto amare se stesso. Ebbene, se avesse fatto anche quello che il Signore aggiunse dicendo: Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi 79, avrebbe edificato sopra quel fondamento con oro, argento e pietre preziose; infatti, non avrebbe pensato ad altro che alle cose che sono di Dio e a come piacergli, e questi pensieri, a mio avviso, sono oro, argento e pietre preziose. Se invece, per una sorta di affezione carnale, fosse rimasto attaccato alle sue ricchezze - sebbene ne facesse materia per elemosine senza ricorrere, per aumentarle, a frodi o rapine e senza cadere nel vizio o nella colpa per timore di vederle diminuire o di disperderle (altrimenti già in questo modo si sarebbe sottratto alla stabilità di quel fondamento) - e se lo avesse fatto, come ho detto, per una sorta di affezione carnale nei loro confronti, per cui non potesse esser privo di tali beni senza dolore, avrebbe edificato su quel fondamento con legno, fieno e paglia. E questo sarebbe accaduto soprattutto se avesse avuto una moglie e, per causa sua, avesse pensato alle cose del mondo e a come piacerle. Poiché dunque queste cose, quando sono amate con attaccamento carnale, non si perdono senza dolore, per questo chi le possiede, benché abbia a fondamento la fede che opera mossa dalla carità, e per nessun motivo o cupidigia preferisca ad essa queste cose, tuttavia soffre un danno allorché le perde e così, attraverso questo dolore che è come un fuoco, perviene alla salvezza. Dal dolore di così grande danno uno è tanto più al riparo quanto meno le ha amate oppure le ha possedute come se non le possedesse. Chi invece o per conservarle o per ottenerle, ha commesso omicidio, adulterio, fornicazione, idolatria e cose simili, invece di essere salvato attraverso il fuoco grazie al fondamento, sarà tormentato col fuoco eterno, avendo perduto il fondamento.

Altro testo dell'Apostolo addotto da chi insegna che la fede senza le opere salva.

16. 28. Quasi per voler comprovare quanto vale la fede da sola, essi mi propongono quel passo dove l'Apostolo dice: Ma se il non credente vuole separarsi, si separi pure; in tal caso il fratello o la sorella non sono costretti a servitù 80, cioè che, a causa della fede in Cristo, si può ripudiare senza colpa alcuna la moglie stessa, anche se sposata con legittime nozze, qualora essa non volesse rimanere con il suo sposo cristiano, proprio perché è cristiano. Essi però non considerano che il ripudio è in tal modo pienamente giustificato, nel caso in cui questa dica a suo marito: " Non sarò tua moglie, se non accumulerai per me ricchezze anche rubando " oppure " se, anche da cristiano, non continuerai ad esercitare le solite ruffianerie, per le quali usavi la nostra casa ", e così di qualunque altro vizio o colpa che conoscesse nel marito, dalla quale era attratta e di cui saziava la sua libidine o ne ricavava abbondante vitto o si mostrava in pubblico con più sfarzo. Di fronte a questa dichiarazione della moglie, il marito, se si è veramente pentito delle opere morte quando si è accostato al battesimo e ha per suo fondamento la fede che opera per mezzo della carità, senza dubbio si sentirà più legato all'amore della grazia divina che a quello del corpo della moglie: per questo amputa coraggiosamente il membro che gli è di scandalo. Così, il dolore del cuore che sopporterà in questa rottura, a causa dell'attaccamento carnale alla moglie, è il danno che deve subire, il fuoco attraverso il quale, mentre il fieno arde, egli si salverà. Se invece aveva già la moglie come se non l'avesse, rendendole più che non esigendo il debito coniugale non per passione ma per misericordia, nell'intento di salvare anche lei, di certo non proverà alcun dolore carnale quando tale unione si interromperà: in lei, del resto, non pensava che alle cose di Dio e come potesse piacere a Dio 81. Così, nella misura in cui edificava su quei pensieri con oro, argento e pietre preziose, nella stessa misura non pativa alcun danno e la sua costruzione, che non era fatta con fieno, non bruciava per nessun incendio.

L'interpretazione che propongo di questo passo non contrasta con il criterio della verità.

16. 29. Sia dunque che gli uomini patiscano queste pene soltanto in questa vita, sia che anche dopo questa vita seguano giudizi di tal genere, l'interpretazione che propongo di questo passo, per quanto credo, non contrasta con il criterio della verità. Comunque, se ce n'è un'altra che mi sfugge, va senz'altro preferita; fino a che ci atteniamo a questa, però, non siamo costretti a dire agli iniqui, agli indocili, agli empi, ai viziosi, ai parricidi, ai matricidi, agli omicidi, ai fornicatori, agli invertiti, ai plagiari, agli spergiuri e a quanti altri operino in modo contrario alla sana dottrina, che concorda con l'annuncio della gloria di Dio beato 82: " È sufficiente che crediate in Cristo e che riceviate il sacramento del suo battesimo, e voi sarete salvi, anche se non cambierete questa vostra pessima vita".

Nella cananea viene lodata la fede congiunta alle opere.

16. 30. Questo non ce lo impone neppure quella donna cananea, per il fatto che il Signore le concesse ciò che chiedeva, benché prima le avesse detto: Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini 83; perché egli, che scruta i cuori, la vide cambiata, quando la lodò. E appunto non disse: " O cane, grande è la tua fede ", ma: O donna, grande è la tua fede 84. Cambiò vocabolo, perché vide che era mutata la disposizione dell'animo e si rese conto che il rimprovero aveva dato il suo frutto. Sarebbe invece motivo di sorpresa se avesse lodato in lei una fede senza le opere, cioè una fede che non fosse già in condizione di operare per mezzo dalla carità, una fede morta, che Giacomo, senza il minimo dubbio, ha definito fede propria dei demoni, non dei cristiani. Da ultimo, se non vogliono intendere che questa cananea abbia mutato i suoi corrotti costumi, quando Cristo la redarguì con un atteggiamento di distacco e quindi di biasimo, tutte le volte che incontreranno persone disposte soltanto a credere, ma non a nascondere la loro vita assolutamente scandalosa, anzi pronte a renderla deliberatamente pubblica e a non volerla mutare, risanino i loro figli, se ne sono capaci, come fu risanata la figlia della donna cananea; si guardino bene tuttavia dal farne membri di Cristo, fino a che non smettano di essere membri di meretrice. Di certo, essi interpretano in modo sensato quando ritengono che pecca contro lo Spirito Santo ed è colpevole di un peccato imperdonabile per l'eternità, colui che fino alla fine della vita non ha voluto credere in Cristo; ma se interpretassero in modo corretto che cosa significhi credere in Cristo, capirebbero che non vuol dire avere la fede dei demoni, che è giustamente detta fede morta, ma la fede che opera per mezzo della carità.

Se non si ha la possibilità di correggere i cattivi nella Chiesa, non si deve avere neanche la temerarietà di escluderli.

17. 31. Alla luce di queste considerazioni, quando non ammettiamo al battesimo persone di tal genere, non è che ci sforziamo di strappare la zizzania prima del tempo, ma è che non vogliamo seminarne sempre di più, come il diavolo; non è che impediamo loro di venire al Cristo, mentre lo vorrebbero, ma facciamo loro vedere che, in base alla loro stessa dichiarazione, sono essi che non vogliono venire; non è che vietiamo loro di credere in Cristo, ma dimostriamo loro che non vogliono credere in Cristo coloro che o escludono che sia adulterio ciò che egli chiama adulterio o credono che gli adùlteri possono essere sue membra, quando egli, mediante l'Apostolo, dice che essi non possono possedere il regno di Dio e che sono in contrasto con la sana dottrina, la quale concorda con l'annuncio della gloria di Dio beato. Costoro, dunque, non sono da annoverare tra quelli che andarono al convito di nozze, ma tra quelli che non vollero andarci. Dal momento infatti che essi osano contraddire nel modo più esplicito la dottrina di Cristo e opporsi al Santo Vangelo, non sono respinti mentre desiderano venire, ma si guardano bene dal venire. Coloro invece che, almeno a parole, anche se non con i fatti, rinunziano a questo mondo, questi vengono e sono seminati in mezzo al grano, radunati sull'aia, aggregati alle pecore, presi nelle reti e uniti ai convitati; e, una volta che sono dentro, che si tengano nascosti o che si manifestino chiaramente, allora ci sarà una ragione per tollerarli: se non si ha la possibilità di correggerli, non si deve avere neanche la temerarietà di escluderli. Ma guardiamoci bene dall'interpretare il testo in cui è scritto che furono condotti al convito di nozze tutti quelli che trovarono, buoni e cattivi 85, in modo da credere che vi siano stati condotti anche quelli che dichiararono di voler restare cattivi. In tal caso sarebbero stati gli stessi servi del padrone di casa a seminare la zizzania, e allora sarà falso il passo che dice: È il nemico che l'ha seminata, il diavolo 86. Ma poiché questo passo non può essere falso, i servi vi condussero i buoni e i cattivi, cioè sia quelli che non si sarebbero manifestati tali, sia quelli che lo avrebbero fatto apertamente una volta accolti e fatti entrare. Ma "buoni e cattivi " può essere detto anche in riferimento a quel comportamento umano per cui si è soliti lodare o biasimare anche coloro che non hanno ancora la fede. Così si spiega la consegna del Signore ai discepoli che invia per la prima volta a predicare il Vangelo: che chiedano, in qualunque città arrivino, chi è degno, per abitare presso di lui fino a che non ripartiranno 87. Ora, chi sarà quest'uomo degno, se non colui che è ritenuto buono nella stima dei suoi concittadini? E chi indegno, se non colui che si è fatto conoscere da loro come malvagio? Perciò alla fede in Cristo vengono uomini sia dell'uno che dell'altro tipo, e così vi sono condotti i buoni e i cattivi, perché anche quelli cattivi non rifiutano di far penitenza per le opere morte. Nel caso in cui rifiutano, però, non sono respinti mentre vorrebbero entrare, ma sono essi stessi, in palese contraddizione, che rifuggono dall'entrata.

Chi è chiamato ad amministrare non dev'essere infingardo.

17. 32. Quanto al servo, dunque, egli sarà sicuro di non essere condannato tra gli infingardi, per non aver voluto investire il talento del padrone; sono essi piuttosto che non l'hanno voluto accogliere. Questa parabola 88 infatti è stata proposta per coloro che nella Chiesa non vogliono assumere l'incarico di dispensatori, adducendo come scusa per la loro infingardaggine che non vogliono rendere conto dei peccati altrui: essi ascoltano e non operano, cioè ricevono e non rendono. In verità, quando il dispensatore fedele e diligente, sempre pronto a investire e sempre sollecito ad incrementare i guadagni del padrone, dice all'adultero: " Non essere adultero se vuoi essere battezzato; credi al Cristo, che dice che è adulterio quello che fai, se vuoi essere battezzato; non voler essere membro di meretrice, se vuoi diventare membro di Cristo ", e quello risponde: " Non obbedisco, non faccio ", è lui che rifiuta di accettare la moneta autentica del padrone, preferendo piuttosto introdurre la sua moneta falsa nel tesoro del padrone. Se invece promettesse di fare e non facesse, e in seguito non ci fosse in nessun modo la possibilità di correggerlo, si potrebbe trovare che cosa farne per evitare che sia inutile agli altri, non potendo essere utile a se stesso, di modo che, nel caso in cui restasse un pesce cattivo nelle reti buone del Signore, tuttavia non potrebbe prendere nelle sue cattive reti altri pesci del Signore, ossia, se anche conducesse nella Chiesa una vita cattiva, tuttavia non vi introdurrebbe una cattiva dottrina. Al contrario, quando sono ammesse al battesimo tali persone, anche se difendono queste loro azioni o dichiarano in modo assolutamente manifesto che vi persevereranno, sembra che si elevi a principio proprio questo: fornicatori e adùlteri, benché permangano in tali malvagità fino alla fine della loro vita, possederanno il regno di Dio e, per merito di una fede morta, in quanto è senza le opere, avranno la vita e la salvezza eterna. Sono queste le cattive reti, dalle quali in modo particolare i pescatori devono guardarsi, se in quella similitudine evangelica con pescatori si devono intendere i vescovi o i responsabili di grado inferiore delle chiese, perché è detto: Venite e farò di voi pescatori di uomini 89. In effetti, con le reti buone si possono prendere tanto i pesci buoni quanto i pesci cattivi; con le reti cattive invece non si possono prendere i pesci buoni. Nella dottrina buona, appunto, può esserci tanto l'uomo buono, che l'ascolta e la mette in pratica, quanto quello cattivo, che l'ascolta ma non la mette in pratica; nella dottrina cattiva, invece, colui che la crede vera, pur non osservandola, è cattivo, colui che la osserva è peggiore.

La santa Chiesa serba il suo antico e radicato costume, che proviene in modo evidente dalla purissima verità.

18. 33. È davvero sorprendente il fatto che fratelli che sono di diverso avviso quando dovrebbero distaccarsi da questa opinione, nuova o vecchia che sia, ma comunque dannosa, proprio loro sostengano che è una nuova dottrina quella di non ammettere al battesimo le persone molto dissolute, che dichiarano pubblicamente di voler perseverare nelle loro colpe. Quasi non so dove vogliano andare a parare, quando non si permette di accostarsi ai sacramenti cristiani a meretrici, attori di teatro e a quanti altri fanno professione di pubblica immoralità, se non dopo abbiano sciolto, anzi spezzato tali vincoli. Secondo la loro opinione, infatti, tutti costoro sarebbero ammessi, se la santa Chiesa non serbasse il suo antico e radicato costume, che proviene in modo evidente da quella purissima verità, per la quale sa con certezza che chi commette tali azioni, non possederà il regno di Dio 90. È per questo che, se non avranno fatto penitenza delle opere morte, non è loro consentito di accedere al battesimo; e se anche lo avranno ottenuto in modo furtivo, essi non possono essere salvi, a meno che poi non si siano comportati diversamente. Quanto agli ubriaconi, agli avari, ai maldicenti e ad altri peccatori, pur detestabili, e che è difficile convincere con fatti palesi e rimproverare, tuttavia è possibile flagellarli piuttosto energicamente con precetti morali e istruzioni catechistiche: per questo sembra che tutti costoro si accostino al battesimo con la volontà cambiata in meglio. Ma per quel che riguarda gli adùlteri, ossia gli uomini che tengono le mogli altrui come fossero le proprie o le donne che tengono i mariti altrui come fossero i propri - adùlteri che non la legge umana, ma la legge divina condanna -, se per caso ci si è accorti che da qualche parte si è soliti ammetterli in modo piuttosto trascurato, bisogna sforzarsi di correggere questi abusi sulla base dei retti principi, cioè facendo in modo che neppure questi siano ammessi. Non bisogna distorcere i retti principi sull'esempio di queste perversioni, fino a pensare che i richiedenti non devono essere istruiti sull'obbligo di correggere i loro costumi e che, di conseguenza, anche tutti quelli che danno prova di pubblica immoralità e scelleratezza, cioè le meretrici, i lenoni, i gladiatori e altri dello stesso genere debbano essere ammessi, benché perseverino nei loro peccati. Quelli che si comportano in modo più fermo, una volta a conoscenza di tutti i peccati che l'Apostolo enumera concludendo chi commette tali azioni, non possederà il regno di Dio, intervengono in modo confacente e non ammettono a ricevere il battesimo coloro che resistono e dichiarano di voler perseverare nelle loro colpe.

Se tutte le colpe non consentono di essere ammessi al battesimo, l'adulterio è tra queste.

19. 34. Ma anche chi pensa che tutte le altre colpe possano essere facilmente riparate con elemosine, non dubita che tre di esse, cioè l'impudicizia, l'idolatria e l'omicidio, siano mortali e meritevoli di essere punite con la scomunica, fino a che non siano risanate con una penitenza più umiliante. Per ora nen c'è bisogno di chiedersi quale consistenza abbia questa loro opinione e se è da correggere o da approvare: allungheremmo l'opera intrapresa a causa di una questione che è ben poco necessaria alla soluzione del nostro problema. È sufficiente ciò che sappiamo, perché, se tutte le colpe non consentono di essere ammessi al battesimo, l'adulterio è tra queste; se invece non lo consentono soltanto le tre sopra citate, anche di esse fa parte l'adulterio, a causa del quale è nata questa discussione.

Forse per negligenza nelle istruzioni ai richiedenti su certi vizi non si indagava né si riprovava. Casi dubbi di adulterio.

19. 35. Ma poiché sembra che per i costumi dei cattivi cristiani, un tempo addirittura pessimi, non fosse un male il fatto che uomini sposassero la moglie di un altro o che donne sposassero il marito di un'altra, per questo forse si insinuò presso alcune chiese questa negligenza per cui nelle istruzioni ai richiedenti su tali vizi non si indagava né si riprovava. Così è avvenuto che si è incominciato anche a difenderli. Tali vizi tuttavia sono ancora rari nei battezzati, a meno che non li facciamo aumentare col trascurarli. Quella che alcuni chiamano negligenza, altri inesperienza, e altri ancora ignoranza, probabilmente è ciò che il Signore ha designato con il nome di sonno, dove dice: Ma mentre tutti dormivano venne il tuo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano 91. È da ritenere però che tali colpe non si siano manifestate subito nei costumi dei cristiani, sia pure cattivi, poiché il beato Cipriano che, nella lettera sui rinnegati, ricorda molte colpe deplorandole e stigmatizzandole, e dice che, a causa di esse, è stata giustamente provocata l'indignazione di Dio, tanto da permettere che la sua Chiesa fosse flagellata con un'intollerabile persecuzione, non le nomina affatto; non tace però di un'altra cosa - confermando così che appartiene agli stessi cattivi costumi - cioè il contrarre il matrimonio con i non credenti, asserendo che ciò equivale a prostituire le membra di Cristo ai Gentili. Questo ormai ai nostri tempi non è più ritenuto un peccato : siccome in verità il Nuovo Testamento non prescrive nulla in proposito, lo si è creduto lecito oppure lo si è lasciato come dubbio. Altrettanto incerto è se Erode avesse sposato la moglie del fratello morto o vivo; per questo non è chiaro che cosa Giovanni gli rimproverasse come illecito 92. Anche a proposito di una concubina che abbia dichiarato di non volersi più unire a nessun uomo, qualora sia rimandata da colui a cui è legata, a ragione si dubita se non debba essere ammessa a ricevere il battesimo. Anche chi abbia rimandato la moglie sorpresa in adulterio e ne abbia sposata un'altra, non sembra che debba essere assimilato nel giudizio a coloro che divorziano e si risposano senza il motivo dell'adulterio. Nelle stesse parole divine non è così chiaro se colui, al quale senza dubbio è lecito rimandare l'adultera, sia a sua volta da ritenersi adultero qualora si risposi: in tal caso, per quanto ritengo, la sua colpa sarebbe veniale. Per la qual cosa quelli che sono manifesti peccatori di impudicizia devono essere assolutamente esclusi dal battesimo, a meno che non si purifichino con il mutamento della volontà e con la penitenza. Relativamente ai casi dubbi, invece, bisogna sforzarsi in ogni modo perché tali unioni non avvengano. Che utilità infatti c'è a cacciarsi in una situazione di così pericolosa ambiguità? Ma se si tratta di cose già avvenute, non so se coloro che le hanno commesse in modo analogo non debbano essere ammessi al battesimo.

Questo è l'ordine della cura di un adultero che chiede il battesimo.

20. 36. Secondo la salvifica dottrina della verità, dunque, per non dare a nessun peccato mortale una dannosissima sicurezza e non attribuirgli neppure un'autorevolezza addirittura pestifera, questo è l'ordine della cura: i battezzandi credano in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo secondo la formula con la quale il simbolo viene trasmesso; poi facciano penitenza per le opere morte e siano certi di ottenere con il battesimo la remissione indistintamente di tutti i peccati passati: non però perché sia loro consentito di peccare, ma perché non nuoccia l'averlo fatto, ovvero perché sia rimesso il male fatto, non perché sia permesso di farne ancora. Allora in verità si può dire, anche in senso spirituale: Ecco, sei stato risanato, non peccare più 93, cioè le parole che il Signore pronunciò a proposito di una guarigione fisica, sapendo che, a colui che aveva guarito, gli era sopraggiunta anche la malattia del corpo, a causa dei suoi peccati. Ma mi meraviglio come costoro ritengano che si possa dire: Ecco, sei stato risanato ad un uomo che da adultero si presenta a ricevere il battesimo e da adultero se ne va, una volta che l'ha ricevuto. Quale malattia infatti sarà grave e fatale, se l'adulterio sarà sanità?

Da alcuni fatti minori possiamo farci un'idea su quelli di maggiore portata.

21. 37. " Ma, obiettano, fra i tremila che gli Apostoli hanno battezzato in un sol giorno, e fra le tante migliaia di credenti tra i quali l'Apostolo ha diffuso il Vangelo, da Gerusalemme fino all'Illirico 94, di certo c'erano uomini uniti con mogli altrui o donne unite con mariti altrui. Per costoro gli Apostoli dovettero fissare una regola, che in seguito le Chiese avrebbero conservato, per decidere se ammetterli o no al battesimo, prima che si emendassero dei loro adultèri ". Come se, allo stesso modo, non si potesse replicare loro che non trovano menzione di nessuno che vi è stato ammesso essendo in tale condizione; oppure si potrebbero ricordare le colpe dei singoli uomini, impresa ovviamente senza fine, quando invece basta ed avanza quella regola generale con la quale Pietro, sostenendolo con parecchie parole, raccomanda ai battezzandi: Salvatevi da questa generazione perversa 95. Chi infatti potrebbe dubitare che appartengano alla perversità di questa generazione gli adulteri e coloro che hanno scelto di persistere nella medesima iniquità? In modo analogo anche delle pubbliche meretrici, che nessuna Chiesa ammette al battesimo se prima non si sono liberate della loro vergognosa condizione, si può dire che se ne sarebbero potute trovare allora in mezzo a tante migliaia di credenti di tante nazioni, e che gli Apostoli avrebbero dovuto fissare criteri circa la loro ammissione o esclusione. Pur tuttavia, da alcuni fatti minori possiamo farci un'idea su quelli di maggiore portata. Così, se ai pubblicani che venivano al battesimo di Giovanni fu proibito di esigere di più di quanto era stato fissato 96, riterrei strano che a coloro che venivano al battesimo di Cristo potesse essere permesso l'adulterio.

I due peccati dei Giudei: incredulità e crudeltà.

21. 38. Sono soliti ricordare anche che gli Israeliti hanno commesso molte e gravi colpe e hanno versato molto sangue dei profeti, e che tuttavia hanno meritato di essere annientati non per questi fatti, ma soltanto per la mancanza di fede, per la quale non vollero credere in Cristo. Chi sostiene ciò non vede che il loro peccato non fu soltanto questo, cioè di non aver creduto in Cristo, ma anche di averlo ucciso. Di questi due peccati l'uno attiene alla colpa di incredulità, l'altro alla colpa di crudeltà: il primo infatti è contro la retta fede, il secondo contro la buona vita. Dell'uno e dell'altro vizio è libero colui che ha fede in Cristo, non però quella senza le opere, cioè la fede morta, che si trova anche nei demoni 97, ma la fede della grazia, la quale opera per mezzo della carità 98.

Del regno si impadroniscono coloro che fanno violenza con la fede, ottenendo lo spirito d'amore.

21. 39. Questa è la fede della quale è detto: Il regno di Dio è in mezzo a voi 99. Del regno infatti si impadroniscono coloro che fanno violenza con la fede, ottenendo lo spirito d'amore, nel quale è la pienezza della legge 100, mentre, senza l'amore, la lettera della legge li rendeva colpevoli anche della trasgressione. Pertanto non si deve credere che il passo: Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono 101, voglia dire che anche i malvagi, con la sola fede, pur vivendo in modo pessimo, hanno il regno dei cieli, ma che quella colpa della trasgressione, che la legge da sola, cioè la lettera senza lo spirito, provocava ordinando, viene dissolta mediante la fede, e che con la violenza della fede si ottiene lo Spirito Santo, in virtù del quale, diffusosi la carità nei nostri cuori 102, la legge è portata a compimento non per timore della pena, ma per amore della giustizia.

Conoscere Dio è proprio della fede congiunta alle opere.

22. 40. In nessun modo dunque la mente incauta si lasci ingannare, ritenendo di aver conosciuto Dio, quando fa professione di fede in lui con una fede morta, cioè senza le opere, alla maniera dei demoni, e per questo presume ormai che avrà la vita eterna, perché il Signore dice: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo 103. Deve tener conto anche di quell'altro passo, dove è scritto: Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice " Lo conosco " e non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo e la verità non è in lui 104. E perché nessuno ritenga che i suoi comandamenti riguardano la fede soltanto, sebbene nessuno abbia mai osato dirlo, soprattutto perché egli parlò di comandamenti, dicendo, per non disperdere l'attenzione con il numero, da quei due dipende tutta la Legge e i Profeti 105 (peraltro, si potrebbe giustamente dire che i comandamenti di Dio riguardano la sola fede, se si intende non la fede morta, ma quella viva, che opera per mezzo dell'amore), Giovanni stesso poi chiarì cosa volesse dire, quando aggiunse: Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e che ci amiamo l'un l'altro 106.

Questo giova: credere in Dio con retta fede, adorarlo, conoscerlo e sperare nella sua misericordia.

22. 41. Questo dunque giova: credere in Dio con retta fede, adorare Dio, conoscere Dio, in modo da ottenere da lui l'aiuto a vivere bene e, in caso di peccato, da meritare la sua indulgenza, non già perseverando sicuri nelle azioni che ha in odio, ma distaccandocene e dicendo a lui: Io ho detto, o Signore, abbi pietà di me; risana l'anima mia perché ho peccato contro di te 107, cosa che non possono dirglielo quanti non credono in lui e lo dicono invano quanti, essendo tanto lontani da lui, sono fuori della grazia del Mediatore. A questo proposito nel libro della Sapienza ci sono quelle parole che non so come siano intese da una funesta ppresunzione: Anche se pecchiamo, siamo tuoi 108; e questo naturalmente perché abbiamo un Signore buono e grande, che vuole e può guarire i peccati di quanti si pentono, ma che non per questo è assolutamente incapace di disperdere chi permane nella malvagità. Infine, dopo aver detto siamo tuoi, l'autore ha aggiunto: Sapendo la tua potenza: in ogni caso una potenza a cui il peccatore non sarebbe in grado di sottrarsi o di nascondersi. E per questo continuando ha detto: Ma non peccheremo più, perché sappiamo di appartenere a te 109. Chi infatti, meditando come si conviene sulla nostra futura dimora presso Dio - alla quale sono predestinati tutti coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno -, non si sforzerà di vivere in modo da essere in armonia con tale dimora? E ciò, dunque, che Giovanni dice: Vi ho scritto queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; è lui la vittima espiatrice per i nostri peccati 110, non lo fa perché continuiamo con tranquillità a peccare, ma perché, distaccandoci dai peccati, se li abbiamo commessi, non disperiamo affatto dell'indulgenza, grazie a quel difensore di cui sono privi coloro che non credono.

Resurrezione in vista della vita, resurrezione in vista del giudizio.

23. 42. Da queste parole, dunque, non è promessa nessuna condizione più mite per chi voglia credere in Dio, perseverando nei cattivi costumi; ancor meno lo è dalle parole dell'Apostolo: Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge 111. In questo passo è come se ci fosse qualche differenza tra andare in rovina e essere giudicati, quando invece, nonostante le parole diverse, il significato è lo stesso. Le Scritture infatti sono solite adoperare giudizio anche per condanna eterna, come avviene nel Vangelo, dove si dice: Verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno: quanti fecero il bene, per una resurrezione di vita e quanti fecero il male, per una resurrezione di giudizio 112. Qui non è detto: Questo per coloro che hanno creduto, quello invece per coloro che non hanno creduto, ma Questo per coloro che agirono bene, quello per coloro che agirono male. E in verità la vita buona è inseparabile dalla fede che opera per mezzo della carità: anzi la fede stessa è la vita buona. Vediamo pertanto che il Signore ha detto resurrezione per il giudizio per indicare resurrezione per la dannazione eterna. Di tutti quelli che resusciteranno (e senza dubbio ci saranno anche quanti non credono affatto, perché anche essi sono nelle tombe) ha fatto due parti, annunciando che gli uni risorgeranno per una resurrezione in vista della vita, gli altri per una resurrezione in vista del giudizio.

Le Scritture sono solite adoperare giudizio anche per condanna eterna.

23. 43. Possono obiettare che in questo passo non si devono intendere più coloro che non credono affatto, ma coloro che saranno salvati attraverso il fuoco, perché hanno creduto, nonostante abbiano condotto una vita cattiva: così pensano che con il termine giudizio si designi la loro pena transitoria. Ma questa obiezione è assolutamente impudente, dal momento che il Signore ha ripartito tutti quelli che risorgeranno (e tra questi senza dubbio ci saranno anche i non credenti) secondo due destinazioni, vita e giudizio, volendo così, benché non abbia aggiunto l'aggettivo, che si intendesse giudizio eterno, come pure per la vita. Non dice infatti " per la resurrezione della vita eterna ", pur volendo che fosse intesa così. Vedano, d'altro canto, che cosa potranno replicare nei confronti del testo che dice: Chi poi non crede, è già giudicato 113. Qui infatti non c'è possibilità di dubbio: o intendono giudizio nel senso di dannazione eterna, oppure si arrischieranno a sostenere che anche i non credenti si salveranno attraverso il fuoco, poiché il testo dice: Chi non crede, è già giudicato, ossia è già destinato al giudizio. E non sarà una promessa di grande beneficio per quanti credono e vivono male, dal momento che anche quelli che non credono non dovranno subire condanna, ma giudizio. Se poi non si arrischieranno a sostenerlo, non si azzardino a promettere alcunché di più mite per coloro dei quali è stato detto: Saranno giudicati secondo la legge, poiché è evidente che giudizio è usato spesso anche per indicare dannazione eterna. Ma c'è dell'altro: troviamo che la condizione di quanti peccano consapevolmente non solo non è affatto più mite, ma anzi più grave. Di questi appunto fanno parte soprattutto coloro che hanno ricevuto la legge, perché, come sta scritto, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione 114. Di qui anche il passo che dice: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato ha suscitato in me ogni sorta di desiderio 115. E potrei citare molte altre affermazioni che il medesimo Apostolo dice in proposito. Da questa colpa più grave libera la grazia dello Spirito Santo, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, la quale, diffondendo la carità nei nostri cuori, dona la gioia della giustizia, che sconfigge la smodatezza della concupiscenza. Da quanto detto è così confermato che non solo non si deve pensare ad una sorte più mite, ma addirittura ad una più grave per coloro a proposito dei quali è detto: Quanti hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge 116, che non per coloro che, peccando senza la legge, periranno senza la legge. In questo passo dunque non indica una pena transitoria, ma quella con la quale saranno condannati anche i non credenti.

La grazia è necessaria a tutti, sia Giudei che Gentili.

23. 44. Essi appunto fanno ricorso a questo testo per promettere la salvezza attraverso il fuoco a coloro che, pur credendo, vivono in modo pessimo, per cui annunziano loro: Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge 117, come se dicesse: " Non periranno, ma saranno salvi attraverso il fuoco ". Non hanno tenuto conto però che questo discorso su quelli che hanno peccato senza la legge e quelli che hanno peccato sotto la legge l'Apostolo l'ha fatto in riferimento ai Gentili e ai Giudei, per dimostrare che la grazia di Cristo, che ci rende liberi, è necessaria non soltanto per i Gentili, ma per entrambi, come del resto mostra in modo evidente l'intera Lettera ai Romani. Ora dunque, spero, non prometteranno la salvezza attraverso il fuoco anche ai Giudei che peccano sotto la legge e dei quali è detto Saranno giudicati con la legge, se non li libera la grazia di Cristo; poiché di essi appunto è detto: Saranno giudicati con la legge. E se non lo fanno, per non cadere in contraddizione (li considerano infatti colpevoli del gravissimo peccato di non credere), perché allora estendono, per quel che attiene la fede in Cristo, ai non credenti e ai credenti quanto è stato detto di coloro che peccarono senza la legge e di coloro che peccarono sotto la legge, mentre era riferito ai Giudei e ai Gentili, per invitare entrambi alla grazia di Cristo?

24. 44. Non è stato detto infatti: " Coloro che hanno peccato senza la fede, periranno senza la fede " e: " coloro che hanno peccato sotto la fede, saranno giudicati con la fede ", ma è stato detto senza la legge e sotto la legge, perché apparisse chiaro che toccava un argomento la cui discussione riguardava i Giudei e i Gentili e non i buoni e i cattivi cristiani.

Non è promessa la salvezza attraverso il fuoco a coloro che, pur credendo, vivono in modo pessimo.

24. 45. Pur tuttavia, se vogliono che in quel testo " legge " sia presa per " fede " - interpretazione peraltro troppo impudente e priva di senso -, anche in tal caso possono leggere un testo ben chiaro dell'apostolo Pietro. Nel parlare di coloro che avevano preso a pretesto per la carne e come velo per la loro malizia le parole secondo cui noi, appartenendo al Nuovo Testamento, non di una schiava siamo figli, ma di una donna libera, per mezzo della quale Cristo ci ha liberati 118, e che avevano creduto che vivere liberamente volesse dire ritenere lecito, come rassicurati da tale redenzione, tutto quello che paresse loro, non badando che è anche detto: Voi, o fratelli, siete stati chiamati alla libertà; purché però non vogliate fare di questa libertà un pretesto per vivere secondo la carne 119, Pietro stesso appunto dice: Liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia 120. Di questi parla anche nella sua seconda lettera e dice: Costoro sono come fonti senz'acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro sono riservate dense tenebre. Infatti, pronunziando discorsi gonfi di vanità allettano con le seduzioni della carne e con le dissoluzioni coloro che erano appena riusciti a distaccarsi da quelli che vivono nell'errore. Promettono loro la libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione, perché uno è schiavo di colui che l'ha vinto. Se infatti, dopo aver fuggito le sozzure del mondo, mediante la conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro nuova condizione è peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, rinnegare il santo comandamento che era stato loro trasmesso. È accaduto a loro quello che dice il proverbio: " Il cane è tornato al suo vomito " e quell'altro " La scrofa lavata, è tornata a avvoltolarsi nel fango " 121. A che scopo si promette ancora, in contrasto con questa chiarissima verità, a coloro che hanno conosciuto la via della giustizia, cioè Cristo Signore, e vivono in modo perverso, una sorte migliore di quella che avrebbero avuto se non l'avessero conosciuto affatto, dal momento che è detto nel modo più esplicito: Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, rinnegare il Santo comandamento che era stato loro trasmesso?

Il santo comandamento con cui ci è ordinato di vivere una vita integra, distaccati dalle sozzure di questo mondo.

25. 46. E in questo testo per santo comandamento non si deve intendere quello con cui ci viene ordinato di credere in Dio, quantunque in questo sia contenuto tutto, se intendiamo per fede dei credenti quella che opera mediante la carità. Pietro, del resto, ha reso chiaramente manifesto che cosa intendesse con santo comandamento: quello, cioè, con cui ci è ordinato di vivere una vita integra, distaccati dalle sozzure di questo mondo. Così appunto dice: Se infatti, dopo aver fuggito le sozzure del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro nuova condizione è peggiore della prima. Non dice "dopo aver fuggito l'ignoranza di Dio " o " dopo aver fuggito l'incredulità del mondo " o altro di tal genere, ma le sozzure del mondo, nelle quali è inclusa tutta l'impudicizia dei vizi. Parlando infatti di tali persone, poco prima ha detto: Prendendo cibo insieme con voi, hanno gli occhi pieni di adulteri e insaziabili di peccato 122. Per questo li chiama anche fonti senz'acqua: fonti perché hanno ricevuto la conoscenza di Cristo Signore, ma senz'acqua perché non vivono in modo conseguente. Anche l'apostolo Giuda, parlando di questi tali, dice: Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, sedendo a mensa senza ritegno, pensando solo a pascere se stessi, come nuvole senza pioggia 123, e altro ancora. Ciò che Pietro dice: Prendendo cibo insieme con voi, hanno gli occhi pieni di adulterio, lo dice anche Giuda: Sono la vergogna dei vostri banchetti: essi infatti si mescolano con i buoni nel banchetto dei sacramenti e nelle agapi del popolo. Le parole che Pietro dice: Fonti senz'acqua, sono anche di Giuda: Nuvole senza pioggia, e anche di Giacomo: Fede morta 124.

Non si prometta la pena transitoria del fuoco a coloro che vivono in modo turpe e scellerato.

25. 47. Non si prometta, dunque, la pena transitoria del fuoco a coloro che vivono in modo turpe e scellerato, perché hanno conosciuto la via della giustizia: per essi sarebbe stato meglio non conoscerla, come attesta la Scrittura che è assolutamente veritiera. Di tali persone invero anche il Signore dice: La nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima 125, perché, non accogliendo lo Spirito Santo come ospite della sua purificazione, ha fatto tornare in sé lo spirito immondo accresciuto notevolmente. A meno che costoro dei quali parliamo siano da giudicare migliori non perché non sono ritornati all'impurità degli adultèri, ma perché non se ne sono distaccati, e non perché non si sono macchiati di nuovo, una volta purificati, ma perché hanno rifiutato di purificarsi. In effetti, per accostarsi al battesimo con la coscienza risollevata, non si degnano neppure di vomitare le loro vecchie sozzure, pronti a trangugiarle di nuovo, alla maniera dei cani, ma pretendono di accostarsi allo stesso santo bagno con il cuore pervicacemente duro, conservando la malvagità non digerita: non la occultano sotto una promessa anche falsa, ma la ostentano con l'impudenza di chi ne fa pubblica professione. E, senza uscire da Sodoma, guardano di nuovo alle cose passate, alla maniera della moglie di Loth 126, ma rifiutano assolutamente di uscire da Sodoma: si sforzano di arrivare fino a Cristo in compagnia di Sodoma. L'Apostolo Paolo dice: Io che un tempo ero stato un bestemmiatore, un persecutore, un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede 127; e a costoro si dice: A voi piuttosto allora sarà usata misericordia se, consapevolmente, sarete vissuti male nella stessa fede. Sarebbe troppo lungo e forse senza fine voler mettere insieme tutti i testi delle Scritture nei quali appare in modo chiaro che la colpa di quanti conducono consapevolmente una vita molto malvagia e perversa non solo non è più leggera di quelli che lo fanno inconsapevolmente, ma addirittura proprio per questo è più grave. Di conseguenza saranno sufficienti le cose dette.

Alla santità del battesimo corrisponda la santità della vita cristiana per ricevere la vita eterna. Tre categorie di peccati

26. 48. Guardiamoci bene dunque, con l'aiuto del Signore Dio nostro, dal dare agli uomini una falsa sicurezza dicendo loro che, una volta battezzati in Cristo, in qualunque modo saranno vissuti in questa fede, avranno la salvezza eterna. Non facciamo dei Cristiani, come i Giudei dei proseliti; a costoro il Signore dice: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselita e, ottenutolo, ne fate un figlio della Genna, il doppio di voi 128. Ma piuttosto seguiamo in ogni caso la sana dottrina di Dio nostro maestro, in modo che alla santità del battesimo corrisponda la santità della vita cristiana, e che a nessun uomo, a cui sia mancata l'una o l'altra delle due, sia promessa la vita eterna. Perché colui che ha detto: Se non rinasce per acqua e Spirito Santo, non può entrare nel regno dei cieli 129, ha anche detto: Se la vostra giustizia non supererà quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli 130. E di essi ha detto: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli Scribi e i Farisei. Quanto vi dicono fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno 131. La loro giustizia, dunque, consiste nel dire e non fare; appunto per questo volle che la nostra fosse superiore alla loro, e che consistesse nel dire e nel fare. Se tale non sarà stata, non si entrerà nel regno dei cieli. Con questo comunque nessuno deve insuperbire tanto da osare, non dico, di vantarsi davanti agli altri, ma neppure da pensare dentro se stesso di essere in questa vita senza peccato. Se non ci fossero peccati così gravi da dover essere puniti anche con la scomunica, l'Apostolo non direbbe: Essendo radunati insieme voi e il mio spirito, questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù 132. E anche: Che io non abbia a piangere su molti che hanno peccato in passato e non si sono convertiti dalle impurità e dalle fornicazioni che hanno commesso 133. E, parimenti, se non ci fossero peccati a cui si deve rimediare non con quell'umiliazione della penitenza, che viene imposta nella Chiesa a coloro che propriamente sono chiamati penitenti, ma con opportuni rimproveri, il Signore stesso non direbbe: Ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello 134. Infine, se non ci fossero quei peccati che sono inevitabili in questa vita, non avrebbe posto un rimedio quotidiano nell'orazione che ci ha insegnato perché diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 135.

Riassunto e conclusione.

27. 49. Ormai, per quanto credo, ho esposto a sufficienza ciò che penso sull'intera questione riguardo alla quale si erano sollevati tre problemi. Il primo è quello della mescolanza nella Chiesa dei buoni e dei cattivi, come del frumento e della zizzania. A questo proposito bisogna guardarsi dal ritenere che le similitudini - come questa o quella degli animali immondi nell'arca o quante altre del medesimo significato - siano state proposte perché dorma la disciplina della Chiesa, della quale, nella figura della famosa donna, è detto: Sorveglia l'andamento della casa 136. Esse sono state proposte per impedire che una temeraria follia, anziché una diligente severità, progredisca fino al punto di presumere di separare, per così dire, i buoni dai cattivi mediante empi scismi. Con queste similitudini e con queste predizioni infatti ai buoni non è stata considerata l'infingardaggine, per cui lascino correre ciò che debbono proibire, ma la pazienza, per cui, fatta salva la dottrina della verità, tollerino ciò che non riescono a correggere. E se sta scritto che nell'arca entrarono per vivere con Noè anche gli animali immondi, non per questo i responsabili non devono vietare ai danzatori, che sono ancora più immondi, di accostarsi al battesimo, qualora lo vogliano, cosa che di certo è meno grave che se lo facciano i fornicatori. Ma con questa figura di un fatto storico è stato preannunziato che nella Chiesa gli immondi ci sarebbero stati per un motivo di tolleranza, non per la corruzione della dottrina o per la dissoluzione della disciplina. Gli animali immondi, infatti, non entrarono per dove piacque loro, infranta la compagine dell'arca, ma, lasciandola intatta, per la medesima unica porta fatta dal costruttore. Il secondo problema è quello connesso al fatto che, secondo loro, ai battezzandi debba essere data soltanto la fede e che dopo, una volta battezzati, essi vanno istruiti sui costumi. Ma ho dimostrato in modo sufficiente, se non erro, che proprio allora, quando tutti coloro che richiedono il sacramento dei fedeli ascoltano con più attenzione e sollecitudine quanto viene loro detto, i responsabili dell'ammissione devono aver cura di non tacere la pena che il Signore minaccia per coloro che vivono male, perché non capiti che, proprio nel battesimo, a cui si accostano perché siano rimessi tutti i peccati loro imputati, siano accusati di peccati ancora più gravi. Il terzo problema è il più pericoloso: in quanto è stato poco considerato e non approfondito sulla base della parola divina, mi sembra che ne sia scaturita tutta intera quell'opinione per la quale si promette a quanti vivono in modo assolutamente malvagio e turpe, e perseverino in questo stile di vita, che avranno la salvezza e la vita eterna, purché credano in Cristo e ricevano i suoi sacramenti. Tutto ciò è contrario alla ben chiara affermazione del Signore il quale, a colui che desiderava la vita eterna, rispose: Se vuoi avere la vita, osserva i comandamenti 137, e ricordò appunto i comandamenti che prescrivono di evitare quei peccati ai quali, non so come, si promette la salvezza eterna per mezzo della fede senza le opere, cioè la fede morta 138. Di queste tre questioni, per quanto ritengo, ho discusso a sufficienza e ho dimostrato che i cattivi devono essere tollerati nella Chiesa in modo, però, da non trascurare la disciplina ecclesiastica; che coloro che chiedono il battesimo devono essere istruiti in modo che non solo ascoltino e accettino ciò che debbono credere, ma anche come debbano vivere; che ai fedeli è promessa la vita eterna, in modo però che nessuno pensi di poterla avere anche mediante la fede morta, la quale non può salvare senza le opere, ma mediante quella fede di grazia che opera per mezzo della carità 139. Perciò, non si incolpino i dispensatori fedeli, né la loro supposta negligenza o pigrizia, ma piuttosto l'ostinata renitenza di certuni che rifiutano la moneta del padrone e costringono i suoi servi a far fruttificare la loro falsa moneta. Non vogliono neppure essere dei malvagi del tipo di quelli ai quali si riferisce san Cipriano 140, i quali rinunciano al mondo con le parole soltanto e non con i fatti, dal momento che essi neppure a parole vogliono rinunziare alle opere del diavolo, dichiarando in modo assolutamente manifesto che persevereranno nell'adulterio. Se essi sono soliti proporre qualche altro argomento che per caso nella discussione non ho toccato, penso che non sia tale da richiedere una mia risposta, sia in quanto non pertinente con la questione trattata sia in quanto così inconsistente da poter essere confutato da chiunque con la massima facilità.