00 13/09/2014 21:57
La grazia di Dio è necessaria anche ai giusti per non peccare.

26. 29. Notate molto attentamente come dice: "Dio usa la sua misericordia anche in questa direzione quando occorre, perché aiutare l'uomo dopo il peccato è necessario. Dio però non ha voluto la causa di tale necessità". Vi accorgete o no che non dice necessaria la misericordia di Dio perché non pecchiamo, ma solo perché peccammo? Poi soggiunge: "Anche un medico dev'essere pronto a medicare chi si è già ferito, ma non deve desiderare che un uomo rimanga ferito". Ammesso che questo paragone sia pertinente al nostro caso, certo la natura umana non può essere ferita dal peccato, perché il peccato non è una sostanza. Accettato dunque il paragone, come uno che per esempio zoppica a causa di una ferita, viene medicato perché, guarito dal male passato, il suo incedere torni ad essere normale per il futuro, così il Medico divino non guarisce i nostri mali unicamente perché essi spariscano, ma perché in seguito possiamo camminare bene, e non lo potremo nemmeno da sani se non con il suo aiuto. Infatti un uomo che fa il medico, quando ha guarito un altro uomo, che da allora in poi dovrà essere sostentato con elementi e alimenti corporali perché la sua salute si consolidi e perseveri con l'assistenza opportuna, lo lascia a Dio, il quale offre i mezzi della convalescenza a coloro che vivono nella carne, come era il padrone anche degli altri rimedi che il medico adoperava durante la cura. In realtà un medico non guarisce nessuno con medicine di sua creazione, ma con sostanze che sono di colui che crea tutte le cose necessarie ai sani e ai malati. Viceversa Dio, quando egli stesso per mezzo dell'uomo Gesù Cristo 108, mediatore tra Dio e gli uomini, guarisce spiritualmente un malato o risuscita un morto, cioè giustifica un peccatore 109, e quando l'ha ricondotto alla perfetta salute, ossia alla perfezione della vita e della giustizia, non l'abbandona se non è abbandonato da lui!, perché viva sempre nella pietà e nella giustizia. Come infatti l'occhio corporale, benché sanissimo, non può vedere se non è aiutato dal chiarore della luce, così l'uomo, benché perfettissimamente giustificato, non può vivere rettamente se non è aiutato da Dio con la luce eterna della giustizia. Dio dunque ci guarisce non solo così da cancellare ciò in cui peccammo, ma da prestare anche l'aiuto perché non pecchiamo.


Come un dolore caccia un altro dolore, così un peccato può curare un altro peccato.

27. 30. Molto acutamente tratta, esamina e per quanto gli sembra respinge e confuta un'obiezione mossa contro di loro: "Per togliere all'uomo l'occasione di superbia e di vanagloria era necessario che non potesse vivere senza peccare". Costui replica: "È assurdissimo e stupidissimo ammettere la necessità del peccato per impedire l'insorgere del peccato, atteso che è certamente peccato anche la superbia stessa ". Come se una piaga non procurasse dolore e un taglio non aggiungesse altro dolore per far sparire il dolore. Se noi non l'avessimo sperimentato e lo sentissimo raccontare in terre dove non fosse mai accaduto, senza dubbio diremmo con aria di schermo e forse con le medesime parole di lui: "È assurdissima la necessità del dolore per far sparire il dolore di una piaga".


Il peccato più pericoloso è la superbia.

27. 31. Dicono: "Ma Dio può guarire tutti i mali". Certamente Dio opera per guarire tutti i mali, ma opera secondo il suo giudizio e non prende dal malato l'ordine da seguire nella guarigione! Senza dubbio voleva per esempio rendere fortissimo l'Apostolo. A lui tuttavia dice: La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza 110 e, nonostante le ripetute preghiere, non gli tolse quel non so quale stimolo della carne che gli è stato dato perché non montasse in superbia nella grandezza delle rivelazioni 111. Tutti gli altri vizi infatti si fanno valere solo in azioni cattive, la superbia invece è la sola da cui bisogna guardarsi anche nelle azioni buone! Perciò i buoni sono preavvisati a non attribuire a proprio potere i doni di Dio e a non esaltare se stessi per non perdersi più gravemente che se non facessero nulla di buono. Ad essi vien detto: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni 112. Perché dunque "con timore e tremore" invece che "con sicurezza", se è Dio che opera? Solo perché, stante il concorso della volontà nostra, senza la quale non possiamo operare rettamente, può ben presto insinuarsi nell'animo umano la tentazione di stimare merito esclusivo della volontà l'operare rettamente e dire nella propria prosperità: Non vacillerò in eterno 113. Per questo colui che con la sua benevolenza aveva assicurato stabilità alla gloria del salmista, ha nascosto appena per un poco il suo volto perché chi aveva detto ciò rimanesse turbato 114: proprio con tali dolorosi sistemi bisogna sanare il tumore della superbia.


Dio ci vuole umili.

28. 32. Non si dice dunque all'uomo: "Ti è necessario peccare per non peccare", ma gli si dice: Dove t'insuperbisci di qualche bene Dio ti abbandona per qualche istante, perché tu sappia che non è tuo, ma suo, e impari a non essere superbo. Anche quella famosa asserzione dell'Apostolo, qualunque ne sia il senso, non è forse così strana che non la si crederebbe, se non l'avesse fatta lui che dice la verità e che non è lecito contraddire? Chi tra i fedeli ignora che da satana è venuta la prima suggestione 115 del peccato e che è lui il primo istigatore di tutti i peccati? E tuttavia certuni vengono consegnati a satana perché imparino a non bestemmiare 116. Come dunque un'opera di satana scaccia un'altra opera di satana? Faccia attenzione a queste e a simili cose costui, perché non gli sembrino estremamente acute le sue osservazioni che hanno il suono di una certa acutezza, ma quando si vagliano si trovano ottuse. Perché poi adopera anche similitudini con le quali più che altro intende suggerire la risposta che gli si deve dare? Scrive: "Che dirò ancora se non che si potrebbe credere che i fuochi si estinguano con i fuochi, se si può credere che i peccati si curino con i peccati?". Che direbbe costui, se pur ammesso che nessuno possa estinguere i fuochi con i fuochi, tuttavia, come ho già spiegato, è vero che i dolori si possono curare con i dolori? Se cerca e impara la verità, si possono altresì scacciare i veleni con i veleni. Del resto, se qualche volta si è accorto che i calori della febbre si possono rompere con certi calori medicinali, forse concederà anche che i fuochi si estinguono con i fuochi.


Qualitativamente la superbia è un peccato specifico, cronologicamente è stato l'inizio di tutti i peccati.

29. 33. Chiede costui: "In che modo potremo separare la stessa superbia dal peccato?". Perché mai insiste con questa domanda, se è evidente che anche la superbia è peccato? Scrive: "Tanto il peccare è insuperbirsi quanto l'insuperbirsi è peccare. Cerca che cosa sia ogni peccato e vedi se trovi un peccato che non coinvolga la superbia". Costui poi spiega e tenta di dimostrare questa sua sentenza nel modo seguente: "Se non sbaglio, ogni peccato è disprezzo di Dio e il disprezzo di Dio è sempre superbia. Che c'è infatti di tanto superbo quanto disprezzare Dio? Ogni peccato dunque è anche superbia, dicendo pure la Scrittura: L'inizio d'ogni peccato è la superbia 117". Cerchi costui diligentemente e troverà che nella legge il peccato di superbia è molto ben distinto da tutti gli altri peccati. Molti peccati infatti si commettono per superbia, ma è vero anche che non tutte le azioni sbagliate avvengono per superbia: non certamente quelle che si fanno per ignoranza, per debolezza o spesso nel pianto e nel dolore. E inoltre la superbia, essendo per se stessa un grande peccato, sussiste così da sola senza altri peccati che il più delle volte, come ho detto 118, giunge con passo veloce ad insinuarsi non nei peccati, ma anche nelle stesse buone azioni. Le parole poi: L'inizio d'ogni peccato è la superbia 119, che costui intende diversamente, in tanto sono verissime in quanto fu la superbia ad abbattere il diavolo, da cui ebbe origine il peccato, e il diavolo, preso allora da invidia contro l'uomo che stava ancora in piedi, lo sgambettò per farlo cadere con il peccato che aveva fatto cadere lui stesso. Fu certo infatti la porta dell'orgoglio quella che il serpente cercò per entrare quando disse: Diventerete come Dio 120. Ecco perché si legge: L'inizio d'ogni peccato è la superbia, e: Principio della superbia umana è allontanarsi da Dio 121.


Ciascun uomo ha come suo il peccato originale.

30. 34. Che significa poi questo suo discorso: "Inoltre come può l'uomo essere debitore davanti a Dio per il reato di un peccato che sa non essere suo? Suo infatti non è" spiega "se è necessario. O se è suo, è volontario. E se è volontario, può evitarsi". Noi rispondiamo: È assolutamente suo. Ma il vizio da cui nasce non è stato sanato ancora completamente. Che quel vizio scoppiasse è certamente dipeso dall'uso non retto della sanità, e adesso l'uomo, ormai per quel vizio in cattivo stato di salute, commette molti peccati o per debilità o per cecità. Per lui bisogna supplicare che guarisca e che poi viva in perpetua sanità, senza che s'insuperbisca credendo che per essere sanato disponga della medesima possibilità con la quale si è viziato.


Quando scomparirà l'ultima ombra della superbia umana.

31. 35. E mi sia concesso di dire tutto questo certamente non senza confessare che ignoro il troppo profondo segreto di Dio: perché mai egli non guarisca immediatamente anche la stessa superbia che insidia l'animo umano perfino nelle buone azioni. Per guarirne le anime pie lo supplicano con lacrime e grandi gemiti che porga ad esse la sua destra nel tentativo di vincerla e quasi di calpestarla e schiacciarla. Appena l'uomo gioisce d'aver vinto anche la superbia in qualche opera buona, la superbia alza la testa di mezzo alla stessa gioia e dice: Ecco io vivo, di che trionfi? Ed io vivo, proprio perché trionfi. Forse prima del tempo ci piace trionfare come d'averla vinta, mentre l'ultima sua ombra sparirà, mi sembra, in quel meriggio che la Scrittura promette con le parole: Farà brillare come luce la tua giustizia e come il meriggio il tuo diritto 122, purché si avveri quello che è scritto prima: Manifesta al Signore la tua via, confida in lui ed egli farà 123: non che siano essi stessi a fare, come alcuni credono. Dicendo: Ed egli farà, sembra che non abbia avuto di mira se non quelli che dicono: Siamo noi a fare, cioè da noi giustifichiamo noi stessi. Nella giustificazione operiamo certamente anche noi, ma operiamo cooperando con Dio che opera prevenendoci con la sua misericordia 124. Ci previene però per guarirci e anche ci seguirà perché da sani diventiamo pure vigorosi!, ci previene per chiamarci e ci seguirà per glorificarci, ci previene perché viviamo piamente e ci seguirà perché viviamo con lui eternamente, essendo certo che senza di lui non possiamo far nulla 125. Ambedue le verità sono state scritte: Dio mio, la tua misericordia mi previene 126; e: La tua misericordia mi seguirà per tutti i giorni della mia vita 127. Manifestiamo dunque a lui la nostra via 128 accusandola, non la lodiamo difendendola. Se infatti non è la sua strada, ma la nostra, senza dubbio non è retta. Manifestiamola accusandoci, perché a lui non rimane nascosta nemmeno se cerchiamo di coprirla. Invece è bello dar lode al Signore 129.


Tutto è Dio per noi: la via e la forza di camminare.

32. 36. Egli ci darà quello che piace a lui, se quello che dispiace a lui in noi dispiacerà anche a noi. Egli, com'è scritto, invertirà i nostri passi sviati dalla sua via e farà diventare nostra via la sua 130, perché a coloro che credono e confidano in lui egli si offre a mantenere fedelmente la promessa: Ed egli farà 131. Questa è la via giusta. La ignorano coloro che hanno lo zelo di Dio, ma non secondo una retta conoscenza e, cercando di stabilire la propria giustizia, non si sono sottomessi a quella di Dio. Il termine infatti della legge, perché sia data la giustizia a chiunque crede, è il Cristo 132 che ha detto;Io sono la via 133. Anche coloro che camminano già su questa strada si sentono ugualmente dissuadere dalla parola di Dio dal vantarsi in essa delle proprie forze. A quelli infatti ai quali l'Apostolo dice per questo motivo: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni 134, per lo stesso motivo anche il salmo dice:Servite il Signore con timore ed esultate a lui con tremore. Accogliete l'ammonizione, perché il Signore non si adiri e non perdiate la via giusta, quando ad un tratto divampi la sua ira su di voi 135Non dice: "Perché non si adiri il Signore" e non "vi mostri la via giusta", o non "v'introduca nella via giusta". Ma con le sue parole: Perché non perdiate la via giusta 136 vuole impressionare efficacemente coloro che camminano già sulla buona strada. Come la potrebbero smarrire se non per superbia? Questa, l'ho detto tante volte e si dovrà ripetere tante altre volte, è da evitarsi anche nelle buone azioni, cioè sulla stessa via giusta, perché l'uomo reputando suo quello che è di Dio non perda quello che è di Dio e ritorni a quello che è suo. Facciamo perciò quanto è affermato nella conclusione di questo salmo: Beati tutti coloro che confidano in lui 137, evidentemente perché faccia, perché mostri la sua strada colui al quale si dice: Mostraci, Signore, la tua misericordia 138, e ci doni la salute per poter camminare colui al quale si dice: Donaci la tua salvezza 139, e ci guidi sulla medesima strada colui al quale si dice: Guidami, Signore, per la tua via e camminerò nella tua verità 140, e ci conduca là dove conduce la strada, cioè a quelle sue promesse, colui al quale si dice: Là mi condurrà la tua mano, là mi porterà la tua destra 141, e allora sfami coloro che sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe colui del quale è detto: Li farà mettere a tavola e passerà a servirli 142. Non è infatti che quando ricordiamo queste verità, togliamo l'arbitrio della volontà, ma predichiamo la grazia di Dio. A chi in realtà giovano queste verità se non a chi vuole? Ma a chi vuole con umiltà e non a chi s'inorgoglisce delle forze della sua volontà, come se essa bastasse da sola alla perfezione della giustizia!


La creatura per quanto perfetta non sarà mai alla pari di Dio.

33. 37. Lungi poi da noi che diciamo a costui ciò che egli dice detto da alcuni contro di lui: "L'uomo si mette alla pari di Dio, se si dice che è senza peccato" 143. Come se si mettesse alla pari di Dio l'angelo perché è senza peccato. Quanto a me, la mia sentenza è questa: anche quando ci sarà in noi tanta giustizia da non poterle aggiungere assolutamente più nulla, la creatura non sarà uguale al Creatore. Se poi taluni credono che il nostro avanzamento futuro sarà tanto grande che ci convertiremo nella sostanza di Dio e diventeremo proprio ciò che è Dio, vedano essi su che basare la loro sentenza. Io confesso che non ne sono persuaso.


L'umiltà è verità.

34. 38. A questo punto esprimo tutto il mio consenso all'autore di cotesto libro, perché contro coloro che dicono: "Sembra ragionevole, sì, ciò che asserisci, ma sarebbe superbia dire che l'uomo può esser senza peccato" risponde che, se fosse assolutamente vero, non potrebbe dirsi in nessun modo superbia. Infatti osserva con tanto acume ed esattezza: "Da quale parte si deve preferire di mettere l'umiltà? Dalla parte senza dubbio della falsità, se dalla parte che spetta alla verità sta la superbia". Perciò piace a lui e gli piace con ragione che si preferisca collocare l'umiltà dalla parte della verità e non dalla parte della falsità! Ne consegue che di Giovanni il quale ha scritto: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 144 non si può minimamente dubitare che abbia detto la verità, altrimenti potrebbe sembrare che abbia detto questa falsità per amore d'umiltà. Ecco perché aggiunge: E la verità non è in noi, mentre forse erano sufficienti le parole: Inganniamo noi stessi, per evitare che alcuni potessero pensare che le sue parole: Inganniamo noi stessi avessero solo il significato che è superbo anche chi si loda di un bene vero. Aggiungendo dunque: E la verità non è in noi mostra in modo chiaro, come piace giustissimamente anche a costui, che non diciamo assolutamente la verità, se diciamo che siamo senza peccato: altrimenti l'umiltà, messa dalla parte della falsità, perderebbe il premio della verità.


È tutt'uno il Dio Creatore e il Dio Salvatore.

34. 39. Quanto poi alla persuasione che egli ha di sostenere la causa di Dio col difendere la natura, non tiene conto che col dire sana la medesima natura respinge la misericordia del Medico. Ma colui stesso che è il Salvatore della natura ne è il Creatore. Non dobbiamo dunque lodare così il Creatore da sentirci sospinti, anzi veramente convinti di dover ritenere superfluo il Salvatore. Onoriamo pertanto la natura dell'uomo con degne lodi e indirizziamo queste lodi alla gloria del Creatore, ma del fatto che ci ha creati siamogli così grati da non essergli ingrati del fatto che ci risana. I vizi ben nostri che egli risana non li attribuiamo all'opera divina, ma alla volontà umana e alla giusta punizione divina; però, come confessiamo che era in nostro potere impedire che accadessero, così dobbiamo confessare che guarirne dipende più dalla misericordia di Dio che dal nostro potere. Questa misericordia di Dio e il soccorso medicinale del Salvatore costui li ripone unicamente nel fatto "che Dio ci perdona i peccati commessi in passato e non nel fatto che ci aiuta ad evitarli in futuro"! È qui che costui sbaglia con grave danno: egli, sebbene non se ne accorga, ci distoglie dal vigilare e dal pregare che non entriamo in tentazione 145, sostenendo che è assolutamente in nostro potere impedire che ciò accada.


La disperazione della salvezza.

35. 40. Pensa giustamente costui che "gli esempi di alcuni peccatori sono riferiti dalle Scritture, non perché ci spingano alla disperazione di non riuscire a non peccare e perché sembri da essi che ci venga offerta in qualche modo la sicurezza di peccare", ma perché impariamo o l'umiltà di pentirci o anche in tali cadute il dovere di non disperare della salvezza. Alcuni infatti, dopo esser caduti in peccato, si perdono ancora di più per disperazione e non solo trascurano la medicina di pentirsi, ma si fanno schiavi di libidini e di desideri scellerati per soddisfare brame disoneste e riprovevoli, come se a non farlo perdessero pur quello a cui li istiga la libidine, convinti d'esser ormai già sull'orlo della sicura dannazione. Contro questa malattia estremamente pericolosa e dannosa giova il ricordo dei peccati in cui sono caduti anche i giusti e i santi.


È possibile morire senza peccato, pur non essendo possibile vivere senza peccato.

35. 41. Ma acuta apparisce l'interrogazione che fa costui: "In che stato bisogna credere che tali santi siano partiti da questa vita: con il peccato o senza il peccato?". Se si risponde: Con il peccato, allora bisognerebbe ritenere che li abbia colpiti la dannazione, e ciò è incredibile. Se invece si dice che sono usciti da questa vita senza nessun peccato, allora si avrebbe la prova che almeno all'avvicinarsi della morte qualcuno è stato senza peccato in questa vita. Ora, qui costui, sebbene acutissimo, tiene poco conto del fatto che nemmeno i giusti dicono invano nell'orazione: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 146, e che il Cristo Signore, dopo aver esposto la medesima orazione, aggiunge nell'insegnarla questo veracissimo commento: Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi le vostre 147. Infatti con questo quotidiano incenso spirituale, passi l'espressione, che portiamo davanti a Dio sull'altare del cuore, invitati come siamo a tenere il cuore in alto, benché non si viva quaggiù senza peccato, si può morire senza peccato, perché appena si commette un peccato per ignoranza o debolezza subito si cancella con facile indulgenza.


Eccettuata la Vergine Maria, nessun santo visse senza peccare.

36. 42. Poi ricorda coloro "dei quali si dice non solo che non peccarono, ma che vissero anche santamente: Abele, Enoch, Melchisedech, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Gesù di Nave, Finees, Samuele, Natan, Elia, Eliseo, Michea, Daniele, Anania, Azaria, Misaele, Ezechiele, Mardocheo, Simeone, Giuseppe di cui era sposa la vergine Maria, Giovanni". Aggiunge pure delle donne: "Debora, Anna madre di Samuele, Giuditta, Ester, l'altra Anna figlia di Fanuel, Elisabetta" e anche la stessa Madre del Signore e Salvatore nostro, e di essa dice "che va necessariamente riconosciuta senza peccato dal nostro senso religioso". Escludiamo dunque la santa vergine Maria, nei riguardi della quale per l'onore del Signore non voglio si faccia questione alcuna di peccato. Infatti da che sappiamo noi quanto più di grazia, per vincere il peccato sotto ogni aspetto, sia stato concesso alla Donna che meritò di concepire e partorire colui che certissimamente non ebbe nessun peccato? Eccettuata dunque questa Vergine!, se avessimo potuto riunire tutti quei santi e quelle sante durante la loro vita terrena e interrogarli se fossero senza peccato, quale pensiamo sarebbe stata la loro risposta? Quella che dice costui o quella dell'apostolo Giovanni? Lo chiedo a voi. Per quanto grande potesse essere la loro santità nella vita corporale, alla nostra eventuale domanda non avrebbero forse gridato ad una sola voce: Se dicessimo di essere senza peccato, inganneremmo noi stessi e la verità non sarebbe in noi 148? O forse risponderebbero in questo modo più per umiltà che per verità? Ma a costui già piace, e gli piace con ragione, "di non mettere il pregio dell'umiltà dalla parte della falsità". Allora, se quei santi nella loro risposta dicessero la verità, sarebbero peccatori e la verità sarebbe in essi, proprio per il loro umile riconoscimento. Se al contrario mentissero, sarebbero ugualmente peccatori, perché in essi non ci sarebbe la verità.


Certamente la Scrittura non elenca i peccati di tutti i suoi personaggi.

37. 43. Costui scrive: "Diranno forse: Avrebbe mai potuto la Scrittura ricordare i peccati di tutti?". No certamente, e gli direbbero la verità coloro che gli dicessero così, chiunque fosse a dirglielo, né vedo che costui abbia risposto alcunché di valido contro di loro, sebbene io veda che non ha voluto tacere. State infatti a sentire per favore che cosa abbia detto. Scrive: "Questo si può dire giustamente di coloro di cui la Scrittura non ricorda né il bene né il male. Di coloro invece di cui ricorda la giustizia avrebbe ricordato senza dubbio anche i peccati, se fosse stata convinta che ne avevano commessi". Dica dunque che non rientrava nella giustizia la fede tanto grande di coloro che, affollandosi numerosi prima e dopo l'asinello di Gesù, con canti di lode in mezzo anche a nemici frementi contro la loro dimostrazione, andavano gridando: Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore 149. Osi dunque costui dire, se può, che in tanta folla di gente non c'era nessuno che avesse assolutamente un qualche peccato. Se è assurdissimo dir questo, perché mai la Scrittura non ricorda nessun peccato di quelli dei quali ebbe cura di ricordare tanta bellezza di fede?