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Dio non insegna a chi non vuole imparare?

8. 15. "Perché", dicono, "non insegna a tutti?". Se diremo che è perché quelli a cui non insegna non vogliono imparare, ci si risponderà: E dove va a finire quello che gli si dice: O Dio, tu convertendoci ci vivificherai 68? E poi se Dio non trasforma quelli che non vogliono in gente che invece vuole, perché mai la Chiesa prega secondo il precetto del Signore per i suoi persecutori 69? Infatti anche il santo Cipriano volle che s'intendesse così la nostra invocazione 70 : Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 71; cioè, sia fatta in coloro che gli hanno creduto e che sono come il cielo, così come anche in quelli che non credono e quindi sono ancora terra. Che cosa dunque preghiamo per coloro che non vogliono credere se non che Dio operi in essi anche il volere 72? E' dei Giudei certo che l'Apostolo dice: Fratelli, la brama del mio cuore e la mia preghiera a Dio è per la loro salvezza 73. Egli prega per i non credenti, e che cosa prega se non che credano? Infatti essi non potranno conseguire la salvezza in altra maniera. Se dunque la fede di chi prega previene la grazia di Dio, sarà forse vero che la fede previene la grazia anche in coloro per cui si prega che credano? Ma è proprio questo che si prega per essi, affinché a chi non crede, cioè non ha la fede, la fede sia donata. Quando infatti si predica il Vangelo, alcuni credono, altri non credono; ma quelli che credono, mentre la voce del predicatore risuona dal di fuori, dal di dentro odono l'insegnamento del Padre ed imparano; mentre quelli che non credono, dal di fuori odono, dal di dentro non odono né imparano; cioè a quelli è dato di credere, a questi non è dato. Perché nessuno, dice, viene a me, se non l'ha tratto il Padre che mi ha mandato 74. E più apertamente lo dice in seguito. Infatti un po' sotto afferma che bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue, e alcuni dei suoi discepoli gli obiettano: E' duro questo discorso, chi lo può udire? Sapendo Gesù in se stesso che i suoi discepoli mormoravano di ciò, disse loro: Questo vi scandalizza? E ancora appresso: Le parole, dice, che io ho detto a voi, sono spirito e vita; ma ci sono certuni tra di voi che non credono. E subito dopo l'Evangelista aggiunge: Gesù infatti sapeva fin dall'inizio chi fossero quelli che credevano e chi lo avrebbe tradito e diceva: Perciò ho detto a voi che nessuno può venire a me se non gli sarà dato dal Padre mio 75. Dunque da un lato essere attratto dal Padre a Cristo, dall'altro udire e essere istruito dal Padre per venire a Cristo, altro non è che ricevere dal Padre un dono che ci fa credere in Cristo. Infatti chi diceva: Nessuno viene a me se non gli è stato dato dal Padre mio, non distingueva quelli che udivano il Vangelo da quelli che non lo udivano, ma quelli che credevano da quelli che non credevano.


Conclusione: la fede, all'inizio o al perfezionamento, è sempre un dono di Dio.

8. 16. Dunque chi non vuole dissentire dai chiarissimi testi della Sacra Scrittura, non deve assolutamente dubitare che la fede, sia al principio sia al perfezionamento, è un dono di Dio, e che questo dono ad alcuni viene dato, ad altri no. Ma il fatto che non sia concessa a tutti non deve scuotere il fedele, il quale crede questa verità: per uno solo tutti sono piombati nella condanna, e questa è indubitabilmente tanto giusta che non ci sarebbe nessuna possibilità di biasimare Dio anche se nessuno ne venisse liberato. Da ciò risulta che grande è la grazia se permette di liberare un numero tanto grande di fedeli e questi ultimi possono scorgere in coloro che non ricevono la liberazione la fine che sarebbe dovuta toccare anche a loro. Ne consegue che chi si gloria, non lo faccia nei propri meriti, che vede uguali a quelli dei condannati, ma si glori nel Signore 76. Perché poi Egli liberi un individuo piuttosto che un altro, imperscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie 77. Faremmo meglio ad ascoltare anche questo passo e a dire: O uomo, chi sei tu per rispondere a Dio? 78, piuttosto che osare di spiegare, come se lo potessimo, ciò che volle occulto Colui che non può volere niente d'ingiusto.


Obiezione dei pagani: perché Cristo venne dopo un tempo tanto lungo?

9. 17. Voi richiamate anche ciò che io ho espresso in un mio opuscolo contro Porfirio il cui titolo è: Il tempo della religione cristiana. Ho parlato in maniera da non affrontare una discussione più accurata e laboriosa sulla grazia, pur senza omettere di additarla, dato che in quel luogo non avevo voluto chiarire una dottrina che poteva essere spiegata in altro momento o da altri. Infatti tra le altre questioni così parlai rispondendo all'interrogativo postomi sul perché Cristo sia venuto dopo un tempo tanto lungo: Dunque, scrivevo, essi non obiettano a Cristo il fatto che non tutti seguono la sua dottrina (comprendono infatti da sé che simile obiezione è vana anche rivolta alla sapienza dei filosofi o alla potenza dei loro dèi). Non consideriamo l'altezza della sapienza e della scienza di Dio, dove forse si nasconde un disegno divino di gran lunga più segreto; lasciamo impregiudicate anche altre eventuali spiegazioni che possono essere investigate dai sapienti; ma che cosa risponderanno quando noi, per trattare la questione in breve, diremo questo solo: Cristo volle manifestarsi agli uomini e predicare ad essi la sua dottrina quando sapeva e dove sapeva che c'era chi avrebbe creduto in lui? Infatti in quei tempi e in quei luoghi nei quali il suo Vangelo non era ancora stato predicato, Egli sapeva in precedenza che di fronte alla sua predicazione tutti sarebbero stati come quelli che, in gran numero se non nella totalità, di fronte alla sua presenza corporale non vollero credere in lui nemmeno dopo che ebbe risuscitato i morti. Anche oggi ne conosciamo molti che, sebbene la predizione dei Profeti abbia trovato in lui l'adempimento più perfetto, ancora non vogliono credere e preferiscono resistere con l'astuzia umana, mentre invece di fronte all'autorità di Dio tanto lampante ed evidente, tanto sublime e sublimemente divulgata, dovrebbero cedere, finché l'intelletto umano nella sua debolezza è incapace di accedere alla verità divina. Che c'è dunque di strano in ciò? Conoscendo che nei secoli precedenti il mondo era pieno di uomini tanto infedeli, Cristo giustamente non voleva manifestarsi o predicare ad essi, perché Egli sapeva da prima che non avrebbero creduto né alle sue parole né ai suoi miracoli. E infatti non è incredibile, benché ci meravigli, che gli uomini allora fossero come molti sono stati e sono dal suo avvento fino al nostro tempo. E tuttavia dall'inizio del genere umano, ora più copertamente, ora più chiaramente, come parve opportuno al volere divino in accordo con i tempi, non si cessò di profetare né mancarono quelli che credettero in lui prima che venisse nella carne, da Adamo fino a Mosè, sia nello stesso popolo d'Israele, che fu una nazione profetica per un particolare piano divino, sia anche in altre nazioni. Come ci ricordano i Libri santi degli Ebrei, fin dal tempo di Abramo uomini che pure non erano della sua stirpe carnale, né appartenevano al popolo d'Israele, né vi erano stati introdotti per proselitismo, tuttavia furono partecipi del mistero della salvezza. Allora perché non dovremmo credere che anche nelle altre nazioni in un luogo o nell'altro ve ne furono diversi in diversi tempi, benché non possiamo leggere menzione di loro nell'autorità dei Libri santi? Così la salvezza che apporta questa nostra religione, che unica vera promette la salvezza vera e secondo verità, mai mancò a chi ne fu degno. E dall'inizio fino alla fine della propagazione umana, essa sarà predicata ad alcuni perché siano premiati, ad altri perché siano giudicati. Quindi, se ci sono uomini ai quali la salvezza non fu affatto annunziata, è perché era previsto che non avrebbero creduto; ad altri fu annunziata pur nella consapevolezza che non avrebbero creduto, perché fornissero l'esempio della sorte riservata ai primi; quelli invece ai quali è stata annunziata e che crederanno, sono preparati per il regno dei cieli e per la società degli angeli santi 79.


Perché non fu fatto riferimento ai predestinati.

9. 18. Vedete? Senza pregiudizio dell'occulto disegno di Dio e senza pregiudizio di altre motivazioni, ho voluto dire della prescienza di Cristo solo quanto mi sembrava sufficiente a confutare la mancanza di fede dei pagani che avevano avanzato questa obiezione. Che c'è infatti di più vero del fatto che Cristo sapeva in precedenza chi, quando e dove avrebbero creduto in lui? Ma dopo che Cristo era stato loro predicato, avrebbero avuto la fede da se stessi, oppure l'avrebbero ricevuta per dono di Dio? Cioè, Dio semplicemente li conobbe in precedenza, oppure li predestinò anche? Questo allora non ritenni necessario di metterlo in discussione. Dissi inoltre che Cristo volle apparire agli uomini e far predicare la sua dottrina presso di essi, quando sapeva e dove sapeva che c'era chi avrebbe creduto in lui. Ma il pensiero si può esprimere anche così: Cristo volle apparire agli uomini e far predicare presso di essi la sua dottrina, quando sapeva e dove sapeva che c'era chi era stato eletto in lui prima della creazione del mondo 80. Ma se si fosse detto così, l'attenzione del lettore sarebbe stata rivolta ad approfondire quelle argomentazioni che adesso, in seguito alla condanna dell'eresia pelagiana, è necessario trattare con più estensione e accuratezza. Mi parve quindi bene di dire in breve quello che allora era sufficiente, non volendo considerare, come ho detto, l'altezza della sapienza e della scienza di Dio, e senza pregiudizio di altre spiegazioni delle quali ritenni di dover trattare non allora, ma più opportunamente in altro momento.


Distinzione fra grazia e predestinazione.

10. 19. Ho detto pure: La salvezza di questa religione non mancò mai a nessuno che ne fosse degno, e quello a cui mancò non ne era degno 81. Ma se si discute e si ricerca cosa sia che ne rende l'uomo degno, non mancherà chi verrà a dire: la volontà umana; noi invece diciamo: la grazia o la predestinazione divina. Tra la grazia e la predestinazione questa sola è la differenza: che la predestinazione è la preparazione alla grazia, la grazia invece è il dono realizzato. Pertanto quel che dice l'Apostolo: Non in seguito alle opere, affinché nessuno si glori; infatti siamo opera sua, prodotti in Cristo Gesù in vista delle opere buone, indica la grazia; e quello che segue: che Dio approntò affinché noi camminiamo in esse 82, indica la predestinazione, che non può esistere senza la prescienza; invece la prescienza può esistere senza predestinazione. Per la predestinazione Dio seppe in precedenza le cose che Egli avrebbe fatto; e perciò è detto: Fece le cose che saranno 83. Ma Egli ha potere di sapere in precedenza anche quelle cose che non compie egli stesso, come ogni sorta di peccato. E' vero che vi sono azioni che sono peccati e nello stesso tempo anche castighi di altri peccati. E' stato detto appunto: Dio li ha abbandonati ai loro sentimenti perversi perché facessero azioni immorali 84. Anche in questo caso però non si ha un peccato di Dio, ma un giudizio. Per tutto questo la predestinazione di Dio che si esplica nel bene è, come ho detto, preparazione della grazia; la grazia a sua volta è effetto della predestinazione. Dio fece quindi la sua promessa basandosi non su quello che può la nostra volontà, ma sulla sua predestinazione, quando promise ad Abramo che le genti avrebbero creduto in Colui che doveva nascere dal suo seme, pronunciando queste parole: Ti ho creato padre di molte nazioni 85, che l'Apostolo chiarisce così: Perciò la promessa viene dalla fede, così che secondo la grazia sia sicura la promessa a tutta la posterità 86. Con ciò promise quello che Egli stesso aveva compiuto, non quello che avrebbero compiuto gli uomini. Sono gli uomini a compiere le azioni buone che servono a venerare Dio, ma Egli stesso fa sì che essi compiano quello che ha ordinato, e non sono essi a far sì che Egli compia quello che ha promesso; altrimenti che si adempiano le promesse di Dio non è in potere di Dio, ma in potere degli uomini, e quello che è stato promesso da Dio lo mantengono ad Abramo essi stessi. Non così credette Abramo, ma credette, dando gloria a Dio, che Egli ha potere anche di fare ciò che ha promesso 87. Non dice: predire; non dice: prevedere; infatti Egli può predire e prevedere anche le cose che fanno gli altri; ma dice: ha potere anche di fare; e perciò quello che è fatto non appartiene ad altri, ma a lui.


Non si può essere figli di Abramo senza la fede; quindi Dio dona anche la fede.

10. 20. O sarà per caso così: Dio promise ad Abramo le opere buone che le nazioni avrebbero compiuto in Colui che doveva nascere dal suo seme, per promettere quello che Egli stesso fa; non promise la conversione delle nazioni, che gli uomini mettono in pratica da sé, ma previde la fede che gli uomini avrebbero messo in pratica di loro iniziativa, affinché potesse promettere quello che compie Egli stesso? Non parla certo così l'Apostolo; Dio promise figli ad Abramo che seguissero le orme della sua fede, e lo dice in maniera chiarissima. D'altronde se Dio promise le opere delle nazioni, non la fede, allora, dato che non ci sono opere buone se non provengono dalla fede (Il giusto infatti vive di fede 88; e: Tutto ciò che non deriva dalla fede è peccato 89Senza la fede è impossibile piacere 90 ), ricadiamo nel concetto che è in potestà dell'uomo di dare compimento a ciò che Dio ha promesso. Se infatti l'uomo non facesse ciò che gli spetta di fare senza doni da parte di Dio, Dio stesso non darebbe adempimento a ciò che dona; cioè, se l'uomo non ha la fede da se stesso, Dio non adempie la sua promessa di donare le opere di giustizia. E perciò non è in potere di Dio, ma dell'uomo, che Dio adempia le sue promesse. Ma se la verità e la pietà ci impediscono di credere ciò, crediamo con Abramo che Dio è anche capace di fare quello che ha promesso. Ma ha promesso figli ad Abramo; poiché essi non possono esserlo se non hanno la fede, allora è proprio lui che dona anche la fede.


L'uomo confidi nella ferma promessa del Signore piuttosto che nella sua debole volontà.

11. 21. Veramente, se l'Apostolo dice: Perciò la promessa viene dalla fede, così che secondo la grazia sia sicura la promessa a tutta la posterità 91, mi meraviglio che gli uomini preferiscano affidarsi alla loro debolezza piuttosto che alla sicurezza della promessa divina. Ma, si obietta, è incerta la volontà di Dio nei miei riguardi. E che dunque? E' forse certa per te la tua volontà riguardo a te stesso? E non hai paura? Quello che sembra stare in piedi, badi di non cadere 92. Se dunque sono incerte entrambe le volontà, perché l'uomo non affida la sua fede, speranza e carità a quella più salda invece che a quella più debole?