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Come per Gesù, anche per la Chiesa questa missione evangelizzatrice è opera di Dio e propriamente dello Spirito Santo. L’esperienza del dono dello Spirito, la Pentecoste, fa degli Apostoli dei testimoni e dei profeti, confermandoli in tutto quanto avevano condiviso e appreso con Gesù e da Lui (cf. At 1,8; 2,17), infondendo in loro una tranquilla audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima. Lo Spirito dà loro la capacità di testimoniare Gesù con “parresia” (cf. At 2,29), allargando la loro azione da Gerusalemme a tutta la Giudea e Samaria e fino agli estremi confini della terra.


27. E ciò che la Chiesa ha vissuto dall’origine, continua a viverlo oggi. Rilanciando queste certezze, Papa Paolo VI ne ricordava l’attualità: «L’ordine dato agli Apostoli – “Andate, proclamate la Buona Novella” – vale anche, sebbene in modo differente, per tutti i cristiani. […] La Chiesa lo sa. […] Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione».[22] La Chiesa resta nel mondo, per continuare la missione evangelizzatrice di Gesù, ben sapendo che così facendo continua a partecipare della condizione divina perché spinta dallo Spirito ad annunciare nel mondo il Vangelo, rivive in se stessa la presenza di Cristo risorto che la pone in comunione con Dio Padre. La vita della Chiesa, qualsiasi azione compia, non è mai chiusa in se stessa; è sempre azione evangelizzatrice e, come tale, azione che manifesta il volto trinitario del nostro Dio. Come è scritto negli Atti degli Apostoli, anche la vita più intima: la preghiera, l’ascolto della Parola e dell’insegnamento degli Apostoli, la carità fraterna vissuta, il pane spezzato (cf. At 2,42-46) acquista tutto il suo significato solo quando diventa testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio del Vangelo, da parte di tutta la Chiesa e di ogni battezzato.


Il Vangelo, dono per ogni uomo


28. Il Vangelo dell’amore di Dio per noi, la chiamata a prendere parte in Gesù nello Spirito alla vita del Padre, sono un dono destinato a tutti gli uomini. È quanto ci annuncia Gesù stesso, quando chiama tutti alla conversione in vista del Regno di Dio. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando ad essi la preferenza quando annunciava il Vangelo. All’inizio del suo ministero egli proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio (cf. Lc 4,18). A tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (cf. Lc 5,30; 15,2) andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (cf. Lc 7,34), aiutandoli a sentirsi amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori.


29. La liberazione e la salvezza portate dal Regno di Dio raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali. Due gesti accompagnano l’azione evangelizzatrice di Gesù: il guarire e il perdonare. Le molteplici guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alle miserie umane, e significano pure che nel Regno non vi saranno più né malattie né sofferenze e che la sua missione mira fin dall’inizio a liberare le persone da esse (cf. Ap 21,4). Nella prospettiva di Gesù le guarigioni sono anche segno della salvezza spirituale, cioè della liberazione dal peccato. Compiendo gesti di guarigione, Gesù invita alla fede, alla conversione, al desiderio di perdono (cf.Lc 5,24). Ricevuta la fede, la guarigione introduce alla salvezza (cf. Lc 18,42). I gesti di liberazione dalla possessione del demonio, male supremo e simbolo del peccato e della ribellione contro Dio, sono segni che «il regno di Dio è giunto fra voi» (Mt 12,28), che il Vangelo, dono indirizzato ad ogni uomo, donandoci la salvezza ci introduce in un processo di trasfigurazione, di partecipazione alla vita di Dio, che ci rinnova già da ora.


30. «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6). Come ci mostra l’apostolo Pietro, anche la Chiesa continua in modo fedele questo annuncio del Vangelo che è un bene per ogni uomo. Allo storpio che gli chiede qualcosa per vivere, Pietro risponde offrendo in dono il Vangelo che lo guarisce, aprendogli la via della salvezza. Così, nello scorrere del tempo, grazie alla sua azione evangelizzatrice la Chiesa dà corpo e visibilità alla profezia dell’Apocalisse: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5), trasformando dal di dentro l’umanità e la sua storia, affinché la fede di Cristo e la vita della Chiesa non siano più estranee alla società in cui vivono, ma possano permearla e trasformarla.[23]


31. L’evangelizzazione è proprio l’offerta del Vangelo che trasfigura l’uomo, il suo mondo, la sua storia. La Chiesa evangelizza quando, grazie alla potenza del Vangelo che annuncia (cf. Rm 1,16), fa rinascere attraverso l’esperienza della morte e della resurrezione di Gesù ogni esperienza umana (cf. Rm 6,4), immergendola nella novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo, nella relazione del Figlio col Padre suo per sentire la forza dello Spirito. La trasmissione della fede è il fine dell’evangelizzazione nel disegno di portare l’uomo per Cristo al Padre nello Spirito (cf. Ef2,18). Questa è l’esperienza della novità del Vangelo che trasforma ogni uomo. E oggi possiamo sostenere con ancora maggiore convinzione questa nostra certezza, perché veniamo da una storia che ci consegna opere straordinarie di coraggio, dedizione, audacia, intuizione e ragione, nel vivere da parte della Chiesa questo compito di donare il Vangelo ad ogni uomo; gesti di santità, che assumono volti noti e densi di significato in ogni continente. Ogni Chiesa particolare può vantare figure di santità luminose che con la loro azione ma soprattutto con la loro testimonianza hanno saputo ridonare slancio ed energia all’opera di evangelizzazione. Santi esemplari, ma anche profetici e lucidi nell’immaginare vie nuove per vivere questo compito, ci hanno lasciato echi e tracce in testi, preghiere, modelli e metodi pedagogici, itinerari spirituali, cammini di iniziazione alla fede, opere ed istituzioni educative.


32. Mentre riferiscono con convinzione la forza di questi esempi di santità, alcune risposte accennano anche alle difficoltà nel rendere ancora attuali e comunicabili queste esperienze. Talvolta si ha l’impressione che queste opere della nostra storia non soltanto appartengano al passato ma ne siano quasi prigioniere, non riescano più a comunicare la qualità evangelica della loro testimonianza nel nostro presente. Alla riflessione sinodale allora si chiede di indagare intorno a questa difficoltà, di interrogarsi per scoprire le ragioni profonde dei limiti di diverse istituzioni ecclesiali nel mostrare la credibilità delle proprie azioni e della propria testimonianza, nel prendere la parola e nel farsi ascoltare in quanto portatori del Vangelo di Dio.


Il dovere di evangelizzare


33. Ogni persona ha il diritto di udire il Vangelo di Dio per l’uomo, che è Gesù Cristo. Come la Samaritana al pozzo, anche l’umanità di oggi ha bisogno di sentirsi dire le parole di Gesù «Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10), perché queste parole facciano emergere il desiderio profondo di salvezza che abita in ogni uomo: «Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete» (Gv 4,15). Questo diritto di ogni uomo a udire il Vangelo è ben chiaro all’apostolo Paolo. Predicatore instancabile, proprio perché aveva intuito la portata universale del Vangelo, fa del suo annuncio un dovere: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16). Ogni uomo, ogni donna devono poter dire, come lui, che «Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi» (Ef 5,2). Più ancora, ogni uomo e ogni donna devono potersi sentire attratti nella relazione intima e trasfiguratrice che l’annuncio del Vangelo crea tra noi e Cristo: «non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal2,20).[24] E per poter accedere ad una simile esperienza, occorre qualcuno che sia inviato per annunciarla: «Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci?» (Rm 10,14, che ripropone Is 52,1).


34. Si comprende allora come ogni attività della Chiesa abbia un’essenziale nota evangelizzatrice e non debba mai essere separata dall’impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede, che è il primario obiettivo dell’evangelizzazione. Dove come Chiesa «portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco».[25] Il movente originario dell’evangelizzazione è l’amore di Cristo per la salvezza eterna degli uomini. Gli autentici evangelizzatori desiderano soltanto donare gratuitamente quanto essi stessi hanno gratuitamente ricevuto: «Fin dagli inizi della Chiesa, i discepoli di Cristo si sono adoperati per convertire gli uomini a confessare Cristo Signore, non con un’azione coercitiva né con artifizi indegni del Vangelo, ma anzitutto con la forza della parola di Dio».[26]


35. La missione degli Apostoli e la sua continuazione nella missione della Chiesa antica rimangono il modello fondamentale dell’evangelizzazione per tutti i tempi: una missione spesso contrassegnata dal martirio, come dimostra l’inizio della storia del cristianesimo, ma anche la storia del secolo appena trascorso, la storia dei nostri giorni. Proprio il martirio dà credibilità ai testimoni, che non cercano potere o guadagno ma donano la propria vita per Cristo. Essi manifestano al mondo la forza inerme e colma di amore per gli uomini che viene donata a chi segue Cristo fino al dono totale della propria esistenza, come Gesù aveva preannunziato: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20).


Tuttavia, non mancano, purtroppo, false convinzioni che limitano l’obbligo di annunciare la Buona Novella. Infatti, oggi si verifica «una crescente confusione che induce molti a lasciare inascoltato e inoperante il comando missionario del Signore (cf. Mt 28,19). Spesso si ritiene che ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un limite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee e invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo e alla fede cattolica: si pensa che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa, poiché sarebbe possibile essere salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza un’incorporazione formale alla Chiesa».[27]


36. Sebbene i non cristiani possano salvarsi mediante la grazia che Dio dona attraverso vie a lui note[28] la Chiesa non può ignorare che ogni uomo attende di conoscere il vero volto di Dio e vivere già oggi l’amicizia con Gesù Cristo, il Dio con noi. La piena adesione a Cristo, che è la verità, e l’ingresso nella sua Chiesa non diminuiscono, ma esaltano la libertà umana e la protendono verso il suo compimento, in un amore gratuito e premuroso per il bene di tutti gli uomini. È un dono inestimabile vivere nell’abbraccio universale degli amici di Dio, che scaturisce dalla comunione con la carne e il sangue vivificanti di suo Figlio, ricevere da Lui la certezza del perdono dei peccati e vivere nella carità che nasce dalla fede. Di questi beni la Chiesa vuole fare partecipi tutti, affinché abbiano così la pienezza della verità e dei mezzi di salvezza, «per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Chiesa che annuncia e trasmette la fede imita l’agire di Dio stesso che si comunica all’umanità donando il Figlio, che effonde lo Spirito Santo sugli uomini per rigenerarli come figli di Dio.


Evangelizzazione e rinnovamento della Chiesa


37. Evangelizzatrice, la Chiesa vive questa sua missione ricominciando ogni volta con l’evangelizzare se stessa. «Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità d’amore fraterno, essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di Dio che l’hanno convertita al Signore, e di essere nuovamente convocata e riunita da lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno di essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunciare il Vangelo».[29] Il Concilio Vaticano II ha fortemente ripreso questo tema della Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità.[30] Suonano ancora attuali le parole di Papa Paolo VI che, riaffermando la priorità dell’evangelizzazione, ricordava a tutti i fedeli: «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che s. Paolo chiamava “arrossire del Vangelo” – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?».[31] Più di una risposta ha avanzato l’idea che questa domanda diventi oggetto esplicito della riflessione sinodale.


38. Sin dalla sua origine la Chiesa si è dovuta misurare con simili difficoltà, con l’esperienza di peccato dei suoi membri. La vicenda dei discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35) è emblematica della possibilità di una conoscenza fallimentare di Cristo. I due di Emmaus parlano di un morto (cf.Lc 24,21-24), narrano la loro frustrazione e la loro perdita di speranza. Essi dicono la possibilità, per la Chiesa di sempre, di essere portatrice di un annuncio che non dà vita, ma tiene chiusi nella morte il Cristo annunciato, gli annunciatori e di conseguenza anche i destinatari dell’annuncio. Anche l’episodio dei discepoli impegnati a pescare, riferito dall’evangelista Giovanni (cf. Gv 21,1-14), descrive un’esperienza simile: separati da Cristo, i discepoli vivono la loro azione in modo infruttuoso. E, come per i discepoli di Emmaus, è soltanto al manifestarsi del Risorto che torna la fiducia, la gioia dell’annuncio, il frutto della propria opera di evangelizzazione. È soltanto riallacciandosi in modo forte con Cristo, che colui che era stato designato come «pescatore di uomini» (Lc 5,10), Pietro, può tornare a gettare con frutto le proprie reti, fidandosi della parola del proprio Signore.


39. Ciò che è descritto con così grande cura alle origini, la Chiesa lo ha rivissuto più volte nella sua storia. Più volte è capitato che, in seguito all’allentamento del proprio legame con Cristo, si indebolisse la qualità della fede vissuta, e fosse sentita con minore forza l’esperienza di partecipazione alla vita trinitaria che questo legame ha in sé. Ecco perché non ci si può dimenticare che l’annuncio del Vangelo è una questione anzitutto spirituale. L’esigenza della trasmissione della fede, che non è impresa individualistica e solitaria, ma evento comunitario, ecclesiale, non deve provocare la ricerca di strategie comunicative efficaci e neppure una selezione dei destinatari – per esempio i giovani – ma deve riguardare il soggetto incaricato di questa operazione spirituale. Deve divenire una domanda della Chiesa su di sé. Questo consente di impostare il problema in maniera non estrinseca, ma pone in causa la Chiesa tutta nel suo essere e nel suo vivere. Più di una Chiesa particolare chiede al Sinodo di verificare se l’infecondità dell’evangelizzazione oggi, della catechesi nei tempi moderni, sia un problema anzitutto ecclesiologico e spirituale. Si riflette sulla capacità della Chiesa di configurarsi come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come azienda.


40. Proprio perché l’evangelizzazione sappia custodire intatta la sua originaria qualità spirituale, la Chiesa deve lasciarsi plasmare dall’azione dello Spirito e farsi conforme a Cristo crocifisso, il quale rivela al mondo il volto dell’amore e della comunione di Dio. In questo modo riscopre la sua vocazione di Ecclesia mater che genera figli al Signore, trasmettendo la fede, insegnando l’amore che nutre i figli. In questo modo vive il suo compito di annunciatrice e testimone di questa Rivelazione di Dio, raccogliendo il suo popolo dalla dispersione, così che si possa adempiere quella profezia di Isaia che i Padri della Chiesa hanno letto come indirizzata ad essa: «Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni, popolerà le città un tempo deserte» (Is 54,2-3).



Secondo capitolo
Tempo di nuova evangelizzazione

 

«Andate in tutto il mondo
e proclamante il Vangelo ad ogni creatura»
 (Mc 16,15)

41. Il mandato missionario che la Chiesa ha ricevuto dal Signore risorto (cf. Mc 16,15) ha assunto nel tempo forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Ai nostri giorni l’annuncio del Vangelo appare molto più complesso che nel passato, ma il compito affidato alla Chiesa resta quello identico dei suoi inizi. Non essendo mutata la missione, è giusto ritenere che possiamo fare nostri anche oggi l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli: lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cf. At 2,1-4), è lo stesso Spirito che guida oggi la Chiesa e la spinge ad un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo.

42. Il Concilio Vaticano II ricorda che «i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove».[32]Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della nostra fede in una situazione che rispetto al passato presenta molti tratti di novità e di criticità.

43. Le trasformazioni sociali alle quali abbiamo assistito negli ultimi decenni hanno cause complesse, che affondano le loro radici lontano nel tempo e hanno profondamente modificato la percezione del nostro mondo. Il lato positivo di queste trasformazioni è sotto gli occhi di tutti, valutato come un bene inestimabile, che ha permesso lo sviluppo della cultura e la crescita dell’uomo in molti campi del sapere. Tuttavia queste trasformazioni hanno innescato anche molti processi di revisione e di critica dei valori e di alcuni fondamenti del vivere comune che hanno profondamente intaccato la fede delle persone. Come ricorda Papa Benedetto XVI, «se da un lato l’umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza (cf. 1Pt 3,15) che porta, dall’altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale. Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose».[33]

44. Occorre offrire una risposta a questo particolare momento di crisi, anche della vita cristiana; occorre che la Chiesa sappia trovare in questo particolare momento storico come uno stimolo ulteriore per rendere ragione della speranza che porta (cf. 1Pt 3,15). Il termine “nuova evangelizzazione” richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Così intesa l’idea della nuova evangelizzazione è maturata dentro il contesto ecclesiale ed è stata attuata in forme anche molto differenziate, nella ricerca tuttora in corso del suo significato. Essa è stata considerata anzitutto come una esigenza, poi come un’operazione di discernimento e come uno stimolo alla Chiesa di oggi.

La domanda di una “nuova evangelizzazione”

45. Che cos’è la “nuova evangelizzazione”? Il Beato Papa Giovanni Paolo II, nel primo discorso che avrebbe dato notorietà e risonanza a questo termine, rivolgendosi ai Vescovi del continente latinoamericano, così la definisce: «La commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione avrà il suo pieno significato se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro Presbiterio e ai vostri fedeli; impegno non certo di rievangelizzazione, bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni».[34] Cambiano gli interlocutori e anche il tempo, e il Papa si rivolge alla Chiesa in Europa lanciandole un appello molto simile: «è emersa l’urgenza e la necessità della “nuova evangelizzazione”, nella consapevolezza che l’Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell’incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo».[35]

46. Nel suo momento iniziale, la nuova evangelizzazione risponde ad una domanda che la Chiesa deve avere il coraggio di porsi, per osare un rilancio della propria vocazione spirituale e missionaria. Occorre che le comunità cristiane, segnate dagli influssi che i forti cambiamenti sociali e culturali in atto stanno operando su di esse, trovino le energie e le strade per tornare ad ancorarsi in modo solido alla presenza del Risorto che le anima dal di dentro. Bisogna che si lascino guidare dal suo Spirito, che tornino a gustare in modo rinnovato il dono della comunione col Padre che in Gesù vivono, e tornino ad offrire agli uomini questa loro esperienza come il dono più prezioso che possiedono.

47. Le risposte pervenute al testo dei Lineamenta si sono ritrovate appieno in questa diagnosi di Papa Giovanni Paolo II. Rispondendo a loro volta alla specifica domanda – che cos’è la nuova evangelizzazione? – molte riflessioni pervenute sono concordi nell’indicare che la nuova evangelizzazione è la capacità da parte della Chiesa di vivere in modo rinnovato la propria esperienza comunitaria di fede e di annuncio dentro le nuove situazioni culturali che si sono create in questi ultimi decenni. Il fenomeno descritto è il medesimo nel Nord e nel Sud del mondo, in Occidente e in Oriente, nei Paesi in cui l’esperienza cristiana ha radici millenarie e nei Paesi evangelizzati da poche centinaia di anni. In seguito al confluire di fattori sociali e culturali – che convenzionalmente designiamo con il termine “globalizzazione” –, hanno avuto inizio processi di indebolimento delle tradizioni e delle istituzioni. Essi hanno intaccato molto velocemente i legami sociali e culturali, la loro capacità di comunicare valori e di dare risposte alle domande di senso e di verità. Il risultato è una notevole perdita di unità della cultura e della sua capacità di aderire alla fede e di vivere con i valori da essa ispirati.

48. I segni di questo clima sull’esperienza di fede e sulle forme di vita ecclesiale sono descritti in modo molto simile in tutte le risposte: debolezza della vita di fede delle comunità cristiane, riduzione del riconoscimento di autorevolezza del magistero, privatizzazione dell’appartenenza alla Chiesa, diminuzione della pratica religiosa, disimpegno nella trasmissione della propria fede alle nuove generazioni. Questi segnali, descritti in modo pressoché unanime dai vari episcopati, mostrano che è tutta la Chiesa a doversi misurare con questo clima culturale.

49. In questo quadro, la nuova evangelizzazione vuole risuonare come un appello, una domanda fatta dalla Chiesa a se stessa perché raccolga le proprie energie spirituali e si impegni in questo nuovo clima culturale ad essere propositiva: riconoscendo il bene anche dentro questi nuovi scenari, dando nuova vitalità alla propria fede e al proprio impegno evangelizzatore. L’aggettivo “nuova” fa riferimento al mutato contesto culturale e rimanda al bisogno che la Chiesa recuperi energie, volontà, freschezza e ingegno nel suo modo di vivere la fede e di trasmetterla. Le risposte giunte hanno mostrato che questo appello è stato raccolto in modo differente nelle varie realtà ecclesiali, ma il tono generale è di preoccupazione. Danno l’impressione che molte comunità cristiane non abbiano ancora percepito appieno la portata della sfida e l’entità della crisi generate da questo clima culturale anche dentro la Chiesa. Al riguardo, ci si attende che il dibattito sinodale aiuti a prendere coscienza in modo maturo e approfondito della serietà di questa sfida con cui ci stiamo misurando. Più profondamente ci si attende che continui la riflessione sinodale sul fenomeno della secolarizzazione, sugli influssi positivi[36] e negativi esercitati sul cristianesimo, sulle sfide che pone alla fede cristiana.

50. Non tutti i segnali infatti sono negativi. Segno di speranza e dono dello Spirito è per molte Chiese la presenza di forze di rinnovamento. Si tratta di comunità cristiane, più spesso di gruppi religiosi e di movimenti, in qualche caso di istituzioni teologiche e culturali, che mostrano con la loro azione la possibilità reale di vivere la fede cristiana con il suo annuncio anche dentro questa cultura. A queste esperienze, ai tanti giovani che le animano con la loro freschezza e il loro entusiasmo, le Chiese particolari guardano con riconoscenza e con attenzione. Esse sono pronte a riconoscere il loro dono, spingendo perché questo dono diventi patrimonio anche del resto del popolo cristiano. Sono attente a seguire la crescita di esperienze che hanno nella relativa giovane età il loro punto forte ma anche qualche limite.

Gli scenari della nuova evangelizzazione

51. Assunta come esigenza, la nuova evangelizzazione ha spinto la Chiesa ad esaminare il modo con cui le comunità cristiane nel presente vivono e testimoniano la loro fede. La nuova evangelizzazione si è fatta così discernimento, ovvero capacità di leggere e decifrare i nuovi scenari che in questi ultimi decenni sono venuti creandosi nella storia degli uomini, per trasformarli in luoghi di annuncio del Vangelo e di esperienza ecclesiale. Ancora una volta, il magistero di Giovanni Paolo II ha fatto da guida con una prima descrizione di questi scenari,[37] alla quale il testo dei Lineamenta si è rifatto, e che si è vista condivisa e confermata nelle risposte pervenute. Si tratta di scenari culturali, sociali, economici, politici, religiosi.

52. Primo fra tutti, vista l’importanza che riveste, è stato indicato lo scenario culturale di sfondo. Già descritto nelle sue grandi linee nel paragrafo precedente, di questo scenario le varie risposte hanno sottolineato con enfasi la dinamica secolarizzatrice che lo anima. Radicata in modo particolare nel mondo occidentale, la secolarizzazione è frutto di episodi e movimenti sociali e di pensiero che ne hanno segnato in profondità la storia e l’identità. Essa si presenta oggi nelle nostre culture attraverso l’immagine positiva della liberazione, della possibilità di immaginare la vita del mondo e dell’umanità senza riferimento alla trascendenza. In questi anni non ha più tanto la forma pubblica dei discorsi diretti e forti contro Dio, la religione e il cristianesimo, anche se in qualche caso questi toni anticristiani, antireligiosi e anticlericali si sono fatti udire anche di recente. Come testimoniano molte risposte, essa ha assunto piuttosto un tono debole che ha permesso a questa forma culturale di invadere la vita quotidiana delle persone e di sviluppare una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, e la sua esistenza stessa dipende dalla coscienza umana.

53. Questo suo tono dimesso, e per questo più attrattivo e seducente, ha consentito alla secolarizzazione di entrare anche nella vita dei cristiani e delle comunità ecclesiali, divenendo ormai non più soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma un terreno di confronto quotidiano. I tratti di un modo secolarizzato di intendere la vita segnano il comportamento abituale di molti cristiani. La “morte di Dio” annunciata nei decenni passati da tanti intellettuali ha ceduto il posto ad una sterile mentalità edonistica e consumistica, che spinge verso modi molto superficiali di affrontare la vita e le responsabilità. Il rischio di perdere anche gli elementi fondamentali della fede è reale. L’influsso di questo clima secolarizzato nella vita di tutti i giorni rende sempre più faticosa l’affermazione dell’esistenza di una verità. Si assiste ad una pratica espulsione della questione di Dio dalle domande che l’uomo si pone. Le risposte al bisogno religioso assumono forme di spiritualità individualistica oppure forme di neopaganesimo, sino all’imporsi di un clima generale di relativismo.

54. Questo rischio non deve però far perdere di vista ciò che di positivo il cristianesimo ha appreso dal confronto con la secolarizzazione. Il saeculum in cui convivono credenti e non credenti presenta qualcosa che li accomuna: l’umano. Proprio questo elemento dell’umano, che è il punto naturale di inserzione della fede, può diventare il luogo privilegiato dell’evangelizzazione. È nell’umanità piena di Gesù di Nazaret che abita la pienezza della divinità (cf. Col 2,9). Purificando l’umano a partire dall’umanità di Gesù di Nazaret i cristiani possono incontrarsi con gli uomini secolarizzati ma che tuttavia continuano a interrogarsi su ciò che è umanamente serio e vero. Il confronto con questi cercatori di verità aiuta i cristiani a purificare e a maturare la loro fede. La lotta interiore di queste persone che cercano la verità, pur non avendo ancora il dono di credere, è un sicuro stimolo perché ci impegniamo nella testimonianza e nella vita di fede, affinché la vera immagine di Dio diventi accessibile ad ogni uomo. Al riguardo, dalle risposte risulta che molto interesse ha suscitato l’iniziativa del “Cortile dei gentili”.

55. Accanto a questo primo scenario culturale, è stato indicato un secondo, più sociale: il grandefenomeno migratorio che spinge sempre di più le persone a lasciare il loro paese di origine e vivere in contesti urbanizzati. Da esso deriva un incontro e un mescolamento delle culture. Si stanno producendo forme di sgretolamento dei riferimenti fondamentali della vita, dei valori e degli stessi legami attraverso i quali i singoli strutturano le loro identità e accedono al senso della vita. Unito al diffondersi della secolarizzazione, l’esito culturale di questi processi è un clima di estrema fluidità, dentro il quale c’è sempre meno spazio per le grandi tradizioni, comprese quelle religiose. A questo scenario sociale è legato quel fenomeno che va sotto il nome di globalizzazione, realtà di non facile decifrazione, che richiede ai cristiani un forte lavoro di discernimento. Può essere letta come un fenomeno negativo, se di questa realtà prevale un’interpretazione deterministica, legata alla sola dimensione economica e produttiva. Può però essere letta come un momento di crescita, in cui l’umanità impara a sviluppare nuove forme solidaristiche e nuove vie per condividere lo sviluppo di tutti al bene.

56. Allo scenario migratorio, le risposte ai Lineamenta hanno associato in modo stretto un terzo scenario che va segnando in modo sempre più determinante le nostre società: lo scenarioeconomico. In gran parte causa diretta del fenomeno delle migrazioni, lo scenario economico è stato evidenziato per le tensioni e le forme di violenza che ad esso sono collegate, a seguito delle diseguaglianze che provoca all’interno delle nazioni e anche tra di esse. In molte risposte, provenienti non soltanto dai Paesi in via di sviluppo, è stato denunciato un chiaro e deciso aumento del divario tra ricchi e poveri. Innumerevoli volte il Magistero dei Sommi Pontefici ha denunciato i crescenti squilibri tra Nord e Sud del mondo, nell’accesso e nella distribuzione delle risorse, come anche nel danno al creato. La perdurante crisi economica nella quale ci troviamo segnala il problema dell’utilizzo delle risorse, quelle naturali come quelle umane. Dalle Chiese, invitate a vivere l’ideale evangelico della povertà, ci si aspetta ancora molto in termini di sensibilizzazione e di azione concreta, anche se esse non trovano sufficiente spazio nei media.

57. Un quarto scenario indicato è quello politico. Dal Concilio Vaticano II ad oggi i mutamenti intervenuti in questo scenario possono essere definiti a giusta ragione epocali. È giunta la fine della divisione del mondo occidentale in due blocchi con la crisi dell’ideologia comunista. Ciò ha favorito la libertà religiosa e la possibilità di riorganizzazione delle Chiese storiche. L’emergere sulla scena mondiale di nuovi attori economici, politici e religiosi, come il mondo islamico, il mondo asiatico, ha creato una situazione inedita e totalmente sconosciuta, ricca di potenzialità, ma anche piena di rischi e di nuove tentazioni di dominio e di potere. In questo scenario, le varie risposte hanno sottolineato varie urgenze: l’impegno per la pace, lo sviluppo e la liberazione dei popoli; una migliore regolazione internazionale e interazione dei governi nazionali; la ricerca di forme possibili di ascolto, convivenza, dialogo e collaborazione tra le diverse culture e religioni; la difesa dei diritti dell’uomo e dei popoli, soprattutto delle minoranze; la promozione dei più deboli; la salvaguardia del creato e l’impegno per il futuro del nostro pianeta. Questi sono temi che le diverse Chiese particolari hanno imparato a sentire propri, e che come tali vanno custoditi e promossi nel vissuto quotidiano delle nostre comunità.

58. Un quinto scenario è quello della ricerca scientifica e tecnologica. Viviamo in un’epoca ancora presa dalla meraviglia suscitata dai continui traguardi che la ricerca in questi campi ha saputo superare. Tutti possiamo sperimentare nella vita quotidiana i benefici arrecati da questi progressi. Tutti siamo sempre più dipendenti da essi. Di fronte a tanti aspetti positivi, esistono pure pericoli di eccessive attese e di manipolazioni. La scienza e la tecnologia corrono così il rischio di diventare i nuovi idoli del presente. È facile in un contesto digitalizzato e globalizzato fare della scienza “la nostra nuova religione”. Ci troviamo di fronte al sorgere di nuove forme di gnosi, che assumono la tecnica come forma di saggezza, in vista di una organizzazione magica della vita che funzioni come sapere e come senso. Assistiamo all’affermarsi di nuovi culti. Essi strumentalizzano in modo terapeutico le pratiche religiose che gli uomini sono disposti a vivere, strutturandosi come religioni della prosperità e della gratificazione istantanea.

Le nuove frontiere dello scenario comunicativo

59. In modo corale le risposte ai Lineamenta hanno esaminato un altro scenario, il sesto, quellocomunicativo, che oggi offre enormi possibilità e rappresenta una delle grandi sfide per la Chiesa. Agli inizi era caratteristico del solo mondo industrializzato, oggi lo scenario di un mondo globalizzato è in grado di influenzare anche vaste porzioni dei Paesi in via di sviluppo. Non c’è luogo al mondo che non possa essere raggiunto e quindi non essere soggetto all’influsso della cultura mediatica e digitale che si impone sempre più come il “luogo” della vita pubblica e della esperienza sociale. Basti pensare all’uso sempre più diffuso della rete informatica.

60. Le risposte riferiscono la diffusa convinzione che ormai le nuove tecnologie digitali hanno dato origine ad un vero e proprio nuovo spazio sociale, i cui legami sono in grado di influire sulla società e sulla cultura. Agendo sulla vita delle persone, i processi mediatici resi possibili da queste tecnologie arrivano a trasformare la realtà stessa. Intervengono in modo incisivo nell’esperienza delle persone e permettono un ampliamento delle potenzialità umane. Dall’influsso che esercitano dipende la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo. Queste tecnologie e lo spazio comunicativo da esse generato vanno perciò considerati positivamente, senza pregiudizi, come delle risorse, anche se con uno sguardo critico e un uso sapiente e responsabile.

61. La Chiesa ha saputo entrare in questi spazi ed assumere questi mezzi sin dall’inizio come utili strumenti di annuncio del Vangelo. Oggi, accanto ai mezzi di comunicazione più tradizionali, come soprattutto stampa e radio, che – stando alle risposte – hanno conosciuto in questi ultimi anni un discreto incremento, i nuovi media stanno servendo in modo sempre maggiore alla pastorale evangelizzatrice della Chiesa, rendendo possibili interazioni a vari livelli, locale, nazionale, continentale, mondiale. Si percepiscono le potenzialità di questi mezzi di comunicazione antichi e nuovi, si vede la necessità di servirsi di nuovo spazio sociale che si è venuto a creare con i linguaggi e le forme della tradizione cristiana. Si sente il bisogno di un discernimento attento e condiviso per intuire al meglio le potenzialità che esso offre in vista dell’annuncio del Vangelo, ma anche per coglierne in modo corretto i rischi e i pericoli.

62. Il diffondersi di questa cultura infatti porta con sé indubbi benefici: maggiore accesso alle informazioni, maggiore possibilità di conoscenza, di scambio, di forme nuove di solidarietà, di capacità di promuovere una cultura sempre più a dimensione mondiale, rendendo i valori e i migliori sviluppi del pensiero e dell’attività umana patrimonio di tutti. Queste potenzialità non eliminano però i rischi che la diffusione eccessiva di una simile cultura sta già generando. Si manifesta una profonda attenzione egocentrica ai soli bisogni individuali. Si afferma un’esaltazione emotiva delle relazioni e dei legami sociali. Si assiste all’indebolimento e alla perdita di valore oggettivo di esperienze profondamente umane quali la riflessione e il silenzio; si assiste ad un eccesso nell’affermare il proprio pensiero. Si riducono progressivamente l’etica e la politica a strumenti di spettacolo. Il punto finale a cui possono condurre questi rischi è quello che viene chiamato cultura dell’effimero, dell’immediato, dell’apparenza, ovvero una società incapace di memoria e di futuro. In un simile contesto, è chiesta ai cristiani l’audacia di frequentare questi “nuovi aeropaghi”, imparando a darne una valutazione evangelica, trovando gli strumenti e i metodi per rendere udibile anche in questi luoghi odierni il patrimonio educativo e di sapienza custodito dalla tradizione cristiana.

I mutamenti dello scenario religioso

63. I mutamenti di scenario che abbiamo analizzato sino a questo punto non possono non esercitare influssi anche sul modo con cui gli uomini esprimono il proprio senso religioso. Le risposte aiLineamenta suggeriscono di aggiungere come settimo lo scenario religioso. Questo permette anche di comprendere in modo più profondo il ritorno del senso religioso e l’esigenza multiforme di spiritualità che segna molte culture e in particolare le generazioni più giovani. Se è vero infatti che il processo secolarizzatore in atto genera come conseguenza in molte persone un’atrofia spirituale e un vuoto del cuore, è possibile anche osservare in molte regioni del mondo i segni di una consistente rinascita religiosa. La stessa Chiesa cattolica è toccata da questo fenomeno, che offre risorse e occasioni di evangelizzazione insperate pochi decenni fa.

64. Le risposte ai Lineamenta sono attente ad affrontare il fenomeno e a leggerlo in tutta la sua complessità. Ne riconoscono gli indubbi elementi positivi. Esso permette infatti di recuperare un elemento costitutivo dell’identità umana, quello religioso, superando così tutti quei limiti e quegli impoverimenti della concezione dell’uomo chiusa nel solo ambito orizzontale. Questo fenomeno favorisce l’esperienza religiosa, ridonandole quella centralità nel modo di pensare gli uomini, la storia, il senso stesso della vita, la ricerca della verità.

65. In molte risposte non si nasconde però la preoccupazione legata al carattere in parte ingenuo ed emotivo di questo ritorno del senso religioso. Più che alla lenta e complessa maturazione delle persone nella ricerca della verità, questo ritorno del senso religioso ha conosciuto in più di un caso i tratti di una esperienza religiosa poco liberante. Gli aspetti positivi della riscoperta di Dio e del sacro si sono così visti impoveriti e oscurati da fenomeni di fondamentalismo che non poche volte manipola la religione per giustificare la violenza e, in casi per fortuna estremi e limitati, persino il terrorismo.

66. È questo il quadro in cui è stato collocato da molte risposte il problema urgente del proliferare di quei nuovi gruppi religiosi che assumono la forma della setta. Quanto è dichiarato neiLineamenta (la loro dominante emotiva e psicologica, la promozione di una religione del successo e della prosperità) è confermato e riproposto. In più, alcune risposte chiedono di vigilare a che le comunità cristiane non si lascino influenzare da queste nuove forme di esperienza religiosa, confondendo lo stile cristiano dell’annuncio con la tentazione di imitare i toni aggressivi e proselitistici di questi gruppi. In presenza di questi gruppi religiosi occorre, d’altro lato, affermano sempre le risposte, che le comunità cristiane rafforzino l’annuncio e la cura della propria fede. Infatti questo contatto potrebbe contribuire a rendere la fede meno tiepida e più pronta a dare senso alla vita degli individui.

67. In questo contesto prende ancora più senso l’incontro e il dialogo con le grandi tradizioni religiose che la Chiesa ha coltivato negli ultimi decenni, e continua ad intensificare. Questo incontro si presenta come un’occasione promettente per approfondire la conoscenza della complessità delle forme e dei linguaggi della religiosità umana così come si presenta in altre esperienze religiose. Un simile incontro e dialogo permette al cattolicesimo di comprendere con maggiore profondità i modi con cui la fede cristiana esprime la religiosità dell’animo umano. Allo stesso tempo arricchisce il patrimonio religioso dell’umanità con la singolarità della fede cristiana.

Da cristiani dentro questi scenari

68. Gli scenari sono stati letti per quello che sono: segni di un mutamento in atto che viene riconosciuto come il contesto nel quale si sviluppano le nostre esperienze ecclesiali. Proprio per questo, deve essere assunto e purificato, in un processo di discernimento, dall’incontro e dal confronto con la fede cristiana. L’esame di questi scenari permette di fare una lettura critica degli stili di vita, del pensiero, dei linguaggi proposti attraverso di essi. Questa lettura serve anche come autocritica che il cristianesimo è invitato a fare su di sé, per verificare quanto il proprio stile di vita e l’azione pastorale delle comunità cristiane siano state realmente all’altezza del loro compito evitando l’immobilismo attraverso una attenta lungimiranza. La riflessione sinodale potrà proseguire con frutto questi esercizi di discernimento, come molte Chiese particolari hanno dichiarato di attendersi.

69. Varie risposte ai Lineamenta hanno cercato di individuare le ragioni del distacco di numerosi fedeli dalla prassi cristiana, una vera “apostasia silenziosa”, nel fatto che la Chiesa non avrebbe risposto in modo adeguato e convincente alle sfide degli scenari descritti. È stato poi constatato l’indebolimento della fede dei credenti, la mancanza della partecipazione personale ed esperienziale nella trasmissione della fede, l’insufficiente accompagnamento spirituale dei fedeli lungo il loro iter formativo, intellettuale e professionale. Si è lamentata una eccessiva burocratizzazione delle strutture ecclesiastiche, che sono percepite lontane dall’uomo comune e dalle sue preoccupazioni esistenziali. Tutto ciò ha causato un ridotto dinamismo delle comunità ecclesiali, la perdita dell’entusiasmo delle origini, la diminuzione dello slancio missionario. Non mancano coloro che hanno lamentato celebrazioni liturgiche formali e riti ripetuti quasi per abitudine, privi della profonda esperienza spirituale, che invece di attirare allontanano le persone. Oltre alla controtestimonianza di alcuni dei suoi membri (infedeltà alla vocazione, scandali, poca sensibilità per i problemi dell’uomo contemporaneo e del mondo attuale), non bisogna sottovalutare tuttavia il «mysterium iniquitatis» (2 Ts 2,7), la lotta del Dragone contro il resto della discendenza della Donna, «contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (Ap 12,17). Per una valutazione oggettiva occorre sempre tener presente il mistero della libertà umana, dono di Dio che l’uomo può adoperare anche in modo sbagliato, ribellandosi a Dio e volgendosi contro la sua Chiesa.

La nuova evangelizzazione dovrebbe cercare di orientare la libertà delle persone, uomini e donne, verso Dio, sorgente della bontà, della verità e della bellezza. Il rinnovamento della fede dovrebbe far superare i menzionati ostacoli che si oppongono ad una vita cristiana autentica, secondo la volontà di Dio, espressa nel comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo (cf. Mc12,33).

70. Oltre a queste denunce, le risposte ai Lineamenta hanno saputo mettere bene in luce anche gli indubbi successi che sono derivati all’esperienza cristiana dall’avvento di questi scenari. Ad esempio più di una risposta ha segnalato come ricaduta positiva del processo migratorio in atto l’incontro e lo scambio di doni tra Chiese particolari, con la possibilità di ricevere energie e vitalità di fede dalle comunità cristiane immigrate. Nel contatto con i non cristiani, le comunità cristiane hanno poi potuto imparare che oggi la missione non è più un movimento Nord-Sud o Ovest-Est, perché occorre svincolarsi dai confini geografici. Oggi la missione si trova in tutti e cinque i continenti. Bisogna riconoscere che anche nei Paesi di antica evangelizzazione esistono settori e ambienti estranei alla fede perché in essi gli uomini non l’hanno mai incontrata e non soltanto perché se ne sono allontanati. Svincolarsi dai confini vuol dire avere le energie per porre la questione di Dio in tutti quei processi di incontro, mescolamento, ricostruzione delle relazioni sociali che sono in atto dovunque. L’Assemblea sinodale potrebbe essere il luogo per uno scambio proficuo su queste esperienze.

71. Pure lo scenario economico, con i suoi mutamenti, è stato riconosciuto come un luogo propizio alla testimonianza della nostra fede. Molte risposte hanno descritto l’azione delle comunità cristiane in favore dei poveri, azione che vanta radici antichissime e conosce frutti ancora promettenti. In questo momento di crisi economica grave e diffusa è stato segnalato da molti l’incremento di questa azione da parte delle comunità cristiane, con la nascita di ulteriori istituzioni dedicate al sostegno dei poveri, e al riguardo lo sviluppo di una sensibilità maggiore all’interno della Chiesa particolare. Più di una risposta ha chiesto di dare maggiore risalto alla carità come strumento di nuova evangelizzazione: la dedizione e la solidarietà verso i poveri vissute da molte comunità, la loro carità, il loro stile sobrio di vita in un mondo che esalta invece il consumo e l’avere, sono davvero un valido strumento per annunciare il Vangelo e testimoniare la nostra fede.

72. Particolare risonanza ha avuto lo scenario religioso. In primo luogo esso riguarda il dialogoecumenico. Le risposte ai Lineamenta sottolineano più volte come i diversi contesti di mutamento abbiano favorito lo sviluppo di un maggiore confronto ecumenico. Pur con molto realismo, riportando anche momenti di difficoltà e situazioni di tensione che si cerca con pazienza e determinazione di sciogliere, la novità degli scenari dentro i quali siamo chiamati come cristiani a vivere la nostra fede e ad annunciare il Vangelo ha messo ancora meglio in luce la necessità di una reale unità tra i cristiani. Essa non è da confondere con la semplice cordialità di rapporti o con la cooperazione in qualche progetto comune, ma piuttosto come l’anelito a lasciarci trasformare dallo Spirito perché possiamo sempre più conformarci all’immagine di Cristo. Questa unità anzitutto spirituale è da domandare nella preghiera ancora prima che da realizzare nelle opere. La conversione e il rinnovamento della Chiesa, a cui la crisi odierna ci chiama, non possono non avere questo contenuto ecumenico: vuol dire che bisogna sostenere in modo convinto lo sforzo di vedere tutti i cristiani uniti nel mostrare al mondo la forza profetica e trasformatrice del messaggio evangelico. Il compito è ingente e potremo rispondervi solamente con gli sforzi comuni, guidati dallo Spirito di Gesù Cristo risorto. Del resto il Signore ci ha lasciato come mandato la sua preghiera: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21).

73. Lo scenario religioso, in secondo luogo, riguarda il dialogo interreligioso, che oggi si impone, anche se in diversi modi, in tutto il mondo. Esso ha favorito stimoli positivi: i Paesi di antica tradizione cristiana leggono l’espansione della presenza di grandi religioni, in particolare dell’Islam, come lo stimolo fornito a sviluppare nuove forme di presenza, di visibilità e di proposta della fede cristiana; più in generale il contesto interreligioso e il confronto con le grandi religioni dell’oriente viene salutato come un’occasione fornita alle nostre comunità cristiane di approfondire la comprensione della nostra fede, grazie agli interrogativi che un simile confronto suscita in noi, alle questioni circa il cammino della storia umana e alla presenza di Dio in questo cammino. È un’occasione di affinare gli strumenti del dialogo e gli spazi dentro i quali si collabora allo sviluppo di esperienze di pace per una società sempre più umana.