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In cammino insieme allo Spirito Santo la via che conduce a Dio

PARTE III LO SPIRITO CHE DÀ LA VITA

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    MARIOCAPALBO
    00 19/04/2013 20:42

    PARTE III

    LO SPIRITO CHE DÀ LA VITA

    1. Motivo del Giubileo del Duemila: Cristo, il quale fu concepito di Spirito Santo

    49. Allo Spirito Santo si volgono il pensiero e il cuore della Chiesa in questa fine del ventesimo secolo e nella prospettiva del terzo Millennio dalla venuta di Gesù Cristo nel mondo, mentre guardiamo verso il grande Giubileo con cui la Chiesa celebrerà l'evento. Tale venuta, infatti, si misura, secondo il computo del tempo, come un evento che appartiene alla storia dell'uomo sulla terra. La misura del tempo adoperata comunemente definisce gli anni, i secoli e i millenni secondo che trascorrono prima o dopo la nascita di Cristo. Ma bisogna anche tener presente che questo evento significa per noi cristiani, secondo l'Apostolo, la «pienezza del tempo», perché in esso la storia dell'uomo è stata completamente penetrata dalla «misura» di Dio stesso: una trascendente presenza del «nunc» eterno. «Colui che è che era e che viene». colui che è «l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine». «Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna..., perché ricevessimo l'adozione a figli». E questa incarnazione del Figlio-Verbo è avvenuta per opera dello Spirito Santo. I due evangelisti, ai quali dobbiamo il racconto della nascita e dell'infanzia di Gesù di Nazareth, si pronunciano in questa questione allo stesso modo. Secondo Luca all'annunciazione della nascita di Gesù, Maria domanda «Come avverrà questo? Non conosco uomo», e riceve questa risposta: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà, dunque, santo e chiamato Figlio di Dio». Matteo narra direttamente: «Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo». Turbato da questo stato di cose, Giuseppe riceve durante il sonno la seguente spiegazione: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati». Perciò, la Chiesa sin dall'inizio professa il mistero dell'incarnazione, questo mistero-chiave della fede, riferendosi allo Spirito Santo. Recita il Simbolo Apostolico: «Il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine». Non diversamente il Simbolo niceno-costantinopolitano attesta: «Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». «Per opera dello Spirito Santo» si è fatto uomo colui che la Chiesa, con le parole dello stesso Simbolo, confessa essere Figlio consostanziale al Padre: «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato». Si è fatto uomo «incarnandosi nel seno della Vergine Maria». Ecco che cosa si è compiuto, quando «venne la pienezza del tempo».

    50. Il grande Giubileo, conclusivo del secondo Millennio, al quale la Chiesa già si prepara, ha direttamente un profilo cristologico: si tratta, infatti, di celebrare la nascita di Gesù Cristo. Nello stesso tempo, esso ha un profilo pneumatologico, poiché il mistero dell'incarnazione si è compiuto «per opera dello Spirito Santo». L'ha «operato» quello Spirito che--consostanziale al Padre e al Figlio--è, nell'assoluto mistero di Dio uno e trino, la Persona-amore, il dono increato, che è fonte eterna di ogni elargizione proveniente da Dio nell'ordine della creazione, il principio diretto e, in certo senso, il soggetto dell'autocomunicazione di Dio nell'ordine della grazia. Di questa elargizione, di questa divina autocomunicazione il mistero dell'incarnazione costituisce il culmine. In effetti, la concezione e la nascita di Gesù Cristo sono la più grande opera compiuta dallo Spirito Santo nella storia della creazione e della salvezza: la suprema grazia--la «grazia dell'unione», fonte di ogni altra grazia come spiega san Tommaso. A questa opera si riferisce il grande Giubileo e si riferisce anche--se penetriamo nel suo profondo--all'artefice di quest'opera, alla Persona dello Spirito Santo. Alla «pienezza del tempo» corrisponde, infatti, una particolare pienezza dell'autocomunicazione di Dio uno e trino nello Spirito Santo. «Per opera dello Spirito Santo» si compie il mistero dell'«unione ipostatica», cioè dell'unione della natura divina e della natura umana della divinità e dell'umanità nell'unica Persona del Verbo-Figlio. Quando Maria, al momento dell'annunciazione, pronuncia il suo «fiat»: «Avvenga di me quello che hai detto», ella concepisce in modo verginale un uomo, il Figlio dell'uomo, che è il Figlio di Dio. Mediante una tale «umanizzazione» del Verbo-Figlio, l'autocomunicazione di Dio raggiunge la sua pienezza definitiva nella storia della creazione e della salvezza. Questa pienezza acquista una particolare densità ed eloquenza espressiva nel testo del Vangelo di Giovanni: «Il Verbo si fece carne». L'incarnazione di Dio-Figlio significa l'assunzione all'unità con Dio non solo della natura umana, ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è «carne»: di tutta l'umanità, di tutto il mondo visibile e materiale. L'incarnazione, dunque, ha anche un suo significato cosmico, una sua cosmica dimensione. Il «generato prima di ogni creatura», incarnandosi nell'umanità individuale di Cristo, si unisce in qualche modo con l'intera realtà dell'uomo, il quale è anche «carne» --e in essa con ogni «carne», con tutta la creazione.

    51. Tutto ciò si compie per opera dello Spirito Santo e dunque, appartiene al contenuto del futuro grande Giubileo. La Chiesa non può prepararsi ad esso in nessun altro modo, se non nello Spirito Santo. Ciò che «nella pienezza del tempo» si è compiuto per opera dello Spirito Santo, solo per opera sua può ora emergere dalla memoria della Chiesa. Per opera sua può rendersi presente nella nuova fase della storia dell'uomo sulla terra: l'anno Duemila dalla nascita di Cristo. Lo Spirito Santo, che con la sua potenza adombrò il corpo verginale di Maria, dando in lei inizio alla maternità divina, nello stesso tempo rese il suo cuore perfettamente obbediente nei riguardi di quell'autocomunicazione di Dio, che superava ogni concetto e ogni facoltà dell'uomo. «Beata colei che ha creduto!»: così viene salutata Maria dalla sua parente Elisabetta, anche lei «piena di Spirito Santo». Nelle parole di saluto a colei che «ha creduto» sembra delinearsi un lontano (ma, in effetti, molto vicino) contrasto nei riguardi di tutti coloro, dei quali Cristo dirà che «non hanno creduto». Maria è entrata nella storia della salvezza del mondo mediante l'obbedienza della fede. E la fede, nella sua più profonda essenza, é l'apertura del cuore umano davanti al dono: davanti all'autocomunicazione di Dio nello Spirito Santo. Scrive san Paolo: «Il Signore è lo Spirito, e dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà». Quando Dio uno e trino si apre all'uomo nello Spirito Santo, questa sua «apertura» rivela ed insieme dona alla creatura-uomo la pienezza della libertà. Tale pienezza si è manifestata in modo sublime proprio mediante la fede di Maria, mediante «l'obbedienza della fede» davvero, «beata colei che ha creduto!».

    2. Motivo del Giubileo: si è manifestata la grazia

    52. Nel mistero dell'incarnazione l'opera dello Spirito, «che dà la vita», raggiunge il suo vertice. Non è possibile dare la vita, che in Dio è in modo pieno, che facendo di essa la vita di un Uomo, quale è Cristo nella sua umanità personalizzata dal Verbo nell'unione ipostatica. E, al tempo stesso, col mistero dell'incarnazione si apre in modo nuovo la fonte di questa vita divina nella storia dell'umanità: lo Spirito Santo. Il Verbo, «generato prima di ogni creatura», diventa «il primogenito tra molti fratelli» e così diventa anche il capo del corpo che è la Chiesa, la quale nascerà sulla Croce e sarà rivelata il giorno della Pentecoste--e nella Chiesa, il capo dell'umanità: degli uomini di ogni nazione, di ogni razza, di ogni paese e cultura, di ogni lingua e continente, tutti chiamati alla salvezza. «Il Verbo si fece carne, (quel Verbo in cui) era la vita e la vita era la luce degli uomini... A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Ma tutto ciò si è compiuto ed incessantemente si compie «per opera dello Spirito Santo». «Figli di Dio», infatti, sono--come insegna l'Apostolo -- «tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio». La figliolanza dell'adozione divina nasce negli uomini sulla base del mistero dell'incarnazione, dunque grazie a Cristo, l'eterno Figlio. Ma la nascita, o rinascita, avviene quando Dio Padre «manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio». Allora, infatti, «riceviamo uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!"». Pertanto, quella figliolanza di Dio innestata nell'anima umana con la grazia santificante, è opera dello Spirito Santo. «Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo». La grazia santificante è nell'uomo il principio e la fonte della nuova vita: vita divina, soprannaturale. L'elargizione di questa nuova vita è come la risposta definitiva di Dio alle parole del Salmista, nelle quali in certo modo risuona la voce di tutte le creature: «Se mandi il tuo Spirito saranno creati e rinnoverai la faccia della terra». Colui che nel mistero della creazione dà all'uomo e al cosmo la vita nelle sue molteplici forme visibili ed invisibili, egli ancora la rinnova mediante il mistero dell'incarnazione. La creazione viene così completata dall'incarnazione e permeata fin da quel momento dalle forze della redenzione, che investono l'umanità e tutto il creato. Ce lo dice san Paolo, la cui visione cosmico-teologica sembra riprendere la voce dell'antico Salmo: la creazione «attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio», ossia di coloro che Dio, avendoli «da sempre conosciuti», ha anche «predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo». Si ha così una soprannaturale «adozione» degli uomini, di cui è origine lo Spirito Santo, amore e dono. Come tale egli viene elargito agli uomini E nella sovrabbondanza del dono increato ha inizio, nel cuore di ogni uomo, quel particolare dono creato, mediante il quale gli uomini «diventano partecipi della natura divina». Così la vita umana viene penetrata per partecipazione dalla vita divina ed acquista anch'essa una dimensione divina, soprannaturale. Si ha la nuova vita, nella quale, come partecipi del mistero dell'incarnazione, «gli uomini nello Spirito Santo hanno accesso al Padre». Vi è, dunque, una stretta relazione tra lo Spirito, che dà la vita, e la grazia santificante e quella molteplice vitalità soprannaturale, che ne deriva nell'uomo: tra lo Spirito increato e lo spirito umano creato.

    53. Si può dire che tutto ciò rientra nell'ambito del grande Giubileo, sopra menzionato. Bisogna, infatti, oltrepassare la dimensione storica del fatto, considerato nella sua superficie. Bisogna raggiungere, nello stesso contenuto cristologico del fatto, la dimensione pneumatologica, abbracciando con lo sguardo della fede i due millenni dell'azione dello Spirito di verità, il quale, attraverso i secoli, ha attinto dal tesoro della redenzione di Cristo dando agli uomini la nuova vita, operando in essi l'adozione nel Figlio unigenito, santificandoli, sicché essi possono ripetere con san Paolo: «Abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio». Ma, seguendo questo motivo del Giubileo, non è possibile limitarsi ai duemila anni trascorsi dalla nascita di Cristo. Bisogna risalire indietro, abbracciare tutta l'azione dello Spirito Santo anche prima di Cristo--sin dal principio, in tutto il mondo e, specialmente, nell'economia dell'Antica Alleanza. Questa azione, infatti, in ogni luogo e in ogni tempo, anzi in ogni uomo, si è svolta secondo l'eterno piano di salvezza, per il quale essa è strettamente unita al mistero dell'incarnazione e della redenzione, che a sua volta esercitò il suo influsso nei credenti in Cristo venturo. Ciò è attestato in modo particolare nella Lettera agli Efesini. La grazia, pertanto, porta congiuntamente in sé una caratteristica cristologica ed insieme pneumatologica, che si verifica soprattutto in coloro che espressamente aderiscono al Cristo: «In lui (in Cristo)... avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità in attesa della completa redenzione». Ma, sempre nella prospettiva del grande Giubileo, dobbiamo anche guardare più ampiamente e andare «al largo», sapendo che «il vento soffia dove vuole», secondo l'immagine usata da Gesù nel colloquio con Nicodemo. Il Concilio Vaticano II, concentrato soprattutto sul tema della Chiesa, ci ricorda l'azione dello Spirito Santo anche «al di fuori» del corpo visibile della Chiesa. Esso parla appunto di «tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore opera invisibilmente la grazia. Cristo infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò, dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti, nel modo che Dio conosce, la possibilità di essere associati al mistero pasquale».

    54. «Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Queste parole Gesù le ha dette in un altro suo colloquio: quello con la Samaritana. Il grande Giubileo, che si celebrerà al termine di questo Millennio ed all'inizio di quello successivo, deve costituire un potente appello rivolto a tutti coloro che «adorano Dio in spirito e verità». Deve essere per tutti una speciale occasione per meditare il mistero di Dio uno e trino, il quale in se stesso è completamente trascendente nei riguardi del mondo, specialmente del mondo visibile: è infatti, Spirito assoluto, «Dio è spirito» ed insieme, in modo mirabile, è non solo vicino a questo mondo, ma vi è presente e, in certo senso, immanente, lo compenetra e vivifica dall'interno. Ciò vale in modo speciale per l'uomo: Dio è nell'intimo del suo essere, come pensiero, coscienza, cuore; e realtà psicologica e ontologica, considerando la quale sant'Agostino diceva di lui: «È più intimo del mio intimo». Queste parole ci aiutano a capir meglio quelle rivolte da Gesù alla Samaritana: «Dio è spirito». Solo lo Spirito può essere «più intimo del mio intimo» sia nell'essere, sia nell'esperienza spirituale; solo lo Spirito può essere tanto immanente nell'uomo e nel mondo, permanendo inviolabile e immutabile nella sua assoluta trascendenza. Ma in modo nuovo e in forma visibile la presenza divina nel mondo e nell'uomo si è manifestata in Gesù Cristo. In lui davvero «è apparsa la grazia». L'amore di Dio Padre, dono, grazia infinita, principio di vita, è divenuto palese in Cristo, e nell'umanità di lui si è fatto «parte» dell'universo, del genere umano, della storia. Quell'«apparizione» della grazia nella storia dell'uomo, mediante Gesù Cristo, si è compiuta per opera dello Spirito Santo, che è il principio di ogni azione salvifica di Dio nel mondo: egli, «Dio nascosto», che come amore e dono «riempie l'universo». Tutta la vita della Chiesa, quale si manifesterà nel grande Giubileo, significa andare incontro al Dio nascosto: incontro allo Spirito, che dà la vita.

    3. Lo Spirito Santo nel dissidio interno dell'uomo: la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne.

    55. Purtroppo, risulta dalla storia della salvezza che quel farsi vicino e presente di Dio all'uomo e al mondo, quella mirabile «condiscendenza» dello Spirito incontra nella nostra realtà umana resistenza ed opposizione. Quanto sono eloquenti da questo punto di vista le parole profetiche del vegliardo di nome Simeone, il quale «mosso dallo Spirito» si recò al tempio di Gerusalemme, per annunciare davanti al bambino di Betlemme che «egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione». L'opposizione a Dio, che è Spirito invisibile, nasce in una certa misura già sul terreno della radicale diversità del mondo da lui, cioè dalla sua «visibilità» e «materialità» in rapporto a lui «invisibile» e «assoluto Spirito»; dalla sua essenziale e inevitabile imperfezione in rapporto a lui, essere perfettissimo. Ma l'opposizione diventa conflitto, ribellione sul terreno etico per quel peccato che prende possesso del cuore umano, nel quale «la carne... ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne». Di questo peccato lo Spirito Santo deve «convincere il mondo», come abbiamo detto. San Paolo è colui che in modo particolarmente eloquente descrive la tensione e la lotta, che agita il cuore umano. «Vi dico dunque--leggiamo nella Lettera ai Galati--: camminate secondo lo spirito, e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne, infatti, ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste». Già nell'uomo come essere composto, spirituale-corporale, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo «spirito» e la «carne». Ma essa di fatto appartiene all'eredità del peccato, ne è una conseguenza e, nello stesso tempo, una conferma. Essa fa parte dell'esperienza quotidiana. Come scrive l'Apostolo: «Del resto, le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, ubriachezze, orge e cose del genere». Sono i peccati che si potrebbero definire «carnali». Ma l'Apostolo ne aggiunge anche altri: «Inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie». Tutto questo costituisce «le opere della carne». Ma a queste opere, che sono indubbiamente cattive, Paolo contrappone «il frutto dello Spirito», come «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». Dal contesto risulta chiaro che per l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua soggettività personale; egli tratta, invece, delle opere, o meglio delle stabili disposizioni--virtù e vizi--moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all'azione salvifca dello Spirito Santo. Perciò, l'Apostolo scrive: «Se pertanto viviamo dello spirito, camminiamo anche secondo lo spirito». E in altri passi: «Coloro infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli, invece, che vivono secondo lo spirito, alle cose dello spirito»; «Viviamo, infatti, sotto il dominio dello spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi». La contrapposizione che san Paolo stabilisce tra la vita «secondo lo spirito» e la vita «secondo la carne», genera un'ulteriore contrapposizione: quella della «vita» e della «morte». «I desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello spirito portano alla vita e alla pace»; di qui l'ammonimento: «Se vivete secondo la carne, voi morirete; se, invece, con l'aiuto dello Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete». A ben considerare, questa è un'esortazione a vivere nella verità, cioè secondo i dettami della retta coscienza e, nello stesso tempo, è una professione di fede nello Spirito di verità, come in colui che dà la vita. Il corpo, infatti, «è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione»; «Così dunque... siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne». Siamo piuttosto debitori a Cristo, che nel mistero pasquale ha operato la nostra giustificazione, ottenendo a noi lo Spirito Santo: «Infatti, siamo stati comprati a caro prezzo». Nei testi di san Paolo si sovrappongono--e reciprocamente si compenetrano--la dimensione ontologica (la carne e lo spirito), quella etica (il bene e il male morale), quella pneumatologica (l'azione dello Spirito Santo nell'ordine della grazia). Le sue parole (specialmente nelle Lettere ai Romani e ai Galati ci fanno conoscere e sentire al vivo la grandezza di quella tensione e lotta, che si svolge nell'uomo tra l'apertura verso l'azione dello Spirito Santo e la resistenza e l'opposizione a lui, al suo dono salvifìco. I termini o poli contrapposti sono, da parte dell'uomo, la sua limitatezza e peccaminosità, punti nevralgici della sua realtà psicologica ed etica; e, da parte di Dio, il mistero del dono, quell'incessante donarsi della vita divina nello Spirito Santo. Di chi sarà la vittoria? Di chi avrà saputo accogliere il dono.

    56. Purtroppo, la resistenza allo Spirito Santo, che san Paolo sottolinea nella dimensione interiore e soggettiva come tensione, lotta, ribellione che avviene nel cuore umano, trova nelle varie epoche della storia e, specialmente, nell'epoca moderna la sua dimensione esteriore, concretizzandosi come contenuto della cultura e della civiltà, come sistema filosofico, come ideologia, come programma di azione e di formazione dei comportamenti umani. Essa trova la sua massima espressione nel materialismo, sia nella sua forma teorica--come sistema di pensiero, sia nella sua forma pratica--come metodo di lettura e di valutazione dei fatti e come programma, altresì, di condotta corrispondente. Il sistema che ha dato il massimo sviluppo e ha portato alle estreme conseguenze operative questa forma di pensiero, di ideologia e di prassi, è il materialismo dialettico e storico, riconosciuto tuttora come sostanza vitale del marxismo. In linea di principio e di fatto il materialismo esclude radicalmente la presenza e l'azione di Dio, che è spirito nel mondo e, soprattutto, nell'uomo per la fondamentale ragione che non accetta la sua esistenza, essendo un sistema essenzialmente e programmaticamente ateo. È il fenomeno impressionante del nostro tempo, al quale il Concilio Vaticano II ha dedicato alcune pagine significative: l'ateismo. Anche se non si può parlare dell'ateismo in modo univoco né si può ridurlo esclusivamente alla filosofia materialistica, dato che esistono varie specie di ateismo e forse si può dire che spesso si usa tale parola in senso equivoco, tuttavia è certo che un vero e proprio materialismo, inteso come teoria che spiega la realtà e assunto come principio-chiave dell'azione personale e sociale, ha carattere ateo. L'orizzonte dei valori e dei fini dell'agire, che esso delinea, è strettamente legato all'interpretazione come «materia» di tutta la realtà. Se esso parla a volte anche dello «spirito e delle questioni dello spirito», per esempio nel campo della cultura o della morale, ciò fa soltanto in quanto considera certi fatti come derivati (epifenomeni) dalla materia, la quale secondo questo sistema è l'unica ed esclusiva forma dell'essere. Ne consegue che, secondo tale interpretazione, la religione può essere intesa solamente come una specie di «illusione idealistica», da combattere nei modi e con i metodi più opportuni secondo i luoghi e le circostanze storiche, per eliminarla dalla società e dal cuore stesso dell'uomo. Si può dire, pertanto, che il materialismo è lo sviluppo sistematico e coerente di quella «resistenza» e opposizione, denunciate da san Paolo con le parole: «La carne ha desideri contrari allo spirito». Questa conflittualità è, però, reciproca, come mette in rilievo l'Apostolo nella seconda parte del suo aforisma: «Lo spirito ha desideri contrari alla carne». Chi vuole vivere secondo lo Spirito nell'accettazione e nella corrispondenza alla sua azione salvifica, non può non respingere le tendenze e le pretese, interne ed esterne, della «carne», anche nella sua espressione ideologica e storica di «materialismo» antireligioso. Su questo sfondo così caratteristico del nostro tempo si devono sottolineare i «desideri dello spirito» nei preparativi al grande Giubileo, come richiami che risuonano nella notte di un nuovo tempo di avvento, in fondo al quale, come duemila anni fa, «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio». Questa è una possibilità e una speranza, che la Chiesa affida agli uomini di oggi. Essa sa che l'incontro-scontro, tra i «desideri contrari allo spirito», che caratterizano tanti aspetti della civiltà contemporanea, specialmente in alcuni suoi àmbiti, e i «desideri contrari alla carne», con l'avvicinarsi di Dio, con la sua incarnazione, con la sua sempre nuova comunicazione nello Spirito Santo, può presentare in molti casi un carattere drammatico e forse risolversi in nuove sconfitte umane. Ma essa crede fermamente che, da parte di Dio, è sempre un comunicarsi salvifico, una venuta salvifica e, semmai, un salvifico «convincere del peccato» ad opera dello Spirito.

    57. Nella contrapposizione paolina dello «spirito» e della «carne» è inscritta anche la contrapposizione della «vita» e della «morte». Grave problema, questo, circa il quale bisogna dire subito che il materialismo, come sistema di pensiero, in ogni sua versione, significa l'accettazione della morte quale definitivo termine dell'esistenza umana. Tutto ciò che è materiale, è corruttibile e, perciò, il corpo umano (in quanto «animale») è mortale. Se l'uomo nella sua essenza è solo «carne», la morte rimane per lui un confine e un termine invalicabile. Allora si capisce come si possa dire che la vita umana è esclusivamente un «esistere per morire». Bisogna aggiungere che sull'orizzonte della civiltà contemporanea--specialmente di quella più sviluppata in senso tecnico-scientifico--i segni e i segnali di morte sono diventati particolarmente presenti e frequenti. Basti pensare alla corsa agli armamenti e al pericolo, in essa insito, di un'autodistruzione nucleare. D'altra parte, si è rivelata sempre più a tutti la grave situazione di vaste regioni del nostro pianeta, segnate dall'indigenza e dalla fame apportatrici di morte. Si tratta di problemi che non sono solo economici, ma anche e prima di tutto etici. Senonché, sull'orizzonte della nostra epoca si addensano «segni di morte» anche più cupi: si è diffuso il costume --che in alcuni luoghi rischia di diventare quasi un'istituzione--di togliere la vita agli esseri umani prima ancora della loro nascita, o anche prima che siano arrivati al naturale traguardo della morte. E ancora: nonostante tanti nobili sforzi in favore della pace, sono scoppiate e sono in corso nuove guerre, che privano della vita o della salute centinaia di migliaia di uomini. E come non ricordare gli attentati alla vita umana da parte del terrorismo, organizzato anche su scala internazionale? Purtroppo, questo è solo un abbozzo parziale ed incompleto del quadro di morte che si sta componendo nella nostra epoca, mentre ci avviciniamo sempre di più alla fine del secondo Millennio cristiano. Dalle tinte fosche della civiltà materialistica e, in particolare, da quei segni di morte che si moltiplicano nel quadro sociologico-Storico, in cui essa si è attuata, non sale forse una nuova invocazione, più o meno consapevole, allo Spirito che dà la vita? In ogni caso, anche indipendentemente dall'ampiezza delle speranze o delle disperazioni umane, come delle illusioni o degli inganni, derivanti dallo sviluppo dei sistemi materialistici di pensiero e di vita, rimane la certezza cristiana che lo Spirito soffia dove vuole e che noi possediamo «le primizie dello Spirito», e che perciò, possiamo anche essere soggetti alle sofferenze dei tempo che passa, ma «gemiamo interiormente aspettando... la redenzione del nostro corpo», ossia di tutto il nostro essere umano, corporeo e spirituale. Gemiamo, sì, ma in un'attesa carica di indefettibile speranza, perché proprio a questo essere umano si è avvicinato Dio, che è Spirito. Dio Padre ha mandato «il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e, in vista del peccato, ha condannato il peccato». Al culmine del mistero pasquale, il Figlio di Dio, fatto uomo e crocifisso per i peccati del mondo, si è presentato in mezzo ai suoi apostoli dopo la risurrezione, ha alitato su di loro e ha detto: «Ricevete lo Spirito Santo». Questo «soffio» continua sempre. Ed ecco, «lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza».

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    MARIOCAPALBO
    00 19/04/2013 20:43

    4. Lo Spirito Santo nel rafforzamento dell'«uomo interiore»

    58. Il mistero della Risurrezione e della Pentecoste è annunciato e vissuto dalla Chiesa, che è l'erede e la continuatrice della testimonianza degli apostoli circa la risurrezione di Gesù Cristo. Essa è la testimone perenne di questa vittoria sulla morte, che ha rivelato la potenza dello Spirito Santo e ha determinato la sua nuova venuta, la sua nuova presenza negli uomini e nel mondo. Infatti nella risurrezione di Cristo lo Spirito Santo Paraclito si è rivelato soprattutto come colui che dà la vita: «Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito, che abita in voi». Nel nome della risurrezione di Cristo la Chiesa annuncia la vita, che si è manifestata oltre il limite della morte, la vita che è più forte della morte. Al tempo stesso, essa annuncia colui che dà questa vita: lo Spirito vivificatore; lo annuncia e con lui coopera nel dare la vita. Infatti, se «il corpo è morto a causa del peccato..., lo spirito è vita a causa della giustificazione», operata da Cristo crocifisso e risorto. E in nome della risurrezione di Cristo la Chiesa serve la vita che proviene da Dio stesso, in stretta unione ed in umile servizio allo Spirito. Proprio per questo servizio l'uomo diventa in modo sempre nuovo la «via della Chiesa», come ho già detto nell'Enciclica su Cristo Redentore ed ora ripeto in questa sullo Spirito Santo. Unita con lo Spirito, la Chiesa è consapevole più di ogni altro della realtà dell'uomo interiore, di ciò che nell'uomo è più profondo ed essenziale, perché spirituale ed incorruttibile. A questo livello lo Spirito innesta la «radice dell'immortalità», dalla quale spunta la nuova vita: cioè, la vita dell'uomo in Dio, che, come frutto della sua autocomunicazione salvifica nello Spirito Santo, può svilupparsi e consolidarsi solo sotto l'azione di costui. Perciò, l'Apostolo si rivolge a Dio in favore dei credenti, ai quali dichiara: «Piego le ginocchia davanti al Padre..., perché vi conceda... di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore». Sotto l'influsso dello Spirito Santo matura e si rafforza quest'uomo interiore, cioè «spirituale». Grazie alla divina comunicazione lo spirito umano, che «conosce i segreti dell'uomo», si incontra con lo «Spirito che scruta le profondità di Dio». In questo Spirito, che è il dono eterno, Dio uno e trino si apre all'uomo, allo spirito umano. Il soffio nascosto dello Spirito divino fa sì che lo spirito umano si apra, a sua volta, davanti all'aprirsi salvifico e santificante di Dio. Per il dono della grazia, che viene dallo Spirito, l'uomo entra in «una vita nuova», viene introdotto nella realtà soprannaturale della stessa vita divina e diventa «dimora dello Spirito Santo», «tempio vivente di Dio». Per lo Spirito Santo, infatti, il Padre e il Figlio vengono a lui e prendono dimora presso di lui. Nella comunione di grazia con la Trinità si dilata l'«area vitale» dell'uomo, elevata al livello soprannaturale della vita divina. L'uomo vive in Dio e di Dio: vive «secondo lo Spirito» e «pensa alle cose dello Spirito».

    59. L'intima relazione con Dio nello Spirito Santo fa sì che l'uomo comprenda in modo nuovo anche se stesso la propria umanità. Viene così realizzata pienamente quell'immagine e somiglianza di Dio, che è l'uomo sin dall'inizio. Tale intima verità dell'essere umano deve essere di continuo riscoperta alla luce di Cristo, che è il prototipo del rapporto con Dio, e, in lui, deve essere anche riscoperta la ragione del «ritrovarsi pienamente attraverso un dono sincero di sé» con gli altri uomini, come scrive il Concilio Vaticano II: proprio in ragione della somiglianza divina che «manifesta che nella terra l'uomo... è l'unica creatura che Dio abbia voluto per se stessa», nella sua dignità di persona, ma aperta all'integrazione e alla comunione sociale. La conoscenza efficace e l'attuazione piena di questa verità dell'essere avvengono solo per opera dello Spirito Santo. L'uomo impara questa verità da Gesù Cristo e la attua nella propria vita per opera dello Spirito, che egli stesso ci ha dato. Su questa via--sulla via di una tale maturazione interiore, che include la piena scoperta del senso dell'umanità--Dio si fa intimo all'uomo, penetra sempre più a fondo in tutto il mondo umano. Dio uno e trino, che in se stesso «esiste» come trascendente realtà di dono interpersonale, comunicandosi nello Spirito Santo come dono all'uomo, trasforma il mondo umano dal di dentro, dall'interno dei cuori e delle coscienze. Su questa via il mondo, reso partecipe del dono divino, diventa--come insegna il Concilio--«sempre più umano, sempre più profondamente umano», mentre in esso matura, mediante i cuori e le coscienze degli uomini, il Regno in cui Dio sarà definitivamente «tutto in tutti»: come dono e amore. Dono e amore: è questa l'eterna potenza dell'aprirsi di Dio uno e trino all'uomo e al mondo, nello Spirito Santo. Nella prospettiva dell'anno Duemila dalla nascita di Cristo si tratta di ottenere che un numero sempre più grande di uomini «possa ritrovarsi pienamente... attraverso un dono sincero di sé», secondo la citata espressione del Concilio. Che sotto l'azione dello Spirito Paraclito si realizzi nel nostro mondo quel processo di vera maturazione nell'umanità, nella vita individuale e in quella comunitaria, in ordine al quale Gesù stesso, «quando prega il Padre perché "tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola" (Gv17,21), ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità». Il Concilio ribadisce tale verità sull'uomo, e la Chiesa vede in essa un'indicazione particolarmente forte e determinante dei propri compiti apostolici. Se, infatti, l'uomo è la via della Chiesa, questa via passa attraverso tutto il mistero di Cristo, come divino modello dell'uomo. Su questa via lo Spirito Santo, rafforzando in ciascuno di noi «l'uomo interiore», fa sì che l'uomo sempre meglio «si ritrovi attraverso un dono sincero di sé». Si può dire che in queste parole della Costituzione pastorale del Concilio si riassuma tutta l'antropologia cristiana: quella teoria e prassi, fondata sul Vangelo, nella quale l'uomo scoprendo in se stesso l'appartenenza a Cristo e, in lui, l'elevazione a figlio di Dio, comprende meglio anche la sua dignità di uomo, proprio perché è il soggetto dell'avvicinamento e della presenza di Dio, il soggetto della condiscendenza divina, nella quale è contenuta la prospettiva ed addirittura la radice stessa della definitiva glorificazione. Allora si può veramente ripetere che «gloria di Dio è l'uomo vivente, ma vita dell'uomo è la visione di Dio»: l'uomo, vivendo una vita divina, è la gloria di Dio, e di questa vita e di questa gloria lo Spirito Santo è il dispensatore nascosto. Egli--dice il grande Basilio -- «semplice nell'essenza, molteplice nelle sue virtù..., si diffonde senza che subisca alcuna diminuzione, è presente a ciascuno di quanti sono capaci di riceverlo come se fosse lui solo, ed in tutti infonde la grazia sufficiente e completa».

    60. Quando, sotto l'influsso del Paraclito, gli uomini scoprono questa dimensione divina del loro essere e della loro vita, sia come persone che come comunità, essi sono in grado di liberarsi dai diversi determinismi derivati principalmente dalle basi materialistiche del pensiero, della prassi e della sua relativa metodologia. Nella nostra epoca questi fattori sono riusciti a penetrare fin nell'intimo dell'uomo, in quel santuario della coscienza dove lo Spirito Santo immette di continuo la luce e la forza della vita nuova secondo la «libertà dei figli di Dio». La maturazione dell'uomo in questa vita è impedita dai condizionamenti e dalle pressioni, che su di lui esercitano le strutture e i meccanismi dominanti nei diversi settori della società. Si può dire che in molti casi i fattori sociali, anziché favorire lo sviluppo e l'espansione dello spirito umano, finiscono con lo strapparlo alla genuina verità del suo essere e della sua vita--sulla quale veglia lo Spirito Santo--per sottometterlo al «principe di questo mondo». Il grande Giubileo del Duemila contiene, pertanto, un messaggio di liberazione ad opera dello Spirito, che solo può aiutare le persone e le comunità a liberarsi dai vecchi e nuovi determinismi, guidandole con la «legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù», così scoprendo e attuando la piena misura della vera libertà dell'uomo. Infatti--come scrive san Paolo--là «dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà». Tale rivelazione della libertà e, dunque, della vera dignità dell'uomo acquista una particolare eloquenza per i cristiani e per la Chiesa in stato di persecuzione--sia nei tempi antichi, sia in quello presente: perché i testimoni della Verità divina diventano allora una vivente verifica dell'azione dello Spirito di verità, presente nel cuore e nella coscienza dei fedeli, e non di rado segnano col loro martirio la suprema glorificazione della dignità umana. Anche nelle comuni condizioni della società i cristiani, come testimoni dell'autentica dignità dell'uomo, per la loro obbedienza allo Spirito Santo, contribuiscono al molteplice «rinnovamento della faccia della terra», collaborando con i loro fratelli per realizzare e valorizzare tutto ciò che nell'odierno progresso della civiltà, della cultura, della scienza, della tecnica e degli altri settori del pensiero e dell'attività umana, è buono, nobile e bello. Ciò fanno come discepoli di Cristo, che--come scrive il Concilio--«con la sua risurrezione costituito Signore,... opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi, con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra». Così essi affermano ancor più la grandezza dell'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, grandezza che s'illumina al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, il quale «nella pienezza del tempo», per opera dello Spirito Santo, è entrato nella storia e si è manifestato vero uomo, lui generato prima di ogni creatura, «in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui».

    5. La Chiesa sacramento dell'intima unione con Dio

    61. Avvicinandosi la conclusione del secondo Millennio, che deve ricordare a tutti e quasi render di nuovo presente l'avvento del Verbo nella «pienezza del tempo» la Chiesa ancora una volta intende penetrare nell'essenza stessa della sua costituzione divino-umana e di quella missione, che la fa partecipare alla missione messianica di Cristo, secondo l'insegnamento e il progetto sempre valido del Concilio Vaticano II. Seguendo questa linea, possiamo risalire al Cenacolo, dove Gesù Cristo rivela lo Spirito Santo come Paraclito, come Spirito di verità, e parla della propria «dipartita» mediante la Croce quale condizione necessaria della sua «venuta»: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il consolatore; ma, quando me ne sarò andato, ve lo manderò». Abbiamo visto che questo annuncio ha avuto la prima realizzazione già la sera del giorno di Pasqua e poi durante la celebrazione gerosolimitana della Pentecoste, e che da allora esso si verifica nella storia dell'umanità mediante la Chiesa. Alla luce di quell'annuncio prende pieno significato anche ciò che Gesù, sempre durante l'Ultima Cena, dice a proposito della sua nuova «venuta». È, infatti, significativo che nello stesso discorso di addio egli annunci non solo la sua «dipartita», ma anche la sua nuova «venuta». Dice appunto: «Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi». E nel momento del definitivo congedo, prima di salire al Cielo, ripeterà ancora più esplicitamente: «Ecco io sono con voi», lo sono «tutti i giorni, fino alla fine dei mondo». Questa nuova «venuta» di Cristo, questo suo continuo venire per essere con gli apostoli, con la Chiesa, questo suo «sono con voi fino alla fine del mondo», non cambia certo il fatto della sua «dipartita». Segue ad essa dopo la conclusione dell'attività messianica di Cristo sulla terra, ed avviene nell'ambito del preannunciato invio dello Spirito Santo e, per così dire, s'inscrive all'interno della sua stessa missione. E tuttavia si compie per opera dello Spirito Santo, il quale fa sì che il Cristo, che è andato via, venga ora e sempre in modo nuovo. Questo nuovo venire di Cristo per opera dello Spirito Santo e la sua costante presenza e azione nella vita spirituale si attuano nella realtà sacramentale. In essa il Cristo, che è andato via nella sua umanità visibile, viene, è presente e agisce nella Chiesa in modo talmente intimo da costituirla come suo corpo. Come tale, la Chiesa vive opera e cresce «fino alla fine del mondo». Tutto ciò avviene per opera dello Spirito Santo.

    62. La più completa espressione sacramentale della «dipartita» di Cristo per mezzo del mistero della Croce e della Risurrezione è l'Eucaristia. In essa si realizza ogni volta sacramentalmente la sua venuta, la sua presenza salvifica: nel sacrificio e nella comunione. Si realizza per opera dello Spirito Santo, all'interno della sua propria missione. Mediante l'Eucaristia lo Spirito Santo realizza quel «rafforzamento dell'uomo interiore», di cui parla la Lettera agli Efesini. Mediante l'Eucaristia le persone e le comunità, sotto l'azione del Paraclito consolatore, imparano a scoprire il senso divino della vita umana, richiamato dal Concilio: quel senso, per cui Gesù Cristo «svela pienamente l'uomo all'uomo», suggerendo «una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità». Una tale unione si esprime e si realizza specialmente mediante l'Eucaristia, nella quale l'uomo, partecipando al sacrificio di Cristo, che tale celebrazione attualizza, impara anche a «ritrovarsi... attraverso un dono... di sé», nella comunione con Dio e con gli altri uomini, suoi fratelli. Per questo i primi cristiani, sin dai giorni successivi alla discesa dello Spirito Santo, «erano assidui nella frazione del pane e nelle preghiere», formando in questo modo una comunità unita all'insegnamento degli apostoli. Così essi «riconoscevano» che il loro Signore, risorto e già asceso al cielo, nuovamente veniva in mezzo a loro, nella comunità eucaristica della Chiesa e per suo mezzo. Guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa sin dall'inizio espresse e confermò se stessa mediante l'Eucaristia. E così è stato sempre, in tutte le generazioni cristiane, fino ai nostri tempi, fino a questa vigilia del compimento del secondo Millennio cristiano. Certo, dobbiamo, purtroppo, constatare che questo Millennio, ormai trascorso, è stato quello delle grandi separazioni tra i cristiani. Tutti i credenti in Cristo, dunque, sull'esempio degli apostoli, dovranno mettere ogni impegno nel conformare pensiero e azione alla volontà dello Spirito Santo, «principio di unità della Chiesa», affinché tutti i battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo, si ritrovino fratelli uniti nella celebrazione della medesima Eucaristia, «sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità!».

    63. La presenza eucaristica di Cristo --il suo sacramentale «sono con voi»-- permette alla Chiesa di scoprire sempre più profondamente il proprio mistero, come attesta tutta l'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, per il quale «la Chiesa è in Cristo come un sacramento, o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano». Come sacramento, la Chiesa si sviluppa dal mistero pasquale della «dipartita» di Cristo, vivendo della sua sempre nuova «venuta» per opera dello Spirito Santo, all'interno della stessa missione del Paraclito-Spirito di verità. Proprio questo è il mistero essenziale della Chiesa, come professa il Concilio. Se in forza della creazione Dio è colui nel quale noi tutti «viviamo, ci muoviamo ed esistiamo», a sua volta la potenza della redenzione perdura e si sviluppa nella storia dell'uomo e del mondo come in un duplice «ritmo», la cui fonte si trova nell'eterno Padre. È il ritmo, da un lato, della missione del Figlio, che è venuto nel mondo, nascendo da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo; e, dall'altro, è anche il ritmo della missione dello Spirito Santo, quale è stato rivelato definitivamente da Cristo. Per la «dipartita» del Figlio, lo Spirito è venuto e viene continuamente come consolatore e Spirito di verità. E nell'ambito della sua missione, quasi nell'intimo dell'invisibile presenza dello Spirito, il Figlio, che «era andato via» nel mistero pasquale, «viene» ed è continuamente presente nel mistero della Chiesa, ed ora si cela, ora si manifesta nella sua storia, sempre conducendone il corso. Tutto ciò avviene in modo sacramentale per opera dello Spirito Santo, il quale, attingendo alle ricchezze della redenzione di Cristo, continuamente dà la vita. Nel prendere sempre più viva coscienza di questo mistero, la Chiesa vede meglio se stessa soprattutto come sacramento. Ciò avviene anche perché, per volere del suo Signore, mediante i vari Sacramenti la Chiesa compie il suo ministero salvifico nei riguardi dell'uomo. Il ministero sacramentale, ogni volta che si attua, porta con sé il mistero della «dipartita» di Cristo mediante la Croce e la Risurrezione, in forza della quale viene lo Spirito Santo. Viene e opera: «dà la vita». I Sacramenti, infatti, significano la grazia e conferiscono la grazia: esprimono la vita e danno la vita. La Chiesa è la dispensatrice visibile dei sacri segni, mentre lo Spirito Santo vi agisce come il dispensatore invisibile della vita che essi significano. Insieme con lo Spirito c'è ed agisce Cristo Gesù.

    64. Se la Chiesa è il sacramento dell'intima unione con Dio, tale è in Gesù Cristo, in cui questa stessa unione si attua come realtà salvifca. Tale è in Gesù Cristo per opera dello Spirito Santo. La pienezza della realtà salvifica, che è il Cristo nella storia, si diffonde in modo sacramentale nella potenza dello Spirito Paraclito. In questo modo lo Spirito Santo è l'«altro consolatore», o nuovo consolatore, perché mediante la sua azione la Buona Novella prende corpo nelle coscienze e nei cuori umani e si espande nella storia. In tutto ciò è lo Spirito Santo che dà la vita. Quando usiamo la parola «sacramento» in riferimento alla Chiesa, dobbiamo tener presente che nel testo conciliare la sacramentalità della Chiesa appare distinta da quella che è propria, in senso stretto, dei Sacramenti. Leggiamo infatti: «La Chiesa è... come un sacramento, o segno e strumento dell'intima unione con Dio». Ma ciò che conta ed emerge dal senso analogico con cui la parola è impiegata nei due casi, è il rapporto che la Chiesa ha con la potenza dello Spirito Santo, colui che solo dà la vita: la Chiesa è segno e strumento della presenza e dell'azione dello Spirito vivificante. Il Vaticano II aggiunge che la Chiesa è «un sacramento... dell'unità di tutto il genere umano». Si tratta evidentemente dell'unità che il genere umano, in se stesso variamente differenziato, ha da Dio e in Dio. Essa si radica nel mistero della creazione ed acquista una dimensione nuova nel mistero della redenzione, in ordine all'universale salvezza. Poiché Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità», la redenzione comprende tutti gli uomini e, in certo modo, tutta la creazione. Nella stessa universale dimensione della redenzione agisce, in forza della «dipartita» di Cristo, lo Spirito Santo. Perciò la Chiesa, radicata mediante il suo proprio mistero nell'economia trinitaria della salvezza, a buon diritto intende se stessa come «sacramento dell'unità di tutto il genere umano». Essa sa di esserlo per la potenza dello Spirito Santo, della quale è segno e strumento nell'attuazione del piano salvifico di Dio. In questo modo si realizza la «condiscendenza» dell'infinito amore trinitario: l'avvicinarsi di Dio, Spirito invisibile, al mondo visibile. Dio uno e trino si comunica all'uomo nello Spirito Santo sin dall'inizio mediante la sua «immagine e somiglianza». Sotto l'azione dello stesso Spirito l'uomo e, per suo mezzo, il mondo creato, redento da Cristo, si avvicinano ai loro definitivi destini in Dio. Di questo avvicinamento dei due poli della creazione e della redenzione, Dio e l'uomo, la Chiesa è «un sacramento, cioè segno e strumento». Essa opera per ristabilire e rafforzare l'unità alle radici stesse del genere umano: nel rapporto di comunione che l'uomo ha con Dio come suo Creatore, Signore e Redentore. E una verità che, in base all'insegnamento del Concilio, possiamo meditare, spiegare e applicare in tutta l'ampiezza del suo significato in questa fase di passaggio dal secondo al terzo Millennio cristiano. E ci è caro prendere una coscienza sempre più viva del fatto che dentro l'azione svolta dalla Chiesa nella storia della salvezza, inscritta nella storia dell'umanità, è presente e operante lo Spirito Santo, colui che col soffio della vita divina pervade il pellegrinaggio terreno dell'uomo e fa confluire tutta la creazione--tutta la storia--al suo termine ultimo, nell'oceano infinito di Dio.

    6. Lo Spirito e la Sposa dicono: «Vieni!»

    65. Il soffio della vita divina, lo Spirito Santo, nella sua maniera più semplice e comune, si esprime e si fa sentire nella preghiera. È bello e salutare pensare che, dovunque si prega nel mondo, ivi è lo Spirito Santo, soffio vitale della preghiera. È bello e salutare riconoscere che, se la preghiera è diffusa in tutto l'orbe, nel passato, nel presente e nel futuro, altrettanto estesa è la presenza e l'azione dello Spirito Santo, che «alita» la preghiera nel cuore dell'uomo in tutta la gamma smisurata delle situazioni più diverse e delle condizioni ora favorevoli, ora avverse alla vita spirituale e religiosa. Molte volte, sotto l'azione dello Spirito, la preghiera sale dal cuore dell'uomo nonostante i divieti e le persecuzioni, e persino le proclamazioni ufficiali circa il carattere areligioso, o addirittura ateo della vita pubblica. La preghiera rimane sempre la voce di tutti coloro che apparentemente non hanno voce--e in questa voce risuona sempre quel «forte grido», attribuito a Cristo dalla Lettera agli Ebrei. La preghiera è anche la rivelazione di quell'abisso, che è il cuore dell'uomo: una profondità, che è da Dio e che solo Dio può colmare, proprio con lo Spirito Santo. Leggiamo in Luca: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono! ». Lo Spirito Santo è il dono, che viene nel cuore dell'uomo insieme con la preghiera. In questa egli si manifesta prima di tutto e soprattutto come il dono, che «viene in aiuto alla nostra debolezza». È il magnifico pensiero sviluppato da san Paolo nella Lettera ai Romani quando scrive: «Noi nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili». Dunque, lo Spirito Santo non solo fa sì che preghiamo, ma ci guida «dall'interno» nella preghiera, supplendo alla nostra insufficienza, rimediando alla nostra incapacità di pregare: egli è presente nella nostra preghiera e le dà una dimensione divina. Così «colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio». La preghiera per opera dello Spirito Santo diventa l'espressione sempre più matura dell'uomo nuovo, che per mezzo di essa partecipa alla vita divina. La nostra difficile epoca ha uno speciale bisogno della preghiera. Se nel corso della storia--ieri come oggi-- numerosi uomini e donne hanno dato testimonianza dell'importanza della preghiera, consacrandosi alla lode di Dio e alla vita di orazione soprattutto nei monasteri con grande vantaggio per la Chiesa, in questi anni va pure crescendo il numero delle persone che, in movimenti e gruppi sempre più estesi, mettono al primo posto la preghiera ed in essa cercano il rinnovamento della vita spirituale. È questo un sintomo significativo e consolante, giacché da tale esperienza è derivato un reale contributo alla ripresa della preghiera tra i fedeli, che sono stati aiutati a meglio considerare lo Spirito Santo come colui che suscita nei cuori un profondo anelito alla santità. In molti individui e in molte comunità matura la consapevolezza che, pur con tutto il vertiginoso progresso della civiltà tecnico-scientifica, nonostante le reali conquiste e le mète raggiunte, l'uomo è minacciato, l'umanità è minacciata. Dinanzi a questo pericolo, e anzi sperimentando già la paurosa realtà della decadenza spirituale dell'uomo, persone singole e intere comunità, quasi guidate da un senso interiore della fede, cercano la forza capace di risollevare l'uomo, di salvarlo da se stesso, dai propri sbagli e abbagli, che spesso rendono nocive le sue stesse conquiste. E così scoprono la preghiera, nella quale si manifesta lo «Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza». In questo modo i tempi, in cui viviamo, avvicinano allo Spirito Santo molte persone, che ritornano alla preghiera. Ed io confido che tutte trovino nell'insegnamento di questa Enciclica un nutrimento per la loro vita interiore e riescano ad irrobustire, sotto l'azione dello Spirito, il loro impegno di preghiera in consonanza con la Chiesa e col suo Magistero.

    66. In mezzo ai problemi, alle delusioni e alle speranze, alle diserzioni e ai ritorni di questi tempi, la Chiesa rimane fedele al mistero della sua nascita. Se è un fatto storico che la Chiesa è uscita dal Cenacolo il giorno di Pentecoste, in un certo senso si può dire che non lo ha mai lasciato. Spiritualmente l'evento della Pentecoste non appartiene solo al passato: la Chiesa è sempre nel Cenacolo, che porta nel cuore. La Chiesa persevera nella preghiera, come gli apostoli insieme a Maria, Madre di Cristo, ed a coloro che in Gerusalemme costituivano il primo germe della comunità cristiana e attendevano, pregando, la venuta dello Spirito Santo. La Chiesa persevera nella preghiera con Maria. Questa unione della Chiesa orante con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall'inizio: noi la ve diamo presente in questo mistero, come è presente in quello di suo Figlio. Ce lo dice il Concilio: «La Beata Vergine..., adombrata dallo Spirito Santo, ... diede alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra molti fratelli (Rm8,29), cioè tra i fedeli, alla cui rigenerazione e formazione essa coopera con materno amore». ella è «per le sue singolari grazie e funzioni... intimamente congiunta con la Chiesa: è figura della Chiesa». «La Chiesa, contemplando l'arcana santità di lei ed imitandone la carità, diventa anch'essa madre» e «ad imitazione della Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità: essa pure (cioè la Chiesa) è vergine, che custodisce... la fede data allo Sposo». Si capisce così il senso profondo del motivo, per cui la Chiesa, unita con la Vergine Madre, si rivolge ininterrottamente quale Sposa al suo divino Sposo, come attestano le parole dell'Apocalisse, riportate dal Concilio: «Lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: "Vieni!"». La preghiera della Chiesa è questa invocazione incessante, nella quale «lo Spirito stesso intercede per noi»: in certo modo, egli stesso la pronuncia con la Chiesa e nella Chiesa. Lo Spirito, infatti, è dato alla Chiesa, affinché per la sua potenza tutta la comunità del Popolo di Dio, per quanto largamente ramificata e varia, perseveri nella speranza: in quella speranza, nella quale «siamo stati salvati». È la speranza escatologica, la speranza del definitivo compimento in Dio, la speranza del Regno eterno, che si attua nella partecipazione alla vita trinitaria. Lo Spirito Santo, dato agli apostoli come consolatore, è il custode e l'animatore di questa speranza nel cuore della Chiesa. Nella prospettiva del terzo Millennio dopo Cristo, mentre «lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: "Vieni!"», questa loro preghiera è carica, come sempre, di una portata escatologica, destinata a dare pienezza di significato anche alla celebrazione del grande Giubileo. E una preghiera rivolta in direzione dei destini salvifici, verso i quali lo Spirito Santo apre i cuori con la sua azione attraverso tutta la storia dell'uomo sulla terra. Nello stesso tempo, però, questa preghiera si orienta verso un preciso momento della storia, in cui è messa in rilievo la «pienezza del tempo», scandita dall'anno Duemila. A questo Giubileo la Chiesa desidera prepararsi nello Spirito Santo, come dallo Spirito Santo fu preparata la Vergine di Nazareth, nella quale il Verbo si fece carne.