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Parola è segno universalissimo.

4. 9. Ag. - Accetto e approvo. Ma sai che si chiamano parole tutti i segni che, con un determinato significato, si proferiscono mediante la voce articolata?
Ad. - Sì.
Ag. - Dunque anche il nome è una parola poiché ci è evidente che si pronuncia mediante voce articolata con un determinato significato. Allorché si dice che un individuo eloquente usa parole appropriate, s'ìntende certamente che usa anche dei nomi. Nel momento in cui in Terenzio uno schiavo dice al vecchio padrone: Per piacere, buone parole 7, questi aveva già pronunciato anche molti nomi.
Ad. - D'accordo.
Ag. - Dunque tu ammetti che con le sillabe che si pronunciano nel dire " parola ", viene significato anche il nome e che quindi la prima è segno del secondo.
Ad. - Sì.
Ag. - Vorrei che tu mi rispondessi anche su questo punto. Dunque parola è segno di nome, nome è segno di fiume, fiume è segno di una cosa che ormai interessa la vista. Hai già detto la differenza che esiste fra questa cosa e fiume, ossia il suo segno, fra questo segno e il nome che è segno di questo segno. Ora quale differenza esiste, secondo te, fra il segno di un nome che è una parola, come abbiamo accertato, e lo stesso nome di cui è segno?
Ad. - Questa è la differenza, a mio avviso. Gli oggetti che hanno per segno il nome hanno per segno anche la parola poiché come nome è parola, così anche fiume è parola, ma non tutti quelli che hanno per segno la parola hanno per segno anche il nome. Quel si, che inizia il verso da te citato, e questo ex, da cui. dopo una così lunga trattazione, siamo giunti dialetticamente a questi concetti, sono parole ma non nomi. E se ne trovano molti altri. Pertanto poiché tutti i nomi sono parole, ma non tutte le parole sono nomi, è evidente, secondo me, la differenza fra parola e nome, ossia fra il segno di quel segno che ha significato specifico e il segno di quel segno che ha significato generico.
Ag. - Ammetti che ogni cavallo è un animale e che non ogni animale è un cavallo?
Ad. - Che dubbio?
Ag. - Dunque fra nome e parola esiste la medesima differenza che fra cavallo e animale. Potresti fare una riserva sul fatto che noi adoperiamo con diverso significato verbum per designare appunto le parole che si flettono secondo i tempi, come scrivo scrissi, leggo lessi. E non sono nomi, è evidente.
Ad. - Hai proprio messo a punto ciò che mi faceva dubitare.
Ag. - Ladifficoltà non ti turbi. Si definiscono genericamente segni tutto ciò che significa un qualche cosa. Fra di essi si trovano anche le parole. Così si dicono segni le insegne militari e son considerati segni in senso specifico. Ma non appartengono a questa categoria le parole. E, per quanto ne capisco, non avresti più alcun dubbio se io ti dicessi che come ogni cavallo è un animale ma non ogni animale è un cavallo, così ogni parola è segno ma non ogni segno è parola.
Ad. - Oracapisco e son convinto che fra la parola in generale e il nome v'è la medesima differenza che fra animale e cavallo.

Segni che significano se stessi.

4. 10. Ag. - Saianche che nel termine " animale ", altro è il nome tetrasillabo pronunciato dalla voce ed altro è il significato?
Ad. - L'ho già ammesso per tutti i segni e i significabili.
Ag. - E, secondo te, tutti i segni significano altro da sé, allo stesso modo che il termine tetrasillabo " animale " non significa affatto se stesso?
Ad. - No, certamente; infatti il termine " segno " non solo significa qualsiasi altro segno, ma anche se stesso. È una parola e tutte le parole sono segni.
Ag. - Enel termine trisillabo " parola " non avviene lo stesso? Se infatti tutto ciò che, con un determinato significato, si pronuncia mediante la voce articolata è significato dal suddetto trisillabo, anche esso è incluso nella categoria.
Ad. - Sì.
Ag. - Eper il nome non è il medesimo caso? Significa nomi di tutti i generi ed esso è in latino nome del genere neutro. E se io ti chiedo a quale parte del discorso appartiene, tu giustamente rispondi al nome.
Ad. - Certamente.
Ag. - Vi son dunque segni che fra gli altri significati significano anche se stessi.
Ad. - Sì.
Ag. - E, a tuo avviso, è di questo tipo il segno tetrasillabo che è il vocabolo " congiunzione "?
Ad. - No assolutamente. I termini che esso significa non sono nomi ed esso è nome.

Segni reciproci.

5. 11. Ag. - Hai seguito veramente con attenzione. Ora esamina se si danno segni che si significano reciprocamente, cioè il primo col secondo e il secondo col primo. Ad esempio non si hanno reciprocamente il vocabolo tetrasillabo " congiunzione " e i vocaboli che da esso sono significati come " se, o, poiché, infatti, se non, quindi, perché " e simili. Esso da solo li significa, nessuno di essi significa quel solo quadrisillabo.
Ad. - Capisco e desidero conoscere quali siano i segni che si significano reciprocamente.
Ag. - Tu davvero non sai che nel dire nome e parola si dicono due parole?
Ad. - Lo so.
Ag. - E sai che nel dire nome e parola si dicono due nomi?
Ad. - So anche questo.
Ag. - Sai dunque che si significano reciprocamente tanto il nome con la parola come la parola col nome.
Ad. - D'accordo.
Ag. - Potresti dire, salvo la scrittura e il suono, in che cosa differiscono?
Ad. - Forse; penso che sia appunto la differenza che ho detto dianzi. Col termine " parola " si significa tutto ciò che, con un determinato significato, si pronuncia mediante la voce articolata. Quindi ogni nome e lo stesso termine " nome " sono una parola, ma non ogni parola è un nome, quantunque sia nome il termine " parola ".

Significato reciproco di nome e parola.

5. 12. Ag. - E se qualcuno ti affermasse e dimostrasse che ogni parola è nome allo stesso modo che ogni nome è parola, potresti trovare altra differenza oltre il diverso suono delle lettere?
Ad. - Non potrei e penso addirittura che non esista differenza.
Ag. - E se tutto ciò che si pronuncia con un determinato significato mediante la voce articolata siano insieme parole e nomi, ma per un aspetto parole, per un altro nomi, allora non vi sarà alcuna differenza fra nome e parola?
Ad. - Non capisco come sia possibile.
Ag. - Ma capisci almeno che ogni oggetto colorato è visibile e che ogni oggetto visibile è anche colorato, quantunque sia diverso il significato delle due parole.
Ad. - Lo capisco.
Ag. - Quale difficoltà dunque, se ogni parola è nome e ogni nome è parola, sebbene questi due nomi o parole, cioè " nome " e " parola ", hanno differente significato ?
Ad. - Veggo adesso che è possibile, ma attendo che mi esponga in che maniera si verifica.
Ag. - Tu puoi renderti ragione, penso, che tutto ciò che con un determinato significato esce dalla bocca mediante voce articolata stimola l'udito perché sia percepito, trasmesso alla memoria e conosciuto.
Ad. - Sì, me ne rendo ragione.
Ag. - Si hanno dunque due determinati fenomeni quando si proferisce qualche cosa con voce articolata.
Ad. - Sì.
Ag: - È possibile allora che da uno dei due siano denominate le parole, dall'altro i nomi: le parole (verba) da stimolare (verberare) e i nomi da noscere.Cosìil primo si denomina in relazione all'udito, l'altro alla coscienza.

Ogni parola è nome in quanto significa.

5. 13. Ad. - Lo ammetterò quando dimostrerai com'è possibile considerare ragionevolmente nomi tutte le parole.
Ag. - Èfacile. Tu hai appreso e rammenti, come penso, che il pronome è cosi detto perché sostituisce il nome ma esprime la cosa con significato meno pieno del nome. Infatti, suppongo l'autore, che hai recitato al maestro di grammatica, l'ha così definito: il pronome è una parte del discorso che, posta in luogo del nome, significa la medesima cosa sebbene meno pienamente.
Ad. - Ricordo e son d'accordo.
Ag. - Puoiosservare dunque che, secondo tale definizione, i pronomi sono esclusivamente in funzione dei nomi e si usano soltanto in luogo di essi. Ad esempio nei termini: " quest'uomo, lo stesso re, la medesima donna, quest'oro, quell'argento ", sono pronomi " questo, lo stesso, la medesima, questo e quello ", sono nomi " uomo, re, donna, oro, argento ". Con essi gli oggetti sono stati significati più pienamente che con i pronomi.
Ad. - Veggoe sono d'accordo.
Ag. - E adesso tu enunziami alcune congiunzioni a tuo piacere.
Ad. - " E, anche, ma, altresì ".
Ag. - E, secondo te, tutte queste che hai detto non sono nomi?
Ad. - Ma niente affatto.
Ag. - Per lo meno, secondo te, mi sono espresso logicamente nel dire: " Tutte queste che hai detto "?
Ad. - Logicamente certo. E ora comincio a capire con quanta abilità mi hai mostrato che ho enunziato dei nomi. Altrimenti non si sarebbe potuto dire: " tutte queste ". Ma temo tuttora di dover ritenere che non hai parlato logicamente perché devo ammettere che le quattro congiunzioni sono anche parole. Anche delle congiunzioni si può logicamente dire: " tutte queste ", poiché logicamente si dice " tutte queste parole ". E se mi chiedi quale parte del discorso è " parole ", dovrò rispondere che è nome. Pertanto il pronome è stato forse aggiunto a questo nome in maniera che la tua espressione risultasse logica.

L'autorità di Paolo.

5. 14. Ag. - Tisbagli, ma con discernimento. Ma per sfuggire all'errore segui con maggiore discernimento il mio discorso, seppure saprò formularlo come voglio. Trattare parole con parole è tanto complicato quanto intrecciare e contemporaneamente stropicciare le dita. Soltanto chi compie l'atto può forse discernere quali dita sentano il prurito e quali lo leniscano.
Ad. - Sonpresente con tutta la mia capacità anche perché la similitudine mi stimola all'attenzione.
Ag. - Certamentele parole risultano di suoni e lettere.
Ad. - Sì.
Ag. - Serviamocidunque soprattutto di un'autorità che ci è molto cara. L'apostolo Paolo dice: Non v'era nel Cristo il sì e il no, ma il sì era in lui 8.Ora non si deve pensare, mi pare, che in Cristo vi siano le lettere che si pronunciano nel dire il sì, ma piuttosto quel che da queste lettere è significato.
Ad. - Giusto.
Ag. - Tucomprendi dunque che chi ha detto In lui era il sì, ha detto appunto che si chiama sì ciò che era in lui. Allo stesso modo se avesse detto " In lui era la virtù ", si doveva appunto intendere che si chiama virtù ciò che era in lui. Non dobbiamo cioè pensare che in lui fossero le due sillabe che si proferiscono nel dire virtù, anziché ciò che è significato dalle due sillabe.
Ad. - Capiscopienamente.
Ag. - Ecapisci anche che è indifferente dire " si chiama virtù " o " si denomina virtù ".
Ad. - Èchiaro.
Ag. - Dunque è chiaro anche che è indifferente dire " si chiama il sì ", ovvero " si denomina il si ciò che era in lui ".
Ad. - Anchequi non veggo differenza.
Ag. - Afferrianche il concetto che intendo evidenziare?
Ad. - Questonon ancora in verità.
Ag. - Ma davvero non vedi che il nome è ciò che una determinata cosa si denomina?
Ad. - Ma non conosco concetto più evidente di questo.
Ag. - Alloravedi anche che il sì è nome perché ciò che era in lui si denomina il sì.
Ad. - Non lo posso negare.
Ag. - Ma se io ti chiedessi a quale parte del discorso appartiene il sì, mi risponderesti, suppongo, che non è nome ma avverbio, sebbene la dimostrazione ha concluso che è anche nome.
Ad. - Èproprio come tu dici.
Ag. - Eadesso dubiti ancora che, nel senso della dimostrazione, anche le altre parti del discorso sono nomi?
Ad. - Non ne dubito perché devo ammettere che significano qualche cosa. Ma se mi chiedi come si chiamano, ossia si nominano, i concetti che esse significano, sono costretto a rispondere che sono le varie parti del discorso che non si chiamano nomi, ma che, come vedo, si è costretti per logica a considerar tali.

Parallelo con la lingua greca.

5. 15. Ag. - Enon ti turba che si possa levare qualcuno a demolire la nostra dimostrazione obiettando che agli Apostoli si deve riconoscere l'autorità nella dottrina ma non nella grammatica? Certo che il fondamento della nostra dimostrazione non sarebbe cosi stabile come abbiamo supposto. Sarebbe appunto possibile che, quantunque l'Apostolo sia vissuto e abbia insegnato molto bene, meno bene abbia parlato nel dire: " In lui era il sì ", tanto più che egli stesso afferma di essere inabile nel parlare 9. Come pensi di ribattere un tale obiettore?
Ad. - Nonsaprei come ribatterlo. Ti prego quindi di trovare qualcuno degli studiosi, cui si riconosce grande erudizione grammaticale. Con la sua autorità conseguirai più facilmente il tuo intento.
Ag. - Dunque, secondo te, la ragione, è meno idonea senza il ricorso a testi autorevoli, a dimostrare che in tutte le parti del discorso si ha un significato e che da esso si designano e se si designano, anche si denominano e che, se si denominano, si denominano dal nome. Se ne ha un criterio nelle diverse lingue. Tutti possono osservare che se si chiede come i greci denominano ciò che noi denominiamo " chi ", vien risposto ; come i greci denominano ciò che noi denominiamo " voglio ", vien risposto ; come i greci denominano ciò che noi denominiamo " bene ", vien risposto ; come i greci denominano ciò che noi denominiamo " scritto ", vien risposto ;come i greci denominano ciò che noi denominiamo " e ", vien risposto ; come i greci denominano ciò che noi denominiamo " da ", vien risposto come i greci denominano ciò che noi denominiamo " oh! ", vien risposto . E in tutte le parti del discorso che ho elencate si esprime logicamente chi pone la domanda in quei termini. Ma non sarebbe possibile se non fossero nomi. E poiché possiamo, indipendentemente dai testi autorevoli di tutti gli eruditi, dimostrare con tale ragionamento che l'apostolo Paolo si è espresso rettamente, non c'è bisogno di un nome illustre su cui fondare la nostra opinione.

L'autorità di Cicerone e maestri di logica.

5. 16. Cipuò essere qualcuno però più caparbio e ostinato che ancora non si piega e afferma che si piegherà soltanto agli scrittori, ai quali per universale riconoscimento si attribuisce autorità nelle regole grammaticali. Ma che cosa di più autorevole di Cicerone si ha nella lingua latina? Ora egli nelle altissime orazioni, dette verrine, designò come nome la preposizione " davanti ", che tuttavia in quel passo è usata come avverbio 10. Ma è possibile che io interpreti meno bene il testo e che esso sia spiegato diversamente da me e da altri. Se ne può dunque citare uno, al quale, penso, non è possibile obiettare nulla. Insegnano i più autorevoli maestri di logica che la proposizione perfetta, che può essere affermativa e negativa, risulta dal nome e dal verbo. Tullio in un passo la chiama enunziato 11. E quando si ha la terza persona del verbo, affermano che il caso del nome è il nominativo. E giustamente lo affermano. Ma se ne analizzi uno assieme a me, puoi osservare che, ad esempio, nelle espressioni " L'uomo siede, il cavallo corre ", si hanno due enunziati.
Ad. - Sì.
Ag. - E ti accorgi anche che in ciascuna c'è un nome, uomo nella prima, cavallo nella seconda, e un verbo, siede nella prima, corre nella seconda.
Ad. - Sì.
Ag. - Dunque se dicessi " siede " soltanto o " corre " soltanto, mi chiederesti chi o che cosa. Ed io dovrei rispondere " l'uomo, il cavallo ", l'animale o altro, in maniera che il nome congiunto al verbo renda esplicito l'enunziato, cioè la proposizione che può affermare o negare.
Ad. - Capisco.
Ag. - Seguimiancora. Supponi che noi vediamo un qualche cosa di lontano e che rimaniamo incerti se sia un sasso o un animale o altro oggetto e che io ti dica: " Poiché è un uomo, è un animale ". Parlerei avventatamente?
Ad. - Certo; ma non avventatamente se tu dicessi: "Se è un uomo, è un animale".
Ag. - Giusto. Dunque nella tua frase piace ad entrambi il " se ", nella mia dispiace ad entrambi il " poiché ".
Ad. - D'accordo.
Ag. - Consideraora se le due proposizioni " se piace " e " poiché dispiace " siano enunziati perfetti.
Ad. - Perfetti, certamente.
Ag. - Ed ora dimmi quali in essi sono i verbi, quali i nomi.
Ad. - Mi è evidente che i verbi sono " piace " e " dispiace " e i nomi " se " e " poiché ".
Ag. - Quindiè sufficientemente provato che le due congiunzioni sono anche nomi.
Ad. - Sì, sufficientemente.
Ag. - E potresti applicare da solo alla medesima regola il principio nelle altre parti del discorso?
Ad. - Sì.

Reciprocità di nome e vocabolo.

6. 17. Ag. - Andiamo avanti dunque. Abbiamo verificato fin qui che tutte le parole sono nomi e tutti i nomi sono parole. Dimmi ora se, a tuo avviso, allo stesso modo tutti i nomi sono vocaboli e tutti i vocaboli sono nomi.
Ad. - Non riesco a trovarvi altra differenza che il diverso suono delle sillabe.
Ag. - Perora non faccio obiezioni, sebbene vi siano alcuni che notano anche una differenza di significato. Ma per il momento non è il caso di esaminare la loro teoria. Ti accorgi comunque che siamo giunti a quei segni che si significano reciprocamente, salvo la differenza di suono, e che significano se stessi assieme a tutte le altre parti del discorso.
Ad. - Non capisco.
Ag. - Dunque non capisci che il nome è significato dal vocabolo e il vocabolo dal nome in maniera tale che, salvo il suono delle lettere, non si ha alcuna differenza in riferimento al nome inteso in senso generico. Al contrario s'intende per nome in senso specifico quello che fra le otto parti del discorso è tale che non contiene le altre sette.
Ad. - Adessocapisco.
Ag. - Ma è quanto ho detto, che cioè vocabolo e nome hanno significato reciproco.

Segni identici, salvo il suono.

6. 18. Ad. - Comprendo, ma chiedo che cosa hai inteso dicendo che significano se stessi e le altre parti del discorso.
Ag. - Ma la precedente dimostrazione non ci ha fatto comprendere che tutte le parti del discorso possono esser dette nomi e vocaboli, cioè possono essere significate dal nome e dal vocabolo?
Ad. - Sì.
Ag. - E se io ti chiedessi come chiami il nome, cioè questo suono bisillabo, non dovresti rispondere giustamente che lo chiami nome?
Ad. - Giusto.
Ag. - Ma il segno che si pronuncia in quattro sillabe col dire " congiunzione " forse egualmente significa se stesso? Questo nome infatti non può esser posto fra i significati di cui è segno.
Ad. - D'accordo.
Ag. - Proprioquanto è stato detto, che il nome è segno di se stesso e degli oggetti di cui è segno. Ti è possibile estendere da solo il concetto anche al vocabolo.
Ad. - Ormaiè facile. Ma ora mi viene in mente che il nome è inteso in senso specifico e generico. Al contrario il vocabolo non è inserito fra le otto parti del discorso. Ritengo perciò che, oltre al suono, differiscono alquanto anche in questo.
Ag. - Ma, a tuo avviso, nome e differiscono anche in altro, oltre il suono, per cui del resto si differenziano la lingua latina e greca?
Ad. - Nel caso non vedo altra differenza.
Ag. - Siamoarrivati dunque a quei segni che sono segni di se stessi e reciprocamente l'uno dell'altro e che significano la medesima cosa e differiscono soltanto nel suono diverso. Questo quarto principio l'abbiamo accertato ora. I tre precedenti si applicano al nome e alla parola.
Ad. - Cisiamo proprio arrivati.

Adeodato riassume su linguaggio e segni....

7. 19. Ag. - Compendia, per piacere, i risultati dell'indagine.
Ad. - Lo farò nei miei limiti. Ricordo che prima di tutto abbiamo esaminato per un po' le ragioni per cui si parla. È stato accertato che si parla per insegnare o per far rievocare poiché anche nel dialogo s'intende soltanto che chi è richiesto apprenda la risposta che intendiamo udire. Quando si canta, ciò che sembra si faccia per diletto non è di competenza del linguaggio. Nel pregare Dio, di cui è impossibile pensare che apprenda o rievochi, le parole hanno la funzione di esortare noi stessi ovvero di esortare o anche insegnare agli altri. In seguito fu sufficientemente accertato che le parole sono segni e che è impossibile sia segno ciò che non significa qualche cosa. Hai allora proposto un verso perché io mi adoperassi a manifestare il significato delle singole parole. Era il seguente:
Si nihil ex tanta superis placet urbe relinqui 12.
Non riuscivamo a definire il significato della seconda parola, sebbene assai comune e comprensibile. A me sembrava che non invano si usasse nel linguaggio, ma perché s'intende insegnare a chi ascolta. Tu hai precisato che con la parola si indica una disposizione della coscienza quando scopre o pensa di avere scoperto che la cosa che cerca non esiste. Ma poi, eludendo con una battuta di spirito non saprei quale profondità del problema, ne hai differito l'esame ad altro tempo. E non pensare che abbia dimenticato la tua promessa. Passai quindi ad esaminare la terza parola del verso. Mi hai stimolato ad indagare non un'altra parola di medesimo significato, ma piuttosto l'oggetto significato dalla parola. Ho risposto che ci era impossibile mentre discutevamo. Si venne allora a quegli oggetti che si indicano col dito a chi ne chiede. Io pensavo che fossero tutti gli oggetti sensibili, ma abbiamo scoperto che sono soltanto gli oggetti visibili. A questo punto, non so come, facemmo una digressione sui sordi e sui mimi, i quali significano con la mimica, senza voce, non soltanto le cose visibili ma molte altre e pressoché tutte quelle esprimibili a parole. Abbiamo scoperto tuttavia che anche i gesti sono segni. Allora abbiamo iniziato ad esaminare in che modo possiamo mostrare senza segni le cose stesse che sono significate da segni perché è ineluttabile che quella parete, il colore e ogni oggetto visibile, per il fatto spesso che sono indicati con l'indice teso, non possono esser mostrati che con un segno. A questo punto caddi in errore perché affermavo che è impossibile si dia un tale oggetto. Finalmente dal nostro dialogo emerse che è possibile indicare senza segni quegli atti che non stiamo compiendo nel momento che ne siamo richiesti ma che possiamo compiere subito dopo e che il linguaggio comunque non appartiene a questa categoria. Si è reso evidente appunto che se si richiede, mentre si parla, che cos'è il linguaggio, è facile mostrarlo in se stesso.

...e sui segni reciproci.

7. 20. Ne abbiamo derivato che o con segni s'indicano segni, o con segni oggetti che non sono segni, o anche che senza alcun segno s'indicano atti che si possono compiere dopo esserne richiesti. Decidemmo allora di esaminare a fondo più attentamente la prima categoria. Dall'analisi è emersa la seguente partizione: segni che non possono esser significati reciprocamente da quei segni di cui sono segno, come il termine quadrisillabo " congiunzione "; segni che lo possono, come col termine " segno " si significa " parola " e col termine " parola " " segno " poiché segno e parola sono due segni e due parole. Abbiamo anche accertato che in questa categoria della reciproca significanza alcuni non hanno la medesima estensione, altri si, altri infine sono identici. Infatti il termine espresso nel disillabo " segno " significa assolutamente tutti i termini con cui si significa qualche cosa. Al contrario non è segno di tutti i segni il termine " parola ", ma soltanto di quelli che sono espressi dalla voce articolata. È chiaro quindi che, quantunque siano significati la parola con segno e il segno con parola, cioè questo trisillabo con quel bisillabo e viceversa, tuttavia ha maggiore estensione il segno che la parola poiché vengono significate più cose con quel bisillabo che con questo trisillabo. Al contrario hanno medesima estensione la parola in senso generico e il nome in senso generico. Il ragionamento ci ha appunto dimostrato che tutte le parti del discorso sono nomi poiché ad essi si possono associare i pronomi, inoltre di tutte le parti del discorso si può dire che denominino un determinato concetto ed infine ognuna, nel congiungimento col verbo, può costituire un enunciato completo. Ma sebbene nome e parola abbiano la medesima estensione, poiché tutti i segni che son parole sono anche nomi, non hanno tuttavia la medesima comprensione. Con risultato assai probabile è stato messo in luce che diversa è la ragione per cui si denominano parole (verba) e nomi. Si è appunto chiarito che il primo termine si deve riferire all'impressione (verberatio) uditiva e il secondo alla rappresentazione della coscienza. Si può dunque intendere che nel nostro linguaggio giustamente si chiede, nell'intento di affidare alla memoria, qual è il nome di una cosa, ma non si dice nel linguaggio usuale qual è la parola di una cosa. Infine abbiamo accertato che nome e sono segni che non solo hanno la medesima estensione, ma anche il medesimo significato e che differiscono soltanto per il suono delle lettere. Mi era sfuggito che nella categoria dei segni che significano reciprocamente non ne abbiamo trovato alcuni che, fra le altre cose di cui è segno, non sia segno anche di se stesso. Questo è quanto ho potuto ricordare. Tu che, secondo me, in questo discorso non hai detto nulla se non con fondamento scientifico, potrai dire se ho esposto i concetti con metodica esattezza.