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In cammino insieme allo Spirito Santo la via che conduce a Dio

Catechesi sul Credo, parte IV: la Chiesa Luglio1991

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    MARIOCAPALBO
    00 07/04/2013 20:11
    La chiesa nel credo
    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 10 luglio 1991



    1. Cominciamo oggi un nuovo ciclo di catechesi, dedicate alla Chiesa, della quale il Simbolo niceno-costantinopolitano ci fa dire: “Credo la Chiesa una santa cattolica e apostolica”. Questo Simbolo, come anche quello antecedente, detto degli Apostoli, unisce direttamente allo Spirito Santo la verità sulla Chiesa: “Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica”. Questo passaggio dallo Spirito Santo alla Chiesa ha una sua logica, che San Tommaso spiega all’inizio della sua catechesi sulla Chiesa scrivendo: “Come vediamo che in un uomo vi sono una sola anima e un solo corpo, e tuttavia vi sono diverse membra di questo corpo; così la Chiesa cattolica è un solo corpo, e ha molte membra. L’anima che vivifica questo corpo è lo Spirito Santo. E perciò, dopo la fede nello Spirito Santo, ci viene comandato di credere la Santa Chiesa cattolica” (cf. San Tommaso, In Symbolum Apostolorum expositio, art. 9).

    2. Nel Simbolo niceno-costantinopolitano si parla di Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”. Sono le cosiddette “note” della Chiesa, che esigono una certa spiegazione introduttiva, anche se torneremo a parlare del loro significato in successive catechesi.

    Sentiamo che cosa dicono in proposito i due ultimi Concili.

    Il Concilio Vaticano I si pronuncia sull’unità della Chiesa con parole piuttosto descrittive: “L’eterno Pastore” . . . ha deciso di istituire la santa Chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, i fedeli fossero uniti dai legami della stessa fede e carità” (cf. Denz.-S., 3050).

    Il Concilio Vaticano II, a sua volta, afferma: “Cristo, unico Mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile”. E ancora: “. . . la Chiesa terrestre e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti . . . formano una sola complessa realtà di un duplice elemento, umano e divino . . . Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo” (Lumen gentium, 8). Di questa Chiesa il Concilio insegna pure che è “in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Ivi, 1)

    È chiaro che l’unità della Chiesa che professiamo nel Credo è propria della Chiesa universale, e che le Chiese particolari (o locali) sono tali in quanto partecipano a questa unità. Essa era riconosciuta e predicata come una proprietà della Chiesa sin dall’inizio, cioè sin dai giorni della Pentecoste. È dunque una realtà primordiale e coessenziale alla Chiesa, non soltanto un ideale a cui mirare con la speranza di raggiungerlo in un futuro sconosciuto. Questa speranza e ricerca può riguardare l’attuazione storica di una riunificazione dei credenti in Cristo; ma senza annullare la verità enunciata nella Lettera agli Efesini: “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Ef 4,3 -4). Questa è la verità degli inizi, che professiamo nel Simbolo: “Credo unam . . . Ecclesiam”.

    3. La storia della Chiesa si è svolta però sin dagli inizi tra tensioni e spinte che compromettevano l’unità, fino ad attirare i richiami e i rimproveri degli Apostoli, e in particolare di Paolo, che giunse a esclamare:“Cristo è forse diviso?” (1 Cor 1, 13). È stata ed è la manifestazione dell’umana inclinazione a contrapporsi reciprocamente. È come se si dovesse - e volesse - fare la propria parte nella economia della dispersione, rappresentata efficacemente nelle pagine bibliche su Babele.

    Ma i padri e pastori della Chiesa hanno sempre richiamato all’unità, alla luce della Pentecoste che è stata contrapposta a Babele. Il Concilio Vaticano II osserva: “Lo Spirito Santo, che abita nei credenti e tutta riempie e regge la Chiesa, produce quella meravigliosa comunione dei fedeli, e tanto intimamente congiunge in Cristo, da essere il Principio dell’unità della Chiesa” (Unitatis redintegratio, 2). E non può non essere fonte di gioia, di speranza e di preghiera per la Chiesa riconoscere, soprattutto oggi, che dallo Spirito Santo provengono anche tutti i leali sforzi miranti al superamento di tutte le divisioni e alla riunificazione dei cristiani (ecumenismo).

    4. Nella professione di fede del Simbolo è detto pure che la Chiesa è “santa”. Occorre precisare subito che lo è in virtù della sua origine ed istituzione divina. Santo è il Cristo che ha istituito la Chiesa, meritando per essa col sacrificio della Croce il dono dello Spirito Santo, il quale è la fonte inesauribile della santità della Chiesa, come è il principio e fondamento della sua unità. Santa è la Chiesa per il suo fine, la gloria di Dio e la salvezza degli uomini; santa è per i mezzi impiegati a questo fine, i quali contengono in sé la santità di Cristo e dello Spirito Santo. Essi sono: l’insegnamento di Cristo, riassunto nella rivelazione dell’amore di Dio per noi e nel duplice comandamento della carità; i sette sacramenti e tutto il culto (la liturgia), specialmente l’Eucaristia; la vita di preghiera. È tutto un divino ordinamento di vita, nel quale lo Spirito Santo opera mediante la grazia infusa e alimentata nei credenti e arricchita di multiformi carismi per il bene di tutta la Chiesa.

    Anche questa è una verità di base, professata nel Credo, e già affermata nella Lettera agli Efesini, dove è spiegata la ragione di quella santità: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa” (Ef 5, 25-26). L’ha resa santa con l’effusione del suo Spirito, come dice il Concilio Vaticano II: “Il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa” (Lumen gentium, 4). Questo è il fondamento ontologico su cui poggia la nostra fede nella santità della Chiesa. I numerosi modi in cui questa santità si manifesta nella vita dei cristiani e nello svolgimento dei fatti religiosi e sociali della storia, sono una continua conferma della verità contenuta nel Credo, è un modo empirico di scoprirla e, in qualche modo, di accertare una presenza nella quale crediamo. Sì, di fatto noi costatiamo che molti membri della Chiesa sono santi. Molti possiedono almeno quella santità ordinaria che deriva dallo stato di grazia santificante in cui vivono. Ma sempre più grande si rivela il numero di coloro che presentano i segni della santità in grado eroico. La Chiesa è ben felice di poter riconoscere ed esaltare tale santità di tanti servi e serve di Dio, rimasti fedeli fino alla morte. È come un compenso sociologico della presenza dei poveri peccatori, e un invito a loro - e quindi a noi tutti - perché ci mettiamo sulla via dei santi.

    Ma resta vero che la santità appartiene alla Chiesa per la sua divina istituzione e per la continua effusione di doni che lo Spirito Santo compie nei fedeli e in tutto l’insieme del “corpo di Cristo” fin dalla Pentecoste. Ciò non esclude che, secondo il Concilio, essa sia per ciascuno e per tutti lo scopo da raggiungere con la sequela di Cristo (Lumen gentium, 40).

    5. Altra nota della Chiesa nella quale professiamo la nostra fede è la “cattolicità”. La Chiesa, infatti, è per divina istituzione “cattolica”, cioè “universale” (greco kath’hólon = riguardante l’insieme). A quanto risulta, il termine è stato usato per la prima volta da Sant’Ignazio di Antiochia, quando ha scritto ai fedeli di Smirne: “Dov’è Gesù Cristo, ivi è la Chiesa cattolica” (Ad Smyrneos, 8). Tutta la tradizione dei Padri e Dottori della Chiesa ripete quella definizione di origine evangelica, fino al Concilio Vaticano II, che insegna: “Il carattere di universalità, che adorna e distingue il popolo di Dio, è dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende ad accentrare tutta l’umanità . . . in Cristo Capo nell’unità dello Spirito Santo di Lui” (Lumen gentium, 13).

    Questa cattolicità è una dimensione profonda, fondata sul potere universale di Cristo risorto (cf. Mt 28,18) e sull’estensione universale dell’azione dello Spirito Santo (cf. Sap 1, 7), e comunicata alla Chiesa per istituzione divina. Infatti la Chiesa era cattolica già al primo giorno della sua esistenza storica, la mattina di Pentecoste. “Universalità” significa per lei essere aperta a tutta l’umanità, a tutti gli uomini e a tutte le culture, ben al di là degli stretti limiti spaziali, culturali e religiosi a cui poteva essere legata la mentalità di alcuni suoi membri, detti giudaizzanti. Gesù aveva conferito agli Apostoli quel supremo mandato: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28, 19); e aveva detto e promesso: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). Anche qui, si è di fronte a una forma costitutiva della missione e non al semplice fatto empirico della diffusione della Chiesa in mezzo a genti appartenenti a “ogni nazione”, e in definitiva a tutti gli uomini. L’universalità è un’altra proprietà che la Chiesa possiede per la sua stessa essenza, in virtù dell’istituzione divina. È una dimensione costitutiva, che possiede fin da principio come Chiesa una e santa, e che non può essere concepita come il risultato di una “somma” di tutte le Chiese particolari. Per quella sua dimensione di origine divina è oggetto della fede che professiamo nel Credo.

    6. Con la stessa fede professiamo infine che la Chiesa di Cristo è “apostolica”, cioè edificata sugli Apostoli, dai quali ricevette la verità divina rivelata, da Cristo e in Cristo. La Chiesa è apostolica poiché conserva questa tradizione apostolica e la custodisce come il suo più prezioso deposito.

    I custodi designati e autorevoli di questo deposito sono i successori degli Apostoli, assistiti dallo Spirito Santo. Ma non c’è dubbio che tutti i credenti, uniti ai loro legittimi Pastori, e quindi tutto l’insieme della Chiesa, partecipano all’apostolicità della Chiesa, cioè al suo legame con gli Apostoli e, attraverso di essi, con Cristo. Per questo la Chiesa non è riducibile alla sola gerarchia ecclesiastica. Questa ne è senza dubbio il cardine istituzionale. Ma tutti i membri della Chiesa - Pastori e Fedeli - appartengono e sono chiamati a svolgere un ruolo attivo nell’unico Popolo di Dio, che riceve da Lui il dono del vincolo con gli Apostoli e con Cristo, nello Spirito Santo. Come leggiamo nella Lettera agli Efesini: “Edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti e avendo come pietra angolare Cristo Gesù . . . venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2, 20-22).

    Ai fedeli di lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    Je salue cordialement les francophones présents à cette audience. Je souhaite que votre séjour à Rome vous fasse mieux découvrir l’Église universelle, unie, fondée par les Apôtres. Et j’espère que, pendant cet été, vous trouverez les conditions favorables pour nourrir votre foi et votre vie spirituelle.

    Je vous donne de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

    Ai fedeli di lingua inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    I extend a cordial welcome to the Superior General, Council and members of the Congregation of the Resurrection; to the Superior General and Sisters of the Missionary Catechists of Saint Therese of the Infant Jesus; and to the Salesian Sisters.

    Dear Brothers and Sisters, may the renewal programmes in which you are taking part lead you to an ever deeper appreciation of your religious consecration and of the call which you have received in the Church to bear faithful witness to Christ. May the Lord strengthen you for the work which lies before you.

    I greet the two Anglican Choirs from England and the Appleby Choir from Canada; the young people of the Corrymeela Community from Northern Ireland; and the group from Gujarat in India.

    Upon all the English-speaking visitors I invoke an abundance of God’s grace and blessings.

    Ai fedeli di lingua tedesca

    Liebe Schwestern und Brüder!

    Indem ich nach dieser Betrachtung dazu einlade, den Beistand des Heiligen Geistes auch für die Kirche in unserer Zeit zu erflehen, richte ich einen besonderen Willkommensgruß an die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Mein besonderer Gruß gilt der Gruppe neugeweihter Ständiger Diakone mit ihren Ehefrauen aus dem Bistum Graz; für ihren Dienst an der Kirche erbitte ich Gottes Kraft und weise Führung.

    Ebenso grüße ich die Pilger des Kreiskrankenhauses Neumarkt, die Schüler des Johannes-Kepler Gymnasiums in Weiden / in der Oberpfalz sowie die Mitglieder der Pfarrgemeinde St. Stephan aus Frankfurt-Niedereschbach.

    Euch allen, Euren lieben Angehörigen daheim sowie den mit uns über Radio und Fernsehen verbundenen Gläubigen erteile ich von Herzen meinen Apostolischen Segen.

    Ai pellegrini provenienti dalla Spagna e dall’America Latina

    Amadísimos hermanos y hermanas,

    Deseo ahora dirigir mi afectuoso saludo a todos los peregrinos y visitantes de lengua española. En particular, a las Religiosas del Sagrado Corazón de Jesús y Franciscanas Misioneras de María.

    Mi cordial bienvenida igualmente a las diversas peregrinaciones parroquiales de España, a las Hermandades, Delegación de Misiones de la diócesis de Orihuela-Alicante, así como a las peregrinaciones de México y Guatemala.

    A todos bendigo de corazón.

    Ai fedeli di lingua portoghese

    Caríssimos irmãos e irmãs,

    Saúdo-vos de todo o coração, amados irmãos de língua portuguesa, em particular os peregrinos brasileiros vindos de Belo Horizonte, Porto Alegre, Rio de Janeiro, Salvador, São Paulo, e da paróquia de Nossa Senhora de Fátima de Belém do Pará. Oxalá possais confirmar a vossa fé sobre o testemunho dos Apóstolos Pedro e Paulo, e seguir-lhes o exemplo ao longo de todos os vossos dias, em confirmação do que vos dou a Bênção Apostólica.

    Ai gruppi di lingua italiana

    Saluto tutti i pellegrini di lingua italiana che prendono parte a questa Udienza. Mi rivolgo specialmente ai Sacerdoti Oblati Figli della Madonna del Divino Amore, i quali sono riuniti a Roma per il loro Capitolo Generale.

    Carissimi, vi assicuro la mia preghiera, affinché i lavori del vostro Capitolo apportino un valido contributo per una riaffermazione cosciente e vigorosa dei valori autentici della vita religiosa.

    Affido voi e tutti gli appartenenti alla vostra Congregazione alla protezione della Beata Vergine, invocata sotto il titolo di Madonna del Divino Amore, perché vi insegni ad amare secondo il suo cuore e vi indichi la via sicura che conduce al suo Figlio Gesù.

    Saluto anche le Suore Francescane Missionarie di Susa, che svolgono la loro attività in Brasile. Sono lieto di accogliervi e di esprimervi il mio apprezzamento per la vostra dedizione verso i più bisognosi.

    Domenica prossima, 14 luglio, avrò la gioia di elevare agli onori degli altari, con la cerimonia della Beatificazione, il Servo di Dio Edoardo Giuseppe Rosaz, vostro venerato Fondatore, che ha istillato nel vostro cuore lo zelo missionario. Vi esprimo fin d’ora i miei rallegramenti.

    Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

    Saluto, infine, i Giovani, gli Ammalati e gli Sposi Novelli.

    In questo periodo estivo, in cui avete la possibilità di ritemprare le forze fisiche con un opportuno riposo e con un diretto contatto con la natura, cercate di rafforzare la vostra vita spirituale con la riflessione e la contemplazione delle bellezze naturali, che sono opera di Dio. Date anche spazio alla preghiera, che eleva l’anima a Dio e dona pace al vostro spirito.

    A tutti imparto la mia benedizione, augurando buone vacanze!



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    MARIOCAPALBO
    00 07/04/2013 20:12
    Il nome della Chiesa
    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 20 luglio 1991



    1. Nella presente catechesi, sempre in fase introduttiva all’ecclesiologia, vogliamo fare una breve analisi del nome della Chiesa, quale ci proviene dal Vangelo, e anzi dalla parola stessa di Cristo. Seguiamo così un metodo classico di studio delle cose, nel quale il primo passo è l’esplorazione del significato dei termini impiegati per designarle. Per una istituzione grande ed antica come la Chiesa, che qui ci interessa, è importante sapere come la chiamò il fondatore: perché già quel nome dice il suo pensiero, il suo progetto, la sua concezione creativa.

    Ora ci risulta dal Vangelo di Matteo che quando Gesù, in risposta alla confessione di fede di Pietro, annunciò l’istituzione della “sua Chiesa” (“Su questa pietra edificherò la mia Chiesa”: Mt 16, 18), si servì di un termine, del quale l’uso comune del tempo e la stessa presenza in vari passi dell’Antico Testamento ci permettono di scoprire il valore semantico. Bisogna dire che il testo greco del Vangelo di Matteo adopera qui l’espressione “mou ten ekklesían”. Questo vocabolo - ekklesía - è stato usato dai Settanta, ossia nella versione greca della Bibbia nel II secolo prima di Cristo, per tradurre il qahàl ebraico e il suo corrispondente aramaico qahalà, verosimilmente usato da Gesù nella sua risposta a Simon Pietro. E già questo fatto è il punto di partenza per la nostra analisi lessicale dell’annuncio di Gesù.

    2. Sia il termine ebraico qahal sia quello greco ekklesía significano “raduno, assemblea”. Ekklesía ha un rapporto etimologico col verbo greco kalein, che significa “chiamare”. Nel linguaggio semitico la parola aveva praticamente il significato di “assemblea” (convocata), e nell’Antico Testamento veniva usata per designare la “comunità” del popolo eletto, specialmente nel deserto (cf. Dt 4, 10; At 7, 38).

    Ai tempi di Gesù la parola rimaneva in uso. Si può notare in particolare che in uno scritto della setta di Qumran, che riguarda la guerra dei figli delle tenebre, l’espressione qehál ‘El, “assemblea di Dio”, viene adoperata, tra altre simili, sulle insegne militari (1 Qumran 5, 10). Anche Gesù usa quel termine per parlare della “sua” comunità messianica, quella nuova assemblea convocata per l’alleanza nel suo sangue, alleanza annunciata nel Cenacolo (cf. Mt 26, 28).

    3. Sia nel linguaggio semitico sia in quello greco, l’assemblea si caratterizzava in base alla volontà di colui che la convocava, e allo scopo per cui la convocava. Infatti sia in Israele, sia nelle antiche città-stato dei Greci (pòleis), si riunivano adunanze di vario tipo, anche di carattere profano (politiche, militari o professionali), accanto a quelle religiose e liturgiche. Anche l’Antico Testamento fa menzione di adunanze di diverso tipo. Ma quando parla della comunità del popolo eletto sottolinea il significato religioso, e anzi teocratico, del popolo eletto e convocato proclamando esplicitamente la sua appartenenza all’unico Dio. Perciò considera e chiama tutto il popolo d’Israele come qahal di Jahvè, proprio perché esso è una particolare “proprietà di Jahvè tra tutti i popoli” (Es 19, 5). È un’appartenenza e una relazione tutta particolare con Dio, fondata sull’Alleanza stretta con lui e sull’accettazione dei comandamenti consegnati mediante gli intermediari tra Dio e il popolo, al momento della sua chiamata che la Sacra Scrittura chiama appunto “il giorno dell’assemblea” (“jòm haqqahàl”: Dt 9, 10; 10, 4). Il sentimento di questa appartenenza attraversa tutta la storia d’Israele e perdura nonostante i ripetuti tradimenti e le ricorrenti crisi e sconfitte. Si tratta di una verità teologica contenuta nella storia, alla quale possono fare appello i profeti nei momenti di desolazione, come Isaia (deutero), che dice a Israele, a nome di Dio, verso la fine dell’esilio: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” (Is 43, 1). Come ad annunciare che in forza dell’Antica Alleanza interverrà presto per liberare il suo popolo.

    4. Questa Alleanza con Dio, dovuta ad una sua elezione, dà un carattere religioso a tutto il popolo di Israele e una finalità trascendente a tutta la sua storia, che pure si svolge tra vicende terrene ora felici, ora funeste, sicché si spiega il linguaggio della Bibbia quando chiama Israele “comunità di Dio” (“qehal Elohìm”: cf. Ne 13, 1; e più spesso “qehal Jahwèh”: cf. Dt 23, 2-4.9). È la coscienza permanente di una appartenenza fondata sull’elezione di Israele fatta da Dio in prima persona: “Voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli . . . Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19, 5-6).

    Qui è appena necessario ricordare, sempre in sede di analisi del linguaggio, che nel popolo dell’Antico Testamento, a motivo del grande rispetto per il nome proprio di Dio, “qehal Jahvè” veniva letto come “qehal Adonai”, ossia l’“assemblea del Signore”. Perciò anche nella versione greca dei Settanta si trova tradotta: “ekklesía Kyrìou”; noi diremmo “la Chiesa del Signore”.

    5. È pure da notare che gli scrittori del testo greco del Nuovo Testamento seguivano la versione dei Settanta, e questo fatto serve a spiegarci perché essi chiamano “ekklesía” il nuovo Popolo di Dio (il nuovo Israele), come pure il loro riferimento della Chiesa a Dio. San Paolo parla spesso della “Chiesa di Dio” (cf. 1 Cor 1, 2; 10, 32; 15, 9; 2 Cor 1, 1; Gal 1, 13) oppure delle “Chiese di Dio” (cf. 1 Cor 11, 16; 1 Ts 2, 14; 2 Ts 1, 4). Sottolineando per ciò stesso la continuità dell’Antico e del Nuovo Testamento, e questo fino al punto di chiamare la Chiesa di Cristo “l’Israele di Dio” (Gal 6, 16). Ben presto, però, avviene in San Paolo il passaggio a una formulazione delle realtà della Chiesa fondata da Cristo: come quando parla della Chiesa “in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo” (1 Ts 1, 1), oppure della “Chiesa di Dio in Gesù Cristo” (1 Ts 2, 14). Nella Lettera ai Romani l’Apostolo parla addirittura delle “Chiese di Cristo” (Rm 16, 16), al plurale, avendo in mente - e sotto gli occhi - le chiese locali cristiane, sorte in Palestina, Asia Minore e Grecia.

    6. Questo progressivo sviluppo del linguaggio ci attesta che nelle prime comunità cristiane si chiarisce gradualmente la novità inclusa nelle parole di Cristo: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). A questa Chiesa si applicano ora in senso nuovo e con maggior profondità le parole della profezia di Isaia: “Non temere, perché ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” (Is 43, 1). La “convocazione divina” è opera di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato; Egli fonda ed edifica la “sua” Chiesa, come “convocazione di tutti gli uomini nella nuova Alleanza”. Di questa Chiesa egli sceglie il fondamento visibile e gli affida il mandato di reggerla. Questa Chiesa appartiene dunque a Lui e rimarrà sempre sua. Questa è la convinzione delle prime comunità cristiane, questa è la loro fede nella Chiesa di Cristo.

    7. Come si vede, già dall’analisi terminologica e concettuale che si può condurre sui testi del Nuovo Testamento derivano alcuni risultati sul significato della Chiesa. Possiamo sintetizzarli fin d’ora nell’asserzione seguente: la Chiesa è la nuova comunità degli uomini, istituita da Cristo come una “convocazione” di tutti i chiamati a far parte del nuovo Israele per vivere la vita divina, secondo le grazie e le esigenze dell’Alleanza stabilita nel sacrificio della Croce. La convocazione si traduce per tutti e per ciascuno in una chiamata, che esige una risposta di fede e di cooperazione per il fine della nuova comunità, indicato da colui che chiama: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto . . .” (Gv 15, 16). Di qui deriva il dinamismo connaturale alla Chiesa, che ha un campo d’azione immenso, perché è una convocazione ad aderire a Colui che vuole “ricapitolare in Cristo tutte le cose” (Ef 1, 10).

    8. Lo scopo della convocazione è l’essere introdotti nella comunione divina (cf. 1 Gv 1, 3). Per raggiungere questo scopo il primo mezzo consiste nell’ascolto della Parola di Dio, che la Chiesa riceve, legge e vive nella luce che le viene dall’alto, come dono dello Spirito Santo, secondo la promessa di Cristo agli Apostoli: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 26). La Chiesa è chiamata e mandata per portare a tutti la parola di Cristo e il dono dello Spirito: a tutto il popolo che sarà il “nuovo Israele”, a cominciare dai bambini, dei quali Gesù disse: “Lasciate che vengano a me” (Mt 19, 14). Ma tutti sono chiamati, piccoli e grandi; e tra i grandi, persone di ogni condizione: come dice San Paolo, “non c’è più né Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28).

    9. Lo scopo della convocazione, infine, è un destino escatologico, perché il nuovo popolo è tutto orientato verso la comunità celeste, come sapevano e sentivano i primi cristiani: “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Eb 13, 14). “La nostra patria . . . è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3, 20).

    A questo vertice ultraterreno e sovrannaturale ci ha condotti l’analisi del nome dato da Gesù alla sua Chiesa: il mistero di una nuova comunità del popolo di Dio che comprende, nel vincolo della comunione dei santi, oltre ai fedeli che sulla terra seguono Cristo sulla via del Vangelo, coloro che completano la loro purificazione nel purgatorio, e i santi del cielo. Su tutti questi punti dovremo riprendere il discorso nelle successive catechesi.

    Ai fedeli di lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    Je salue très cordialement les pèlerins de langue française présents à cette audience. Aux Sœurs de Kermaria, j’offre mes vœux pour leur vie religieuse et mes encouragements pour leur apostolat.

    Je vous souhaite à tous un bon séjour dans la Ville éternelle et j’espère que ce pèlerinage romain vous donnera la grâce d’être affermis dans la foi, l’espérance et la charité. A chacun d’entre vous, j’accorde de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

    Ai pellegrini di espressione linguistica inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    I extend a warm welcome to the Sisters of the Holy Union taking part in their Renewal Programme. Dear Sisters, may your visit to the City of Saints Peter and Paul encourage you always to build your consecration and mission on the solid foundation of faith and trust in the Lord.

    I also greet the members of Saint Alfred’s Parish in Hong Kong; and upon all the English-speaking visitors I invoke God’s abundant blessings.

    Ai fedeli di lingua tedesca

    Schwestern und Brüder!

    Mit dieser kurzen Betrachtung grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher sehr herzlich. Euch allen wünsche ich im Urlaub und in den Ferien gute Erholung an Leib und Seele und erteile Euch, Euren lieben Angehörigen in der Heimat sowie den mit uns über Rundfunk und Fernsehen verbundenen Gläubigen von Herzen meinen Apostolischen Segen.

    Ai pellegrini di lingua spagnola

    Saludo ahora muy cordialmente a todos los peregrinos y visitantes procedentes de los diversos Países de América Latina y de España.

    En particular, a las Religiosas Adoratrices y a las Mercedarias del Santísimo Sacramento, a quienes aliento a una entrega generosa a Cristo y a la Iglesia, dando siempre testimonio de amor a los hermanos.

    Mi cordial bienvenida al grupo Ciclista Colombiano y a los integrantes de la peregrinación organizada por la Revista General de los Cofrades Andaluces.

    A todos bendigo de corazón.

    Ai pellegrini di lingua portoghese

    Caríssimos irmãos e irmãs,

    Uma saudação cordial aos cadetes da Marinha brasileira, aos oficiais instrutores e restantes membros da tripulação do navio-escola “Brasil” que aqui se encontram. O mar imenso desvenda-vos a grandeza de Deus e as suas ondas revoltas falam-vos da necessidade de uma segurança mais poderosa do que as nossas frágeis garantias humanas. Que a Virgem Maria, Estrela do Mar, vos guie ao singrardes a vida no seguimento fiel a Cristo, com a minha Bênção Apostólica que de bom grado vos concedo, a vós e às vossas famílias.

    Agli studenti partecipanti al corso “Aestiva Romae Latinitas”

    Inter alia aestiva gaudia vehementer recreamur frequenti conspectu virorum mulierumque docentium et discentium omni ex orbe, qui unica quadam diligentia duos menses operam dant multiplicibus cotidianis cursibus linguae Latinae, quibus est nomen “Aestiva Romae Latinitas”. Vix satis studiose laudare celebrareque possumus adsiduum eorum opus, vivam ipsam linguae institutionem, varias legendi, scribendi, loquendi exercitationes.

    Pro illo igitur amore, quo Nos ipsi hanc humanitatis Latinae disciplinam prosequimur, exoptamus ut quam copiosissimos fructus Romanae huius experientiae iidem participes hauriant sibi in complurium hominum scholarum nationum commoditatem, Deo opitulante semper suffragantibus Nobis.

    Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

    Nel porgere ora il mio saluto ai Giovani, ai Malati e alle coppie di Sposi Novelli, rivolgo anzitutto un pensiero grato agli Atleti della Parrocchia di Maria Santissima del Carmine in Preturo di Montoro Inferiore (Arcidiocesi di Salerno), che hanno compiuto un Pellegrinaggio a Lourdes, e ai ragazzi dell’“Unione Ciclistica Curnasco-Happy Car-Huni” della Parrocchia dei SS. Nazario e Celso in Curnasco (Diocesi di Bergamo).

    Saluto, inoltre, i membri dell’Associazione Donatori di Sangue della Fincantieri di Castellammare di Stabia e la delegazione della Chiesa Matrice di Gela (Diocesi di Piazza Armerina), guidata dal Parroco, dal Sindaco, da alcuni Assessori del Comune e da membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale, presenti in questa Udienza.

    Cari giovani, il periodo estivo è tempo di viaggi, di turismo, di pellegrinaggio e spesso di campi-scuola o di lavoro.

    Si tratta di momenti preziosi per conoscere e comunicare idee ed esperienze, e per testimoniare la propria fede in un dialogo aperto, cordiale, ispirato a carità.

    Auguro ai malati che il tempo dell’estate porti conforto e sollievo, mentre invito ciascuno ad essere sempre consapevole della forza salvifica della sofferenza.

    Ai giovani sposi esprimo l’auspicio che sappiano annunciare con gioia e convinzione la “buona novella” della famiglia cristiana, testimoniando l’importanza della sua missione nella Chiesa e nella società.

    A tutti la mia benedizione apostolica.



    © Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana
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    MARIOCAPALBO
    00 07/04/2013 20:13
    Si' alla Chiesa è¨ si' a Cristo
    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 24 luglio 1991



    1. Stiamo inoltrandoci verso il ciclo di catechesi dedicate alla Chiesa. Abbiamo già spiegato che la professione di questa verità nel Simbolo presenta un carattere specifico, in quanto la Chiesa non è soltanto oggetto della fede ma anche il suo soggetto: noi stessi siamo la Chiesa che professiamo di credere; noi crediamo nella Chiesa essendo contemporaneamente la Chiesa credente e orante. Noi siamo la Chiesa nella sua visibilità che esprime la propria fede nella sua stessa realtà di Chiesa, che è divina e umana: due dimensioni così inseparabili tra loro, che, se ne cadesse una, si annullerebbe tutta la realtà della Chiesa, così come l’ha voluta e fondata Gesù Cristo.

    Questa realtà divino-umana della Chiesa è organicamente congiunta alla realtà divino-umana di Cristo stesso. La Chiesa è in un certo senso la continuazione del mistero dell’Incarnazione. Difatti l’apostolo Paolo diceva della Chiesa che è il Corpo di Cristo (cf. 1 Cor 12, 27; Ef 1, 23; Col 1, 24), come Gesù paragonava il “tutto” cristico-ecclesiale all’unità della vite con i suoi tralci (cf. Gv 15, 1-5).

    Da questa premessa deriva che il credere nella Chiesa, il pronunciare nei suoi riguardi il “sì” dell’accettazione di fede, è una logica conseguenza dell’intero “Credo”, ed in particolare della professione di fede in Cristo, Uomo-Dio. È una esigenza logica interna al Credo, che dobbiamo aver presente particolarmente ai nostri giorni, quando sentiamo molti fare la separazione, e persino la contrapposizione, tra Chiesa e Cristo, quando per esempio dicono: Cristo-sì, la Chiesa-no. Una contrapposizione non del tutto nuova, ma rilanciata in alcuni ambienti del mondo contemporaneo. È dunque bene dedicare l’odierna catechesi ad un sereno ed accurato esame del significato del nostro sì alla Chiesa, anche in relazione alla contrapposizione appena menzionata.

    2. Possiamo ammettere che questa contrapposizione Cristo-sì, Chiesa-no nasce sul terreno di quella particolare complessità del nostro atto di fede, col quale diciamo: “Credo Ecclesiam”. Ci si può chiedere se sia legittimo includere tra le verità divine da credere una realtà umana, storica, visibile come la Chiesa; una realtà che, come ogni cosa umana, presenta limiti, imperfezioni, peccaminosità nelle persone appartenenti a tutti i livelli della sua struttura istituzionale: sia nei laici che negli ecclesiastici, persino in noi pastori della Chiesa, senza che nessuno sia escluso da questa triste eredità di Adamo.

    Dobbiamo però costatare che Gesù Cristo stesso ha voluto che la nostra fede nella Chiesa affronti e superi questa difficoltà, quando ha scelto Pietro come “pietra sulla quale edificare la sua Chiesa” (cf. Mt 16, 18). Si sa dal Vangelo, che riporta le stesse parole di Gesù, quanto fosse umanamente imperfetta e fragile la roccia prescelta, come Pietro dimostrò al momento della grande prova. E tuttavia il Vangelo stesso ci attesta che la triplice negazione compiuta da Pietro, poco tempo dopo le assicurazioni di fedeltà date al Maestro, non ha cancellato la sua elezione da parte di Cristo (cf. Lc 22, 32; Gv 21, 15-17). Si può invece notare che Pietro raggiunge una nuova maturità attraverso la contrizione per il suo peccato, così che, dopo la risurrezione di Cristo, può bilanciare la sua triplice negazione con la triplice confessione: “Signore, tu lo sai che io ti amo” (Gv 21, 15), e può ricevere da Cristo risorto la triplice conferma del suo mandato di pastore della Chiesa: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 15-17). Pietro, poi, diede prova di amare Cristo “più degli altri” (cf. Gv 21, 15) servendo nella Chiesa, secondo il suo mandato di apostolato e di governo, sino alla morte per martirio, questa sua definitiva testimonianza per l’edificazione della Chiesa.

    Riflettendo sulla vita e sulla morte di Simon Pietro, è più facile passare dalla contrapposizione Cristo-sì, Chiesa-no alla convinzione Cristo-sì e Chiesa-sì, come prolungamento del sì a Cristo.

    3. La logica del mistero dell’Incarnazione - sintetizzata in quel “sì a Cristo” - comporta l’accettazione di tutto ciò che nella Chiesa è umano, per il fatto che il Figlio di Dio assunse la natura umana, in solidarietà con la natura contaminata dal peccato nella stirpe di Adamo. Pur essendo assolutamente senza peccato, egli prese su di sé tutto il peccato dell’umanità: Agnus Dei qui tollit peccata mundi. Il Padre “lo trattò da peccato in nostro favore”, scriveva l’apostolo Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi (2 Cor 5, 21). Perciò la peccaminosità dei cristiani (dei quali si dice, a volte non senza ragione, che “non sono migliori degli altri”), la peccaminosità degli stessi ecclesiastici non deve suscitare un atteggiamento farisaico di separazione e di rifiuto, ma deve piuttosto spingerci a una più generosa e fidente accettazione della Chiesa, a un sì più convinto e più meritorio in suo favore, perché sappiamo che proprio nella Chiesa e mediante la Chiesa questa peccaminosità diviene oggetto della potenza divina della redenzione, sotto l’azione di quell’amore che rende possibile e realizza la conversione dell’uomo, la giustificazione del peccatore, il cambiamento di vita e il progresso nel bene a volte sino all’eroismo, cioè alla santità. Come negare che la storia della Chiesa è piena di peccatori convertiti e penitenti, che, una volta tornati a Cristo, lo hanno seguito fedelmente sino alla fine?

    Una cosa è certa: la via che Gesù Cristo - e la Chiesa con lui - propone all’uomo è carica di esigenze morali, che impegnano al bene, fino alle vette dell’eroismo. Bisogna dunque fare attenzione se, quando si pronuncia un “no alla Chiesa”, in realtà non si cerchi di sfuggire a quelle esigenze. In questo più che in ogni altro caso, il “no alla Chiesa” equivarrebbe a un “no a Cristo”. Purtroppo l’esperienza dice che molte volte è così.

    D’altra parte non si può non osservare che se la Chiesa - nonostante tutte le debolezze umane e i peccati dei suoi membri - nel suo insieme rimane fedele a Cristo, e riporta a Cristo molti suoi figli venuti meno agli impegni del loro battesimo, ciò avviene grazie alla “potenza dall’alto” (cf. Lc 24, 49), lo Spirito Santo, che la anima e la guida nel suo periglioso cammino nella storia.

    4. Dobbiamo però aggiungere che il “no alla Chiesa” viene talvolta basato, non sui difetti umani dei membri della Chiesa, ma su un principio generale di rifiuto di mediazione. C’è infatti gente che, ammettendo l’esistenza di Dio, vuole instaurare con lui contatti esclusivamente personali, senza accettare nessuna mediazione tra la propria coscienza e Dio, e quindi rifiutando prima di tutto la Chiesa.

    Si badi, però: la valorizzazione della coscienza sta a cuore anche alla Chiesa, che, sia nell’ordine morale, sia sul piano più specificamente religioso, ritiene di essere portavoce di Dio per il bene dell’uomo, e quindi illuminatrice, formatrice, ministra della coscienza umana. Il suo compito è di favorire l’accesso delle intelligenze e delle coscienze alla verità di Dio, che si è rivelata in Cristo, il quale ha affidato agli Apostoli e alla Chiesa questo ministero, questa diaconia della verità nella carità. Ogni coscienza, animata da un sincero amore della verità, non può non desiderare di sapere e quindi di ascoltare - almeno questo - ciò che il Vangelo predicato dalla Chiesa dice all’uomo per il suo bene.

    5. Ma spesso il problema del sì o del no alla Chiesa si complica proprio a questo punto, perché è la stessa mediazione di Cristo e del suo Vangelo che viene rifiutata: sicché si tratta di un no a Cristo, più ancora che alla Chiesa. Un tale fatto è da prendere in seria considerazione da parte di chi ritiene di essere e vuole essere cristiano. Egli non può ignorare il mistero dell’Incarnazione, per il quale Dio stesso ha concesso all’uomo la possibilità di stabilire un contatto con lui solo mediante il Cristo, Verbo Incarnato, del quale dice San Paolo: “Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù” (1 Tm 2, 5). E che fin dall’inizio della Chiesa gli Apostoli predicavano che “non vi è (fuori di Cristo) altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12). E che Cristo istituì la Chiesa come una comunità di salvezza, nella quale si prolunga sino alla fine dei secoli la sua mediazione salvifica in virtù dello Spirito Santo da lui mandato. Il cristiano dunque sa che secondo la volontà di Dio l’uomo - il quale, proprio come persona, è un essere sociale - è chiamato ad attuare il contatto con lui proprio nella comunità della Chiesa. E che non è possibile separare la mediazione dalla Chiesa, la quale partecipa della funzione di Cristo come mediatore tra Dio e gli uomini.

    6. Non possiamo, infine, ignorare che il “no alla Chiesa” molto spesso ha radici ancora più profonde, sia nelle persone singole sia nei gruppi umani e negli ambienti - specialmente in certi settori di vera o presunta cultura - dove non è difficile, oggi come e forse più che in altri tempi, trovare atteggiamenti di rifiuto o addirittura di ostilità. In fondo si tratta di una psicologia caratterizzata dalla volontà di una totale autonomia, nascente dal senso dell’autosufficienza personale o collettiva, per cui ci si ritiene indipendenti dall’Essere sovrumano che viene proposto - o anche interiormente scoperto - come autore e signore della vita, della legge fondamentale, dell’ordine morale, e quindi come fonte della distinzione tra il bene e il male. C’è chi pretende di stabilire da sé ciò che è buono o cattivo, e rifiuta quindi di essere “eterodiretto”, sia da un Dio trascendente sia da una Chiesa che lo rappresenta in terra.

    Questa posizione proviene generalmente da una grande ignoranza della realtà. Dio viene concepito come un nemico della libertà umana, come un padrone tirannico, mentre è proprio Lui ad aver creato la libertà e ad esserne il più autentico amico. I suoi comandamenti non hanno altro scopo se non di aiutare gli uomini a evitare la peggiore e più vergognosa delle schiavitù, quella dell’immoralità, e di favorire lo sviluppo della vera libertà. Senza una relazione fiduciosa con Dio non è possibile alla persona umana attuare pienamente la propria crescita spirituale.

    7. Non c’è quindi da stupirsi quando si osserva che un atteggiamento di radicale autonomismo produce facilmente una forma di soggiogamento ben peggiore della paventata “eteronomia”: cioè la dipendenza da opinioni altrui, da vincoli ideologici e politici, da pressioni sociali; o dalle proprie inclinazioni e passioni. Quante volte chi crede di essere e si vanta di essere un indipendente, un uomo libero da ogni servitù, si rivela poi così soggiacente all’opinione pubblica e alle altre forme antiche e nuove di dominio sullo spirito umano! È facile constatare che ha un prezzo molto alto il tentativo di fare a meno di Dio, o la pretesa di prescindere dalla mediazione di Cristo e della Chiesa. Era necessario richiamare l’attenzione su questo problema per concludere la nostra introduzione al ciclo di catechesi ecclesiologiche a cui ora daremo inizio. Oggi ripetiamo ancora una volta: “sì alla Chiesa”, proprio in forza del nostro “sì a Cristo”.

    Ai fedeli di espressione tedesca

    Liebe Schwestern und Brüder!

    Indem ich nach diesen Worten herzlich einlade, den Herrn zu bitten, uns in unserem “Ja” zur Kirche zu bestärken, grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher sehr herzlich. E

    in besonderer Gruß gilt der Gruppe von behinderten Jugendlichen und jungen Erwachsenen mit ihren Begleitern aus Köln.

    Es mögen Euch allen in Rom erlebnisreiche und erholsame Ferien tage beschieden sein.

    Euch allen, Euren lieben Angehörigen in der Heimat sowie den mit uns über Radio und Fernsehen verbundenen Gläubigen erteile ich von Herzen meinen Apostolischen Segen.

    Ai fedeli di lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    Je suis heureux de saluer et de remercier les pèlerins de langue française, en particulier le groupe des Mauriciens, ainsi que les Salésiens français en session de renouvellement spirituel à Rome. A tous, j’accorde mon affectueuse Bénédiction.

    Ai pellegrini di espressione inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    I extend a cordial welcome to the international group of Third Order Franciscan Sisters and Brothers attending a course in Rome. My greetings likewise go to the Missionary Sisters of the Immaculate Heart of Mary who are preparing to profess their perpetual vows. I thank the Choir of Ormond College for their praise of God in song. Upon all the English speaking visitors present at today’s Audience, especially the pilgrim groups from Taiwan, Hong Kong and Malta, I cordially invoke God’s abundant blessings of grace and peace.

    Ai fedeli giapponesi

    Sia lodato Gesù Cristo!

    Saluto i pellegrini della parrocchia di Akita, i terziari francescani guidati dal P. Berardo, min. prov. OFM Conv. e le studentesse dell’università Nanzan di Nagoya.

    Auspico di cuore che il vostro pellegrinaggio o il periodo di studio di aggiornamento in Europa contribuiscano alla realizzazione dell’ideale di “pace e bene”.

    Affidandovi alla Madre di Dio, vi benedico di cuore.

    Sia lodato Gesù Cristo!

    Ai pellegrini provenienti dalla Spagna e da alcuni Paesi dell’America Latina

    Amadísimos hermanos y hermanas,

    Saludo ahora muy cordialmente a todos los peregrinos y visitantes procedentes de los diversos Países de América Latina y de España.

    En particular, a las Hermanas Franciscanas del Espíritu Santo y a las Misioneras del Corazón de María, que celebran su Capítulo General. Os encomiendo al Señor para que os ilumine en vuestras reuniones y seáis siempre testimonios vivos de consagración a Dios y a la Iglesia.

    Saludo igualmente al grupo de Profesores y alumnos de la Facultad Teológica “San Vicente Ferrer”, de Valencia, y a los numerosos peregrinos provenientes de México.

    A todos bendigo de corazón.

    Ai fedeli di espressione portoghese

    Amados peregrinos de língua portuguesa,

    uma saudação cordial para todos vós, em particular para os de Guimarães, de Vila Nova de Gaia e da paróquia de Nossa Senhora dos Remédios no Porto, e para os brasileiros de Porto Alegre, Rio de Janeiro, São Paulo e de Vitória. Fortaleça-se o vosso amor a Cristo e à Sua Igreja, ao renovardes a vossa fé aqui sobre o túmulo do Apóstolo Pedro que serviu Cristo e amou a Igreja até ao martírio. Sirva-vos de ânimo e conforto a minha Bênção Apostólica que benevolamente vos concedo e faço extensiva aos vossos familiares e às vossas paróquias.

    A un gruppo di Croati

    Cari giovani della Croazia, vi saluto di cuore! Mentre la vostra Patria è impegnata, nonostante le gravi difficoltà, a difendere la libertà e la democrazia, sappiate conservare la dignità umana e cristiana. Vogliate, pertanto, resistere alla tentazione della violenza e ad ogni forma di provocazione, che sono negazione di umanità e di civiltà. Unica strada che porta verso il futuro e la convivenza pacifica sono il rispetto reciproco, il sincero dialogo e la collaborazione fattiva nella soluzione dei problemi esistenti. E non cessate di pregare insieme Maria, Regina della Pace, poiché “nulla è impossibile a Dio!” (Lc 1,37). Invoco su di voi e sulla vostra Patria, Croazia, la benedizione e la pace di Dio. Siano lodati Gesù e Maria!

    A due gruppi di ragazzi provenienti da Chernobyl

    Desidero innanzitutto salutare i due gruppi di ragazzi provenienti da Chernobyl (Ucraina), i quali sono venuti in Italia per un periodo di vacanza, l’uno accompagnato dal Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale degli Operatori Sanitari, e l’altro da alcuni dirigenti dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (Agesci).

    Ai gruppi di fedeli italiani

    Porgo il mio cordiale saluto ai pellegrini dell’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, guidati dal loro Arcivescovo, Monsignor Ignazio Cannavò, e diretti a Lourdes. Rivolgo un pensiero particolare ai sacerdoti che partecipano al corso estivo per Rettori e Formatori di seminari, organizzato dai Legionari di Cristo, provenienti da diversi paesi dell’Europa e delle Americhe, e ai sacerdoti Figli dell’Amore Misericordioso, in ritiro a Collevalenza per la professione perpetua.

    Saluto poi il gruppo di religiose di diverse Congregazioni e nazionalità presenti a Roma presso la Comunità di preghiera “Mater Ecclesiae”, per un mese di formazione, e il gruppo di suore Ancelle dell’Amore Misericordioso, accompagnato dalla Superiora Generale, riunito a Collevalenza per un corso di rinnovamento spirituale.

    Saluto anche il Sindaco di Cossombrato d’Asti, accompagnato da altri Sindaci ed Amministratori pubblici, tutti provenienti dall’Astigiano e presenti oggi a questa Udienza.

    Saluto, infine, i giovani che partecipano al Campo Italia, organizzato dai Lions Clubs Italiani, provenienti da varie parti del Mondo e riuniti con lo scopo di “creare e stimolare uno spirito di comprensione fra i popoli”, e i membri dei gruppi folkloristici presenti al Festival della Collina e quelli che partecipano alle “Giornate del Folklore Internazionale”.

    Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

    E ora un particolare saluto a tutti i giovani, i malati e gli sposi novelli qui presenti. Ad essi esprimo la mia gratitudine per aver preso parte con attenzione e con gioia a questa Udienza.

    Vi invito a far tesoro delle parole che avete ascoltato perché esse, come il buon seme, producano molto frutto. Tornando alle vostre case rimanga in voi la parola del Papa con l’invito a far vostra la ricchezza del Vangelo di Gesù Cristo.

    Conservate, insieme con la memoria di questo incontro, il messaggio che vi ho annunciato così che il ricordo diventi viva sorgente di interiore rinnovamento e di profonda trasformazione.

    Tale è il mio augurio e la mia speranza, perché siete un terreno buono dove quanto seminato produrrà certamente molto frutto per il bene di ciascuno e per l’edificazione di tutta la Chiesa.

    A tutti la mia Benedizione.



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    MARIOCAPALBO
    00 07/04/2013 20:14
    La chiesa nel disegno eterno del Padre
    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 31 luglio 1991



    1. La Chiesa è un fatto storico, di cui è documentabile e documentata l’origine, come vedremo a suo tempo. Ma nel dare inizio a un ciclo di catechesi teologiche sulla Chiesa, vogliamo partire dalla fonte più alta e più autentica della verità cristiana, la Rivelazione, come ha fatto anche il Concilio Vaticano II. Esso, infatti, nella Costituzione Lumen gentium, ha considerato la Chiesa nel suo fondamento eterno, che è il disegno salvifico concepito dal Padre nel seno della Trinità. Scrive appunto il Concilio che “l’Eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo, decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina, e caduti in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo Redentore” (Lumen gentium, 2).

    Nell’eterno disegno di Dio la Chiesa costituisce, in Cristo e con Cristo, una parte essenziale dell’economia universale di salvezza in cui si traduce l’amore di Dio.

    2. In quel disegno eterno è contenuto il destino degli uomini, creati ad immagine e somiglianza di Dio, chiamati alla dignità di figli di Dio, adottati come figli dal Padre celeste in Gesù Cristo. Come leggiamo nella Lettera agli Efesini, Dio ci ha scelti “predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto” (Ef 1, 4-6). E nella Lettera ai Romani: “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29).

    Per avere dunque una buona comprensione dell’inizio della Chiesa come oggetto della nostra fede (il “mistero della Chiesa”), occorre riallacciarci al programma di San Paolo, di “far risplendere agli occhi di tutti qual è l’adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio . . . perché sia manifestata ora nel cielo, per mezzo della Chiesa, ai Principati e alle Potestà la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che (Dio) ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore” (Ef 3, 9-11). Come appare da questo testo, la Chiesa fa parte del piano cristocentrico che è nel disegno di Dio Padre da tutta l’eternità.

    3. Gli stessi testi paolini riguardano il destino dell’uomo eletto e chiamato a essere figlio adottivo di Dio, non soltanto nella dimensione individuale, ma in quella comunitaria dell’umanità. Dio pensa, crea e chiama a sé una comunità di persone. Questo disegno di Dio è più esplicitamente enunciato in un passo importante della Lettera agli Efesini: “Secondo quanto nella sua benevolenza, aveva in lui (Cristo) prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1, 9-10). Dunque nell’eterno disegno di Dio la Chiesa come unità degli uomini in Cristo-Capo viene inserita in un piano che comprende tutto il creato, si può dire in un piano “cosmico”, quello di unire tutto in Cristo-Capo. Il primogenito di tutta la creazione diventa il principio di “ricapitolazione” di questa creazione, affinché Dio possa essere “tutto in tutti” (1 Cor 15, 28). Cristo è dunque la chiave di volta dell’universo. La Chiesa, corpo vivente degli aderenti a lui nella risposta alla vocazione di figli di Dio, è associata a lui, come partecipe e ministra, al centro del piano redentivo universale.

    4. Il Concilio Vaticano II colloca e spiega il “mistero della Chiesa” su questo sfondo della concezione paolina, in cui si riflette e precisa la visione biblica del mondo. Esso scrive: “I credenti in Cristo li ha voluti (il Padre) chiamare nella Santa Chiesa, la quale, già prefigurata sin da principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo di Israele e nell’antica Alleanza, e stabilita “negli ultimi tempi”, è stata manifestata dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli. Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, “dal giusto Abele fino all’ultimo eletto”, saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale” (Lumen Gentium, 2). Non si poteva concentrare meglio in poche righe tutta la storia della salvezza quale si vede svolgersi nei libri sacri, fissandone il significato ecclesiologico già formulato e interpretato dai Padri secondo le indicazioni degli Apostoli e dello stesso Gesù.

    5. Vista nella prospettiva del disegno eterno del Padre, la Chiesa appare fin dall’inizio, nel pensiero degli Apostoli e delle prime generazioni cristiane, come frutto dell’amore divino infinito che unisce il Padre col Figlio nel seno della Trinità: è infatti in virtù di questo amore che il Padre ha voluto riunire gli uomini nel suo Figlio. Il “mysterium Ecclesiae” deriva così dal “mysterium Trinitatis”. Dobbiamo proprio esclamare, anche qui, come nella Messa quando si compie il rinnovamento del sacrificio eucaristico, dove a sua volta si raduna la Chiesa: “mysterium fidei”!

    6. In quella fonte eterna è anche il principio del suo dinamismo missionario. La missione della Chiesa è come il prolungamento, o l’espansione storica, della missione del Figlio e dello Spirito Santo, e quindi si può dire una partecipazione vitale, in forma di associazione ministeriale, all’azione trinitaria nella storia umana.

    Nella Costituzione Lumen gentium (cf.Lumen gentium, nn. 1-4) il Concilio Vaticano II parla diffusamente della missione del Figlio e dello Spirito Santo. Nel decreto “Ad gentes” precisa il carattere comunitario della partecipazione umana alla vita divina, quando scrive che il piano di Dio “scaturisce dalla “fonte d’amore”, cioè dalla carità di Dio Padre, che essendo il Principio senza principio, da cui il Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per la sua immensa misericordiosa benevolenza liberamente ci crea ed inoltre gratuitamente ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria. Egli quindi per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà, sicché, come di tutti è il creatore, possa anche essere “tutto in tutti” (1 Cor 15, 28), promuovendo insieme la sua gloria e la nostra felicità. Sennonché piacque a Dio di chiamare gli uomini a questa partecipazione della sua stessa vita non tanto ad uno ad uno, ma di riunirli in un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero in organica unità (cf. Gv 11, 52)” (Ad gentes, 2).

    7. Il fondamento della comunità voluto da Dio nel suo eterno disegno è l’opera della Redenzione, che libera gli uomini dalla divisione e dalla dispersione prodotte dal peccato. La Bibbia ci fa conoscere il peccato come fonte di ostilità e di violenza, come appare già nel fratricidio commesso da Caino (cf. Gen 4, 8); e anche come fonte di quella frantumazione dei popoli, che negli aspetti negativi trova la sua espressione paradigmatica nella pagina sulla torre di Babele.

    Dio volle liberare l’umanità da questo stato per mezzo di Cristo. Questa sua volontà salvifica sembra echeggiare in quel discorso di Caifa nel sinedrio, del quale l’evangelista Giovanni scrive che “essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 51-52). Caifa pronunciò quelle parole allo scopo di convincere il sinedrio a condannare a morte Cristo, per il preteso pericolo politico che faceva correre alla nazione di fronte ai Romani occupanti la Palestina. Ma Giovanni sapeva bene che Gesù era venuto per togliere il peccato dal mondo e salvare gli uomini (cf. Gv 1, 29), perciò non esita ad attribuire a quelle parole di Caifa un significato profetico, come rivelazione del disegno divino. Era infatti scritto in quel disegno che Cristo, mediante il suo sacrificio redentore, culminato nella morte in croce, diventasse la fonte di una nuova unità degli uomini, chiamati in lui, Cristo, a ricuperare la dignità di figli adottivi di Dio.

    In quel sacrificio, su quella croce, è la genesi della Chiesa come comunità di salvezza.

    Ai pellegrini di lingua francese

    Je salue cordialement les personnes de langue française présentes à cette audience, en particulier les membres du pèlerinage de I’ Ile Maurice. Egalement, je suis heureux de saluer les divers groupes de jeunes: les étudiants belges, fils de cheminots; le groupe de Saint Auban sur Durance; le groupe “Europ’ Trotter” de Dunkerque.

    Chers jeunes, à l’invitation du Christ, soyez le sel de la terre et la lumière du monde. Votre vocation est de donner un goût au monde par votre foi.

    A tous, jeunes et adultes, je donne de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

    Ai fedeli di espressione inglese

    Dear Brothers and Sisters, I wish to welcome all the Englishspeaking pilgrims and visitors present at today’s Audience. My cordial greeting goes to the Carmelite Sisters of Charity from Japan and India. I also greet the pilgrim groups from Indonesia and Taiwan. Upon you and your families I invoke an abundance of grace and peace in the Lord Jesus Christ.

    Ai gruppi di lingua tedesca

    Liebe Schwestern und Brüder!

    Mit dieser kurzen Betrachtung grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher sehr herzlich. Mein besonderer Gruß gilt der Brass Band Ermensee, die die diesjährige Bundesfeier der Schweizer Garde im Rahmen der 700-Jahrfeier der Schweizerischen Eidgenossenschaft mitgestaltet. Ebenso herzlich begrüße ich die Gruppe von Mitgliedern des Zentralvorstandes der Vereinigung ehemaliger Schweizer Gardisten. Ferner begrüße ich die Pilgergruppe der Regens WagnerStiftung in Hohenwart.

    Euch allen sowie Euren lieben Angehörigen und den mit uns über Rundfunk und Fernsehen verbundenen Gläubigen erteile ich gerne meinen Apostolischen Segen.

    Ai fedeli della Spagna e di diversi Paesi dell’America Latina

    Amadísimos hermanos y hermanas,

    Deseo ahora saludar muy cordialmente a todos los peregrinos y visitantes de lengua española.

    En particular, a las Religiosas de la Sagrada Familia de Urgel y del Sagrado Corazón, a quienes aliento a una entrega generosa a Cristo y a la Iglesia. Igualmente saludo a las peregrinaciones procedentes de México, de Argentina y de los demás países de América Latina y de España, e imparto con afecto la Bendición Apostólica.

    Ai pellegrini di espressione portoghese

    Caríssimos irmãos e irmãs,

    Amados peregrinos, vindos de Belo Horizonte, Porto Alegre e São Paulo, bem como um Grupo do Movimento de Schoenstatt do Brasil, e ainda algumas Equipas portuguesas dos Cursos de Preparação para o Matrimónio da diocese do Porto . . . para todos vai a minha afectuosa saudação e uma propiciadora Bênção Apostólica, extensiva às vossas familias e comunidades cristãs.

    Ai pellegrini giapponesi

    Carissimi pellegrini appartenenti al Movimento “Buon Pastore”, mentre ascoltate la voce di Gesù, Buon Pastore, pregate per tutte quelle persone che ancora non conoscono Lui e il suo Vangelo.

    Affidandovi alla guida di Maria Santissima, Madre di Gesù e di tutti noi, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

    Sia lodato Gesù Cristo!

    Ai gruppi di lingua italiana e ai bambini di Chernobyl

    Nel salutare i pellegrini di lingua italiana rivolgo anzitutto il mio pensiero ai bambini di Chernobyl e ai loro accompagnatori, ospiti della diocesi di Massa Marittima-Piombino, qui presenti con il Vescovo Monsignor Angelo Comastri. A tutti i cari ragazzi e alle loro famiglie esprimo l’augurio di una felice vacanza in Italia, con la protezione del Signore e della Vergine Santissima.

    Saluto poi i gruppi delle Suore Orsoline di Parma e delle Suore di Santa Maria di Leuca, invocando da Dio il conforto nelle opere educative e assistenziali, mentre esorto ad essere sempre testimoni forti della carità spirituale e morale verso gli umili ed i piccoli.

    Rivolgo, inoltre, il mio pensiero al numeroso complesso di partecipanti al Festival internazionale del Folklore di Valle di Comino ad Atina. Saluto i gruppi folkloristici provenienti da diverse nazioni e dalle regioni italiane, e formulo voti che tale occasione accresca la reciproca conoscenza, lo spirito di solidarietà.

    Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

    Desidero rivolgere un particolare saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli presenti.

    In questo giorno la Chiesa nella liturgia fa memoria di Sant’Ignazio di Loyola. Le numerose celebrazioni svolte quest’anno per il quinto centenario della sua nascita, hanno fatto ancor più risaltare la straordinaria statura spirituale del Santo fondatore della Compagnia di Gesù.

    Al termine della vita egli riassumeva la sua vicenda terrena definendosi un “pellegrino”. Realmente fu un pellegrino e non soltanto perché percorse molte strade per predicare il Vangelo, ma soprattutto perché sperimentò un lungo cammino interiore passando dalla ricerca degli onori e delle “vanità del mondo” alla ferma volontà di servire unicamente “il Signore universale Gesù Cristo”.

    La sua esistenza fu un progressivo avvicinarsi sempre più intimamente a Cristo, che egli amò profondamente. Anche per voi avvenga lo stesso. Ogni momento sia un passo avanti verso di Lui, senza mai smarrire il sentiero.

    A tutti la mia benedizione apostolica.



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