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In cammino insieme allo Spirito Santo la via che conduce a Dio

Ottobre 1988 Catechesi sul Credo, parte II: Gesu' Figlio e Salvatore

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    MARIOCAPALBO
    00 06/04/2013 10:12
    La consapevolezza di Gesù Cristo della sua vocazione al sacrificio redentivo


    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 5 ottobre 1988



    1. “Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto”.

    Nell’ultima catechesi facendo riferimento a queste parole del Simbolo della fede, abbiamo considerato la morte di Cristo come un evento che ha una sua dimensione storica, e che si spiega anche alla luce delle circostanze storiche nelle quali si è prodotto. Il Simbolo ci dà indicazioni anche a questo riguardo, facendo eco ai Vangeli, dove si trovano notizie più abbondanti. Ma il Simbolo mette in rilievo anche il fatto che la morte in croce di Cristo è avvenuta come sacrificio per i peccati ed è perciò diventata il “prezzo” della redenzione dell’uomo: “Fu crocifisso per noi”, “per noi uomini e per la nostra salvezza”.

    È spontaneo domandarsi quale consapevolezza abbia avuto Gesù di questa finalità della sua missione: quando e come egli abbia percepito la vocazione ad offrirsi in sacrificio per i peccati del mondo.

    Al riguardo, occorre premettere che non è facile penetrare nell’evoluzione storica della coscienza di Gesù: il Vangelo fa cenno ad essa (cf. Lc 2, 52), ma senza offrire dati precisi per determinarne le tappe.

    Molti testi evangelici, riportati nelle catechesi precedenti, documentano questa coscienza ormai chiara di Gesù circa la sua missione: una coscienza talmente viva da reagire con vigore e persino con rudezza a chi tentava, sia pure per affetto verso di lui, di distoglierlo da quella sua via: come accadde con Pietro, al quale Gesù non esitò a opporre il suo “Vade retro, Satana!” (Mc 8, 33).

    2. Gesù sa che sarà investito da un “battesimo” di sangue (cf. Lc 12, 50), prima ancora di vedere che la sua predicazione e il suo comportamento incontrano l’opposizione e suscitano l’ostilità delle cerchie del suo popolo che hanno il potere di decidere la sua sorte. Egli è consapevole che sul suo capo pende un “oportet” rispondente all’eterno disegno del Padre (cf. Mc 8, 31), ben prima che le circostanze storiche conducano al compimento di quanto è previsto. Senza dubbio Gesù si astiene per qualche tempo dall’annunciare quella sua morte, pur essendo fin da principio conscio della sua messianicità, come attesta la sua autopresentazione nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4, 16-21); egli sa che la ragion d’essere dell’incarnazione, la finalità della sua vita è quella contemplata nell’eterno disegno di Dio circa la salvezza. “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).

    3. Nei Vangeli possiamo rintracciare non poche altre prove della coscienza di Gesù circa la sua sorte futura in dipendenza dal piano divino della salvezza. Già la risposta di Gesù dodicenne in occasione del ritrovamento nel Tempio è in qualche modo la prima espressione di questa sua consapevolezza. Il fanciullo, infatti, spiegando a Maria e a Giuseppe di dover “occuparsi delle cose del Padre suo” (cf. Lc 2, 49), fa capire di essere interiormente orientato verso gli eventi futuri, mentre, pur essendo appena dodicenne, sembra voler preparare all’avvenire gli esseri a lui più cari, specialmente sua Madre.

    Quando è giunto il tempo di dare inizio all’attività messianica, Gesù si trova nella fila di coloro che ricevono il battesimo di penitenza da Giovanni nel Giordano. Egli cerca di far capire, nonostante la protesta del Battista, che si sente mandato per diventare “solidale” con i peccatori, per assumersi il giogo dei peccati dell’umanità, come del resto indica la presentazione che di lui fa Giovanni: “Ecco l’Agnello di Dio, . . . che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29). In queste parole si trova l’eco e in qualche modo la sintesi di ciò che aveva annunziato Isaia sul servo del Signore, “trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità . . . Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti . . . come agnello condotto al macello . . . il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità” (Is 53, 5-7. 11). Senza dubbio vi era sintonia tra la coscienza messianica di Gesù e quelle parole del Battista che esprimevano la profezia e l’attesa dell’antico testamento.

    4. In seguito, i Vangeli ci presentano altri momenti e altre parole, da cui risulta l’orientamento della coscienza di Gesù verso la morte sacrificale. Si pensi a quella immagine degli amici dello sposo, i suoi discepoli, che non devono “digiunare” finché lo sposo è con loro: “Ma verranno i giorni - prosegue Gesù - in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno” (Mc 2, 20). È un’allusione significativa, che lascia trasparire lo stato di consapevolezza di Cristo.

    Risulta inoltre dai Vangeli che Gesù non accettò mai alcun pensiero o discorso che potesse lasciare intravedere la speranza del successo terreno della sua opera. I “segni” divini che egli offriva, i miracoli che operava, potevano creare un terreno propizio per tale aspettativa. Ma Gesù non esitò a smentire ogni intenzione, a dissipare ogni illusione al riguardo, perché sapeva che la sua missione messianica non poteva compiersi diversamente che mediante il sacrificio.

    5. Con i suoi discepoli Gesù seguiva il metodo di una opportuna “pedagogia”. Ciò si vede in modo particolarmente chiaro al momento in cui gli apostoli sembravano giunti alla convinzione che Gesù fosse il vero Messia (il “Cristo”); convinzione espressa da quella esclamazione di Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16), che si poteva considerare come il punto culminante del cammino di maturazione dei dodici nell’ormai notevole esperienza compiuta al seguito di Gesù. Ed ecco, proprio dopo questa confessione (avvenuta nei pressi di Cesarea di Filippo), Cristo per la prima volta parla della sua passione e morte: “E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare” (Mc 8, 31; cf. anche Mt 16, 21; Lc 9, 22).

    6. Anche le parole di severo rimprovero rivolte a Pietro che non voleva accettare quello che udiva (“Signore, questo non ti accadrà mai”) (Mt 16, 22), provano quanto la coscienza di Gesù fosse immedesimata nella certezza del futuro sacrificio. L’essere messia per lui voleva dire “dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Sin dall’inizio Gesù sapeva che questo era il senso definitivo della sua missione e della sua vita.

    Perciò respingeva tutto ciò che avrebbe potuto essere o apparire come la negazione di quella finalità salvifica. Lo si scorge già nell’ora della tentazione, quando Gesù respinge risolutamente il lusingatore che tenta di sviarlo verso la ricerca di successi terreni (cf. Mt 4, 5-10; Lc 4, 5-12).

    7. Dobbiamo però notare che nei testi riportati, quando Gesù annuncia la sua passione e morte, tiene a parlare anche della risurrezione che avverrà “il terzo giorno”. È un’aggiunta che non muta affatto il significato essenziale del sacrificio messianico mediante la morte in croce, ma ne mette invece in rilievo il significato salvifico e vivificante. E diciamo fin d’ora che ciò appartiene alla più profonda essenza della missione di Cristo: il Redentore del mondo è colui nel quale deve compiersi la “Pasqua”, cioè il passaggio dell’uomo ad una nuova vita in Dio.

    8. In questo stesso spirito Gesù forma i suoi apostoli e delinea la prospettiva in cui dovrà muoversi la sua futura Chiesa. Gli apostoli, i loro successori e tutti i seguaci di Cristo, sulle orme del Maestro crocifisso, dovranno percorrere la via della croce. “Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti ai governatori e re a causa mia, per rendere testimonianza davanti a loro” (Mc 13, 9). “Vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome” (Mt 24, 9). Ma sia agli apostoli sia ai futuri seguaci, che parteciperanno alla passione e morte redentrice del loro Signore, Gesù preannuncia altresì: “In verità, in verità vi dico: . . . Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Gv 16, 20). Sia gli apostoli sia la Chiesa sono chiamati, per tutti i tempi, a prendere parte al mistero pasquale di Cristo nella sua interezza. E’un mistero, nel quale dalla sofferenza e “afflizione” di chi partecipa al sacrificio della croce, nasce la “gioia” della nuova vita in Dio.

    Ai pellegrini francesi

    J’ADRESSE Á TOUS les pèlerins et visiteurs de langue française un très cordial salut. Je leur souhaite de recevoir pleinement la grâce du Christ sauveur et de retrouver leurs communautés chrétiennes dans une ardeur renouvelée à témoigner de l’Evangile. Aux aînés et aux jeunes, je donne ma Bénédiction Apostolique.

    Ai visitatori di lingua inglese

    I EXTEND a special welcome to the new students of both the Pontifical Irish College and the Venerable English College. I am sure that you will make full use of the opportunity that is yours in pursuing your ecclesiastical studies in the City of the Apostles Peter and Paul, not only to acquire a profound knowledge of the academic subjects you will study in preparation for your future ordination to the priesthood, but even more importantly to strengthen your Christian faith and your love of the Church. I invoke God’s special blessings upon you and your Superiors, as you work together in the demanding task of your priestly formation.

    * * *

    I WELCOME the study-group from the Church of Sweden, the Lutheran study-group from Oslo and parishioners of Tyrvää in Finland. I look forward very much to visiting your countries in June of next year, and I pray that my visit will further strengthen the already deep bonds of understanding and ecumenical collaboration that exist between us.

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    I GREET THE PILGRIMS from Erie accompanied by Bishop Murphy, the priests and people of the Diocese of Paterson accompanied by Bishop Rodimer, and the groups from the Diocese of Rochester and the Archdiocese of San Francisco. Upon all the English-speaking visitors I invoke the grace and peace of Christ.

    Ai numerosissimi pellegrini di espressione tedesca

    MIT DIESER KURZEN Erinnerung an das Lebensgesetz Christi und seiner Kirche verbinde ich meinen herzlichen Gruß an alle Besucher deutscher Sprache. Besonders erwähnen möchte ich heute die Wallfahrt alter und behinderter Priester und Ordensschwestern, die der Schweizerische Hospitaldienst des Malteserritterordens durchführt, Ich freue mich mit euch, daß christliche Solidarität es möglich macht, daß ihr die heiligen Stätten Roms besucht und hier in eurer Lebenshoffnung bestärkt werdet.

    * * *

    EIN FROHES Willkommen gilt dann auch dem großen Pilgerzug der Diözese Hildesheim mit ihrem Weihbischof Mons. Machens. Es ist gewiß sinnvoll, daß die notwendige Begegnung der Ortskirchen untereinander nicht nur auf der Ebene der jeweiligen Oberhirten stattfindet, sondern eben auch auf der Ebene der einzelnen Christen in Familie und Pfarrei, wobei junge und alte und auch behinderte Menschen immer eingeschlossen sein sollen.

    * * *

    EBENSO HERZLICH grüße ich schließlich den Kinderchor mit seinen Begleitern aus der Pfarrei Dinklage in Oldenburg. Im Namen aller Anwesenden darf ich euch unseren besten Dank aussprechen für euer gekonntes Singen und Musizieren zur Ehre Gottes und zu unser aller Freude. Bewahrt euch auch als Erwachsene eure frohe Bereitschaft, das Leben eurer Pfarrei, vor allem auch die Liturgie, mitzugestalten.

    Euch allen aber erbitte ich den mächtigen Schutz Gottes über euren Wegen und segne euch in der Verbundenheit der Liebe Christi.

    Ai pellegrini giunti dalla Spagna e da alcuni Paesi latinoamericani

    TRAS ESTAS PALABRAS de esperanza en el Señor que nos salva, quiero presentar mi cordial saludo de bienvenida a todos los peregrinos provenientes de los diversos países de América Latina y de España.

    En particular, al grupo de sacerdotes Hijos del Amor Misericordioso, a quienes aliento a continua ilusionadamente en su servicio al clero diocesano para fomentar la fraternidad sacerdotal, y en favor de la juventud más necesitada.

    * * *

    IGUALMENTE SALUDO a los miembros de la Asociación “Damas Salesianas” de Venezuela, así como a la peregrinación de Palos de la Frontera (Huelva) a quienes invito a un generoso empeño para conmemorar dignamente el V Centenario de la llegada del Evangelio al Nuevo Mundo, partiendo de las costas onubenses.

    A todos los peregrinos y visitantes de lengua española imparto con afecto la Bendición Apostólica.

    Ai fedeli di lingua portoghese

    SAUDO CORDIALMENTE, com votos de paz, graça e todo o bem no Senhor, quantos me escutam de língua portuguesa; em particular, a peregrinação da Arquidiocese de Curitiba-Brasil.

    Sinto alegria em ver-vos aqui. Para todos imploro os dons divinos, para que caminheis em “vida nova” à luz da fé, ancorados na esperança da páscoa eterna com Cristo, com a minha Bênçao Apostólica.

    Ad un pellegrinaggio nazionale ungherese promosso in onore di Santo Stefano

    ALL’UDIENZA GENERALE è presente oggi un gruppo numerosissimo di ungheresi, che partecipano al pellegrinaggio nazionale organizzato in onore di Santo Stefano, fondatore della nazione magiara.

    Ai connazionali polacchi

    WITAM SERDECZNIE pielgrzymów z Polski: w szczególności z Krakowa - z parafii św. Szczepana; z dekanatu Wieliczka; z diecezji płockiej; współpracowników misyjnych ksieży pallotynów z całej Polski; z Wrocławia grupę Logos-Tour; kolejarzy ze Szczecina, z Wrocławia, z Jeleniej Góry; grupę esperantystów z całej Polski; grupy turystyczne Orbisu, Turysty, PTTK z Poznania; prócz tego grupy śpiewacze: “Scholę Cantorum” z Inowrocławia i chór Uniwersytetu Curie-Skłodowskiej z Lublina . . . . Cieszę się, że dzisiaj mogę na tym placu św. Piotra powitać nie tylko liczną grupę moich rodaków z Ojczyzny, ale także licznę grupę naszych sąsiadów Węgrów, bo stare porzekadło polskie mówi, że Węgier i Polak “dwa bratanki”.

    Ad alcuni pellegrinaggi italiani

    DESIDERO ORA porgere il mio saluto ai rappresentanti dell’Ordine degli Ingegneri italiani, la cui associazione celebra in Roma il 23° Congresso. Li ringrazio per il gentile pensiero di partecipare a questa Udienza e saluto con loro i familiari che li accompagnano, mentre invoco dal Signore la protezione sul loro lavoro e sulle loro iniziative. Li esorto altresì a considerare sempre con coscienza retta e con generosa dedizione le responsabilità che ad essi spettano nel recare il proprio contributo alla promozione umana, alla pace nei rapporti interni delle aziende e delle organizzazioni di lavoro. La grazia divina, con il dono della carità li assista e li conforti.

    * * *

    SALUTO POI le famiglie religiose qui, presenti per alcune significative circostanze; le Suore di Gesù Buon Pastore, che ricordano il 50° anniversario della loro donazione: ad esse auguro di tenere sempre viva la fiamma del carisma di Don Alberione, il quale le ha istituite come collaboratrici dei Pastori d’anime; le Suore Figlie di Sant’Anna, che partecipano ad un corso di formazione permanente, per aggiornare il loro ministero a favore delle famiglie e della gioventù femminile: possano tornare alle loro attività con una nuova carica di ardore apostolico.

    * * *

    IL PENSIERO, infine, va agli ospiti ed agli accompagnatori dell’Istituto Cottolengo di Firenze, ai quali mi rivolgo con affetto per esprimere l’invito a vivere la missione della carità verso i fratelli più umili, nello spirito del Vangelo e con la consolazione che viene dal Cuore di Cristo.

    A tutti la mia Benedizione Apostolica.

    Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

    IN QUESTO GIORNO che segue immediatamente la festa di San Francesco di Assisi, Patrono d’Italia, desidero rivolgermi a voi, giovani, ammalati e sposi novelli, col suo saluto di “pace e bene”.

    Voi giovani, ispiratevi nella vostra vita a questa figura veramente evangelica per guardare al futuro con ottimismo; esorto voi malati ad affrontare, come il Santo di Assisi, le difficoltà con fortezza e coraggio cristiani; voi sposi, sappiate creare nell’ambito della famiglia un’atmosfera di vero amore, di armonia e di “perfetta letizia”, sull’esempio di San Francesco.

    Vi benedico tutti di cuore, assicurandovi la mia costante preghiera.



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    MARIOCAPALBO
    00 06/04/2013 10:13
    Valore delle sofferenze e della morte di Cristo


    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 19 ottobre 1988



    1. I dati biblici e storici sulla morte di Cristo, che abbiamo riassunto nelle catechesi precedenti, sono stati oggetto di riflessione nella Chiesa di tutti i tempi, dai primi Padri e Dottori, e dai Concili ecumenici, ai grandi teologi delle varie scuole che si sono formate e succedute nei secoli fino ad oggi.

    L’oggetto principale dello studio e della ricerca, è stato ed è quello del valore della passione e morte di Gesù in ordine alla nostra salvezza. I risultati raggiunti su questo punto, oltre a farci conoscere meglio il mistero della redenzione, sono serviti a gettare nuova luce anche sul mistero della sofferenza umana, della quale si sono potute scoprire impensate dimensioni di grandezza, di finalità, di fecondità, da quando è stato reso possibile il suo confronto e anzi il suo collegamento con la croce di Cristo.

    2. Alziamo gli occhi prima di tutto a colui che pende dalla croce, e chiediamoci: chi è questo sofferente? E’il Figlio di Dio: uomo vero, ma anche Dio vero, come sappiamo dai Simboli della fede. Per esempio, quello di Nicea lo proclama “Dio vero da Dio vero . . . che per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso, si è incarnato e . . . ha sofferto” (Denz.-Schönm., 125). Il Concilio di Efeso, per parte sua, precisa che il “Verbo di Dio ha sofferto nella carne” (Denz.-Schönm., 263).

    “Dei Verbum passum carne”: è una sintesi mirabile del grande mistero del Verbo Incarnato, Gesù Cristo, le cui sofferenze umane appartengono alla natura umana, ma devono essere attribuite, come tutte le sue azioni, alla persona divina. Si ha dunque, in Cristo, un Dio che soffre!

    3. È una verità sconvolgente. Già Tertulliano chiedeva a Marcione: “Sarebbe forse tanto sciocco credere in un Dio che è nato, precisamente da una vergine, precisamente carnale e che è passato per le umiliazioni della natura? . . . Di’ invece che è saggezza un Dio crocifisso” (Tertulliani “De carne Christi” 4, 6-5, 1).

    La teologia ha precisato che ciò che non possiamo attribuire a Dio come Dio, se non per una metafora antropomorfica che ci fa parlare della sua sofferenza, dei suoi patimenti, ecc., Dio lo ha realizzato nel suo Figlio, il Verbo, che ha assunto la natura umana in Cristo. E se Cristo è Dio che soffre nella natura umana, come vero uomo nato da Maria Vergine e sottoposto alle vicende e ai dolori di ogni figlio di donna, essendo egli, come Verbo, una persona divina, dà un valore infinito alla sua sofferenza e alla sua morte, che rientra così nell’ambito misterioso della realtà umano-divina, e tocca, senza scalfirla, la gloria e la felicità infinita della Trinità.

    Senza dubbio, Dio nella sua essenza rimane al di sopra dell’orizzonte della sofferenza umano-divina: ma la passione e la morte di Cristo, penetrano, riscattano e nobilitano tutta la sofferenza umana, giacché egli incarnandosi ha voluto essere solidale con l’umanità la quale man mano si apre alla comunione con lui nella fede e nell’amore.

    4. Il Figlio di Dio, che ha assunto la sofferenza umana, è dunque un modello divino per tutti coloro che soffrono, specialmente per i cristiani che conoscono e accettano nella fede il significato e il valore della croce. Il Verbo Incarnato ha sofferto secondo il disegno del Padre anche perché noi potessimo “seguirne le orme”, come raccomanda san Pietro (1 Pt 2, 21; cf. S. Thomae “Summa Theologiae”, II, q. 46, a. 3). Ha sofferto e ci ha insegnato a soffrire.

    5. Ciò che più spicca nella passione e morte di Cristo è la sua perfetta conformità al volere del Padre, con quella obbedienza che è stata sempre considerata come la disposizione più caratteristica e più essenziale del sacrificio.

    San Paolo dice di Cristo che si è fatto “obbediente sino alla morte di croce” (Fil 2, 8), raggiungendo così lo sviluppo estremo della “kenosi” inclusa nell’incarnazione del Figlio di Dio, in contrasto con la disobbedienza di Adamo, che aveva voluto “rapire” l’uguaglianza con Dio (cf. Fil 2, 6).

    Il “nuovo Adamo” ha così compiuto un rovesciamento della condizione umana (una “recirculatio”, come dice sant’Ireneo): egli “pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso” (Fil 2, 6-7). La lettera agli Ebrei ricalca lo stesso concetto: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb 5, 8). Ma è egli stesso che in vita e in morte, secondo i Vangeli, offrì se stesso al Padre nella pienezza dell’obbedienza: “Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14, 36). “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). San Paolo sintetizza tutto ciò quando dice che il Figlio di Dio fatto uomo “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce” (Fil 2, 8).

    6. Al Getsemani vediamo quanto questa obbedienza sia stata dolorosa: “Padre, se è possibile, allontana da me questo calice . . . Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14, 36). In quel momento si svolge in Cristo un’agonia dell’anima, ben più dolorosa di quella corporale (cf. S. Thomae “Summa Theologiae”, III, q. 46, a. 6), per il conflitto interiore tra le “ragioni supreme” della passione, fissata nel disegno di Dio, e la percezione che Gesù ha, nella sensibilità finissima della sua anima, dell’enorme bruttura del peccato che sembra rovesciarsi su di lui, fatto quasi “peccato” (ossia vittima del peccato), come dice san Paolo (cf. 2 Cor 5, 21), perché il peccato universale sia espiato in lui. Così Gesù arriva alla morte come all’atto supremo di obbedienza: “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito” (Lc 23, 46): lo spirito, cioè il principio della sua vita umana.

    Sofferenza e morte sono la definitiva manifestazione della totale obbedienza del Figlio al Padre. L’omaggio e il sacrificio dell’obbedienza del Verbo Incarnato sono una mirabile attuazione di disponibilità filiale che dal mistero dell’incarnazione sale e in qualche modo penetra nel mistero della Trinità! Con l’omaggio perfetto della sua obbedienza Gesù Cristo riporta una perfetta vittoria sulla disobbedienza di Adamo e su tutte le ribellioni che possono nascere nei cuori umani, più specialmente a causa della sofferenza e della morte, sicché anche qui si può dire che “dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20). Gesù riparava infatti la disobbedienza, che è sempre inclusa nel peccato umano, soddisfacendo al nostro posto le esigenze della giustizia divina.

    7. In tutta quest’opera salvifica, consumata nella passione e nella morte in croce, Gesù ha spinto fino in fondo la manifestazione dell’amore divino per gli uomini, che è all’origine sia della sua oblazione, sia del disegno del Padre.

    “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3), Gesù ha dimostrato tutta la verità contenuta in quelle sue parole preannunciatrici: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). Diventando “uomo dei dolori” egli ha stabilito una nuova solidarietà di Dio con le sofferenze umane. Figlio eterno del Padre, in comunione con lui nella sua eterna gloria, nel farsi uomo si è ben guardato dal rivendicare privilegi di gloria terrena o almeno di esenzione dal dolore, ma è entrato nella via della croce, ha scelto come sua parte le sofferenze non solo fisiche ma anche morali che lo accompagnano fino alla morte: tutto per nostro amore, per dare agli uomini la dimostrazione decisiva del suo amore, per riparare al loro peccato e ricondurli dalla dispersione all’unità (cf. Gv 11, 52). Tutto, perché nell’amore di Cristo si rifletteva l’amore di Dio per l’umanità.

    Così san Tommaso può asserire che la prima ragione di convenienza che spiega la liberazione umana mediante la passione e la morte di Cristo, è che “in questo modo l’uomo conosce quanto Dio lo ami, e l’uomo a sua volta viene indotto a riamarlo: e in tale amore consiste la perfezione dell’umana salvezza (S. Thomae “Summa Theologiae”, III, q. 46, a. 3). E qui il santo Dottore cita l’apostolo Paolo, che scrive: “Dio dimostra il suo amore per noi in questo, che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5, 8).

    8. Dinanzi a questo mistero, possiamo dire che senza la sofferenza e la morte di Cristo, l’amore di Dio per gli uomini non si sarebbe manifestato in tutta la sua profondità e grandezza. E d’altra parte la sofferenza e la morte sono diventate, con Cristo, un invito, uno stimolo, una vocazione all’amore più generoso, come è avvenuto per tanti santi che giustamente possono essere definiti gli “eroi della croce”, e come sempre avviene in tante creature, note e ignote, che sanno santificare il dolore riflettendo in se stesse il volto piagato di Cristo. Esse si associano così alla sua oblazione redentrice.

    9. Resta da aggiungere che, nella sua umanità congiunta alla divinità, e resa capace, in virtù dell’abbondanza della carità e dell’obbedienza, di riconciliare l’uomo con Dio (cf. 2 Cor 5, 19), Cristo è stabilito come l’unico mediatore tra l’umanità e Dio, a un livello ben superiore a quello nel quale si pongono i santi dell’antico e nuovo testamento, e la stessa santissima Vergine Maria, quando si parla della loro mediazione o se ne invoca l’intervento.

    Eccoci dunque dinanzi al nostro redentore, Gesù Cristo crocifisso, morto per noi per amore, e diventato per questo l’autore della nostra salvezza.

    Santa Caterina da Siena, con una delle sue immagini tanto vivaci ed espressive, lo paragona ad un “ponte sul mondo”. Sì, egli è veramente il ponte e il mediatore, perché attraverso di lui viene agli uomini ogni dono del cielo e sale a Dio ogni nostro sospiro, ogni nostra invocazione di salvezza (cf. S. Thomae “Summa Theologiae”, III, q. 26, a. 2). Stringiamoci con Caterina e tanti altri “santi della croce” a questo nostro dolcissimo e misericordiosissimo Redentore, che la stessa senese chiamava Cristo-amore. Nel suo cuore trafitto è la nostra speranza, la nostra pace.

    Ai fedeli di espressione tedesca

    Liebe Brüder und Schwestern!

    DIESE EINLADUNG, liebe Brüder und Schwestern, richtet sich nicht nur an die Kranken und Behinderten unter uns. Wir alle haben täglich unser Kreuz auf uns zu nehmen und sollen es zusammen mit Christus zum Heil aller tragen. Werden wir uns wieder neu dieser unserer Berufung in der Nachfolge Christi bewußt.

    Mit diesem Wunsch grüße ich euch alle noch einmal sehr herzlich zu unserer heutigen Begegnung: die so überaus zahlreichen Gruppen aus verschiedenen Diözesen und Pfarrgemeinden sowie auch alle Einzelpilger. Einen besonderen Bruß richte ich an die große Diözesanwallfahrt aus dem Münsterland und der Region Niederrhein, an die Pilgergruppe aus den Bistümern Paderborn und Essen und jene der Kirchenzeitung für das Bistum Speyer ”Der Pilger“. Euch allen erbitte ich, daß ihr aus dem Erlebnis der Weltkirche hier im Zentrum der katholischen Christenheit neue Glaubensfreude und neuen Mut zu einem kraftvollen Christuszeugnis in eure Ortskirchen mitnehmt.

    Herzlich grüße ich ferner die zahlreichen Kirchenchöre und Musikvereinigungen. Darunter vor allem die Sängerinnen, Sänger und Angehörigen des Cäcilienverbandes im Bistum Essen. Musik und Gesang sind ein wichtiger Bestandteil der Liturgie der Kirche. Ich ermutige euch in eurem Mitwirken in euren Gemeinden und wünsche euch, daß euer Gesang auch für euch selbst immer zum Gebet, zum frohen persönlichen Gotteslob werde.

    Allen anwesenden Pilgern deutscher Sprache erbitte ich Gottes besonderen Schutz und Beistand während eures Aufenthaltes hier in Rom und auf eurer Rückfahrt in die Heimat. Dazu erteile ich euch und allen euren Lieben von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.

    Ai fedeli di lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    JE SOUHAITE CORDIALEMENT la bienvenue à tous les pèlerins et visiteurs de langue française venus participer à cette audience. En particulier, j’offre mes vœux fervents aux Petites Sœurs des Pauvres qui célèbrent leur jubilé.

    Je salue également les Clarisses qui se sont rassemblées ces jours derniers à Assise et font à présent le pèlerinage de Rome. A toutes, je dis mes encouragements pour leur vie consacrée au service du Seigneur.

    Je salue aussi de grand cœur les pèlerins du Togo et du Bénin qui reviennent de Terre Sainte en suivant la trace des Apôtres. Qu’ils disent à leurs frères l’affection du Pape!

    Et que Dieu vous comble tous de ses bénédictions!

    Ai visitatori di espressione inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    I EXTEND A WARM welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors, and I invoke upon them abundant divine blessings in the love and peace of Christ.

    Ai pellegrini di lingua spagnola ed ai fedeli giunti dal Panama

    Amadísimos hermanos y hermanas,

    MI MÁS CORDIAL SALUDO se dirige a todos los peregrinos de lengua española presentes en esta audiencia. De modo especial deseo saludar a las Hermanas Terciarias Capuchinas de la Sagrada Familia. Vosotras, que por amor al Reino de Dios, habéis elegido libremente un peculiar estilo de vida para servir así mejor a la Iglesia y a los hermanos, manteneos firmes en vuestra vocación, siguiendo el ejemplo de la Virgen María.

    Me es grato saludar a la peregrinación de Panamá. Cuando regreséis a vuestros hogares, decid que el Papa sigue muy de cerca la delicada situación por la que atraviesa vuestra Nación y que reza insistentemente para que las exigencias del bien común, en un clima de respeto a la dignidad de la persona humana, sean las normas de conducta que inspiren a los responsables de la gestión pública.

    A todos vosotros, así como a los llegados de América Latina y de España, imparto complacido mi Bendición Apostólica.

    Ai fedeli polacchi

    WITAM WSZYSTKICH pielgrzymów z Polski wraz z Księżmi Biskupami obecnymi na tej audiencji, a więc z archidiecezji krakowskiej z parafii Najswiętszego Salwatora w Krakowie; przedstawicieli Papieskiej Akademii Teologicznej w Krakowie; duszpasterstwo ojców kapucynów w Warszawie; duszpasterstwo kapucynów w Zakroczymiu; z parafii św. Józefa Robotnika w Pszczynie; z parafii św. Antoniego w Rybniku; pielgrzymkę katedralną w Tarnowie; z parafii Imienia NMP z Ptaszkowej; niepełnosprawnych z diecezji sandomiersko-radomskiej z Księżmi Biskupami; z parafii św. Andrzeja Boboli w Łodzi; pielgrzymów z diecezji warmińskiej; z parafii Najświętszego Serca Pana Jezusa w Ełku, kanonicy regularni laterańscy; pielgrzymów z diecezji siedleckiej z Księżmi Biskupami; z parafii Matki Bożej Pocieszenia we Włodawie, diecezja siedlecka, księża kapucyni; z kościoła ojców kapucynów w Białej Podlaskiej; pielgrzymów z archidiecezji w Lubaczowie; z parafii św. Józefa w Bydgoszczy; pielgrzymkę ojców i braci kapucynów z całej Polski; współpracowników misyjnych księży pallotynów z całej Polski; pielgrzymkę, z parafii polskiej pw. Matki Boskiej Częcstochowskiej w Berlinie Zachodnim; z parafii Matki Boskiej Częstochowskiej w Kilonii w Niemczech Zachodnich; pielgrzymkę Polskiej Misji Katolickiej w Dortmundzie; pielgrzymkę, Polskiej Misji Katolickiej w Manheim; pielgrzymkę, polskiej parafii na Ealingu w Londynie; z polskiej parafii Matki Bożej Ostrobramskiej w Bristolu; grupę, kierowników i pracowników firmy Pepsicola; uczestników grup turystycznych. Prócz tego pielgrzymkę ojców kapucynów z Wrocławia; przełożone generalne wraz z delegatkami zgromadzeń zakonnych załozonych przez bł. Honorata, którzy przybyli na beatyfikację; kolejarzy z Mińska Mazowieckiego i Krakowa; młodzież z I Liceum w Gorzowie Wielkopolskim . . . Wszystkich pielgrzymów raz jeszcze dzisiaj serdecznie pozdrawiam po uroczystościach niedzielnych i spotkaniu popołudniowym.

    Ad alcuni gruppi italiani

    SALUTO TUTTI i gruppi di lingua italiana qui presenti. Un particolare saluto rivolgo ai pellegrini della Santissima Annunziata di Lacco Ameno, Ischia, che guidati dal loro Vescovo sono venuti pellegrini alla Tomba di Pietro e alla Cattedra del Suo Successore. Possa la Benedizione Apostolica implorare su di loro, con l’intercessione della Vergine Annunziata, loro Patrona, incremento della loro fede e fedeltà alla Grazia del Signore.

    All’indomani della festa di San Luca: nel ricordo di questo Evangelista, che è stato il cantore di Maria, la Madre di Gesù, desidero rivolgere il mio saluto a tutti i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli presenti a questa Udienza.

    Nel suo Vangelo che mette in risalto la misericordia del Signore, troverete stimolo per vivere e testimoniare coerentemente la vostra fede cristiana: per voi giovani ci sono i grandi episodi che ricordano la necessità della bontà e del coraggio; a voi ammalati, specialmente quelli accompagnati qui dai responsabili dell’UNITALSI sarda e dai dirigenti dell’Ospedale “Santa Maria Maddalena” in Aversa, addito gli esempi di fortezza, di sacrificio e di pazienza del Cristo, crocifisso e risorto, descritti nel medesimo Vangelo; per voi sposi novelli gli episodi dell’amicizia, dell’amore, del perdono. Sono i misteri del Rosario, che meditiamo ogni giorno particolarmente in questo mese di ottobre.

    Non cessate di guardare e di invocare la Madre di Gesù, che San Luca ci ha rappresentato con la sua penna e, secondo una tradizione, anche con il suo pennello.

    Vi benedico tutti di cuore.



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    MARIOCAPALBO
    00 06/04/2013 10:14
    Valore sostitutivo e rappresentativo del sacrificio di Cristo vittima di espiazione «per i peccati»


    GIOVANNI PAOLO II

    UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 26 ottobre 1988



    1. Riprendiamo alcuni concetti, che la tradizione dei Padri ha tratto dalle fonti bibliche nel tentativo di spiegare le “imperscrutabili ricchezze” (Ef 3, 8) della redenzione.

    Vi abbiamo già accennato nelle ultime catechesi, ma meritano di essere illustrati in modo più particolareggiato per la loro importanza teologica e spirituale.

    2. Quando Gesù dice: “Il Figlio dell’uomo . . . non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45), riassume in queste parole l’obiettivo essenziale della sua missione messianica: “dare la propria vita in riscatto”. È una missione redentrice. Lo è per l’umanità intera, perché dire “in riscatto per molti”, secondo il modo semitico di esprimere i pensieri, non esclude nessuno. Alla luce di tale valore redentivo era stata già vista la missione del Messia nel libro del profeta Isaia e particolarmente nei “canti del servo di Jahvé”: “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui, per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53, 4-5).

    3. Queste parole profetiche ci fanno comprendere meglio che cosa Gesù voglia dire quando parla del Figlio dell’uomo venuto “per dare la propria vita in riscatto per molti”. Egli intende dire che ha dato la propria vita “a nome” e in sostituzione dell’intera umanità per liberare tutti dal peccato. Questa “sostituzione” esclude qualsiasi partecipazione al peccato da parte del Redentore. Egli fu assolutamente innocente e santo. “Tu solus sanctus”! Dire che una persona ha subito un castigo al posto di un’altra implica evidentemente che essa non ha commesso la colpa. Nella sua sostituzione redentrice (“substitutio”) Cristo proprio a ragione della sua innocenza e santità “vale certamente quanto tutti” come scrive san Cirillo Alessandrino (S. Cyrilli Alexandrini “In Isaiam” 5, 1: PG 70, 1176; “In 2 Cor” 5, 21: PG 74, 945). Proprio perché era colui che “non commise peccato” (1 Pt 2, 22), egli poté prendere su di sé ciò che è effetto del peccato, cioé la sofferenza e la morte, dando al sacrificio della propria vita un reale valore e un perfetto significato redentivo.

    4. Ciò che conferisce alla sostituzione il suo valore redentivo non è il fatto materiale che un innocente abbia subito il castigo meritato dai colpevoli e che così la giustizia sia stata in qualche modo soddisfatta (in realtà, in tale caso si dovrebbe parlare piuttosto di grave ingiustizia). Il valore redentivo viene invece dal fatto che Gesù innocente si è fatto per puro amore, solidale con i colpevoli ed ha trasformato così, dall’interno, la loro situazione. Infatti, quando una situazione catastrofica come quella provocata dal peccato viene assunta a favore dei peccatori per puro amore, allora questa situazione non sta più sotto il segno dell’opposizione a Dio, ma, al contrario, sotto quello della docilità all’amore che viene da Dio (cf. Gal 1, 4), e diventa quindi sorgente di benedizione (Gal 3, 13-14). Cristo, offrendo se stesso “in riscatto per molti”, ha attuato fino in fondo la sua solidarietà con l’uomo, con ogni uomo, con ogni peccatore. Lo manifesta l’Apostolo quando scrive: “L’amore di Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti” (2 Cor 5, 14). Cristo dunque divenne solidale con ogni uomo nella morte, che è un effetto del peccato. Ma questa solidarietà non era in lui in nessun modo effetto del peccato; era invece un atto gratuito di purissimo amore. L’amore “indusse” Cristo a “dare la vita”, accettando la morte sulla croce. La sua solidarietà con l’uomo nella morte consiste, quindi, nel fatto che non soltanto egli è morto così come muore l’uomo - così come muore ogni uomo - ma che è morto per ogni uomo. In tal modo questa “sostituzione” significa la “sovrabbondanza” dell’amore, che permette di superare tutte le “carenze” o insufficienze dell’amore umano, tutte le negazioni e contrarietà collegate con il peccato dell’uomo in ogni dimensione interiore e storica - nella quale questo peccato ha gravato sul rapporto dell’uomo con Dio.

    5. Tuttavia a questo punto andiamo oltre la misura puramente umana del “riscatto” che Cristo ha offerto “per tutti”. Nessun uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini e offrirsi in sacrificio “per tutti”. Solo Gesù Cristo ne era capace, perché, pur essendo vero uomo, era Dio-Figlio, della stessa sostanza del Padre. Il sacrificio della sua vita umana ha avuto per questo motivo un valore infinito. La sussistenza in Cristo della persona divina del Figlio, la quale supera e nello stesso tempo abbraccia tutte le persone umane, rende possibile il suo sacrifico redentivo “per tutti”. “Gesù Cristo valeva tutti noi” scrive san Cirillo Alessandrino (cf. S. Cyrilli Alexandrini “In Isaiam” 5, 1: PG 70, 1176). La stessa trascendenza divina della persona di Cristo fa sì che egli possa “rappresentare” dinanzi al Padre tutti gli uomini. In questo senso si spiega il carattere “sostitutivo” della redenzione compiuta da Cristo: a nome di tutti e per tutti. “Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis iustificationem meruit”, insegna il Concilio di Trento (Conc. Trid. Decretum “De Iustificatione”, cap. 7: Denz.-Schönm. 1529), sottolineando il valore meritorio del sacrificio di Cristo.

    6. Qui va notato che questo merito è universale, cioè valevole per tutti gli uomini e per ciascun uomo, perché è fondato su di una rappresentatività universale, messa in luce dai testi che abbiamo visto sulla sostituzione di Cristo a tutti gli altri uomini nel sacrificio. Egli che “valeva quanto noi tutti”, come ha detto san Cirillo Alessandrino, poteva ben da solo soffrire per tutti (cf. S. Cyrilli Alexandrini “In Isaiam” 5, 1: PG 70, 1176; “In 2 Cor” 5,21: PG 74, 945). Tutto ciò era compreso nel disegno salvifico di Dio e nella vocazione messianica di Cristo.

    7. Si tratta di una verità di fede, fondata su chiare e inequivocabili parole di Gesù, da lui ripetute anche al momento dell’istituzione dell’Eucaristia. Ce le trasmette san Paolo in un testo che viene considerato come il più antico su questo punto: “Questo è il mio corpo, che è (dato) per voi . . . Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (1Cor 11,23). Con questo testo concordano i sinottici che parlano del corpo che “è dato” e del sangue che sarà “versato . . . in remissione dei peccati” (cf. Mc 14, 22-24; Mt 26, 26-28; Lc 22, 19-20). Anche nella preghiera sacerdotale dell’ultima cena, Gesù dice: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anche essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19). L’eco e in certo modo la precisazione del significato di queste parole di Gesù si trova nella prima lettera di san Giovanni: “Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati, non soltanto per i nostri peccati, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Gv 2, 2). Come si vede san Giovanni ci offre l’interpretazione autentica degli altri testi sul valore sostitutivo del sacrificio di Cristo, nel senso della universalità della redenzione.

    8. Questa verità della nostra fede non esclude, ma esige la partecipazione dell’uomo, di ogni uomo, al sacrificio di Cristo, la collaborazione con il Redentore. Se, come abbiamo detto sopra, nessun uomo poteva compiere la redenzione, offrendo un sacrificio sostitutivo “per i peccati di tutto il mondo” (cf. 1 Gv 2, 2), è altrettanto vero che ciascuno è chiamato a partecipare al sacrificio di Cristo, a collaborare con lui nell’opera della redenzione da lui compiuta. Lo dice esplicitamente l’apostolo Paolo quando scrive ai Colossesi: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo quello che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Lo stesso Apostolo scrive pure: “Sono stato crocifisso con Cristo” (Gal 2, 20). Queste affermazioni non partono solo da un’esperienza e da un’interpretazione personale di Paolo, ma esprimono la verità sull’uomo, redento senza dubbio a prezzo della croce di Cristo, eppur contemporaneamente chiamato a “completare quel che manca nella propria carne” alle sofferenze di lui per la redenzione del mondo. Tutto ciò si situa nella logica dell’alleanza tra Dio e l’uomo e suppone in quest’ultimo la fede come via fondamentale della sua partecipazione alla salvezza derivante dal sacrificio di Gesù sulla croce.

    9. Cristo stesso ha chiamato e chiama costantemente i suoi discepoli a questa partecipazione: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8, 34). Più di una volta egli parla anche delle persecuzioni che attendono i suoi discepoli: “Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 20). “Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Gv 16, 20). Questi e altri testi del nuovo testamento hanno giustamente fondato la Tradizione teologica, spirituale, ascetica che fin dai tempi più antichi ha sostenuto la necessità e mostrato le vie della sequela di Cristo nella passione, non solo come imitazione delle sue virtù, ma anche come cooperazione alla redenzione universale con la partecipazione al suo sacrificio.

    10. Ed ecco uno dei capisaldi della specifica spiritualità cristiana che siamo chiamati a riattivare nella nostra vita in forza dello stesso Battesimo che, al dire di san Paolo (cf. Rm 6, 3-4), attua sacramentalmente la nostra morte e sepoltura immergendoci nel sacrificio salvifico di Cristo: se Cristo ha redento l’umanità, accettando la croce e la morte “per tutti”, questa solidarietà di Cristo con ogni uomo contiene in sé la chiamata alla cooperazione solidale con lui nell’opera della redenzione. Tale è l’eloquenza del Vangelo. Tale è soprattutto l’eloquenza della croce. Tale è l’importanza del Battesimo, che, come vedremo a suo tempo, già attua in sé la partecipazione dell’uomo, di ogni uomo, all’opera salvifica, nella quale è associato a Cristo da una stessa vocazione divina.

    Ai pellegrini di lingua francese e al coro di Corfù in Grecia

    Chers Frères et Sœurs,

    JE DÉSIRE ADRESSER un salut très cordial aux membres de la chorale de Corfou, en Grèce. Je souhaite que votre pèlerinage à Rome soit pour vous l’occasion d’éprouver aujourd’hui dans la recherche de l’unité les liens fraternels qui unissaient les Apôtres Pierre et André.

    Je salue aussi l’ensemble des visiteurs de langue française et je donne à tous de grand cœur ma Bénédiction Apostolique.

    Ai fedeli di espressione inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    I WOULD LIKE to extend a Special word of welcome to the members of the Union of Catholic Mothers who have come to Rome from England and Wales. As you celebrate the seventy-fifth anniversary of your foundation, I offer you my good wishes and assure you of my prayers. May the Lord bless you and your families with the gifts of unity, love and peace.

    * * *

    IT IS A JOY to welcome all the sick and handicapped people present today. In particular I greet the members of the Across Pilgrimage from England. Your daily share in the Cross of Christ is an important contribution to the mission of the Church. May God bless you with his strength and grace.

    * * *

    MY CORDIAL GREETINGS go to the musical groups who are present at this audience, in particular to the students from Kuangjen High School in Taiwan and the members of the Senior Choir of Saint Philomena Parish in Livingston, New Jersey.

    * * *

    I WELCOME MOST cordially the Grand President and other members of the Catenian Association of Great Britain, and I greet the pilgrims from Saint Francis Church and Steno School in Nakskov, Denmark.

    * * *

    TO ALL THE English-speaking visitors and pilgrims, I extend a very warm welcome, especially to those coming from Australia, India, Korea, Taiwan, Denmark, Britain and the United States. May God grant his abundant blessings to you and all your dear ones.

    Ai pellegrini di lingua tedesca

    MIT BESONDERER Freude grüße ich den großen Diözesanpilgerzug aus Osnabrück zusammen mit ihrem Bischof Ludwig Averkamp sowie die Pilgergruppen aus den Diözesen Münster und Hildesheim anläßlich der Seligsprechung von Niels Stensen. Diese Tage in Rom, die ihr besonders der Verehrung dieses neuen Seligen gewidmet habt, mögen euch auf seine Fürsprache mit reichen Gnaden beschenken. Ein Bischof seiner Zeit beschreibt uns Niels Stensen als einen ”Mann des Gebetes, beständiger Einigung mit Gott, ganz sich selbst vergessend und ganz der Liebe zu seinen Mitmenschen hingegeben“. Die Kirche stellt ihn uns fortan zur Nachahmung vor Augen. Ein Leben in der Gegenwart Gottes und im Dienst am Nächsten ist auch unser aller Berufung, die wir als Jünger Christi inmitten der Aufgaben und Pflichten des Alltags verwirklichen sollen. Der selige Niels Stensen erbitte euch dafür Gottes Kraft und Beistand und begleite euch mit seiner Fürsprache auf eurem Lebensweg.

    Von Herzen erteile ich euch und allen Pilgern deutscher Sprache meinen besonderen Apostolischen Segen.

    A numerosi gruppi di lingua spagnola

    Amadísimos hermanos y hermanas,

    DESEO AHORA saludar muy cordialmente a todos los peregrinos de lengua española.

    En particular a las Religiosas de María Reparadora que hacen en Roma un curso de renovación espiritual.

    * * *

    IGUALMENTE A la nutrida representación de la Familia Salesiana de México, que peregrina a Roma y Turín con ocasión del centenario de la muerte de San Juan Bosco.

    * * *

    FINALMENTE SALUDO a los componentes de la peregrinación organizada por “Mundo Cristiano” con motivo del 25° aniversario de su fundación. A todos aliento a un decidido compromiso cristiano, dando testimonio de los valores evangélicos en la sociedad, en la vida profesional y familiar.

    A todas las personas, familias y grupos procedentes de los diversos países de América Latina y de España imparto con afecto la Bendición Apostólica.

    Ai pellegrini provenienti dal Brasile

    Amados Irmãos e Irmãs de língua portuguesa,

    AOS VISITANTES brasileiros, vindos de São Paulo e do Rio de Janeiro, minha saudação cordial, com votos de paz e amor em Cristo, que estendo igualmente aos seus familiares, ao dar-lhes a minha Bênção.

    Ad un pellegrinaggio ungherese

    È PRESENTE nell’odierna udienza generale un gruppo di pellegrini ungheresi, proveniente dalla città di Budapest, diocesi di Estergom.

    Ai pellegrini di espressione polacca

    POZDRAWIAM PIELGRZYMÓW z parafii Skawina pod wezwaniem Swietych apostołów Szymona i Judy; z diecezji czestochowskiej; z diecezji chełmińskiej, z Torunia-Stawki, parafia Niepokalanego Poczęcia Matki Boskiej; z parafii wrocławskich; z Warszawy byłe wychowanki Liceum Ogólnokształcącego sióstr nazaretanek; z Ludwigsburga, Schwäbisch Gmünd - Polska Misja Katolicka w Niemczech Zachodnich; również z Wuppertalu. Pozdrawiam w szczególny sposób dzieci, które przyjęły pierwszą Komunię św w kościele św. Stanisława biskupa i męczennika w Rzymie; prócz tego pracowników Zakładów Budownictwa Kolejowego z Krakowa, Radomia; uczestników grup turystycznych Sport-Tourist, Turysta, Logos-Tour z Krakowa, Rzeszowa, Leżaiska, Myślenic. W szczególny sposób witam i pozdrawiam grupę polskich pisarzy-członków Europejskiego Stowarzyszenia Kultury obecnych na tej audiencji. Przyjmijcie, drodzy bracia i siostry, te zwięzłe rozwazania dzisiejszej katechezy i zanieście wszystkim w Ojczyżnie, a także i poza Ojczyzną, na emigracji, moje pozdrowienie i błogosławieństwo.

    Ai numerosi pellegrinaggi italiani

    SOPRATTUTTO VOGLIO rivolgere il mio cordiale, cordialissimo saluto al Cardinale Giovanni Colombo, Arcivescovo emerito di Milano, oggi presente tra noi. Saluto poi i gruppi di lingua italiana, sempre numerosi.

    * * *

    SALUTO IL CARDINALE Franjo Kuharic e i membri della Comunità Croata, i quali, insieme con i rappresentanti dell’Accademia Sistina e i cittadini di Grottammare sono venuti per ricordare il quarto centenario del pontificato di Sisto V, il Papa che ricostruì “ab imis” la bella chiesa di San Girolamo dei Croati in Via di Ripetta. Mi compiaccio per il loro proposito di studiare la vita di quel Pontefice, e la sua opera nel campo religioso, politico, sociale, culturale.

    * * *

    SALUTO POI I FEDELI della parrocchia romana di S. Lucia, guidata dal parroco, nel 50° anniversario della fondazione della parrocchia.

    Sono presenti, con loro, gli alunni della Scuola delle Suore Orsoline dell’Immacolata. Grazie, carissimi, per questa visita, che mi ricorda l’incontro pastorale avuto con voi nello scorso mese di gennaio.

    * * *

    IL MIO PENSIERO va poi ai fedeli e agli sbandieratori della parrocchia di Nostra Signora della Misericordia di Manciano, in diocesi di Arezzo, come pure ai giovani che si recheranno nella parrocchia amica dei Santi Angeli Custodi di Valencia in Venezuela, e benedico volentieri l’immagine della Vergine che essi recheranno a quella comunità particolarmente povera.

    * * *

    BENEDICO ALTRESÌ la statua lignea di San Massimiliano Kolbe portata dai fedeli di Alatri, come anche il simulacro della Vergine Immacolata, recato dai fedeli di San Nicolò in Tortorici (Messina).

    * * *

    SALUTO, INFINE, gli studenti premiati per la loro applicazione dalla Federazione dei Maestri del Lavoro e dalla Federazione dei Cavalieri del Lavoro. Insieme con loro saluto anche gli Avieri della caserma Romagnoli di Roma, accompagnati dal loro cappellano militare.

    A tutti l’augurio di ogni bene e la mia Benedizione Apostolica.

    Ai giovani, agli ammalati, agli sposi novelli

    A VOI, CARISSIMI Giovani, Ammalati e Sposi Novelli, rivolgo in modo particolare il mio saluto cordiale e affettuoso.

    Sono molto lieto della vostra presenza, che è segno di viva fede e di sentita comunione ecclesiale, e vi ringrazio.

    In questo mercoledì, che è l’ultimo del mese di Ottobre, dedicato in modo speciale alla devozione del Rosario, tutti esorto a continuare con amore e fedeltà nella pia pratica mariana, che eleva la nostra esistenza, illuminandola e rasserenandola. E poiché questo mese è caratterizzato anche dal pensiero e dall’impegno per le Missioni, vi chiedo di pregare per il grande e inderogabile compito dell’evangelizzazione, convinti che la Chiesa è per sua stessa natura “missionaria”, e che ogni cristiano deve essere apostolo e testimone della propria fede in Cristo Rivelatore e Redentore! La Benedizione Apostolica accompagni tutti voi, carissimi Giovani, carissimi Ammalati, come anche voi carissimi Sposi Novelli nella vostra vita matrimoniale e familiare.

    L’invito ad offrire aiuto ai fratelli e alle sorelle dell’America Centrale e Meridionale e dell’arcipelago delle Filippine vittime di terribili uragani è rivolto dal Papa a tutti i cattolici, durante l’udienza generale di questa mattina. Esprimendo “fiducia nel senso di solidarietà della comunità internazionale” e la propria vicinanza alle popolazioni tanto duramente provate, il Santo Padre pronuncia le seguenti parole.

    Notizie allarmanti sono giunte dall’America Centrale e Meridionale, ove un terribile uragano sta ancora infuriando. Anche in Asia l’arcipelago delle Filippine è stato investito da una tempesta ciclonica di forte intensità. Nell’un caso e nell’altro si parla di numerose vittime e di gravissimi danni.

    Mentre invito tutti i presenti ad unirsi a me nella preghiera per quelle popolazioni tanto duramente provate, esprimo fiducia nel senso di solidarietà della comunità internazionale, che non mancherà di intervenire con tempestive forme di aiuto presso i governi dei Paesi colpiti. Esorto, al tempo stesso, i fedeli cattolici ad offrire il proprio contributo attraverso i loro Organismi caritativi, in favore di quei fratelli e sorelle in difficoltà, ai quali in questo momento mi sento particolarmente vicino.



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