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I miracoli di Cristo come richiamo alla realtà di Dio e dell'incarnazione»

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 13 gennaio 1988

 

1. Parlando dei miracoli fatti da Gesù nel compiere la sua missione sulla terra, sant’Agostino in un testo interessante li interpreta come segni della potenza e dell’amore salvifico e come stimoli ad elevarsi nel regno delle cose celesti.

“I miracoli che fece nostro Signore Gesù Cristo - egli scrive - sono opere divine che insegnano alla mente umana ad elevarsi al di sopra delle cose visibili per comprendere ciò che è Dio” (S. Augustini, “In Io. Ev. Tract.”, 24, 1).

2. A questo pensiero possiamo ricollegarci nel riaffermare lo stretto legame dei “miracoli-segni” compiuti da Gesù con la chiamata alla fede. Infatti tali miracoli dimostravano l’esistenza dell’ordine soprannaturale, che è oggetto della fede. A coloro che li osservavano e particolarmente a chi personalmente li sperimentava, essi facevano costatare quasi con mano che l’ordine della natura non esaurisce l’intera realtà. L’universo in cui vive l’uomo non è racchiuso soltanto nel quadro dell’ordine delle cose accessibili ai sensi e allo stesso intelletto condizionato dalla conoscenza sensibile. Il miracolo è “segno” che questo ordine viene superato dalla “Potenza dall’alto”, e quindi le è anche sottomesso. Questa “Potenza dall’alto” (cf. Lc 24, 49), cioè Dio stesso, è al di sopra dell’intero ordine della natura. Essa dirige quest’ordine e nello stesso tempo fa conoscere che - mediante quest’ordine e al di sopra di esso - il destino dell’uomo è il Regno di Dio. I miracoli di Cristo sono “segni” di questo Regno.

3. I miracoli tuttavia non sono in contrapposizione con le forze e le leggi della natura, ma comportano soltanto una certa “sospensione” sperimentabile della loro funzione ordinaria, non un loro annullamento. Anzi, i miracoli descritti nel Vangelo indicano l’esistenza di una potenza che supera le forze e le leggi della natura, ma che nello stesso tempo opera nella linea delle esigenze della natura stessa, anche se al di sopra della sua attuale normale capacità. Non è ciò che avviene per esempio in ogni guarigione miracolosa? La potenzialità delle forze della natura viene attuata dall’intervento divino che la estende oltre la sfera della sua normale possibilità di azione. Ciò non elide né frustra la causalità che Dio ha comunicato alle cose nella creazione, né viola le “leggi naturali” da lui stesso stabilite e iscritte nella struttura del creato, ma esalta e in certo modo nobilita la capacità di operare o anche di ricevere gli effetti dell’operazione altrui, come avviene appunto nelle guarigioni descritte dal Vangelo.

4. La verità sulla creazione è la prima e fondamentale verità della nostra fede. Non è tuttavia l’unica né la suprema. La fede ci insegna che l’opera della creazione è racchiusa nell’ambito del disegno di Dio, che col suo intendimento giunge ben oltre i limiti della creazione stessa. La creazione - particolarmente la creatura umana chiamata all’esistenza nel mondo visibile - è aperta ad una destinazione eterna, che è stata rivelata pienamente in Gesù Cristo. Anche in lui l’opera della creazione viene completata dall’opera della salvezza. E la salvezza significa una nuova creazione (cf. 2 Cor 5, 17; Gal 6, 15), una “creazione di nuovo”, una creazione su misura del disegno originario del Creatore, un ristabilimento di ciò che Dio aveva fatto e che nella storia dell’uomo aveva subito lo sconvolgimento e la “corruzione” conseguiti al peccato.

I miracoli di Cristo rientrano nel progetto della “nuova creazione” e sono quindi collegati con l’ordine della salvezza. Essi sono dei “segni” salvifici che chiamano alla conversione e alla fede e su questa via, al rinnovamento del mondo sottomesso alla “corruzione” (cf. Rm 8, 19-21). Essi dunque non si arrestano all’ordine ontologico della creazione (“creatio”), che pure toccano e riparano, ma rientrano nell’ordine soteriologico della nuova creazione (“re-creatio totius universi”), del quale sono coefficienti e al quale, come “segni” rendono testimonianza.

5. L’ordine soteriologico ha il suo cardine nell’incarnazione; e anche i “miracoli-segni”, di cui parlano i Vangeli, trovano il loro fondamento nella medesima realtà dell’Uomo-Dio. Questa realtà-mistero abbraccia e supera tutti gli avvenimenti miracolosi connessi alla missione messianica di Cristo. Si può dire che l’incarnazione è il “miracolo dei miracoli”, il “miracolo” radicale e permanente del nuovo ordine della creazione. L’ingresso di Dio nella dimensione della creazione si attua nella realtà dell’incarnazione in modo unico e agli occhi della fede diventa un “segno” incomparabilmente superiore a tutti gli altri “segni” miracolosi della presenza e dell’operare divino nel mondo. Anzi, tutti questi altri “segni” hanno radice nella realtà dell’incarnazione, ne irradiano la forza attrattiva, vi rendono testimonianza. Essi fanno ripetere ai credenti ciò che scrive l’evangelista Giovanni alla fine del Prologo sull’incarnazione: “Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14).

6. Se l’incarnazione è il segno fondamentale a cui si ricollegano tutti i “segni” che hanno reso testimonianza ai discepoli e all’umanità che è “giunto . . . il Regno di Dio” (cf. Lc 11, 20), vi è poi un segno ultimo e definitivo, al quale allude Gesù riferendosi al profeta Giona: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12, 40): è il “segno” della risurrezione.

Gesù prepara gli apostoli a questo “segno” definitivo, ma lo fa in modo graduale e con tatto, raccomandando loro la discrezione “fino a un certo tempo”. Un accenno particolarmente chiaro lo si ha dopo la trasfigurazione sul monte: “Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti” (Mc 9, 9). Ci si può chiedere il perché di questa gradualità. Si può rispondere che Gesù sapeva bene quanto si sarebbero complicate le cose se gli Apostoli e gli altri discepoli avessero cominciato a discutere sulla risurrezione, a capire la quale non erano sufficientemente preparati, come appare dal commento dell’evangelista stesso alla raccomandazione ora riferita: “Essi tennero per sè la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti” (Mc 9, 10). Inoltre si può dire che la risurrezione da morte, pur enunciata ed annunciata, era al culmine di quella sorta di “segreto messianico” che Gesù volle mantenere lungo tutto lo svolgersi della sua vita e della sua missione fino al momento del compimento e della rivelazione finali, che si ebbero appunto col “miracolo dei miracoli”, la risurrezione, che, secondo San Paolo, è il fondamento della nostra fede (cf. 1 Cor 15, 12-19).

7. Dopo la Risurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste, i “miracoli-segni” compiuti da Cristo vengono “continuati” dagli apostoli, poi dai santi che si succedono di generazione in generazione. Gli Atti degli Apostoli ci offrono numerose testimonianze sui miracoli compiuti “nel nome di Gesù Cristo” da Pietro (cf. At 3, 1-8; 5,15; 9, 32-41), da Stefano (At 6, 8), da Paolo (At 14, 8-10). La vita dei santi la storia della Chiesa e, in particolare, i processi condotti per le cause di canonizzazione dei servi di Dio, costituiscono una documentazione che, sottoposta al vaglio anche più severo della critica storica e della scienza medica, conferma l’esistenza della “Potenza dall’alto” che opera nell’ordine della natura e la supera. Si tratta di “segni” miracolosi compiuti dai tempi apostolici ad oggi, il cui scopo essenziale è di far vedere il destino e la vocazione dell’uomo al Regno di Dio. Così mediante tali “segni” si conferma nei diversi tempi e nelle circostanze più varie la verità del Vangelo e si dimostra il potere salvifico di Cristo che non cessa di chiamare gli uomini (mediante la Chiesa) sulla via della fede. Questo potere salvifico del Dio-Uomo, si manifesta anche quando i “miracoli-segni” vengono compiuti per intercessione degli uomini, dei santi, dei devoti - così come il primo “segno” a Cana di Galilea venne compiuto per intercessione della Madre di Cristo.


Ai fedeli di lingua francese  

Chers Frères et Sœurs,

Je salue cordialement les personnes de langue française présentes à cette audience, en particulier le groupe de prêtres du diocèse d’Angers qui célèbrent le XIème anniversaire de leur ordination sacerdotale et à qui je renouvelle mes vœux ferventes.  

* * *  

Je salue également les nombreux participants au XXVIIème congrès international de l’“Union Foraine Européenne”. Chers Frères et Sœurs du monde du spectacle, laissez-moi vous exprimer mon estime pour votre travail, exigeant par les efforts et la maîtrise de soi qu’il requiert. Puissez-vous apporter par votre art, vos qualités professionnelles et votre sens de la dignité humaine, une saine détente à beaucoup de nos contemporains! Je prie Dieu de vous bénir ainsi que toutes vos familles.

Ai fedeli di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I offer very cordial greetings to all the English-speaking visitors and pilgrims, especially those coming from Ireland, Sweden and the United States. May you grow each day in the love of our Saviour. May he fill your hearts with abiding peace.

Ai fedeli di lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Das wünsche ich auch allen Besuchern deutscher Sprache, darunter heute die Schwestern, die in La Storta an einer gemeinsamen Vertiefung ihrer Berufung als Christen und Ordensfrauen teilnehmen. Euch allen schenke Gott seinen reichen Segen an allen Tagen dieses soeben begonnenen Jahres unseres Heils 1988. Gelobt sei Jesus Christus!  

Ai pellegrini di lingua spagnola  

Amadísimos hermanos y hermanas,

Me es grato presentar ahora mi más cordial saludo a todos los peregrinos y visitante de lengua española.

En particular, saludo a los representantes del Movimiento de apostolado “Regnum Christi” y al grupo de Religiosas de San José de Gerona. Como almas particularmente consagradas a Dios, os aliento a una entrega generosa y sin límites a vuestra vocación y tarea apostólica, haciendo de vuestras vidas un testimonio de la perenne juventud del Evangelio.

Saludo igualmente a la delegación deportiva del Colegio “Cardenal Newman”, de Buenos Aires.

A todas las personas, familias y grupos procedentes de los diversos países de América Latina y de España, imparto con afecto la Bendición Apostólica.  

Ai pellegrini di lingua portoghese  

Caríssimos Irmãos e Irmãs de língua portuguesa,

E agora quero saudar um grupo de Sacerdotes, vindos do Brasil, que estão presentes nesta Audiência. Caríssimos Irmãos: faço votos que a peregrinação junto ao túmulo de São Pedro e de São Paulo contribua a reavivar a vossa fé, bem como os compromissos assumidos com a Ordenação sacerdotal. A vós e às pessoas que vos são queridas, dou-vos de coração a minha Bênção.  

Ai diversi gruppi di pellegrini polacchi  

Pozdrawiam wszystkich pielgrzymów polskich zarówno z kraju, jak i z emigracji, jako też uczestników, grup turystycznych. . . . Zyczę wszystkim na początku nowego roku błogosławieństwa i łaski Chrystusa, Pana naszego i Zbawiciela.

A gruppi di lingua italiana  

Rivolgo ora una speciale parola di benvenuto alle religiose, ai sacerdoti ed alle associate laiche della Famiglia spirituale voluta da santa Maria Giuseppa Rossello, la quale festeggia il centocinquantesimo anniversario della sua esistenza. Il pellegrinaggio è accompagnato, oltre che dalla Madre generale, da monsignor Giulio Sanguineti, Vescovo di Savona, dove l’Istituto ha la sua Casa Generalizia: a tutti il mio cordiale saluto.

Cari fratelli e sorelle della “Famiglia Madre Rossello”, vi ringrazio per la vostra presenza e gioisco con voi per la bella ricorrenza che state festeggiando: mi congratulo di cuore per tutte le vostre attività benefiche nel campo della pastorale educativa, sanitaria e familiare: tre settori fondamentali della vita della società e della Chiesa, tre campi nei quali le urgenze sono grandissime e per i quali è proprio il caso di dire che “la messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Mt 9, 37). Dedicandovi generosamente a queste opere di carità e di solidarietà umana, voi avete mille occasioni per render credibile la vostra testimonianza cristiana e per condurre molte anime a Dio, sulle orme della madre fondatrice, che diceva: “Vorrei avere le braccia tanto lunghe, da abbracciare tutto il mondo per fare a tutti del bene”.

Auspico per tutta la vostra Famiglia una crescita sempre più rigogliosa, nella fedeltà al carisma della fondatrice e nella piena osservanza delle costituzioni, con un animo sempre aperto alle iniziative dello spirito ed un profondo senso della comunione ecclesiale. Possiate voi essere le “lunghe braccia” della madre Rossello! Dio vi mandi sempre nuove e sante vocazioni per far fronte agli immensi bisogni del nostro tempo. Sotto il segno della Vergine santissima, vi benedico tutti di cuore, insieme con i vostri collaboratori e tutti i vostri assistiti ed amici.

Un particolare saluto anche ai dirigenti regionali della Federazione Calcio dell’Emilia Romagna, che hanno voluto essere presenti all’odierna udienza.

Nell’augurare al vostro impegno di animazione sportiva, cari signori, risultati confortanti, esorto ciascuno di voi ad adoperarsi perché l’attività agonistica sappia sempre ispirarsi a quei valori ideali, che la rendono nobile e bella.

Con la mia Benedizione.  

Ai giovani  

Rivolgo ora un cordiale saluto ai giovani presenti.

Siamo agli inizi di un nuovo anno, ed ancora ci si scambiano in questi giorni gli auguri per un anno migliore. Ebbene carissimi, in nessuna età della vita, quanto nella vostra, il desiderio di progettare bene il futuro e, di conseguenza, il valore che per questo ha la saggia utilizzazione del tempo, si fa sentire con altrettanta intensità. Assecondate tale benefica spinta interiore, dirigendola nella prospettiva che il Verbo fatto carne ci ha aperto offrendoci la possibilità di essere, in Lui, creature nuove e veri figli della luce. Vi accompagni propizia la mia Benedizione.  

Agli ammalati  

Anche a voi, carissimi ammalati, il mio affettuoso saluto.

La sofferenza, della quale al presente state sperimentando il peso, è certamente una prova. Ma la sopportazione cristiana di essa è uno dei metri più sicuri con cui valutare la sincerità e l’intensità della propria fede, nonché offrire incoraggiamento a coloro che, trovandosi nelle medesime condizioni, non riescono sempre ad accettare il loro stato. Questa testimonianza dell’esempio è un dono del Signore che vi indica a quali possibilità di apostolato Egli vi chiami. In ciò sta anche il vostro merito, che Egli valorizza per la santificazione vostra e di tanti fratelli, maggiormente bisognosi di misericordia e di perdono. Vi sia di conforto nei momenti più difficili la Benedizione, che volentieri vi impatto.  

Agli sposi novelli  

Agli sposi novelli un augurio di cuore.

Carissimi sposi, le recenti feste natalizie, la cui eco è ancor viva nei nostri animi, hanno messo al centro della nostra attenzione l’amore di Dio per il mondo e la Santa Famiglia di Nazareth. Si tratta di un unico grande mistero che ci insegna come Dio, nel dimostrare la sua benevolenza per gli uomini, ha voluto servirsi di una comunità di amore, che Egli stesso ci ha offerto come modello esemplare in Maria, Giuseppe e Gesù. Anche voi, ora che formate una coppia cristiana, siete chiamati a riproporre i valori specifici di tale modello. Ciò sarà possibile se, accettando sempre il primato di Dio nella vostra vita, compirete ogni scelta alla sua luce. La forza e la serenità, che permisero alla Santa Famiglia di superare tante prove e di rimanere fedele ai compiti che le erano stati assegnati, saranno il vostro sostegno. Nel rinnovarvi i miei auguri, vi benedico di cuore.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana



Gesù Cristo vero uomo

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 27 gennaio 1988

 

1. Gesù Cristo vero Dio e vero uomo: è il mistero centrale della nostra fede ed è anche la verità chiave delle nostre catechesi cristologiche. Stamane ci proponiamo di cercare la testimonianza di questa verità nella Sacra Scrittura, specialmente nei Vangeli, e nella Tradizione cristiana.

Abbiamo già visto che, stando ai Vangeli Gesù Cristo si presenta e si fa conoscere come Dio-Figlio, specialmente quando dichiara: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30); quando riferisce a se stesso il nome di Dio “Io Sono” (cf. Gv 8, 58), e gli attributi divini; quando afferma che gli “è stato dato ogni potere in cielo ed in terra” (Mt 28, 18): il potere di giudizio finale su tutti gli uomini e il potere sulla legge (Mt 5, 22. 28. 32. 34. 39. 44) che da Dio prende il suo inizio e la sua forza, e infine il potere di rimettere i peccati (cf. Gv 20, 22-23), perché pur avendo ricevuto dal Padre il potere di pronunciare il “giudizio” finale sul mondo (cf. Gv 5, 22), egli viene nel mondo “a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19, 10).

Per confermare il suo potere divino sulla creazione, Gesù compie i “miracoli”, cioè dei “segni” che testimoniano che insieme con lui è venuto nel mondo il Regno di Dio.

2. Ma questo Gesù che, mediante tutto ciò che “fa e insegna”, rende testimonianza a se stesso come Figlio di Dio, nello stesso tempo si presenta e si fa conoscere come vero uomo. L’intero nuovo testamento e in particolare i Vangeli attestano in modo inequivocabile questa verità, di cui Gesù ha chiarissima la coscienza e che gli Apostoli e gli evangelisti conoscono, riconoscono e trasmettono senza dubbi di sorta. Dobbiamo pertanto dedicare la presente catechesi a raccogliere e a illustrare almeno in un breve abbozzo i dati evangelici su questa verità, sempre in collegamento con quanto abbiamo detto in precedenza su Cristo come vero Dio.

Un tale modo di chiarire la vera umanità del Figlio di Dio è oggi indispensabile, data la diffusa tendenza a vedere e a presentare Gesù solo come uomo: un uomo insolito e straordinario, ma sempre e soltanto un uomo. Questa tendenza caratteristica dei tempi moderni, è in certo modo antitetica a quella che si manifestò sotto varie forme nei primi secoli del cristianesimo e che prese il nome di “docetismo”. Secondo i “doceti” Gesù Cristo era un uomo “apparente”: aveva cioè l’apparenza di un uomo, ma in realtà era soltanto Dio.

Di fronte a queste tendenze opposte, la Chiesa professa e proclama fermamente la verità su Cristo come Dio-uomo: vero Dio e vero uomo; una sola Persona - quella divina del Verbo - sussistente in due nature, quella divina e quella umana, come insegna il catechismo. È un profondo mistero della nostra fede: ma lascia cogliere in sé tante luci.

3. Le testimonianze bibliche sulla vera umanità di Gesù Cristo sono numerose e chiare. Vogliamo raccoglierle, per poi spiegarle nelle prossime catechesi.

Il punto di partenza è qui la verità dell’incarnazione: “Et incarnatus est”, professiamo nel Simbolo. Più spiccatamente tale verità è espressa nel Prologo del Vangelo di Giovanni. “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Carne (in greco “sarx”) significa l’uomo nella sua concretezza, comprendente la corporeità, e quindi la precarietà, la debolezza, in un certo senso la caducità. (“Ogni uomo è come l’erba”, leggiamo nel libro di Isaia [Is 40, 6]).

Gesù Cristo è un uomo in tale significato della parola “carne”.

Questa carne - e quindi la natura umana - Gesù l’ha ricevuta da sua madre, Maria, la Vergine di Nazaret. Se sant’Ignazio di Antiochia chiama Gesù “sarcoforos” (S. Ignatii Antiocheni “Ad Smyrnaeos”, 5), indica delicatamente con questa parola la sua nascita umana da una donna, che gli ha dato la “carne umana”. Aveva già detto san Paolo che “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4, 4).

4. L’evangelista Luca parla di questa nascita da una donna, quando descrive gli avvenimenti della notte di Betlemme: “Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2, 6-7). Lo stesso evangelista ci fa sapere che, l’ottavo giorno dopo la nascita, il bambino venne sottoposto alla circoncisione rituale e “gli fu messo nome Gesù” (Lc 2, 21). Il giorno quarantesimo venne offerto come “primogenito” nel tempio gerosolimitano secondo la legge di Mosè (cf. Lc 2, 22-24).

E ancora, che come ogni bambino, anche questo “bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza” (Lc 2, 40). “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52).

5. Vediamolo da adulto, quale ce lo presentano più frequentemente i Vangeli. Come vero uomo, uomo di carne (“sarx”), Gesù ha provato la stanchezza, la fame e la sete. Leggiamo: “E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame” (Mt 4, 2). E altrove: “Gesù . . . stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo . . . Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: Dammi da bere” (Gv 4, 6-7).

Gesù ha dunque un corpo sottoposto alla stanchezza, alla sofferenza, un corpo mortale. Un corpo che alla fine subisce le torture del martirio mediante la flagellazione, l’incoronazione di spine e, infine, la crocifissione.

Durante la terribile agonia, morendo sul legno della croce, Gesù pronuncia quel suo “Ho sete” (Gv 19, 28), nel quale è contenuta una ultima, dolente e commovente espressione della verità della sua umanità.

6. Soltanto un vero uomo ha potuto soffrire come ha sofferto Gesù sul Golgota, soltanto un vero uomo ha potuto morire come morì veramente Gesù. Questa morte è stata costatata da molti testimoni oculari, non solo da amici e discepoli, ma, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, dagli stessi soldati, che “venuti da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19, 33-34).

“Nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, mori e fu sepolto”: con queste parole del Simbolo degli Apostoli la Chiesa professa la verità della nascita e della morte di Gesù. La verità della risurrezione è attestata subito dopo con le parole: “Il terzo giorno risuscitò da morte”.

7. La risurrezione riconferma, in modo nuovo, che Gesù è vero uomo: se il Verbo per nascere nel tempo “s’è fatto carne”, quando è risorto ha ripreso il proprio corpo di uomo.

Soltanto un vero uomo ha potuto soffrire e morire sulla croce, soltanto un vero uomo ha potuto risorgere. Risorgere vuol dire tornare alla vita nel corpo. Questo corpo può essere trasformato, dotato di nuove qualità e potenze, e alla fine anche glorificato, (come nell’Ascensione di Cristo e nella futura risurrezione dei morti), ma è corpo veramente umano. Infatti Cristo risorto si mette in contatto con gli Apostoli, essi lo vedono, lo guardano, toccano le cicatrici rimaste dopo la crocifissione, e lui non solo parla e si trattiene con loro, ma perfino accetta il loro cibo: “Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro” (Lc 24, 42-43). Alla fine Cristo, in questo corpo risuscitato e ormai glorificato, ma sempre corpo di vero uomo, ascende in cielo, per sedere “alla destra del Padre”.

8. Dunque, vero Dio e vero uomo. Non un uomo apparente, non un “fantasma” (“homo phantasticus”) ma uomo reale. Così l’hanno conosciuto gli Apostoli e il gruppo di credenti che costituì la Chiesa degli inizi. Così ce ne hanno parlato nella loro testimonianza.

Notiamo fin d’ora che, così stando le cose, non vi è in Cristo un’antinomia tra ciò che è “divino” e ciò che è “umano”. Se l’uomo, fin dall’inizio, è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 27; 5, 1), e quindi ciò che è “umano” può manifestare anche ciò che è “divino”, quanto più questo ha potuto avvenire in Cristo. Egli ha rivelato la sua divinità mediante l’umanità, mediante una vita autenticamente umana. La sua “umanità” è servita a rivelare la sua “divinità”: la sua persona di Verbo-Figlio.

Nello stesso tempo egli come Dio-Figlio non era, per questo, “meno” uomo. Per rivelarsi come Dio non era costretto a essere “meno” uomo. Anzi: per questo fatto egli era “pienamente” uomo, ossia nell’assunzione della natura umana in unità con la persona divina del Verbo, egli realizzava in pienezza la perfezione umana. E una dimensione antropologica della cristologia, sulla quale dovremo tornare.


Ai gruppi di lingua francese  

Chers Frères et Soeurs

Je suis heureux de vous accueillir ici, chers pèlerins et visiteurs de langue française. Je vous souhaite un fructueux séjour dans cette ville de Rome où abondent les souvenirs des premiers témoins du Christ, et je vous bénis de grand cœur.

Ai fedeli di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters.

My cordial greetings go to all the English-speaking visitors and pilgrims, especially to the groups from Denmark, Australia and the United States. I assure you of my prayers and I willingly impart to all of you and your loved ones my Apostolic Blessing.

Ai fedeli di lingua spagnola  

Amadísimos Hermanos y Hermanas,

Me es grato saludar cordialmente a los peregrinos de lengua española presentes en esta Audiencia, procedentes de España y de América Latina. Que vuestra visita a Roma os llene de la misma fe y valentía que el Apóstol Pedro, para profesar y proclamar que Jesús, verdadero hombre, es también el Hijo de Dios vivo.

A todos imparto con afecto mi Bendición Apostólica.  

Ai fedeli polacchi  

Pozdrawiam serdecznie wszystkich pielgrzymów z Polski, zarówno z kraju, jak i spoza kraju, z emigracji, uczestników grup turystycznych, w szczególności zaś pielgrzymkę z archidiecezji warszawskiej.  

Ai vari gruppi di lingua italiana  

Desidero ora porgere il mio saluto ai Signori Ufficiali partecipanti al LXXI corso promosso dal Collegio di Difesa NATO, al Comandante Generale Antoon Everaert, ai Vice Comandanti ed a tutti i collaboratori con l’augurio cordiale che il periodo di permanenza in Italia, oltre a giovare all’approfondimento delle specifiche competenze in vista delle future mansioni, valga a favorire uno stimolante contatto sia con le gloriose vestigia della Roma imperiale, sia con le sempre vive memorie della Roma cristiana, illustrata dal sangue dei martiri e dalla testimonianza di una meravigliosa fioritura di Santi.  

* * *  

Un cordiale saluto rivolgo poi al folto gruppo di Militari provenienti dalla Scuola di Artiglieria Controaerea di Sabaudia, che sono presenti all’udienza insieme con i Superiori e col Cappellano.

Carissimi, sono lieto di questo incontro che mi consente di esprimervi il mio compiacimento per le iniziative, promosse nella vostra scuola in occasione dell’Anno Mariano. Benedico volentieri la statua lignea della Vergine Santissima che avete portato con voi, con l’intenzione di collocarla poi nella vostra cappella. Amate la Madonna, pregatela, imitatene le virtù. Ella vi sarà sempre vicina per soccorrervi con la sua materna protezione in ogni circostanza della vita. Non passi giorno senza che una preghiera salga dal vostro cuore verso di Lei. È la consegna che lascio a tutti voi con tanto affetto.  

* * *  

Saluto inoltre il gruppo dei Missionari Oblati di Maria Immacolata convenuti a Roma da varie parti, per un incontro di studio sullo specifico carisma della loro Congregazione. Ad essi l’augurio che il ritorno alle fonti ed allo spirito originario della loro Comunità ravvivi e sostenga la volontà di perseverare nel fervoroso annuncio del Cristo a tutti i popoli.  

* * *  

Il mio pensiero va poi al numeroso gruppo dei dirigenti, docenti, allievi ed addetti ai servizi del Centro Formazione Professionale “Teresa Gerini”, dell’Istituto Salesiano di Roma, che intendono con questa loro visita sottolineare l’anno centenario di Don Bosco, patrono degli apprendisti.

Cari giovani! A tutti voi l’invito a prepararvi al vostro futuro lavoro con serenità ed impegno irrobustendo al tempo stesso la vostra fede per essere in grado, domani, di testimoniare, secondo gli insegnamenti e gli esempi di Don Bosco, il vostro amore a Cristo e la fedele adesione al suo Vangelo.  

* * *  

Rivolgo, infine, una parola di ringraziamento e di plauso ai componenti del Circo “Embell-Riva”. Auspico per tutti loro la costante protezione del Signore sulle attività che svolgono, con la viva speranza che nella loro comunità regnino sempre spirito fraterno, armoniosa collaborazione e costante fedeltà a tutti i valori morali che fanno bella e nobile la vita.

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.  

Ai giovani  

Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso ai ragazzi e alle ragazze, ai giovani e alle giovani, che prendono parte a questa udienza, conferendole una nota gioiosa.  

Carissimi, mi è sempre motivo di speranza vedervi in questi incontri settimanali, perché mi offrite viva testimonianza della vostra fede e del vostro impegno ecclesiale. Il Signore vi faccia crescere, come dice di lui adolescente il Vangelo, “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”  vi auguro che possiate essere autentici portatori della fede e della carità cristiana in tutti gli ambienti, in cui venite a trovarvi, e che possiate essere costruttori di quella pace vera che viene da Cristo, ma passa per le mani della sua Madre, “Regina della Pace”. Invocatela nei momenti di dissidio interiore: Ella non mancherà di esaudirvi e di indicarvi le soluzioni, perché - come ho detto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù - Ella è “vostra Madre e Maestra”. Vi benedico tutti di cuore.  

Agli ammalati  

Anche a voi, miei cari ammalati, che partecipate alle sofferenze redentrici di Cristo, rivolgo il mio saluto e la mia parola di conforto. Ricordatevi sempre che il Signore ha riscattato il dolore, rendendolo salvifico e che, quindi, nessuna lacrima è versata invano e nessun grido si perde nel vuoto. Ma tutto può servire per la redenzione degli uomini, se Vissuto in questa prospettiva soprannaturale. Coraggio, abbiate fiducia: il Signore conta molto su di voi. Vi benedico tutti con profondo affetto.  

Agli sposi novelli  

Ed infine a voi, sposi novelli, il mio saluto beneaugurante. Con la vostra vita matrimoniale, consacrata davanti all’altare, date esempio di come vada vissuta la comunione familiare nella gioia e nell’armonia; testimoniate con la vostra vita cristiana la nuova Alleanza tra Dio e l’uomo. Il Signore vi conservi nel suo amore! Vi benedico e vi assicuro le mie preghiere.

 

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