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In cammino insieme allo Spirito Santo la via che conduce a Dio

IL PICCOLO NULLA

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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:23
    Vita della Beata Maria di Gesù Crocifisso (1846-1878)
    IL PICCOLO NULLA
    Vita della Beata Maria di Gesù
    Crocifisso (1846-1878)
    PATRIARCHATUS LATINUS
    JERUSALEM
    • È per Noi una vera gioia presentare alpubblico la traduzione in italiano, curatadalla Dott. Tina Rizzonedella
    "vita di Suor MariadiGesùCrocifisso",composta da P. Estrate, s.c.j.:
    la biografia più completa che possediamo della nostra beata.
    L'attualità del messaggio di Suor Maria è sempre più grande. Questa piccola galilea,
    morta giovanissima nel Carmelo di Bethlemme, è venerata non soltanto
    inTerra Santa e nel MedioOriente, ma intutta la Chiesa.
    Quale è il segreto della sua santità? Suor Maria ha vissuto profondamente il Vangelo e
    specialmente le Beatitudini del Cristo. È stata come un fiore evangelico che è
    germogliato in questa terra del Vangelo. Il Papa Giovanni Paolo II ha così riassunto il
    messaggio di Suor Maria: "Le Beatitudini trovano in lei il loro compimento. Nel
    vederla sembra che Gesù ci dica: beati i poveri, beati gli umili, beati coloro che
    cercano di servire, beati i miti, beati quelli che costruiscono la pace. Tutta la sua vita
    esprime una familiarità inaudita con Dio, l'amore fraterno degli altri e la gioia, che
    sono i segni evangelici per eccellenza" (Discorso ai pellegrini di Terra Santa, 14
    novembre 1989).
    Questo messaggio è sempre attuale. La nostra società ha bisogno di ascoltare le
    Beatitudini del Signore. "Lei, dice ancora Giovanni Paolo II, che è stata spesso
    malmenata dagli avvenimenti e dalla gente, non ha smesso di seminare la pace, di
    riavvicinare i cuori. Voleva essere la piccola sorella di tutti".
    Il suo esempio è prezioso nella nostra società dilaniata e divisa che cade facilmente
    nell'ingiustizia e nell'odio.
    Lo Spirito delle Beatitudini ha dilatato il cuore della nostra piccola Suor Mariani e l'ha
    riempito di fiducia e di amore. Potessimo anche noi seguire le sue tracce!
    + Michel Sabbah, Patriarca
    Gerusalemme, 25.12.1999

    CASA GENERALIZIA CARMELITANI SCALZI
    CORSO D'ITALIA, 38 - 00198ROMA PRESENTAZIONE

    Nel presentare questa biografia della beata Maria di Gesù Crocifisso (Miriam
    Baouardy) mi torna spontaneo alla memoria un aneddoto letto tempo fa, che ci
    permette di avvicinarci ai santi e di comprendere la loro missione nella Chiesa e nel
    mondo.
    Si racconta che una volta una mamma, portando suo figlio piccolo a visitare diverse
    chiese della città, gli disse che tutte le persone raffigurate nelle vetrate erano santi.
    Questo impressionò il bambino. In seguito, quando un amico di famiglia gli chiese che
    cosa era un santo, il bambino rispose con semplicità: «Un santo è una cosa che
    trasmette luce».
    Esaminando la vita dei santi ci rendiamo conto della verità di questa immagine
    infantile: i santi brillano e abbelliscono, come la luce, il panorama del mondo. La
    beata Maria di Gesù Crocifisso adempie da un angolo della Terra Santa, Betlemme,
    luogo della nascita di Gesù, la missione di far risplendere, nella trasparenza della sua
    vita, come una vetrata multicolore, la luce di Dio. In effetti, una delle caratteristiche
    del suo cammino di santità fu sperimentare e testimoniare che Dio si dà gratuitamente,
    come la luce del sole; lo si deve solamente lasciar penetrare nel cristallo della nostra
    vita affinché lo attraversi e lo illumini anche per gli altri. Ella giunse alla santità non
    per mezzo di una vita lunga e densa di meriti. Seppe unicamente aprirsi alla luce di
    Dio nella sua vita e accettare la sua volontà in un'esperienza profonda di fede,
    speranza e amore.
    Gli insegnamenti della beata Maria di Gesù Crocifisso diventano più vivi quando ci
    avviciniamo alla sua vita concreta. Scopriamo che lei, come noi, nella sua esistenza
    terrena, assieme agli aspetti positivi sperimentò limitazioni e dovette districarsi,
    guidata dalla fede e dall'amore di Dio, in tutto ciò che costituisce la trama di ogni
    giorno.
    È caratteristica nella sua vita l'esperienza della gratuità di Dio che si comunica ai
    poveri e ai semplici e rivela loro i segreti del Regno (cfr Mt 11, 25). Molte cose
    straordinarie appaiono nella vita della "piccola Araba", ma tutte si orientano allo
    stesso fine: a un'esperienza di Dio che si comunica ai piccoli e agli umili e manifesta
    loro i suoi segreti, dà loro la sapienza del Vangelo e li aiuta a crescere nell'amore e nel
    servizio del prossimo.
    Ornata di grazie mistiche fin dall'infanzia, la beata Maria di Gesù Crocifisso visse
    come suora conversa in continua intimità con Gesù Cristo in mezzo alle umili
    occupazioni della vita quotidiana. Sperimentò, anche nelle prove più difficili, la bontà
    e la fedeltà di Dio che le comunicava pace e gioia in mezzo alla sofferenza. In tal
    modo poté testimoniare nella sua vita ciò che aveva detto Gesù: «Prendete il mio
    giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo per
    le vostre anime. Infatti il mio giogo è soave e il mio carico leggero» (Mt 11, 29-30).
    All'inizio del terzo millennio la vita della "piccola Araba" può aiutarci a tornare
    all'essenza del Vangelo: amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con
    tutte le forze e il prossimo come noi stessi (cfr Mt 22, 36-40). Il suo messaggio è un
    messaggio di pace e di fraternità in un mondo di divisione e di odio; un
    messaggio di fiducia nel Signore in mezzo alle angustie e alle insicurezze
    dell'esistenza umana.
    Questa nuova edizione della biografia della beata Maria di Gesù Crocifisso, scritta dal
    suo confessore padre Pierre Estrate, è arricchita da una documentazione finora inedita
    e da una serie di fotografie che ci situano nell'ambiente in cui ella visse. Ci aiutano
    inoltre a rivivere le reazioni dei cristiani di oggi in Terra Santa al momento della
    beatificazione della piccola Miriam, figlia di una regione che cerca vie di libertà e di
    pace.
    Mi congratulo con i promotori e con i responsabili del Messaggero di Gesù Bambino
    di Praga di Arenzano per questa magnifica iniziativa che si aggiunge ad altre edizioni
    relative ai santi del Carmelo ottimamente preparate e illustrate.
    La "piccola Araba" benedica questo lavoro, la cui lettura aiuti quanti si avvicinano a
    lei attraverso il libro a vivere lo spirito delle beatitudini, l'unico che può aiutare a
    trovare vie di giustizia, di pace e di riconciliazione nel mondo di oggi.
    P Camilo Maccise o.c.d. Preposito Generale Roma, 1 ottobre 2000
    CRONOLOGIA
    Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy, 1846-1878)
    1846 5 gennaio. Nascita ad Ibillin, nell'alta Galilea. 15 gennaio. Battesimo e Cresima.
    1849 Rimane orfana di entrambi i genitori.
    1854 Si trasferisce ad Alessandria d'Egitto con lo zio paterno. Confessione e Prima
    Comunione.
    1959 Rifiuta decisamente convenienti nozze.
    È colpita gravemente al collo da un turco, perché si professa cattolica.
    1859-62 Peripezie varie: a servizio presso diverse famiglie ad Alessandria, a
    Gerusalemme, a Beirut.
    1863 A Marsiglia come serva presso la famiglia Nadjar.
    1865 Entra fra le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, a Marsiglia.
    1867 giugno. Entra nel carmelo di Pau (diocesi di Bayonne).
    27 luglio. Vestizione come corista, ma poi come conversa.
    1868 24 maggio. Episodio della trasverberazione del cuore.
    26 luglio - 4 settembre. Possessione diabolica.
    5-8 settembre. Presenza di uno «Spirito celeste».
    1870 21 agosto. Partenza per l'India.
    Fine novembre. Arrivo a Mangalore (nel Malabar).
    1871 giugno. Possessione diabolica.
    21 novembre. Professione religiosa (la prima di una carmelitana in India!).
    1872 3 agosto. Violazione (materiale) della clausura.
    settembre. Rinviata a Pau.
    1875 20 agosto. Partenza per la Palestina.
    24 settembre. In clausura provvisoria a Betlemme.
    1876 24 marzo. Posa della prima pietra del nuovo carmelo di Betlemme. Matrimonio
    spirituale.
    21 novembre. Inaugurazione del nuovo carmelo sulla collina di David.
    1878 aprile. Viaggio a Emmaus, monte Carmelo, Ibillin, Nazareth, Tabor, Betlemme.
    21 agosto. Caduta nell'orto del monastero di Betlemme, con frattura del braccio e
    successiva, inarrestabile, cancrena.
    26 agosto. Muore all'alba. Estrazione del cuore. 27 agosto. Sepoltura.
    novembre. Trasporto del cuore a Pau. 1983 19 luglio. Esumazione.
    13 novembre. Beatificazione.


    CAPITOLO I
    Nascita e primi anni di suor Maria di Gesù Crocifisso (1846-1858)
    La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5
    gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-
    ovest di Nazareth. La sua famiglia, originaria di Damasco e del monte Libano,
    professava un attaccamento inviolabile alla fede cattolica. Molte volte i genitori di
    questa bambina furono spogliati dei loro beni da parte dei persecutori della loro
    religione, gettati in prigione ed esiliati. E Dio li provava ancora ma per un altro verso.
    Giorgio Baouardy e Maria Chahyn (sono i nomi di questi due giusti) avevano visto
    morire in tenera età dodici figli, frutto del loro santo matrimonio, e il loro cuore per
    dodici volte era stato spezzato. Durante uno dei loro esili ad Ibillin, la madre ebbe
    l'ispirazione di chiedere a Dio una figlia, e suo marito, approvando questo pensiero,
    disse: Andiamo a piedi a Betlemme, per sollecitare questa grazia alla santissima
    Vergine; promettiamole, se ci esaudirà, che la chiameremo Maria e che offriremo a
    Dio una quantità di cera uguale al peso che avrà all'età di tre anni. I due sposi
    intrapresero insieme questo pellegrinaggio, arrivarono a Betlemme e scesero nella
    grotta per pregare. La santa Vergine udì la loro supplica e diede loro una figlia, la
    quale fu battezzata nella chiesa di Ibillin, secondo il rito greco-cattolico. Ricevette il
    nome di Maria. Questa bambina, ottenuta grazie all'intercessione della Madre di Dio,
    la vedremo, chiamata da Gesù, venire a Betlemme per morirvi in qualità di figlia di
    santa Teresa. Alcuni anni dopo la sua nascita, Dio accordava ancora ai suoi genitori la
    grazia di un figlio che fu chiamato Paolo.
    La piccola Maria non aveva compiuto tre anni, che già il Signore la colmava di grazie
    singolari. Tutta presa dal pensiero di Dio, la si vedeva allontanarsi dalle distrazioni
    delle creature e cercare la solitudine; sospirava come un'anima presa dalla nostalgia
    del Cielo. Il Signore non tardò a sottomettere questa bambina così piccola a prove
    molto dolorose delle quali non perse mai il ricordo. Suo padre cadde gravemente
    ammalato. Per ricompensarlo, Dio volle chiamare a sé questo fedele servitore che
    chiese e ricevette con la più viva fede gli ultimi sacramenti. Pienamente rassegnato
    alla volontà divina, consacrò a Gesù la propria vita, quella della sua donna e dei suoi
    due figli. Quando comprese che l'ultimo momento era prossimo, chiamò Maria, la
    prese per il braccio, e, morente girò il suo sguardo verso un'immagine di san Giuseppe
    dicendo: Grande Santo, eccoti la mia bambina, la santa Vergine è sua Madre, degnati
    di vegliare su di lei anche tu; sii suo Padre. «Queste parole, ci raccontava con gli occhi
    pieni di lacrime Maria, divenuta religiosa, le sento ancora, e sebbene fossi molto
    giovane, si sono impresse nel mio cuore». Dopo averle pronunciate, il padre spirò: era
    un sabato, giorno consacrato alla santa Vergine. La sua sposa non sopravvisse a lungo
    a questa perdita dolorosa: morì anche lei, un sabato. Maria poteva dire oramai con il
    Salmista: «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha preso
    sotto la sua protezione». Uno zio paterno l'accolse a casa sua, ad Ibillin e suo fratello
    fu affidato ad una zia materna la quale abitava nei pressi di quello stesso
    villaggio.
    In questa nuova famiglia, dove non le mancava niente, Maria soffriva tuttavia di
    sapersi orfana e invidiava la sorte dei suoi cugini che potevano, in tutta verità, chia-
    mare i loro genitori con i dolci nomi di papà e mamma. Per consolarla, le si ricordava
    frequentemente che la santa Vergine era la madre per eccellenza degli orfani. Così, la
    pregava sovente, dicendole con incantevole semplicità che ella era due volte sua
    Madre, poiché non ne aveva più una in terra. Ogni sabato, dall'età di cinque anni
    digiunava in suo onore non prendendo alcun nutrimento fino al pasto della sera; e
    ancora rifiutava tutti i piatti raffinati che le venivano presentati, dicendo che le
    facevano male (male all'anima, pensava), e i suoi parenti non la forzavano, perché la
    credevano malata.
    La Madre di Dio provò con un prodigio quanto apprezzasse quest'atto di morti-
    ficazione. Maria amava deporre davanti alla Sua immagine i fiori più belli e più
    profumati; aveva cura di rinnovarli spesso, in modo che fossero sempre freschi. Un
    giorno, si accorse che quei fiori avevano messo radici, che erano persino cresciuti e
    che espandevano un profumo molto soave. Presa dalla gioia e dalla riconoscenza, non
    immaginando per niente che il prodigio era dovuto alla sua mortificazione e alla sua
    innocenza, corse verso suo zio per dirglielo. Profondamente commosso da questo
    segno di predilezione della Vergine per sua nipote, questi si premurò di riunire le
    persone della sua casa, e anche alcuni vicini: tutti insieme, con una candela in mano,
    ringraziarono Gesù e la sua divina Madre. Il parroco della parrocchia era stato
    convocato prima di tutti. Temendo che il demone della vanità venisse ad impossessarsi
    dell'anima della piccola Maria, quest'uomo di Dio le rivolse rimproveri severissimi
    dichiarandole che solo i suoi peccati avevano potuto far accadere un avvenimento così
    singolare. Si vide subito quest'angelo, più notevole per la sua umiltà che per la sua
    innocenza, cadere in ginocchio incrociando le mani e chiedere perdono, con la grande
    ammirazione di tutti i presenti.
    Le creature, che sono spesso per tanti altri un diaframma, che nasconde loro Dio,
    quando non divengono una pietra d'inciampo, non erano, per Maria, che un chiaro
    specchio che le mostrava il suo Creatore, e una scala i cui gradini la avvicinavano al
    Cielo. Si sarebbe detto che non fosse stata toccata dal peccato originale.
    Essendosi accorta, nel suo amore per la pulizia, che degli uccelli, che le erano stati
    regalati per distrarla, non si lavavano mai, volle render loro questo servizio.
    Essi morirono tutti. Desolata, andò a seppellirli in fondo al giardino. Mentre stava
    facendo questo lavoro, sentì una voce dirle: È così che tutto passa! se vuoi darmi il tuo
    cuore, io vi resterò sempre. Queste parole si impressero nella sua anima e furono in
    seguito quelle che amava ripetere di più.
    Non ci si stupisce se da quel giorno Maria non provò che disgusto per tutte le vanità
    del mondo. Occuparsi della sua toeletta per lei era come un supplizio. Diceva fra sé
    con tristezza, considerando i suoi ricchi vestiti: «Perché coprire così un corpo che deve
    diventare il cibo dei vermi?» Il pensiero della morte non la lasciava mai. Il suo gioco
    preferito consisteva nello scavare con le mani una fossa, dove poi si stendeva, col
    rischio di sporcare il suo vestito bianco, ciò che le attirava i rimproveri della sua
    governante negra.
    Il desiderio di sofferenza si svegliò in lei all'età di sei anni. Nuova Teresa, avrebbe
    voluto morire martire per andare più presto in Cielo. Obbligata più tardi, per ob-
    bedienza, a dire tutto quello che la riguardasse, confessava ingenuamente che aveva
    pensato di gettarsi dalla finestra, allo scopo di arrivare più velocemente nell'eternità:
    «Non sapevo, aggiunse, che il buon Dio lo proibisce».
    Aveva creduto di comprendere che Nostro Signore esaudisce, la notte di Natale, tutto
    ciò che gli si chiede. Pertanto, in quella notte si nascose nel giardino, chiedendo
    incessantemente molte grazie: in special modo quella di morire per la fede.
    Una virtù così rara doveva necessariamente distinguerla dai bambini della sua età,
    come l'episodio seguente sembra provare. Un eremita, sconosciuto e che non si rivide
    mai dopo, aveva ricevuto ospitalità presso la sua famiglia. Prima che partisse, gli
    furono presentati i bambini perché li benedicesse; alla vista della piccola Maria fu
    colto da una emozione indefinibile, le prese le mani, le strinse fra le sue, e dopo un
    momento di silenzio, disse a suo zio: Vi scongiuro, prendetevi una cura tutta
    particolare di questa bambina, e senza altre spiegazioni, uscì.
    Dio stesso mostrava con prodigi quanto quella creatura fosse gradita al suo cuore.
    Rimasta, un giorno, sola nella sua camera, dove la cameriera negra le aveva appena
    servito un piatto di crema, Maria, come al solito, mentre consumava il suo pasto aveva
    il pensiero rivolto a Dio. Diceva tra se e se piangendo: «Ah! se fossi morta come i
    miei piccoli fratelli, sarei in Cielo, invece andrò forse all'inferno». Mentre era immersa
    in questi pensieri, un enorme serpente, attirato dall'odore del latte, salì sul tavolo: «Ero
    molto piccola, raccontava, ma nello stesso tempo così assorta nelle mie riflessioni, che
    non provai il minimo spavento. Considerando quella bestia una creatura del buon Dio,
    presi la sua testa con le mani e l'affondai nel mio piatto di crema senza che la bestia mi
    facesse alcun male». La vista del serpente fece emettere un grido di spavento alla
    cameriera, ritornata nel frattempo. Tutti accorsero, mentre il serpente fuggì. Solo la
    bambina, tranquilla, non poté spiegarsi lo sgomento dei suoi. Dio permise così che il
    serpente, simbolo della nostra rovina, diventasse innocuo davanti alla sua innocenza.
    Un altro fatto ci proverà come il Signore, grazie a questa bambina, salvò la vita a tutta
    la sua famiglia. Lasciamo che parli lei stessa. «Durante il sonno, raccontava, mi
    sembrò di vedere entrare in casa di mio zio un uomo che gli aveva venduto un pesce;
    mi fu detto che quel pesce era avvelenato e che tutti quelli che ne avessero mangiato,
    sarebbero morti avvelenati. Immaginate il mio stupore, quando, 1' indomani mattina,
    scorgo quello stesso uomo che portava un pesce assolutamente somigliante a quello
    del sogno. Raccontai tutto a mio zio, che non tenne alcun conto di questa fantasia di
    bambina, e comprò il pesce dando ordine di prepararlo. Raddoppiai le suppliche,
    chiedendo con le lacrime agli occhi di essere la prima ad assaggiarlo e sperando così
    di salvare i miei parenti. Mio zio finì per cedere. Fece esaminare il pesce con cura, e
    ne fu chiaramente constatato l'avvelenamento. In fondo al mio cuore, benedico Dio per
    avere rivelato ad un piccolo nulla come me, il modo di preservare la mia famiglia da
    morte sicura».
    Maria aveva otto anni. Da più di un anno, si confessava tutte le settimane ma la sua
    felicità non era completa: Desiderava l'Eucarestia e non cessava di attendere l'ora
    benedetta in cui avrebbe ricevuto il suo Gesù. Provando una santa invidia per le anime
    che andavano a ricevere il buon Dio, le seguiva con gli occhi e con il cuore e diceva
    con tristezza: «Quando ti incontrerò, o mio Gesù? Quando potrò introdurti nel mio
    cuore? Ah! non ho che otto anni e non ci si comunica per la prima volta che a
    dodici anni. Quattro anni di attesa! sono troppi! Affretta, affretta quest'ora, Gesù!
    Scendi presto nella mia anima».
    Ogni sabato, dopo la confessione, domandava al sacerdote la grazia della comunione,
    e ogni volta questi le rispondeva invariabilmente: Lo permetto, mia piccola bambina,
    ma un po' più tardi. Questa risposta non la soddisfaceva molto, ma le lasciava una
    speranza. Egli ha detto che sarà un po' più tardi, si ripeteva, forse sarà sabato
    prossimo. Durante una settimana in cui aveva più speranza di essere esaudita, si
    preparò a questo grande atto con doppio fervore. Separata il più possibile dai suoi
    cugini, si dedicò alla preghiera e al digiuno; tutta la notte del venerdì la consacrò
    all'orazione. Meglio vestita del solito, si recò in chiesa, l'indomani mattina, per
    confessarsi; come sempre, rifece la sua richiesta per la comunione, mentre il cuore le
    batteva molto forte, il sacerdote le disse: Lo permetto e dimenticò di aggiungere: ma
    un po' più tardi. Venuto il momento dalla gioia corse alla sacra Mensa, e, senza essere
    vista dalla sua domestica negra, prostrata, ricevette il suo Gesù sotto forma di un
    bambino. Solo gli angeli potrebbero spiegarci il primo abbraccio del Salvatore e di
    quest'anima. Maria era molto felice, ma occorreva che quella felicità potesse
    continuare. Il sabato seguente, domandò al suo confessore di potersi ancora
    comunicare. Il sacerdote, stupito, le disse in tono severo: L'hai già fatto? «Sì, Padre
    mio», rispose la candida bambina. E chi te lo ha permesso? «Lo ha fatto lei stesso,
    Padre mio, sabato scorso. Le ho chiesto questa grazia, come al solito, e lei mi ha
    risposto: Lo permetto, mia bambina, senza aggiungere come le altre volte: Ma un po'
    più tardi. Io, dunque, ho creduto che me lo permettesse. Per favore, Padre mio, ora che
    ho ricevuto e gustato Gesù, non me ne privi più, mi lasci comunicare». Commosso da
    un simile linguaggio da parte di una bambina così favorita da Dio, il sacerdote le
    concesse la comunione ogni sabato, raccomandandole tuttavia di non rivelarlo a
    nessuno, neanche ai suoi parenti, che avrebbero potuto scandalizzarsi. Lei custodi
    fedelmente il suo segreto. Quando il tempo ordinario della prima comunione arrivò,
    Maria si lasciò festeggiare come gli altri bambini della sua età.
    Suo zio, a quell'epoca, stava per stabilirsi definitivamente ad Alessandria con tutta la
    sua famiglia.



    CAPITOLO II
    Maria rifiuta di sposarsi - Persecuzioni - Martirio
    Guarigione miracolosa - Visita ai Luoghi Santi - Lavoro come domestica
    Quando Maria compì tredici anni, suo zio la fidanzò a un suo parente, ma la fanciulla
    aveva già da tempo promesso a Dio la sua verginità, e quando le si disse che il
    matrimonio stava per rapire quel suo fiore angelico, dichiarò con tutte le sue forze che
    voleva rimanere vergine. Prostrata a terra per tutta la notte, versando un torrente di
    lacrime, scongiurava la sua Mamma del Cielo di soccorrerla. Tutto ad un tratto, udì
    una voce che le disse: Maria, io sono sempre con te: segui l'ispirazione che ti dò, io ti
    aiuterò. Allora Maria si alzò piena di coraggio e tagliò i suoi lunghi capelli. Il velo,
    che soleva portare, nascose questo gesto ai suoi parenti. Una grande cena fu
    organizzata in occasione delle nozze che dovevano celebrarsi prossimamente; era
    d'uso in questa circostanza che la fidanzata, ornata dei suoi gioielli, offrisse il caffè
    agli invitati. Al posto del caffè Maria offrì allo zio, in un grande vassoio, i suoi capelli
    ornati di gioielli. Lo zio furioso la schiaffeggiò; tutti gli invitati non vedendo
    in questo gesto che un fervore passeggero, l'esortarono a mostrarsi docile alla volontà
    dei suoi parenti: ella rimase inflessibile.
    Invano lo zio la confinò fra gli ultimi domestici della casa, e ordinò di maltrattarla;
    invano la tenne lontana dalla chiesa e dai sacramenti: l'eroica fanciulla resisté a tutto, e
    soffrì con gioia per il suo Gesù. «Trattata, ci raccontava, come l'ultima delle
    domestiche, sia nel vestire, che nel nutrimento; totalmente separata dai miei, occupata
    in lavori ai quali non ero mai stata abituata, privata della Messa e dei sacramenti,
    biasimata perfino dal mio confessore, che considerava la mia decisione solo
    testardaggine; abbandonata da tutti, condannata da tutti, la mia anima sovrabbondava
    di gioia; il mio coraggio cresceva in misura delle dure prove, perché mi dicevo che le
    mie sofferenze non erano minimamente paragonabili a quelle di Gesù. Mi sembrava
    che un uccellino cantasse sempre nel mio cuore».
    Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di rivedere suo fratello la spinse a
    scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece scrivere la lettera e la portò ad un Turco,
    antico domestico dello zio, il quale abitava poco lontano dalla casa e doveva recarsi
    nel paese di Paolo. Conoscendo bene la madre e la moglie di quest'uomo, Maria non
    temette di andare a trovarlo da sola. Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla
    avrebbe voluto andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro
    cena, ed ella accettò solo per fare loro piacere. Era quasi notte. Naturalmente, si parlò
    della situazione ingiusta e crudele che Maria subiva a causa dello zio. Il Turco biasimò
    questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò presto a biasimare anche
    la religione cristiana. Maria, le disse con calore, perché restare fedele ad una religione
    che ispira simili sentimenti? Abbraccia la nostra. «Mai, gridò Maria con un'energia
    sovrumana; io sono figlia della Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la
    grazia di Dio, di perseverare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il
    Turco ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a
    terra, e impugnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e dalla
    moglie, il barbaro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala fuori, la gettò,
    favorito dalle tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7 settembre 1858.
    Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua anima fu rapita: «Mi
    sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa Vergine, gli angeli e i santi
    che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo anche i miei genitori in mezzo a
    loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa Trinità, e Gesù Cristo nostro Signore
    nella sua umanità. Non vi erano né sole, né lampade, eppure tutto brillava di un
    chiarore indescrivibile. Gioivo di tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto,
    qualcuno venne da me per dirmi: Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora
    finito. Aveva appena finito di parlare, che la visione scomparve, e io rinvenni. Mi
    trovai, trasportata senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria.
    Coricata su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità
    di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire. Sempre
    accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più grande affetto. Era vestita di
    un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il velo era dello stesso colore. Ho
    visto da allora molti vestiti religiosi diversi, ma nessuno che assomigliasse al suo.
    Quanto tempo trascorsi in quel luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi
    rimasta circa un mese. Non mangiai nulla durante quel periodo, a rari intervalli, la
    [Modificato da MARIOCAPALBO 08/04/2013 21:24]
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:28
    religiosa si limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi
    faceva dormire quasi continuamente.
    L'ultimo giorno, questa religiosa mi servì una zuppa così buona, come non ne ho mai
    più mangiato. Terminata la porzione, gliene chiesi una seconda. Allora la religiosa,
    rompendo il silenzio, mi disse: Maria, è abbastanza per il momento; più tardi te la darò
    di nuovo. Ricordati di non essere come quelle persone che credono ' Maria non poteva
    rifiutare l'invito, essendo un rifiuto di tal genere contrario alle usanze della civiltà
    orientale.
    Facciamo osservare a questo punto che Maria ha sempre chiamato l'estasi un sonno.
    di non avere mai abbastanza. Dici sempre: è abbastanza, e il buon Dio, che vede tutto,
    veglierà su tutti i tuoi bisogni. Sii sempre contenta, malgrado tutto ciò che dovrai
    soffrire, e Dio, che è così buono, ti farà avere il necessario. Non ascoltare mai il
    demonio, diffida sempre di lui, poiché è troppo furbo. Quando chiederai qualche cosa
    a Dio, non te la darà sempre subito, allo scopo di metterti alla prova e di vedere se lo
    ami ugualmente; e poi, un po' più tardi, te l'accorderà, basta che tu sia sempre contenta
    e che lo ami. Maria, Maria, non dimenticare mai le grazie che il Signore ti ha fatto.
    Allorquando ti capiterà qualcosa di spiacevole, pensa che è Dio che lo vuole. Sii
    sempre piena di carità verso il prossimo; dovrai amarlo più di te stessa.
    Non rivedrai mai più la tua famiglia; andrai in Francia, dove ti farai religiosa; sarai
    figlia di san Giuseppe prima di diventare figlia di santa Teresa. Prenderai l'abito del
    Carmelo in una casa, farai la professione in una seconda, e morirai in urta terza, a
    Betlemme.
    1 tuoi parenti ti cercheranno; tu stessa sarai tentata di farti riconoscere. Guardatene
    bene, perché altrimenti non avrai più la tua zuppa.
    Soffrirai molto durante la tua vita, sarai un segno di contraddizione.
    Sì, ci diceva Maria sul battello che la trasportava a Betlemme con le sue compagne, la
    religiosa che mi aveva curato dopo il mio martirio e che, adesso so essere la santissima
    Vergine, mi aveva predetto tutto quello che mi è accaduto fino ad oggi. Un solo punto
    non si è realizzato; mi aveva assicurato che sarei morta tre anni dopo la mia
    professione. I tre anni sono trascorsi, ed eccomi ancora, ahimè! in questo esilio».
    Il lettore immagina senza dubbio che la vita di questa suora è stata misericor-
    diosamente prolungata, come vedremo in seguito.
    Maria era guarita, ma la traccia della profonda ferita rimase sempre visibile sul collo,
    così come testimoni degni di fede poterono osservare alla sua morte, sopraggiunta
    venti anni dopo. La cicatrice misurava circa dieci centimetri di lunghezza e un
    centimetro di larghezza. La pelle era completamente bianca e più delicata che nelle
    parti circostanti.
    La religiosa condusse allora Maria in una chiesa di Alessandria per farla confessare:
    «Attendimi, le disse la bambina; per carità, non mi abbandonare». Ella sorrise senza
    rispondere. «La mia confessione durò poco, ci raccontava Maria. Non avevo niente
    che mi pesasse sulla coscienza. Come avrei mai potuto commettere peccati in
    compagnia di una religiosa così santa? Dopo la confessione, corsi nel posto dove
    l'avevo lasciata, ma non la trovai. Uscì per cercarla, tuttavia i miei occhi non la videro
    da nessuna parte; ma il suo viso e le sue parole sono sempre rimaste impresse nella
    mia anima. Ero sola sulla terra, sola, come una goccia d'acqua. Il mio cuore non resisté
    più e scoppiai in singhiozzi. Il confessore venne per chiedermi la causa delle mie
    lacrime. Presa dal mio grande dolore, non potei che rispondergli: Se n'è andata, e mi
    ha lasciata. Chi ti ha lasciata? La religiosa che mi ha accompagnato qui. Ma da dove
    vieni? Chi sei? Mi ha proibito di dirlo. Ahimè, bambina mia, mi disse il sacerdote
    sospirando, non sei la sola infelice. Conosco in questa città una famiglia immersa nella
    più grande desolazione. Questa famiglia aveva accolto una nipote, chiamata Maria, e
    l'aveva trattata come una figlia. Era stata offerta a questa fanciulla una proposta di
    matrimonio onorevole; il giorno delle nozze era fissato, fra la grande gioia di tutti,
    quando la fidanzata scomparve. Era uscita sul far della notte e non è più tornata. Tutte
    le ricerche per rintracciarla si sono rivelate infruttuose. Si teme una seduzione
    d'amore. La famiglia ha appena lasciato Alessandria, per nascondere tale vergogna».
    Più il sacerdote parlava, più mi rendevo conto che la fanciulla di cui parlava, ero io.
    Mi accontentai di rispondere, dopo avere implorato l'aiuto della santa Vergine per non
    tradire il mio segreto: «La persona di cui parla non mi è del tutto sconosciuta; ma ho
    promesso di non rivelare mai il luogo dove si rifugia. Debbo ciò nonostante dirle che
    Maria non è stata sedotta: è consacrata a Dio». Bambina mia, gridò il sacerdote, dimmi
    dov'è Maria. Ti dico che non sei per niente tenuta a custodire questo segreto. Tu mi
    sembri molto povera, sii sicura che, se acconsentirai a parlare, sarai largamente
    ricompensata. «Sono povera, è vero, e per di più, orfana, ma il buon Dio non mi ha
    lasciato mai mancare il necessario. Non desidero le ricchezze terrene; i beni del Cielo
    mi bastano. Quanto a rivelare il segreto, non lo farò mai; Dio e la santa Vergine mi
    punirebbero». Il sacerdote parlò di Maria a un vescovo arabo di passaggio ad
    Alessandria. Maria raccontò a questo vescovo tutta la storia sotto il sigillo del segreto
    confessionale. Questi l'ascoltò con il più vivo interesse, la vesti in maniera
    conveniente, fece fare il suo ritratto e la portò in pellegrinaggio a Gerusalemme.
    Terminato il pellegrinaggio, il vescovo propose a Maria di condurla a Roma,
    promettendole di farla entrare in qualche casa religiosa. Il desiderio di rivedere suo
    fratello fu la causa per la quale rifiutò una proposta che tanto le sorrideva, e s'imbarcò
    per San Giovanni d'Acri. Ma avendo una tempesta furiosa impedito al battello
    d'arrivare a destinazione, la giovane fu costretta a ritornare ad Alessandria.
    Per non essere riconosciuta, Maria prese allora un altro vestito e si fece domestica.
    Cambiava spesso casa, appena i suoi padroni le mostravano più stima. Le case dove
    aveva sofferto di più erano quelle in cui rimaneva più a lungo. Le accadde di entrare al
    servizio di un parente che non la conosceva. Ella se ne accorse dai primi giorni; i suoi
    padroni non ebbero mai il minimo sospetto a riguardo. Come avrebbero potuto
    riconoscere la loro cugina in quella povera ragazza vestita alla maniera turca? La si
    incaricò della cucina e della cura dei bambini. Questi le si affezionarono ben presto, in
    maniera tale che l'impegno della cucina le fu tolto perché potesse dedicare loro tutto il
    suo tempo. Il cuore di Maria ne era a volte consolato a volte addolorato; consolato dal
    fatto di poter curare i suoi cuginetti, addolorato per il fatto che non poteva rivelare loro
    il suo vero nome. Ogni giorno, udiva raccontare la storia della sua scomparsa. 1 suoi
    parenti, che si credevano disonorati a causa sua, non cessavano di lanciare su di lei
    ogni specie di maledizione. «Mai, ci diceva Maria, ho tanto sofferto. Provavo il più
    vivo affetto per quella famiglia, e non potevo rivelare il mio nome. I discorsi che
    udivo ferivano il mio animo ma dovevo tacere, per paura di dare l'allarme. Quanto mi
    è costato quel silenzio! Lo confesso per mia confusione, ero spinta alla confessione,
    mille volte fui tentata di farmi riconoscere. Pregavo la santa Vergine di sostenermi. Un
    giorno, durante il pasto, vedendo che la desolazione dei miei parenti era diventata
    più grande, scoppiai in lacrime. Stupiti di vedermi piangere (era la prima volta che mi
    capitava davanti a loro), mi chiesero la causa del mio dispiacere, poiché mi volevano
    molto bene. Ero sul punto di soccombere e di gridare, gettandomi nelle loro braccia:
    Sono Maria. La santa Vergine m'assistette in maniera visibile. Mi accontentai di
    rispondere: Piango al vedervi piangere. E siccome era stata letta a tavola una lettera
    che annunziava il prossimo arrivo di una mia zia che di certo mi avrebbe riconosciuto,
    li avvertii che dovevo lasciarli il giorno stesso. Malgrado le loro suppliche e le loro
    lacrime, raccolsi in fretta ciò che mi apparteneva, ed uscii coperta dal mio grande velo.
    Incrociai davanti alla porta questa zia, e la sentii che diceva a mio cugino: Chi è questa
    ragazza? Una spada ha trapassato la mia anima passando vicino a lei. Avrei voluto
    parlarle. Affrettai il passo e corsi a nascondermi da una mendicante. Dio permise che
    non sapessero trovarmi. Questo martirio durò tre mesi».
    Maria fece per la seconda volta il pellegrinaggio in Terra Santa. Il Signore le inviò,
    durante questo viaggio, un essere soprannaturale sotto sembianza umana per
    accompagnarla e proteggerla. Questi, che ella non vide mai mangiare, le predisse
    come la religiosa tutto quello che le sarebbe successo fino alla morte, e le assicurò che
    sarebbe ritornata per morire a Betlemme. Un sacerdote che la conosceva, la sistemò in
    una eccellente famiglia di Gerusalemme. Durante il tempo che vi era a servizio, un
    bambino di diciotto mesi cadde dall'alto di una terrazza, sotto gli occhi della madre e
    di Maria. Lo si credette morto. Maria corse a rialzarlo, implorando su di lui la potente
    protezione della Vergine. Quando lo rimise nelle braccia della madre, questa si accorse
    che aveva solo una leggera contusione, e attribuì questa preservazione miracolosa alla
    santità della domestica. Ce n'era abbastanza per fare fuggire l'umile Maria. Riprese
    dunque il cammino per Giaffa, senza ascoltare le suppliche della sua padrona.
    Appena uscita da Gerusalemme, vide due uomini che la seguivano. La fermarono: era
    accusata d'aver rubato alla sua padrona un diamante di grande valore. Trascinata con
    ignominia attraverso le vie della città santa, gettata in una prigione infetta in mezzo a
    molte donne di malaffare, ringraziò Gesù di umiliarla così come lui era stato umiliato
    nella sua Passione. Ma il Signore non tardò a prendere le sue difese. Due giorni dopo,
    la cameriera negra autrice del furto, che aveva accusato Maria, divenne folle, e nel suo
    delirio, confessò la sua colpa. Fu così che Maria venne provvidenzialmente
    riconosciuta innocente e rimessa in libertà.
    Si imbarcò di nuovo per San Giovanni d'Acri, allo scopo di rivedere il fratello. Ancora
    una volta, una spaventosa tempesta costrinse il battello a spingersi a Beirut. Maria
    sembrava avere dimenticato le parole della religiosa che le aveva predetto che non
    avrebbe mai più rivisto il fratello; ma Dio si serviva di questi tentativi per compiere i
    suoi progetti. A Beirut, Maria entrò al servizio della famiglia Attala. Dopo sei mesi,
    divenne completamente cieca. La cecità durava da quaranta giorni, quando fece
    ricorso alla santa Vergine: «Vedi, Madre mia, disse Maria, quanta pena si prendono
    per me. Mi si cura come se fossi una figlia di casa, ma in conclusione, sono solo un
    carico per questa famiglia. Ah! se piacesse a te e al tuo divin Figlio di restituirmi la
    vista!». Quando concluse la preghiera, sentì qualcosa caderle dagli occhi e recuperò
    subito la vista, con grande stupore dei medici, i quali, tutti, avevano dichiarato il suo
    male incurabile. Cadendo, poco tempo dopo, dall'alto di una terrazza, tutto il suo corpo
    fu orribilmente martoriato. La signora Attala, la quale aveva constatato con
    ammirazione che un profumo delizioso emanava da tutta la sua persona, la curava
    da un mese come se fosse stata sua figlia, ma senza constatare miglioramenti del suo
    stato. La santissima Vergine apparve a Maria durante la notte: «Madre mia, gridò
    subito la fanciulla, per carità, prendimi con te». Maria, rispose la Vergine, non posso
    prenderti con me, perché il tuo libro non è ancora finito. Ti raccomando nel frattempo
    tre cose: un'ubbidienza cieca, una carità perfetta e un'immensa fiducia in Dio, senza
    alcuna preoccupazione per il domani o per tutto quello che può capitarti. La presenza
    della Madre di Dio aveva riempito la casa di una luce così abbagliante e di un profumo
    così soave che tutti accorsero al capezzale della malata e la trovarono guarita. Chiese
    di mangiare, lei che non aveva assunto alcuna sostanza dopo l'incidente. Tuttavia
    rimase ancora molto debole, ma questa debolezza, che la santissima Vergine le aveva
    lasciato come ricordo del suo stato disperato, scomparve presto. La notizia di questo
    miracolo si diffuse in tutto il paese, e se ne parlò a lungo con ammirazione.
    Prima di proseguire il nostro racconto e di narrare come Maria arrivò in Francia,
    raccogliamo ancora alcuni fatti meravigliosi che riguardano quel periodo della sua
    vita.
    Un giorno, nostro Signore la inviò da una signora per dirle di disfarsi di un vestito da
    ballo che le costava mille franchi. Avendo la signora messo in ridicolo questa
    comunicazione, Maria, spinta da una forte ispirazione, le disse: «Eh! sì, Signora, vi
    annuncio che la prossima volta che indosserete quest'abito morirete voi e il vostro
    bambino, bruciati».
    Accadde proprio come Maria aveva predetto: il fuoco si attaccò al vestito della donna,
    poi all'appartamento dove abitava, infine fu bruciata lei ed anche il suo bambino che
    dormiva nella culla.
    Un'altra volta, ad Alessandria, mentre Maria era sistemata presso una ricca signora,
    sentì raccontare della squallida, estrema miseria di una famiglia i cui membri erano
    malati e che nessuno aiutava. Subito, la generosa fanciulla chiese di potersi congedare.
    La donna, molto urtata, la seguì fino alle scale e la colpì di bastonate con una tale
    violenza, che Maria ne soffrì a lungo. Senza provare risentimento per questa violenza,
    Maria corse a stabilirsi nella sudicia camera occupata dalla povera famiglia. Il padre,
    la madre e i bambini giacevano nei letti infetti, che dovette rinnovare. Notte e giorno,
    curò quegli infermi sfortunati con grande carità. Arrivò persino a mendicare per
    nutrirli e per vestirli. Infine, dopo quaranta giorni di questa eroica dedizione, ebbe la
    consolazione di vedere tutti i membri della famiglia completamente ristabiliti.
    Durante uno dei suoi viaggi, Maria incontrò una fanciulla, chiamata Rosalia, che
    aveva furtivamente lasciato la sua ricca famiglia per rimanere vergine e vivere povera
    per Gesù Cristo. Benché non si fossero mai viste prima d'allora, Maria e Rosalia si
    chiamarono per nome, e trascorsero una notte deliziosa a parlare di Gesù, il loro unico
    amore. Si raccontarono tutta la loro vita, promettendosi mutuamente di custodire il
    segreto, per non essere scoperte e poter conservare il tesoro della verginità.
    Fu nello stesso periodo che nostro Signore chiese a Maria di digiunare per un anno
    intero a pane ed acqua. La giovane non poteva decidersi a ciò finché non avesse
    ottenuto il permesso del suo confessore, perché molto debole e obbligata a lavorare per
    guadagnarsi da vivere. Alcuni giorni passarono in queste esitazioni. Allo scopo di
    vincere la sua resistenza, Dio permise che il suo stomaco non ritenesse alcun
    nutrimento; fece allora un tentativo di digiuno forzato, e siccome non trovò alcun
    ostacolo nel farlo, si decise a sottomettere il caso a un venerabile sacerdote, che
    l'autorizzò a proseguire la sua penitenza. Così fece, durante tutto il corso dell'anno, e la
    sua salute si mantenne florida.
    Ascoltiamo ancora la serva di Dio riferire ciò che segue:
    «Per mostrarvi la mia ignoranza vi racconto di orribili pensieri che mi assalirono,
    durante uno dei miei viaggi per mare. Mi credevo colpevole di tutti questi pensieri,
    considerandoli veri crimini. Così quando sbarcai, il mio primo pensiero fu di correre
    presso un confessore. Mi accusai, come se davvero avessi commesso tutti i peccati il
    cui pensiero si era presentato mio malgrado nel mio spirito. Il sacerdote mi fece una
    lunga e pressante esortazione per incitarmi al pentimento. Prima di assolvermi, mi
    chiese di promettere a Dio di correggermi. Gli risposi: Padre mio, mi è impossibile
    prometterglielo; volevo dire che non dipendeva da me il non avere più di questi
    pensieri. Convinto a causa della mia risposta, non solo dei miei crimini, ma anche
    della mia ostinazione, il ministro di Dio mi rimandò senza assolvermi, dopo avermi
    fatto le più terribili minacce. Io non sapevo più cosa fare; ero quasi disperata. Come
    sempre, implorai allora la mia buona Madre del Cielo. Sentii una voce dirmi: Va in
    tale via, entra in tale casa, sarai illuminata e consolata. Mi alzai, e arrivai nel luogo
    indicatomi. Bussai, e una voce dolce come se venisse dal Cielo, mi rispose: Entra. lo
    entrai, e mi trovai davanti una donna che mi disse: avvicinati, Maria. Sei
    inconsolabile, ma ti sbagli, poiché tu non sei colpevole. Maria, avere i più orribili
    pensieri non è peccato; il peccato non esiste fino a quando l'anima non vi acconsente.
    Tu ti sei dunque espressa male. Và di nuovo da quel confessore, e digli le cose nel
    modo che ti dirò adesso. Passai la notte con quella persona che mi conosceva molto
    bene e parlammo tutto il tempo di Gesù e del Cielo. L'indomani, di buon mattino, ero
    già ai piedi dello stesso sacerdote. Gli spiegai le cose così come la persona sconosciuta
    mi aveva insegnato a fare, e il confessore, invece di rimproverarmi, mi incoraggiò.
    Ascoltate ancora cosa mi è successo quand'ero in mare e ammirate la potenza della
    fede, persino in una peccatrice. Una tempesta furiosa si era levata; dopo inutili sforzi
    per resistere ai venti e ai flutti, il capitano aveva dichiarato che tutte le speranze erano
    perdute. I passeggeri si gettarono nelle barche di salvataggio, in mezzo ad una
    confusione indescrivibile. Il capitano li contò, mancava all'appello una persona. Scese
    subito nelle cabine, e arrivò alla mia. Ero coricata e dormivo profondamente. Mi
    svegliò gridando: Alzati, vestiti, e sali su di una barca, siamo perduti. Mi vestii alla
    meglio e salii sul ponte. Mi sentii ispirata a pregare, dopo avere rimproverato a tutti la
    loro mancanza di fede. In ginocchio con gli occhi rivolti al cielo, dissi, stendendo le
    braccia: Signore Gesù, tu che sei potente, calma il mare. O potenza della fede! Lo
    credereste? La tempesta cessò, le onde si calmarono, e noi fummo salvi. Ecco ciò che
    Dio ha fatto attraverso una peccatrice come me, con un solo grido di fede. Ah! se noi
    avessimo la fede, una grande fede, otterremmo tutto da Dio».
    Chissà quanti altri simili episodi la sua umiltà ha dovuto farle tacere. Quelli che noi
    abbiamo citato basteranno a convincere il lettore dell'ammirevole virtù di Maria.


    CAPITOLO III
    Maria arriva in Francia. Entra nell'Istituto delle Suore di San Giuseppe
    dell'Apparizione. È rimandata al momento della vestizione religiosa (1863-1867)
    Nel periodo in cui Maria si trovava a Beirut, fece scrivere al fratello di venire a
    cercarla. Questa lettera riempì di gioia i suoi parenti. Suo zio partì con il primo battello
    per andare a prenderla. Ma il Signore, il quale voleva che la profezia di sua Madre si
    avverasse, aveva fatto in modo che una famiglia di Beirut proponesse a Maria,
    nell'intervallo, di entrare al servizio di una delle sue figlie, sposata a Marsiglia. Maria
    aveva accettato, ripensando alle parole della religiosa che l'aveva curata dopo il suo
    martirio, la quale le aveva predetto l'andata in Francia. Si era appena imbarcata con il
    padre della futura padrona, la Signora Naggiar, quando suo zio arrivò a Beirut. Non
    trovandola più, credette, malgrado tutte le spiegazioni contrarie, che lo avesse preso in
    giro, e rientrò nel suo paese maledicendola.
    Arrivata a Marsiglia nel mese di maggio del 1863, la sua nuova padrona la incaricò di
    occuparsi della cucina. La signora Naggiar si ritenne obbligata, a causa della sua
    giovinezza, di sorvegliarla molto da vicino. Maria non poteva assistere più alla messa
    tutti i giorni, e non le era neanche possibile confessarsi e comunicarsi spesso come in
    passato. Questa privazione la gettò in una profonda tristezza. Riuscì a trovare un altro
    posto dove il suo desiderio per la vita di pietà avrebbe sofferto meno ostacoli. Ma i
    suoi padroni, che avevano avuto già modo di apprezzare le sue rare qualità, la
    scongiurarono di rimanere, promettendole che avrebbe potuto soddisfare la sua
    devozione. Maria acconsentì.
    Libera ormai di seguire la sua attrattiva; quante volte, alzandosi a mezzanotte, attese in
    ginocchio, alla porta della chiesa che la casa di Dio fosse aperta! Pregava, e le ore
    scorrevano senza che se ne accorgesse. Spesso saliva sulla montagna che dominava
    Marsiglia, per venerare Nostra Signora della Guardia e ne scendeva prima che fosse
    giorno, dopo avere ascoltato la messa e fatto la santa Comunione. Recandosi in chiesa
    prima dell'alba ogni mattina, aveva notato di essere seguita da un personaggio
    misterioso, il quale teneva un bambino per mano. Sorpresa da tale assiduità a quell'ora
    insolita, Maria finì per chiedergli, con la franchezza che la caratterizzava: «Signore,
    se, seguendomi in questo modo, ha l'intenzione di farmi qualche proposta di
    matrimonio, perde il suo tempo e la sua fatica: sono consacrata a Dio». Maria, le
    rispose lo sconosciuto, che non le rivelò mai il suo nome, so che sei consacrata a Dio,
    io ti seguirò sempre, fino a quando non diventerai religiosa. Ci allontaneremmo molto
    dalla verità, se affermassimo che quel personaggio misterioso doveva essere un
    messaggero celeste, incaricato di vegliare in maniera speciale su quell'anima?
    Comunque sia, Maria continuò le sue devozioni. II suo lavoro tuttavia non ne soffriva
    più; poiché non solo assolveva il suo compito, ma qualche volta faceva anche il lavoro
    degli altri servi.
    Qui si colloca un episodio toccante che ella stessa ci ha raccontato: «I miei padroni, ci
    diceva, erano molto buoni con me e mi dimostravano completa fiducia. In una
    circostanza, mi avevano incaricato di pagare i fornitori della casa. Ecco ciò che mi
    capitò. Avevo appena saldato tutti i conti e quando scesi in cucina mi accorsi che
    vicino a me c'era una donna il cui aspetto denotava la più profonda miseria: vederla mi
    sorprese, poiché avevo chiuso la porta e non avevo sentito nessuno aprirla di nuovo. Il
    mio stupore non fece che aumentare, quando la sconosciuta mi chiamò per nome:
    Maria, mi disse, con una voce molto dolce, fammi la carità, te ne scongiuro, ho molti
    bambini che muoiono di fame. Signora, le risposi con viva emozione, non posso darle
    niente di ciò che appartiene ai miei padroni. Ho cinquanta franchi, sono i miei
    guadagni; li prenda, per vestire e per nutrire i suoi bambini. E tu, Maria, che
    avrai dopo? non ti resterà nulla! Non si preoccupi, signora, non ho mai conservato del
    denaro, e Dio non mi ha mai lasciato mancare niente: accetti tutto dunque. Ella prese
    l'intera somma, ringraziandomi con slancio. Un istante dopo, mi girai e la donna era
    scomparsa, senza che la porta fosse stata aperta, e ritrovai sul tavolo i cinquanta
    franchi. Temendo d'avere trattenuto questo denaro sul conto di qualche fornitore, corsi
    per accertarmene: tutti i conti erano stati pagati. Certa allora che quella somma era la
    mia, la donai al primo povero che incontrai. Seppi più tardi che la sconosciuta era la
    santissima Vergine, che si era degnata di provare così la generosità della sua piccola
    serva».
    Le grazie straordinarie si moltiplicavano e crescevano a misura della sua fedeltà. Ebbe
    una prima estasi, che durò due ore; non vi si attribuì una grande importanza. Quattro
    mesi dopo, ne ebbe una seconda, nella chiesa dei Greci-Melchiti, che fece più clamore.
    Essendosi presentata in estasi alla sacra Mensa, esclamò, al momento della
    comunione: «Padre mio, tu mi doni un bambino», e cadde come morta. Fu impossibile
    farla rinvenire da quello stato; la si trasportò a casa dei suoi padroni. Furono chiamati
    molti medici che le praticarono inutilmente i più forti rimedi per farla svegliare da quel
    sonno, sul quale dichiararono di non comprendere niente. Restò così per quattro
    giorni; il suo viso, pieno di vita, mostrava che non era morta. Cosa avvenne durante
    tutto quel tempo? Maria, obbligata, a confessarlo per obbedienza, più tardi, ce lo
    racconterà lei stessa.
    «Fui trasportata in cielo; vidi la santissima Vergine circondata da angeli; al suo fianco,
    c'erano anche innumerevoli vergini. Io mi vedevo piccolissima, ridotta ad un niente; e
    tuttavia, sentivo che tutte quelle anime mi accoglievano con grande gioia nelle loro
    braccia.
    Mi gettai ai piedi della santa Vergine, dicendole: Madre buona, mi tratterrai qui per
    sempre? Ancora ti mancano, mi rispose, molte cose. Non saprei esprimere la gloria
    che la circondava. Una vergine le disse: Madre buona, non sono le grandi cose che si
    compiono sulla terra che fanno guadagnare il cielo, ma la fèdeltà più totale. Io vi
    scenderei ancora, per compiere ogni atto con più perfezione.
    Questa vergine mi fece sapere che Dio l'aveva incaricata di mostrarmi la gloria del
    Cielo, come pure quello che avveniva sulla terra, nel Purgatorio e nell'Inferno. Mi fece
    vedere Gesù Cristo, il nostro divin Salvatore, ardente d'amore, e molto vicino a lui, il
    collegio degli Apostoli. Mi mostrò l'esercito dei martiri, e le anime che hanno sofferto,
    sulla terra, le più grandi tribolazioni. Queste non hanno versato il loro sangue come i
    martiri, ciò nonostante sono collocate nel loro stesso rango, perché anch'esse hanno
    portato la croce. Ognuno ha la propria croce, mi disse la vergine, e allorquando Dio
    vede un'anima accettare generosamente quella che lui le invia, lui stesso aiuta
    quest'anima a portare la croce.
    Mi mostrò i buoni, i santi sacerdoti, splendenti come le vergini, e posti vicinissimi a
    Nostro Signore e agli Apostoli. Diceva: Oh! quanto Dio ama i sacerdoti buoni!
    Quando li vede zelanti per la sua gloria, per la salvezza delle anime, come è contento!
    quanto li ama! Un piccolissimo numero sale qui direttamente senza passare per le
    fiamme del purgatorio.
    Vidi gli uomini che avevano vissuto cristianamente: usciva dalla loro bocca e dalle
    loro mani una luce, ricompensa delle loro elemosine e del loro attento lavoro. Le
    donne fedeli ai doveri della vita cristiana erano inferiori alle vergini; portavano sul
    petto come dei vasi di fori magnifici, e la luce usciva da quei vasi.
    La Vergine mi disse, mostrandomi la Vergine Maria: Tu ami molto questa buona e
    tenera Madre, non è vero? Sei testimone della gloria che la circonda, per quanto non la
    vedi come la vedresti se tu fossi qui sempre. Dimmi, vale la pena che si facciano degli
    sforzi per meritarle la gloria del cielo? E, te lo ripeto, non sono le grandi cose che
    fanno meritare il cielo. L'anima non deve dire: vorrei soffrire; desidererei tale croce,
    tale privazione, tale umiliazione, perché la propria volontà rovina tutto. È meglio avere
    meno privazioni, meno sofferenze, meno umiliazioni per la volontà di Dio, che un
    grandissimo numero per la propria volontà. L'essenziale è accettare, con amore e con
    un'intera conformità alla sua volontà, tutto ciò che piacerà al Signore di inviarci. Vi
    sono, nell'inferno, anime che avevano chiesto a Dio croci e umiliazioni. Dio le ha
    esaudite, ma non hanno saputo approfittare di tali grazie: l'orgoglio le ha perdute.
    Senza domandare nulla, accetta con riconoscenza tutto ciò che il buon Dio ti invierà.
    Quante illusioni vi sono ancora, quando Dio invia la malattia! Invece di approfittarne,
    si dice: Ah! se fossi in salute, farei tale cosa, tali opere per Dio, per la mia anima! Se si
    domanda la guarigione, lo si faccia sempre ponendo questa condizione: Mio Dio, se è
    la Tua volontà; se l'interesse della Tua gloria lo esige; se il bene della mia anima lo
    richiede!
    Desidererei, aggiunse la vergine, scendere con te sulla terra per soffrire, per essere più
    conforme in tutto alla volontà di Dio, per procurarGli una gloria più grande, per
    rendermi degna di avvicinarmi più da vicino a questa sovrana bellezza. Che l'anima
    ami molto Dio, questo Padre celeste, tenero e compassionevole; che ami il prossimo
    più di se stessa; che ami i poveri. Se possiede solo un pezzo di pane, lo divida con essi,
    e la misericordiosa bontà di Dio provvederà per l'indomani, e non le lascerà mai
    mancare il necessario. Che Dio solo sia tutto in ogni cosa; che quest'anima non abbia
    altra ambizione che di piacergli e di compiere la Sua santa volontà. Oh! quanto una
    simile anima sarebbe gradita alla sua divina Maestà! Quest'anima potrebbe da sola
    convertire milioni di altre anime. Che l'anima ami così Dio e il suo prossimo, abbia in
    ogni circostanza, una grande e incrollabile fiducia. Siccome tutti gli uomini che
    vivono sulla terra sono deboli, Dio permetterà che quest'anima commetta degli errori
    per mantenerla nella sua umiltà: non si scoraggi, si penta, confessi le sue colpe al
    sacerdote, e Dio gliele perdonerà. Oh sì! Che abbia fiducia, qualunque siano i suoi
    peccati: li confessi tutti, e tutti le saranno rimessi.
    Ci sono santi sulla terra che, a causa della fragilità umana, cadono in qualche errore, a
    volte anche grave. Il demonio allora opera per intimidire l'anima colpevole, alfine di
    impedirle di confessare il suo peccato. Le dice: Il sacerdote ti crede buona, santa,
    come oseresti confessargli questa colpa? confesserai questo peccato ad un uomo? No,
    tu non lo farai. L'anima, ingannata, nasconde il suo peccato; continua a ricevere i
    sacramenti; un peccato ne attira un altro; il demonio finisce per accecarla ed essa cade
    nell'inferno. La vergine ha molto insistito su questa verità che, nella confessione, non
    ci si rivolge ad un uomo, ma a Dio stesso.
    Ricordati bene queste parole che Nostro Signore dice, e che i suoi discepoli non
    dimenticano mai: Venite a me, venite a me, voi tutti che siete dimenticati sulla terra a
    causa del vostro Dio: io non vi ho dimenticati; venite, entrate per sempre nella gioia
    del vostro Maestro.
    lo vidi in seguito come una processione formata da sacerdoti, da vergini, da buone
    religiose. Tutti insieme, camminavano brillando di gloria a fianco del divino Sal-
    vatore; da ogni lato, stava una moltitudine di angeli. Una folla di bambini innocenti,
    simili agli angeli, di giovani vergini, tutte le anime pure seguivano la processione
    cantando. Nello stesso istante, vidi gli altri eletti immersi nel rapimento, nell'ado-
    razione. A questo punto, le parole mi mancano per potere esprimere ciò che ho visto.
    Su un trono elevato, che la mia debolezza non ha potuto che intravedere a causa dello
    splendore della luce che m'abbagliava, ho visto molte altre cose che non posso né
    comprendere né esprimere.
    Maria, mi disse la vergine che mi accompagnava, questa festa è sempre nuova, e
    durerà in eterno. Tu vi parteciperai un giorno, ma non ancora: il tuo libro non è finito.
    Approfitta bene della vita, essa non è che un istante, invece questa durerà in eterno.
    Soprattutto, nelle prove e nelle sofferenze, non perdere mai la fiducia; gettati
    ciecamente nelle braccia di Dio, per essere più vicina a Lui in cielo.
    La vergine mi mostrò in seguito la terra come in un sotterraneo; mi appariva....
    direi, come una moneta di cinque franchi o come una mela? Non so esprimerlo. Ciò
    che so, è che l'universo tutto intero era chiuso in questo piccolo cerchio. Oh! come gli
    uomini si perdono! Se pensassero che non sono che viaggiatori su questa terra, e che,
    in qualsiasi istante, potrebbero essere citati al tribunale di Dio!
    Occorre, mi disse la vergine, che adesso tu veda il Purgatorio. Noi vi entriamo. È un
    luogo tutto coperto di verde, molto spazioso, più lungo che largo. Le anime che vi si
    trovano sono accostate le une alle altre. Le loro pene differiscono molto. Alcune
    soffrono più che se sopportassero i più crudeli supplizi; le sofferenze di altre anime
    rassomigliano a quelle di una malattia terrena. Non si vede fuoco all'esterno; ogni
    anima porta il suo fuoco in se stessa. Non ci sono demoni, né alcunché all'esterno che
    metta in allarme.
    La vergine mi disse che la Madre di Dio scendeva tutti i sabati nel Purgatorio, con una
    scorta di angeli, per far liberare molte anime tra questi spiriti beati, e che queste anime
    liberate seguivano gioiosamente la dolce Regina, come agnellini.
    Ho visto nel Purgatorio un gran numero di sacerdoti, di vescovi, di religiose. Questa,
    mi diceva la vergine, è in Purgatorio, e vi rimarrà per lungo tempo, perché prendeva
    senza permesso frutta in giardino, e accettava sempre senza permesso piccoli doni dai
    suoi allievi. Ve n'erano altre che erano trattenute per non avere abbastanza approfittato
    delle immense grazie che offre lo stato religioso; e altre, per difetto di fiducia in Dio.
    Vieni a vedere adesso l'Inferno, senza entrarvi, mi disse la vergine. Vedendolo, il
    Purgatorio mi parve essere un paradiso. Le anime del Purgatorio sono sottomesse alla
    volontà divina; sono felici di purificarsi con il fuoco, per essere degne della visione
    beatifica. Nell'Inferno, al contrario, non si odono che grida spaventose, imprecazioni,
    bestemmie. I demòni sembravano costernati alla vista della vergine che mi guidava,
    poiché Satana è costretto a tenersi immobile come un vile schiavo, in presenza di
    un'anima tutta di Dio. Ed è lo stesso quando vede un'anima salire in Cielo; egli scoppia
    dalla rabbia: E che? dice a se stesso, tu eri un angelo e una creatura umana s'eleva al di
    sopra di te!
    Compresi che il demonio è simile al vento. Quando il vento soffia, tutto si chiude; si
    tappano i buchi, le fessure, per difendersi. L'anima dovrebbe prendere le stesse
    [Modificato da MARIOCAPALBO 08/04/2013 21:26]
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:28
    18
    precauzioni contro Satana; dovrebbe chiudere tutto in lei, per non lasciare
    alcun accesso a questo spirito maligno.
    Ciò che mi colpì subito nell'Inferno, fu la vista delle anime che si erano perdute a
    causa dei vizi impuri. Erano avviluppate di fiamme che prendevano la forma dell'idolo
    che avevano amato con sregolatezza sulla terra. Gli avari erano anche avvolti dalle
    fiamme che assumevano la forma dell'oro e dell'argento. In ogni dannato la fiamma
    che lo circondava si mostrava sotto la figura dell'oggetto, causa della sua dannazione.
    Ho visto nell'Inferno anime appartenenti a tutte le classi, a tutti i ranghi. Non ho fatto
    che balbettare, lo sento, dicendo quel che ho detto».
    Maria aveva ragione; per parlare di realtà sovrannaturali, occorrerebbe la lingua del
    Cielo.
    Nostro Signore, durante questa lunga estasi durata quattro giorni, chiese a Maria di
    digiunare, con pane e acqua, per un anno intero, al fine d'espiare, per altri, i peccati di
    gola, e di vestirsi il più poveramente possibile, al fine di riparare i peccati di vanità.
    Il suo confessore, che serviva la chiesa dei Greci-Melchiti, le propose di abbracciare la
    vita religiosa: temeva di lasciare per molto tempo esposta al soffio appestato del
    mondo un fiore così raro. La giovane serva, la quale non seppe fare altro che ubbidire
    al rappresentante di Dio, vi acconsenti malgrado le sue ripugnanze naturali. Questo
    sacerdote la presentò senza successo a molte comunità; solo le Suore di San Giuseppe
    dell'Apparizione acconsentirono ad accoglierla, come le aveva predetto la religiosa che
    le aveva ricucito il collo, annunziandole che sarebbe diventata figlia di san Giuseppe
    prima di diventare figlia di santa Teresa.
    Entrata in postulantato nel 1865, fu assegnata alla cucina come aiutante. Non
    comprendendo ancora molto bene la lingua, faceva spesso il contrario di ciò che le si
    diceva; Dio lo permetteva per provare così la sua pazienza. Conservò un silenzio di
    tomba su tutti i rimproveri e i cattivi trattamenti che subì da parte della sua compagna.
    Ma Dio la vendicò permettendo l'espulsione dalla comunità della disgraziata che era
    arrivata al punto di picchiarla.
    Le grazie straordinarie qui si manifestarono in maniera più completa. E, in aggiunta a
    questi doni sovrannaturali, mostrava un'umiltà a tutta prova, un amore per gli incarichi
    più umili, una carità, una devozione e un'amabilità che incantavano. Ricordiamo
    alcuni fatti meravigliosi, che ci vengono proprio dalle religiose di San Giuseppe.
    Un giorno avverti un fortissimo dolore al fianco sinistro, che la faceva respirare con
    molta difficoltà. Questa sofferenza durò tre giorni, senza il minimo sollievo. Il terzo
    giorno, disse alla maestra delle novizie: «Questa sera sarò guarita, alle tre: venga e lo
    vedrà. E chi ti guarirà? le domandò la maestra. Il buon Dio, rispose. La suora non
    mancò di ritornare all'ora indicata, e la trovò perfettamente guarita. Il Signore, le disse
    Maria, è passato un momento fa nella mia camera come una grande luce, e mi ha
    guarita».
    Un'altra volta, era ancora molto sofferente in seguito ad una caduta. La madre sua
    maestra andò a visitarla: «Oggi, le disse Maria, guarirò a mezzogiorno, anche se
    sembrerò mortalmente ammalata». Alcuni istanti prima di mezzogiorno, la sorella si
    recò nell'infermeria. Maria stava prostrata e immobile sul letto. La chiamò a più
    riprese: non ebbe risposta. Si sedette allora accanto al letto, dopo aver chiuso la porta,
    perché nessuno vedesse l'estasi. Fu dopo molto tempo, che la postulante rinvenne:
    Ebbene! le chiese la maestra, sei guarita? «Sì, le rispose subito con gioia, la mia

    19
    Mamma del Cielo è venuta, e mi ha guarita». E nel dire queste parole, si alzò,
    si vestì, rifece il letto e scese per riprendere il suo lavoro.
    Un altro giorno, si trovò Maria in estasi, in ginocchio, alla porta della cappella. La sua
    maestra la interrogò qualche tempo dopo sull'accaduto, Maria le confessò
    ingenuamente che era molto afflitta per il fatto che non avesse più tempo da dedicare
    alla preghiera e di non poter digiunare come in passato: «La santa Vergine è venuta a
    consolarmi, aggiunse; e mi ha raccomandato d'obbedire, di amare gli altri più di me
    stessa e di non affliggermi di nulla; da allora sto in pace».
    Ecco un fatto più stupefacente ancora. Nel mese di gennaio 1866, chiese alla maestra,
    durante la lettura del noviziato,' il permesso d'entrare nel dormitorio per prendere il
    fazzoletto che aveva dimenticato. Prima di uscire, si mise in ginocchio per recitare un
    Pater, e cadde in estasi. Non vedendola ritornare, la maestra entrò per vedere che cosa
    era successo. La trovò rapita, la mano destra appoggiata sul petto, e la sinistra, nella
    quale teneva il rosario, rivolta verso terra: la mano sinistra e il rosario erano macchiati
    di sangue. Cercò invano di farla rinvenire da quel sonno misterioso; l'estasi durò due
    ore e mezza. Alla fine del rapimento, la postulante tracciò su di sé un grande segno di
    croce. Scorgendo vicino a sé la sua maestra, le chiese se la lettura del noviziato fosse
    terminata. Cosa dici? le rispose quest'ultima; è più di due ore che sei qua, la Comunità
    ha anche cenato. «Che fortuna che è stata lei l'unica testimone del mio sonno!» riprese
    l'umile Maria. Eh! cosa hai visto durante questo sonno? La postulante, la quale non
    aveva mai parlato di questi favori divini, rispose con la massima ripugnanza solo per
    obbedienza, dopo un momento di silenzio: «Parecchie volte avevo già visto un'anima
    del Purgatorio che mi pregava di chiedere a uno dei suoi nipoti, sacerdote, tre messe e
    tre ore d'orazione assicurandomi che così sarebbe entrata in Cielo. Ho chiesto un
    segno visibile, che fosse constatato nello stesso tempo da un'altra persona; questo
    segno, eccolo», e le mostrò la sua mano e il suo rosario macchiati di sangue.
    Maria vide soprannaturalmente la morte di una religiosa di San Giuseppe che si
    trovava in Palestina, e una lettera, arrivata parecchi giorni dopo, confermò la veridicità
    di questa rivelazione. Predisse anche altri avvenimenti, che si compirono nel modo che
    aveva indicato.
    I superiori tennero segreti, finché poterono, queste grazie speciali; ma Dio permise che
    la Comunità ne fosse molte volte testimone e, da allora, tutti ne parlarono. Come
    succede sempre in simili circostanze, si formarono due gruppi: il gruppo degli
    entusiasti e quello degli increduli. Le cose arrivarono a tal punto che bisogno proibire
    ogni conversazione su questo argomento. Si fece di più: si proibì alla postulante di
    avere delle estasi in presenza delle suore; e Dio, che è sempre a favore
    dell'obbedienza, non accordò più questi favori a Maria che durante la notte.
    Qualche tempo dopo, la sua maestra le donò un'immagine di nostro Signore e la
    mandò a pregare nella cappella. Gesù le apparve nel tabernacolo con le sue cinque
    piaghe e la corona di spine, da dove fuoriuscivano dei flussi di sangue. D'un tratto,
    vide come dei carboni ardenti che dalle mani di Gesù cadevano sulla testa dei
    peccatori. La santissima Vergine, in ginocchio davanti al suo divino Figlio, lo
    scongiurava di risparmiare i colpevoli. Gesù, pieno di tristezza, diceva a sua Madre:
    Oh.! Quanto il Padre mio è offeso! quanto il Padre mio è offeso! La postulante si
    slanciò verso Gesù, mise la mano sulla piaga del suo Sacro Cuore gridandogli: «Mio
    Dio, dammi, se vuoi, tutte queste sofferenze, ma usa misericordia ai peccatori». Dopo

    20
    l'estasi, si trovò la mano coperta di sangue. La sua maestra, testimone del
    prodigio, lavò quella mano, che non mostrava la minima ferita. Da quel giorno, Maria
    soffri al fianco sinistro: tutti i venerdi, il fianco le sanguinava. Non disse niente a
    nessuno, ed ebbe cura di fare scomparire ogni traccia di sangue.
    Il divino Maestro volle completare le sue grazie accordandole per intero le stimmate. Il
    mercoledi sera della terza settimana di Quaresima del 1867, Maria ebbe una nuova
    estasi. «Mi sembrava, diceva, nel renderne conto per obbedienza, di cogliere rose per
    ornare l'altare della Madonna: quelle rose sembravano avere delle spine dai due lati, e
    le spine s'affondavano nelle mie mani e nei miei piedi. Quando rinvenni, la mia bocca
    era molto amara, i miei piedi e le mie mani erano gonfi; al centro delle mie mani e dei
    miei piedi, c'erano delle pustole nere». Il giovedì, le sue sofferenze aumentarono fino
    all'indomani, venerdì, festa delle Cinque Piaghe. Quel giorno, verso le dieci del
    mattino, le pustole nere si aprirono da sole e la corona di spine si disegnò
    perfettamente intorno alla sua testa; il sangue colava dalla testa, dalle mani e dai piedi.
    Questo prodigio si rinnovò parecchie volte, durante la santa Quaresima, sotto gli occhi
    della sua maestra e d'un certo numero di suore.
    Malgrado tutta la cura che si metteva nel nasconderli, questi prodigi trapelarono nella
    comunità, i contrasti ricominciarono con un nuovo ardore. Per tagliare corto a tutto, la
    maestra delle novizie ordinò a Maria di chiedere a Dio che nulla apparisse all'esterno.
    Obbedi, e disse alla maestra, da parte della santissima Vergine, che tutto sarebbe
    rimasto celato fino alla prossima Quaresima. Le piaghe dei piedi e delle mani si
    chiusero in effetti cicatrizzandosi, con grande gioia di Maria, che ha sempre
    considerato questi favori come una delle più dure prove della sua vita, convinta che il
    Signore le lasciasse questa malattia (è il nome che le dava) per espiare i suoi peccati,
    in ragione della confusione che ne provava.
    Il postulantato di Maria stava quasi per finire. Il consiglio si riuni in assenza della
    Superiora Generale, per esaminare se dovesse essere ammessa ad indossare l'abito. La
    maggioranza decise di non ammettere la postulante a causa dei suoi doni straordinari,
    giudicando che questo soggetto non era adatto per un Istituto di vita attiva come quello
    di San Giuseppe. Ma, pur rimandandola, si rese alla sua virtù la più splendida
    testimonianza: Voi potete ringraziare Dio, ci diceva otto anni più tardi la reverenda
    Madre Generale, d'avere permesso che io fossi assente in quel momento. Mai, se fossi
    stata presente, avrei acconsentito che fosse mandata via. Il Signore ha voluto realizzare
    così i suoi disegni su questa creatura meravigliosa: e se non fosse questo io sarei
    tentata di lamentarmi per questo furto fatto a san Giuseppe da parte di santa Teresa.
    CAPITOLO IV
    Maria entra al Carmelo di Pau. Le si dà il nome di suor Maria di Gesù
    Crocifisso. Il postulantato - La vestizione - Avvenimenti prodigiosi Le prove
    (1867-1868)
    L'ultima maestra di noviziato di Maria, a San Giuseppe, aspirando ad una vita più
    perfetta, aveva ottenuto di poter entrare al Carmelo e il monastero di Pau aveva già
    acconsentito a riceverla. Durante le ultime settimane trascorse sotto la sua direzione,
    Maria aveva conquistato la stima di questa suora. Questa la presentò dunque alla
    reverenda Madre Elia, Priora del Carmelo di Pau, ma senza parlare dei suoi stati
    straordinari. Avendo la Madre Elia acconsentito a ricevere anche questa povera orfana,

    21
    Maria lasciò Marsiglia con la sua antica maestra e arrivò al Carmelo di Pau la
    vigilia della SS. Trinità nel 1867. Dobbiamo menzionare qui una visione che ella ebbe,
    ancora molto giovane, e che lei stessa ci ha raccontato: «Mi sembrava di vedere, ci
    disse, Gesù e la sua santa Madre e, ai loro piedi, san Giuseppe e una donna che non
    conoscevo. Andai a nascondermi sotto il mantello di san Giuseppe, come se avessi
    avuto paura di quella sconosciuta, che tuttavia sembrava molto buona. Gesù e Maria
    guardavano e sorridevano. Ma ecco che la sconosciuta prese la parola: Gran Santo,
    disse rivolgendosi a san Giuseppe, tu non mi hai mai rifiutato niente sulla terra,
    potresti rifiutarmi qualche cosa in Cielo? Dammi questa figlia. San Giuseppe alzò gli
    occhi verso Gesù e Maria e mi condusse poi da questa sconosciuta, che capii essere
    santa Teresa. Tutto il mio timore scomparve, e amai Teresa come mia Madre». La
    visione adesso si era realizzata: Maria, dopo essere stata figlia di san Giuseppe, adesso
    diventava figlia di santa Teresa, sotto il nome di suor Maria di Gesù Crocifisso. La
    profezia della religiosa, riferita prima, si era ugualmente compiuta.
    Maria aveva ventuno anni, non gliene si sarebbero dati più di dodici, tanto il suo fisico
    rifletteva la semplicità, il candore e l'innocenza: tutti i suoi modi erano infantili. La sua
    gioia, entrando al Carmelo, fu indicibile. Comprese che ella era infine dove Dio la
    chiamava. Non potendo ancora esprimersi bene in francese, mostrava la sua
    riconoscenza con lo sguardo, con il sorriso, con le lacrime e con i baci che deponeva
    sulle mani delle suore, secondo il costume orientale.
    «Oh! quanto sono felice, esclamava, ho trovato una famiglia. Le superiore sono
    le mie mamme, e le religiose sono le mie sorelle». Tutto le piaceva del Carmelo: la
    clausura, il silenzio, la mortificazione, la povertà, le pratiche di umiltà in uso in quel
    santo Ordine, e al di sopra di tutto, l'obbedienza. La Madre Priora per lei era il buon
    Dio, e le apriva la sua anima. Anche il confessore riceveva tutti i suoi segreti, poiché
    per il ministro di Dio, quest'anima era veramente trasparente. Una saggezza celeste
    traspariva da ogni sua parola. La sua felicità consisteva nel soffrire, nel nascondersi,
    nell'obbedire; in una parola, era impossibile trovare un'anima contemporaneamente
    così semplice e prudente, così seria e così candida, così straordinaria e così amica delle
    vie ordinarie, direi, cosi umana e così divina.
    La Priora comprese molto presto il valore del tesoro che Dio le affidava. Solo per un
    momento esitò a custodirlo, dato l'accumularsi di tutti i doni soprannaturali che
    sembravano non attendere che il chiostro per manifestarsi in tutta libertà; ma l'umiltà,
    l'obbedienza, la carità, l'amore per il nascondimento, il timore di essere vista durante le
    sue estasi, tutti segni della mano di Dio, erano così evidenti in quell'anima, che
    dissiparono i dubbi, e una riconoscenza, mista a venerazione, prese il posto del timore.
    Il giorno stesso della sua entrata, suor Maria vedendo una postulante, dichiarò che non
    era per il Carmelo, e l'uscita di questa suora non tardò a confermare la verità di questa
    profezia.
    La Comunità fu profondamente edificata, durante l'ottava del Corpus Domini, che
    seguì subito il suo arrivo, di vederla ai piedi di Gesù. Talvolta ella giungeva le mani,
    talvolta inclinava la testa, ora portava la mano destra sul suo cuore come per prenderlo
    e donarlo al suo Dio. L'Eucarestia era sempre stata per Maria l'amore più forte. Quante
    volte chiese di lasciare il coro, per non cadere in estasi in presenza delle suore!
    Sebbene la santissima Vergine le avesse promesso, a Marsiglia, che le sue stimmate
    non avrebbero più sanguinato fino alla Quaresima, tuttavia il suo fianco sinistro

    22
    continuò, ogni venerdi, a mandare sangue e acqua, dalle dieci del mattino fino alle
    ore tre della sera. I panni che vi si applicavano erano impregnati di sangue a forma di
    croce. Durante queste lunghe ore, la postulante sopportava intollerabili e indicibili
    sofferenze: la sua sete era bruciante; l'acqua che le si presentava per spegnerla le
    sembrava fiele. Isuoi piedi e le sue mani si gonfiavano, il posto dove c'erano le
    stimmate diventava rosso; la sua guancia portava il segno dello schiaffo impresso sulla
    faccia di Gesù. Se si tentava qualcosa per sollevarla, diceva subito: «Niente
    addolcimenti». Ella si sentiva come colpita da tutti, come abbandonata da tutti, e
    diceva: «Grazie, mio Dio, sono pronta a soffrire ancora di più per i peccatori, per il
    santo Padre, per la Chiesa». Quando, sotto la morsa del dolore, temeva di cedere, la si
    sentiva esclamare: «Mio Dio, abbi pietà di me, sono debole. Non sono altro che
    peccato e mi lamenterei di soffrire? No, no, mio Dio. O Gesù, quanto hai sofferto!
    Sono contenta di soffrire per Te».
    Nostro Signore le appariva spesso, tenendo nelle mani o sul petto corone di rose; il
    sangue colava da queste rose. In una circostanza, ella vide una croce con cinque di
    questi fiori, il più bello dei quali sormontava la croce. Avendole Gesù dato la croce e
    le rose, ella corse gioiosa verso Maria, dicendole con affascinante ingenuità: «Mia cara
    Madre, ho cinque rose: tre per Gesù e due per Te. Non essere gelosa, te ne prego, di
    possedere meno rose di Gesù. Se avessi sei rose al posto di cinque, te ne darei
    certamente tre, buona Madre». La santissima Vergine le rispose che gradiva quella
    divisione. «Poiché le cose stanno così, disse l'ingenua fanciulla, offro la più bella rosa
    per la Chiesa; è di un rosso sgargiante e profuma il mondo. Offro la seconda per il
    nostro Ordine, la terza per i peccatori, la quarta per la Comunità, la quinta per quelle
    che mi cureranno durante la mia malattia». Intendeva parlare delle sue stimmate, che
    dovevano riapparire durante la prossima Quaresima, secondo la profezia della santa
    Vergine.
    Questa divina Madre le annunziò anche che, dopo il mese di agosto, il suo fianco non
    avrebbe più sanguinato, e che i suoi piedi e le sue mani avrebbero ripreso il loro
    primitivo stato, il che accadde.
    Ciò nonostante, lungi dal toglierle il calice della sofferenza, il Salvatore si compiaceva
    di crocifiggerla in un altro modo. Maria aveva una predilezione particolare per la Via
    Crucis; quando la faceva, Gesù le appariva spesso come era quando saliva sul
    Calvario, allo scopo di immolarsi per gli uomini. Questa visione trapassava il cuore
    della generosa innamorata; piangeva, singhiozzava davanti ad ogni stazione; le
    accadde persino, a più riprese, di versare lacrime di sangue. A volte, le era impossibile
    terminare questo pio esercizio: bisognava riportarla nella sua cella, immersa in
    un'estasi d'amore e di sofferenza.
    Il 20 luglio, festa di sant'Elia nell'Ordine Carmelitano, si mise nel refettorio la statua
    del Profeta su un tavolo ornato di fiori, in onore della Priora che portava il suo nome.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso, alla vista della statua, battendo le mani esclamò:
    «Padre Elia, Padre Elia!». Testimone del suo trasporto, una sorella suggerì alla Madre
    Priora di fare servire la cena al Profeta dalla postulante. La disposizione in questo
    senso fu immediatamente data. Durante tutto il tempo che suor Maria adempì con
    tanto rispetto e amore questo dolce compito, sant'Elia le apparve: portava l'abito del
    Carmelo, il suo viso era maestoso, la carnagione scura, i suoi capelli bianchi; una
    calotta bruna gli copriva la testa e egli teneva in mano un lungo bastone la cui parte

    23
    superiore aveva la forma di una spada. Questa visione la fece cadere in estasi. La
    Madre Priora la fece uscire dal refettorio, solo la parola ubbidienza bastò a farla
    ritornare in sé. Ma l'estasi subito la riprese: «L'ho visto, il mio Padre Elia! Oh! quanto
    è bello! Ha benedetto il refettorio; ha benedetto la comunità, ha steso il suo bastone su
    ogni suora per benedirla. Mi ha dato la speranza che presto mi si darà il santo
    Abito!...».
    Sant'Elia non l'aveva ingannata. Sebbene il suo postulantato fosse iniziato solo da
    poco più di un mese, il Capitolo decise all'unanimità che si potesse passare sopra le
    regole ordinarie a favore di una tale anima. Avendo approvato l'autorità ecclesiastica
    questa decisione, suor Maria cominciò il suo ritiro spirituale di preparazione sotto la
    guida della stessa santissima Vergine, che le dava gli spunti di meditazione, controllati
    dalla Madre Priora. Il tema fornito dalla Vergine era unico: s'imperniava interamente
    sulla felicità dell'anima religiosa fedele ai suoi voti. Il mio divin Figlio, diceva la
    Madre di Dio alla postulante, presenterà quest'anima al Padre suo dicendo: ecco una
    sposa che ha camminato fedelmente sulle mie orme, che ha lasciato tutto per seguirmi,
    che ha rinunciato a tutti i piaceri dei sensi e perfino alla sua volontà. È stata pura,
    povera, obbediente. Chi può dire con quale amore il Padre celeste riceve e corona
    quest'anima? Il 27 luglio, ottava della festa di sant'Elia, il Rev. Saint-Guily, arciprete
    della chiesa di San Martino di Pau e Superiore del convento, le diede l'abito religioso a
    porte chiuse, poiché si era giudicato prudente di non fare una cerimonia pubblica a
    causa delle sue estasi frequenti. La postulante chiese come padrino e come madrina
    sant'Elia e santa Teresa, e fu tra le statue dei due santi, portate nel coro, che ricevette
    l'abito del Carmelo. Fu messa tra le suore del coro. Tutta la comunità era lieta nel
    saperla destinata a cantare le lodi di Dio. La novizia aveva cominciato già ad imparare
    a leggere e aveva scongiurato Sant'Elia di ottenerle la grazia di potere dire il santo
    ufficio ma i disegni del Signore su quest'anima erano più mirabili. Egli voleva che Lo
    glorificasse nello svolgimento dei lavori più umili. Così non permise che facesse dei
    progressi nella lettura e nella conoscenza del breviario; più tardi, le ispirerà perfino di
    fare professione come suora conversa.
    Dopo avere indossato l'abito, le sue estasi diventarono ancora più frequenti. Era presa
    dallo Spirito di Dio, persino in mezzo al coro, in presenza di tutte le suore. Niente la
    crocifiggeva maggiormente: questo sonno misterioso la rendeva inconsolabile. Si
    rivolgeva alle anime che considerava più perfette per fare una santa violenza al cielo,
    perché le ottenessero la cessazione di quel sonno che tanto la umiliava.
    Ciò che Maria chiamava la sua impotenza nel pregare aumentava la sua pena: «Senza
    dubbio, non ho distrazioni, diceva, ma non posso terminare la mia breve preghiera.
    Comincio il Padre Nostro e mi arresto a queste due parole senza potere continuare.
    Penso, o mio Dio, tu così grande, così potente, sei nostro Padre. Tu, in cielo! e noi,
    piccoli vermi, cenere, polvere sulla terra! Oggi in questo mondo, e domani forse morti!
    E durante questo rapido momento della nostra esistenza, noi osiamo offenderti, o mio
    Dio! abbi pietà di noi! e mi perdo, e mi addormento».
    Anche se voglio recitare l'Ave Maria, mi fermo alle prime parole: Vi saluto, Maria, e
    dico alla santa Vergine: «Tu così buona, così buona, o Madre mia! Tu, Madre di Dio,
    Madre degli uomini! e noi poveri peccatori! e mi perdo, e mi addormento, impossibile
    continuare. Come bisogna che mi confessi di non poter pregare».

    24
    Aggiungeva: «Ero molto addolorata da qualche tempo riguardo alla contrizione:
    temevo di non avere un dolore sufficiente per le mie colpe. La mia buona Madre Maria
    mi ha insegnato a fare tre stazioni prima di confessarmi: la prima, alla porta del Cielo,
    la seconda, a quella dell'Inferno, la terza nel giardino degli Ulivi. Faccio come mi ha
    insegnato, e da allora, sono tranquilla».
    La novizia amava stare sola con Dio nella sua cella, bastava tuttavia un segno da parte
    dei superiori perché desistesse. Considerava l'obbedienza in tutte le cose come la
    prima delle virtù religiose. Fu privata un giorno della santa Comunione dalla Priora,
    che voleva provarla: Tu hai dovuto fare oggi, le disse la sua maestra a questo
    proposito, un grande sacrificio? «Non parli di sacrificio, le rispose suor Maria;
    l'obbedienza vale molto di più della comunione; vale più di tutto». E se nostra Madre
    ti dicesse: dammi il tuo braccio, voglio tagliarlo, che faresti? «Glielo presenterei
    dicendole: ecco il mio braccio, lo tagli». E se ella ti dicesse: taglialo tu stessa? «Lo
    taglierei immediatamente con gioia».
    L'8 agosto, non avendo potuto suor Maria assistere alla Messa a causa del suo stato di
    sofferenza, la sua maestra andò a visitarla. Voleva chiederle notizie della sua salute,
    quando la novizia la pregò di non parlarle. Era profondamente raccolta in preghiera.
    La sua maestra la guardava con religiosa curiosità; tutto ad un tratto, vide che ella si
    comunicava: «Oh! quanta grazia la Santa Vergine mi ha ottenuto, le disse suor Maria,
    mi sono comunicata». Ella ripetè la stessa cosa alla Priora: «Sant'Elia, aggiunse, mi ha
    fatto un sermone: mi permetta, Madre mia, di farmelo scrivere, per non dimenticarlo.
    Anche santa Teresa è venuta: portava l'abito della Riforma, il suo mantello bianco era
    luminoso. Mi ha detto: Figlia mia, bisogna amare molto la Madonna, è vostra Madre, e
    la vostra Regina. Tutto ci viene da Maria, e noi riceviamo tutto tramite Lei».
    La santa Vergine la visitava anche per incoraggiarla a soffrire. Sola nella sua cella con
    la sua maestra, recitava un giorno l'Ave Maria. D'un tratto, s'interruppe e si coprì il
    viso con le mani, abbagliata da una grande luce soprannaturale. «Ascolta,` disse alla
    sua maestra, Maria parla», e prestò l'orecchio. Un istante dopo riprese, sempre
    rivolgendosi alla sua maestra: «Ha capito ciò che Ella ha detto?». Non ricevendo
    risposta, aggiunse: «Esce dalla cella». E colpendosi il petto, esclamò con aria
    commossa: «Ella è mia Madre!». U indomani, la sua maestra le chiese ciò che le aveva
    detto la santa Vergine. Convinta nella sua incantevole ignoranza che la maestra avesse
    visto e udito tutto come lei, suor Maria le rispose con sorpresa: «Non lo sa? Ha detto:
    Benedetta, tre volte benedetta l'anima che soffre. Il tempo è breve, molto breve. Dopo
    avere sofferto un istante sulla terra, quest'anima sarà sempre con il mio divin Figlio
    presso il Padre celeste». Ma non ha detto niente di particolare per te? le disse la
    Maestra. «Oh! sì, ella mi ripete sempre: umiltà, umiltà. Quale è dunque quest'umiltà?».
    Ai dolori delle stimmate erano succeduti, il venerdì, sofferenze più vive che durante il
    suo postulantato. Qualche giorno prima della festa dell'Assunzione, ella sospirava la
    morte. E tu vorresti morire prima della professione? le dicevano le suore. «Oh! sì». Ma
    la santa Vergine ha promesso di non venire a cercarti che fra tre anni. «Ella può
    cambiare questo», si accontentò di rispondere.
    Cominciò la recita del rosario nella sua cella; la Madre di Dio le apparve: «Mia Madre
    è là, esclamò; oh! quanto è bella con la sua corona di angeli! Madre amata, prendimi».
    E quando la visione scomparve, aggiunse: «Maria vi ha benedette tutte; mi ha detto

    25
    che sarei guarita e che sarei andata a Mattutino». Tutte le sue sofferenze, in
    effetti, erano scomparse come per incanto e poté assistere all'ufficio divino.
    La santa Vergine le aveva chiesto di recitare cinque corone del rosario ogni giorno, e
    siccome aveva trascurato questa preghiera, la Madre di Dio glielo rimproverò. Per
    riparare al suo errore, cominciò, con l'aiuto della sua maestra, il primo rosario. Ma fu
    impossibile andare avanti; si fermò ad ogni parola: «Cara Madre, esclamò con aria
    rapita, se vuoi le cinque corone del rosario, occorre che mi aiuti. In caso contrario,
    offro a Dio e a Te, al posto di questa recita, tutte le sofferenze che vorrai inviarmi».
    Nel concludere queste parole, entrò in una vera agonia: «Soffoco, disse, presto il Padre
    mio per confessarmi. Non ho niente che mi rattristi, ma desidero una assoluzione
    prima di morire». 1 dolori si erano calmati: «Questa settimana ancora, io devo soffrire
    molto, disse; solamente sabato prossimo, sarò guarita e potrò recitare le cinque corone
    del rosario». Tutto accadde come aveva annunciato.
    Fino a quel momento, il demonio non aveva potuto provarla che per la malattia;
    ottenne adesso di poterla attaccare di persona. Cominciò dalla lettura. Tutte le volte
    che la novizia voleva prendere la sua lezione, il demonio le impediva di vedere le
    lettere. Ella ricorreva all'acqua benedetta per cacciare il demonio. Rinnovandosi
    spesso la tentazione, la Priora volle che ella chiedesse a Dio se doveva continuare a
    prendere lezioni o doveva interromperle. Nostro Signore, per tutta risposta, le apparve
    coperto di sangue, durante il sonno, e le disse: Figlia mia, diventeresti troppo
    orgogliosa, se apprendessi subito a leggere, questa scienza non ti è necessaria. Tre
    cose ti bastano: guardami e pensa a me, sii in tutto l'ultima di tutte, obbedisci
    ciecamente.
    Satana cercò di gettarla nello scoraggiamento. Ascoltiamo questo dialogo tra la
    novizia e il demonio, il giorno dell'anniversario del suo martirio. Il demonio le disse:
    Tutte le suore pregano. Tu, non lo fai « È vero, rispose, ma amo il mio Dio». Ti si
    metterà fuori prima della professione, perché sei sempre malata; non si avrà sempre
    per te la stessa carità. «Tanto meglio, amerò sempre Gesù, e Gesù avrà cura di me».
    Ma se la Priora, la Sottopriora, se le altre suore ti accuseranno, ti maltratteranno, tu
    che farai? «Amerò sempre Gesù». E se Dio ti gettasse nell'inferno? «Ebbene! anche
    nell'inferno, ancora e sempre amerò il mio Dio». Il Maestro e sua Madre non ti amano,
    altrimenti non ti avrebbero fatto scendere dal cielo, dopo che ti fu tagliato il collo.
    «Quand'anche, per assurdo non mi amassero, io li amerei sempre, sì, sempre di più».
    Tu non sei degna di comunicarti sacramentalmente, accontentati della comunione
    spirituale; dovrai rendere conto di tutte queste grazie. «È vero che non sono degna
    della comunione; ma credo, spero, amo: andrò a comunicarmi».
    Il demonio, vinto, ritornò alla carica. Suor Maria aveva ottenuto di fare, per quaranta
    giorni, un digiuno a pane ed acqua, secondo l'intenzione del Sommo Pontefice. Satana
    si adoperò per farglielo abbandonare. La sbatté, un giorno, con violenza, contro una
    porta, il cui lucchetto di ferro le procurò alla testa una ferita profonda ma ella chiese di
    continuare il suo digiuno malgrado la viva sofferenza che provava. Un altro giorno, la
    gettò dall'alto della scala. Nessuno si trovava lì al momento della caduta, e Maria non
    disse niente tutto il giorno. Si accorsero soltanto che camminava con molta fatica. Ben
    presto la sua gamba si gonfiò. Il medico che era stato chiamato, constatò una frattura
    del piede, e ordinò un riposo assoluto di venti giorni. La beata Maria degli Angeli, di

    26
    cui si celebrava la festa il giorno dopo, la guarì subito, e fino alla fine dei quaranta
    giorni, la novizia poté restare fedele al suo digiuno.
    Quante volte al refettorio scoprì nel suo piatto un formicaio di vermi! Spesso sentiva,
    in quello che le servivano, un odore di cadavere. Tuttavia mangiava tutto, felice che
    Satana le fornisse queste occasioni per mortificarsi. Talvolta questo spirito infernale le
    toglieva il suo pezzo di pane, di cui non aveva preso che due bocconi; tal' altra
    lanciava la sua scodella in mezzo al refettorio: la novizia, senza sconcertarsi, chiedeva
    il permesso di raccogliere con la lingua la zuppa rovesciata a terra per mano del
    demonio, e quest'atto d'umiltà non faceva che aumentare la rabbia del tentatore.
    A suor Maria piaceva molto la frutta, in particolare le mele. Il diavolo riuscì un giorno,
    grazie alla sua suggestione, a fargliene prendere una senza permesso. Appena l'ebbe in
    mano, capì la tentazione; gettandola subito a terra, la schiacciò con il piede,
    promettendo a Gesù di non mangiarne più, se non quando i superiori lo avessero
    consentito. Satana cercò di turbarla durante il sonno: per due volte, gettò le sue coperte
    a terra. La novizia lo scacciò con l'acqua benedetta ed esso si ritirò sibilando. Ancora
    una volta, egli escogitò un altro stratagemma. Un giorno che Maria era trattenuta in
    infermeria, lo spirito maligno prese la forma di una suora dispensiera e le portò una
    magnifica mela, dicendole che era da parte della Priora. La piccola novizia si permise
    di fare qualche obiezione; il suo imbarazzo era estremo, non sapendo come fare ad
    obbedire e nello stesso tempo a rimanere fedele al suo digiuno di quaranta giorni.
    Invocò la santissima Vergine: non le occorse molto per smascherare l'illusione del
    maligno. La pretesa suora dispensiera si incollerì e uscì sbattendo la porta con grande
    rumore. Ci si volle assicurare dell'accaduto e si interrogò la suora che la novizia aveva
    nominato, ma questa fu molto sorpresa e dichiarò che non si era mai avvicinata
    all'infermeria. Si accertò effettivamente che, mentre il fatto accadeva, questa suora era
    occupata a sorvegliare degli operai che lavoravano nella casa.
    Un giorno che Maria era nella sua cella, vide entrare la Madre Priora, la quale con
    collera le proibì di fare la santa Comunione quel giorno. La novizia non replicò e si
    recò alla Messa durante la quale non si comunicò. Alcune suore, essendosene accorte,
    avvertirono la Priora, che ne domandò la causa alla giovane sorella. Questa rispose
    ingenuamente: «Ma, Madre mia, era per obbedirle, me lo aveva proibito questa
    mattina», e le raccontò ciò che le era successo. La Madre Priora fu molto stupita in
    quanto non si era mai avvicinata alla cella della novizia e non le aveva fatto alcuna
    proibizione di questo genere in quel giorno.
    Per fare in modo che fosse cacciata dal convento, il demonio fece ricorso ad un altro
    artificio: prese le sembianze di suor Maria e andò, così travestito, a trovare le sorelle;
    parlò contro la carità, e soprattutto contro l'umiltà. Le religiose, credendo di avere a
    che fare con la novizia, non sapevano più cosa pensare; nella loro grande carità,
    mettevano tutto sul conto delle prove eccezionali di quest'anima, ma casi simili si
    moltiplicavano. Esse ne parlarono tra di loro per illuminarsi scambievolmente sulla
    condotta da tenere, constatarono con molta gioia l'artificio di Satana, e invece di
    rimandare suor Maria, l'apprezzarono maggiormente e la circondarono di una
    venerazione più grande.
    Non restava al demonio che un'ultima risorsa, quella che utilizza quando tutti gli altri
    mezzi falliscono: trasformarsi in angelo di luce per farsi l'apostolo di una santità
    illusoria. Lo fece. Hai ricevuto, le disse, delle grazie straordinarie; il tuo sonno non è

    27
    che un'estasi; tutte le tue compagne ne sono rapite testimoni, ti considerano a
    ragione come una santa. Ma non temi i fumi dell'orgoglio? Perché restare così esposta
    a una tentazione perpetua di vanagloria? Non finirai per soccombere e per perderti? I
    doni che Dio ti ha fatti sono talmente particolari, che bisogna andare a nasconderli in
    un deserto. Se tu non hai abbastanza coraggio per vivere sola sotto lo sguardo solo di
    Dio, fatti mendicante: va per il mondo a chiedere l'elemosina di porta in porta;
    raccoglierai disprezzo, e questo disprezzo sarà il felice contrappeso per tutti i favori
    celesti di cui Dio ti ha colmata. La novizia era così incline a nascondersi, a vivere in
    solitudine e a cercare il disprezzo, che sarebbe stata esposta ad esser presa in queste
    reti, se non avesse avuto per regola di sottomettere tutto ai superiori. Grazie alla sua
    perfetta apertura e alla sua cieca obbedienza, trionfò di nuovo su questo assalto del
    demonio.
    Più la Quaresima del 1868, che avrebbe visto la riapparizione delle stimmate, si
    avvicinava, e più il demonio raddoppiava i suoi attacchi contro la suora. Assumeva le
    sembianze più orribili per spaventarla; le suggeriva pensieri orribili, persino il pensiero
    del suicidio. Ma il Cielo non abbandonava mai quest'anima. Gli angeli e i santi la
    incoraggiavano, Maria la visitava, l'istruiva e la consolava; il Salvatore stesso si
    degnava di manifestarsi a lei, con le sue apparizioni e la preparava a nuovi
    combattimenti, seguiti sempre da nuove vittorie.
    Nel momento di queste visite soprannaturali, la novizia diceva cose sublimi: «la santa
    Vergine, esclamava un giorno, mi ha insegnato che l'obbedienza ci preserva sempre da
    ogni male e da ogni trappola di Satana. Per guadagnarsi il regno dei cieli, in religione
    sono necessarie tre cose: la prima, è l'obbedienza, attraverso essa, noi rimaniamo
    sempre nella retta via. La seconda, è l'umiltà. Con un atto di obbedienza, noi
    acquistiamo l'umiltà per un mese; attraverso un atto di disobbedienza, noi perdiamo
    l'umiltà per un anno. Senza l'umiltà, noi siamo ciechi, nelle tenebre; invece, con
    l'umiltà, l'anima marcia nella notte come di giorno: l'umiltà è la nostra luce. La terza, è
    la carità». Una sorella le domandò: E la penitenza? Rispose: «È il demonio che
    talvolta la ispira, allo scopo di fare in seguito mancare alla Regola. Quando chiediamo
    un permesso, la prima parola della Priora è da Dio. Se noi facciamo un'osservazione,
    la seconda parola è del nostro io, e se noi insistiamo, la terza parola, è del demonio».
    Il Signore le mostrò, un giorno, come la sua collera stava per scoppiare. La giovane
    suora gridò: «Signore, risparmia gli uomini. Mettimi nel fuoco, ma lascia cadere il
    fulmine dalle tue mani. Gli uomini non comprendono il male che fanno, sono ciechi».
    E aggiungeva: «La parola di Dio fa tremare il cielo e la terra. Gesù diceva: non sono io
    che scelgo l'inferno per voi; voi stessi fate questa scelta. Non un'anima si perde senza
    che io le abbia parlato mille volte nel cuore. Io sono venuto sulla terra, mi sono
    rivestito della vostra natura, mi sono fatto fanciullo, obbediente, povero, umiliato. Ho
    tutto sofferto per voi. Non sono io che vi ho perduti, siete voi stessi che vi siete
    perduti». Ed ella ripeteva: «Signore, salva il mondo, non amare me sola, gettami nel
    fuoco per salvare gli uomini», e piangeva e singhiozzava.
    La beata Margherita Maria le apparve qualche ora dopo: «Margherita, le disse la
    novizia in estasi, sulla terra io non sono che una povera cieca; qui vedo, sì, io vedo il
    serpente. Egli non può colpirmi e io rido di lui. Margherita, dì alla Madre nostra di
    farmi una piccola visita». Ella fu esaudita. Santa Teresa le apparve. Suor Maria la
    salutò con trasporto; e si inchinò dicendole: «Madre mia, benedicimi», e riprendendosi

    28
    subito: «Madre mia, non benedire solo me, benedici tutte; benedici le altre prima
    di me; amale tutte come ami me». Prima che santa Teresa scomparisse, la suora le
    domandò: «Madre mia, sai se la santa Vergine verrà a visitarmi? Di grazia, Madre
    mia, dille di venire, dille di venire».
    Maria venne. Era con nostro Signore e con san Giuseppe. La novizia si volse prima a
    questi: «Padre Giuseppe! e tu non mi dici nulla? Parla, parla, ti ascolto». San Giuseppe
    le parlò della Chiesa, del Santo Padre, dei peccatori. Dopo un istante di attenzione, ella
    emise delle esclamazioni dolorose. E volgendosi a Maria: «Madre mia, le disse con
    aria supplichevole, prega. Il mondo è cieco, non capisce il male che fa. Madre mia,
    trattieni le mani del Tuo divin Figlio; impediscigli di lanciare il fulmine». Gesù non si
    lasciava intenerire; enumerava i crimini che provocavano il suo giusto sdegno: «tutto
    ciò è vero, diceva la novizia, con il viso inondato di lacrime; ma perdona, Signore,
    perdona».
    L' indomani il sabato, scongiurò la beata Margherita Maria di concederle di ac-
    compagnare la santissima Vergine in Purgatorio.
    Il permesso fu accordato; solamente, prima di unirsi alla processione che seguiva la
    Madre di Dio, disse alla Priora: «La santa Vergine le chiede per me il permesso di
    accompagnarla in Purgatorio». La Priora, si capisce, si guardò bene dal rifiutarlo. La
    novizia entrò subito in un profondo silenzio; lo interruppe ogni cinque minuti per dire:
    «Gloria a Maria! Gloria a Gesù! Gloria al Padre celeste!». Altre volte, esclamava:
    «Signore, benedicici; benedici la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo!». E alla fine:
    «Ecco la mia Mamma del cielo che viene ad incoronarmi». Nel dire queste parole, si
    piegò e sgorgò del sangue intorno alla testa a forma di corona.
    «Margherita, disse in seguito alla beata, ti racconto la mia visita in Purgatorio. Ero
    l'ultima della processione, ma tutti coloro che la componevano mi amavano molto.
    Allorquando Maria è entrata in Purgatorio, tutte le anime erano gioiose, tutte parevano
    sperare la loro liberazione. L'una diceva alla santa Vergine: Madre, non Ti ho
    conosciuta abbastanza. Un'altra: Madre, io non Ti ho pregato abbastanza. Tutte le
    anime parlavano a Maria, e Maria rispondeva a tutte le anime. Impossibile ripetere le
    parole di Maria. Quanto è buona mia Madre!».
    La novizia aveva annunciato che una processione celeste avrebbe sfilato davanti a lei
    quel giorno. Verso le due del pomeriggio, la processione apparve. La suora salutò
    ciascuna delle anime beate che la componevano. La sua gioia era traboccante. Quando
    scoprì san Francesco d'Assisi, gridò: «Anche tu, Francesco, hai cinque rose», in-
    dicando le sue stimmate. Molti consigli le furono dati; ella li ripeteva alla beata Mar-
    gherita, con la quale durante le sue estasi ininterrotte ella si credeva sempre sola.
    I
    «Margherita, le diceva, san Tommaso mi ha dato tre pratiche sulla fede:
    1. Guardate Gesù che scende sull'altare durante la messa, discende tramite la parola
    del sacerdote. Credete che viene per nutrirvi e che, con lui, niente può mancarvi. Egli è
    là come un bambinello; ed è tutto per voi: andate a lui.
    2. La fede, quanto è bella, potente! Un'anima che possiede la fede può fare tutto, Dio
    le accorda tutto. Guardate le bestie: quando nascondono le loro provviste, hanno cura
    di non essere viste, ammucchiano d'estate in vista dell'inverno. Come la bestia attende
    la sua soppravvivenza da ciò che ha nascosto sotto terra, credete che Gesù vi nutrirà,
    se andrete al santo Tabernacolo dove è nascosto per voi e dove vi attende.
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:29
    29
    3. Considerate l'agnello: vedete la fede che egli ha nel suo pastore; cammina vi-
    cino a lui con fiducia; si abbandona alle sue cure, va dove lo conduce; si ferma quando
    il pastore si ferma; conserva la sua lana o la dà come il pastore vuole; lo segue di
    giorno, lo segue di notte. È così che dovete lasciarvi condurre dal vostro Pastore Gesù;
    è così che dovete seguirlo sempre con fede, di notte come di giorno; è così che dovete
    essere veri agnelli.
    Se dicessimo con fede: Montagna, cambia di posto, la montagna ci ubbidirebbe; terra,
    trema, la terra tremerebbe».
    II
    «Margherita, santa Veronica mi ha dato sette pratiche sull'umiltà:
    1. L'orgoglioso è come il grano di frumento gettato nell'acqua: gonfia, ingrossa.
    Esponete questo grano al sole, al fuoco: secca, è bruciato. L'umile è come il grano di
    frumento gettato sulla terra: scende, si nasconde, scompare; muore, ma per rifiorire in
    cielo.
    2. Quando si raccolgono le olive, lo si fa con la più grande cura, si raccolgono tutte
    quelle che cadono a terra allo scopo di estrarne l'olio. Cercate dappertutto con eguale
    cura occasioni per praticare l'umiltà. L'olio dà la luce; l'umiltà ha la luce di Dio; fa
    vedere Dio.
    3. Considerate le api; volteggiano di fiore in fiore ed entrano in seguito nell'alveare per
    fare il miele. Imitatele, cogliete dappertutto il succo dell'umiltà. Il miele è dolce;
    l'umiltà ha il gusto di Dio; fa gustare Dio.
    4. Lavorate ogni giorno per acquistare l'umiltà. Quando si dimentica di innaffiare gli
    alberi appena piantati, questi muoiono; se dimenticate di praticare ogni giorno l'umiltà,
    l'albero della vostra anima si seccherà.
    5. Vedete come un piccolo uovo nel mare diventa in poco tempo un grosso pesce.
    Abbiate cura di essere sempre piccoli con l'umiltà; diventerete grandi davanti a Dio. 6.
    Considerate la bestia: non cerca che il suo bene e quello dei suoi piccoli. Siamo i figli
    di Dio il quale non cerca che il nostro bene. Ecco perché ci fornisce le occasioni per
    praticare l'umiltà: sappiamo approfittarne.
    7. L'umiltà ci conserva; una bella e buona cosa, abbandonata, si perde: anche l'anima,
    senza gli atti di umiltà, si perde».
    III
    «Margherita, santa Teresa mi ha dato quattro pratiche sulla pazienza:
    l. Quando soffrite, pensate alla vostra debolezza, alle vostre miserie, pensate che un
    piccolo nulla come voi non merita che di soffrire. Guardate Gesù nella sua Passione:
    soffrirete tutto con amore, voi lo ringrazierete.
    2. Al fine di conservare la pazienza nella prova, considerate Gesù sulla Croce. Tutti lo
    ingiuriavano, tutti si burlavano di lui e dei suoi dolori; egli sopportava tutto in silenzio.
    Una figlia di Teresa deve soffrire con pazienza, in silenzio. Tutto pasa.
    3. Nelle vostre sofferenze, pensate che glorificate Dio. Sulla terra, il Signore fa tutto
    per voi: voi soffrite tutto per Lui. Pensate alla sua gloria; pensate anche che la santa
    Vergine sarà vostra Madre.
    4. Pensate che dopo le sofferenze, le umiliazioni, sarete in cielo. Oh! allora, quale non
    sarà la vostra gloria, la vostra gioia!».
    IV
    «Margherita, san Luca mi ha dato due pratiche sulla verginità:

    30
    1. Conservate con cura il profumo della verginità. Quando un liquore profumato è
    messo in un vaso, si chiude il vaso al fine di non fare evaporare il profumo. Fate così
    per la verginità; custoditela ben chiusa, e riprenderà il suo profumo in cielo.
    2. Custodite la verginità come gli alberi conservano la loro linfa. Occorre molto tempo
    agli alberi prima che portino frutto. Dio sarà il frutto della verginità in cielo e sulla
    terra.
    La verginità è come una luce vicino a Dio nel cielo».
    V
    «Margherita, san Giuseppe mi ha dato cinque pratiche sulla carità fraterna:
    1. Pensate alla colomba: ella si toglie il cibo dalla bocca per darlo ai suoi piccoli. È
    così che dovete essere caritatevoli per tutte le vostre sorelle: dimenticatevi, privatevi
    per gli altri.
    Se agirete in questa maniera, Dio lo considererà come fatto a se stesso.
    2. Guardate i pesci nel mare: vanno insieme in gruppi numerosissimi; marciate così
    insieme con la carità.
    3. Considerate le bestie prive di ragione. Quando una tra loro corre un pericolo, le altre
    l'avvertono. Soccorretevi così le une con le altre.
    4. Guardate le stelle: considerate come brillano e come fondono la loro luce, al fine di
    produrre tutte insieme una grande luce; producete così insieme, perfettamente unite,
    una grande luce di edificazione.
    5. Guardate i bambini appena nati: li si nutre con il latte; crescono a poco a poco
    grazie alla carità che si esercita nei loro riguardi; in seguito, mangiano per crescere
    maggiormente, per potere camminare. Per mezzo della carità, dovete nutrirvi le une
    con le altre, confortarvi e fortificarvi a vicenda».
    VI
    «Margherita, Gesù mi ha dato cinque pratiche sul silenzio:
    l. Il giorno passa, la notte trascorre senza rumore, trascorrono in silenzio. Conservate,
    anche voi, il silenzio; passate sulla terra in silenzio per trovare la gioia in cielo.
    2. Quando l'acqua sgorga dalla sua sorgente, sgorga senza rumore, senza intorbidirsi;
    scorre poi in silenzio: praticate così il silenzio.
    3. Quando si piantano le erbe, le piante, i roseti, si lasciano radicare in silenzio,
    crescono in silenzio; spandono il loro profumo in silenzio; cadono, muoiono in si-
    lenzio; fanno tutto in silenzio: fate lo stesso.
    4. L'uva si lascia cogliere in silenzio; si lascia gettare nel torchio e pigiare in silenzio;
    è allora che il vino è dolce. Il buon frutto diventa dolce grazie al silenzio: praticate il
    silenzio.
    5. Imitate il legno; si lascia tagliare in silenzio; si lascia dipingere del colore che si
    vuole in silenzio; si lascia bruciare in silenzio. Lasciatevi umiliare in silenzio; la-
    vorate, soffrite, fate tutto in silenzio. Il silenzio preserva per il cielo».
    Questi insegnamenti della novizia estatica facevano infuriare Satana. Egli ottenne il
    permesso di tentarla anche durante l'estasi. La suora lo raccontò alla Beata:
    «Margherita, il demonio mi ha detto: Hai parlato troppo, non sei sola. Io ho risposto:
    ma sì, qui sono sola insieme a Margherita; non ho parlato troppo, parlerei ancora;
    Gesù lo vuole, è Lui che mi ha detto di continuare. Lascia l'abito; da religiosa sarai
    sempre malata; ti si dovrà sempre curare. Ebbene, se mi si cura, lo si farà per l'amore
    di Gesù e Lui sarà glorificato. Vattene nel mondo, e avrai un portamento da gran

    31
    signora. Per tutta risposta mi sono burlata di lui. Va nel mondo, farai del bene ai
    poveri, invece qui, ti si fa l'elemosina: restare religiosa è umiliante. Vattene, Satana,
    non otterrai niente. Come l'uva dà il vino quando è rinchiusa nel torchio dove la si
    pressa, io voglio rimanere rinchiusa per dare a Dio il vino della purezza. Spogliati; nel
    mondo, potrai fare molte penitenze, potrai seguire la tua volontà. Vattene, Satana, io
    obbedirò; Gesù è stato obbediente fino alla morte».
    «Margherita, voglio raccontarti ciò che Satana mi ha detto ancora: il mio martirio
    all'età di tredici anni, è stato il più grande colpo che io gli abbia inferto. Satana, non
    ama il martirio. Mi ha dunque detto: Se avessi potuto sapere ciò che tu saresti
    diventata, avrei strangolato te, tua madre e tutti i tuoi familiari. Egli mi ha parlato così,
    Margherita, ma io, io sono niente; sono solo miseria, debolezza, nulla, è Gesù che ha
    operato in me. Satana mi ha anche rimproverata di essere fuggita e di essere, con ciò,
    la causa della desolazione dei miei parenti. Avrebbe voluto farmi credere che avevo
    commesso una grande colpa, gli ho risposto di aver agito sotto ispirazione divina e che
    Gesù e Maria avevano fatto tutto. È vero, Margherita, che io, senza Gesù, mi sarei
    persa da molto tempo. È Gesù che mi ha chiamata, ritirata dal mondo. È Maria che ha
    vegliato su di me. Mi ama tanto, Maria! Mi lamentavo un giorno con questa Madre di
    non essere morta all'epoca del mio martirio. Mi consolò dicendomi che sarei diventata
    martire d'amore». «Margherita, voglio recitarti la mia preghiera a Maria: Tu eri
    vergine nel mondo, oh! Maria. Chi avrebbe mai pensato che saresti diventata Madre di
    Dio? Sei la Madre di Dio, per la Tua umiltà. L'angelo del Signore è apparso a Maria
    per annunciarle la sua maternità divina. La Vergine, illuminata dalla luce potente di
    Dio, si umiliò pensando che Colui il quale ha creato il cielo e la terra stava per
    diventare suo Figlio. L'angelo parlava spesso alla Vergine Maria, e ogni volta che
    l'angelo parlava, Ella si umiliava. Oh Maria! quanto sei umile e amabile nella Tua
    umiltà!
    Maria era anche un modello di fede. Oh! quanto la fede di Maria era gradita al Padre
    celeste! Grazie alla sua fede faceva crescere Gesù in Lei tutti i giorni. Se noi avessimo
    questa stessa fede, Gesù crescerebbe anche nel nostro cuore. A motivo della sua fede e
    della sua umiltà, Maria non si sentiva degna di diventare la Madre di Dio.
    Sulla terra, i bambini non possono nascere senza una madre: e vengono alla luce per
    mezzo di una donna. È anche per mezzo di una donna che noi entriamo in cielo, e
    questa donna, è Maria. Dio apre il cielo grazie al Frutto di Maria. Dopo il peccato, gli
    uomini aspettavano il Frutto di Maria, di questa Vergine dolce, umile e santa. Sii
    benedetta, Maria, sii benedetta!».
    Passando in seguito a consigli di altro ordine, ma tutti nutriti della linfa evangelica,
    suor Maria di Gesù Crocifisso, sempre in estasi, aggiunse: «Un'anima, chiamata da
    Dio alla vita religiosa, dice: Voglio farmi religiosa per seguire Gesù, per praticare
    l'umiltà, per morire a tutte le cose e a me stessa. Il demonio viene; spinge quest'anima
    a curarsi per potere osservare la Regola. Se l'anima ascolta questa prima tentazione,
    Satana continua i suoi attacchi nello stesso senso. I desideri terreni penetrano
    impercettibilmente nello spirito di questa religiosa: trova che non è abbastanza vestita,
    abbastanza nutrita; crede che le altre sono curate meglio di lei. Cacciate questi
    pensieri, non pensate a voi, lasciate che i superiori pensino per voi. Sì, io dirò tutto.
    Vai via, Satana, non c'è nessuno qui, non c'è che Margherita. Vai via, non voglio
    niente da te, non ti conosco. Per essere una buona religiosa, bisogna annientarsi;

    32
    bisogna assolutamente assomigliare a un essere senza vita, a un bastone. La buona
    religiosa si accontenta di poco; non si lamenta mai; crede sempre che si faccia troppo
    per lei.
    Il demonio cerca, dopo la professione, di ispirare idee ambiziose. Si desidera essere
    consigliera, poi sottopriora, poi priora. Una volta ottenuto il primo posto, si vuole
    essere amata; non si è soddisfatta fino a quando non ci si sente dire: Mai abbiamo
    avuto una simile madre! Quante vittime di questa vana gloria vi sono all'inferno! Non
    credetevi capaci di occupare un posto qualunque, ancora meno il primo. Se Gesù
    permette che tu venga elevata, non ti rattristare, resta in pace. È sufficiente avere una
    grande fede, perché tutto vada bene nella comunità. Gesù fa tutto per una superiora
    che vive di fede, senza preoccuparsi di cose inutili. Annientati, sparisci interiormente;
    sii dolce, buona per le figlie che Dio ti ha dato. Imita in tutto Gesù, per fare imitare
    Gesù. Non desiderare i complimenti; le lodi passano. Tutto passa. Fin quando sei
    superiora, credi sempre di essere nulla. Sii buona, con semplicità e fiducia in Dio.
    Accostati a Dio sempre con umiltà. Un'anima che vive di fede e di semplicità, si
    conserva come la luce nella notte. Man mano che lascerete tutto sulla terra, troverete
    tutto nel cielo».
    Tali sono gli insegnamenti semplici, graziosi, sublimi e pratici che la novizia dettò,
    senza alcun dubbio, durante la sua estasi ininterrotta di un giorno e mezzo. Ritornata
    in sé, non ricordava nulla di ciò che era successo. Il suo primo grido fu: «Madre mia,
    da dove vengo? Dove sono? Mi dica ciò che ho fatto».
    A questa raggiante estasi seguì una tristezza mortale; l'espressione del suo viso
    cambiava in ogni istante, a volte diventava tutta nera. In preda a una vera ossessione,
    si dibatteva tra le mani delle consorelle. La reliquia della santa Croce e la sola parola
    obbedienza bastarono a calmarla in quel momento. Ma gli attacchi si moltiplicavano e
    diventavano sempre più forti, bisognò ricorrere alla potenza del sacerdote. Il Superiore
    della comunità fu chiamato e la sua presenza trionfò su Satana ma un'ora dopo la sua
    partenza, mentre si cercò di far prendere un po' di cibo a questa vittima, il demonio
    tornò alla carica gettando degli spilli nella porzione servitale, allo scopo di soffocarla.
    L'infermiera, che li vide, li tolse: essi erano neri e ricurvi come uncini. Il demonio ne
    gettò altri e la novizia ne ingoiò uno che restò infilzato nella gola: impossibile
    strapparlo. La suora soffriva un vero martirio. La Madre Priora allora le disse: per i
    meriti della santa Croce, getta lo spillo, e lo spillo cadde subito a terra. Alle tre, le
    condizioni della novizia migliorarono immediatamente, così come lei aveva predetto,
    e il suo viso divenne raggiante; tutta la comunità ringraziò Dio per la sua liberazione.
    Quanto all'umile fanciulla, ringraziava
    . soprattutto Gesù per essere stata vista così da tutta la comunità: «Dio mio, grazie,
    diceva, d'aver fatto conoscere la mia miseria; se non mi avessi custodita, avrei ceduto
    a tutte le tentazioni che i miei peccati hanno attirato su di me»; poiché, nella sua
    profonda umiltà, attribuiva tutto ciò che le andava accadendo alle sue colpe, alla sua
    natura corrotta, e si stupiva della carità delle suore nei suoi confronti.
    La Chiesa celebrava le Quarant'Ore; entravamo in Quaresima, durante la quale il
    prodigio delle stimmate doveva rinnovarsi, secondo la promessa della santissima
    Vergine.
    CAPITOLO V

    33
    Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla
    Quaresima del 1868 fino all'epoca della
    possessione
    Riportiamo a questo punto l'apprezzamento di Madre Elia sulla sua novizia, espresso
    nelle note prese su questo argomento per ordine del vescovo di Bayonne e del
    superiore del Carmelo, dal momento del suo ingresso al Carmelo di Pau. Ed è proprio
    da questi appunti che abbiamo preso i fatti relativi a questo periodo della vita di suor
    Maria di Gesù Crocifisso.
    «Per quanto mi è possibile, assumo il linguaggio della nostra suorina, per rendere con
    più esattezza lo stato di quest'anima. Confesso tuttavia che il mio compito è difficile e
    che questa relazione è spoglia del fascino legato alle parole e alle azioni della novizia
    e che dà tanto interesse ed espressione a tutto ciò che lei dice.
    Sento di non fare il suo ritratto che a metà. Occorrerebbe un'altra penna più esercitata
    per fare conoscere questa bella anima: la sua ingenuità, la sua semplicità, la sua
    umiltà, la sua generosità, la sua carità, il suo amore per Dio e per il prossimo, la sua
    costanza nel lottare contro il suo avversario che la perseguita senza posa, il suo amore
    per la vita nascosta, comune, ordinaria. Bisogna vederla e seguirla per farsi un'idea
    giusta di questa figlia. Tutto ciò che accade in lei di straordinario, sia nel passato che
    nel presente, viene da Dio? Non tocca a noi giudicarne; ma tutto ciò che possiamo dire
    è che, se lo spirito di Dio non ne fosse l'autore, la nostra novizia ci sembrerebbe più
    degna di ammirazione nel potere, sotto l'azione del demonio, restare fedele al suo Dio,
    piena di speranza in Lui, umile e piccola con se stessa, non cercando mai la stima delle
    creature, non volendo, in ogni cosa altro che la volontà di Dio e la sua più grande
    gloria. Ho ben sondato i suoi sentimenti e mai lei ha deviato dal suo cammino, il quale
    è quello di un'anima piena di rettitudine che cerca solo Dio». Ma continuiamo il nostro
    racconto.
    Il Mercoledì delle Ceneri, suor Maria di Gesù Crocifisso chiese ed ottenne di poter
    praticare la Regola, sapendo che non avrebbe più potuto durante la Quaresima. Infatti,
    l'indomani, soffriva talmente ai piedi e alle mani, che le era impossibile muoversi.
    Ecco la sua preghiera del mattino: «La mia preghiera, diceva, era con Gesù nel
    deserto. Entrandovi, ho visto la terra spoglia, gli alberi secchi. Nel momento in cui
    Gesù è apparso, la terra si è rivestita di verde; gli alberi si sono coperti di foglie, di
    fiori e di frutti. Gli animali hanno riconosciuto il loro Dio, gli uccelli hanno cantato
    perché percepivano la tristezza di Gesù. Tutta la creazione cercava di rallegrarlo e
    desiderava custodire Gesù. Ogni creatura studiava il modo per fargli piacere, solo le
    pietre erano insensibili. Né la luce, né il calore, né la rugiada, né la pioggia potevano
    fare loro del bene. Gesù diceva guardando le pietre. Peccatori, ecco la vostra
    immagine. Io vi mando l'acqua della mia grazia, e voi non ne approfittate più delle
    pietre. . Le anime fedeli dicevano a Gesù: Signore, donaci lo spirito di preghiera,
    alfine di potere guadagnare anime che ti serviranno come la terra ti serve nel deserto.
    Signore, siamo nude, rivestici del tuo amore; conservaci sempre nella tua presenza,
    alfine di potere sempre cantare le tue lodi per far gioire il tuo cuore: facci produrre
    fiori e frutti per la Chiesa.
    Gesù stette quaranta giorni nel deserto senza bere ne mangiare: digiunava per noi.
    Gesù aveva fame e sete di anime; piangeva, e mentre le lacrime scorrevano sul suo
    viso, diceva: Poveri peccatori, non entrerete in cielo, se non vi convertirete. Gesù mi
    ha mostrato nel deserto alberelli carichi di frutti e mi ha detto: Guarda questi piccoli

    34
    alberi e osserva come l'odore dei loro frutti profuma questo deserto: sono
    l'immagine dell'anima umile e piccola ai suoi occhi. Guarda, invece, quegli alberi alti,
    non hanno che frutti cattivi e anche l'odore dei loro frutti è cattivo: raffigurano l'anima
    orgogliosa.
    Gesù mi ha detto ancora: Guarda queste due persone: una è stimata da tutti; possiede
    tutti i doni della natura; è bella, ricca. Si compiace di se stessa; ricerca i piaceri terreni,
    ma agli occhi di Dio la sua anima è brutta. L'altra è povera, malata, disprezzata; ma il
    suo cuore è sempre con me, cerca solo di compiacermi, di fare la mia volontà. Oh!
    quanto è bella e ricca quest'anima ai miei occhi! quale gloria l'attende in cielo!
    Sentivo Gesù dire ancora: Peccatori, non vi chiedo perché avete peccato, ma perché
    non vi convertite affatto. Non guardo più il vostro passato, solo che veniate a me. Mio
    Padre ha creato per voi il cielo e la terra; venite, vi salverò.
    Gesù nel deserto pregava, pensava a noi, alle nostre debolezze. Vedendo Gesù
    piangere, tutti gli animali si fermavano vicino a Lui per piangere con Lui. Questa
    compassione degli animali aumentava la tristezza di Gesù, perché vedeva le bestie più
    sensibili degli uomini».
    Le sofferenze della novizia crescevano continuamente. La trasportarono in infermeria.
    Nel passare là vicino, le suore respiravano un profumo soavissimo che il suo corpo
    emanava; il suo velo e il suo mantello spandevano lo stesso profumo. Durante la notte
    i dolori furono atroci. L'indomani, primo venerdi di Quaresima, verso le sei del
    mattino, il sangue cominciò a stillare dalle mani e dai piedi; la corona di spine
    perfettamente disegnata attorno alla testa, stillò anch'essa sangue in abbondanza in due
    riprese, così come la piaga del costato. A mezzogiorno, il sangue si fermò ma le
    piaghe rimasero aperte. Diventavano più profonde ogni settimana fino a Pasqua.
    Indichiamo qui una volta per tutte il modo in cui si formavano le stimmate. Il
    mercoledì sera o il giovedì mattina di ogni settimana di Quaresima, le sofferenze
    della suora raddoppiavano di intensità; si vedeva in seguito una vescica grossa quanto
    la testa di un chiodo, apparire sulle mani e sui piedi; la vescica scompariva all'apertura
    delle stimmate per riformarsi otto giorni dopo. Dal sabato fino al mercoledì seguente,
    le piaghe non facevano che stillare sangue.
    li sabato della prima settimana di Quaresima, malgrado le sue vive sofferenze, suor
    Maria chiese ed ottenne di essere trasportata nel coro, al fine di potersi comunicare.
    Vide due angeli che assistevano il sacerdote sull'altare. Nostro Signore le apparve
    sopra il calice, sotto le sembianze di un incantevole bambino. Con le sue piccole mani,
    benediceva le suore. Tutto ad un tratto, lo vide crescere fino a prendere la statura di un
    uomo: si offriva al Padre per le anime. Questa visione la rese felice; avrebbe voluto
    tuttavia capire come Gesù fosse allo stesso tempo in cielo e dovunque vi fossero ostie
    consacrate: Che questo mistero non ti stupisca, le disse il Signore, la luce naturale non
    è dappertutto contemporaneamente? E perché l'Autore della luce non potrebbe essere,
    con il suo Sacramento, contemporaneamente in diversi luoghi?
    Le estasi, durante tutta la Quaresima, furono quotidiane. Santa Teresa, san Giovanni
    della Croce e molti altri santi, la santa Vergine e nostro Signore stesso la visitarono.
    Allorquando la Madre di Dio le appariva, la sua gioia era più grande: «O Madre mia,
    diceva, quanto sei bella, quanto sei bella! Non sono degna di essere tua figlia, sono la
    tua serva, la tua umile serva».

    35
    Santa Teresa le fece capire che, se in ogni monastero ci fossero tre religiose ricolme
    del vero spirito della vocazione, Dio, grazie ai loro meriti, avrebbe usato misericordia
    alle consorelle e risparmiato persino le città in cui si fossero trovati simili tesori.
    Le stimmate aperte riempivano suor Maria di confusione. Un giorno che supplicava
    Nostro Signore di farle scomparire, Gesù le rispose: Guarda i frutti che si producono
    sotto terra: crescono e nessuno gioisce alla loro vista. Guarda, invece, un roseto
    esposto agli occhi di tutti: produce boccioli che diventeranno belle rose il cui profumo
    investe tutti coloro i quali vi si avvicinano; questo profumo non è per il roseto, bensì
    per gli altri, il roseto non ha per sé che sterpi e spine. Allo stesso modo, scelgo certe
    anime per essere glorificato in loro; i doni esteriori che accordo loro non sono per se
    stesse, ma per gli altri; queste anime non conservano che la sofferenza, la quale è
    come la spina della rosa, ma dopo che avranno molto sofferto, faranno come la rosa
    che si schiude, spanderanno il mio soave profumo e andranno a fiorire nel cielo.
    Guarda, le disse ancora Gesù, il frumento: si semina il grano nella terra, marcisce,
    muore e poi spunta, la spiga si forma all'estremità del gambo grazie alla mia potenza e
    coloro i quali la vedono ammirano la provvidenza di Dio e la sua bontà. Né la spiga né
    la rosa crescono grazie a loro stesse, hanno bisogno della terra per nutrirsi, del calore
    del sole e della rugiada per crescere; allo stesso modo un'anima non può, per sé stessa,
    fare niente per Dio. È Dio che lavora in lei, che si glorifica in lei, che cresce in lei
    nella misura in cui l'anima si eclissa, scompare e si annienta.
    Questo linguaggio le fece comprendere che il Salvatore non voleva esaudirla. Senza
    scoraggiarsi, si rivolse allora alla santissima Vergine ma anche Maria, sempre
    conforme alla volontà del suo Gesù, rifiutò. La novizia ricorse a santa Teresa: «Madre
    mia, le disse, perché introdurmi nel tuo Ordine, se non mi ottieni di praticare la
    Regola? Da quando ho preso l'abito, sono sempre malata; se non mi guarisci, mi si
    dovrà mandare via e tu sarai la causa del mio rientro nel mondo». Dicendo queste
    parole, sembrava facesse il broncio alla Santa. La lotta tra la madre e la figlia fu lunga
    e santa Teresa finì per cedere. «Sarò guarita a Pasqua, sarò guarita a Pasqua, esclamò
    la suora tutta gioiosa: la mia madre Teresa me lo promette da parte di Dio. Dopo una
    breve convalescenza, spero di poter fare seriamente il mio noviziato».
    I due primi venerdi di Quaresima, suor Maria era nel suo stato solito, quando le
    stimmate si aprirono: impossibile esprimere la sua pena e la sua confusione nell'essere
    vista dall'infermiera. Scongiurò la Priora di lasciarla sola durante gli altri venerdì.
    Quella, che non voleva che la novizia supponesse l'aspetto soprannaturale del suo
    stato, le rispose: Sei un'orgogliosa! Desideri essere sola il venerdì, perché costa al tuo
    amor proprio di essere vista così. Ebbene! voglio, per tua umiliazione, che tutte le
    suore siano presenti quando questa malattia si mostrerà di nuovo. II terzo venerdì della
    Quaresima, la sua maestra la sorvegliava durante la Messa. Al momento della
    Elevazione, la novizia ebbe un rapimento. Subito il sangue colò in abbondanza dalla
    sua testa, dalle sue mani e dai suoi piedi. Dopo il ringraziamento, la comunità si recò
    in infermeria per essere testimone del prodigio. Era la prima volta che tutte le suore
    riunite contemplavano le sue stimmate. Si credettero trasportate su un nuovo Calvario:
    guardavano in silenzio, con il cuore pieno di una emozione indefinibile, con gli occhi
    pieni di lacrime. Si fece entrare il Superiore della comunità per constatare il prodigio.
    Egli posò un dito su una delle sue piaghe: a questo semplice contatto, tutto il corpo
    della novizia tremò. La benedisse e subito la suora esclamò sempre rapita: «La parola

    36
    di Dio è scesa su di me». Durante questa lunga estasi, ella parlava del nulla della
    vita, dell'accecamento dei peccatori, della perdita delle anime, dei malanni della
    Chiesa: «Signore, diceva singhiozzando, abbi pietà di noi! Santa Vergine, allontana le
    disgrazie che ci minacciano. Prega per la Chiesa. Verrà ben presto la guerra; come
    pregherò per la Chiesa!».
    Il 16 marzo, così raccontava la sua estasi, che era durata tutta la giornata: «Vedevo,
    diceva, Gesù su una strada; egli lasciava, dietro di sé, camminando, una grande luce
    che illuminava le anime fedeli. Seguendo Gesù e la sua luce, si evitavano le spine,
    l'acqua, il fuoco e i serpenti. II Salvatore camminava sempre e svelto. Molte persone si
    erano messe al suo seguito ma ben presto la maggior parte si fermò. Ce n'era tuttavia
    un numero abbastanza grande che continuava a camminare dietro di Lui: esse
    godevano della luce, mentre quelle che si erano fermate non vedevano più che tenebre.
    Vedendomi a metà cammino, mi fermai un istante per riprendere fiato; Gesù sembrava
    aspettarmi vedevo la sua luce. Ma, quale non fu la mia confusione, quando scorsi un
    gran numero di anime che venivano a raccomandarsi alle mie preghiere! Non sapendo
    che fare, entrai in una chiesa, aprii il tabernacolo con un'ardire che mi fece meraviglia;
    depositai nel ciborio tutte le preghiere che mi erano state richieste e aspettai. Gesù
    comparve, prese il ciborio pieno di queste preghiere e lo vuotò nelle sue mani; gli
    Angeli attinsero dalle sue mani adorabili le grazie ottenute con queste preghiere e
    andarono a portarle a tutte quelle anime».
    In un'altra estasi, santa Teresa le disse che non era contenta, perché si era troppo
    occupata di sé; aggiunse che le sue figlie devono dimenticare se stesse per pensare ai
    peccatori; rassomigliare ai bambini che lasciano ai loro genitori la cura di tutto ciò che
    li riguarda. Se un'anima, disse, pratica il disprezzo di se stessa e se cammina dietro alle
    altre, sarà grande ed innalzata nel cielo.
    Un altro giorno, ella disse, sempre in estasi: «Ho preso il santo abito qui, ma non vi
    farò la professione: pronuncerò i miei voti nelle Indie. Resterò a lungo novizia. Padre
    Elia, tu lo sai, che andrò a piantare laggiù la rosa di Teresa».
    Passando in seguito a consigli più pratici, aggiunse, sempre nel rapimento: «La mia
    Madre Teresa era fedele nelle piccole cose. Le anime sbagliano spesso cercando di
    fare delle grandi penitenze. Tutto ciò non è niente se non si è fedeli alla Regola. La
    Regola di Madre Teresa è così saggia! è tutta contro natura. La Regola è la nostra
    madre. Ci sembra qualche volta che se non facciamo più della Regola, aggiungendovi
    qualche cosa di straordinario, non ci salveremo: è un errore. Ecco ciò che mi ha detto
    la santissima Vergine: Se una suora assolve tutti i punti della Regola senza
    aggiungervi niente, va diritta in cielo. Se un'altra suora, facendo più della Regola, non
    ha il vero spirito della Regola, non andrà diritta in cielo. Pratichiamo la Regola, tutta
    la Regola, con il vero spirito della Regola e otterremo tutto da Dio. Lo Spirito della
    Regola è tutto lo spirito della Croce.
    È bene essere disprezzata, non essere che niente; è bene stare nella tristezza sulla terra
    per essere glorificata nel cielo. Ogni anima che cerca il disprezzo sulla terra, avrà la
    gioia nel cielo. Tu, o anima, non sarai sempre disprezzata, non sarai sempre sofferente,
    sempre povera; la prova non è fatta per durare sempre. Cerca dunque le occasioni di
    umiliarti. Se ti si rimprovera di fare ogni sorta di male, ringrazia. Tutto passa sulla
    terra, non vi resterai sempre. Raccogli meriti ogni giorno. Ogni volta che sarai

    37
    disprezzata, che ti si mortificherà, che si frantumerà la tua volontà, rallegrati: tutto
    ciò vale per il cielo.
    Quando nostro Signore è venuto sulla terra, ha posto san Giuseppe sopra di sé, per
    poter obbedire; voleva così farci capire il merito dell'ubbidienza. Padre Giuseppe!
    Madre Teresa, scoprirete che non avete sofferto abbastanza. Mille anni di sofferenze
    non sono niente, poiché noi saremo in seguito per sempre in cielo. Felice l'anima che
    soffre!».
    La vigilia delle Palme, ella diceva in estasi: «Tutto passa. Mio Dio, copri con la tua
    misericordia i poveri peccatori. Se comprendessero la tua parola, se conoscessero la
    tua presenza nel tabernacolo, se si ricordassero che tutto passa, si convertirebbero.
    Poveri peccatori! Chi fa tutto per voi? È Dio; sì, è Dio che vi fa crescere, che vi dà la
    salute, le ricchezze. Perché offendere colui che vi dà tutto? Peccatori, andate a Dio,
    ascoltate la sua parola».
    Alcuni istanti dopo, aggiungeva, rivolgendosi alla Chiesa: «Chiesa Madre mia, rosa
    mistica, io ti amo. Spirito Santo, scendi sulla Chiesa, sui sacerdoti, illumina i figli
    della Chiesa».
    Scorgendo Gesù esclamava: «Ti saluto, ti saluto, o mio Gesù, ti adoro, ti amo, ti do
    tutto ciò che ho, mi dono a te per il tempo e per l'eternità».
    Entriamo nella grande settimana giustamente chiamata dalla Chiesa la Settimana
    Santa. La domenica delle Palme, il divin Maestro non le fece più sentire la sua
    presenza; ella fu in preda all'angoscia, circondata da tenebre e come abbattuta sotto il
    peso dell'iniquità del mondo. Si comprendeva, guardandola, che condivideva i
    tormenti interiori dell'agonia di Gesù. Il suo sbigottimento era estremo, le sue parole
    smorzate. Diceva: «La mia anima dorme; i serpenti sono pronti per divorarmi. Tutte le
    bestie, tutti i nemici mi attendono per farmi del male, per uccidermi. Signore,
    risvegliati col tuo amore. Sono in un sentiero stretto e pieno di buchi: Signore, tienimi,
    sto per cadere nel fuoco, nell'acqua. Ho paura di cadere: Signore, sostienimi. Tutti i
    mali mi circondano: Signore tienimi; traimi dalla neve; soffro, sono ghiacciata:
    riscaldami col tuo amore. Sono nella notte; rischiarami con la tua luce. Signore, tu sei
    la mia speranza, la mia gioia, la mia felicità. Spero in te, spero in te».
    Le apparve santa Marta. Suor Maria le disse: «Marta, guarda il tuo Maestro pregare,
    offrire tutto a suo Padre, fare con gioia il sacrificio della sua vita per salvare le anime.
    Marta, Gesù cammina; vede le anime dormire, vede i peccatori perdersi. Marta, sto per
    dirti ciò che Gesù mi ha mostrato: mi ha mostrato cinque sentieri. Nel primo, vedo le
    anime che dormono di un sonno profondo e pesante. I serpenti circondano queste
    anime. Gesù grida loro: Svegliatevi, altrimenti le bestie vi divoreranno. Nel secondo
    sentiero, vedo le anime come sprofondate in un abisso; per uscire da questo abisso,
    Gesù presenta loro un'unica scala: la scala della sofferenza, ma queste anime non
    hanno il coraggio di salire per questa scala. Nel terzo sentiero, vedo le anime cadere
    nelle fosse; un po' di vento e perfino un po' di fumo basta per gettarvele: è il vento, è il
    fumo della vanagloria. Nel quarto sentiero, vedo una montagna di neve e delle anime
    tuffate in questa neve; esse hanno perduto la carità. Nel quinto sentiero, vedo le anime
    tutte occupate di fiori, di piaceri, e dietro ad esse, vedo il fuoco che le segue, che sta
    per raggiungerle».
    Il Giovedì Santo, alle due del pomeriggio, sudò sangue. Un profumo delicato,
    emanava da questo sangue e i lini di cui ci si serviva per asciugarlo, conservavano

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    questo stesso profumo. Un po' più tardi, pati il supplizio della flagellazione. La
    Priora e due suore, che erano presenti, sentivano in maniera distinta i colpi di frusta
    che si abbattevano su questa vittima. Tutte le circostanze della Passione passarono sot-
    to il suo sguardo durante la notte: il suo corpo e la sua anima parteciparono a tutti i
    dolori, a tutte le angosce del suo adorabile Maestro. L' indomani, anniversario della
    morte di Gesù, le suore ebbero nella sua persona una rappresentazione al vivo del
    sacrificio della croce: il sangue scorreva da tutte le sue stimmate. Una volta lavate, si
    constatò che la carne era talmente trasparente nel posto dei piedi e delle mani, che da
    esse si scorgeva la luce.
    Il Sabato Santo, ella si rallegrò e pregò a lungo con santa Maria Maddalena; cantò
    l'Alleluia con questa santa e con una folla di altri santi che vennero a visitarla. Tanto
    amabile con le sue sorelle quanto lo era con gli abitanti del cielo, ella ricevette, con la
    più viva allegrezza l'Alleluia che le suore le portarono, alla fine della sua estasi. Le era
    impossibile stare in piedi. Ma non appena la Priora le ebbe ordinato di alzarsi e di
    recarsi nel coro, si alzò subito e andò a cantare l'ufficio.
    Le sue forze ritornavano lentamente; ella poté tuttavia lasciare abbastanza presto
    l'infermeria. Il suo desiderio sarebbe stato di poter praticare la Regola ma Nostro
    Signore le fece ancora capire che ella non lo avrebbe potuto realizzare a lungo, per
    essere mantenuta nell'umiltà. Non essendo esaudita su questo punto, scongiurò Gesù di
    toglierle almeno quel sonno che la tormentava tanto. Il divin Maestro non l'ascoltò
    nemmeno in questo: i suoi rapimenti continuavano ad essere frequenti, soprattutto nel
    coro. Quasi tutte le sue notti trascorrevano nell'estasi. Ella non teneva in alcun conto
    questi favori, considerandoli come una infermità che il Signore le dava in espiazione
    dei suoi errori. Giammai ne avrebbe parlato se non gliene fosse stato fatto un ordine.
    Le sue colpe, ecco ciò che lei amava confessare: quelle le avrebbe urlate dai tetti. Nel
    mese di maggio, il Carmelo ricevette la visita di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne,
    il quale fece una esortazione alle suore nella sala del capitolo. Poi il pio Prelato parlò
    della sublimità del santo sacrificio della messa. Le suore che erano accanto alla
    novizia si accorsero, dopo alcuni istanti, che ella lottava per non andare in estasi, ma
    fu invano: fu rapita e restò in questo stato fino a quando sua Eccellenza ebbe finito di
    parlare; una sola parola della Priora la fece ritornare in sé. La sua confusione fu
    estrema: «Avrei preferito morire, disse alla Priora, piuttosto che essere vista durante il
    mio sonno». Le confessò che, mentre Monsignore parlava, Nostro Signore si era
    presentato a lei tutto straziato e coperto di piaghe e che era stata questa vista che
    l'aveva fatta uscire di sé.
    Suor Maria era stata incaricata dalla Priora di adornare l'eremitaggio dedicato a Nostra
    Signora del Monte Carmelo. Niente poteva esserle più gradito. Tutto ciò che c'era di
    più bello e di più fresco nella natura era per la sua Madre del cielo. Ogni giorno
    approfittava del primo momento libero per passarlo ai piedi della santissima Vergine.
    Il 24 maggio di quell'anno 1868, molte suore si erano recate in questo eremitaggio per
    recitare il rosario, trovandovi la piccola novizia che pregava col suo solito fervore. Il
    suo cuore si infiammava e sembrava traboccare d'amore; era rapita e prorompeva in
    trasporti: «O amore, o amore», esclamava. Si intrattenne prima con san Paolo, in
    seguito con una religiosa: «Di quale ordine sei?» le disse la novizia con un fare del
    tutto disinvolto. Sono dell'Ordine di Santa Maria, rispose questa. Dimmi il tuo nome,
    riprese suor Maria. La sconosciuta rifiutò. La novizia insistette e, per farla decidere a

    39
    dirlo: «lo ti dirò, per prima, il mio nome, affinché tu mi dica il tuo: sulla terra, io mi
    chiamo la peccatrice, in cielo sono la figlia di Maria dell'Amato Bene». Il loro
    colloquio durò alcuni istanti senza che la sconosciuta desse risposta su questo punto,
    poi vennero altri santi e sante, ma colui che la novizia cercava non era là ed era Gesù
    che le occorreva, era lui che ella chiamava: «Mio Amato Bene, dove sei? Chi ha visto
    il mio Amato Bene? Io l'ho cercato e non l'ho trovato. Mio Amato Bene, io cammino,
    io corro, io piango, non ho trovato il mio Amato Bene. O Gesù, mio Amore, non posso
    vivere senza di te! Dove sei, Amato Bene? Chi ha visto il mio Gesù? Chi ha trovato il
    mio Amatissimo? Tu lo sai, Amore mio, tutta la terra è niente senza di te, tutta l'acqua
    del mare non basterebbe a ristorare il mio cuore». Attirato da simili accenti, Gesù si
    mostrò, trafisse il suo cuore e lo inebriò di gioia e di sofferenza. In ginocchio, gli occhi
    fissi sull'unico oggetto della sua tenerezza, ella sollevò il santo abito nel posto del
    cuore, gridando: «Basta, basta, o Gesù, non ne posso più; morirò di dolore e di
    rapimento». Un istante dopo, aggiunse con un sorriso celestiale: «Chi ha consolato il
    mio cuore? Tu, Amato mio Bene. Chi l'ha ristorato? Tu, Amor mio». Pregò in seguito
    per il Santo Padre, per i cardinali, per i vescovi, per tutto il clero, per i re, per i magi-
    strati, per il popolo, per gli Ordini religiosi, in particolare per la comunità. Scorgendo
    santa Teresa, le gridò: «Madre Teresa, Gesù ha trapassato il mio cuore!». Mai, nel suo
    stato ordinario, parlò di questa grazia; per lungo tempo lavò in segreto la biancheria
    che le serviva per asciugare la piaga sanguinante del suo costato. Sorpresa un giorno
    durante questa operazione, dovette confessare tutto alla Priora. Sembrando le sue
    sofferenze più vive che nel passato, vi si applicarono delle bende e ci si accorse che il
    sangue vi aveva impresso una croce molto chiara leggermente inclinata sulla sinistra,
    ai piedi della quale si vedevano due segni, nei quali sembrava abbastanza chiaro di
    leggere una O e una J, forse: O Jesus!
    Satana domandò a Dio il permesso di provare la novizia come un altro Giobbe e
    ottenne di possedere il suo corpo per quaranta giorni. Questa possessione fu an-
    nunciata a suor Maria non molto tempo prima. Durante l'ottava di Nostra Signora del
    Monte Carmelo, le sembrò che Nostro Signore la mettesse in una prigione molto
    oscura: Io ti vedo, ciò basta, le diceva il Salvatore, resta là senza dire niente. La santa
    Vergine, a sua volta, venne a immergerla come in un lago circondato da serpenti e le
    disse: Io sono tua madre, sono io che ti metto in quest'acqua; non ti muovere. Tu non
    mi vedrai, ma io veglierò su di te.
    La novizia parlò a santa Teresa della sua futura prova, annunciata da Gesù e da Maria:
    «La mia buona Madre mi ha detto che non la vedrò affatto per quaranta giorni. Mi ha
    detto ancora che devo entrare in un sentiero tenebroso, pieno di fosse e di serpenti e
    che, entrandovi, sarei tutta insanguinata. Ha aggiunto che un piccolissimo numero di
    anime passa per questo sentiero. Gesù mi ha assicurato che tu stessa, o Madre mia,
    non vi sei mai passata. In mezzo alle tue tentazioni, a tutte le tue aridità, a tutte le tue
    prove, tu hai potuto sempre pronunciare il nome di Gesù nel profondo del cuore ed
    esprimerlo con le labbra, mentre io, una volta che sarò in questo sentiero, non potrò
    dire e fare niente di simile. Gesù sta per dare a Satana il potere di tormentare il mio
    corpo per quaranta giorni: soffrirò molto. Il demonio non avrà potere che sul mio
    corpo; la mia anima sarà nascosta. Gesù mi ha promesso di chiuderla in uno scrigno,
    dove Satana non saprebbe raggiungerla. Il demonio mi farà commettere molti errori
    all'esterno, senza che io pecchi; la mia volontà non sarà per niente consenziente.

    40
    Somiglierò ai bambini nei quali la ragione dorme e che sono perciò incapaci di
    qualsiasi peccato».
    «Satana vorrebbe essere il mio padrone; ha chiesto il permesso di provarmi. Gesù e
    Maria mi custodiranno, e così, cercando di farmi cadere, il demonio mi farà crescere
    davanti a Dio. Sì, sì, Satana, io diventerò più grande agli occhi di Dio, grazie alla tua
    malizia. La Madre mia ti ha schiacciato la testa, anche io ti vincerò, con Maria e con
    Gesù. Santa Vergine, accordami di poter pronunciare il nome di Gesù, come la mia
    madre Teresa, durante questi quaranta giorni». Maria rifiutò: «Ebbene, riprese la
    novizia, la volontà di Dio!». Un istante dopo riprendeva: «Che possa almeno dire:
    Signore, abbi pietà di me!». Maria rifiutò ancora: «Accetto dunque tutto, esclamò
    questa mirabile vittima; mi offro a tutto ciò che il buon Dio vorrà. Comprendo che se
    potessi dire queste parole, non soffrirei abbastanza. Gesù vuole che io soffra senza
    consolazione. Berrò il calice come Gesù, e ancora non ne berrò che una goccia, mentre
    Gesù l'ha bevuto tutto intero!». L'orazione si svolse così, poi ella ritornò in se stessa.
    L'indomani, rivide la sua buona Madre in una nuova estasi, ed anche santa Teresa.
    Suor Maria parlò ancora con la santa Vergine del sentiero nero, della piccola porta che
    vi dava accesso e dove si leggevano solo parole che esprimevano l'intensità delle pene
    che doveva sopportarvi. Poi la Regina delle Vergini le disse: Quella che ti tiene la
    mano avrà l'autorità per farti obbedire. Madre Elia` la teneva effettivamente, ma la
    suora non vedendola, rispose alla Santa Vergine: «Mia buona Madre, io sono sola con
    te, nessuno mi tiene la mano...».
    Si avvicinava mezzogiorno; la novizia sembrava comprendere che il momento della
    separazione arrivava. Le sue espressioni erano brucianti d'amore verso Maria ma la
    sua pena di non vederla più durante i quaranta giorni era molto viva... «Domenica,
    diceva (era l'indomani), sarò nel mare della prova. O mio Dio, offro tutto per la
    Chiesa, per il Santo Padre, per la comunità, per tutto l'Ordine, per i sacerdoti, per i
    parenti delle suore, per le anime del Purgatorio. Quando sarò nell'acqua, non potrò né
    dire, né fare alcunché. O mio Dio, io offro oggi con amore tutto per te, in unione con
    Gesù».
    A mezzogiorno, ritornò in sé ed impiegò la fine della giornata ad assolvere i suoi
    piccoli doveri di novizia. La sera, durante l'orazione, nostro Signore le si presentò, le
    mise sulla spalla una enorme croce e si ritirò. Il peso di questa croce le fece provare
    vivi dolori. Il collo e la spalla gonfiarono; non poteva più fare alcun movimento. Lo
    disse alla sua maestra, così come la promessa che Nostro Signore le aveva fatto di
    chiamarla a sé prima della fine della prova, se non avesse potuto sopportarla fino alla
    fine: «lo credo, Madre mia, aggiunse, che non potrò arrivare al quarantesimo giorno,
    perché non sono che debolezza. In questo caso, mi farà fare la professione, prima di
    morire?» Madre Elia le rispose: Spero che la Madre Priora, e le suore del capitolo ti
    accordino questa grazia, perché tu muoia sposa di Gesù.
    Suor Maria vedeva avanzare verso di lei come un involucro nero nel quale doveva
    entrare. La domenica mattina rivide la grande croce che Nostro Signore le aveva dato
    la vigilia avanzare verso di lei e posarsi sulla sua spalla. Alle dieci, vide come uno
    scrigno nel quale doveva essere rinchiusa. Ancora due ore e questa possessione
    straordinaria comincerà: «lo devo combattere, aveva detto in estasi, nove re e nove
    nazioni, prima di arrivare alla cima della montagna dove si trova Gesù», indicando,
    con queste parole, la sua possessione da parte di nove successive legioni di demoni.

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    CAPITOLO VI
    La possessione 26 luglio - 3 settembre 18684
    L'ora era arrivata: la lancetta segnava mezzogiorno sul quadrante. Il viso di suor Maria
    di Gesù Crocifisso si fece scuro, un leggero tremito agitò le sue membra: il demonio
    era già entrato. Che cosa balbetta? esclamò attraverso la bocca della posseduta,
    sentendo recitare l'Angelus. Oh! come siete nere! Getta per terra la corona del rosario
    dicendo: Che cosa sono tutte queste sciocchezze? Imbecille, aggiunse rivolgendosi a
    una suora che baciava il suo crocifisso, tu baci un pezzo di legno. È Gesù, rispose la
    suora, è il buon Dio. Non c'è Dio, urlò Satana. Dove è la piccola Araba? Andate a
    cercarla.
    La posseduta battè con forza sul suo corpo: domandò un coltello per tagliare i brutti
    segni (le stimmate). A un certo momento, si girò verso una religiosa che aveva
    assecondato la sua natura in una cosa di minima importanza: «Tu, le disse, tu non sei
    nera come le altre, perché hai mancato ad un atto di comunità. Ciò è bene per me. Non
    seguite la comunità; domandate sempre delle cose particolari». Si alzò un istante dopo
    e si diresse verso la porta del chiostro: «Andiamo, andiamo, esclamò, seguitemi tutte,
    andate nel mondo, uscite da questa brutta casa, venite a godere dei piaceri della terra».
    Alla vista della Priora esclamò: «Chi è questa vecchia donna? Io non la conosco». Il
    gran silenzio suonò; ella parlò più che mai, e spinse le altre ad imitarla. Tentò di
    allontanare le suore incaricate di assisterla, mentre si sforzò di trattenere quelle che il
    dovere chiamava altrove. E raccomandò soprattutto di non fare niente di ciò che
    diceva la vecchia donna (la Priora).
    Questa prima legione di demoni diceva: Noi non siamo cattivi, noi; non siamo che dei
    piccoli sudicioni; quelli che verranno dopo di noi lo saranno molto di più. Per otto
    giorni, il Maestro (Dio) ci ha obbligato ad obbedire alle due vecchie (la Priora e la
    Maestra delle novizie). La settimana prossima, occorrerà un sacerdote per fare
    obbedire quelli che verranno, e la terza settimana, solo le maniche violette (il vescovo)
    potranno sottometterci.
    Non si lasciò la novizia un solo istante, perché i demoni non cercavano che di
    ucciderla. La si trascinava, malgrado resistesse, alle istruzioni del rito, predicato dal
    Rev. abate Manaudas, Superiore del Gran Seminario di Bayonne. La parola di Dio
    irritava il demonio al di là di ogni espressione; spesso, egli interrompeva il
    predicatore, soprattutto quando costui l'interpellava. No, no, esclamava, tutto ciò non è
    vero; questo vecchio mente; io lo schiaccerò; ed accompagnava queste minacce con i
    gesti più espressivi. Il sacerdote non era affatto spaventato da queste grida. Alla fine
    dell'istruzione, egli faceva avvicinare, in nome dell'obbedienza, la posseduta alla grata;
    comandava al demonio di uscire da quel corpo e il demonio era obbligato ad obbedire
    dopo molte resistenze. La suora, liberata un istante, diceva tutta in lacrime: «Padre
    mio, dove sono? Padre mio, il buon Dio mi ha abbandonato. Io non amo più né Dio né
    la santa Vergine. Tutti mi hanno abbandonata, perfino le suore». L'abate Manaudas le
    rivolgeva parole consolanti e l'incoraggiava: «Padre mio, lei riprendeva, io voglio
    sempre soffrire, io non voglio offendere Dio. Se io potessi un poco amarlo, sarei
    contenta». Tu l'ami, sorella mia, le diceva il sacerdote; fa' un atto d'amore con me; ed
    ella ripeteva, come un bambino, ogni parola pronunciata dall'abate Manaudas. Ma
    aggiungeva subito: "Io mento, Padre mio, io mento", e il demonio entrava di nuovo nel

    42
    suo corpo. Ella si alzava allora con fierezza, teneva testa al sacerdote, batteva
    col piede la terra, e quando costui chiamava suor Maria di Gesù Crocifisso, il demonio
    gridava: Non c'è; non verrà. Se il demonio era forzato ad uscire ancora nel nome di
    Gesù, era per rientrare quasi immediatamente.
    Durante questa prima settimana, la legione dei demoni annunciò anzitutto ciò che
    doveva accadere fino alla fine della lotta. Essi confessarono che non potevano
    pronunciare la parola giovedì, a causa dell'istituzione dell'Eucarestia, e che era loro
    proibito di riunirsi dal giovedì al venerdì sera a causa del mistero della Redenzione:
    Ogni sera, dicevano, noi rendiamo conto al nostro capo delle vittorie: colui che ne ha
    riportate un più grande numero comanda su tutti l'indomani. Satana avrebbe voluto
    turbare il sonno della comunità. Una notte esso mandò grida spaventose; la sua
    intenzione era di fare mancare al silenzio ma non poté riuscirvi, e il sacerdote gli
    ordinò di tacere da allora in poi durante la notte.
    Questo sentimento di odio investiva soprattutto la vita della posseduta. Ella sfuggì, un
    giorno, alla sorveglianza delle suore e si gettò, da molti metri di altezza, in una riserva
    piena d'acqua. La caduta avrebbe dovuto, se non ucciderla, almeno provocarle gravi
    ferite. E non si fece tuttavia alcun male, per una protezione speciale della santa
    Vergine, cosa che Satana stesso fu forzato a confessare.
    Durante la ricreazione, si conduceva questa povera vittima in giardino. Il demonio
    temeva, al di sopra di tutto, il romitaggio del Monte Carmelo, ove Gesù le aveva
    accordato tante grazie. La posseduta non voleva avvicinarvisi, e ancor meno entravi:
    occorreva l'ordine intimato dai superiori per trionfare delle sue resistenze. Non appena
    toccava la soglia di questo romitaggio, il demonio la lasciava. La si vedeva, inondata
    di lacrime, lamentarsi con Maria di averla abbandonata. Ma Satana ritornava presto, e
    subito esclamava: Usciamo di qui, usciamo di qui!
    La lotta durava da otto giorni. Secondo la sua predizione, la suora fu liberata la
    domenica e poté confessarsi e comunicarsi: «Ero in un mare nero, diceva; ora posso un
    po' sollevare la testa;
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:30
    43
    Se Gesù aveva abbandonato il corpo di suor Maria a Satana, gli aveva nello
    stesso tempo proibito di dire o fare qualcosa contro la purezza. Durante l'attacco più
    forte, le sue gambe si scoprirono un poco e il demonio gridò subito: Coprite la piccola
    Araba; il Maestro ci ha proibito di fare alcunché contro la modestia, perché lei non ha
    mai peccato su questo punto. Noi non abbiamo che il potere di cercare di ucciderla.
    Questa cattiva Araba, io la annienterei, diceva Satana; avrei voluto soffocarla nel seno
    di sua madre. Più avanza in età, più la mia rabbia aumenta, soprattutto a causa dei suoi
    segni (le stimmate). Datemi uno dei suoi occhi, uno delle sue dita, ed io riempirò d'oro
    una delle vostre celle.
    Satana avrebbe voluto impedirle di mangiare, per farla morire, ma Madre Elia
    trionfava su questo punto sullo spirito infernale. Esso usava tuttavia largamente del
    permesso di tormentare il suo corpo: si sarebbe detto che delle unghie di ferro fossero
    passate sulle membra della vittima. Il suo corpo era agitato come un'acqua che il vento
    solleva. Le sue grida erano spaventose, le sue sofferenze orribili. Le sue forze si
    decuplicavano, impossibile tenerla. La parola del sacerdote aveva in quel momento
    una grande potenza sulla posseduta. Ella baciò con amore una stola che era stata
    posata su di lei a diverse riprese durante la crisi: «Questo, ella disse, è un indumento
    della mia santa madre Chiesa». Per ordine del sacerdote, come abbiamo
    precedentemente detto, il demonio conservava il silenzio durante la notte; però si
    ripromise di vendicarsi della violenza che gli era imposta. Si rallegrava della prossima
    partenza dell'abate Manaudas. Avendolo le suore avvertito, costui proibì al demonio,
    in nome di Gesù, di fare alcunché durante la sua assenza. Esso fu costretto ad
    obbedire.
    Satana rendeva suor Maria ora sorda, ora muta; i superiori non avevano che da dirle:
    Per obbedienza, parla; per obbedienza, senti e la novizia parlava e sentiva. Dov'è
    l'Araba? diceva di tanto in tanto il demonio furioso. Se potessi raggiungerla, che gioia!
    lascerei in pace tutta la comunità.
    Si voleva costringere il demonio a parlare in latino: No, no, disse, io non vi ac-
    consentirò mai; questa maledetta lingua mi fa molto soffrire, è contro di me. Insultava
    le suore, insultava la Priora, insultava soprattutto Madre Elia, a causa della potenza
    che ella aveva ricevuto dall'alto per combatterlo. Cercava di soffocare la sua vittima,
    facendole inghiottire spilli e frammenti di vetro. La vigilanza delle suore preveniva tali
    incidenti; e se non si poteva impedirli, la sola parola obbedienza bastava per farle
    rigettare questi oggetti diabolici.
    Nei rari e brevi istanti di respiro che Satana le lasciava per ordine di Dio, la novizia
    emetteva delle grida sublimi: «Soffrire, diceva, fino alla fine del mondo, o mio Dio, se
    è la tua volontà! Soffrire sempre ciò che tu vorrai! Io non desidero che piacerti! Gesù,
    fammi compiere la tua Volontà!». Un coraggio cosi eroico aumentava la rabbia del
    diavolo. Gridava, urlava, si torceva, malediva; la vista del sacerdote lo metteva fuori di
    sé: Datemi un capello della piccola Araba, diceva all'abate Manaudas, e me ne vado.
    Io non sono che niente, rispondeva costui, il Salvatore è il suo unico maestro; non un
    capello cadrà dalla sua testa senza il permesso di Dio. Quest'atto di umiltà fece tacere
    il demonio.
    Il venerdì della seconda settimana della possessione, Satana rifiutava di obbedire: Io
    non mi sottometterò, gridava, né in nome dell'obbedienza, né in nome di Gesù Cristo.
    Nessuno ha il diritto di comandarmi. Io sono il padrone; io annienterò la piccola

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    Araba. È vero, disse l'abate Manaudas, noi non siamo che niente, che peccato; ma
    io sono sacerdote di Gesù Cristo: in nome di Gesù Cristo, ti ordino di obbedire; e si
    prostrò insieme a tutte le suore. Satana fu vinto; egli confessò la sua disfatta: Mille
    come voi non mi avrebbero sottomesso; quest'atto di umiltà abbatte tutta la mia
    potenza.
    Il Signore obbligò il demonio a scoprire, attraverso la bocca della posseduta, le astuzie
    che esso impiega per perdere le anime religiose: Io ho fatto cadere, disse, una religiosa
    in Inghilterra; e appartiene a noi dall'altro ieri. Secondo la nostra tattica abituale,
    quando noi facciamo l'assedio di un'anima consacrata a Dio, cominciamo a tentarla su
    piccole cose. Siamo riusciti a farle credere che non era amata dalla sua superiora allo
    stesso grado delle altre. La gelosia che essa provava l'ha spinta a scrivere di nascosto
    delle lettere nel mondo. Ha finito per desiderare di uscire alfine di potersi sposare.
    Quante anime, in religione, noi prendiamo nelle nostre reti, suggerendo loro il
    pensiero che le si giudica buone a niente, che non le si ama! Ne conquistiamo altre con
    la curiosità, col desiderio di tutto vedere, tutto conoscere. Se quelle che hanno
    pronunciato le tre cattive parole (i tre voti), andassero a trovare la vecchia donna (la
    Priora), e facessero ciò che ella dice, noi perderemmo tutto. Allorquando non si guarda
    in lei che la creatura, e le si obbedisce solo perché la si ama, noi non perdiamo niente.
    Trionfare di un'anima che ha pronunciato le tre cattive parole, per noi, è più che essere
    padroni di una città intera.
    Fin qui Satana aveva tentato inutilmente con la violenza di spaventare l'abate
    Manaudas e le suore; egli ricorse allora alla lusinga: Quanto siete gentili! disse alle
    suore, quanto siete sante! Quale moltitudine di anime salvate con le vostre penitenze!
    Tutta la comunità si prostrò, e il demonio dichiarò che perdeva tutto con quest'atto di
    umiltà.
    La domenica, 2 agosto, a mezzogiorno, la posseduta aprì diverse volte la bocca, come
    per far passare qualche cosa; ritornò in sé per alcuni minuti: «Dove sono, disse, mi
    sembra di aver fatto un sogno. Ero immersa nell'acqua: tutti i pesci, tutte le bestie mi
    divoravano; i miei peccati ne sono la causa. O Gesù, sempre soffrire per te! Io non
    sono degna di soffrire! Vedo l'acqua nera che ritorna. Madre mia, esclamò
    rivolgendosi a Maria, aiutami, l'acqua è là». Una nuova legione stava per prendere
    possesso del suo corpo.
    1 demoni tormentavano con tutti i mezzi il corpo di questa vittima. Il Salvatore aveva
    promesso a Satana di consegnargliela, se egli riusciva a farle dire una sola volta nel
    suo stato ordinario: «Signore, basta con le sofferenze!». Quello spirito infernale si
    riteneva sicuro della vittoria. Quaranta volte tentò di farle pronunciare queste parole,
    spiegando contro di lei tutta la sua rabbia; quaranta volte l'eroica vittima esclamò,
    tornata in sé: «Sempre più soffrire per te, o Gesù!» Satana domandò al Maestro di
    tentare, ancora a tre riprese, di farle dire almeno queste parole: «Io soffro». Il Maestro
    gli promise di rinnovare la prova sette volte. Satana fu vinto di nuovo. Malgrado tutto
    ciò che sopportava, la suora esclamò a sette riprese: «Io piango, o Gesù, di non soffrire
    abbastanza per te». Questo seguito ininterrotto di vittorie, riportate dalla novizia,
    indeboliva sempre più le forze di Satana e lo copriva anche di confusione. Le anime
    del Purgatorio, liberate per i meriti di suor Maria, durante questo lungo e spaventoso
    martirio, divenivano sempre più numerose. Il demonio scongiurò il Maestro di
    lasciarlo partire, confessando a sua vergogna, di non avere più il coraggio di

    45
    prolungare la lotta. Tu mi hai domandato, gli rispose il Salvatore, di possedere il suo
    corpo per quaranta giorni e non uscirai che dopo quaranta giorni. Davanti a questo
    rifiuto, Satana domandò di provare, quattordici volte ancora, di farle dire queste pa-
    role: Gesù, liberami da Satana. Il Signore glielo accordò, ma il demonio fu vinto come
    sempre. Alla fine di ciascuno dei quattordici assalti la suora esclamava
    invariabilmente: «Nient'altro che soffrire per Gesù». Il curato di San Martino di Pau,
    accorso per soccorrerla in questo combattimento, fu insultato dal demonio, che non
    riuscì a fargli lasciare il convento prima della fine della lotta.
    Il 17 agosto, l'abate Manaudas che era stato a Bayonne per riferire tutto al vescovo
    della diocesi, Mons. Lacroix, ritornò al Carmelo di Pau, latore di una lettera di Sua
    Eccellenza e munito di tutti i suoi poteri.
    Ecco come Mons. Lacroix parlava a questa vittima di Gesù.
    16 agosto 1868
    Figlia mia, ti chiami Maria di Gesù Crocifisso, e questo nome è una grandissima
    grazia e un favore enorme: è la santissima Vergine che ha voluto che porti il suo
    nome, ed è Gesù crocifisso che si è degnato di darvi il suo e associarvi alle sue
    sofferenze. Quale attenzione, quale amore a vostro riguardo! Ma Maria, la madre di
    Gesù, è stata la madre dei dolori. Ha condiviso tutti quelli della sua vita, tutti quelli
    della sua Passione e della sua morte. Ha assistito a tutto, tutto ha provato, tutto ha
    subito, tutto sofferto per Gesù, perché gli era intimamente e perfettamente unita,
    volendo essere come lui e identificandosi completamente con lui.
    Maria vuole anche averti con lei, vicino al suo divin Figlio e farti parte del suo calice,
    rendervi conforme a lui, perché questa conformità è il segno degli eletti e della
    predestinazione. Gesù, che vi ha fatto per lui solo, vuole anche farvi vivere della sua
    vita di pene, di tentazioni, di lotte e di combattimenti contro il demonio e il peccato;
    ma egli vuole anche farvi vincere con la sua forza divina, come lui stesso ha vinto.
    Dopo aver permesso le tentazioni del demonio contro di lui, egli le ha permesse lo
    stesso contro di te, ma egli le vincerà in voi, come le ha vinte in lui. Egli li scaccerà,
    questi demoni, come li scacciava nel corso dei suoi viaggi evangelici, ovunque essi si
    manifestavano. Egli li atterrerà, li ridurrà all'impotenza dopo averli umiliati e confusi.
    Gesù ha vinto l'inferno con la Croce; e i chiodi, che lo hanno attaccato a questa croce,
    hanno incatenato i demoni, e la sua corona di spine è diventata una corona di gloria.
    Oh, figlia mia, sii dunque sempre Maria di Gesù Crocifisso, io non voglio darvi altro
    nome e non voglio che ve ne si dia altro. Che tutti vi chiamino col solo nome di Maria
    di Gesù Crocifisso.
    Trovandomi occupato con doveri di obbedienza verso Gesù, non posso venire subito
    da voi e presso le vostre care suore di Pau, così come avrei vivamente desiderato; ma
    vi mando un altro me stesso, il venerabile Superiore del mio Seminario, al quale io
    delego tutti i miei poteri, cioè tutti quelli che il divin Salvatore ha dato ai suoi Apostoli
    e ai loro successori, quando ha detto loro: "Cacciate il demonio". Ed essi saranno
    molto obbligati ad obbedire al Maestro supremo. Fiducia dunque, figlia mia, intera
    fiducia. La vittoria è assicurata.
    lo continuerò a pregare sulla montagna e con tutte le mie forze. Ogni giorno, tu sarai
    accanto a Gesù sull'altare, ogni giorno, io farò sprizzare su di voi il sangue di Gesù
    crocifisso, e questo sangue adorabile vivificherà la vostra anima e la riempirà di grazie
    celesti.

    46
    + Francesco, peccatore indegno, ma servitore di Gesù e tutto per lui.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso, liberata un istante, interruppe la lettura di questa
    stupenda lettera; e, con una emozione piena di umiltà: «Io non sono degna, disse, di
    ricevere una simile lettera; io non sono che peccato; c'è troppa carità per me». Ma il
    demonio la riprese, mentre l'abate Manaudas continuava questa lettura e si mostrò
    molto irritato di ciò che il vescovo diceva contro di lui.
    Di tanto in tanto, Satana annunciava, come nei giorni precedenti, che usciva dal
    corpo della novizia per andare a tentare le anime. Quando era di ritorno, raccontava le
    sue prodezze: Questa mattina, diceva, ho spinto un Turco ad annegarsi; ho tentato di
    spingere allo stesso delitto una signora che suo marito rendeva infelice: dopo alcune
    ore, vi sono riuscito.
    Un religioso ci faceva molto male. Noi gli abbiamo insinuato di imporsi, al di fuori
    dell'obbedienza, delle penitenze corporali; egli ha ascoltato le nostre suggestioni,
    credendo di sentire la voce di Dio: ancora alcuni giorni ed egli è nostro.
    Ho tentato la portinaia di un convento. Alfine di insinuarle disgusto per il suo lavoro,
    le ho detto: E che? tu sei venuta qui per pregare, per custodire il silenzio, per godere
    della solitudine, ed eccoti obbligata a parlare sempre! Domanda alla Superiora di
    toglierti da quest'ufficio. Ha prestato orecchio alla tentazione e ha pianto, ed io ho
    raccolto le sue lacrime.
    Malgrado tutte le sue disfatte precedenti, Satana domandò a Gesù di poter tentare,
    cinque volte, di far dire a suor Maria: «Io non posso più parlare». Il Signore gli
    accordò questo permesso. All'ora indicata, iniziò la lotta. Si posò sulla vittima un
    pezzo della tunica di Pio IX. Togliete questa cosa, esclamò il demonio; è del cattivo
    bianco, e non riuscì a farle emettere il più piccolo lamento. Dopo ogni attacco del
    nemico, le parole della novizia erano sempre più belle: «Soffriamo, diceva, per la
    Rosa, la santa Chiesa, rompiamo questo corpo per Gesù. Fino alla fine del mondo,
    soffrire ed essere disprezzata! Io desidero solo Gesù e la sua santa volontà. Non potrò
    dire di fare questa volontà che quando il mio corpo sarà spezzato, cambiato, per così
    dire, in farina sotto la mola della sofferenza. Gesù ci ha dato questo corpo:
    frantumiamolo per lui».
    Il demonio, vinto, fu obbligato ad umiliarsi davanti a tutta la comunità. La posseduta si
    mise in ginocchio, sul suo letto; il suo corpo era come piegato in tre parti; la sua testa
    sprofondava nelle sue spalle; i suoi denti battevano, le sue smorfie erano spaventose; i
    suoi pugni si alzavano fino al mento; le dita dei piedi erano strette e ricurve come delle
    grinfie. L'abate Manaudas subissò Satana con parole crudeli: Eccoti dunque, disse,
    spirito superbo! tu sei vinto da una bambina! Tu, il primo e il più bello degli angeli,
    come sei caduto in basso! umiliati, miserabile! A questa intimazione, Satana si curvò
    di più per nascondere la sua vergogna: Trema, disgraziato, aggiunse il sacerdote, Gesù
    è il tuo vincitore; e tutto il corpo della posseduta tremava come la foglia agitata dal
    vento: ella si prostrò completamente sul letto come per scomparire.
    Tuttavia lo spirito maligno non si scoraggiava. Sollecitò dal Maestro la facoltà di
    provare, a venti riprese, di far dire alla suora: «Io soffro, io soffoco!» Ti permetto, gli
    rispose Gesù, di aumentare fino a trenta. Cento demoni la tormentavano insieme in
    modo veramente spaventoso: tutto il suo corpo era dilaniato. Coraggio, dicevano fra
    loro i demoni, noi l'avrem; riusciremo a farle dire: Io soffro. Battiamo su questo corpo;
    laceriamolo. Dopo l'assalto, la suora disse: «Io do il mio corpo a Colui che me lo ha

    47
    dato»; e, alzando la voce, aggiunse: «Mio Dio, sii benedetto!». L'infermiera le portò
    da bere: «Nessun sollievo», ella disse. Cominciò il secondo attacco: le ferite furono
    più profonde; la vittima gettò fiotti di sangue dalla bocca; la legione infernale strappò
    urla e bestemmie. Dopo l'attacco, suor Maria disse: «Ora benedirò Dio»; e, con una
    voce più alta: «Sii benedetto, mio Dio!».
    Il terzo assalto fu più forte del primo, il demonio ruggì più che mai e tormentò la
    vittima sempre di più. Fino alla fine del trentesimo attacco, i dolori e le bestemmie
    andarono sempre aumentando. Ma, nello stesso tempo, niente di più toccante, di più
    pio, di più bello delle parole pronunciate, dopo ogni nuova lotta, dalla novizia, che si
    univa a nostro Signore nelle circostanze della sua Passione. Citiamone alcune:
    «Io unisco la mia voce a quella di Gesù nel giardino degli Ulivi. Sii benedetto, mio
    Dio!».
    «Mi unisco a Gesù quando portava la sua croce nelle strade di Gerusalemme. Sii
    benedetto, mio Dio!».
    «Unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù tradito da Giuda. Sii benedetto, mio Dio!».
    «Mi unisco a Gesù che cadde sotto il peso della sua croce. Sii benedetto, mio Dio!».
    Trenta assalti furono così successivamente consentiti, ma sempre la vittoria restava
    dalla parte di suor Maria, e Dio ricompensava questa vittoria trenta volte ripetuta:
    trenta anime di peccatori, morti in quel giorno dopo essersi riconciliati con Dio, grazie
    alle torture di questa eroica vittima, vennero a salutarla ed a ringraziarla.
    I santi, la santa Vergine e Gesù stesso la incoraggiavano e la dilettavano con la loro
    dolce presenza.
    Ritornata in sé, la novizia non sapeva che umiliarsi, annientarsi: «Io non sono niente,
    nient'altro che peccato... Tutto serve a qualche cosa sulla terra; le pietre stesse hanno la
    loro utilità; io, non sono buona a niente. Ma la vista del mio niente mi distacca da
    tutto, principalmente dal mio corpo; io vorrei che questo corpo fosse spezzato per
    Gesù. Non desidero che amare Gesù in silen o, osservare la Regola in silenzio. Mi
    sembra di uscire da un mare. Mio Dio, se tutto il mondo vedesse i miei peccati come li
    vedo io! Io non posso comprendere come mi si custodisca qui. Quale carità!».
    Solo lo spirito di Dio può dettare un tale linguaggio.
    Diceva a Madre Elia «...Desidererei soffrire fino al giudizio universale, tutta l'eternità,
    se fosse possibile. lo non potrò dire: Gesù, io ti amo, che quando il mio corpo sarà
    ridotto in putredine, in polvere, perché allora io non potrò più peccare... O Gesù,
    taglia, stronca, brucia tutto ciò che vorrai. Mio Dio, chi mi separerà da me stessa?
    Quando sarò tua, Gesù, per sempre? Oh! Madre mia, tutto è tristezza sulla terra, tutto è
    tristezza!».
    Scorgendo la Priora che venne a visitarla dopo il combattimento descritto prima, le
    testimoniò la sua riconoscenza, e sorrise alle suore che non aveva viste, disse, da
    molto tempo. La sua gioia di ritrovarle fu grande; non poté tuttavia dissipare
    interamente il fondo di tristezza che restava nella sua anima. La novizia sentiva che la
    lotta non era terminata, vedeva l'acqua nera avvicinarsi di nuovo: «Guarda, Madre
    mia, guarda, l'acqua nera arriva», esclamò. La possessione ricominciava.
    Le stesse scene si rinnovarono con raddoppiate sofferenze. Satana, attraverso la bocca
    della posseduta, raccontava le sue vittorie e le sue sconfitte:
    Abbiamo appena trionfato, disse, di una religiosa, tramite la disubbidienza e la
    pigrizia.

    48
    Noi non amiamo l'unione nelle comunità; tutti i nostri sforzi tendono ad introdurvi
    la discordia.
    Le tre cose più potenti contro di noi sono: la carità, l'umiltà e l'obbedienza. C'è una
    religiosa, da qualche parte, che ci irrita molto; noi non possiamo vincerla su alcun
    punto. La battiamo, le facciamo avere la febbre, nevralgie atroci, è spesso nella
    impossibilità di camminare, e resta sempre fedele. È impossibile avere un minimo
    sopravvento su di lei. Ascolta la sua superiora, obbedisce al suo confessore. Siamo
    riusciti a mettere contro di lei tutta la sua comunità: invece di irritarsi e di scoraggiarsi,
    si è umiliata. La sua superiora stessa è stata contro di lei; ha ringraziato Dio, ed è stata
    ancora più felice.
    Il demonio parlò in seguito di molte persone, sia nel mondo, sia nella vita religiosa,
    alcune delle quali lo ascoltavano, altre, invece, respingevano i suoi attacchi e
    sfuggivano alla sua rabbia.
    Egli domandò al divin Maestro: Chi combatterà contro di noi? Non saranno, gli
    rispose il Signore, né i re, né i potenti; io vi batterò tramite un piccolo nulla. Ma chi è
    questo piccolo nulla? diceva Satana, sarebbe la piccola Araba questo piccolo nulla?
    Nel giardino, il diavolo scuoteva, con forza, un albero carico di frutti. Glielo si volle
    impedire: Lasciatemi fare, disse Satana, non faccio alcun male. Il frutto cattivo, quello
    che comincia a guastarsi, cadrà, ma il buon frutto resterà sull'albero! Così noi
    scuotiamo il mondo: i cattivi cadono; i buoni restano.
    Dopo aver tentato senza successo di farle pronunziare una parola di scoraggiamento o
    di stanchezza, tentò di farla cedere a un sentimento di soddisfazione naturale
    mettendole nella bocca, durante l'attacco, due pastiglie. Ritornata in sé, suor Maria le
    gettò dicendo: «Io non cerco le dolcezze, non voglio che il fiele con Gesù. È bene
    prendere il calice col Salvatore. Io amo Gesù con tutto il cuore e il prossimo più di me
    stessa per Gesù».
    Fra le confessioni di Satana, questa merita di essere menzionata: Da sei anni, diceva il
    demonio, noi tentiamo una carmelitana in Spagna. I due primi anni, abbiamo fatto
    tutto per ispirarle antipatia per una delle sue compagne; l'abbiamo spinta a non
    parlarle, e nemmeno a guardarla, ma ha fatto il contrario. Il Signore ci ha permesso
    che fossero tutt'e due messe dai superiori nello stesso ufficio; proprio allora abbiamo
    soprattutto provato a farla spazientire: lei non ha mostrato che la più grande
    sopportazione, la carità più perfetta. L'abbiamo tentato contro la purezza, contro la
    mortificazione, contro l'umiltà, e sempre senza successo. Le abbiamo insinuato di
    vedere più spesso la superiora, soprattutto il confessore e vi è andata più raramente.
    Abbiamo esaltato la sua virtù solida, che poteva fare a meno di direzione frequente, ha
    fatto ricorso più spesso alla priora e al sacerdote. Quando noi le ispiriamo di
    domandare delle penitenze straordinarie, si contenta di quelle della Regola. Tentiamo
    di convincerla della sua santità? Confessa il suo orgoglio in presenza di tutte le suore.
    Questa miserabile ci schiaccia sempre.
    Si avvicinava la fine della prova. Da parte sua, il vescovo di Bayonne non dimenticava
    questa vittima di Gesù. Tenuto al corrente delle diverse fasi di questa possessione
    eccezionale, scrisse una seconda lettera a suor Maria di Gesù Crocifisso.
    Il Vescovo di Bayonne alla serva di Gesù Crocifisso: Figlia mia, quando il Figlio
    unico di Dio è venuto, nella sua estrema carità, a salvare gli uomini e a distruggere
    l'impero del demonio che li aveva vinti e soggiogati, Egli si è presentato a questo

    49
    terribile nemico, non nello splendore e nell'apparenza della sua potenza e della
    sua maestà infinita, ma nello stato più umile e più abietto, come l'ultimo degli uomini,
    l'uomo dei dolori e delle infermità, con un corpo straziato dalle frustate e solcato di
    sangue, con una corona di spine sulla testa, sospeso a una croce reputata infame, con i
    piedi e le mani inchiodati alla croce; ed è in questo stato che egli ha voluto misurarsi
    con il forte, armato di tutta la sua rabbia e sostenuto da tutte le potenze del mondo e
    dell'inferno; e ciò, dice san Paolo, e dopo di lui, san Leone, al fine di mostrare che ciò
    che vi è di più debole in lui in apparenza, è più forte di tutto, anche al fine di
    confondere per sempre il principe delle tenebre atterrandolo e spogliandolo,
    strappandogli tutte le sue conquiste e riducendolo all'impotenza con i mezzi più
    semplici: con l'umiltà, con la sofferenza e lo spogliamento più completo.
    Così l'Uomo-Dio ha voluto combattere e vincere il grande nemico del genere umano;
    allo stesso modo egli ha voluto combattere e vincere il paganesimo e tutti i persecutori
    della sua Chiesa; i tormenti e il sangue dei martiri sono stati lo strumento della sua
    vittoria; sì, l'umiltà, la pazienza, la conformità a Gesù crocifisso hanno salvato e fatto
    trionfare la Chiesa: sarà lo stesso sempre e sino alla fine. Le armi di Gesù devono
    essere le nostre; ed è con queste stesse armi che noi vinceremo e che la Chiesa
    trionferà.
    Dio sceglie dunque ciò che c'è di più debole nel mondo, ciò che vi è di più disprezzato,
    per confondere ciò che c'è in questo mondo di più forte in apparenza, di più grande e
    di più elevato. È per la stessa ragione, figlia mia, che il divin Salvatore ha scelto
    proprio te, creatura ignorata, abietta, povera e abbandonata, per opporti al demonio e
    alle sue legioni infernali armate di rabbia contro la Chiesa: tu non sei che un nulla, e
    questo nulla basta per vincere tutti i demoni e renderli impotenti.
    Tu vincerai di nuovo, fragile creatura, povero nulla, vincerai con la forza potentissima
    della croce di Nostro Signore Gesù Cristo, poggiata sul tuo petto; vincerai per Gesù
    crocifisso, tu, serva della sua croce; e questo Dio di gloria sarà di nuovo glorificato per
    mezzo della tua debolezza e della tua ignoranza, divenute strumento del suo trionfo.
    Coraggio dunque, o figlia mia, coraggio, o serva fedele di Gesù crocifisso, resta ferma
    e piena di fiducia fino alla fine. Gesù crocifisso è tutto potenza, tutto protezione e tutto
    gloria; occorre che tutto cada ai suoi piedi, che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui in
    cielo, sulla terra e negli inferi.
    O Gesù, mio Salvatore, combatti con la tua serva e per lei! O Gesù, salva la tua Chie-
    sa, proteggi il suo augusto Capo e tutto il gregge riscattato dal tuo sangue adorabile!
    Preserva la tua serva da ogni oltraggio e da tutto ciò che non sarebbe conforme alla tua
    volontà e al tuo amore. Che esca dal combattimento con tutte le gioie e tutte le
    consolazioni della tua vittoria; che Maria sia con lei nella lotta; che tutto il Paradiso
    partecipi con lei; perché è per te e per te solo che combatte.
    Trionfa, o Gesù, nella tua povera serva; noi ti benediremo per sempre.
    Il tuo indegno ministro, ma, o Gesù, tuo servitore teneramente amato, tuo figlio, il fi-
    glio della tua misericordia.
    + Francesco, Vescovo di Bayonne.
    Serva di Gesù Crocifisso, io ti benedico con tutte le benedizioni di Gesù crocifisso.
    Man mano che l'abate Manaudas avanzava nella lettura di questa lettera mirabile, il
    demonio manifestava una rabbia più grande. Che dice, questo miserabile? esclamava;

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    dice che la piccola Araba è il piccolo nulla? Ah! se io lo sapessi, la distruggerei.
    Era il 2 settembre 1868.
    CAPITOLO VII
    Ultimi giorni della possessione 3 e 4 settembre 1868
    L' indomani, s'ingaggiò l'ultimo combattimento. Prima di lasciare il corpo della suora,
    Satana aveva ottenuto dal divin Maestro di farle subire cento nuovi attacchi, perché
    mandasse almeno un lamento. La prima lotta cominciò, e fu terribile. La vittima versò
    del sangue dalla bocca. Dopo l'assalto, disse: «Offro le mie sofferenze a Gesù e sono
    pronta a tutto ciò che lui vorrà, con piacere, con amore. Mio Dio, sii benedetto!».
    Seguì immediatamente il secondo attacco. L'abate Manaudas accostò la croce alle
    labbra della suora, perché la baciasse. Il demonio vi sputò sopra bestemmiando.
    Ritornata in sé, la suora disse: «Offro le mie sofferenze in unione con Gesù e con i
    martiri per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
    Satana ricominciò: Preparate la bara, esclamò, preparate la bara; e sputò sulla croce
    facendo delle contorsioni orribili. Noi siamo cento, siamo cento, urlava e abbaiava, e i
    suoi movimenti facevano tremare il letto. Dopo questo terzo assalto, suor Maria di
    Gesù Crocifisso disse: «Desidero soffrire, essere immolata, annientata, bruciata, fino
    alla fine del mondo, per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
    Il demonio continuava a sputare sulla croce che il sacerdote gli presentava; la vittima
    sopportò un martirio indicibile, poi disse: «Mi unisco a Gesù sul Calvario,
    immolandomi con lui per la conversione dei peccatori. Mio Dio, sii benedetto! ».
    Il diavolo faceva i versacci all'abate Manaudas: Signor curato, gli disse sogghignando,
    il tuo viaggio da Bayonne a Pau non sarà perso: domani, seppellirai l'Araba. Io farò il
    mio dovere, rispose il sacerdote, se muore, la seppellirò. Ma no, non morrà, sei tu che
    sarai confuso da lei. Le grida della vittima erano spaventose, ma ben presto disse:
    «Offro le mie sofferenze con quelle di Gesù nella sua vita nascosta; le offro per i
    ciechi che non conoscono la Chiesa, perché essi giungano a questa conoscenza. Mio
    Dio, sii benedetto!».
    Il demonio irrideva l'abate Manaudas e l'ufficio divino che egli recitava; tormentò in
    modo incredibile il corpo della vittima: Prima, disse, desideravo solo un capello
    dell'Araba, ora, mi occorre tutto il suo corpo. Sapete perché faccio tanto soffrire questa
    miserabile? Ah! perché, più tardi, sarà conosciuta da tutti, ed io non lo vorrei. Suor
    Maria continuò i suoi atti ammirabili: «Mi unisco a Gesù e Maria, offro le mie
    sofferenze per tutti quelli che sono contro la Chiesa, affinché siano per Gesù. Mio Dio,
    sii benedetto!».
    Vedi, diceva Satana al ministro di Dio, lei non ne può più; non può parlare, e noi
    stiamo appena per cominciare la lotta; morirà prima della fine dei cento attacchi. «Io
    mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando andò a svegliare gli Apostoli addormentati;
    offro le mie sofferenze per i peccatori perché ritornino alla loro madre Chiesa. Mio
    Dio, sii benedetto!».
    Aspetta, aspetta, esclamò il demonio, bisogna che io la soffochi, e simulando la voce
    della novizia: Madre mia, ho male alle viscere; Madre mia, non ne posso più; sono
    sfinita, Satana mi ha crivellato, e sghignazzava. Mi dia da bere, aggiungeva, e ri-
    gettava sulle suore l'acqua che gli si dava. Voglio, proseguì, strappare un occhio
    all'Araba. «Mio Dio, diceva suor Maria, unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù nel

    51
    giardino degli Ulivi, quando sudava sangue e diceva: Mio Dio, se è possibile,
    allontana da me questo calice! Tuttavia, sia fatta la Tua volontà e non la mia! Offro le
    mie sofferenze con quelle di Gesù per i peccatori e per la Chiesa. Mio Dio, sii
    benedetto!».
    Ho fatto di tutto, esclamò Satana, per impedirle di parlare, ed ha parlato più forte. Si
    mise una croce sulla vittima; il demonio urlò a questo contatto, minacciò di mordere,
    di dilaniare; aggiunse beffardo: Signor curato, le religiose mancano alla Regola
    restando qui, fatele uscire perché vadano ai loro compiti; anche tu, vattene.
    Bestemmiava contro le reliquie dei santi. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando
    Giuda venne a baciarlo per consegnarlo ai malvagi; mi unisco a Gesù per la Chiesa.
    Mio Dio, sii benedetto!».
    Il demonio tormentava la sua vittima, soprattutto al petto; domandò di nuovo da bere,
    gettò sulle suore l'acqua che gli era stata presentata, e si mise a ridere ed a soffiare. In
    seguito, spinse la posseduta a mordersi. E siccome la Madre Elia glielo impedì, il
    demonio disse ridendo: Vedete, vedete, questa vecchia ha un affetto particolare per la
    piccola Araba; e non ama voi altre, che avete fatto la professione tra le sue mani.
    Satana tentò di colpire Madre Elia alla testa; urlava come le bestie e fischiava come
    una locomotiva. Bisogna, disse, che io rompa il corpo dell'Araba. Le sofferenze della
    suora strappavano lagrime a tutti gli astanti. Dopo questa lotta la quale non è ancora
    che la dodicesima, la novizia disse: «Mi unisco a Gesù, quando i persecutori lo
    beffeggiavano, l'insultavano, gli sputavano sul viso. Offro le mie sofferenze per il
    trionfo della Chiesa e per tutti quelli che le vogliono del male. Mio Dio, sii
    benedetto!».
    Sono il tentatore, esclamava il demonio, sono il tentatore. Poi, quando il Superiore
    della comunità, il Rev. P Saint-Guily, arrivò: Vattene, gli gridò Satana, con - questo
    vecchio (indicava l'abate Manaudas) e con il suo breviario. Io sono il tentatore, ripeté,
    semino dappertutto la divisione, faccio ciò che voglio.
    Alla sedicesima lotta, il corpo della vittima tremava come una foglia; bastò un segno
    di croce del Rev. P Saint-Guily per fare cessare questo tremito: Noi trionferemo,
    esclamò Satana, e del vecchio (l'abate Manaudas), e del cattivo nascosto (l'abate Saint-
    Guily), e della manica violetta (Mons. Vescovo), e del cattivo bianco (il Papa).
    Danzeremo su di loro. Tolse il velo a una suora, dicendo: Strappo questo velo, perché
    non amo la modestia, mi irrita. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando cadde la
    prima volta sotto il peso della sua croce; offro le mie sofferenze per i peccatori che
    cadono, affinché si rialzino con Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».
    Sono il padrone; andatevene tutti e due, esclama Satana rivolto ai due preti; e, con una
    ironia diabolica: Signor curato, informate di tutto la veste bianca (il Santo Padre),
    affinché la piccola Araba sia un, giorno canonizzata, e faceva le smorfie. Voltandosi
    dalla parte di M. Manaudas: Parti, aggiunse, ti si attende per cominciare un ritiro; parti
    almeno domani mattina. Io non partirò, rispose costui Oh! il miserabile, esclamò
    Satana furioso, egli sarà presente domani, quando il Capo verrà! Dopo l'assalto, la
    suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù che cade la seconda volta e a Maria che
    cera Gesù quando le sue ginocchia vengono straziate dalla caduta; offro le mie
    sofferenze per i sacerdoti, per i missionari che cercano le anime, io le offro, anche per
    i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!».

    52
    Rispose in seguito al demonio, che le rimproverava le sue colpe: «Sì, non sono
    che peccato, ma spero nella misericordia di Dio; vattene, Satana!».
    Un piccolo nulla, diceva il diavolo furioso, trionferà su noi tutti! È impossibile. Noi
    faremo tanto, che lei finirà per mandare un lamento; e tormentarono il corpo della
    vittima in maniera spaventosa. Dopo questa lotta, la diciottesima, la suora diceva: «Mi
    unisco a Gesù che cade per la terza volta; offro le mie sofferenze per i sacerdoti che
    combattono gli increduli, e per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
    Sempre vinto, il demonio domandò al Maestro di non continuare più la lotta. Gesù lo
    obbligò a continuare. Emise allora delle grida di disperazione.
    Dopo l'attacco, la suora disse: «Hai un bel da fare, Satana; mi torturi, mi annienti, ma
    non fai che ciò che il Signore permette». Ben presto, esclamò il demonio, verrà
    Lucifero; brucerà il corpo dell'Araba. «Offro le mie sofferenze, disse la suora, per i
    nemici di Gesù, affinché essi lo amino come san Giovanni. Mio Dio, sii benedetto!».
    E rivolgendosi al demonio: «Parla, Satana, io appartengo a Colui che mi ha creato.
    Non ti temo. Amo Gesù al di sopra di tutte le cose. Quand'anche tu mi schiacciassi la
    testa, che cosa importa questo? Altri la schiacceranno a te. È Gesù che ti permette di
    farmi soffrire; io sono contenta. Tu vorresti che io mi rivoltassi contro Dio? Il mio
    Maestro è il mio Signore, gli renderò gloria. Mi dici che egli mi ha abbandonato. Ac-
    cetto tutto ciò che egli vorrà; voglio solo soffrire ed essere disprezzata».
    Satana interpellò l'abate Manaudas: Hai sentito, gli disse, la piccola Araba? Sì, ho
    sentito, rispose costui, suor Maria di Gesù Crocifisso. No, no, riprese il diavolo, non la
    chiamare con questo nome: chiamala la piccola Araba. Se solo fosse come voi! Ma
    non sa né leggere, né scrivere. Io tento inutilmente di farle emettere un lamento. La
    novizia, ritornata in sé, disse: «Mi unisco a Gesù quando gli si asciugò il viso adora-
    bile; offro le mie sofferenze per i peccati del mondo. Mio Dio, sii benedetto!
    Satana, tu mi chiami miserabile; sì, io sono miserabile a causa dei miei peccati, e non
    perché Gesù ti ha consegnato il mio corpo. Gesù è il Bene stesso, fa il bene; tu sei il
    male, tu fai il male. Se il Maestro volesse che tu mi tentassi due anni, e perfino
    diecimila anni, e perfino di più, io accetterei. lo non desidero affatto le estasi. Sai che
    cosa desidero? Soffrire ed essere disprezzata».
    Il diavolo fu costretto a dire: Sapete perché la piccola Araba parla così? perché essa è
    forte? Perché cammina al seguito del Maestro. La suora diceva: «Con Gesù, io mi
    unisco a tutte le anime che soffrono sulla terra; io offro tutto per i peccatori. Mio Dio,
    sii benedetto!
    Tu credi, Satana, che io ho bisogno di vedere Gesù? Tu credi che, senza di ciò, io non
    abbia forza? Senza che io veda Gesù, la sua forza sarà in me. Tu, Satana, sei debole;
    guai a quelli che ti seguono! Dici che sei grande: mostra la tua grandezza. Sei venuto
    per ingannarmi, per farmi cadere! Grazie alla preghiera ed a Gesù, i tuoi attacchi non
    servono che a farmi salire più in alto. So di non essere che debolezza, ma spero nella
    misericordia di Dio».
    Perdo tutto, perdo tutto, esclamò il demonio con disperazione, vado a domandare al
    Maestro di non tentarla più. La posseduta cadde come morta. Ma Satana fu presto di
    ritorno. Il Maestro mi ha detto, aggiunse il diavolo, di tentarla finché vorrò.
    Dopo questo attacco, la suora disse: «Satana, tu mi tenti contro la Chiesa? Io amo la
    Chiesa, è mia madre! Essa ti schiaccerà la testa. Tutti i tuoi attacchi contro di lei sono
    necessari per dimostrare la tua malizia e la tua debolezza. Le tue tentazioni ci danno la

    53
    luce. Tu dici che il Santo Padre morirà martire? Sarà martire dell'amore, perché
    egli riterrà di non aver fatto niente per Gesù. Tu sarai sotto di lui, la tua testa sarà sotto
    i suoi piedi. La mia madre Chiesa non cadrà; sarai tu, Satana, a cadere. Sei caduto una
    volta dal cielo; da allora, cadi sempre. Se gli uomini ti vedessero, giammai ti
    seguirebbero. Tu cerchi di causarmi fastidio? Io sono contenta. Tu tenti di
    scoraggiarmi? Io ho fiducia in Dio. Da sola, io non sono che un piccolo niente; con
    Gesù, io sarò al di sopra di te. Tu vedi come io mi burlo di te. Gesù sarà la mia luce.
    Gesù sceglie i deboli. Giacché sono debole, egli mi ha scelta».
    Il demonio esclamò: Tutto ciò che la piccola Araba ha detto, è menzogna. Non ha
    forse affermato che, se mi si vedesse, nessuno mi seguirebbe? Ebbene, tutti mi
    vedono, e tutti mi seguono. E il Maestro, venuto sulla terra per dare l'esempio, per
    tracciare la via, tutti l'hanno visto e nessuno lo segue. Dopo questo ventiquattresimo
    attacco, la novizia fece più volte su di sé il segno della croce e disse: «Mio Dio, sii
    benedetto!
    Tu credi, Satana, che io dia importanza al mio corpo? Portami tutto il tuo fuoco,
    gettalo nel mio cuore; strappa questo cuore, è di Gesù Cristo. Tutto ciò che fai soffrire
    non è gran cosa; noi non restiamo sempre sulla ,terra; oggi, siamo sulla terra; domani,
    non ci siamo più. Desidero essere crocifissa alla croce, come il mio Bene Amato. Tutte
    le mie sofferenze, paragonate a quelle di Gesù, non sono niente. Distruggi questo
    corpo. Sono pronta a risponderti: non sono io che ti rispondo, è Gesù.
    Restare cento anni con Gesù, senza mangiare niente, mi nutre più che mangiare mille
    anni con te. Sì, con Gesù, sono ben più nutrita che con tutto ciò che tu offri. Tutto ciò
    che io soffro è niente. Satana, io ti vincerò con Gesù. Credi che, a motivo del mio
    corpo, abbandonerò il mio Amatissimo? Ho lasciato tutti i piaceri della terra. Non dire
    che la tua grandezza è la causa delle mie prove. È il Maestro che, con mia grande
    gioia, ti ha permesso di farmi soffrire. Io non sono che polvere. Ma tu, se sei qualche
    cosa, parla. Vuoi sapere chi mi ha insegnato tutto quello che dico? Sei tu, con le tue
    tentazioni. lo sono pronta a ricevere tutto per Gesù. Rideva.
    Satana, sei caduto in piena luce; noi, cadiamo per debolezza. Chi segue la luce? Il
    cuore retto. Se tu fossi giusto, non saresti caduto. Non hai vergogna di ripetere sempre
    che sei giusto? Mi faccio beffe di te. Non piango, rido. Tu vuoi insegnarmi a piangere,
    e io voglio insegnarti a ridere.
    Se il Maestro ti dà il permesso di distruggermi, ti aiuterò in questo lavoro e ne gioirò.
    Tieni, io ti do le mie braccia: tagliale, se Dio lo vuole; ti do la mia testa. Tu cerchi di
    ingannare le anime; Gesù cerca di riscattarle. Mentre la mia bocca ti parla, il mio
    cuore è con Gesù!
    Tutto per Gesù, niente per te, Satana; perfino mangiare, perfino bere, per Gesù. Mio
    Dio, io ti amo, aumenta il mio amore; spero in te, aumenta la mia speranza: non sarò
    confusa; credo in te, aumenta la mia fede».
    E al demonio: «Che dici, Satana? Parli della tua grandezza? La tua grandezza, è
    l'abisso; la tua grandezza, è il fuoco.
    Gloria a Maria! gloria a Gesù! gloria a Dio Padre che ci dà Gesù! gloria a Maria che
    ha schiacciato la testa del serpente!».
    Il demonio disse allora: Me ne vado a cercare la sofferenza; suor Maria cadde subito
    come morta. Un momento dopo, il demonio ritornò per tormentarla. Dopo la lotta, la

    54
    suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù ed a tutti i peccatori convertiti. Mio Dio,
    sii benedetto!
    Sai, Satana, la nostra risorsa per vincerti? La prima, è l'acqua benedetta; presa con
    fede, essa ti fa fuggire; la seconda è l'umiltà; la terza è la povertà.
    Da seimila anni, tu tenti le anime, ciò è ineluttabile. Vattene, Satana; vergogna a
    Satana!
    Mi tenti contro la fede? Io ho Dio con me; non temo niente. Mi dici che non c'è Dio?
    Vado in giardino a contemplare la creazione; vedo gli alberi piccoli diventare grandi:
    questa vista fa crescere la mia fede. Mi tenti contro la Chiesa? Io vado ancora in
    giardino; trovo un frutto e l'apro; guardo questo frutto aperto, e vedo il seme nel frutto.
    Entro in una chiesa, apro il tabernacolo e trovo l'Eucarestia.
    Mi tenti contro la carità? Io scendo; considero le bestie, vedo gli agnelli, i pulcini, li
    vedo tutti insieme, uniti fra di loro. Vedo sopra un solo albero molti frutti. lo sono in
    religione; mi vedo come un frutto, con molti altri frutti sullo stesso ramo, sullo stesso
    albero. Oh! quanto amo la carità! Mi tenti contro il confessore? Quando mi confesso,
    io non guardo l'uomo; io mi confesso a Gesù.
    Mi dici che le mie consorelle sono meglio vestite e più curate di me? Mi vuoi fare
    diventare gelosa. Per trionfare, ti guardo, guardo te, che sei caduto dal cielo per
    gelosia, e dico: Perché dovrei essere gelosa, io che non sono niente? Signore, non sono
    degna di essere ciò che sono.
    Considero le mie consorelle come altrettante amatissime discepole, e non mi
    meraviglia che le si ami più di me, che sono la più povera, che non sono che peccato».
    Me ne vado, me ne vado, disse Satana, non posso più restare, e parti emettendo grida
    spaventose. Dopo questo assalto, la suora disse: «Mio Dio, offro tutte le mie
    sofferenze passate per le anime cieche, affinché esse vedano. Le offro con Gesù, con
    le anime che hanno sofferto con amore, senza averne coscienza, perché esse erano
    nella notte della prova. Mio Dio, sii benedetto!».
    Dopo ogni assalto, la novizia continuava a confondere il suo nemico lodando Dio e
    rinnovando i suoi atti di fede, di speranza e di amore:
    «Mio Dio, diceva, mio Dio, sii benedetto! Che tutti i santi della terra e del cielo
    benedicano Dio! Mio Dio, che la tua volontà sia fatta! Mio Dio, spero in te; tu sei la
    mia forza: senza di te io non sono niente; sei tutta la mia speranza.
    O mio Dio, ti ringrazio. O mio Dio, ti domando la grazia, la grande carità di essere
    disprezzata. Mia buona Madre del cielo, mio buon angelo, intercedi per me. La vita
    passa presto! Se non sono che peccato, imploro sempre la tua misericordia.
    Ringrazierò, se mi si disprezza. Mio Dio, io ti ringrazio di tutti i tuoi benefici».
    Signor Curato, signor Superiore, diceva il demonio ai due sacerdoti che assistevano
    questa vittima, voi perdete il vostro tempo; tutto questo non è che menzogna, tutto
    questo è un fenomeno naturale. Non ci sarà niente domani di soprannaturale, il
    Maestro non verrà. Tutto ciò non è che di natura fisica, non è da Dio.
    «Ho sete, ho sete di Gesù solo! diceva la novizia. Felici le anime che soffrono in
    segreto, conosciute da Dio solo! Quanto mi piace un'anima che soffre con pazienza,
    nascosta con Dio solo!
    Ringrazio Dio di avermi ricevuta qui; io ho molto peccato. Grazie tuttavia alle
    preghiere delle suore, spero che egli mi userà misericordia, che mi perdonerà tutte le
    mie infedeltà.

    55
    Dio mio, io ti ringrazio. Santa Vergine, quanto sei pura! rendi i tuoi figli puri
    come te, affinché non cadano nelle reti di Satana. Santi del cielo e della terra, in-
    tercedete per coloro che non conoscono la malizia di Satana. Mio Dio, uniscimi
    a te... lo non ho paura, Satana. Se sapessi che il mio occhio dovesse offendere Gesù, lo
    strapperei; se fossero le mani e i piedi, li taglierei. lo ho sete, ho sete di Gesù, e per
    niente di te, Satana».
    Miserabili, gridò il diavolo alle suore, che annotavano, voi scrivete! Tutto ciò è cattivo
    come voi, tutto ciò non è buono che per essere gettato nella spazzatura. Non c'è niente
    di soprannaturale: tutto è naturale.
    «Santa Vergine, mia buona Madre, disse la suora, io mi unisco a te che sei venuta sulla
    terra per dare il buon esempio; mi unisco alla tua pazienza, alla tua rassegnazione nella
    sofferenza, quando tuo Figlio era abbandonato, e senza consolazione. Mio Dio, sii
    benedetto!».
    E al demonio: «Ebbene, Satana? Che cosa dici? Credi che tutti seguano l'orgoglio
    come te? No, no, vi sono sulla terra un gran numero di santi nascosti. Miserabile, non
    ti si vede che alla morte. Se solamente si vedesse il tuo viso, tutti ti fuggirebbero. Tu
    sei brutto! Non c'è niente quaggiù di altrettanto brutto. Se sapessi dipingere! Spirito
    Santo, Spirito Santo, ispirami sempre; mostra a tutti gli uomini la malizia di Satana.
    Che dici ancora, Satana? Tu dici che io ti amo? No, certo, io voglio solo Dio.
    Tu dici che perdi le anime? Oh! se ti conoscessero, si guarderebbero bene di venire a
    te; perfino le bestie ti fuggirebbero. Se tu tocchi gli alberi, diventano neri; se tu tocchi
    la terra, essa inaridisce. Tutto ciò che Gesù tocca, tutto ciò che guarda, fiorisce.
    Dici che sei Dio? Se tu lo sei, vieni, crea un albero, fallo uscire dalla terra perché lo si
    veda. Infelici quelli che ti seguono! Chi ti ha permesso, Satana, di prendere l'aspetto
    delle suore per tentarmi?».
    Noi abbiamo assistito fino ad ora alla metà del combattimento. Cinquanta nuove lotte
    devono seguire le cinquanta prime. Solamente dopo i cento attacchi, Gesù . verrà a
    passare nel corpo di questa eroica vittima per guarirlo.
    Satana si rivolse a tutte le suore presenti: Ascoltate, miserabili! disse loro; la piccola
    Araba l'ignora, ma io, io lo so.
    «Mio Dio, diceva la novizia, uniscimi a te per amore del prossimo, affinché lo ami più
    di me stessa».
    E a Satana: «Se mi dici che tutti mi onorano, che tutti mi amano, io soffro; ma se mi
    dici che tutti mi disprezzano, sono contenta. Il disprezzo è la mia felicità. Tu dici che,
    a San Giuseppe di Marsiglia, hai spesso preso la mia sembianza per fare molti errori,
    per dare una cattiva opinione di me alle suore. Tu hai fatto questo? Oh! quanto sono
    felice di saperlo! Sarei quasi tentata di dirti grazie. Ma no, non ti ringrazierò
    ringrazierò Gesù. Desidero soffrire per amore di Gesù, e non al fine di essere
    conosciuta. Desidererei che tutte le creature mi giudicassero male come te. Mio Dio,
    non cerco che di amare Gesù, di servirlo con semplicità. Non desidero che il mondo
    mi conosca, io non desidero niente. Mio Dio, grazie di rendermi povera. Non voglio
    che il tuo amore.
    Dici, Satana, che sei tu che ispiri ripugnanza per i superiori? Sono ben contenta di
    saperlo, per poterlo ripetere. Tu lavori a suscitare la divisione? Non vi riuscirai.
    Non c'è nessuno qui (la suora, durante le sue estasi, si credeva sempre sola), non vedo
    nessuno. Se tu vedi qualcuno, Satana, tanto peggio per te. Non c'è nessuno, qui con

    56
    me; tuttavia non ho affatto paura. Io ti vedo, Satana, ma vedo anche il mio buon
    angelo. O mio buon angelo ti onoro, ti amo, ti benedirò eternamente. (L'angelo
    custode, accanto alla suora stessa, le dettava queste parole). E al demonio: Satana,
    questo nome che ti do è ancora troppo bello per te: ti chiamerò letame. Se il mondo ti
    conoscesse, ti disprezzerebbe. Sì, tu non sei che letame.
    Disprezzo per Satana! amore per Gesù! Mi offro per i peccatori».
    Che dice, quest'Araba? esclamò Satana. t possibile questo? No, no, gloria a me! Dopo
    l'attacco, la suora disse: «Io offro le mie sofferenze per tutte le mie consorelle, per
    tutto l'Ordine del Carmelo, per tutte le anime consacrate a Dio!». E a Satana: «Se ti
    annoi, vattene. Io non sono venuta a cercarti. Sei venuto tu. Mio Dio, per la tua santa
    croce, liberami dalla malizia di Satana!».
    Miserabili, esclamò il diavolo, non siete neanche annoiate? E' da tempo che io lo
    sono, io. Non posso più restare. Vado a vomitarvi. No, mai più entrerò in una casa
    simile. La novizia diceva dopo questa lotta: «Mi unisco a tutte le anime che sono in
    agonia, affinché Gesù le liberi dalla malizia di Satana. Mio Dio, sii benedetto!».
    E al demonio: «Su, Satana, parla. Tu mi rimproveri di aver domandato da bere? Non
    sono io che ho fatto questa domanda, io non ho sete che di Gesù; non mi nutro
    d'acqua; perché, dopo aver bevuto, si ha ancora sete. Io mi nutro della parola di Dio.
    La parola di Dio non passa, né sulla terra, né in cielo.
    Quando lo spirito di Dio discende in un'anima, reca la calma, la pace, la gioia:
    `
    quando sei tu, Satana, tu non rechi che noia, pena, turbamento.
    Disprezzo per Satana, gloria a Dio!».
    E' mezzanotte, venite, venite, venite. Tutti insieme, annientiamo l'Araba, disse Satana
    ai suoi compagni; e rivolgendosi alle suore la cui presenza lo irritava, disse: Nessuna
    di voi vuole andare a dormire? Vedete quella, aggiunse indicando una suora ammalata,
    tutte le sere è andata a letto di buon'ora; e questa notte, ha due occhi di gatto. Queste
    parole provocarono l'ilarità delle suore. Voi inoltre ridete del mio linguaggio,
    miserabili! esclamò il diavolo furioso. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando
    giudica le anime; soffro per i peccatori, affinché essi abbiano la luce per seguire Ges&
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:31
    57
    impotenza,
    diventava
    furioso
    e
    le insultava. Malediva il giorno in cui aveva
    incominciato questa lotta contro la suora.
    Dopo il cinquantanovesimo assalto, la suora disse: «In unione con l'allegrezza di
    Maria, quando l'Angelo le annunciava la venuta di Gesù, offro per la comunità e per il
    nostro Ordine tutto ciò che è avvenuto e tutto quello che Gesù vorrà ancora. Sì, sì,
    ripeteva quasi cantando, affermo che mi unisco all'allegrezza della santissima Vergine,
    perché comincio a vedere la luce, comincio ad offrire a Dio la gioia».
    E al demonio: «Ti dico, Satana, che non sento se sono con il mio corpo; sento che
    sono con Gesù. Quando Dio vuole una cosa, tu non puoi cambiarvi niente; sei
    obbligato ad obbedire a Gesù tremando. Santa Vergine, ottienimi l'umiltà, la gioia,
    l'unione con Dio; ti domando queste stesse grazie anche per il nostro santo Ordine.
    Satana, tu cerchi di prendermi, e sei tu ad essere l'intrappolato».
    Guardate l'Araba, esclamò il demonio; tutto il suo corpo è fiaccato e non confessa
    neppure che è malata. Questa miserabile mi augura il disonore. Attendi, attendi; e la
    tormentava orribilmente. La suora disse: «Io mi unisco...» Satana volle impedirle di
    continuare: ella riprese con forza: «Non mi impedire di parlare», e siccome esso
    riprovava, disse: «Ebbene, griderò Amore a Gesù! gloria a Maria! vergogna e
    disprezzo a Satana! Sì, per la vita, e per la morte, amore a Gesù!».
    E rivolgendosi al demonio: «Che dici, Satana? Quanto a me, non sono che debolezza:
    è Dio che fa tutto in me. Sì, Gesù verrà a schiacciare la tua testa. Sento la gioia, la
    pace. Non sono sulla terra per seguire i miei gusti, vi sono per cercare il fiele, il
    disprezzo, con la grazia di Dio.
    Santa Vergine, libera le anime che seguono Satana». Tre volte ripeté questa preghiera,
    e aggiunse con un filo di voce: «Vedo uno spiraglio, vedo un po' la porta, vedo Gesù
    arrivare; la luce si avvicina dolcemente, in silenzio. Egli non fa come te, Satana, tu
    vieni con rumore. Gloria a Gesù, gloria a Maria! Vergogna e disprezzo a Satana!
    Satana, queste parole ti annientano. Ebbene, le dirò sempre, le dirò nel cuore, se non
    potrò dirle con la bocca.
    Io mi unisco a Gesù, a Maria, a Giuseppe, quando aprirono la porta della casetta
    d'Egitto, affinché i peccatori abbiano un piccolo posto nel loro cuore per amare Gesù,
    perché anche essi posseggano un posto nel cuore di Gesù. Vorrei una casetta molto
    pulita nel mio cuore per ricevere Gesù, una casa dove non ci fossero più peccati,
    perché Gesù potesse compiacersi. Se io so ricevere Gesù, ho tutto. È dolce soffrire con
    Gesù. Tutto ciò che viene da Gesù è dolce. Tutto ciò che viene da te, Satana, è cattivo.
    Più le lotte si moltiplicano, più io vedo chiaro. Amore a Gesù, a Maria!».
    Dopo il settantaseiesimo attacco, Satana esclamò: Questa miserabile Araba! non
    abbiamo il potere di cambiare il suo aspetto. Neppure Lucifero lo potrà, perché essa è
    stata martire, e perché si è conservata sempre pura, sempre vergine. «Dio sia
    benedetto! diceva sempre la suora; il resto, lo dirò nel mio cuore. Satana è geloso di
    quelli che seguono Gesù. Io seguirò Gesù fino alla morte, sulla terra, in cielo, e perfino
    nell'inferno. Se Dio lo vuole, ebbene, sì andrò, se egli lo vuole, nell'inferno con Gesù.
    L'inferno con Gesù è meglio che te, Satana. Il diavolo mi dice che, se mi prenderà, mi
    metterà più in basso di Giuda».
    Dopo la novantunesima lotta, Satana disse: Lo confesso con tutti i miei simili, noi non
    amiamo la carità, l'umiltà, l'obbedienza.

    58
    Dopo la novantatreesima, suor Maria disse: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! Co-
    mincio a vedere la luce; la porta si apre; comincio a vedere la santa Vergine. Mio Dio,
    sii benedetto.
    Mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore e al di sopra di tutte le cose».
    La fine del terribile combattimento si avvicinava. Era la novantanovesima lotta.
    Aspettate, aspettate, disse il demonio; forse, alla venuta di Lucifero, emetterà un
    lamento. Ma la suora disse ancora: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! gloria a Giuseppe!
    gloria a Dio solo!».
    Il diavolo ritornò un'ultima volta; parlò dell'arrivo di Lucifero: Il nostro capo, disse,
    non esce quasi mai dall'inferno. Passando nel corpo dell'Araba, la brucerà talmente,
    che voi non potrete neppure toccare la punta del suo dito, fino a che il Signore non sia,
    a sua volta, passato in questo stesso corpo per guarirlo.
    Il letto di ferro sul quale l'eroica vittima si trovava dall'inizio del combattimento era
    così danneggiato che bisognò sistemarla su un altro.
    Alle undici e tre quarti, il diavolo esclamò: Indietreggiate, viene Lucifero: se voi
    restate vicino all'Araba, sarete bruciati.
    Il Rev. abate Manaudas e le suore indietreggiarono. Alcuni istanti dopo, si videro il
    viso e le mani di suor Maria divenire rossi come il fuoco, e in seguito completamente
    nere. Il fumo venne fuori da tutto il suo corpo; si senti un forte odore di zolfo. La suora
    respirò appena. Ma ben presto delle grida più forti del fischio della locomotiva si
    fecero sentire; se ne contarono fino a diciannove. Era la fine della lotta. Una visione
    celeste venne a rallegrare l'eroica vittima. Disparve ben presto. La novizia risentì
    allora tutti i suoi dolori; non poté più pronunciare una sola parola, né fare il più
    piccolo movimento. La sua bocca si aprì ad intervalli come quella di un moribondo.
    L'abate Manaudas si avvicinò come per raccogliere il suo ultimo respiro. Era
    mezzogiorno, l'ora nella quale, si ricorda, la possessione era iniziata, quaranta giorni
    prima.
    CAPITOLO VIII
    La liberazione - Possessione dell'angelo per quattro giorni
    La scena cambiò. Improvvisamente, suor Maria di Gesù Crocifisso si alzò sul letto. Il
    suo viso era radioso, i suoi occhi brillavano come due diamanti; un sorriso celestiale
    sfiorava le sue labbra. Tutti i presenti erano in ginocchio; da tutte le bocche usciva
    nello stesso tempo lo stesso grido: Gesù! La gioia del cielo era in tutti i cuori, e si
    traduceva in dolci lacrime. Si senti che Gesù era passato nel corpo della suora per
    guarirlo.
    Uno spirito soprannaturale era succeduto al Salvatore nel corpo della suora liberata e
    vittoriosa. La santa Vergine, disse questo spirito, attraverso la bocca della novizia, vi
    domanda l'umiltà, la semplicità e la pratica di tutta la Regola. «Gesù, esclamò la
    novizia, rapita, è il mio dolce refrigerio!». Quando l'estasi finì per qualche istante, suor
    Maria conservò la gioia nella sua anima e perfino nei lineamenti del suo viso. Baciava
    con riconoscenza le mani del Rev. abate Manaudas; ringraziava con effusione le suore
    delle loro cure affettuose; le abbracciava e diceva trasalendo: «Sento la gioia fin nelle
    mie ossa». Verso l'una, arrivò il Rev. abate SaintGuily. Non appena lo scorse, la
    novizia esclamò: «Padre mio, padre mio, è tanto tempo che non la vedevo. Padre mio,
    non so da dove vengo. Non so quello che è, ma sento la gioia in tutto il mio essere». E

    59
    dove sei stata? le domandò il curato di San Martino. «Padre mio, a causa dei miei
    peccati, ero in un mare nero; ora, ho la gioia nella mia anima, e perfino nelle mie
    ossa». Ripeteva, senza dubitarne, le parole del Salmista: «Le ossa umiliate
    trasaliranno».
    L'estasi la riprese. Si intratteneva con Maria e con santa Teresa. Si comprese che la
    santa Vergine le diceva di chiedere qualche favore per la comunità: «No, Madre mia,
    no, rispondeva, tu sei la Madre di tutte; che bisogno c'è di chiederti qualche cosa?».
    In seguito rivolgendosi a santa Teresa le diceva: «Te ne prego, madre mia, proteggi la
    comunità, proteggi tutto l'Ordine; non guardare agli errori delle tue f figlie. Se tu mi
    abbandonassi, io sarei meno obbediente, più infedele di tutte le altre».
    «La santa Vergine dice: Agnellini, fate sempre ciò che il Pastore vi dirà; abbiate
    fiducia in Gesù. Disprezzate soprattutto il piccolo nulla (se stessa); fatele comprendere
    sempre il suo nulla; che non sappia mai niente di ciò che è avvenuto.
    Se ogni agnellino si considera l'ultimo, la santa Vergine sarà con lui. Seguite la parola
    di Gesù. Non vi scoraggiate mai. Satana, furioso, verrà à tentarvi: non l'ascoltate mai,
    ascoltate sempre il Pastore. Non ascoltate mai Satana; è geloso. Quando viene,
    umiliatevi. Se Gesù permette che vi tenti, è per farvi crescere.
    Quando voi siete tentate contro un agnello, andate a trovarlo col permesso della Priora,
    abbracciatelo, ditegli: il demonio mi tenta contro di te, ma io ti amo. Satana se ne
    andrà. Che gli agnellini amino gli altri più di se stessi. Bisogna sempre andare contro
    tutto ciò che suggerisce Satana».
    E rivolgendosi alla Priora: «Pastore, le disse, la Vergine santa ti raccomanda di amare
    gli agnelli con uguale affetto. Amandoli, tu ami Gesù. Stai attenta, non ne disprezzare
    nessuno; sono, tutti, agnelli di Gesù. La santa Vergine ti dice ancora: Fatti
    piccolissima; abbi fiducia; ama gli agnelli più di te stessa.
    Che gli agnelli obbediscano sempre al Pastore, che si amino sempre gli uni gli altri,
    che pratichino sempre l'umiltà, la carità. Satana è geloso di voi, ma voi non
    scoraggiatevi mai; seguite il Pastore. Agnelli non ascoltate mai Satana; non ascoltatelo
    mai; disprezzatelo; annientatelo. Satana non ama la carità. Tenterà di mettervi gli uni
    contro gli altri. Abbracciatevi, andrà via».
    Apostrofava il demonio e gli diceva: «Satana, sarai confuso, sarai schiacciato».
    Ritornando alla Priora aggiunse: «Madre mia, la santa Vergine dice ad ognuna di
    andare a fare il proprio dovere. La presenza di Gesù vi avrebbe fatto morire, se non vi
    avesse sostenuto. Madre mia, la santa Vergine ti dice di fare assistere il piccolo nulla a
    tutti gli atti della vita comunitaria; non se ne accorgerà, ma vi sarà».
    Le suore si rassegnavano con fatica alla privazione di vederla e di sentirla. Diceva
    loro: «Agnelli, la santa Vergine vede il vostro desiderio di restare con il piccolo nulla
    ma vuole che accudiate ai vostri doveri; sarà con voi. Durante la ricreazione, potete
    ritornare, la Regola lo permette. La santa Vergine dice che quando gli agnelli saranno
    di nuovo riuniti qui, ritornerà con parecchi santi del cielo. I due pastori (la Madre
    Priora e la Madre Elia, maestra delle novizie) non devono restare più qui tutte e due
    insieme ma avvicendarsi, per potere accudire ai loro doveri».
    Avendo la Priora domandato se una suora poteva restare per scrivere, rispose: «La
    santa Vergine lo permette, lasciandoti libera nella scelta di questa suora».
    Le religiose ritornarono durante la ricreazione; disposte attorno all'estatica, con-
    tinuarono a raccogliere i suoi insegnamenti celesti. «Agnelli, dice loro la novizia

    60
    sempre rapita, Gesù dice che voi sarete insieme nel cielo accanto a Lui, formerete
    come una corona attorno al suo cuore. Agnelli, dite sempre a voi stesse: Se Gesù mi
    abbandonasse, io sarei peggio di Giuda; ma se Gesù mi custodisce, io sarò Giovanni il
    discepolo prediletto.
    Salute, padre Elia; salve, padre Elia! Padre Elia tu dici: Come siete tutte unite sulla
    terra, sarete tutte insieme in cielo. Santa Teresa vi ripete la stessa cosa. La santa
    Vergine benedice tutti i parenti delle suore. Padre Giuseppe; padre Giuseppe! San
    Giuseppe vi benedice e vi dice: Siate umili, siate piccole, osservate bene la Regola,
    ancora un po' di tempo e sarete tutte insieme in cielo, accanto a Gesù. Salute,
    Padre Giovanni, Maria degli Angeli! Salute, Margherita, mia Amatissima!... Salute,
    salute, Simone Stock! San Simone dice: Amatevi gli uni gli altri; pensate sempre se
    non siamo nulla sulla terra, saremo qualche cosa in cielo.
    Salve, salve, martiri di Gesù l'Amatissimo! Osservare la Regola e l'umiltà è un nuovo
    martirio. I martiri vi dicono: In poco tempo, voi sarete con noi in cielo. Andate sempre
    contro natura; è questa una buona mortificazione d'amore per Gesù il Prediletto.
    Salve, salve, Maddalena, Germana, Marta, Enrichetta! San Domenico e san Francesco
    vi dicono come hanno fatto per diventare grandi santi. Essi conservavano sempre nella
    loro anima il sentimento del loro niente; amavano il prossimo più di se stessi;
    andavano sempre da Gesù per saziare il loro cuore.
    E quale è la strada per andare da Gesù? È l'umiltà, l'obbedienza, la fiducia,
    l'osservanza della Regola. Grazie alla pratica di queste virtù, Gesù ci riceve nel suo
    cuore. Salve, salve, Veronica, Apollonia, Nicola, Amata! Come fare per aridare da
    Gesù? Voi dite Guardate sempre a Gesù. Come fare per guardare sempre a Gesù? Essi
    dicono: Tutto ciò che Satana fa, disprezzatelo e guardate sempre Gesù. Con quale
    mezzo guardare sempre a Gesù? Lavorando, obbedendo, digiunando, mangiando,
    riposandovi: qualunque cosa facciate, guardate sempre a Gesù. Se ve ne dimenticate,
    non turbatevi, niente vi turbi. Prostratevi e dite io ti domando perdono, Signore, mi
    sono dimenticato un istante. Non permettere che io ti dimentichi di nuovo; soprattutto
    non mi dimenticare come ti ho dimenticato io. Sì, nel lavoro, nella tristezza, nella
    pena, nella noia come nella gioia, bisogna sempre guardare a Gesù.
    Salve, salve, Maria degli Angeli! Ella ascolta; un istante dopo, sorride. La Beata le
    nominava molti santi presenti, e la novizia contava sulle sue dita, sempre sorridendo.
    Esclamava: San Giovanni della Croce, dice: Maria degli Angeli, sulla terra ha amato le
    sue suore, ha desiderato soffrire ed essere disprezzata per Gesù. Dice ancora che le sue
    figlie devono praticare l'obbedienza interiore e non soltanto quella esteriore. Se non si
    possiede questa virtù, si ha un grande merito quando si lavora per acquistarla. Gesù
    dice: tutte quelle che faranno morire la propria volontà, il Signore le benedirà. Con
    tenacia, riuscirete a praticare la virtù come se fosse nata con voi».
    «La santa Vergine dice che bisogna andare in giardino per purificare l'operato di
    Satana. Satana vi andava tutti i giorni a questa stessa ora durante la possessione: an-
    diamoci, anche noi, per purificare tutte le sue attività. Tutti gli agnelli possono ve-
    nire». Con un passo leggero e rapido, la novizia scese, scortata da tutte le suore. Be-
    nedisse la cucina e tutti i posti della casa dove Satana era andato; arrivò al granaio,
    non si accontentò di fare un segno di croce come in ogni altro luogo, domandò del-
    l'acqua benedetta: «La santa Vergine sta per benedire tutto». Camminava con la testa
    diritta, le mani sollevate, gli occhi al cielo, sorridendo e trasalendo in modo ineffabile.

    61
    «La santa Vergine dice che è il Pastore che deve benedire», e rimise l'aspersorio
    alla Priora. Le indicava i luoghi da purificare facendole ripetere ogni volta queste
    parole: «Per la Tua santa croce, Signore, liberaci dalla malizia di Satana». Nel
    giardino, non dimenticò un solo albero toccato da Satana, né un solo grappolo dove
    quello aveva preso dei chicchi, tutto fu purificato.
    Esclamò: «Piccola vite, alberelli, producete sempre buoni frutti per nutrire gli agnelli
    di Gesù». E, stendendo la mano come per indicare la presenza di qualcuno: «Vedete,
    vedete, aggiunge, Satana monta in bestia; non voleva venire, ma la santa Vergine l'ha
    obbligato ad assistere alla sua disfatta. Corre, corre», e lei batteva le mani.
    Giunta vicino ad una statua di Nostra Signora de la Salette, si prostrò in riparazione
    del fatto che Satana, durante la possessione, le aveva impedito di mettersi in ginocchio
    davanti a Maria.
    Nel parlatorio, diceva alle suore esterne: «Sulla terra voi siete fuori; nel cielo, sarete
    con gli agnelli che sono nel chiostro. Se sarete fedeli, voi potete perfino salire più in
    alto di loro. La santa Vergine vi dice che voi siete le sue figlie e le figlie amatissime di
    Gesù; Ella vi benedice».
    Questa processione era durata due ore.
    Dopo vespri, gli insegnamenti continuarono: «Agnellini, siate fedeli: seguite la Regola
    e l'obbedienza; non mancate mai senza permesso agli atti di comunità. Colui che segue
    la Regola e la Comunità, ha la benedizione di Gesù. Colui che esce per necessità dalle
    azioni di comunità, ha la benedizione di Gesù; quella che, per dovere, è obbligata a
    mancarvi, non perde la benedizione di Gesù.
    Non fate mai niente senza permesso; domandatelo per ogni cosa, e non in forma
    generica.
    Amate il silenzio, agnellini; vi è permesso di dire qualche parola per le cose ne-
    cessarie; soltanto abbiate cura di parlare molto piano, e nei posti dove non si può
    essere sentiti.
    Agnelli, la santa Vergine dice che dovete impiegare bene il tempo durante la set-
    timana, lavorare bene per Gesù, sotto gli occhi di Gesù, in silenzio, con pazienza, con
    grande interiorità. La domenica, tutta la giornata per Gesù. La domenica bisogna
    soltanto pregare e leggere dei libri che parlano di Gesù.
    Agnellini cari, io ve lo ripeto, praticate molto lo spirito della Regola, l'umiltà, la carità,
    l'obbedienza. Siate interamente di Gesù. Dategli tutto. Se non facciamo degli sforzi per
    praticare la virtù, per osservare perfettamente la Regola, resteremo a lungo, molto a
    lungo, nel Purgatorio.
    Satana vi tenterà; siate più forti di Satana. La tentazione è un bene per voi; e l'acqua
    che lava e rende puliti per Gesù. Riflettete bene a questo: oggi sulla terra, domani sotto
    terra.
    La Madre Teresa vi dice: Figlie mie amatissime, il tempo corre. Ricordatevi sempre di
    amare il vostro prossimo. Preferite sempre una suora che vi faccia esercitare, che vi
    provi, perché con lei potete sempre acquistare dei meriti: la sofferenza è l'amore; la
    Regola è l'amore.
    Quando sarete fedeli e farete qualche cosa per Dio, Satana verrà a farvi credere che
    valete molto, che fate bene tutte le cose, che siete sante. Sarete tentate di abbandonare
    tutto per paura di cadere nell'orgoglio. Satana vorrebbe con ciò impedirvi di fare il

    62
    bene, di dedicarvi alla perfezione, di compiere qualche gesto generoso per Dio:
    non l'ascoltate, disprezzatelo; lavorate, il tempo è breve.
    Agnellini, Madre Teresa dice che, per piacergli, dovete, durante la ricreazione, parlare
    molto del buon Dio. Non fate una sola domanda sul mondo; dovete essere morte. Se
    parliamo delle cose del mondo, ci riempiremo di mondo e non moriremo: la Regola, è
    la morte.
    Gesù vi ha scelte: siategli riconoscenti. Osservate bene la Regola. Una novizia, che
    non osserva la Regola, facesse pure dei miracoli, rimandatela.
    Agnelli, la santa Vergine vi ripete di non far mai conoscere al piccolo nulla (cioè a se
    stessa) ciò che è accaduto. Non fatele alcuna domanda. Non bisogna fare attenzione a
    lei, né guardarla, né nominarla; niente, nient'altro che il disprezzo. Bisogna trattarla
    come tutte le altre, e perfino come l'ultima delle novizie, lasciarla fare come se non ci
    fosse.
    Il piccolo nulla non resterà qui che poco tempo; farà in seguito l'opera di Dio.
    Agnellini miei, siate fedeli. La santa Vergine dice che i tempi stanno per cambiare;
    vedrete delle cose che non avete ancora viste; religiose lasceranno il loro convento; sa-
    cerdoti apostateranno. Maria vi raccomanda di provare bene le novizie prima di acco-
    glierle con la professione. Se voi non le provate, vi proveranno loro. Che osservino la
    Regola tutta intera; non si deve accordare loro alcuna dispensa. Non temete di mancare
    di carità mandandole via; la carità, dovete averla per il vostro Ordine e non per una
    novizia che non avesse la vocazione. Vi costerà qualche volta, perché la novizia che
    dovete rimandare è povera o orfana. Non pensate a ciò, non preoccupatevene.
    Non guardate né alla povertà né alla ricchezza. Quanto sareste disgraziate, se non
    osaste mandare via una novizia perché può fare del bene al convento. Lasciate tutto
    ciò da parte, non considerate che una sola cosa: se essa segue la Regola. La Regola è il
    prezzo; la Regola è il miracolo; la Regola è il martirio; la Regola è tutto. Una novizia
    che non osservasse la Regola, che non avesse lo spirito della Regola, mandatela via.
    Satana è geloso; tenta in tutti i modi di far perdere la fede, per fare cadere le anime:
    non temete. Persino quando non si sente la fede, bisognerebbe vivere di umiltà e di
    fiducia. Quando noi non sentiamo la fede e camminiamo sempre in avanti malgrado i
    nostri gemiti e le nostre lacrime, sopportiamo un martirio molto meritorio, sempre che
    restiamo continuamente rivolti verso Gesù.
    Dio non permette la tentazione che per farci crescere: tanto più siamo provate tanto più
    corriamo verso Dio. La tentazione è l'acqua che ci lava; la tentazione più forte è come
    l'acqua calda che ci pulisce meglio.
    Agnellini, Madre Teresa vi raccomanda la pratica costante della carità. Questa virtù è
    così bella e così dolce! Non guardate mai né gli errori, né i difetti delle suore. Tenete
    per voi il più difficile, il più penoso, per sollevarle. Pensate sempre alle altre:
    scusatele. Se vedete una suora rovesciare dell'olio, pensate che è immersa in Dio;
    prendete, dopo, uno straccio per pulire la macchia.
    Agnellini miei, amate la Regola, osservatela sempre. Quanto la santa Vergine ama la
    Regola e gli agnelli che la praticano! Quanto Gesù è contento! L'osservanza della
    Regola vale più di tutti gli stati straordinari, vale più di avere le stimmate, vale più del
    fare miracoli. Tutte quelle che rispettano la Regola, sono le mie figlie predilette, dice
    Maria, e dopo di lei, santa Teresa.

    63
    Praticate soprattutto l'obbedienza. Ogni volta che mancate all'obbedienza della
    Regola, mancate alla integrità della Regola. L'obbedienza è come il binario che con-
    duce a Gesù. Quando vi preparate a fare la comunione, bisogna considerare chi è Colui
    che viene. È Gesù che viene, Gesù così buono, così amabile, così dolce, e nello stesso
    tempo così grande, così potente, così bello! Verso chi viene? Viene verso di voi che
    non siete che polvere, che niente. Viene per darsi a voi, per fare un tutt'uno con voi.
    Quando lo possedete nel vostro cuore, pensate che siete come la santa Vergine che
    porta Gesù nel suo seno. Durante il giorno, tenete sempre i vostri sguardi fissi su
    questo Gesù che avete ricevuto la mattina».
    La Priora permise ad ogni suora in particolare di parlare con la novizia rapita, per un
    quarto d'ora: tutte le religiose riportarono da questa conversazione come un balsamo
    per la loro anima. Compresero che ella doveva essere illuminata dal- ! lo spirito di Dio
    per leggere così nel loro intimo e per metterle nell'umiltà e nella pace.
    La novizia, sempre in estasi, annunciò a Madre Elia che il Signore prolungava i suoi
    giorni,` al di là dei tre anni dopo la professione, affinché i suoi meriti fossero più
    grandi e le sue conquiste su Satana più numerose.
    «Agnellini, aggiunse, san Giuseppe dice che Satana vi tenterà in differenti maniere. A
    una suora, dirà che gli agnelli non l'amano: Che deve fare questa suora? Occorre che si
    abbandoni alla tristezza? alle lacrime? No, no. Per vincere la tentazione, questa suora
    si prostri durante la ricreazione e dica alle sue compagne: "vi domando proprio
    perdono, Satana mi tenta contro di voi; vorrebbe farmi credere che non mi amate; ve
    ne scongiuro, pregate per me", e il demonio sarà sconfitto. Se sentite tristezza, noia,
    dite la colpa in piena ricreazione e quest'umile confessione metterà in fuga il demonio
    e vi darà la pace.
    Altre volte, Satana vi tenterà contro i superiori. Vi sembrerà che la Priora non è
    abbastanza capace, o che non si prende abbastanza cura di voi, che non fa affatto at-
    tenzione a voi, sia per l'anima che per il corpo. Umiliatevi, confessate la vostra ten-
    tazione alla Priora e Satana sarà vinto.
    Nel refettorio, Satana vi tenterà contro la suora addetta alla cucina; vi farà credere che
    la porzione non è preparata bene, che è nociva alla vostra salute. Mangiate come se
    niente fosse e se ne avete il coraggio, dite la vostra colpa appena arrivate in
    ricreazione: madre mia e sorelle mie, pregate per me, perché ho fatto la delicata, non
    ho mangiato la porzione perché non mi sembrava abbastanza buona. Per punire la mia
    sensualità, servitemi domani un piccolo resto di ogni suora. Lo si farà; voi trionferete
    così del vostro piacere e Satana sarà vinto. Non meravigliatevi di niente. Non
    scoraggiatevi mai, perché non siete degli angeli, siete deboli.
    Qualche volta, durante l'orazione, si fanno buoni propositi: si desidera essere umiliata,
    disprezzata, abbandonata; un po' più tardi, non vi si pensa più. Ebbene, agnellini,
    sappiate almeno umiliarvi di questo e cercate di approfittare delle occasioni. Satana,
    diceva la suora alla Priora e a Madre Elia, è geloso della vostra unione; farà di tutto
    per mettervi l'una contro l'altra e per questo si servirà perfino delle suore, senza cattiva
    intenzione da parte loro. Una andrà dalla Priora, l'altra da Madre Elia per riferire cose
    false. Se Satana non può riuscire con questo mezzo, prenderà la forma delle suore per
    ingannarvi. Maledetto Satana, trova che non è già abbastanza umiliato qui, e vuole
    esserlo di più. Agnelli, se voi siete fedeli, Satana sarà in poco tempo completamente

    64
    sottomesso. Ecco ciò che vi dice san Giuseppe: Agnellini, colui che si fa
    piccolo piccolo, piace a Gesù e lo trova».
    Rivolgendosi al Superiore della comunità che era presente, la novizia disse: «Padre
    mio, per giudicare della spiritualità che guida un prete, si deve provare la sua umiltà, la
    sua ubbidienza. Se non è sottomesso, è in préda a Satana. Si deve agire lo stesso nei
    riguardi di una religiosa quando si dubita della sua via. Anche se fosse negli stati più
    straordinari, se le si dice che è nell'illusione ed ella non si sottomette subito al giudizio
    espresso, c'è l'orgoglio e c'è Satana».
    La suora parlò a lungo al Superiore in questo senso e terminò con queste notevoli
    parole: «Ecco ciò che dice la santissima Vergine; ma se non si approva questa dottrina,
    dirà lo stesso».
    Si era al 7 settembre, anniversario del suo martirio. Ti è accaduto qualcosa, in tale
    giorno? le domandò il Rev. curato di Saint-Martin. «A me no, ma al piccolo nulla era
    stato tagliato il collo». Questa risposta confermò la comunità nel pensiero che uno
    spirito celeste possedesse il corpo della novizia e che dettasse tutti questi preziosi
    insegnamenti. Gli si domandò a più riprese il suo nome: Io sono, disse egli, di quelli
    che salgono e scendono; e una volta: Sono lo spirito di Maria; e più spesso: Sono
    Maria, figlia di Maria del Prediletto. Sei Giovanni il discepolo prediletto? No, rispose
    con un sorriso ineffabile. Sei un angelo? un secondo sorriso fu la sua unica risposta.
    Le domande si moltiplicavano: si sarebbe voluto sapere il nome di questo spirito
    misterioso. Notando questa insistenza da parte delle sue compagne, una suora gli
    disse: Se sei un angelo, ti manchiamo proprio di rispetto. Gesù, quello rispose, ama i
    piccoli, ama i fanciulli. Agnellini, occorre che l'umiltà sia la vostra luce, l'ubbidienza il
    vostro cammino, la carità il vostro riparo. E, alla Priora: Pastore, quando gli agnelli
    non si trovano a loro agio con il confessore e tutte dicono la stessa cosa, ciò significa
    che questo confessore non è l'eletto di Dio per voi. Se non vi sono che due o tre agnelli
    scontenti, non bisogna tenerne conto, ma trattenere lo stesso confessore».
    «Agnellini miei, non pensate che ad amare e servire l'Amato Bene, a morire a tutto,
    per vivere distaccate da tutte le cose della terra: per questo avete lasciato il mondo.
    Madre Teresa vi dice che non ha istituito il suo Ordine per godere, ma per soffrire.
    Madre Teresa vuole gli agnelli distaccati come pietre».
    Ecco i mirabili avvertimenti che la novizia, sempre in estasi, diede alle due suore
    esterne, davanti alla grata del parlatorio:
    «La santa Vergine vi benedice; vi raccomanda di essere sempre molto modeste, molto
    raccolte: bisogna essere sempre come in ritiro. Madre Teresa vi dice di essere molto
    pazienti, sì, soprattutto molto pazienti. Sopportate tutte le contrarietà con dolcezza;
    siate caritatevoli tra voi e con tutti. Siate sempre obbedienti: bisogna essere come un
    cadavere, come un bastone; fate tutto senza dire niente, non una riflessione.
    Se siete fedeli, andrete direttamente da Gesù. Profittate del tempo: tutto passa, tutto
    passa sulla terra; il tempo è breve. Praticate la perfezione, producete dei frutti per
    Gesù. Siete come i rami di un unico albero: siete due rami che passano oltre. Gesù ama
    tutti i rami; guarda con più amore quelli che portano più frutti. Se siete fedeli, sarete
    nel cielo più in alto degli agnelli del chiostro, perché avete più occasioni. Le suore
    dell'interno pregano e fanno penitenza senza essere disturbate, mentre voi, quante
    volte siete impedite di pregare, quando lo vorreste! Quando si viene a suonare, lasciate
    tutto, perfino la preghiera; andate immediatamente ove siete chiamate, andatevi con

    65
    spirito interiore, con spirito di carità: quest'atto di rinuncia piacerà a Gesù più
    di tutto il resto. Bisogna soprattutto evitare che le persone di fuori si accorgano che voi
    siete contrariate, dovete edificare, dare il buon esempio, perché si giudicherà l'interno
    del convento attraverso gli agnelli dell'esterno. Se siete buone, raccolte, perfette, il
    vostro esempio farà del bene a tutti. Siate soprattutto umili, non vi scoraggiate mai.
    Vi sono delle suore esterne che hanno sempre bisogno di confessarsi. Ciò non è bene;
    bisogna che vi sia una regola per tutto. È sufficiente che voi vi confessiate ogni otto
    giorni. Se vi accade nell'intervallo di commettere qualche leggera colpa e per questo
    fate uno sforzo a comunicarvi, fate un atto di contrizione: Gesù vi perdonerà. Padre
    Elia vi raccomanda il silenzio e la carità, bisogna amarvi in Gesù e per Gesù, in Maria
    e per Maria.
    Dovete lavorare per gli agnelli del chiostro e quelle del chiostro devono lavorare per
    voi: non siete che un'unità. Avendo cura degli agnelli dell'interno, voi siete come
    Giovanni il discepolo prediletto. Quando Gesù era nella prigione presso Caifa durante
    la notte, Giovanni avrebbe desiderato potervi entrare per curare il suo Maestro: non lo
    poteva. Obbligato a restare fuori, si teneva il più possibile vicino alla prigione; faceva
    tutto ciò che poteva per Gesù. Fate così con gli agnelli che sono dentro».
    La santa Vergine era ben lungi dal dimenticare i superiori. «Siate molto unite, dice alle
    due madri attraverso la suora in estasi. Siate tutt'uno come questo, diceva la novizia
    alzando un dito, allora tutto andrà bene. Satana, geloso, farà allora di tutto per
    disunirvi. Voi, Pastore, regolate bene il vostro tempo e ne avrete per tutto. Dirigete gli
    agnelli che lo domanderanno. Dio ve li ha dati perché ne abbiate cura. Siate come una
    buona madre». Avendole la Priora detto che non aveva lumi per dirigere le anime
    straordinarie, ebbe questa saggia risposta: «Non temere. Quando una suora viene a
    dirti per esempio: Madre mia, durante l'orazione, ho visto la santa Vergine, ho visto
    Gesù, essi mi hanno detto la tale e la tale cosa, rispondi a questa suora: Figlia mia,
    profitta di ciò che hai visto e sentito, questa grazia deve portare dei frutti; attraverso i
    frutti, distinguerai se è una realtà o un'illusione. Quando la suora dopo che le avete
    parlato così resta contenta, di a te stessa: È Gesù certamente; ma se si ritrae triste, di: È
    Satana».
    La Priora pose questa domanda: Se una suora anziana mi domanda di parlare della sua
    anima ad una suora più giovane o perfino ad una suora conversa, posso
    permetterglielo? «No, le rispose, è una cosa molto pericolosa. Se questo fa del bene
    all'una, fa del male all'altra. Tutto ciò non è per niente necessario; tutto ciò non è che
    fantasia, e disordine: la Regola e i Superiori bastano per guidare. Che ognuna resti al
    suo posto. Quando si agisce diversamente, lo si fa anzitutto per carità, ma Satana non
    tarda a servirsene per insuperbire questa religiosa, così consultata. Guai a lei! Vegliate
    perché le suore non siano affatto curiose, perché non si leghino con amicizie
    particolari».
    La Priora aggiunse: Devo accordare spesso delle mortificazioni straordinarie?
    «Pastore, le rispose la novizia in estasi, fa attenzione su questo punto: gli agnelli sono
    spesso ingannati a questo proposito; Satana li spinge a rivolgerti questa domanda per
    farli in seguito cadere, se non osservano la Regola. Quando un agnello insiste per
    avere questo permesso, guardati dall'accordarglielo; mortifica piuttosto il desiderio di
    mortificazione: questo è bene per gli agnelli; è meglio di tutto. Che le suore osservino
    la Regola, che vivano nella semplicità e nell'uniformità».

    66
    E quando una suora domanda di non comunicarsi, che devo fare? «Pastore, do-
    manda la ragione; se non può dirtela, attendi il confessore. Ma se ti risponde: È per
    timore, perché sono indegna, dille: Figlia mia, comunicati. Se insiste per non co-
    municarsi, lasciala senza comunione, perché la sua obbedienza non è perfetta.
    Pastore, abbi cura di far recitare bene il santo ufficio. Se vedeste gli angeli che cantano
    con voi! Desiderate cantare come loro? Pensate che vi aiutano a lodare Dio; questo
    pensiero vi incoraggerà. Che tutte le pecorelle stiano al loro posto, che tutte prestino la
    loro voce».
    Parlando di se stessa, diceva a Madre Elia: «Pastorella ricordati di umiliare il piccolo
    nulla, di non farci caso. Fatti il cuore duro, fatti il cuore duro». Ed a tutte le suore:
    «Agnellini, abbiate sempre l'aria di non tenerne conto; trattatela come l'ultima; non la
    guardate neppure. Non la disprezzate troppo tuttavia, perché Satana potrebbe
    approfittarne per persuaderla che non ha la vocazione: amatela nel vostro cuore, senza
    testimoniarle esteriormente né stima né disprezzo».
    «Agnellini miei, disse lo spirito misterioso che possedeva la novizia, vi lascerò ben
    presto; domani sera, a questa stessa ora, me ne andrò; vi vedrò tuttavia
    sempre senza che voi mi vediate; sarò accanto a voi. Vedrò, vedrò il ramo che porterà
    più frutti per Gesù. Non potrò sempre avvertirvi come ora: siate fedeli». Angioletto,
    gli domandarono le suore, quando ci accadrà di dimenticarcene, ci avvertirai con
    qualche buona ispirazione? «Sì, sì, rispose, voi la sentirete nel cuore». Caro angelo,
    resta ancora con noi, ti amiamo tanto! ci istruisci così bene, resta almeno un giorno in
    più! «Vi attacchereste troppo a me, rispose sorridendo; mi amereste troppo: il cuore
    deve essere interamente per Gesù». No, no, angioletto, non ti amiamo troppo; ci fai
    amare Gesù. Resta un giorno in più. «II tempo è stabilito: un giorno per ogni dieci».
    Intendeva parlare dei quaranta giorni della possessione del demonio e dei quattro
    giorni della sua possessione. Dicci il tuo nome. «Domani, io ve lo dirò prima di andare
    via. Agnellini, fate attenzione: conservate sempre la semplicità, l'umiltà. Ve lo dico:
    Satana è geloso; lavora più intensamente che mai, soprattutto le anime religiose. Ora,
    l'orgoglio è molto sottile; s'insinua dappertutto, sì, dappertutto, perforo in religione. Ve
    ne sono molti che cadono nella illusione, che si credono o vogliono essere qualche
    cosa. Delle religiose si affrettano a domandare un direttore, non appena provano un po'
    di gusto o qualche consolazione nell'orazione; affermano che non possono farne a
    meno, tormentano la Madre fino a che non siano riuscite. Una volta ottenuto il
    direttore, non si finisce; non si parla che di sé; non si pensa che a ciò che gli si deve
    dire: tutto ciò non è che ricerca; tutto ciò non è la semplicità. Ci si compiace a sentirsi
    dire: Figlia mia, il tuo stato è molto straordinario; tu sei chiamata a grandi cose: hai
    bisogno di qualcuno che comprenda la tua anima. Guai al direttore che tiene un simile
    linguaggio, perché fa crescere l'amor proprio! la povera religiosa che l'ascolta con ciò
    si perde 3 facilmente. Numerosi sono i sacerdoti che, senza saperlo e senza volerlo,
    contribuiscono alla perdita delle anime, invece di essere per loro un soccorso, perché
    credono a tutto ciò che esse dicono loro, non avendo la minima idea che tutto ciò non
    è che illusione, immaginazione. Un direttore che fa vedere di dare importanza a cose
    straordinarie, non è condotto dallo spirito di Dio, ma da quello di Satana; egli assolve
    presso le anime l'ufficio del demonio, perché le aiuta a cadere.

    67
    Agnellini, Satana si trasformerà in Angelo di luce: con un po' di attenzione, voi lo
    riconoscerete sempre, perché cercherà, con le sue lodi, di ispirarvi orgoglio. Umi-
    liatevi, dite: lo non sono che niente, non merito alcuna grazia, ed egli se ne andrà.
    Agnellini, vengo ancora a ripetervi come voi dovete agire con il piccolo nulla. Non
    abbiate l'aria di farne caso, non testimoniategli alcuna stima; non domandategli di
    pregare per voi. Controllate la vostra lingua, per non fargli mai supporre ciò che è
    accaduto in lei; non fategli mai domande per sapere ciò che ha provato, sia durante la
    possessione dei quaranta giorni, sia durante questi quattro giorni. Appena sarà
    rinvenuta dall'estasi, non si ricorderà di niente. Per non dimenticare la grazia di Dio,
    potete intrattenervi, nel tempo permesso (le licenze) e perfino durante
    la ricreazione, di tutto ciò che ha avuto luogo; solamente, bisognerà parlarne come di
    cose che sono accadute in un altra comunità. Che il piccolo nulla non possa mai
    credere che si tratta di lei.
    Non appena l'estasi sarà finita, dopo un istante di gioia, la tristezza comincerà per la
    novizia; il demonio, per tre anni, assillerà la sua immaginazione. Soffrirà al di là di
    tutto ciò che si possa concepire; un'altra persona, che avesse le stesse prove,
    diventerebbe pazza. Satana farà di tutto per buttarla nella disperazione; non vedrà in sé
    che peccati, si riterrà colpevole di tutti i delitti del mondo. Il demonio tenterà di farla
    uscire; non si giudicherà degna di restare con voi. In quei momenti di prova,
    incoraggiatela, sempre tenendola nell'umiltà. Bisogna aiutarla a discendere sempre più
    profondamente nel suo nulla.
    Prima della sua professione, essa osserverà tutta la Regola per un anno ma vi avverto
    che non potrà farlo per lungo tempo. Sarà spesso malata; siate caritatevoli con lei,
    come con le altre.
    Durante questi tre anni di prova, sarà spesso triste, piangerà. Fate finta di non
    accorgervene, questo non vi riguarda; non siete incaricate di consolarla: lo devono fare
    le Madri e ciò basta. Soltanto, che esse non la lusinghino, assolvendo questo compito
    caritatevole; santi più di lei sono caduti.
    Commetterà degli errori; Dio lo permetterà, perché è il tempo della prova ed anche
    affinché, più tardi, Satana non abbia presa su di lei con l'orgoglio. Più tardi, ef-
    fettivamente, farà grandi cose; sarà quasi sempre in estasi; si solleverà perfino nel-
    l'aria. Ma, ritornata in sé, avrà sempre il ricordo delle sue imperfezioni per tenerla
    nell'umiltà. Durante i suoi rapimenti, godrà; dopo l'estasi, soffrirà per la vista dei
    peccati del mondo, per la visione della perdita delle anime. Il piccolo nulla è una
    vittima; come vittima, deve sempre soffrire.
    Agnellini miei, siate fedeli, siate fedeli; avete visto cose che la stessa santa Madre non
    ha visto. Se voi non siete fedeli, Satana danzerà; sarà così contento di una vostra colpa
    leggera quanto di un peccato grave di un'altra anima.
    Agnellini miei, fra un istante, andrò via. Quando sarò sul punto di andarmene, vi farò
    segno di uscire; voi spingerete il letto contro il muro; la sua maestra e l'infermiera
    resteranno sole con la novizia; crederà, ritornando in sé, che è stata a lungo
    ammalata».
    Le suore profittarono di quest' ultimi istanti per porre all'angelo diverse domande su
    diversi punti dell'osservanza: egli rispose a tutto con tanta saggezza, quanta amabilità.
    Non dimenticarono di ricordargli la sua promessa di dire il suo nome, prima di andar
    via. Rispose, con un ineffabile sorriso: Sono lo spirito di Maria; sono l'angelo di

    68
    Maria. Una leggera commozione pervase il corpo di suor Maria di Gesù Crocifisso:
    l'angelo se ne era andato. Tutta la comunità uscì dall'infermeria, ad eccezione di
    -Madre Elia e dell'infermiera.
    CAPITOLO IX
    Dopo la partenza dell'angelo - Serie continua di prove e di grazie Gesù e la
    "Piccola"
    La novizia esclamò uscendo dal rapimento: «Vengo da una grande gioia. Dove ero?».
    Ben presto la tristezza si impadronì della sua anima; trascorse tutta la notte in
    spaventosi dolori; provava una sete bruciante che non si poteva appagare, vomitava
    continuamente. Vedendo che il suo stomaco non poteva trattenere niente, fece
    benedire la bevanda dalla Priora. Questa benedizione fermò il vomito, le fece gridare:
    « O fede quanto sei grande!». A diverse riprese, domandò di confessarsi, sia durante la
    notte, sia l'indomani: «Vede, diceva alla sua Maestra, quanto è grande la mia miseria.
    Tutta la notte, non avevo altro pensiero che quello di volere tre brocche d'acqua per
    poter spegnere la mia sete. Invece di pensare a Gesù, pensavo sempre al mio corpo!
    Ecco la mia debolezza! Mio Dio, potrò dire che ti amo, quando vedrò il mio corpo in
    cenere. Madre mia, mi sembra che sia un anno che non la vedo. Ho passato tutto
    questo tempo nel mondo, dove non ho fatto che peccare. O mio Dio, ho commesso
    tutti i delitti». Satana, con un permesso divino, la persuadeva, secondo la profezia
    dell'angelo, che era colpevole di tutti i peccati della terra. L'indomani, 9 settembre,
    ricevette una visita celeste; lo spirito prese la forma della Madre Elia, come costei poté
    convincersi ascoltando il racconto della suora. «Vede, Madre mia, quale è la mia
    debolezza, le disse la novizia, è venuta a vedermi durante la ricreazione, mi ha detto:
    domanda tre uova sode con del sale e mangiale senza pane. Io non ho ubbidito subito,
    perché le uova sode non mi piacciono. Ma siccome l'ubbidienza porta grazia, ho
    trovato queste uova eccellenti! Madre mia, quando è venuta a trovarmi, non era come
    ora; sembrava molto più graziosa, mi piaceva di più allora. Era così buona, così dolce!
    Il vederla faceva amare Gesù, i suoi occhi piangevano, ma il suo viso conservava
    sempre la sua dolcezza».
    Madre Elia, che non aveva lasciato di fare la ricreazione, le domandò se si ricordava di
    ciò che le aveva detto: «Oh! Sì, Madre mia, le rispose la candida fanciulla, pienamente
    convinta che fosse stata Madre Elia ad averla visitata, mi ha detto: Se starai male per
    altri quindici giorni, sii contenta, accetta tutto; perché che tu stia male un giorno o
    quindici, è la stessa cosa. Accogli bene le prove che Dio ti manderà. Avrai delle
    tentazioni, spera in Dio, non temere niente; Gesù ti ama, abbi coraggio. Mi ha
    abbracciata e le lacrime scorrevano dai suoi occhi. Oh! Come le sue parole lasciavano
    la pace, la gioia, l'amore di Gesù nel cuore! Era così amabile! L'amavo tanto! Lei
    adesso non è la stessa».
    Quello stesso giorno, poté confessarsi. Scorgendo il sacerdote, esclamò: «Padre mio, è
    un anno che non la vedo. Quanto ho peccato! Ho molto bisogno di confessarmi!».
    Domandò che la si aiutasse a fare la penitenza, incapace come era di recitare solo la
    più piccola preghiera. Ripeteva le parole, gli atti d'amore che le si suggerivano, come
    una bambina.
    La sola vista del cibo la disgustava. «Considerate la mia delicatezza, diceva
    umilmente, devo fare penitenza, e sono così difficile! Vorrei...»; si fermò, rifiutando

    69
    persino di esprimere un desiderio su questo punto. La sua maestra pregò l'in-
    fermiera di offrirle un poco di pane bagnato nell'acqua e nel vino. «Era proprio ciò che
    sentivo di poter prendere, disse la novizia accettando con riconoscenza; ho pensato
    solamente che, se Gesù lo avesse voluto, avrebbe ispirato ai superiori di pre-
    sentarmelo, senza che io lo domandassi».
    Allorquando la si lasciava sola un istante, il demonio le appariva sotto la forma di una
    suora della comunità, scortata da due demoni neri che minacciavano di strangolarla.
    Questa vista la spaventava ma profittava lo stesso di ciò per umiliarsi. «Non so perché
    ho tanta paura, diceva, questa suora è così santa! Io sono così colpevole! Il pensiero
    della sua virtù mi fa senza dubbio tremare. Come sarei felice se potessi amare Dio
    come lo ama lei!».
    L' 11 settembre, dopo la Messa, disse alla sua maestra: «Durante il santo Sacrificio, mi
    è sembrato di vedere la santa Vergine splendente di gloria, circondata da angeli più
    luminosi del sole. La santa Vergine mi ha benedetto dicendomi Figlia mia, esci prima
    della fine, io te lo permetto; lascia questo monastero, tu non hai la vocazione. Nello
    stesso tempo, provai turbamento, noia, un grande desiderio di uscire; per orgoglio, non
    ho osato domandare il permesso, consideri la mia debolezza. Ho visto tutto ciò nella
    mia immaginazione, senza credere che fosse realmente la santa Vergine, perché non
    ho sentito alcuna grazia nella mia anima; non provavo che la voglia di uscire e la
    disperazione alla vista dei miei peccati».
    Durante la ricreazione della sera, si parlò degli angeli custodi. Le suore le do-
    mandarono se amasse il suo: «Io non vedo niente, non so niente, rispose, desidero
    Gesù e Maria!». Alla fine della ricreazione, disse alla sua Maestra, quando furono
    sole: «Io non ho capito niente di tutto ciò che si è detto; sono tutta immersa nei miei
    peccati; non riesco a vedere altre cose». Satana, lo si vede, era sempre là per tentarla e
    scoraggiarla; ma la preghiera insegnata dall'angelo lo scacciava, come pure l'osservare
    l'obbedienza.
    Il 12 settembre, supplicò di lasciarle praticare la Regola. Mostrando col dito il
    pavimento della sua cella, diceva: «Vorrei coricare la mia natura lì; vorrei annien-
    tare questo corpo, più l'ascolto, più sono malata. Trattatemi come le altre, trovo molto
    buono ciò che si serve per tutte; quello che è particolare, lo trovo cattivo, mi fa male. È
    una grazia poter fare come le altre».
    Rispose a Madre Elia, che l'interrogava sulle sue disposizioni: «Sono agitata nel corpo
    e nell'anima, sono come una bambina che cerca suo padre e sua madre senza poterli
    trovare» e piangeva; «voglio Gesù, aggiungeva, non voglio che Gesù, ma è troppo
    lontano da me, non posso raggiungerlo, ho troppo peccato..Vorrei essere abbandonata
    tra le mani degli uomini per soddisfare con la mia morte alla giustizia divina, per
    ottenere misericordia. Ho offeso Dio, questo Dio così buono che mi ha creata e posta
    sulla terra per amarlo e servirlo. Nessuna speranza per me! Voglio tuttavia sperare,
    malgrado tutto.
    Vedo sempre la mia tomba aperta, tutto passa! Il cielo o l'inferno durano per sempre!
    Ho tanto peccato, niente ho fatto per Dio! Non ho bisogno che di lui, ed è lontano! I
    miei peccati lo hanno costretto ad allontanarsi. Gesù non abbandona mai per primo.
    Sono triste ed annoiata senza Gesù; tutto mi secca lontano da lui. Vorrei esser sola in
    silenzio, parlare di me, perfino in direzione, mi infastidisce; ma non voglio seguire la
    mia natura. La volontà di Dio in tutto! Non ho bisogno che di Dio».

    70
    Trovandosi lo stesso giorno nel coro, si mise in spirito ai piedi della croce. Le
    sembrava di respirare il profumo del sangue di Gesù uscente dalle sue piaghe aperte. Il
    Salvatore soffermò il suo sguardo su di lei e disse: Spera!. L'indomani, riferendo alla
    sua Maestra questa visione, le diceva con un viso raggiante rivolto verso il cielo: «Bel
    cielo, spero di vedere mio padre, mia madre, i miei amatissimi fratelli! I miei nemici
    andranno in fondo agli abissi. Gesù tuttavia non mi ha detto Ti perdono!, mi ha detto
    Spera! Non ho alcuna consolazione, ma il mio cuore spera. lo spero, io spero, io
    spero».
    Dal 10 al 15 settembre, Satana, a più riprese, assunse la forma dei santi per tentarla e
    renderla disperata, per dirle che era destinata all'inferno, che doveva lasciare il
    convento; ma lei scoprì sempre le sue astuzie e lo cacciò col segno di croce. Satana la
    tentò insinuandole di sposarsi; ella formulò questa sublime risposta «Tutte le mie
    gioie, tutte le mie speranze, tutti i miei figli sono le umiliazioni, il disprezzo e le
    sofferenze».
    Durante questi giorni di prova, domandò, convinta della sua indegnità, di non
    comunicarsi; ma poi obbedi, malgrado le sue ripugnanze. Un giorno in cui la ten-
    tazione era più forte, scongiurò la sua Maestra di non obbligarla a fare la comunione.
    Madre Elia, per tutta risposta, posò la sua mano sulla testa della novizia, dicendole: se
    hai fede, obbedisci. «Si, Madre mia», riprese subito lei. Dopo il ringraziamento, disse
    alla sua Maestra «Madre mia, Gesù mi ha dato un poco di speranza per ricompensare
    la mia obbedienza. Dietro di me, ho visto come un grande mare nero, pieno di grosse
    bestie nere, di serpenti. Davanti a me, ho visto un lungo sentiero; alla fine di esso,
    Gesù come nascosto; tutta la strada era coperta di grosse pietre che rendevano il
    cammino molto difficile. Occorre molto coraggio e buona volontà per camminarvi.
    Andando avanti si trovano meno pietre. Il grande mare e le bes
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:32
    72
    comunione mi sembrava essere l'inferno. Quanto sono cieca! Grazie, mio Dio, di
    avermi illuminata». Durante la notte, Satana tentò di farla uscire, parlandole sotto la
    forma di santa Teresa; la suora invocò Maria e il demonio fu vinto.
    L'indomani una celeste apparizione venne a visitarla sotto la forma di Madre Elia.
    Ecco come lo si seppe.
    Vedendo entrare la suora infermiera nella sua cella, la novizia disse tutta contenta
    «Madre Elia è uscita or ora»; e, mostrandole un lavoro ad ago, aggiunse «Madre Elia
    ha fatto questo cucito per insegnarmi a lavorare bene». L'infermiera si affrettò ad
    informare Madre Elia di ciò che aveva appreso; questa si recò dalla novizia per
    conoscere la verità sul fatto, visto che lei non aveva visitato suor Maria quel giorno.
    La pregò, senza altro preambolo, di ripeterle ciò che aveva detto. La malata, sorpresa,
    credette che la sua maestra l'interrogasse così per provarla; le rispose ingenuamente
    che non se ne ricordava più. Ebbene, riprese Madre Elia, facciamo una preghiera al tuo
    angelo custode, affinché ti ottenga di ricordartelo. Finita la preghiera, la novizia le
    disse: «Quando è venuta questa mattina, le ho comunicato le mie impressioni sulla
    comunione. Ma perché ridirle adesso?» Per farti praticare l'obbedienza, rispose Madre
    Elia. «Ebbene, riprese subito suor Maria, avevo visto, dopo la comunione, una
    bambina come me, vestita come me e che mi rassomigliava perfettamente; era solo
    molto più piccola di me. Gesù la teneva nelle sue braccia, sembrava la amasse molto.
    Ero gelosa di questa bambina e ho detto a Gesù: questa piccola è felice, tu l'ami tanto!
    Sì, io l'amo, mi ha risposto Gesù, vedi come la tengo nelle mie braccia, ma lei non lo
    sa. Ed io ho detto a Gesù: ma ella è nelle tue braccia! Ah! se fossi al suo posto, ti
    assicuro che lo sentirei e quanto sarei felice. O piccola, prega per me che non sono che
    peccato. Tu sei pura, ed io non sono che letame. Questa piccola non mi vedeva. Non
    guardava che Gesù, e anche Gesù la guardava sempre. La sua vista mi diede tuttavia
    un po' di speranza. Osai dire a Gesù: o Gesù, tu sei venuto per i peccatori. Io non sarò
    mai come questa piccola ma infine voglio sperare. Le ho detto tutto ciò questa mattina,
    Madre mia, e lei ha pianto perché mi ama; anch'io sentivo che lei mi ama; era più
    amabile di adesso. Usciva da "lei" un profumo che arrecava la grazia nella mia anima.
    Perché non posso sentire, in questo momento, questa stessa grazia? Mi ha detto
    piangendo: abbi fiducia, bambina mia; la Vergine santa ti ama, è con te; ti guarda, ma
    tu non la vedi; sii molto obbediente. Mi ha dato speranza, conto sulla misericordia di
    Dio così buono, così amabile! Chi è come Dio?».
    La notte, diceva con una voce commovente: «Santa Vergine, Madre mia, mi getto ai
    tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco anche Gesù; ma tu ti
    nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo piccolo nulla! O Gesù,
    perdonami; non voglio più offenderti, abbi pietà di questa povera orfana! Tu non sei
    venuto per niente sulla terra, non sei venuto per i giusti; sei venuto per salvare i
    peccatori! lo non ho più Gesù; sono un piccolo nulla abbandonato. Dio mio, Dio mio,
    misericordia! Tu sei infinitamente buono, spero in te!».
    Le tenebre interiori diventavano sempre più fitte, nella sua anima; non si credeva
    degna che dell'inferno; fu per pura obbedienza che si comunicò l'indomani. Rivide
    nelle braccia di Gesù la stessa bambina, la quale non sembrava avere che tre anni,
    sebbene le rassomigliasse in tutto. Amo questa bambina, le diceva il Signore, perché è
    piccola; i grandi non saranno con me. Queste parole del Salvatore contristarono la
    novizia: «Come fare, diceva a Madre Elia. Il buon Dio non ama che i piccoli, ed73
    eccomi grande; non posso tagliarmi per farmi piccola». La sua Maestra le fece
    comprendere che Gesù aveva voluto parlare dell'infanzia spirituale, la quale non è
    altro che l'umiltà; questa spiegazione consolò il suo cuore dissipando la sua pena.
    Il 23 settembre, Satana si presentò di persona per venirla a tentare. Se un re potente e
    un esercito nemico venissero a piombare su di te, le disse, che cosa faresti? «Offrirei
    di tutto cuore queste prove a Gesù». E se si volesse distruggere la tua verginità? «Io mi
    getterei dalla finestra. O felicità di sacrificare la propria vita per Gesù! Vorrei morire
    martire». Esci da qui, dove si deve sempre obbedire, dove non si può mai seguire la
    propria volontà; ritirati in un deserto, potrai meglio servire il tuo Dio, contemplerai la
    creazione. «Mi piace contemplare la creazione nel nostro giardino. Obbedire è per me
    volontà di Dio». Verrà nell'Ordine, una grande santa, conoscerà tutti i tuoi peccati e ti
    farà mandare via. «Se è santa, avrà una grande carità; spero che avrà pietà di me».
    Satana andò via furioso; la novizia ringraziò il Signore dicendo «La grazia di Dio mi
    ha fatto vincere il demonio, da sola, non posso niente».
    Satana ritornò presto alla carica e le disse Tu non amerai mai Gesù. «È vero, rispose
    lei, che non amo Gesù come dovrei e come merita, ma voglio amarlo. Vattene, Satana,
    io almeno non ho il desiderio di amare te, per te nient'altro che disprezzo!». Tu sarai
    causa dell'uscita di tale suora. «Amo questa suora, prego per lei, se esce non ne
    risponderò; quanto a me, non voglio uscire». Ma tu sei sempre malata. «Non amo il
    mio corpo, vorrei vederlo ridotto in cenere». Tu sarai con me. «Con te, Satana? Tanto
    meglio, ti odierò un po' di più, cercherò Gesù un poco di più: vorrei vederti sempre
    come ora, perché non dimenticherei mai Gesù». Il demonio se ne andò.
    Le si domandò un giorno se fosse tentata di orgoglio; questa domanda parve sor-
    prenderla. «Eh che! lei rispose, un letamaio come me potrebbe avere orgoglio? Oh
    no!». Ne hai più di quanto non credi, replicò la sua Maestra; più se ne ha, meno si
    pensa di averne. «Lo credo, visto che me lo dice lei, riprese umilmente, ma ho tanto
    peccato! Non sono che peccato! Che cosa potrebbe fare inorgoglire, me, povera
    ignorante, sempre malata e senza virtù, che non sa né leggere, né parlare? Che 'posto
    c'è in tutto ciò per l'orgoglio?».
    L'indomani, per mantenerla nell'umiltà, Dio le mostrò gli angeli custodi delle suore
    sotto le vesti di graziosi bambini, mentre, accanto a lei, vide un grande demonio nero,
    con un bastone in mano. Questo contrasto dapprima la spaventò, ma colse subito la
    lezione che il Signore voleva darle. «Questo demonio, disse, è la mia immagine; esso è
    grande: ecco il mio orgoglio; esso è nero: ecco i miei peccati. Mio Dio, abbiate pietà
    di me!». Domandò il permesso di raccontare davanti a tutte le suore ciò che aveva
    visto, e le scongiurò di pregare per lei, per ottenerle un po' di umiltà.
    Una nuova lotta si ingaggiò tra il demonio e la novizia: Ti sei riposata, le disse Satana,
    invece di lavorare. «Sì, mi sono coricata, rispose lei, per obbedienza; preferisco più di
    tutto obbedire». Tu ti sei pettinata. «Sì, mi sono pettinata per decoro. Gesù ama il
    decoro, io l'ho fatto per Gesù e non per te: tu sei sporco, vattene! Io offro tutto a Gesù.
    Se non avessi offerto tutto a Gesù, il resto sarebbe per te, ma io ho offerto tutto. Oh!
    quanto l'obbedienza è buona: è mio fratello; l'umiltà, è mia madre; la semplicità, è mio
    padre. L'obbedienza è Gesù; l'umiltà è Maria; la semplicità è Giuseppe, ecco i miei
    modelli. Satana, angelo decaduto, ti disprezzo!». Ecco la mia grandezza, le mie
    ricchezze; io le do a quelli che mi seguono, sono re. «Tu, re! Gesù solo è il mio re;
    preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo regno, le tue belle campagne, i tuoi74
    polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane secco con Gesù. Ti disprezzo come
    una carta straccia. Dici che mi dai delle noci? Vuoi conoscere le mie noci? Le mie
    noci è sospirare dietro Gesù. E ti sto per dire quale è il mio pane: è Gesù; è la
    sofferenza di ogni istante, è l'amore: ecco il mio pane, ecco la mia bevanda. Io
    disprezzo la tua bevanda, la tua acqua zuccherata, la tua acqua odorosa. Ho sete di
    anime, del calice della sofferenza: questa è la mia bevanda. Tieni per te i tuoi piaceri,
    le tue ricchezze, i tuoi regni, preferisco la povertà. Tu dici che io diverrò cieca? Tanto
    meglio: la cecità mi farà andare da Gesù. Gesù sarà la mia luce; l'obbedienza sarà la
    mia luce. Felici gli occhi sempre chiusi! Gesù sarà la loro luce. Tutto passa sulla terra.
    Se quaggiù io fossi sempre nelle tenebre e nella sofferenza, nel cielo gioirò sempre
    con mio Padre».
    È così che la novizia trionfava sempre sugli assalti di Satana.
    Durante la recita dell'ufficio dei morti, sembrò un giorno molto felice. Raccontava che
    le sembrava di vedere, le povere anime del Purgatorio come tante piante inaridite; la
    preghiera delle suore cadeva su di loro, come la rugiada dal cielo, rendeva loro la
    freschezza e la vita.
    Nei rapporti di suor Maria di Gesù Crocifisso con Dio, quello che dominava era lo
    spirito di infanzia. Esprimeva un giorno in modo incantevole questo stato della sua
    anima. «Io sono, con il buon Dio, diceva, come un bambino con suo padre. Se il padre
    è ricco, il bambino reclama sempre nuovi alimenti, abiti nuovi sempre più belli; egli
    ama cambiare tutti i giorni. lo sono così con il Padre mio del cielo, così ricco. Non
    conservo niente di ciò che mi dà ogni giorno, gli restituisco tutto. Gli dico: Padre
    amato, tua figlia è povera, non ha niente; ma tutto ciò che è tuo mi appartiene. Dammi
    qualche cosa per oggi, dammi la tua parola: quanto è dolce! Dammi il tuo amore,
    perdona i miei peccati».
    Ascoltiamo gli eccellenti consigli che ella dava un altro giorno in estasi: «All'inizio
    della vostra orazione, riconoscete la vostra debolezza, la vostra povertà. Andate da
    Gesù, domandate di illuminarvi, di attirarvi, in ogni cosa diffidate di voi stessi; temete
    prima di tutto le vostre azioni. Pensate a Gesù, unitevi a Lui. Prima della preghiera,
    prima del lavoro, unitevi al suo spirito quando era sulla terra. Pensate all'amore del
    Padre che vi ha dato Suo figlio per prendere la vostra forma; non è venuto come un
    angelo, né come un Dio, ma è venuto nella vostra forma per essere vostro modello in
    tutto.
    Praticate l'umiltà: avrete la luce. Praticate l'obbedienza: possederete la via. Praticate la
    carità, diventerete puri. Praticate la pazienza, la dolcezza, avrete qualche cosa da
    offrire a Gesù. Prima di ogni azione, invocate la luce, la grazia dello Spirito Santo.
    Dite: Mio Dio, abbi pietà di me; vieni in mio aiuto! Gesù non è rimasto che trentatré
    anni sulla terra per insegnarci a profittare del tempo, a lavorare per l'eternità. La terra
    deve essere resa alla terra, le vostre opere sussisteranno. Se voi avete lavorato per
    Gesù, andrete in Cielo con Dio a godere tutta un'eternità. Vedete se potete misurare
    l'eternità, pensateci. Siate umili, piccolissime quaggiù. Felice l'anima che cerca sempre
    di essere niente, di essere l'ultima dappertutto! In cielo sarà la prima.
    Se fate qualche volta degli errori, non scoraggiatevi; umiliatevi, confessate la vostra
    debolezza, la vostra miseria; ricorrete sempre a Dio. Guardatelo sempre, amatelo,
    pensate a Lui».75
    Il Vescovo di Bayonne, su richiesta della Priora, aveva autorizzato Padre Saverio,`
    carmelitano, ad entrare nella clausura per esaminare più da vicino lo stato straordinario
    di quest'anima. La novizia era rapita in quel momento e versava lacrime. «Piango per i
    miei peccati, diceva con una voce commovente; piango per i peccati del mondo. O
    peccatori, se conosceste la grandezza di Dio, non pecchereste mai. Aggiunse
    rivolgendosi al demonio: Satana, tu rubi le anime a Dio, tu le accechi; tu non puoi
    donare niente, tu prendi; tu inganni le anime, tu le perdi; esse abbandonano Dio per
    seguirti. Tu prendi ciò che Dio ha creato, tu non hai niente di tuo. Mostra la tua
    grandezza. Bestia villana! Tu dici che io non vedrò mai Dio! Ebbene, io non ho
    bisogno di vedere Dio sulla terra; la fede mi basta. Mio Dio! Io non desidero che tre
    cose, tre virtù: l'obbedienza, l'umiltà, la semplicità. L'obbedienza, è Gesù; l'umiltà, è
    Maria; la semplicità, è Giuseppe». Un linguaggio così pieno dello Spirito di Dio, non
    poteva venire che da Dio.
    Il giorno della festa di santa Teresa, suor Maria di Gesù Crocifisso poté seguire tutti
    gli esercizi della comunità. Domandò di confessarsi prima della Messa, perché aveva
    bisogno del permesso del confessore su un punto. «II sacerdote, disse a questo
    proposito alla sua Maestra, rappresenta Dio, è Lui che io ascolterò: parola del
    sacerdote, parola di Dio per me. Se il sacerdote mi dice che posso raccontarglielo, lo
    farò. Nel sacerdote, io non vedo che Dio; non cerco la scienza del sacerdote, ma la
    virtù di Dio in lui».
    Avendo il confessore permesso alla novizia di riferire tutto alla sua Maestra, andò
    subito a trovarla e le parlò così: «Ho visto che avevo tre montagne da superare: la
    prima, un po' nera, l'ho scalata con fatica. Giunta alla cima ho visto uscire dalla
    montagna un uccello bianco, che mi ha detto: Io amerò colui che ama mio Padre; sarà
    il mio prediletto. La seconda montagna era tutta nera; ho potuto scalarla con
    grandissime difficoltà. Una volta sulla cima, ho visto uscire dalla montagna un
    grazioso agnellino tutto bianco, dagli occhi molto dolci; avrei messo questo agnellino
    nel mio cuore. Egli mi ha detto: Io domando per colui che ama mio Padre il nome del
    Suo amatissimo Figlio e il nome della madre dell'Amato Bene. La terza montagna,
    sebbene più scoscesa, non era così nera come le prime due; dietro la cima, vedevo
    degli alberi in fiore. Raggiungendo la cima, ho sentito il profumo dei fiori, che mi ha
    dato speranza e gioia. Dal centro della montagna è uscito un uccello più bianco e più
    bello del primo e perfino dell'agnello. Mi ha detto: vado a dire al Padre, dona ciò che
    l'Agnello Ti ha domandato per colui che Ti ama, il nome del Tuo amatissimo Figlio e
    il nome della madre dell'Amato Bene: Maria di Gesù Crocifisso. Ho compreso che si
    trattava di me; ciò mi ha dato buone speranze ma temo che non sia altro che il
    demonio, per farmi cadere nell'orgoglio. Ed ho detto: Va, Satana, non sono che una
    povera peccatrice, e tuttavia spero, la misericordia di Dio è grande. Io non sono niente
    per me stessa, nient'altro che peccato; ma Dio in me può fare contro di te, Satana,
    grandi cose».
    Un altro giorno, durante l'orazione, provava un fortissimo desiderio di vedere Dio
    conosciuto ed amato; ella compiangeva tutti quelli che non amavano Gesù.
    «Compiangevo perfino Satana, diceva. Allora ho visto un pollo nero in una prateria
    arsa e ho detto: Povero Satana, io ti compiango, tu non ami Dio. Nello stesso tempo ho
    visto cadere tutte le penne di questo pollo, e lo stesso pollo è sparito nella terra.76
    Ho visto in seguito una grande vacca nera dalle lunghe corna. lo ero, sulla mon-
    tagna, più in alto della vacca, la quale tentava in vano di raggiungermi, e dicevo:
    Povero Satana, ti compiango, tu non pensi che al male. Tu non ami Dio e vorresti
    impedire agli altri di amarlo. Tu rubi le anime. Una voce mi ha detto: Eh che! Hai
    carità anche per Satana? lo ho risposto: No, non ho carità per Satana, ma vorrei vedere
    Dio amato da tutti, perfino da Satana. La voce ha ripreso: Che faresti se Dio ti desse
    potere su Satana? Mi servirei di questo potere per obbligarlo ad amare Dio. Mentre
    formulavo questa risposta, ho visto le corna della vacca incrociarsi e cadere, anche il
    pelo è caduto e la vacca è sparita sotto terra.
    Ho visto ancora un altro animale immondo, con degli occhi rossi come fuoco, ed ho
    cominciato a compiangere Satana. La stessa voce mi ha detto: Che faresti, se Dio ti
    rendesse padrona di Satana? Lo forzerei ad amare Dio, se non fosse possibile, lo
    incatenerei per non fare del male alle anime e non impedire loro di amare Dio».
    La novizia raccontava tutto ciò che vedeva con la più grande semplicità, senza
    nemmeno domandarne il significato. Le tre montagne si ripresentarono al suo sguardo.
    Una voce le disse allora: Se tu sali le prime due, sarai Maria di Gesù Crocifisso. Ella
    scorse in seguito sulla terza montagna un bambinello che le disse: Se tu superi la terza
    montagna, ti si chiamerà beata Maria di Gesù Crocifisso.
    «Non ho capito niente di tutto questo, disse ingenuamente, ma ho temuto che Satana
    abbia voluto farmi perdere sulla via dell'orgoglio e mi sono umiliata; ho visto che ero
    soltanto peccato. Tuttavia, voglio sperare nella misericordia di Dio. Ho detto a Satana,
    Dio farà tutto in me, e, tuo malgrado, la sua misericordia mi salverà».
    La sera, dopo mattutino, si faceva beffe del demonio: «Satana, gli diceva, ho visto,
    durante il Te Deum, una colombina posarsi sul mio breviario, muoversi sul libro e
    riposarsi sul mio petto, sul mio viso; la sua presenza mi ha riempita di gioia.
    Ti ho visto, Satana, con tutti i tuoi simili, somiglianti a mosche nere, occupate a di-
    strarre le suore. Alla vista della colomba, avete tutti preso la fuga, colti dal timore.
    Credi, Satana, che Gesù mi lasci da sola? No, no, è lui che mi ha mandato la co-
    lombina per consolarmi. Sii certo, Satana, che, se Gesù è con me, io sarò un giorno la
    tua padrona, e, come tu vieni da me col permesso di Dio, verrò da te per incatenarti col
    permesso di Dio.
    Va', Satana, colui che Gesù custodisce non perirà mai. lo non sono niente, ma, con
    Gesù, ti schiaccerò. Un istante con Gesù mi fa dimenticare tutto ciò che tu mi fai
    soffrire. Che dici, Satana? che nessuno ti ha mai parlato come faccio io? vieni per
    farmi inorgoglire? Vattene. So quanto sono debole. Se Gesù non mi custodisse, sarei
    peggio di te; ma, se Gesù mi protegge, mi dà la sua forza contro di te. Se Gesù tenesse
    una paglia, anche se voi tutti accendeste il fuoco sotto questa paglia, essa non
    brucerebbe. Tu mi hai fatto soffrire molto per due giorni. Gesù, per ricompensarmi, mi
    ha mandato la colombina.
    Tu dici, Satana, che tormenterai ancora il mio corpo? Ti aiuterò per questo, perché il
    mio corpo, come te, è contro di me. Se la natura ora soffre, più tardi verrà la gioia. Va',
    Satana, io non ti temo. Ho con me quella che ti ha schiacciato la testa, Maria; Ella è
    mia Madre! Tu ti arrabbi, Satana? Sì, Maria è mia Madre. Amatissima Madre, Madre
    mia! Madre di Gesù! Buona Madre, non so se è il Tuo spirito che mi ha visitato; è
    comunque un messaggio di Dio che è venuto sul libro, sul mio viso e che mi ha detto77
    di sperare. lo lo faccio, spero. O Maria, Madre di Gesù e Madre mia! Lontano da
    te la mia anima languisce, il mio cuore si annoia. Quando sarò con te?».
    L'indomani, la lotta contro il demonio continuò, sebbene la suora fosse sofferente.
    «Sei dunque tu, diceva a Satana, che getti dei vermi nella mia porzione di cibo (le
    suore l'avevano constatato più volte)! Tanto meglio! lo ho domandato a Dio di trovare
    il nutrimento sempre cattivo, per non avere alcun piacere sulla terra, né per il gusto, né
    per altra cosa.
    Tu mi dici che ho mancato di carità? lo amo il prossimo più di me stessa. Perché mi
    invidi? Perché Dio mi ama. Sì, mi ama, benché io non sia che miseria e peccato; e
    questo amore che mi porta fa ancor meglio risplendere la sua misericordia.
    Sei tu che sei venuto un giorno, portando una croce, il costato aperto, una corona di
    spine sulla testa con un angelo che ti sosteneva? Tu mi hai detto: Figlia mia. Come sei
    furbo! lo non sono tua figlia, Satana. Hai continuato: Sono i tuoi peccati che mi hanno
    coronato di spine; è il tuo orgoglio che mi fa così soffrire. Io ti ho fatto tante grazie e
    tu non sei fedele! tu non sei per me, sei pèr l'inferno. Così sia, Satana! no, io non sono
    per te: tu volevi scoraggiarmi, e questa tentazione è servita a darmi un po' più di
    coraggio e di forza.
    Un altro giorno, sei venuto nelle vesti di un angelo; sì, Satana, come un angelo; ma
    Dio mi ha fatto sempre la grazia di riconoscerti. Tu mi hai detto: Sono il tuo angelo.
    Poiché tu non sei fedele, io ti lascerò. Così sia, Satana, vattene, vattene! Mi hai detto
    ancora: Non hai seguito le mie ispirazioni, tu dici sempre tutto alla vecchia (alla sua
    maestra). Se, da questo momento, tu sarai fedele nel conservare tutto nel tuo cuore,
    senza dire niente, otterrai misericordia, Dio ti perdonerà. O Satana, tu volevi farmi
    mancare all'obbedienza!
    Sì, va' ad agitare il mondo intero, mettilo contro di me, come sarò contenta! Non mi
    scoraggerò mai, anche quando il mio corpo fosse coperto di piaghe e ne uscissero i
    vermi, quando mi si gettasse in un angolo, spererei sempre. Vedi fin dove va la mia
    fiducia in Dio: anche se fossi senza soccorso, senza risorse, incapace di muovermi,
    credo che la terra si cambierebbe in uccelli per portarmi ciò di cui ho bisogno; credo
    che diventerebbe per me dolce come un materasso. Credo che, se avessi sete e le mie
    mani, diventate putride, non potessero prendere l'acqua, Dio farebbe venire l'acqua da
    sola nella mia bocca. Vedi, Satana, fin dove va la mia fiducia in Dio.
    Aspetta, aspetta, Satana, aggiungeva con una ironia tutta soprannaturale, ti canterò una
    canzone:
    Bell'Angelo il primo Precipitato l'ultimo; Sì, un piccolo nulla Ti tiene per mano
    Incatenato come un cane. O quale mistero, Venire da così lontano! Un piccolo
    pulviscolo, Venuto dalla terra, Sarà posto angelo di luce.
    Ecco, Satana, la spiegazione del canto: Eri un angelo così bello, e, per il tuo orgoglio,
    sei divenuto così brutto! Ci chiami sempre polvere; è vero che noi lo siamo, ma la
    misericordia di Dio ci metterà al tuo posto; e tu, Satana, abbaierai come un cane.
    Angelo delle tenebre, angelo del male, angelo di pigrizia, angelo di tristezza, nero
    come un cane. Puoi ben abbaiare, ma non puoi fare altro contro quelli che non ti
    temono. Resta ancora un po', ti canterò tutta la canzone; altrimenti, finirò di cantartela
    in India: sono ventiquattro strofe». Satana fuggì via, e la novizia espresse la sua gioia
    battendo le mani.78
    Le prove interiori erano quasi continue. La vista dei suoi peccati la gettava in una
    profonda tristezza, ma una voce dolce la richiamava al ricordo di Dio, dicendole:
    L'anima che si occupa troppo di se stessa, perde di vista Dio; rimane chiusa in se
    stessa, perde di vista Dio; rimane chiusa in se stessa, invece di andare a Dio.
    Bisognerebbe poter annotare tutte le comunicazioni soprannaturali che ella riceveva.
    Indichiamo almeno le più toccanti e le più istruttive.
    Il 31 ottobre, vide una formica alata; sentì nello stesso tempo una voce che diceva:
    Mio Padre ama molto questa formica, perché è piccola; sulle ali di questa formica,
    Egli costruirà una grande casa.
    Accanto a questa formica, vide un gigante caricare sulle spalle un fastello di pa- '
    glia che non riusciva a portare; si piegava sotto il fascio e cadeva per terra, mentre la
    formichina sosteneva sulle sue ali il peso di una grande casa. Non comprendendo
    niente di questa doppia visione, senti la stessa voce dirle: Amo questa formica perché
    è piccola; e per questo costruirò una grande casa su di lei. E la novizia, sempre nella
    stessa felice ignoranza, esclamava: «Non so chi sia questa formica! Ma vorrei essere
    come lei».
    Lo stesso giorno, nella sua cella, si intrattenne con un bambino misterioso. «Bambino,
    gli disse in estasi, tu mi porti il frutto della sofferenza; lo accetto, per quanto sia
    amaro, poiché Gesù lo vuole. Solamente, per aiutarmi a mangiare questo frutto,
    portami anche il chicco della pazienza».
    Il 2 novembre, si lamentava col Signore di essere amata dalle creature. Una voce dolce
    le rispose: Chi ti amerà mai come Gesù? Tutto l'amore delle creature non potrebbe
    eguagliare l'amore costante e generoso che Dio ti porta. L'affetto delle creature si
    raffredderà presto. Se tu dispiaci in qualche cosa alla persona che ti ama di più, ella
    cesserà subito di amarti, invece Gesù ti ama sempre. Ti aiuta a rialzarti, se cadi, e
    anche se lo offendi, egli ti perdona.
    L'indomani, ella diceva a Dio nella preghiera: «Mio Dio, sei tu che hai creato tutte le
    cose; tu dai loro ciò di cui hanno bisogno. Sei tu che hai creato le erbe del giardino;
    dai loro l'aria, la pioggia, il sole, perché non periscano. Io sono come l'erbetta, ho
    bisogno di te; ho bisogno di pioggia, di sole: abbi pietà di me! Tu solo, Signore, puoi
    farmi vivere, così come tu solo conservi queste erbe».
    Durante la messa, vide un giardiniere che teneva dei rami in mano; egli li rimondava.
    Tagliava i rami secchi che cadevano a terra: solo quelli buoni restavano nella sua
    mano ed erano in piccolissimo numero. Questo giardiniere le disse: Mi ami tu? Vuoi
    farmi un po' di posto nel tuo cuore? «No, no, rispose la ingenua fanciulla, non
    comprendendo che questo giardiniere altri non era che quello di Maria Maddalena, io
    non voglio amare che Gesù». Il giardiniere riprese: Vedi questi cattivi che preparano
    una guerra? essi faranno delle fosse per far cadere i buoni; queste buche saranno per
    loro; io prenderò i buoni nel mio giardino. Mio Padre non è amato. «Giardiniere, gli
    rispose la novizia con la sua incantevole semplicità, mi parli sempre di tuo padre! Chi
    conosce tuo padre? Noi non abbiamo che un Padre, che è nel cielo! È lui che deve
    essere amato».
    Il giardiniere è ritornato durante l'orazione della sera, diceva suor Maria, teneva in
    mano un lungo bastone sormontato da una piccola croce. Mi ha detto: allarga un poco
    il tuo cuore per darmi lì un posto; sebbene io sia grande, tu puoi farmici entrare. Io ho
    risposto: no certamente, solo colui che mi ha creata può ingrandire il mio cuore; il mio
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:32
    79
    cuore è interamente per lui; io non amo gli
    uomini,
    non
    amo
    che
    Gesù.
    Sentendomi parlare così, il giardiniere sorrideva, e nascondeva il suo viso con la
    piccola croce, ed io sentivo molto amore nel mio cuore, ma per Gesù solamente. Io,
    che non amo gli uomini, vedo ora un pastore, ora un giardiniere. Non mi occorre che
    Gesù!».
    Lo stesso giardiniere ritornò il 5 novembre durante l'orazione: Io voglio accompagnarti
    in India, le disse. «Resta nel tuo giardino, ella gli rispose, ho abbastanza da Gesù».
    Ami mia madre? riprese il giardiniere misterioso. «Sì, io la amo, se ella ama Gesù». E
    girandosi dalla parte di un angelo che era là sotto forma di un bambino, gli disse:
    «Bambino, questo giardiniere viene a vedere tutti i giorni se c'è un posto per lui nel
    mio cuore; non c'è posto che per Gesù. Bambino, dimmi perché il demonio fugge
    quando il giardiniere arriva».
    In mezzo alle sue sofferenze, ella esclamava: «O Gesù, niente quaggiù mi può
    contentare! Te solo, o Gesù! O Gesù mio amore, quando verrò? Quando ti possederò?
    O Gesù, fratello mio! Tu sei il mio Amico, il mio Sposo». E rivolgendosi alla sua
    maestra: «Vede, Madre mia, che famiglia che ho in cielo! Dio Padre, mio creatore!
    Gesù, mio Sposo! La santa Vergine, mia madre! San Giuseppe, mio papà! Padre Elia,
    mio nonno e mio padrino! Santa Teresa, mia madrina!` Gli angeli, miei custodi! Gli
    apostoli, miei fratelli! San Giovanni, mio fratello! Tutti i santi, miei amici! Che
    famiglia! Ma io ho tanto peccato! Come presentarmi davanti a questa famiglia? Ah!
    Come il cielo è più grande della terra, così la misericordia di Dio è più grande dei miei
    peccati. Se io gettassi quattro bottiglie d'acqua sporca nel mare, l'acqua del mare non si
    sporcherebbe. Per questo i miei peccati davanti a Dio sono come queste quattro
    bottiglie gettate nel mare. O mio Dio, spero nella Tua misericordia».
    11 13 novembre, raccontava ciò che aveva visto: «Gesù, diceva, mi ha mostrato
    un'anima profondamente addormentata, circondata da serpenti che la mordevano; ella
    non sentì nemmeno i loro morsi: Guarda, mi ha detto il divino Maestro, la pioggia
    cade su di lei, il sole la illumina, ed ella dorme sempre! E non sente niente, tutto
    diventa inutile per lei. È la figura dell'anima tiepida, addormentata nel male; i serpenti
    sono le tentazioni; l'acqua, la mia grazia; il sole, la mia luce; io le mando tutti questi
    beni, ed ella non profitta di niente. O Gesù, questa anima, sono forse io,
    illuminatemi!».
    Il 14 novembre, il vescovo di Bayonne venne al Carmelo. Dopo la messa, entrò nella
    clausura con il Rev. Abate Manaudas. Costui raccontò di nuovo a Monsignore, proprio
    sul luogo, tutto ciò che egli aveva visto e provato durante la possessione, soprattutto
    nel momento del passaggio di Gesù. Sua Eccellenza ascoltava tutti questi dettagli
    meravigliosi con il più vivo e il più religioso interesse. Guardando il lettino dove si
    trovava la novizia al momento della sua liberazione, disse alle suore con una grande
    emozione: Volete vendere questo letto? Io lo comprerei volentieri. Si fece leggere una
    parte degli insegnamenti dell'Angelo durante i quattro giorni di estasi che seguirono la
    possessione; non nascose la sua ammirazione per una tale dottrina, dichiarandola
    pienamente conforme a quella della chiesa. Ma la semplicità della novizia, ignara di
    tutto, pur se oggetto di favori così eccezionali, fu ciò che lo commosse di più. La vide
    privatamente, e questo incontro aumentò ancora di più la sua gioia. La novizia, da
    parte sua, era commossa della bontà del suo vescovo.

    80
    L'indomani fu un giorno di grandi sofferenze. Per distrarla, le si portarono
    due pesciolini in un. vaso pieno d'acqua, sembrò dimenticare per un istante i suoi dolo-
    ri. Disse loro: «Pesciolini, benedite il Signore che vi ha creato»; e, siccome si accorse
    che aprivano la bocca, aggiunse «È così, che dobbiamo fare per Gesù; è così che
    dobbiamo attirarlo nella nostra anima con le nostre aspirazioni».
    Durante i vespri, la si era lasciata sola con una colomba e i due pesciolini. La sua
    Maestra, al ritorno, la trovò addormentata. La colomba riposava sulla sua testa; i
    pesciolini usciti dall'acqua, ma pieni di vita, stavano sul ripiano del suo capezzale.
    Svegliandosi esclamò: «Questi pesciolini vengono da me, perché io li amo e li curo.
    Devo così andare a Dio, al Dio che mi ha creata e che mi ama molto più di quanto io
    non ami questi pesci. Spero che mi userà misericordia».
    Pregò Monsignore di benedire quei pesci e gli domandò di poterli conservare in un
    vivaio. Perché, le chiese il vescovo, ci tieni ad avere questo vivaio e questi pesci?
    «Perché, rispose lei, questi pesciolini sono creature del buon Dio». Ma, riprese il
    prelato, il buon Dio non ha creato tutto? «Sì, senza dubbio, rispose ancora; ma questi
    pesci, aprendo la bocca, fanno pensare a Gesù; e poi, Gesù ha amato i pesci, e ne ha
    mangiato». E siccome ella insisteva per avere un vivaio, il vescovo le disse: Ora basta,
    figlia mia. «Sì, Monsignore, se questa è la volontà di Dio, Egli lo farà per me, e non ci
    penserò più». Abbiamo citato questo episodio per dimostrare come la più amabile
    semplicità fosse unita in questa anima a degli stati così straordinari.
    E ciò che vi era ancora di più sbalorditivo, era la sua completa ignoranza in ri-
    ferimento a se stessa. Un giorno che si parlava davanti a lei di un'anima condotta per
    vie straordinarie, disse alla sua maestra: «Madre mia, quanto compiango questa anima!
    Ve ne sono così poche che non siano nell'illusione! Dio ci preservi da questi stati». Tu
    non vorresti dunque esserci? le chiese Madre Elia. «Piuttosto morire, rispose; Madre
    mia, bisogna bene volere ciò che Dio vuole ma io guardo questi stati come un castigo
    di Dio; è così facile cadere nell'orgoglio!». Conosci questi stati? «Sì, Madre mia, ho
    visto ad Alessandria una persona simile. Si correva da ogni parte per consultarla e per
    raccomandarsi alle sue preghiere; il suo confessore la considerava una santa. La prima
    volta che la vidi, mi sembrò sentire una voce interiore che mi diceva: È sotto l'azione
    del demonio. Feci conoscere le mie impressioni al suo confessore che era anche il mio;
    mi trattò da orgogliosa. "Ha ragione, Padre mio, gli dissi, ma se vuole conoscere la via
    di quest'anima, la umilii, faccia finta di disprezzarla, e ciò a più riprese, perché il dia-
    volo può fare sopportare esteriormente una umiliazione per meglio ingannare in
    seguito". Il sacerdote seguì il mio consiglio. Quest'anima sembrò dapprima accettare
    bene la prova; ma, la seconda volta, divenne triste, e si lamentò perfino di non essere
    compresa; lo scoraggiamento non tardò a venire. Tutti questi stati straordinari
    cessarono come per incanto. Il rilassamento la condusse ben presto alla apostasia.
    Abbandonò la vita religiosa, che aveva abbracciato da lungo tempo, due mesi dopo, si
    sposava».
    Suor Maria di Gesù Crocifisso era continuamente tormentata riguardo alle sue
    Comunioni. Il demonio tentava di farle credere che lei ingannava i superiori, e che era
    per questo motivo che le si permetteva di comunicarsi. Malgrado tutto ella obbediva.
    Nostro Signore, per ricompensarla di quest'atto di obbedienza, le mostrò un giorno
    degli uccelli immersi nell'acqua; alcuni uscivano facilmente dall'acqua con l'aiuto delle
    loro ali; altri vi restavano tuffati, perché non avevano affatto ali. Gesù le disse: Figlia

    81
    mia, l'obbedienza è per l'anima ciò che le ali sono per l'uccello. Incantata da queste
    parole del divin Maestro, ella gli testimoniò la sua riconoscenza recitando subito il
    cantico dei tre fanciulli nella fornace.
    Ascoltiamo una delle sue preghiere della sera, che ella raccontava in estasi: «Vedevo,
    diceva, due bambini che sembravano avere sette anni. Li vedevo come con gli occhi
    del corpo. Uno teneva in una mano un calice, nell'altra una croce ed una corona di
    spine. Il secondo mi presentava un vestito più bianco della neve, una bella corona di
    rose e profumi raffinati. Il bambino che portava la croce mi disse: Scegli. Io gli
    risposi: "Piccolo, va a domandare a Gesù di scegliere per me: il suo gradimento è il
    mio gradimento; la sua volontà, la mia volontà". Il bambino mi sorrise e mi disse:
    Colui che sceglie quaggiù la croce avrà un giorno la corona di rose; colui che sceglie,
    durante la vita, la rosa e i profumi avrà più tardi la spina: tutto per lui si cambierà in
    dolore. Io risposi: "Piccolo, io non voglio scegliere niente, perché sono debole; vai a
    dire a Gesù che preferisco che scelga lui per me. Se sceglie per me la croce, la corona
    di spine, il calice per tutta l'eternità, io sarò contenta, perché egli lo sarà". Il bambino
    ha pianto e tutto e scomparso. Tutto ciò è senza dubbio frutto dell'immaginazione, e
    non mi ci fermo».
    Nelle sue sofferenze più vive, quando le suore le offrivano qualche sollievo, diceva:
    «Tutto passa! Dopo la mia morte non avrò più un corpo che possa soffrire per Gesù;
    lasciatemi dunque profittare del tempo per soffrire tutto ciò che potrò per lui. lo non
    vedo né sole, né stelle, né terra, né acqua, né alcuna creatura, né Dio, né Satana; vedo
    solo me e la sofferenza che mi circonda».
    Il giorno della festa di san Francesco Saverio, tutta la comunità fu testimone di una
    scena tanto eloquente quanto incantevole, sebbene silenziosa. Si vide la novizia fissare
    una apparizione celeste, che le chiedeva lo spogliamento di tutto; con i suoi gesti
    espressivi, la suora diede a questa apparizione tutte le parti del suo corpo. Costei
    accettò tutto, ma reclamò di più. La suora si tolse allora tutti i suoi abiti, ad eccezione
    della tunica, e glieli diede. L'apparizione prese gli abiti, ma volle di più. Non sapendo
    più che darle, la suora fece comprendere con segni che si era disfatta di tutto con la sua
    entrata in religione. Tutto ad un tratto ella si alzò, si stese sul pavimento, con la sua
    croce in mano, e restò immobile, come morta, per esprimere la morte a tutto: ciò
    costituì la perfezione consumata. Ritornando in sé, esclamò: «Rientriamo nella terra
    come ne siamo usciti. O Gesù, offro il mio corpo per la Chiesa. Noi veniamo nudi
    sulla terra; dobbiamo rientrare nudi nella terra».
    O mio Dio, diceva un giorno dopo la Comunione, rendimi fedele alle piccole
    illuminazioni, alle piccole ispirazioni, per non cadere nell'inferno».
    Le sofferenze, che non cessavano, provavano che Gesù aveva scelto per lei la croce.
    «Io sono contenta, diceva; avendo Gesù, scelto per me la croce, è obbligato ad
    aiutarmi a portarla».
    Il demonio usava largamente del permesso che aveva di tormentarla. In una cir-
    costanza, gettò una tale quantità di spilli nel suo cibo, che la povera vittima, che li
    inghiotti, ne soffrì orribilmente per tre settimane. Sentiva nell'interno del suo corpo
    come una catena che saliva e che scendeva strappando le pareti del suo stomaco; i
    dolori erano indicibili. Il medico, chiamato, non capì niente di questo stato; era im-
    possibile sollevarla. Dopo parecchi giorni di vero martirio, ella riuscì a rigettare alcuni
    di questi spilli. Li si mostrò al medico, che ne parve sorpreso e spaventato. Non

    82
    supponendo niente della malizia del demonio, credette che la suora avesse
    inghiottito questi spilli per una mortificazione mal capita. Sorella mia, le disse con una
    voce severa, questi spilli sono stati così contorti da qualcuno, e questo qualcuno, sei
    tu. Confessa la tua mancanza. «Lei si inganna, signore, gli rispose con un dolce sor-
    riso, io non ho né combinato in questo modo, né inghiottito volontariamente questi
    spilli; bisognerebbe essere pazzi per agire così; farlo nel pieno possesso delle proprie
    facoltà sarebbe un errore grave. Dio mi vede e l'inferno è là. Io non sono venuta qui
    per fare simili cose. Tutto passa in questo mondo e Dio ci giudicherà».
    Il disprezzo che aveva del suo corpo ritornava spesso sulle sue labbra: «O corpo,
    diceva, ben presto sarai sotto terra; tutto passa per te; guarda il sepolcro. Nella tomba
    godi dei piaceri, desideri begl'abiti, un buon nutrimento? Vedi la tua grandezza nella
    tomba; i vermi, piccole bestie, ti divoreranno; essi sono più di te. Quando tu vivevi,
    schiacciavi i vermi; nella tomba i vermi ti mangiano; nella tomba, sei nascosto a tutti
    gli sguardi.
    Ma la mia anima sale verso Gesù, la mia anima vede Gesù, lo benedice e lo ama
    sempre. Tuttavia, io ho tanto peccato! Come sperare di andare in cielo? Sì, mio Dio, io
    spero, perché ho molto peccato: in cielo, io farò risplendere, più di tutte le mie
    consorelle, le misericordie del Signore!
    Qui, non ho niente da soffrire. Sarei felice se mancassi di tutto! Ma non ne sono
    degna. Oggi, avevo un desiderio così ardente di morire martire! Una voce mi ha detto:
    Tu non meriti questa grazia. Ho subito risposto: "Almeno, mio Dio, martire della
    povertà! Oh! Se avessi la felicità di morire di fame! Ma no, supposto che io non avessi
    pane, Gesù farebbe un miracolo per darmene. La voce mi ha detto: Quanto è grande la
    tua fede! Io ho pensato subito che fosse Satana che mi parlava così per farmi cadere
    nell'orgoglio. Confesso tuttavia che questa voce mi ha ispirato l'amore e la fiducia in
    Dio, e il disprezzo di me stessa».
    Durante le feste di Natale, ella si preparò, con la migliore grazia del mondo, a tutti gli
    innocenti svaghi autorizzati dalle usanze del Carmelo, come se non avesse sofferto
    assolutamente niente. Sempre la stessa, si dimenticava per ricreare le sue consorelle.
    Durante i vespri di Natale, aveva visto un uomo che le mostrava il suo cuore allo
    scoperto, e, in questo cuore, numerose colombe bianche. Al di fuori, c'erano su
    questo cuore delle spine, che lo straziavano e che facevano scorrere il sangue fino a
    terra. Quell'uomo le disse: Figlia mia, nessuno raccoglie questo sangue; mi si fa
    soffrire il martirio; se non c'è conversione, farò perire i frutti della terra: e se, neanche
    dopo questo castigo, ci si converte, strapperò gli alberi e ne pianterò altri; e questi
    raccoglieranno il mio sangue.
    Alcuni giorni dopo, ella recitava durante la messa questa preghiera, che le era stata
    insegnata durante una delle sue ore di orazione: «Signore, dammi l'obbedienza del tuo
    cuore, l'umiltà di tua Madre e la semplicità di tuo Padre». Ad un tratto, vide due
    montagne davanti a sé; credette di essere a Gerusalemme. Tra le due montagne vide un
    canale, senza acqua. Un uomo di grande corporatura stava accanto al canale gli si
    gettavano delle pietre. «Quest'uomo, disse, si è girato verso di me come verso un
    amico, pregandomi di difenderlo e di nasconderlo. Io mi dicevo ascoltando la sua
    preghiera: quanta poca intelligenza ha quest'uomo! lo così piccola, come posso
    nascondere lui così grande? Ha compreso il mio pensiero e mi ha detto Io sono piccolo
    e grande; tu, non sei piccola, ma grande. Ho compreso che ero grande per l'orgoglio.

    83
    Ha aggiunto: Sono io che voglio nasconderti. Mi ha poi domandato da
    bere. Nel mio imbarazzo, dicevo interiormente alla santa Vergine "Madre mia, dai
    l'intelligenza a quest'uomo. Vuole che io gli dia da bere ed io non ho niente per dargli
    da bere". Egli ha ancora compreso il mio pensiero e mi ha detto: Io non manco di in-
    telligenza; sei tu che non ne hai. Io non ho bisogno di bere; sono io che voglio darti da
    bere. Io gli ho detto "E tu chi sei per conoscere così i miei pensieri? Sei Satana o
    Dio?". Mi ha risposto Io non sono Satana, ma non ho bisogno di dire chi sono, a te che
    non sei nulla. Mentre mi parlava, le sue parole arrecavano grazia alla mia anima; mi ha
    riempito di forza e di speranza, mi ha dato la pace; lo stesso mio corpo sentiva un
    nuovo vigore. Tutto ciò non è durato che un istante».
    1 prodigi di ogni genere si moltiplicavano; a diverse riprese, parecchie suore videro
    nella bocca della novizia dei frutti misteriosi; due o tre ebbero perfino il favore di
    mangiarne.` Ma ancora più straordinari erano il suo amore per la sofferenza, la sua
    umiltà e la sua carità, che non si smentivano mai, ogni volta che si ritrovava nel suo
    stato normale.
    E non vi si trovava sempre. Spesso, come era stato predetto, parlava e agiva sotto
    l'influsso di una ossessione diabolica. In tali momenti, se l'angelo delle tenebre si
    compiaceva qualche volta di scimmiottare l'angelo della luce, ancor più fre-
    quentemente era costretto a mostrarsi allo scoperto, come aveva fatto durante la
    possessione di quaranta giorni. Dichiarava allora di non più volere né obbedire, né
    lavorare; aveva violenti accessi di collera e di rabbia contro i superiori e contro la
    stessa suor Maria di Gesù Crocifisso. Nel settembre 1869 tenta di uccidere la novizia
    fracassandole la testa contro il pavimento; nell'ottobre dello stesso anno, la fa
    precipitare violentemente, col viso contro il suolo; nel giugno 1870 le assesterà un
    gran colpo sulla spalla che la farà star male per tre giorni e dal quale sarà guarita
    improvvisamente da una apparizione celeste. Si è già parlato degli spilli gettati nel suo
    cibo, con i quali il demonio cercava di soffocarla.
    Soprattutto, si sforzava di convincere le Madri che lei non aveva la vocazione di
    Carmelitana. Quante volte la novizia in preda all'ossessione ripeteva, con un tono
    disperato, che non era chiamata, che al Carmelo si sarebbe perduta e che sarebbe stata
    oggetto di scandalo per le suore!
    Poi, passando dalle parole ai fatti, il demonio la spingeva a fuggire dal monastero. Ma
    era molto evidente per tutti che lei non era responsabile e che queste mancanze
    dovevano attribuirsi completamente all'ossessione diabolica.` 1 superiori del Carmelo,
    ed ancora altri sacerdoti che videro la novizia in questo stato, dichiararono che non era
    affatto colpevole. Molte volte la esorcizzarono; costretto a svelarsi il demonio si
    allontanava per alcuni istanti; ma annunciava che avrebbe continuato a tormentare la
    sua vittima, fintanto che sarebbero durati questi tre anni di prova. Egli lo fece,
    lasciandole tuttavia lunghe settimane di calma, durante le quali la novizia si esercitava
    in tutte le virtù e continuava a ricevere dal cielo i più segnalati favori.
    .
    Il ricordo delle mancanze commesse sotto l'influenza del demonio non serviva
    allora che a immergerla in vivi sentimenti di pentimento e di umiltà. Perché, se at-
    testava di non poter resistere a queste ossessioni, Dio permetteva tuttavia che lei non
    vi supponesse affatto la mano di Satana. Si diceva abbandonata alla sua propria
    debolezza, alla sua cattiva natura e si confessava sinceramente la più grande peccatrice
    della terra.

    84
    Dio le fece vedere un giorno un tesoro prezioso in un contenitore ricoperto da
    immondizie. Il tesoro era la sua anima, oggetto di predilezioni divine; la spazzatura
    erano le sue mancanze involontarie, che servivano a mantenerla, ai suoi propri occhi,
    in una abiezione salutare. Così il demonio contribuiva, senza volere, a proteggere i
    doni del Signore. Ancora una volta, la sua malizia si risolveva a sua propria
    confusione ed a gloria di Dio.
    CAPITOLO X
    Il divin giardiniere. I suoi insegnamenti a suor Maria di Gesù Crocifisso (1869-
    1870)
    Durante questo tempo di prova annunciato dall'angelo, in cui il nemico del bene
    metteva tutto in opera per scoraggiare la novizia e portarla alla disperazione, anche le
    apparizioni e le consolazioni divine continuavano: erano come un elemento
    soprannaturale e necessario per preparare quest'anima a combattimenti sempre nuovi.
    Riportiamo qui l'apprezzamento di Madre Elia sulla sua novizia, negli appunti presi su
    di lei per ordine del vescovo di Bayonne e del superiore del Carmelo, dalla sua entrata
    nel Carmelo di Pau. Da questa nota abbiamo estratto i fatti relativi a questo periodo
    della vita di suor Maria di Gesù Crocifisso.
    Per quanto mi è possibile, uso il linguaggio della nostra suorina per descrivere lo stato
    di quest'anima con più esattezza. Tuttavia, confesso che il mio compito è difficile e
    che questa esposizione è spoglia del fascino legato alle parole e alle azioni della
    novizia e che dà tanto interesse ed espressione a ciò che ella dice.
    Sento che faccio il suo ritratto a metà. Occorrerebbe un'altra penna più esercitata per
    fare conoscere questa bella anima: la sua ingenuità, la sua semplicità, la sua umiltà, la
    sua generosità, la sua carità, il suo amore per Dio e per il prossimo, la sua forza
    d'animo nelle prove, la sua fede, la sua fiducia in Dio, la sua costanza nel lottare
    contro l'avversario che la perseguita senza posa, il suo amore per la vita nascosta,
    comune ed ordinaria. Bisogna vederla e seguirla, per farsi un'idea giusta di questa
    fanciulla. Se tutto ciò che avviene in quest'anima di straordinario, sia nel passato sia
    nel presente, viene da Dio, non tocca a noi giudicarlo; tutto ciò che possiamo dire, è
    che, se lo spirito di Dio non ne è l'autore, la nostra novizia ci sembrerebbe più degna di
    ammirazione per essere capace, sotto l'azione del demonio, di restare fedele al suo
    Dio, piena di speranza in Lui, umile e piccola in sé stessa, non cercando mai la stima
    delle creature, non volendo in ogni cosa che la volontà di Dio e la Sua più grande
    gloria. Ho ben sondato i suoi sentimenti ed ella non ha mai deviato dal suo cammino,
    che è quello di un'anima piena di rettitudine la quale non cerca che Dio solo.
    Trattenuta un giorno nella sua cella dalla febbre, la novizia disse alla sua maestra, che
    l'aveva lasciata sola durante l'orazione della sera: «Madre mia, continui la riflessione,
    così proficua, che mi ha fatto un momento fa». Madre Elia, ignorando il fatto, le
    domandò di ripeterle quanto detto, per sapere se non l'avesse già dimenticato: «Le sue
    parole, disse suor Maria, sono incise nel fondo del mio cuore, ma non saprei ripeterle.
    C'erano tre punti: Cerca Dio solo, senza fermarti su nessuna cosa creata. Se parli, sii
    come se non parlassi, se guardi, come se non guardassi, se ascolti, come se non
    ascoltassi. Dio solo è tutto; la creatura non è nient'altro che nulla e peccato. Tutto
    quaggiù è vanità, perché tutto ciò che passa non è niente. Al momento della morte,
    come rimpiangeremo di non aver profittato del tempo!».

    85
    L'indomani, durante l'orazione vide lo stesso uomo che aveva già visto più volte.
    1 suoi occhi erano dolci e graziosi; i capelli biondi gli ricadevano sulle spalle.
    «Quest'uomo, lei diceva, è ricco e povero nello stesso tempo. L'ho visto in mezzo al
    coro, sorridente verso tutte le suore, le quali formavano una bianca corona attorno a
    Lui. Ben presto ho visto questa corona dividersi in tre parti. Quell'uomo mi ha detto:
    Voi dovete dividervi in tre, ma sarete tutte insieme nel cielo». La fondazione di
    Mangalore e, più tardi, quella di Betlemme, così meravigliosa, dimostreranno la verità
    di questa profezia.
    Il 4 febbraio 1869, dopo compieta, ella cadde in estasi e raccontò, in questo stato, la
    sua orazione del mattino: «Piangevo i miei peccati durante l'orazione, disse, e il
    pensiero che sono sempre malata veniva a turbarmi ed a inquietarmi. Il Signore mi ha
    detto con dolcezza (Oh! Come la sua voce mi ha restituito la pace!): Figlia mia, tu
    rassomigli ad una vigna. Guarda come il vignaiolo lavora, coltiva la sua vigna; vanga
    la terra attorno al piede della vite. La terra simboleggia il tuo corpo: io, lavoro la mia
    vigna con la sofferenza. Per fare fruttificare la sua vigna, il vignaiolo taglia i rami
    cattivi e monda i buoni: anche io mi servo delle tentazioni, delle umiliazioni, del
    disprezzo, per mondare la mia vigna e tagliare i rami cattivi e inutili: l'orgoglio e
    l'amor proprio, che bisogna fare morire.
    Il padrone della vigna non lavora per niente; spera, agende il frutto, lavora molto la
    sua vigna, rivolta più spesso la terra, taglia più volte i rami inutili. Il giardiniere che
    lavora il suo giardino non lavora inutilmente: si nutre col frutto del suo lavoro. Vuole
    che tutti i suoi alberi portino frutto, non si contenta del frutto di uno solo. Qui ho degli
    alberi: li taglio, li lavoro perché portino frutto. Entro spesso nel loro cuore e faccio
    sentire loro la mia voce. Spesso gli alberi non vi fanno attenzione, non mi vedono.
    Fate attenzione: Bisogna portare frutto. Il Signore taglia gli alberi che non portano
    frutto, getta nel fuoco gli alberi cattivi e ne pianta altri.
    Ho detto al Signore: Signore, se tu mi abbandoni, sarò come la cenere che non porta
    alcun frutto. Ma se tu mi guardi, divento una terra buona, una terra dolce che porta
    buoni frutti, che è coperta di verde e di fiori. Signore, guardaci sempre, sii con noi».
    L' 8 febbraio,, davanti al santissimo Sacramento esposto, ella vide un uomo molto
    bello: «Quest'uomo, raccontava, mi ha detto: Il tuo cuore non è abbastanza vuoto, non
    abbastanza distaccato; poi mi ha mostrato un fiorellino in un vaso senza terra e senza
    acqua, che il sole dissecca e mi ha detto: Senza di me, tu sei simile a questa pianta, tu
    manchi di terra e di acqua per rinfrescarti. Ero infastidita di ciò che mi diceva, che cioè
    senza di Lui sarei come questa pianta disseccata; se mi avesse detto: senza Gesù, alla
    buon'ora! Io gli ho domandato: Ma chi sei tu per parlare così? Il mio cuore non è tuo, è
    di Gesù. Perché dirmi che non posso fare niente di buono senza di te? Dì invece: senza
    Gesù. Ha riso, e nascondendosi il viso con la sua larga manica, mi impediva di vedere
    il santissimo Sacramento».
    «Ho visto, raccontava ancora due giorni dopo, ma da molto lontano, un uomo di una
    grande maestà; somigliava a un re. Era seduto e sembrava sovrano, padrone del mondo
    intero ma molti rifiutavano di riconoscere il suo potere. E ho detto: Signore, come fare
    per amarti? Sentivo contemporaneamente un grande amore di Dio, un grande desiderio
    di servirlo e di praticare la virtù. Sarei voluta diventare perfetta, per essergli gradita e
    ricompensarlo dell'ingratitudine di coloro che non lo amavano; ma mi vedevo così
    lontana dalla perfezione! Una voce mi ha detto: Guarda nella natura, gli alberi non

    86
    diventano grandi in un giorno. Mi ha mostrato un albero che portava frutti
    cattivi: ha tagliato i rami, l'ha trapiantato, ha messo della buona terra attorno al suo
    piede, l'ha curato con pazienza, venuto il momento, l'ha mondato e quest'albero ha
    cominciato a portare frutto. L'uomo ha raddoppiato le cure e l'albero, ogni anno, ha
    portato un po' più di -frutto. Quell'uomo mi ha guardato e mi ha detto: Voglio che tu
    sia come quest'albero: non voglio che tu porti frutto subito, ma col tempo. lo sentivo
    una grande fiducia e il mio cuore si infiammava di amore per Dio, di desiderio di
    amarlo, di non vivere che per Lui e di allontanarmi dalle creature, che vedevo come
    tante bestie pronte a divorare la mia anima. L'innesto praticato sull'albero mi mostrava
    la trasformazione di un'anima che cerca Dio, che vive unita a Dio, a Gesù».
    Un altro giorno, supplicava il divin Maestro di rafforzarla nella verità, facendole
    riconoscere l'orgoglio e l'umiltà. Ecco in quali termini rendeva conto alla sua maestra
    di ciò che Dio le aveva mostrato: «Ho visto, diceva, che l'orgoglio è la sorgente di tutti
    i peccati e l'umiltà la sorgente, il fondamento di tutte le virtù. L'orgoglio ha rovinato
    l'angelo più bello, a causa di esso egli è caduto. Se si fosse umiliato, avesse riferito a
    Dio tutto ciò che era, sarebbe diventato ancora più bello, l'orgoglio ne ha fatto un
    demonio. Se Adamo ed Eva, dopo aver peccato, si fossero umiliati, Dio avrebbe loro
    perdonato. Perfino Giuda, se si fosse umiliato, avrebbe ottenuto il Suo perdono.
    L'orgoglio ci perde tutti, per orgoglio la volontà dell'uomo si rivolta contro Dio.
    L'anima umile diventa luce, vive nella verità, arriva fino a Dio e Dio si abbassa fino a
    lei. L'umiltà traccia la strada per acquistare le altre virtù. Ho detto a Gesù molte cose
    che non saprei ridire. Ho visto che avevo dell'orgoglio in tutto; ho pregato Gesù di
    darmi l'umiltà e ho preso la risoluzione di praticare questa virtù in ogni cosa. Oh!
    Quanto desidero l'umiltà, il disprezzo delle creature! Dio è pronto a perdonare un
    peccatore che si umilia, guarda con più amore l'anima che ritorna a Lui con l'umiltà
    che l'anima fedele che si compiace nelle sue virtù. Questa rischia di perdersi con
    l'orgoglio, mentre il peccatore ottiene misericordia umiliandosi.
    Ho visto un giardino pieno di frutti, diceva un'altra volta sullo stesso argomento, alla
    porta del giardino c'era del fuoco, e quelli che volevano entrare per cogliere della
    frutta dovevano attraversare questo fuoco. Ho visto un'anima che prendeva dell'acqua
    e, per mezzo di questa, passava in mezzo al fuoco senza bruciarsi, entrava nel giardino
    e ne coglieva i frutti. Altre, al contrario, invece di prendere l'acqua, raccoglievano
    legna e paglia e la gettavano nel fuoco che diventava più ardente, e queste anime si
    bruciavano sempre di più, ogni volta che tentavano di penetrare nel giardino; invece di
    cogliere della frutta, non pensavano che alle loro scottature. lo non comprendevo
    niente di ciò che vedevo. Tutt'a un tratto, scorsi il padrone del giardino che guardava le
    anime che attraversavano il fuoco e gli ho domandato la spiegazione di ciò che mi
    veniva mostrato. Mi ha risposto: Guarda le anime che portano sempre l'acqua con loro:
    quest'acqua è l'umiltà. L'umiltà, ecco la vera sorgente delle virtù. L'anima umile porta
    sempre l'acqua con se; così non sente il fuoco, immagine delle umiliazioni, delle
    prove, della sofferenza, della persecuzione, del disprezzo, delle calunnie. Tutto piom-
    ba su quest'anima e le dice con disprezzo: sei cattiva, imperfetta, orgogliosa, pigra, di-
    sobbediente, non hai carità, non sei buona per stare qui. Il fuoco che bisogna attraver-
    sare per cogliere i frutti del giardino, è tutto questo. Più si passa attraverso questo
    fuoco, più frutta si coglie. Con l'acqua dell'umiltà, tutto torna a profitto dell'anima, in-
    vece le anime che mancano di quest'acqua, trovano il fuoco dappertutto e si bruciano

    87
    con l'egoismo, il quale fa si che esse pensino sempre a se stesse, e non entrino
    mai in quella semplicità che Dio richiede per la salvezza. Bisogna diventare come
    bambini per entrare nel regno dei cieli. Queste anime potranno anche praticare molte
    virtù esteriori ma se non si applicano soprattutto ad acquistare l'umiltà, non saranno
    mai gradite a Gesù, mentre quelle che si applicano ad acquistare l'umiltà, sebbene
    abbiano peccato molto di più, troveranno grazia davanti a Dio». Non c'è niente che
    esprima meglio lo stato di quest'anima di elezione, nel tempo della prova, della
    seguente visione: «Ho visto, diceva, molti roseti verdi che avevano dei fiori, accanto a
    questi roseti, ve n'era un altro, solitario ma più verde, più fiorito, più bello. Un uomo
    che sembrava essere il Signore, è venuto, ha preso questo roseto così fiorito e l'ha
    messo in una notte oscura. Non più sole per questo roseto, non più rugiada, non più
    gioia. I rami si sono curvati, le foglie sono ingiallite, il roseto si è avvizzito: era quasi
    morto. Gli altri roseti, che godevano la rugiada, il sole, la luce, dicevano: bisogna
    estirpare questo roseto, che si secca per mancanza di acqua e di sole; le sue foglie sono
    ingiallite; sradicalo, sradicalo. Il padrone del giardino ha loro risposto: Mi dite di
    estirpare questo roseto, perché non fa più rose e perché le sue rose si sono appassite.
    Non capite che, se voi foste come lui, privi di acqua per rinfrescarvi e di sole per
    riscaldarvi, sareste già ridotti in polvere. Aspettate, e vedrete! Qualche tempo dopo, il
    Signore ha fatto uscire questo roseto dalla sua notte profonda e l'ha innaffiato e il
    roseto è rifiorito più bello che mai: le rose sono sbocciate e il profumo di questo roseto
    ha rallegrato tutti quelli che l'hanno visto, ed essi hanno benedetto il Signore».
    Ascoltiamo ancora queste parole del Salvatore alla sua serva; esse completano le luci
    racchiuse nella visione precedente: «Ho sentito una voce che diceva: il Mae-
    stro non dimentica la sua serva ma la serva dimentica il suo Maestro. Questa voce era
    la voce del Signore, ne ho sentito la presenza; mi ha detto: tu mi devi rassomigliare;
    starai ancora due anni nelle tenebre, perché io veda fin dove arriverà la fede degli
    uomini. Tre volte l'anno il Signore visiterà la sua serva ma di sfuggita, come un lampo.
    Ah! Signore, ho risposto, è troppo lungo questo tempo senza vederti. Tu mi vedi, tu,
    ma io, io non ti vedo».
    Non finiamo di citare questi insegnamenti raccolti durante le sue frequenti estasi e
    pieni di essenza evangelica; essi fanno conoscere l'anima della quale raccontiamo la
    vita meravigliosa meglio di tutto ciò che noi potremmo dire: «Ho piantato degli alberi,
    richiedo del frutto per rinfrancarmi, dice il Signore. Alberi del Signore, il vostro
    Padrone domanda da bere, domanda il frutto dell'umiltà, della carità. Alberi del
    Signore, non date il vostro frutto per la terra, datelo per Colui che vi ha piantato. Non
    lasciate che il cane raccolga il vostro frutto. Il Signore domanda da bere; domanda
    frutti interiori, domanda frutti esteriori. Il Signore domanda da bere è triste, sofferente,
    oppresso: dategli da bere perché vada ad innaffiare altre piante, perché queste piante
    portino frutto. Alberi del Signore, ricompensate il Signore. Quando vedo Gesù, il mio
    cuore è straziato, il mio cuore è dilaniato. Egli, questo Signore ha detto: il Padrone non
    dimentica la sua serva ma la serva dimentica il suo Padrone.
    Alberi del Signore, il Signore ha avuto fame. Se voi foste le vere spose del Signore,
    dareste al vostro fratello perfino il boccone che avete in bocca e Gesù ve lo renderebbe
    triplicato, e in seguito vi darebbe la vita eterna.
    Gesù, nella prigione, ha freddo: attende che voi lo riscaldiate. Vi sente, ascolta ciò che
    gli direte. I carnefici preparano le corde per legarlo, preparano i chiodi, preparano la

    88
    croce; da parte vostra preparategli cose buone: preparategli il vostro cuore. Gesù
    geme; i Giudei non ascoltano i suoi gemiti che per beffarsi di lui. Ascoltatelo voi, per
    consolarlo, per ricompensarlo. I Giudei sono contenti di accompagnare Gesù al
    Calvario per farlo soffrire. Siate tristi a causa dei vostri peccati e a causa del tempo
    che avete passato senza pensare a Lui. I Giudei cercavano Gesù per farlo morire; voi
    cercate Gesù tutti i giorni per farlo vivere in voi, per farlo risuscitare, per glorificarlo
    in voi. I Giudei hanno legato le mani di Gesù; voi legatevi a lui.
    I Giudei beffeggiano Gesù; i soldati gli pongono sulle spalle, per derisione, uno
    straccio di porpora e una canna nella mano; voi preparate per Gesù un amore tutto
    filiale.
    I nemici di Gesù lo schiaffeggiano; voi preparatevi a ricevere degli schiaffi per suo
    amore.
    I Giudei si incitano a vicenda per tormentare Gesù: voi incitatevi a vicenda per
    benedirlo e farlo benedire.
    I Giudei avrebbero voluto che altri popoli (altre folle) si unissero a loro per insultare
    Gesù: voi attirate le anime all'amore di Gesù.
    I Giudei gettano letame, sporcizia sul cammino che Gesù deve percorrere: voi
    preparate delle rose e copritene la strada di Gesù.
    Guardate, Maria piange, soffre, è affranta dal dolore; accompagnate Maria al Calvario
    con la vostra fedeltà, con l'amore di Gesù, con l'amore del prossimo. Gesù è nudo sulla
    croce; con l'esercizio della carità, rivestite Gesù».
    Gesù ritorna, in seguito, agli insegnamenti che la riguardano più personalmente. Che
    cosa di più toccante e di più istruttivo della visione seguente?
    «Ho visto, diceva, un uomo in giardino; con una mano teneva un bastone, con l'altra
    un mazzo di rose. Questo giardino era molto piccolo ma molto bello e tutto pieno di
    fiori e di frutti. Non c'era una sola erba cattiva e tutto prosperava, secondo i desideri
    del Padrone del giardino. Accanto a questo, ce n'era un altro chiuso, tutto nero: non vi
    si vedevano che rovi e spine.
    Il giardiniere, mostrandomi tale giardino, mi ha detto: Vedi questo brutto giardino? È
    l'immagine di te: tu sei come questa terra. Io ti ho fatto tante grazie e tu non produci
    che rovi, i quali straziano tutti quelli che ti avvicinano. Fai come questa terra cattiva:
    ho spesso gettato buona semente ma le erbacce la soffocano. Osserva ciò che sto per
    fare: voglio fare fruttificare questa terra per glorificare il Padre mio, che avrà più gioia
    del cambiamento di questa di quanto non ne provi contemplando il primo giardino.
    Tre uomini si sono presentati; erano neri e mi sembrava di vedere dei demoni. Ho fatto
    il segno di croce ed ho detto: Signore, per la tua santa Croce, liberami dalla malizia di
    Satana. Il giardiniere ha sorriso e il suo sguardo sollevava la mia anima. Si è rivolto a
    questi tre uomini così spaventosi e ha detto loro: Lavorate, dissodate a fondo questa
    terra, bruciate tutte le cattive radici che vi si trovano. Essi si sono messi all'opera,
    voltando, e rivoltando la terra ad una grande profondità; le cattive radici emerse sono
    state bruciate e la terra è diventata prima nera come il carbone, poi rossa. Quando gli
    uomini neri si sono ritirati, è caduta la neve e la terra è diventata tutta bianca. Il
    giardiniere è ritornato, ha piantato il suo mazzo di rose e ha seminato altri chicchi. Una
    pioggia dolce è caduta su questa terra e la semente ha prodotto foglie verdi, fiori e
    frutti. Il giardiniere ha chiuso allora il giardino di modo che non vi si potesse più
    entrare; lo si poteva solamente vedere per glorificare Dio. Il giardiniere mi ha così

    89
    parlato: Ecco come agisco con le anime: scelgo di preferenza le più peccatrici
    cosicché tutto ciò che opero in loro fa risplendere la mia misericordia; e tutti quelli che
    vedono l'opera del Signore rendono gloria al Padre mio. Io farò questo in te, sopporta
    dunque la prova, la tentazione, la sofferenza, la noia, il disgusto, l'abbandono. Tutto
    ciò purifica la terra cattiva e la prepara a ricevere la mia grazia».
    Per consolarla, il Salvatore le fa intravedere così la fine delle sue prove. Ecco come si
    esprime a questo riguardo: «Gesù, lei dice, mi ha fatto fare una buona orazione. Mi
    sembrava di essere sostenuta dalla mano di Dio; mi sembrava che mi avrebbe usato
    misericordia e che mi avrebbe aiutato a salire la montagna che vedo così nera, così
    aspra, senza alcun altro appoggio che pietre appuntite che straziano. Malgrado tutti gli
    ostacoli, ho visto che sarei arrivata al termine con la grazia di Dio e che avrei esaltato
    la sua misericordia. Non desidero che una sola cosa: essere tutta di Dio, perfettamente
    di lui solo. Ho la fiducia che, più tardi, sarò perfettamente
    sua e allora niente mi potrà distrarre dalla sua presenza. È necessario ora che mi nutro
    io stessa, che mangi il pane nero, il pane duro, le croste secche. Un figlio nella casa di
    suo padre, che mangia sempre buon pane, non l'apprezza; ma se, dopo che ha
    mangiato del pane cattivo, ne ha poi del buono, egli l'apprezza ed è contento. Io, per il
    momento, mangio il pane duro; quando il faticoso cammino sarà passato, Gesù mi
    darà del buon pane e mi ricorderò sempre di questo tempo penoso in cui il pane era
    così duro. Apprezzerò meglio la bontà del Signore, la sua bontà per me».
    È commovente sentirle dire, parlando di se stessa: «Sono un frutto cattivo, un frutto
    marcio, gettato nel letamaio dei miei peccati. Chi vorrà di questo frutto? Nessuno:
    lasciatelo sulla concimaia. Ma tu, giardiniere, guarda: in questo frutto, il Signore ha
    messo un piccolo seme. Prendi questo seme, fa un buco nella terra, getta il chicco in
    questo buco, coprilo con la buona terra attendi, abbiate pazienza: da questo chicco
    verrà un albero, ed esso porterà buoni frutti grazie alle tue cure. Tu servirai questo
    frutto alla tavola del Signore, tutti lo vedranno, si mangerà di questo frutto e si loderà
    il Signore».
    Ecco un affascinante paragone, pieno della dottrina più elevata e più pratica. «Dopo la
    Comunione, diceva un giorno, un vecchio mi ha detto: Gesù vuole venire a casa tua
    nel cuore della notte; per preparargli una cella, ascolta ciò che vuole.: vuole una
    piccola cella molto povera, molto semplicé. Vuole un lettino, simbolo del silenzio; in
    questo lettino, vuole un materasso sempre nuovo con degli atti di umiltà sempre nuovi;
    vuole un cuscino di carità, una coperta di pazienza, le grandi tende bianche
    dell'unione, che impediscono al vento della tentazione di raffreddare la carità. Gesù
    vuole anche una lampada da notte: il bicchiere di questa lampada è la fede e la
    speranza, l'olio è la preghiera continua, il sughero che galleggia, è l'amore di Dio, che
    eleva l'anima al di sopra della terra, lo stoppino è la dedizione, che si sacrifica e
    dimentica i suoi interessi per la felicità degli altri; infine la luce che illumina, è
    l'obbedienza e la purezza di intenzione».
    CAPITOLO XI
    Suor Maria di Gesù Crocifisso, all'epoca del Concilio e durante la guerra del
    1870
    Siamo arrivati all'epoca del Concilio. Il lettore che ci avrà seguito fin qui, non si
    meraviglierà di apprendere che il Signore mostrava a questa ignorante secondo il suo

    90
    cuore lo stato degli spiriti in questa augusta assemblea. Perché il grido di Ge-
    sù sarà eternamente vero: Ti lodo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
    nascosto queste cose ai saggi ed ai prudenti, e le hai rivelate ai piccoli.
    Tutti constateranno l'esattezza delle visioni soprannaturali di quest'anima leggendo ciò
    che segue: «La Chiesa soffre, ella diceva, il Santo Padre soffre; il suo cuore è afflitto,
    perché non c'è abbastanza unione tra i vescovi del Concilio. La Chiesa è nostra Madre.
    Quando una madre soffre, tutti i figli soffrono con la madre. La Chiesa è mia Madre.
    Oh! Come vorrei dare il mio sangue per la Chiesa! Offro tutto per essa, per l'unione,
    per la pace, per il trionfo della Chiesa.
    Ho visto il Concilio. Ho visto tre vescovi del Concilio, santissimi e che hanno reso
    grandi servizi alla Chiesa, erano circondati da tenebre, attorniati da migliaia di demoni
    che si sforzavano di nascondere loro una piccola luce sempre presente ai loro occhi,
    simbolo della fede, della verità; mentre a destra ed a sinistra, c'è una grande luce che i
    demoni vorrebbero far loro seguire. Questi spiriti tentatori sono talmente numerosi,
    che, se avessero un corpo, l'aria ne sarebbe oscurata. Questi stessi demoni vanno anche
    su un grande numero di altri vescovi. Ve ne è più di duecento i quali non seguono la
    piccola luce che hanno davanti agli occhi, perché Satana lo impedisce loro, ponendo
    come una nuvola spessa fra questa luce e loro, mentre non si distolgono abbastanza
    dalla luce che è a destra ed a sinistra; questa luce non viene da Dio, ma dal
    ragionamento umano». Così ella si esprimeva nel mese di gennaio 1870.
    Una visione del mese seguente è forse più toccante. Ci sembra che l'opposizione,
    seguita dal trionfo della definizione e dal ritorno di tutti i vescovi dissidenti, non
    potrebbe essere espressa con una più energica chiarezza: «Ho visto, ella dice, il Santo
    Padre circondato dai Padri del Concilio. Alla sua destra c'era un giardino illuminato
    dal sole, irrorato da un'acqua molto buona, e pieno di fiori e di frutti che spandevano
    un profumo delizioso. Alla sua sinistra c'era un altro giardino, coperto di tenebre, di
    rovi e di spine; là si trovavano alcuni roseti secchi e alcune piante buone, soffocate dai
    rovi. Il Santo Padre ha tentato di aprire la porta di questo secondo giardino, per
    lavorarlo e per sradicarne i roseti e le piante, per farle passare nel primo giardino.
    Parecchi dicevano al Santo Padre che faceva un lavoro inutile. In seguito ho visto una
    nuvola di dolore coprire il Santo Padre e quelli che erano alla sua destra; ma, tutt'a un
    tratto, ho visto un sole brillare sul loro viso; erano radiosi. Poi, la porta del brutto
    giardino si è aperta e si è cominciato a togliere alcune buone piante dal brutto giardino
    per sistemarle nel buono. In seguito, ho visto il Santo Padre addormentarsi e due bimbi
    l'hanno portato via nelle loro braccia. Un altro è venuto a sostituirlo ed ha trovato la
    porta aperta, ed egli ha finito facilmente il lavoro cominciato e coloro che avevano
    voluto altre volte fermare il Santo Padre nel suo lavoro, vedevano ora la verità. Una
    voce mi ha detto: Rallegrati per il fatto che ti ho domandato questo digiuno di quaranta
    giorni a pane e acqua, per farti partecipare ai meriti e ai lavori dei Padri del Concilio.
    Bisogna che, con questo digiuno, tu tolga le pietre dal sentiero, affinché essi non
    cadano.
    Ho detto allora a Dio: Signore, se è tua volontà che io faccia questo digiuno, io lo
    accetto, non soltanto per quaranta giorni, ma per quarant'anni, se tu lo vuoi».` Come è
    commovente vedere Gesù domandare a delle anime ignorate penitenze eccezionali in
    favore del Concilio! È sempre lo stesso agire di Dio, che si serve di ciò che non è
    niente per condurre a buon fine le sue opere.

    91
    Gli avvenimenti della guerra che seguì al Concilio non sfuggirono meno a que-
    st'anima direttamente illuminata da Dio. Ascoltiamola raccontarci la visione che ebbe
    il 16 luglio 1870: «Io ero, dice, tutta sola in giardino; tutt'a un tratto, sento una voce
    dirmi: Prega, prega e fa' pregare. Vidi in seguito dei soldati uscire come da un giardino
    chiuso; ve ne erano molti e passavano davanti a me. Vidi altri soldati uscire da un
    nuovo giardino; venivano a combattere contro i primi. La stessa voce mi dice una
    seconda volta: Prega, e. fa' pregare. Nello stesso istante vidi Roma davanti a me, e vidi
    i nemici di Roma che dicevano: Mentre gli altri combattono, uccidiamo Roma,
    soffochiamola, gettiamo acqua bollente su di lei, uccidiamo i piccoli e i grandi. Vidi
    nello stesso tempo una lampada nel cielo; uscivano da questa lampada due raggi che
    formavano come delle scale: uno di questi raggi cadeva sull'Italia e l'altro sulla
    Francia. E vidi un uomo che sembrava essere Dio stesso; aveva con lui due bimbi, uno
    alla sua destra, e l'altro alla sua sinistra. Uno di questi bambini era nero e lavorava a
    fare un grande buco; l'altro preparava un piatto bianco sulla terra. L'uomo ha detto ai
    nemici della Chiesa che gridavano: Gettiamo dell'acqua bollente su Roma:
    Quest'acqua bollente sarà per voi eternamente. Dichiaro che nessuno di quegli uomini
    che combattono per il mio nome, avrà da subire il minimo giudizio, anche se avesse
    commesso tutti i peccati. A questi uomini che avranno dato la loro vita combattendo,
    darò la pace e la vita eterna. Nello stesso tempo, si voltò verso la Francia, e disse
    all'Imperatore: Fintanto che seguirai la luce sarò con te. Ti prometto quattro vittorie, se
    combatti per la mia gloria, perché tutti sappiano che combatti in mio nome, che io
    sono in te e che tu sei in me. Ti prometto in seguito una buona morte e una eternità
    felice».
    Ecco la visione del 5 agosto seguente: «Provavo una grande tristezza e angoscia; mi
    sembrava che Roma stesse per perire e la Francia anche. Ho sentito una spada
    conficcarsi nel mio cuore, e restarvi. Tutta la notte la sofferenza mi ha impedito di
    dormire. La mattina ero afflitta ed oppressa come la vigilia. Passai la giornata nel-
    l'angoscia, nella tristezza, nella sofferenza. La sera, vidi l'Imperatore davanti a me. Era
    tutto nero, triste, quasi furioso: una grande nube nera era caduta su di lui. Vidi la santa
    Vergine allontanare con la sua mano quella nuvola e ciò mi consolò un po'. Ma
    compresi che la nuvola andava su Roma. U indomani, alla Messa, durante l'E-
    levazione, vidi un vecchio crocifisso, e ai suoi piedi, l'Imperatore, triste ed umiliato, e
    vidi il sangue del vecchio crocifisso cadere su di lui. Non so se la luce che avevo visto
    davanti all'Imperatore e alla fedeltà alla quale erano legate quattro vittorie fosse di non
    ritirare le truppe da Roma; ma, da quando egli l'ha fatto, l'ho visto per tre giorni di
    seguito triste ed umiliato, ai piedi del vecchio crocifisso il cui sangue si effondeva con
    abbondanza su di lui, sulla sua famiglia e su coloro che lo circondavano». Si vede che,
    la suora indica chiaramente in questa doppia visione il trionfo della Francia, se
    l'Imperatore è fedele all'ispirazione di non ritirare le truppe da Roma. Ella assiste alla
    ritirata di queste truppe e alla disfatta della Francia che ne è la conseguenza. Vede il
    sangue del vecchio del Vaticano cadere come una vendetta sull'Imperatore e sui suoi.
    La morte così tragica del principe imperiale, dieci anni dopo, è ancora presente in tutti
    gli spiriti e conferma in modo impressionante la verità di questa profezia.
    Chi non riconoscerà, in ciò che segue, la Comune con i suoi orrori? «Un altro giorno,
    dice ancora la suora, vidi, al momento dell'Elevazione, una grande nuvola nera, che
    divenne in seguito gialla, e poi rossa; era carica di ogni sorta di disgrazie e copriva

    92
    tutta la Francia. E compresi che, perfino all'interno della Francia, si sarebbe stati
    gli uni contro gli altri». La divisione delle fazioni, dopo la Comune, non è, ahimè, che
    troppo bene annunciata da queste parole. Possa la visione che stiamo per citare, e che
    fa seguito alla precedente, avere ben presto il suo compimento: «Vidi in seguito,
    aggiunse la suora, che questa nuvola nera se ne andò con grande gioia di tutti, e venne
    al suo posto una nuvola bianca che coprì interamente la Francia. La vista di questa
    nuvola arrecò a tutti la gioia».
    CAPITOLO XII
    Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla fondazione di Mangalore fino al suo ritiro di
    professione (agosto 1870 - 3 novembre 1871)
    La religiosa che aveva curato Maria dopo il suo martirio le aveva annunciato che dopo
    aver preso l'abito del Carmelo in una casa, avrebbe fatto la sua professione in un'altra.
    È necessario raccontare ora la realizzazione di questa seconda parte della profezia. I
    carmelitani possedevano nelle Indie una missione importante, al centro della quale era
    la città di Mangalore. Essa aveva per vicario apostolico Mons. Maria Ephrem. In uno
    dei suoi viaggi in Francia, all'e
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:33
    93
    stesso Sig. de Nédonchel. Ora, è Matilde che era apparsa più volte a suor Maria, e
    che le aveva detto di rivolgersi a suo padre per la fondazione di Mangalore. Per
    rendere più grande il merito di questo perfetto cristiano, Madre Elia non fece affatto
    menzione, nella sua lettera, di questa circostanza soprannaturale; non fu che più tardi
    che il Sig. de Nédonchel la conobbe.
    Nel mese di agosto 1870, dopo le nostre prime sconfitte, uno sciame di religiose
    partiva da Pau per la fondazione di Mangalore. Erano in sei: Madre Elia Priora, suor
    Maria di Gesù, Sottopriora, suor Maria del Salvatore, suor Stefania, suor Maria di
    Gesù Crocifisso, novizia, e suor Eufrasia, conversa.
    Tre religiose terziarie dell'Ordine del Carmelo, destinate alle opere esterne della
    missione, facevano anche parte della piccola colonia. Mons. Maria Ephrem, Padre
    Lazzaro e Padre Graziano, tutti e tre carmelitani, accompagnavano la pia carovana. La
    prova non tardò a presentarsi. Al passaggio del mar Rosso, il caldo fu così forte che
    due suore morirono: suor Stefania e suor Eufrasia. La stessa Madre Elia doveva alcuni
    giorni dopo soccombere, prima di aver raggiunto Mangalore. La morte di queste tre
    vittime era stata preannunziata da suor Maria. Dio le toglie così tutti gli appoggi
    umani, per abbandonarla come senza difesa tra le mani di coloro che non
    comprenderanno molto presto la sua via. Ecco la lunga lettera che ella scrive all'abate
    Manaudas per fargli un resoconto di tutti gli incidenti di questo viaggio:
    «La sua indegna figlia, caro Padre, viene oggi a gettarsi ai suoi piedi per raccontarle
    tutto, come un bambino racconta tutto a suo Padre.
    Ecco, Padre mio, ciò che è accaduto durante il viaggio. Il primo giorno, siamo stati a
    Nostra Signora della Guardia, dove io ho ricevuto molte grazie. Quel giorno in quel
    santuario c'era molta gente. Madre Elia non era voluta venire, le nostre suore neppure,
    ma io, vi sono andata con Mons. Maria Ephrem e le suore terziarie del nostro Ordine.
    Ho molto pregato per la Francia. Durante la mia preghiera, ho visto davanti a me
    un'uomo: quest'uomo teneva nella sua mano una nuvola molto nera e molto fitta. Vidi
    una vergine che pregava tanto perché questa nuvola cadesse altrove e non sulla
    Francia. L'uomo teneva nell'altra mano una nuvola bianca; ma voleva gettare la nuvola
    nera prima della bianca e diceva: Dopo essere passata attraverso terribili prove, la
    Francia trionferà e sarà la sovrana dei regni.
    In quello stesso santuario, vidi che i legami che mi univano a suor Stefania stavano per
    essere troncati; una donna li tagliava per attaccarli ad un altro cuore. Scendendo da
    Nostra Signora della Guardia, raccontai tutto a Mons. Maria Ephrem ed a Madre Elia.
    Dissi ancora a Monsignore che avevo visto Nostro Signore presentargli un mazzo di
    cinque rose; a causa delle spine, Monsignore non poteva toccarle; tre volte soprattutto,
    si punse molto forte. Tutto ciò è avvenuto a Marsiglia. Ma siccome io ho promesso di
    dirvi tutto, e anche Mons. Maria Ephrem vuole che io vi dica tutto, comincio con
    questo primo giorno. La traversata del Mediterraneo è stata buonissima, sebbene noi
    avessimo avuto il mal di mare; ma ciò non è niente; Madre Elia stava molto bene: ci
    curava tutte. Durante tutto questo tempo, ho potuto meditare ed ho ricevuto molte
    grazie.
    Sul mar Rosso, sono stata molto male. Un giorno, avendomi Madre Elia mandato nella
    nostra cabina per riposarmi, suor Eufrasia mi raggiunse qualche istante dopo e mi dis-
    se: Ho qualche cosa da comunicarti. Tu sai quanto Nostro Signore è buono. Questa
    mattina, dopo la Comunione, Gesù mi ha fatto vedere i bisogni della Francia e

    94
    dell'India; Egli domanda cinque vittime. Mi sono già offerta con suor Stefania, ed
    ho l'impressione che occorrono ancora Madre Elia, la Madre Sottopriora e tu.
    Sentendola parlare così, sono andata in collera con lei per il fatto che si fosse già
    offerta con suor Stefania, e le dissi: Chi ti ha dato il permesso di comportarti in questo
    modo? Mi rispose: Padre Lazzaro ha detto che dovevamo offrirci tutti i giorni come
    vittime. In quel momento, provai qualche cosa di straordinario, e vidi che suor
    Stefania, suor Eufrasia e Madre Elia erano state accettate da Gesù e che stavano per
    morire. Vedendomi molto in pena, suor Eufrasia mi disse: Povera piccola, si vede bene
    che sei in tentazione, poiché non puoi comprendere la nostra offerta. L'indomani, alla
    stessa ora, le tre caddero ammalate. Io curavo Madre Elia, la Madre Sottopriora curava
    suor Eufrasia e suor Maria del Salvatore curava suor Stefania. Andavamo dall'una
    all'altra. Padre Graziano e il Padre Lazzaro erano oppressi. Padre Lazzaro si offriva al
    posto di tutte; era pallido e si sarebbe detto che stava per sentirsi male. Io stessa avevo
    tanta paura che nella notte mi sarei ammalata come pure suor Maria del Salvatore. Il
    comandante è stato motto buono con noi, ci curava tutte. Suor Stefania è morta verso
    mezzanotte. Aveva ragione di dirmi alcune ore prima, quando le raccomandavo di
    pregare per madre Elia molto ammalata: Andrò a vedere Gesù prima di lei. La morte
    di questa suora mi causò una grande tristezza, vedendo che le altre due stavano per
    morire. Fu solo 1' indomani, dopo aver fatto il sacrificio delle tre, che la tristezza mi
    lasciò per far posto alla gioia. Non vedevo l'ora, adesso, di veder morire suor Eufrasia,
    perché andasse da Gesù; avrei voluto affrettare quest'ora.
    Impossibile esprimervi la pena di Padre Lazzaro. Ah! Quanto gli costiamo! Il povero
    padre ci disse che bisognava lasciare la nave per scendere ad Aden, dove suor Stefania
    sarebbe stata seppellita alle sei. Madre Elia non sapeva che suor Stefania era morta. Le
    dicevo sempre: Madre mia, se Gesù le domandasse due rose, le rifiuterebbe? e le
    ridicevo sempre la stessa cosa. Madre Elia non comprendendo questa insistenza, finì
    per dirmi: Povera figlia, mi ripeti sempre la stessa cosa; certamente che gliele darei.
    Durante la prima notte passata ad Aden, non c'era letto per coricarsi, né acqua per be-
    re. Suor Maria del Salvatore era divorata da una fortissima febbre e non c'era una
    goccia d'acqua. Mi diceva: Datemi un po' d'acqua, io non ne avevo e ad Aden non c'era
    una fontana per andarne a prendere. Accompagnata da una inglese, andai a cercarne in
    tutte le case senza poterne trovare. Finimmo tuttavia per trovarne un poco, ma fu
    presto esaurita, perché ne occorreva per bagnare la testa di suor Eufrasia. Mi misi
    allora a piangere come una bambina; passai la notte accanto a nostra Madre, mentre la
    Madre Sottopriora e suor Maria del Salvatore stavano accanto a suor Eufrasia. Mentre
    nostra Madre dormiva, vidi un uomo che aveva il corpo tutto straziato; davanti a Lui,
    c'erano due croci; mi sembrava che queste due croci fossero per madre Elia e per suor
    Eufrasia; udii quest'uomo che diceva: In verità, in verità, prima che quest'anno finisca,
    queste due non saranno più sulla terra, io le prenderò e me ne servirò come un balsamo
    per le mie piaghe. Mi risvegliai con l'impressione che nostra Madre non avesse finito
    l'anno, e lo dissi a Padre Graziano, che mi proibì di ripeterlo alle suore.
    Durante quella stessa notte, nostra Madre era molto in pena, perché le era stato detto
    che suor Stefania era all'ospedale. Padre Graziano, vedendola così afflitta, giudicò
    meglio dirle tutta la verità; le dichiarò quindi che era morta. Nostra Madre ne fece
    generosamente il sacrificio, e aggiunse che aveva meno pena nel saperla morta che di
    pensarla all'ospedale separata da noi.

    95
    Un giorno, Padre mio, prima della morte di suor Eufrasia, ero sola con lei. Le
    domandai: Dove sei suor Eufrasia, giacché non mi parli? Aprì gli occhi e mi rispose
    con uno sguardo celestiale: Sono con Gesù. Aggiunsi: Vuoi andare a vedere Gesù? Sì,
    mi rispose subito. Le nominai ciascuna suora. Mi fece segno che erano tutte nel suo
    cuore. Vidi allora, vicino a suor Eufrasia, due bimbi che offrivano un giglio tutto
    bianco a un uomo che stava vicino alla testa di questa suora, e quest'uomo sembrava
    tutto contento di ricevere questo giglio. Ebbi l'impressione che suor Eufrasia sarebbe
    morta molto presto. Vado a trovare Padre Graziano: Padre mio, gli dico, dia presto
    l'estrema unzione a suor Eufrasia; non creda al medico, sta per morire. Durante la
    santa Messa, il suo letto si trovava vicino all'altare, non c'era che da aprire una porta
    per arrivare fino a lei: la suora era molto agitata; rideva sempre; domandava che le si
    desse Gesù! Lo domandava continuamente ma siccome non poteva inghiottire una sola
    goccia d'acqua, Padre Graziano non osava farla comunicare. La sua agonia è stata
    molto sofferta; il suo viso rassomigliava a quello di Gesù in croce, e sempre con la
    stessa pazienza. Quando le si domandava se soffrisse molto, faceva segno di no: è
    morta come una santa.
    Dopo la sua morte, avevo preso il suo mal di gambe e di piedi; ero molto gonfia.
    Andai sulla tomba di suor Eufrasia e le dissi: Ascolta, suor Eufrasia, io non ti ho
    chiesto il tuo male, prenditi il tuo male. Subito, Padre mio, non sono stata più male, ed
    ho potuto fare la cucina, tutto il tempo che siamo rimasti ad Aden. I cappuccini di
    Aden sono stati molto buoni con noi; ma non posso farle conoscere tutto ciò che là è
    successo. Penso che le nostre suore ve l'abbiano raccontato; le dico dunque solo ciò
    che mi riguarda. Siamo state molto felici, quando abbiamo visto Mons. Maria Ephrem.
    È stato così buono con noi, come un padre!
    La traversata da Aden a Madras è stata buona: Madre Elia stava benissimo. La Madre
    Sottopriora, suor Maria del Salvatore ed io, abbiamo avuto un po' di mal di mare.
    Padre Lazzaro è venuto a trovarci a Madras. Come era impressionato vedendoci!
    Aveva le lacrime agli occhi: ci ha raccontato quanto avesse sofferto da quando ci
    aveva lasciato. Siamo rimasti un giorno a Madras e siamo in seguito partiti per
    Vellore, con Padre Lazzaro. Monsignore è rimasto a Madras con Padre Graziano per
    degli affari. Abbiamo trascorso cinque giorni presso le suore del Buon Pastore; sono
    state molto buone con noi. Un giorno mentre ero nella cappella, sentii una grande
    tristezza pensando a suor Stefania ed a suor Eufrasia. Ero in quel momento, molto
    tentata contro la Madre sottopriora e suor Maria del Salvatore; mi sembrava che esse
    prendessero di me tutto a male. Madre Elia mi rimproverava molto. Allora io mi
    rivolsi a Gesù e mi lamentai con Lui. Vidi un uomo che mi disse: Perché ti lamenti di
    esse? Una di esse sarà presto tua madre e l'altra la tua maestra di noviziato. Quando
    sentii ciò, ebbi molta pena, pensando che Madre Elia stava per morire. In effetti,
    durante la notte, ella fu molto sofferente a Vellore, e pensai che il calice era molto
    vicino.
    Dopo ciò, Padre mio, ci siamo fermati in molti posti, prima di arrivare al Vicariato di
    Monsignore; ma non è accaduto niente di particolare. Arrivando a Calcutta, una
    grande processione è venuta a prendere Monsignore. Credendo che fossimo vicini alla
    chiesa, siamo scese dalla vettura, cosa che ha molto stancato nostra Madre; malgrado
    ciò, ella era contentissima di vedere tutti gli onori resi a Mons. Maria Ephrem. A
    Calcutta, nostra Madre si mise a letto. Monsignore e il Padre Lazzaro avevano molta

    96
    pena nel vederla sofferente; Padre Graziano anche, ma se l'aspettava perché
    sapeva tutto. Monsignore era desolato di questo terzo sacrificio che il Signore stava
    per domandare. Non potendo più prolungare il suo soggiorno presso di noi, parti per
    Mangalore con Padre Graziano; Padre Lazzaro restò con noi a Calcutta. Il giorno della
    partenza di Monsignore, ero molto tentata contro Padre Lazzaro e contro le nostre
    suore. Mi recai in cappella e dissi a Gesù: È possibile, Signore, che io possa vivere con
    questo Padre e con queste suore, senza nostra Madre? E piangevo molto. Il pensiero
    che l'una sarebbe stata un giorno la mia Madre e l'altra la mia Maestra, mi faceva
    venire molte tentazioni. Allora, Padre mio, mi addormentai; e durante il mio sonno,
    vidi un uomo con due bimbi; e quest'uomo mi mostrava tutto ciò che io avevo fatto
    durante la mia vita, e mi disse: Vedi, io sopporto tutto ciò per te; e tu, non vuoi
    sopportare ciò per me! Sono io che le ho scelte; sono io che ho loro ispirato di farti
    ciò; sono io che tengo i cuori nella mia mano e li faccio cambiare quando voglio.
    Mormori sempre, perché ho fatto morire suor Stefania e suor Eufrasia, e perché voglio
    che Madre Elia sia seppellita qui! Nello stesso tempo, vidi un bimbo che mi
    presentava un calice e una croce molto pesanti. Il calice era pieno; mi sembrava che, in
    tutta la mia vita, io non ne avessi bevuto una goccia. Quel bambino mi disse: Prima
    della tua morte, occorre che lo svuoti; e morirai su questa croce; e tutti i rami ai quali
    ti attaccherai, io li taglierò. Risvegliandomi, feci generosamente il sacrificio di nostra
    Madre, sebbene con molto dolore. Sa, Padre mio, quanto costa a un figlio fare il
    sacrificio della propria madre, e soprattutto di una madre come Madre Elia. Nostra
    Madre è stata così buona per me durante la sua malattia! Il buon Dio lo permetteva,
    per farmi sentire di più il sacrificio. Fu solo il giorno della sua morte che fu molto
    severa con me; ma per questo, non la amavo meno, al contrario. Nel momento in cui
    ella stava per spirare, Madre Sottopriora e suor Maria del Salvatore domandarono
    perdono a nostra Madre, pregandola di dire loro un'ultima parola e di benedirle. Feci
    come loro; nostra Madre non mi rispose: O Madre cara, le dissi, dica anche a me
    un'ultima parola. Fa'tutto ciò che ti si dirà, rispose. Grazie, Madre cara, ripresi, non
    dimenticherò mai queste parole! Dopo queste parole entrò in agonia, pur conservando
    la sua conoscenza. Ci guardava, faceva segno a Padre Lazzaro di prendere cura delle
    sue figlie. Il Padre rispose: Sì, Madre, lei Sa quanto le ami; ne avrò cura. Egli è stato
    fedele alla sua promessa. Nostra Madre ha domandato di rinnovare i suoi voti; suor
    Maria del Salvatore li ha pronunziati ad alta voce. Dopo questo momento, nostra
    Madre restò tranquilla con Gesù. È morta come una santa. Ora, Padre mio, sono
    distaccata da tutto».
    La lettera della nuova Priora, suor Maria del Salvatore, che accompagnava questa
    relazione di suor Maria di Gesù Crocifisso, ripeteva in poche parole al Sig. abate
    Manaudas le peripezie del viaggio. Un'altra lettera della Madre Priora, indirizzata al
    Carmelo di Pau, esprimeva i sentimenti di ammirazione di tutti per suor Maria. Madre
    Maria del Salvatore conferma in questa lettera la profezia della novizia concernente la
    morte delle tre vittime richieste da Gesù. Parla anche delle estasi di suor Maria e del
    giudizio di Padre Graziano in proposito: Impossibile, diceva allora questo Padre, che
    ciò non sia da Dio. Questa piccola pensa così poco a tutte queste cose straordinarie! È
    tutta occupata nelle sue faccende di cucina. Quale devozione e quale carità per tutti! E
    la Priora, dopo aver citato questa testimonianza del Padre, aggiungeva: Ora io ho più
    fiducia che mai che tutto ciò che avviene in questa cara bambina, viene dal buon Dio,

    97
    e che, malgrado la mia indegnità, io sarò testimone delle misericordie di Dio su
    quest'anima. Mons. Maria Ephrem, Padre Lazzaro'°e Padre Graziano sono del mio
    parere. Chi potrebbe dubitare, raccogliendo queste testimonianze, del cambiamento
    che si opererà ben presto?
    A Mangalore, come a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe a subire, da parte del
    demonio, delle prove terribili, perché i tre anni di ossessione predetti dall'angelo non
    erano ancora trascorsi. Le scene diaboliche, già conosciute dal letto
    re, si rinnovavano ad intervalli. Il demonio si mostrava, come sempre, disobbediente,
    suscettibile, collerico; spingeva la novizia a fuggire ed a ritornare nel mondo. Infine,,
    le diede i supremi assalti nell'ultima settimana del giugno 1871, dopo di che la potenza
    degli esorcismi l'obbligò ad uscire dal corpo della sua vittima. In una lettera indirizzata
    a Mons. Saint-Guily, arciprete di Pau, Padre Lazzaro racconta queste lotte e questi
    trionfi, come pure le grida sublimi emesse dalla suora, ripetizione di quelle che noi
    abbiamo raccolto parlando della sua possessione a Pau. Era la fine di questa dolorosa
    prova.
    Ormai liberata da quelle penose ossessioni, suor Maria di Gesù Crocifisso riguadagnò
    la gioia e l'edificazione del piccolo Carmelo indiano, mentre era pure ricolma di favori
    soprannaturali: estasi, visioni, spirito di profezia... Le lettere della sua Priora e quelle
    della sua maestra segnalano i suoi rapidi progressi nella via della perfezione. Mons.
    Maria Ephrem si dichiarava egli stesso soddisfatto al massimo delle disposizioni della
    novizia.
    La verità tuttavia era che a quell'epoca alcuni dubbi erano già nati nello spirito dei
    superiori del Carmelo riguardo alla via della novizia. Non la conoscevano ancora che
    imperfettamente, essi erano stati sorpresi di questi nuovi assalti diabolici che andava
    subendo; erano ancora più sbalorditi della riservatezza che, per ordine divino, ella
    custodiva ormai sulle sue comunicazioni soprannaturali verso qualsiasi altro che non
    fosse il suo confessore e si domandarono più volte se suor Maria di Gesù Crocifisso
    non fosse nell'illusione, se non fosse il triste giocattolo del demonio e di se stessa.
    Erano i primi preparativi della prossima salita del monte Calvario e della crocifissione
    che il divin Maestro riservava alla sua fedele sposa. Dio permise che questi dubbi
    diminuissero all'approssimarsi della professione religiosa, perché egli voleva che la
    fervente novizia fosse infine ammessa a pronunziare i santi voti. Ma noi li vedremo
    riapparire la sera stessa della Professione, ed essi non faranno ormai che accrescersi
    fino alla consumazione della tragedia del Calvario.
    CAPITOLO XIII
    Ritiro di suor Maria di Gesù Crocifisso prima della sua professione (3-21
    novembre 1871)
    Dobbiamo ora accompagnare suor Maria nel suo ritiro di venti giorni che precedette la
    sua Professione religiosa. Grazie a Padre Lazzaro, suo confessore, possediamo le
    rivelazioni comunicate alla novizia. I considerevoli estratti che stiamo per dare di
    questo lavoro ci sembrano talmente elevati, belli e profondi, che non possiamo non
    vedervi l'espressione di una dottrina dettata dal cielo a questa ignorante che sapeva
    appena leggere.

    98
    I
    «Ho visto, ella raccontava il primo giorno, un giardino a forma di cuore, questo
    giardino era secco, arido. Gli alberi erano disseccati, non avevano foglie; l'erba era
    bruciata. Mancavano l'acqua per dissetarsi, e l'aria per respirare. In seguito, ho visto in
    lontananza Gesù, triste, sofferente, piangente, coperto di polvere, nella più grande
    angoscia. Mi è sembrato che io stessa, al vederlo, fossi caduta nella tristezza, nella
    sofferenza, nell'angoscia. In una parola, ho provato tutti i sentimenti, tutte le
    impressioni che vedevo in Gesù. Mi sono prosternata ai suoi piedi, ed ho asciugato le
    sue lacrime con le mie, mi sembrava almeno che fosse così. Dal profondo del cuore
    avrei voluto asciugare la polvere dei suoi piedi e quella che lo copriva. Gesù è entrato
    in questo giardino inaridito, ma non vi ha trovato ne aria, né acqua, né ombra, ed è
    divenuto ancora più triste, più oppresso, più sofferente. Non vi è rimasto a lungo,
    uscito quasi subito da questo giardino è entrato in un altro, accanto. In questo, ha
    trovato del verde, fiori, alberi da frutto e frutti maturi. Tutti gli alberi erano verdi,
    coperti da un fogliame folto e ombroso. C'erano aria ed acqua in abbondanza, la terra
    era lì ben lavorata e umidificata. In questo giardino; Gesù è parso ritornare in salute, è
    diventato giovane, sorridente, ed ha detto: Qui fa bel tempo: c'è aria per respirare,
    acqua per dissetarsi, frutta per mangiare, ombra per riposarsi. Ed è rimasto a lungo in
    questo giardino e vi stava molto bene. Non comprendendo il senso di ciò che vedevo,
    mi sono rivolta a un giovane che mi guidava a Gesù, e gli ho chiesto quello che ciò
    significasse. Egli mi ha detto: Il secondo giardino rappresenta l'anima fedele e umile
    che riceve e conserva le acque della grazia, mentre il primo giardino, che non è
    lavorato, è il simbolo delle anime orgogliose, le quali non conservano per loro l'acqua
    della grazia, vittime delle loro passioni che le bruciano. L'aria che si respira nel buon
    giardino è il simbolo delle aspirazioni dell'anima verso Gesù: queste aspirazioni sono
    la sua vita. I fiori rappresentano le virtù dell'anima; i frutti, sono le buone opere, la
    mortificazione, la penitenza, con le quali essa guadagna altre anime a Gesù. Le foglie
    degli alberi raffigurano la carità con l'ombra che esse danno. La aridità e la durezza
    della terra del cattivo giardino rappresentano un cuore indurito».
    II
    «Nostro Signore era davanti a me. lo lo vedevo, volevo andare verso di Lui e non lo
    potevo. Gesù mi sembrava tenero come il fiore dei campi, che appassisce non appena
    lo si tocchi. Facevo un passo verso di Lui, e mi fermavo; non avevo quasi le gambe;
    sembrava che rientrassero nel mio corpo come delle sbarre di ferro: esse non potevano
    reggermi. Mi è sembrato tuttavia di essere andata un poco avanti e ho detto: Signore,
    sono avanzata un po' verso di te; tu sei davanti a me, i miei occhi ti vedono, le mie
    orecchie ti sentono, dammi un po' di forza per arrivare fino a te. Nello stesso tempo,
    ho invocato lo Spirito Santo per ottenere la forza. Mi sembrava sempre che Gesù non
    fosse lontano da me. Guardavo qualche volta dietro di me, e ogni volta che guardavo
    così, provocavo delle piaghe nel corpo di Gesù. Ed ho chiesto: Che cosa è tutto
    questo? Subito qualcuno mi ha preso e mi ha detto: Guarda davanti a te. Ho guardato e
    mi è sembrato di vedere un giardino dove erano fiori, alberi e frutti. Davanti alla porta
    del giardino era acceso un grande fuoco. Per entrare nel giardino, bisognava
    attraversare questo fuoco. Contemporaneamente, ho visto due persone davanti al
    giardino. Una camminava con fierezza, la testa alzata; l'altra aveva la testa abbassata e
    sembrava curva. La prima è entrata senza timore, con la testa sempre alzata. Tuttavia è

    99
    penetrata nel giardino ed ha colto dei fiori e dei frutti in quantità. In seguito è
    ritornata alla porta ed ha attraversato di nuovo le fiamme per uscire; ma i suoi vestiti
    sono stati interamente bruciati, così come tutto ciò che portava. Era completamente
    nuda. Anche la seconda persona è entrata; per attraversare il fuoco, si è molto
    abbassata e il fuoco non ha preso i suoi vestiti. Una volta nel giardino, ella l'ha
    percorso, ha colto molti fiori, molta frutta di ogni specie, ed è tornata alla porta del
    giardino carica di fiori e di frutti; per attraversare le fiamme alla sua uscita, si è
    abbassata ancora di più di quando era entrata. E le fiamme non l'hanno toccata; ed è
    uscita più bella e più ricca di quando era entrata.
    Ho chiesto di nuovo quello che ciò significasse, e colui che mi guidava mi ha detto: Il
    fuoco è l'immagine dei fastidi, delle pene, delle angosce, delle sofferenze, `
    delle
    prove della vita. Il Signore li manda perché si raccolgano fiori e frutti. La pri
    ma persona che è entrata nel giardino e che ne è uscita povera, triste, nuda, raffi- ;
    gura coloro che si inorgogliscono nella prova: l'orgoglio, l'egoismo, l'amor proprio
    fanno loro perdere tutto. La seconda persona raffigura le anime che si umiliano nella
    sofferenza, nella prova. Esse si caricano di fiori e di frutti.
    Il momento di off~ire al Signore i fiori ed i frutti arriva; è la morte. Le due anime si
    presentano davanti al Signore. Il Signore interroga l'una e l'altra. Dice alla prima: Tu
    sei entrata nel giardino; hai raccolto fiori e frutti: dove sono? Signore, risponde, il
    fuoco che ho attraversato ha bruciato tutto, tutto divorato. Non ho conservato niente.
    Ebbene, riprende il Signore, poiché tu non hai niente, va nel niente. Maledetta, io non
    ti conosco! Il Signore si rivolge in seguito alla seconda che nasconde i suoi frutti e le
    dice: E tu, che cosa hai raccolto? E costei getta subito davanti al Signore ciò che
    teneva nascosto; e, abbassando la testa, risponde: Sei tu che mi hai guidato e che hai
    raccolto questi frutti. E il Signore risponde: Entra e riposati e godi delle gioie del
    Signore».
    III
    «Ho visto una montagna alta, ma molto scoscesa. Dal lato opposto a quello dove ero
    io, ho visto un sole luminoso, molto luminoso e mi sembrava che questo sole salisse
    lentamente da quel lato della montagna. Arrivato alla cima, ha attraversato la sommità
    ed è disceso lentamente, molto lentamente, dal lato della montagna dove mi trovavo
    io. Man mano che discendeva, illuminando e riscaldando questo lato, un tappeto di
    verde e di fiori si formava dappertutto dove giungevano i suoi raggi. Ha così percorso
    tutta la montagna, dalla cima ai piedi, lasciando una fascia di verde dovunque
    passasse. Giunto ai piedi della montagna, ha allargato i suoi raggi, e il verde appariva
    ovunque esso giungeva. Si è avvicinato a me ed io mi sono vista come coperta di
    verde sotto l'influsso dei suoi raggi».
    IV
    «Un giovane mi mostrò l'uomo giusto e l'uomo ingrato. L'anima dell'uomo giusto è
    bellissima, ma il suo corpo sempre soffre. Lavora e vive nella pena e nell'angoscia; ha
    da sopportare ogni specie di mali e di persecuzioni; e, in mezzo a tutto ciò, non pensa
    a sé, ma pensa a Dio che vive in lui. Tutto quello che fa, lo fa per Dio e non per sé; si
    dimentica interamente. Dimentica il suo corpo, la sua salute, il suo benessere, per non
    pensare che a Dio. Giunge alla fine della sua vita, muore ed è portato in Dio; ma
    quando egli è in Dio, non sembra più un uomo, ma un Dio. Ed allora la sua carne, che
    ha maltrattato, gli rende omaggio e lo ringrazia di averla trattata in quel modo. I suoi

    100
    capelli, le sue ossa, i suoi occhi, le sue
    orecchie, i suoi piedi, le sue mani sono
    fieri di appartenergli, di essere stati a suo servizio, e vengono a rendergli omaggio e lo
    ringraziano di averli trattati così come ha fatto. Tuttavia tutte queste lodi, sebbene
    rivolte all'uomo, ritornano a Dio. La terra si compiace di averlo portato, di essere stata
    calpestata da lui quando camminava; gli animali si reputano felici di essere stati
    immolati per lui e di essere diventati sua carne. Gli alberi si rallegrano di aver portato
    dei frutti da assimilare alla sua carne; le case, di averlo alloggiato; il sole, la luna e le
    stelle, di averlo illuminato. Le nuvole, la pioggia, le sorgenti, il mare, i pesci rendono
    omaggio a quest'uomo ed essi sono felici di averlo servito.
    L'uomo ingrato, durante la sua vita, pensa a ben trattare il suo corpo, accordandogli
    tutto ciò che è buono, dolce, delicato. E, in mezzo a tutto ciò, quest'uomo non pensa a
    Dio, non pensa che a se stesso, alle soddisfazioni, alle grandezze, alle ricchezze, ai
    godimenti. Se egli potesse essere re del cielo e della terra, se potesse detronizzare Dio
    per farsi Dio lui stesso, lo farebbe. Non pensa che riceve tutto da Dio, che è Dio che
    gli ha dato tutto. E quest'uomo che sembra voler assorbire il mondo intero, vede
    arrivare la sua fine. E muore. Mi è parso che i suoi capelli lo detestassero e che i suoi
    occhi, le sue orecchie, i suoi piedi, le sue mani, le sue unghie, tutto il suo corpo lo
    detestasse, e che fossero vergognosi e furiosi di averlo servito, di essergli appartenuti;
    se avessero potuto maledire il tempo in cui sono stati con lui, lo avrebbero fatto. La
    terra e vergognosa e furiosa di essere stata da lui calpestata, e lo maledice. Gli alberi
    sono furiosi contro di lui e fremono di rabbia per aver portato dei frutti da convertirsi
    in suo nutrimento. Le bestie, il sole, la luna, le stelle, le fontane, il mare, i pesci sono
    furiosi per essere stati a suo servizio e d'accordo lo maledicono. E tutte queste
    maledizioni seguono quelle di Dio, perché Dio maledice l'ingrato, ed è perché Dio lo
    maledice che tutta la creazione lo maledice a sua volta. È per la stessa ragione che la
    benedizione di Dio sul giusto gli attira le benedizioni di tutte le creature. E il giovane
    mi ha detto: Hai visto, hai sentito, mettiti dalla parte del giusto. Ed è sparito».
    V
    «Il giovane mi ha condotto vicino al mare. Sono scesa con lui fino in fondo agli abissi
    del mare e mi ha detto: Guarda ed esamina tutto. Ho guardato tutti gli animali che
    sono nel mare ed ho esaminato le scogliere e tutto ciò che si trova nel mare. Sono
    ritornata sulla terra, ed ho scavato fino al suo centro, ed ho trovato Dio in tutto,
    dappertutto. Ho visto che Dio contiene la terra ed ho sentito una voce che diceva: Tutti
    questi animali che sono nel mare, vivono ed agiscono nel mare e sono circondati dal
    mare; come pure, tutto ciò che vive e agisce sulla terra, vive ed agisce in Dio ed è
    circondato da Dio.
    Il giovane mi ha portato davanti al trono di Dio. Ho visto Dio, non così come è, perché
    sarei morta, ma ho visto Dio e tutta la creazione in Dio. Dio sembra piccolo, e nello
    stesso tempo, riempie tutto, contiene tutto. Mi è sembrato che Dio gettasse uno
    sguardo sul mare e sugli animali del mare e che desse loro sufficiente forza istintiva
    per regolarsi, anche alle acque del mare, che sanno fin dove debbono andare. In
    seguito, Dio ha guardato la sabbia e la melma che sono in fondo al mare ed ha dato
    loro con questo sguardo abbastanza potere per nutrire i pesci e tutto ciò che c'è nel
    mare. Ha posto gli scogli nel mare perché restassero immobili e ha ordinato tutte le
    cose, ad ogni cosa, egli ha assegnato il suo posto e dato la virtù che conviene. Ho visto
    che non c'era niente nel mare. E dopo, Dio ha guardato la terra, e le ha dato il suo

    101
    ordine, e con quest'ordine, le ha dato la
    fertilità. Ed ha guardato gli animali che
    sono sulla terra, e con questo sguardo ha dato loro sufficiente forza istintiva per
    regolarsi, ed ha loro comandato di moltiplicarsi. Ed ha guardato l'uomo, e gli ha dato
    la volontà, cosa che non aveva fatto per il resto della creazione.
    Ed io ho visto due uomini: uno ha dato la sua volontà a Dio, l'altro l'ha tenuta per se
    stesso. Quest'ultimo lavora, si agita, possiede, gode, riceve la lode e l'adulazione. E il
    lavoro, l'agitazione e la ricchezza e i piaceri, e le lodi e le adulazioni e la gloria non
    riescono a soddisfarlo. Ha sempre nuovi desideri, e non è mai contento, mai a suo
    agio. Dio gli accorda tutto ciò che desidera, e non è mai felice. Ma Dio ha contato i
    suoi giorni, ed arriva la fine della vita, e lascia la terra senza aver cercato Dio, senza
    essere pago. Ed alla sua morte, due fanciulli lo prendono e lo gettano nella terra
    maledetta. E la terra maledetta vede i suoi dolori aumentare ricevendo questi resti
    maledetti. E se questa terra potesse rifiutare di ricevere questi resti, lo farebbe.
    Ma colui che ha dato la sua volontà a Dio, vive anche come il primo, sulla terra.
    Grandi sofferenze lo colpiscono; altre volte le gioie si presentano, le ricchezze lo
    circondano; e poi la povertà lo persegue. Egli guarda con lo stesso occhio sia il bene,
    sia il male. È sempre contento, sempre felice. È senza desiderio. La fame, la sete, le
    lodi, le umiliazioni lo trovano sempre uguale. È sempre contento, sempre felice,
    sempre appagato. La fine arriva anche per lui: muore, e due fanciulli lo portano nella
    terra delle misericordie. Mi sembra che questa terra porti Dio, e mi sembra che
    quest'uomo divenga Dio. E il giovane mi ha detto: Perché mormori contro i misteri di
    Dio? Prendi un vaso di acqua e getta quest'acqua nel mare; e poi, prova a ritrovare
    l'acqua che tu hai gettato; non vi riuscirai. Così quest'uomo è entrato come perduto in
    Dio. E siccome ha dato la sua volontà a Dio, Dio e l'uomo non fanno che uno. E come
    cercando l'acqua del vaso gettata nel mare, non si trova che l'acqua del mare, così
    pure, per l'uomo entrato in Dio, guardando e cercando l'uomo, non si vede e non si
    trova altro che Dio. Allora, io mi sono rivolta verso Dio, e gli ho fatto ogni specie di
    carezze; e l'ho pregato e l'ho scongiurato nel suo proprio nome, in nome di Gesù, in
    nome dello Spirito Santo, in nome della santa Vergine, di tutti gli angeli e di tutti i
    santi, di accettare, di prendere la mia volontà di non più restituirmela, anche se avessi
    la disgrazia di ridomandargliela».
    VI
    «Ho visto un canale che sembrava non avere né inizio né fine. Ho detto: Bisogna che
    sappia da dove viene questo canale. Il giovane mi ha detto: Tu potrai vedere da dove
    esso viene, ma tu non vedrai da dove esso comincia. Ed io ho detto: È lo stesso; vorrei
    proprio camminare lungo questo canale. E mi è parso che accostandosi a questo
    canale, quelli che hanno sete sono rinfrescati, dissetati; i ciechi vedono, i muti parlano;
    i sordi sentono, gli zoppi camminano, i morti risuscitano. E l'acqua di questo canale
    scorre in silenzio: e, sulle sue sponde, vi sono ogni specie di rose, di fiori di un
    profumo e di un colore che io non ho mai incontrato uguali sulla terra; vi si vedono
    anche del verde e degli alberi. Alcuni alberi non hanno che foglie, altri non hanno che
    fiori, ve ne sono che cominciano a portare dei frutti, ve ne sono altri i cui frutti sono
    maturi. Quanto beve a questo canale e tutto ciò che questo canale bagna, è bello,
    magnifico. E man mano che avanzavo lungo il canale, vedevo cose più belle. E salivo
    sempre, e sempre vedevo cose nuove, fiori nuovi, alberi nuovi.

    102
    Da lontano ho intravisto una montagna,
    la più bella di tutto l'universo. Mi è
    sembrato che essa uscisse dal cielo; la base di questa montagna, come pure i suoi
    fianchi, erano disseminati dei più bei fiori. Ho visto anche che il canale usciva dalle
    viscere di questa montagna. E io volli conoscere la sorgente di questo canale che
    usciva dalla montagna, e sono passata sul fianco della montagna e sono arrivata alla
    cima. E dietro la montagna, vedo un mare senza principio e senza fine. E questo mare
    è talmente pieno che tenta di straripare, e non ha altra uscita che la montagna, e passa
    attraverso la montagna. Sono entrata nel mare ed ho trovato agitazione nell'acqua che
    cercava di uscire; nello stesso tempo, c'era nel mare una calma perfetta, un silenzio
    profondo; non si sentiva il più piccolo rumore. Ho visto sulla riva del mare, alberi da
    frutto di ogni specie; sembrava che fossero in mezzo al mare, ed erano sulla costa
    sistemati come a ripiani. I più alti sembrava che fossero in mezzo al mare ed avevano
    frutti magnifici. Sulla riva del mare, c'erano anche pianticelle fiorite. E questi fiori
    erano di tutti i colori; ed erano così belli che la loro vista avrebbe rapito un angelo. Ed
    ho sentito una musica, un canto dolce, forte e basso nello stesso tempo; c'erano degli
    scoppi da fare fremere le montagne, e nello stesso tempo, questo rumore di voci era
    dolce e basso. Ed ho visto un agnello correre nel mare, e nuotare in questo mare, e
    nuotando, cercare di allargare il passaggio attraverso il quale l'acqua scorre, perché
    esso trova che l'acqua è troppo abbondante nel mare.
    Contemplavo questo mare, questi fiori, questi alberi e queste pianticelle fiorite, ed ho
    chiesto al giovane che mi accompagnava il significato di tutto ciò. Mi ha detto: Il mare
    è Dio. Gli alberi che hanno dei frutti così belli, rappresentano le anime che hanno
    lavorato tutta la loro vita per Dio, per la salvezza del prossimo. I frutti di cui sono
    carichi, rappresentano le anime conquistate a Dio con la loro parola, con il loro
    esempio, con le loro sofferenze. Gli alberi che sono più avanzati nel mare, nel cuore di
    Dio, rappresentano le anime più umili, più disprezzate, più nascoste che hanno sempre
    lavorato per la gloria di Dio. Ho visto un albero il quale non aveva che frutti e non un
    fiore; ed ho chiesto ciò che esso rappresentasse. Il giovane mi ha risposto: Esso
    rappresenta le anime che hanno molto peccato e che, una volta ritornate a Dio, hanno
    passato la loro vita nella speranza, nell'amore, nella pratica di tutte le virtù, e che
    hanno guadagnato a Dio molte anime. Esse non hanno conservato il fiore
    dell'innocenza, ma hanno i frutti delle loro buone opere e delle loro virtù. Ho visto
    alberi che avevano molti fiori, con qualche raro frutto, ed altri i quali avevano solo
    fiori senza alcun frutto. Il giovane mi disse che i primi raffiguravano le anime vergini
    che avevano poco lavorato per Dio; ed i secondi, le anime dei bambini morti con il
    fiore della grazia battesimale, senza avere avuto il tempo di portare dei frutti. Le
    piantine fiorite sulle rive del mare rappresentano anche questi stessi bambini.
    La montagna è Maria; le acque del canale sono le acque della grazia. Dio dà la grazia
    per mezzo di Maria e per lei l'uomo ritorna alla grazia ed entra in cielo. E tutto ciò che
    si accosta a Maria ottiene la vita della grazia. Il verde, i fiori e gli alberi che orlano il
    canale e che sono tanto più belli quanto più si avvicinano al canale ed alla montagna,
    sono le anime che nascono alla vita della grazia, che progrediscono e diventano più
    belle, man mano che divengono più virtuose».
    VII
    «Ho visto una scalinata, l'ho salita, e in cima alla scala, ho visto una grotta nella quale
    erano tre ceri accesi. Ho visto nella grotta una porta aperta. Sono entrata in questa

    103
    porta. Entrando, ho visto un sacerdote
    che celebrava la messa. E mi è venuto il
    pensiero che non avessi bene esaminato i ceri della grotta. Vi sono ritornata e mi è
    parso di aver visto una lettera d'oro scritta su ognuno di essi. La lettera scritta sul
    primo cero rappresentava la povertà; la lettera scritta sul secondo cero rappresentava la
    castità, e la lettera scritta sul terzo cero simboleggiava l'obbedienza; i tre ceri erano
    anche la raffigurazione della sacra Famiglia. Il cero della povertà rappresentava san
    Giuseppe; quello della castità, Maria, e quello dell'obbedienza, Gesù. E mi è stato
    detto che il sacerdote che celebrava la messa rappresentava Gesù, per conseguenza
    l'obbedienza; e i due ceri accesi durante la messa rappresentavano Maria e Giuseppe,
    cioè la povertà e là castità che dovevano accompagnare il sacerdote all'altare.
    Ho visto le fiamme dei tre ceri della grotta bruciare tra il trono di Dio e me, la fiamma
    della povertà produceva davanti a Dio, in cielo, ricchezze infinite; la fiamma della
    castità produceva una purezza e delle gioie immense, infinite; la fiamma
    dell'obbedienza produceva una autorità infinita davanti alla quale tutto s'inchina, alla
    quale tutto obbedisce. Ho visto che, per restare davanti a Dio, bisogna stare dietro alle
    fiammelle della povertà, della castità e dell'obbedienza che si trovano fra Dio e noi. Ed
    ho visto che restando dietro a queste fiammelle, l'immagine di Gesù si imprimeva in
    noi; e Dio, che dopo la sua prevaricazione non può più guardare l'uomo che attraverso
    Gesù, come l'uomo non può, da parte sua, guardare Dio che attraverso lo stesso Gesù,
    Dio, dico io, ci guarda; perché egli non vede più noi stessi, ma l'immagine di Gesù in
    noi. Mi ha detto che la grotta è il simbolo della Chiesa, che sembra senza bellezza e
    piccola esteriormente, ma che nasconde nelle sue viscere dei tesori, delle bellezze e
    delle grandezze infinite. Mi è stato detto che la povertà è il suo tesoro; la castità, le sue
    delizie; e l'obbedienza, la sua potenza».
    CAPITOLO XIV
    Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla sua professione fino al suo ritorno al
    Carmelo di Pau (21 novembre 1871 - 5 novembre 1872)
    Il 22 luglio 1871, Madre Elia era venuta, in una apparizione, ad annunciare a suor
    Maria di Gesù Crocifisso che avrebbe fatto la sua professione il 21 novembre, giorno
    della Presentazione della Santissima Vergine al Tempio. Questa profezia, come tante
    altre, doveva avverarsi. Un po' di tempo dopo, effettivamente, le Madri votarono
    all'unanimità l'ammissione della novizia a pronunziare i santi voti. Da parte sua Mons.
    Maria Ephrem, comprendendo la responsabilità che gli incombeva nei riguardi del
    Carmelo affidato alla sua pia sollecitudine e nei confronti di questa anima privilegiata,
    decise di fare una inchiesta personale sul cammino spirituale della futura professa.
    Giudicò a buon diritto, che la maniera migliore di condurre tale inchiesta, era di
    interrogare frequentemente la suora, di ascoltare il resoconto dei favori straordinari di
    cui era oggetto, di cogliere sul vivo i suoi abituali sentimenti, con i quali le anime si
    rivelano fino in fondo. Durante i mesi di ottobre e di novembre, si fece un dovere, di
    recarsi il più spesso possibile presso la novizia. Durante il ritiro per la sua professione,
    volle perfino vederla ogni giorno; ebbe con lei lunghi colloqui, ascoltandola ed
    interrogandola. Così facendo sentì molte delle rivelazioni riferite nel capitolo
    precedente. In contatto con quest'anima che l'amore divino rapiva ad ogni istante nel
    mondo soprannaturale e che, in mezzo a questa sovrabbondanza di grazie eccezionali,
    si manteneva fresca e spontanea, umile e piccola, obbediente e diffidente di se stessa,

    104
    Monsignore vide a poco a poco dissipare
    le sue inquietudini. Tutte le obiezioni
    sulle quali, nella sua prudenza episcopale, aveva creduto doversi fermare, svanivano
    ora, sotto il flusso soprannaturale che emanava da quest'anima. Ben presto fu
    completamente rassicurato. Il 18 novembre, tre giorni prima della professione, non
    temette di dire alla novizia: Credevo che fosse il demonio a non volere che tu ti aprissi
    alla Madre Priora ed alla tua Maestra, ma oggi vedo ben chiaro che è il buon Dio.
    L'indomani, in presenza di queste due Madri, faceva questa altra dichiarazione, della
    quale si apprezzerà tutta la portata: Prima, avevo qualche dubbio, ma vi assicuro che
    oggi, non ne ho più alcuno. Tutto ciò che era stato detto, si è proprio realizzato; non
    c'è più alcun dubbio in nessuno. Domandate alla Madre Priora se ciò è vero. Tutto
    viene da Dio. Non soltanto la Priora e la Maestra delle novizie approvarono questa
    dichiarazione, ma l'appoggiarono con le parole più materne.
    Infine arrivò il giorno della professione, così impazientemente atteso da tutti. Era,
    l'abbiamo detto, il 21 novembre. La convinzione raggiungeva ora un tale grado di
    evidenza nello spirito di Mons. Maria Ephrem, che egli osò darne una pubblica
    testimonianza nel magnifico sermone pronunciato in quella circostanza. Non
    sapremmo fare di meglio che porre sotto gli occhi del lettore la parte centrale di questo
    discorso, o, saremmo quasi tentati di dire, di questo panegirico, o apologia. Mia
    carissima figlia, infine ecco venuto il giorno tanto desiderato delle tue nozze mistiche
    con il Diletto del tuo cuore. E per una felice coincidenza, il cielo ha voluto anche che
    fosse il giorno nel quale la purissima e santissima Vergine Maria, nostra Madre e
    nostro modello, venne, ancora bambina, a presentarsi al Tempio, e con una
    consacrazione simile alla tua, aprire alla verginità una strada nuova e inaugurare il
    regno di queste unioni mistiche dell'anima con Dio. Questo giorno deve dunque esserti
    doppiamente caro. Hai sospirato molto spesso e molto ardentemente quest'ora
    benedetta, nella quale stai per diventare per l'eternità la sposa del Re dei Re. Tu hai
    invocato Gesù con tutte le forze del tuo cuore. L'hai domandato di giorno e di notte;
    l'hai domandato al mare e alle montagne; l'hai domandato al sole e alle stelle, agli
    uomini e agli angeli, a tutte le creature di Dio; ma nessuno te l'ha dato. Esse ti hanno
    detto probabilmente, come al grande sant'Agostino: Quaere super nos, cerca più in alto
    di noi. E Lui, messo sulle alture della santa montagna, ti chiama là con la sua voce più
    tenera e ti dice, come alla Sposa dei Cantici: "Vieni dal Libano, mia sposa, vieni dal
    Libano e sarai incoronata". E tu, mia carissima figlia, tu hai sentito la voce del
    Beneamato fin dalla tua più tenera infanzia, e sei venuta dalle montagne del Libano.
    Oh! quanto questo divin Salvatore ti ha colmato delle sue misericordie! quanto ti ha
    custodita e circondata con le tenere carezze del suo amore!
    Rivivi nel tuo spirito gli innumerevoli favori che hai ricevuto da lui, dalla tua nascita
    fino a questo giorno, benedetto per sempre, delle tue nozze eterne. Che cosa non ha
    fatto per te questo amatissimo Gesù? Ti ha fatto sentire i dolci e casti influssi della sua
    grazia in una età in cui non potevi ancora conoscerne il prezzo. Ti preparava da lungo
    tempo, con mille circostanze straordinarie, al grande gesto che stai per compiere. Ti ha
    fatto attingere a lungo e ampiamente nel tesoro infinito delle sue misericordie. Ha egli
    stesso indicato, predestinato, preparato, mandato al momento opportuno quelli che
    dovevano essere accanto a te i ministri e gli strumenti di questi progetti. Ha fatto
    entrare, quattro anni fa, te, povera straniera, orfana e abbandonata dagli uomini, in una
    famiglia di anime sante e piena per te di devozione e di amore, in una famiglia in cui

    105
    non hai incontrato che delle madri
    affettuose e tenere e delle sorelle la cui
    carità non si è smentita un solo istante.
    In mezzo a tutti questi soccorsi esterni, che la sollecitudine di Gesù disponeva per la
    tua anima, ha anche permesso, per provare la tua fedeltà, che avessi da sostenere dei
    grandi assalti da parte del nemico del genere umano. Quali sono state queste lotte
    terribili? Dio lo sa, mia carissima figlia, e ciò ti basti. Ma ciò che devi riconoscere è
    che Gesù, il tuo Diletto, non ti ha abbandonata in questi momenti dolorosi, e che la
    Sua Grazia ti ha sempre sostenuta.
    Poi, un anno fa, Egli ti ha detto, come una volta ad Abramo: Egredere de terra tua et
    de cognatione tua, esci dal tuo paese, esci dalla casa di tuo padre, e vieni nella terra
    che ti mostrerò. Ed hai lasciato la Francia, tua seconda patria; sei uscita dal convento
    di Pau, dov'è la tua famiglia di adozione, e sei venuta in questa terra, l'India, dove il
    demonio regna da padrone, per obbedire alla voce del Beneamato. E come se questo
    sacrificio non fosse stato sufficiente, ti ha preso lungo la via due tue care consorelle, e
    poi, a due passi da qui, quella che era stata per te la più tenera, la più paziente, la più
    devota delle madri, quella il cui nome e la cui memoria saranno sempre benedetti fra
    noi. Fortunatamente, però la nostra amatissima Madre Elia non ci ha del tutto
    abbandonati; ha lasciato il suo spirito, la sua dolcezza e la sua carità a quella che, in
    questo momento, ha preso il suo posto, presso di voi. Ecco, figlia mia carissima, in
    una maniera molto incompleta, ciò che il Signore Gesù si è degnato di fare per te; ed
    ora, raggiunge il culmine delle sue misericordie, dandoti per sempre il titolo ed i diritti
    di sposa del suo divin cuore. Figlia mia, tu miserabile creatura, tu, povero piccolo
    nulla, tu, abisso di infermità, di peccati e di miseria, tu stai per essere elevata tutt'a un
    tratto, in forza dei tre voti, alla più sublime dignità alla . quale possa aspirare un'anima
    cristiana, alla dignità di sposa del Re del Cielo! O Gesù, sii benedetto perché ci tratti
    con tanto onore e perché ci accordi una tale gloria! E tu, cara figlia mia, rallegrati, ma
    trema nello stesso tempo; perché, sappialo bene, tu non diventi soltanto la sposa di
    Gesù, ma la sposa di Gesù Crocifisso, come dice il tuo stesso nome. Devi quindi
    essere, più che mai, morta a tutte le cose della terra, per vivere sulla croce accanto al
    Diletto del tuo cuore. Le tre parole solenni che stai per pronunciare, i tre voti che stai
    per fare, esprimeranno, nella loro sublime e terribile laconicità, questa crocifissione
    completa di te stessa...
    ... Ah! mia carissima fanciulla, coraggio, non indietreggiare davanti a questo parlare di
    crocifissione. Ricordati che sei la figlia di quella che diceva a Gesù: "O soffrire o
    morire", e la sorella di quell'altra generosa sposa che diceva: "Soffrire e non morire!".
    Avevano compreso, queste anime eroiche, che la sofferenza è il cammino regale della
    felicità; esse sapevano che è per questo che Gesù è entrato nella sua gloria: oportuit
    pati Christum... E il grande apostolo, che ci ha spiegato così bene i misteri della follia
    e della saggezza della croce, ci ha anche detto: Videmus Jesum, propter passionem
    mortis, gloria et honore coronatum, vediamo Gesù coronato di gloria e di onore a
    causa della sua passione e della sua morte. Cammina dunque, anche tu, figlia mia, in
    questa stessa via, per arrivare alla stessa gloria.
    D'altra parte, Gesù non ti lascerà sola sulla croce: senza di Lui sarebbe troppo doloro-
    sa. Egli sarà con te; e quando Egli stesso ne avrà provato ciò che c'è di più amaro, ti
    dirà: «Ora vieni, mia diletta, vieni a condividere le mie sofferenze; stenditi vicino a me
    su questo giaciglio insanguinato, muori con me su questo strumento di supplizio che è

    106
    anche il trono della mia regalità; qui ti
    farò regina, e da qui ti porterò via con me
    nella gloria e nella felicità del cielo. Legati quindi alla croce, figlia mia cara; accetta
    generosamente le sofferenze; metti il tuo Diletto sul tuo seno come un mazzo di mirra;
    cioè che il pensiero delle sofferenze e delle amarezze della Passione di Gesù sia
    sempre nel tuo cuore...».
    Durante la lettura di questo discorso, l'emozione del vescovo era così profonda, che
    egli era incapace di trattenerla. Dietro le grate l'emozione era molto più viva, e si
    tradiva questa volta con veri torrenti di lacrime. La novizia, che dall'inizio della
    cerimonia, era rapita in estasi, aveva tuttavia testimoniato col suo atteggiamento che
    seguiva il sermone. Al momento della professione, bastò una parola della Priora per
    richiamarla in se stessa. Ma, appena finita la formula dei santi voti, ella era di nuovo
    trasportata nella contemplazione dei divini misteri, in compagnia di santa Teresa, di
    san Giovanni della Croce, di santa Maria Maddalena de' Pazzi, di Madre Elia. Nel
    momento in cui Monsignore apriva il tabernacolo, esclamò con un indicibile trasporto:
    «Ecco l'Amore, ecco l'Amore!» facendo passare, con queste parole, come un brivido
    divino nell'anima di tutti quelli che la sentirono. Ah! In quel momento nessuno
    certamente si soffermava sugli antichi dubbi; nessuno pensava nemmeno a nascondere
    la propria emozione o le proprie lacrime di gioia.
    Finita la cerimonia, Monsignore, accompagnato da alcuni sacerdoti, entrò nella
    clausura. Quando, a sua volta, vi entrò Padre Lazzaro, la suora, sempre in estasi, gli
    domandò: «Che cosa ne hai fatto dell'Amore?» L'ho lasciato in cappella, rispose il
    confessore, e spero bene che ve ne sia un poco anche nel mio cuore. «Ah! Tu lo hai
    messo nel tuo cuore! Meno male! È li che bisogna metterlo». E, un poco più tardi, sic-
    come le si chiedeva ciò che bisogna fare per possedere l'Amore, si chinò,
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:33
    107
    Ma era chiaro che non erano affatto
    quelli i discorsi che avevano sperato,
    tanto che una delle suore non poté impedirsi di farne indirettamente il rilievo:
    L'angioletto, disse, non è così gentile come a Fau. L'angioletto non viene tanto spesso
    e non resta così a lungo come l'aveva promesso. «A che pro? Replicò l'estatica. Avete
    fatto ciò che io vi ho detto? Cominciate col fare ciò che vi ho detto, ed allora verrò più
    spesso. Ma, l'avete fatto? Siete state fedeli a quanto vi avevo prescritto?».
    Malgrado tutto, rivolse loro ancora qualche raccomandazione sull'unione dei cuori e
    sulla carità. Aveva poi ripreso, dopo alcuni istanti il "Cantico dell'Amore", quando il
    suono della campana, che indicava la fine della ricreazione, venne a mettere termine a
    questi trasporti.
    Quale era dunque l'ultima impressione lasciata da questa giornata nel cuore delle
    religiose? Sarebbe penoso constatare che il ricordo delle grazie ricevute il mattino
    spariva in questo momento, in alcune fra loro, sotto una di quelle emozioni che non si
    osa confessare né definire a se stesse, perché sono, in definitiva fatte di speranze
    deluse e di amor proprio frustrato. È necessario aggiungere che tali sentimenti, se non
    sono efficacemente combattuti, operano sempre, quasi a nostra insaputa, una
    rivoluzione nelle nostre disposizioni più segrete, finché si traducono ben presto nei
    nostri pubblici giudizi? Diciamolo qui una volta per tutte, non vogliamo giudicare
    nessuno, non sospettiamo le intenzioni di nessuno, lasciando a Dio solo la cura di
    sondare le viscere e i cuori, la cura anche di discernere le più impercettibili cause degli
    effetti più lontani. Tuttavia, dovevamo per amore di verità constatare che, fin dalla fine
    di questa giornata, le lacrime di consolazione si erano subito asciugate, e che alla gioia
    si erano mescolati altri sentimenti.
    Per ben comprendere il seguito di questa storia, è necessario ricordare qui alcuni fatti
    precedenti alla professione. Quando era a Pau si è già visto con quale completa fiducia
    suor Maria di Gesù Crocifisso si apriva, con tutte le sue disposizioni interiori, alla sua
    eccellente Maestra, Madre Elia. Questa aveva un'anima troppo elevata e un senso
    troppo scrupoloso della sua carica, per usurpare il compito del confessore. Tuttavia,
    Dio, facilitava alla novizia questa apertura di cuore, perché ebbe sempre accanto a lei
    una guida sperimentata e sicura, che poté aiutarla nei suoi stati d'animo così cangianti
    e qualche volta così difficili.
    A Mangalore, i disegni della Provvidenza non furono più gli stessi. Dio non volle più
    per la suora che una direzione, quella del suo confessore. Tuttavia, il vescovo, era
    autorizzato a domandare tutto ciò che avesse giudicato utile o necessario per formarsi
    un concetto nei riguardi della novizia. Ma la Madre Priora e la Maestra non dovevano
    più conoscere altro che le cose riguardanti la Regola e la vita esteriore, senza penetrare
    nel santuario intimo della sua anima. Questo è pienamente conforme alle Costituzioni
    delle Figlie di santa Teresa, nelle quali, al capitolo XIV, art. 4 leggiamo: "Viene detto
    che le novizie renderanno conto alla loro Maestra e le altre religiose alla Priora
    dell'orazione mentale e del profitto che in essa fanno, questo deve farsi in modo che
    ciò proceda dalla volontà di quelle che devono farlo, conoscendo il grande profitto che
    esse ne riceveranno piuttosto che esservi costrette: perciò noi proibiamo alle priore e
    alle maestre delle novizie di obbligare molto le religiose su questo punto".
    Manifestando la sua volontà a suor Maria di Gesù Crocifisso, Dio seguiva dunque
    nello spirito e nella lettera le Costituzioni approvate dalla santa Chiesa.

    108
    La novizia ricevette per la prima volta
    comunicazione di questa volontà divina il
    22 luglio 1871. Poi non passò forse neppure una settimana che lo stesso avvertimento
    le fu ripetuto: Dì tutto al tuo confessore e a Monsignore, se questo è necessario. Non
    dire niente a nessun altro. Man mano che quest'ordine diveniva più formale, la novizia
    vedeva aumentare la sua ripugnanza per tutte queste aperture; sentiva a volte perfino
    l'impossibilità tisica di tradurre ciò che avveniva in lei.
    D'altra parte aveva avuto cura di sottoporre al suo confessore queste comunicazioni
    soprannaturali, come pure le disposizioni che le accompagnavano. Padre Lazzaro
    aveva approvato tutto. Conformandosi a questa decisione, ormai suor Maria agiva
    dunque con tranquillità di coscienza. Lo stesso Monsignore, informato di tutto, aveva
    dato la medesima risposta, dopo averla maturata e valutata davanti a Dio: Se Nostro
    Signore non lo vuole, aveva detto il 7 novembre alla novizia, ti proibisco di dire
    alcunché. E di nuovo, il 18 novembre, come si è visto prima: Credevo che fòsse il
    demonio a non volere che tu ti aprissi alla Madre Priora e alla Maestra; ma oggi, vedo
    bene che è il buon Dio. Si poteva desiderare una dichiarazione più esplicita?
    Ecco a che punto erano le cose al momento della professione, il 21 novembre. Le
    Costituzioni autorizzavano suor Maria di Gesù Crocifisso a non svelare alle sue
    Superiore i segreti della sua anima. D'altra parte, Nostro Signore le proibiva di rivelarli
    loro. Infine, per ben assicurarsi che non fosse vittima di una illusione, sempre
    possibile in questa delicata materia, aveva sottomesso la proibizione di Nostro Signore
    al suo confessore e al suo vescovo, i quali entrambi l'avevano approvata. Chiarito
    questo punto, continuiamo il nostro racconto.
    Il 22 novembre, l'indomani della professione, suor Maria di Gesù Crocifisso, sempre
    in estasi, si intratteneva di nuovo con la comunità riunita nella sala della ricreazione.
    Le suore, come la vigilia, si lamentavano con "l'angelo" della rarità delle sue visite:
    Avete fatto quello che vi ho detto a Pau? replicava ancora "l'angelo". Se voi l'aveste
    fatto, io verrei più spesso. Nel corso della conversazione, una delle Madri supplicò la
    suora di volere ormai essere molto docile e rendere conto della sua vita interiore. La
    risposta, lo si pensa bene, fu quella dei giorni precedenti: «Nostro Signore, ripeté la
    suora, mi comanda di non farlo che col mio confessore; mi comandi di dirlo per
    obbedienza e lo farò. Sarò sicura allora che quest'ordine viene da Dio. Senza questo, io
    sono obbligata ad ascoltare e seguire ciò che mi dice Nostro Signore».
    Le Madri addussero le Costituzioni in senso contrario; e siccome la discussione
    minacciava di prolungarsi la Priora concluse: Tutto ciò viene dal diavolo. Domanderò
    a Monsignore ciò che devo fare. «Ve lo dirò senz'altro per obbedienza, concluse da
    parte sua l'estatica, ma vi prevengo che ogni parola porterà il turbamento nella
    comunità».
    Nel corso dello stesso giorno, la giovane professa, le cui stimmate stavano per
    riaprirsi, dovette mettersi a letto. Le superiore si prodigarono al suo capezzale con la
    più grande carità, assicurandola che esse avrebbero visto in lei la persona stessa di
    Nostro Signore e che l'avrebbero curata come faceva una volta Madre Elia. Alla vista
    di queste buone disposizioni suor Maria di Gesù Crocifisso si sentì interiormente
    spinta a ricordare il veto di Nostro Signore riguardante la direzione della sua anima.
    Ma piuttosto, ella non aveva ancora finito queste parole, che la Madre Priora
    vivacemente replicò: Oh! È opera del demonio; tutto ciò viene dal demonio. Ci
    sembra, oggi, molto evidente, che la giovane religiosa restava strettamente

    109
    nel suo diritto. Tuttavia Dio permise, nel
    compimento dei suoi disegni futuri, che i
    suoi superiori ne giudicassero diversamente. Alcuni anni più tardi, una di esse, alla
    quale le sue alte virtù acquistarono la venerazione di tutta la comunità, rimpiangerà
    amaramente questa decisione; ella non cesserà di rimproverarsi la sua insistenza
    presso la povera novizia, quando non avrebbe dovuto che inchinarsi davanti alla
    volontà divina, tanto supremamente superiore a tutti i nostri umani giudizi. Questa è
    tuttavia la condotta di Dio, che prova i santi con i santi; permette allora che gli spiriti
    più chiaroveggenti siano improvvisamente avvolti da tenebre, e che le volontà meglio
    intenzionate si impegnino in un falso cammino, che si ostinano ormai a prendere per
    quello buono.
    La decisione delle superiore era ora irrevocabile. La manifestazione delle stimmate, il
    23, il 24 e il 25 novembre, non vi poté cambiare niente. Il 26 Padre Graziano, venuto
    da Jeppoo su espresso ordine di Monsignore, dichiara a sua volta a suor Maria di Gesù
    Crocifisso che è un'illusa. Al suo rientro a Mangalore, il 1 ° dicembre, il vescovo, da
    parte sua, è assalito dai suoi antichi dubbi; egli si persuade di nuovo che la risoluzione
    di non aprirsi né alla Priora, né alla Maestra delle novizie, proceda da un animo
    cattivo, e finisce per esplicitare ciò alla suora, il 5 dicembre: Tutte le sante, le disse,
    hanno dato l'ésempio di dire tutto alla Priora e alla Maestra. Se fosse stato lo spirito di
    Dio, avrebbe loro parlato. Non l'ha fatto. Ed è questo che mi fa ancor più dubitare che
    sia lo spirito del demonio.
    Si vede quanto queste dichiarazioni differiscano da quelle del 18 e 19 novembre.
    Quindici giorni sono bastati per rovesciare convinzioni che sembravano dover essere
    incrollabili; e, cosa sorprendente, la stessa disposizione che prima era stata approvata
    come proveniente da Dio, serve ora a condannare la via dell'estatica. Come spiegarsi
    un simile cambiamento in un uomo giustamente stimato per la sua moderazione e per
    la sua pietà? Noi pensiamo che non si può spiegare senza uno speciale permesso della
    Provvidenza, che voleva disporre alla sua serva la prova più crudele: quella di vedersi
    misconosciuta e riprovata dai suoi amici e dai suoi.
    Ma siamo già sul cammino del Calvario. Quasi per collaborare al completo
    spogliamento della sua anima, la generosa vittima domanda a Nostro Signore di essere
    liberata dalle stimmate e dalle estasi. Questa grazia le è accordata il 30 novembre. Ma
    Dio voleva ancora che il suo ultimo appoggio, nelle Indie, le fosse tolto. Il 12
    dicembre, il Padre Lazzaro riceveva la sua obbedienza per un altro posto della
    missione; lasciava definitivamente Mangalore il 21 gennaio 1872. Suor Maria di Gesù
    Crocifisso accettò questo sacrificio con il più eroico spirito di fede. Dopo avere
    ascoltato gli ultimi consigli dal suo confessore, dopo averne ricevuto una volta di più
    la raccomandazione di non svelare la sua vita interiore che al suo vescovo, se costui lo
    domandasse, ella gli rispose semplicemente: «Ora, Padre mio, non si preoccupi di
    me... Dimostriamo a Nostro Signore che lo amiamo al di sopra di tutto».
    Mentre si consumava questo sacrificio, Dio preparava interiormente la sua serva a
    nuove prove che stavano per assalirla: Credi, le disse il 15 dicembre, di essere la sola a
    soffrire? Io soffro più di te; porto il peso di tutti i vostri peccati. Voglio che tu non stia
    un istante senza soffrire; e se non ci fosse nessuno che ti facesse soffrire, cambierei le
    pietre, la terra in uomini per farti soffrire. Voglio che tu soffra sempre. La notte di
    Natale 1871, la sua amica del cielo, Matilde de Nédonchel venne anche a confortarla:
    Fra alcuni giorni, le disse, ritornerò per dirti ciò che il Signore ti destina; fatti

    110
    coraggio. Pronunciando queste parole,
    lasciò cadere sulla giovane suora uno
    sguardo di profonda commiserazione. «Effettivamente, raccontava più tardi costei, a
    partire da quella notte, cominciai a passare di croce in croce, di prova in prova». Non
    si smetteva di ripeterle che era una illusa; il suo "angioletto" così ascoltato, così
    venerato un tempo, non era più che uno spirito delle tenebre; le sue estasi non
    venivano da Dio; le sue visioni non erano che il frutto della sua immaginazione
    orientale; le sue stimmate, ferite naturali fatte col coltello.
    La sua dolce resistenza di fronte a queste suggestioni fu qualificata durezza, al punto
    che, il 6 gennaio 1872, si ritenne di doverla esorcizzare. Suor Maria sopportò questa
    umiliazione in ginocchio, in un atteggiamento modesto e in una fervorosa preghiera.
    Essendo l'esorcismo, a giudizio degli esorcisti, rimasto senza effetto, si fece di nuovo
    ricorso alle esortazioni, alle suppliche, alle minacce dei castighi divini, se ella si
    ostinava nella sua cattiva strada. Le religiose erano tuttavia costrette a riconoscere che,
    nella vita quotidiana, la novizia si mostrava molto normale, molto generosa, molto
    devota.
    Le prime settimane del 1872 trascorsero per suor Maria di Gesù Crocifisso nella
    pratica di queste virtù e in queste torture morali. Tuttavia questo non era ancora, si può
    dire, che un assaggio e come fosse un noviziato delle prove. Dio che conosce la
    debolezza umana e i trattamenti che essa esige, perfino nella persona dei santi, sa
    meravigliosamente graduare la dose delle sofferenze. È solo dopo aver portato il calice
    alle loro labbra ed averne fatto loro assaporare lentamente l'amarezza, che infine
    ingiunge loro di berlo fino alla feccia.
    Nel mese di febbraio, Mons. Maria Ephrem informava ufficialmente il Carmelo di
    Mangalore che suor Maria di Gesù Crocifisso era nell'illusione; per conseguenza tutto
    ciò che la aveva fino a quel momento riguardato come soprannaturale, era il frutto
    della sua immaginazione orientale o opera del demonio.
    Il 22 aprile, faceva pervenire a Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, al Rev. Abate
    Manaudas, superiore del Seminario Maggiore di Bayonne, al Rev. Inchauspe, su-
    periore del Carmelo di Bayonne, ecc.... un lungo rapporto, nel quale era motivata la
    sua condanna delle vie soprannaturali di suor Maria di Gesù Crocifisso. Questi uomini
    eminenti, è vero, o non modificarono i loro primi sentimenti o si chiusero in un
    prudente riserbo. Ma attorno al Carmelo di Mangalore dove si esercitava la legittima
    influenza di Mons. Maria Ephrem la sua decisione fece cadere le ultime esitazioni. Si
    premeva più che mai la giovane suora per ottenere da lei una sconfessione del suo
    passato e la promessa di una apertura fiduciosa. Le si ripetè che la sua professione
    religiosa non era valida. Le fu proibito di entrare nel coro con le altre suore; si ritenne
    di doverla allontanare dalla sacra Mensa; si sperava perfino che una diminuzione di
    cibo avrebbe finito per ridurre quella che si riteneva un'ostinazione irriducibile della
    volontà ed eccessiva esaltazione dell'immaginazione. Per questo scopo fu sottomessa a
    un tipo di dieta, che non diede tuttavia alcun risultato.
    Dà parte sua il demonio, non tardò a rientrare direttamente in scena. Dopo la partenza
    di Padre Lazzaro, incalzata da continue vessazioni senza consigliere, senza direttore,
    senza appoggio, suor Maria di Gesù Crocifisso doveva essere una preda facile per il
    nemico mortale della "piccola araba" e del "piccolo nulla". Fin dal mese di febbraio le
    ossessioni diaboliche ricominciarono, con gli stessi sintomi, le stesse tentazioni, gli
    stessi impulsi irresistibili.

    111
    Il Lunedì di Pasqua, Matilde de
    Nédonchel le apparve e le disse: Sorella
    mia, parti; è volontà di Dio che tu parta;" ti annuncio che farai il prossimo Natale nella
    tua sede; ma non vi starai a lungo; il Signore ha dei disegni su di te... (D'ora in poi) il
    Signore ti abbandonerà sempre più a te stessa; ma quando sarai al tuo luogo d'origine,
    allora lo Spirito di Dio ti dirigerà di nuovo. In tale attesa, sarai abbandonata a te stessa,
    ma la pace resterà infondo alla tua anima... Fatti coraggio, ti ripeto di nuovo che, per
    Natale, sarai nella tua culla.
    Queste parole, discrete e velate: tu sarai abbandonata a te stessa, il Signore ti lascerà
    sempre più da sola, significano verosimilmente che suor Maria di Gesù Crocifisso era
    o sarebbe stata di nuovo ossessionata. Ci si ricorda, effettivamente, che durante i tre
    primi anni di ossessione era quella una delle espressioni di cui lei si serviva per
    indicare l'azione del demonio in lei. D'altra parte, era naturale che Matilde di
    Nédonchel si adattasse al suo linguaggio.
    Le Carmelitane di Mangalore, loro, non si ingannavano. Vedendo i suoi eccessi di
    collera violenta i suoi formali atti di disobbedienza, le sue moltiplicate tentazioni per
    fuggire, le sue minacce di causare scandalo ritirandosi presso i protestanti o i pagani
    dei dintorni, tutte quelle scene, infine che la prima ossessione aveva reso loro fin
    troppo familiari, non fecero fatica a riconoscere colui dal quale esse provenivano. Una
    di loro, la maestra delle novizie, scriveva: "Ci siamo allora accorte che lei era sotto
    l'influsso dello spirito tentatore .1132 Un po' più tardi," la stessa maestra delle novizie
    affermava che la condotta della suora durante questo periodo rassomigliava a quella
    che aveva preceduto la liberazione del 30 giugno 1871; e questa testimonianza era
    confermata da quella della stessa Priora.
    A sua volta Padre Lazzaro, istruito da questi atti, nel suo ritiro di Mahé, vi riconosceva
    chiaramente "l'orgoglio, l'impazienza, la collera, la disobbedienza, l'insubordinazione"
    che Satana aveva manifestato nel corso dell'ultima possessione e non esitava a
    dichiarare che la suora era di nuovo ossessa.
    Benché il Signore non le desse la chiara visione del suo stato, suor Maria di Gesù
    Crocifisso si rendeva conto che una forza estranea si fosse impadronita di lei e la
    costringesse a fare tale azioni reprensibili. Non appena finiva l'attacco dell'ossessione,
    allorché le si faceva presente lo scandalo della sua condotta, dichiarava, umiliandosi
    «di non poter resistere a un influsso maligno che le faceva fare questi errori, suo
    malgrado». 3° In una lettera del 26 luglio 1872, la sua maestra diceva ancora: "Lei
    spiegherebbe così tutte le collere e le disobbedienze; e infine tutto ciò che in lei è
    reprensibile non deriverebbe mai da una sua colpa; ma lei è spinta da una strana
    potenza; è sempre la stessa tattica".
    Ciò che finiva per sconcertare i suoi superiori è che, in mezzo a queste tempeste,
    provocate appositamente per gettare il turbamento nella sua anima, suor Maria di Gesù
    Crocifisso conservava una pace inalterabile, secondo la predizione di Matilde di
    Nédonchel. È permesso credere che Dio le riservasse questo insigne favore perché ella
    non perdesse ogni luce dentro così folte tenebre e perché il demonio non riuscisse a
    gettarla nella disperazione. Raccontava, alcuni mesi più tardi, che un suo superiore
    venne un giorno a rimproverarla. «E siccome sentivo questa pace, lei continuava, gli
    dissi che mi sembrava di capire che se fossi morta in quel momento, sarei andata
    diritta in cielo. Allora egli mi sgridò fortemente e mi disse che ero nell'illusione, che la

    112
    mia anima si perdeva, che ero ostinata,
    ecc... Ora, ancora aggiungeva, niente di
    tutto ciò riusciva a turbarmi».
    Inoltre, in mezzo a questi stati umilianti, suor Maria di Gesù Crocifisso, non cessava di
    godere grazie straordinarie: visite delle sue protettrici dal cielo, Madre Elia e Matilde
    di Nédonchel, profezie, conoscenza dei cuori, visioni di avvenimenti lontani, ecc...
    Pertanto, il dramma che si svolgeva fra queste diverse peripezie, toccava il suo
    culmine. Dio le preparava a suo modo, facendovi concorrere la malizia di Satana. Si sa
    già che il demonio cercava una cosa sola: fare mandare via la suora dal suo monastero,
    o, meglio ancora, provocare qualche scandalo da attribuire a lei, facendole violare la
    clausura, al fine di respingerla definitivamente nel mondo, fuori dalla sua vocazione e
    dalla sua via. È bene ricordare che a questo scopo esso aveva moltiplicato, da quattro
    anni, i tentativi di fuga.
    Fin dal mese di febbraio, questa ossessione ridivenne irresistibile. «Sentivo, racconterà
    più tardi la suora, sentivo sempre qualcosa spingermi ad andarmene: combattevo tanto
    quanto potevo per fare atti contrari e per restare: impossibile. (Ogni momento) dicevo
    che volevo andarmene ora a Gerusalemme, ora ad Alessandria, ora nel deserto o
    altrove, senza aver voglia di andare in un posto piuttosto che in un altro». "Alcuni
    giorni fa, diceva la maestra delle novizie in una lettera del 5 giugno 1872, lei (suor
    Maria di Gesù Crocifisso) scrisse a Monsignore, che era a Canomore; gli diceva che
    non poteva più restare al convento: che d'altra parte di uscire non se ne fa alcuno
    scrupolo". "A questo punto, aggiungeva la maestra, lei faceva allusione a ciò che le era
    stato detto, che la sua professione poteva proprio non essere valida", cosa che si finì
    per darglielo come certo.
    Si pensa proprio che le suggestioni diaboliche trovassero un appoggio in questa
    dichiarazione relativa all'invalidità dei voti. Il suo nemico ne prendeva occasione per
    persuaderla che non doveva restare nel monastero.
    Tuttavia questa convinzione non era che un accessorio. Di preferenza il demonio agiva
    direttamente sulla suora per mezzo di una ossessione irresistibile. E non stava tardando
    ad arrivare al suo scopo.
    Il sabato 3 agosto, mentre ella era più che mai animata da questi sentimenti, la spinta
    irresistibile ad andarsene era ancor più violenta, benché nel fondo della sua anima la
    suora continuasse a godere di una grande pace. Si era appena confessata. Non
    trovando più i suoi effetti personali dietro il paravento che le serviva da cella, si
    diresse verso la porta di uscita, la quale in quel momento, restava aperta a motivo degli
    operai. Una suora si trovava vicino alla porta per sorvegliare l'andirivieni. Ella le
    disse: «Sorella mia, vado a domandare alle Terziarie di alloggiarmi». Dio permise che
    questa suora non dicesse una parola né facesse un gesto per trattenerla. Sempre con la
    stessa calma, la giovane religiosa varcò la porta che, in questa casa provvisoria
    separava le carmelitane dalle Terziarie e arrivò da queste ultime, e dichiara la sua
    intenzione di sistemarsi l'indomani come domestica presso i protestanti o i pagani.
    Tuttavia a quelli che ben presto si presentarono per ricondurla, ella si abbandonò senza
    la minima resistenza e rientrò così in convento. Siccome le si rimproverava vivamente
    questo nuovo scandalo, lei si contenta di annoverarlo "nel numero delle tentazioni".
    Così dunque suor Maria di Gesù Crocifisso non esita un istante a declinare la re-
    sponsabilità di questo gesto. Rientrata al Carmelo di Pau, dirà qualche mese dopo alla
    Priora: «Sento un grande rincrescimento, una grande confusione, alla vista delle mie

    113
    iniquità passate; esse sono più numerose
    dei grani di sabbia del mare e delle gocce
    d'acqua dell'oceano; spero tuttavia nella misericordia del Signore, che è infinita. Ma
    quando penso che ho oltrepassato la clausura del Carmelo di Mangalore per fuggire,
    non posso averne rimorso; al contrario, ringrazio il Signore mille volte di ciò e non
    posso fare altro. Tuttavia, ciò mi sembrava una grande colpa e mi dispiace di aver dato
    questo scandalo e questa occasione di turbamento; ma ero spinta a farlo mio malgrado.
    Sento che, nelle stesse disposizioni in cui ero, lo rifarei. Chi può comprendere ciò? Si
    direbbe che sono folle o una cattiva religiosa se mi si sentisse. Tuttavia, davanti a Dio,
    non posso pensare diversamente... Qui, sì, se varcassi la clausura, riterrei di fare un
    peccato mortale molto grave, anche se fossi nelle stesse disposizioni, nello stesso stato
    e se mi si trattasse alla stessa maniera di Mangalore. Il buon Dio sa perché; ciò basta».
    Verso la fine della sua vita, il 26 gennaio 1877 scriveva ancora alla sua anziana
    maestra, divenuta Priora del Carmelo di Mangalore: «Sappiate che è Dio che ha
    permesso tutto questo. E quando mi dicevate che io non facevo che minacce per
    l'avvenire, credete, cara Madre, che io lo facevo mio malgrado, e che ne ho sofferto
    più che nessun altro. Ho molto pregato perché queste cose non accadessero. Un giorno
    Nostro Signore vi dirà quanto il mio cuore ha sofferto e quante cose ho detto mio
    malgrado.
    Quando mi avete detto un giorno: infelice creatura, avete rotto la clausura! Che cosa vi
    ho risposto? Madre mia, sento in fondo all'anima la gioia: ho portato a compimento la
    parola di Dio per arrivare ai suoi fini. E allora non comprendevo niente; solamente,
    mio malgrado, avevo questo sentimento...».
    Pensiamo che non vi sia niente da aggiungere a queste spiegazioni di un'anima della
    quale tutta questa storia dimostra la straordinaria franchezza, di un'anima che aveva
    una tale intelligenza della malizia del peccato, che avrebbe pianto amaramente le sue
    più piccole dimenticanze.
    Possiamo solamente tentare di apprezzare questi fatti con più rigore teologico. Poiché
    ella è fuggita sotto il colpo di una spinta strana e irresistibile, suor Maria di Gesù
    Crocifisso non era libera. Non essendo libera non era colpevole. Poggiando su queste
    dichiarazioni formali, non esitiamo a scagionare completamente la sua responsabilità e
    pensiamo che in quella occasione non commise neppure peccato veniale.
    Solo Satana è responsabile di ciò che egli operava in lei e lei malgrado. La suora era
    ossessionata e la violazione materiale della clausura deve essere riferita unicamente a
    questa ossessione diabolica. La suora ha sofferto violenza e non ha fatto che subire
    passivamente una azione che legava la sua libertà." Ma, perfino in questa ossessione,
    Dio le accordava una straordinaria tranquillità di coscienza, garanzia che questi
    avvenimenti si compivano in vista di disegni superiori.
    Da quanto precede, resta soltanto da riconoscere che li c'è il dito di Dio: resta soltanto
    da proclamare che le vie del Signore sono impenetrabili e che, con un comportamento
    estremamente efficace, Egli sa, fare concorrere a loro insaputa, tutte le creature al
    compimento dei suoi disegni. Se il Carmelo di Mangalore avesse perseverato nelle sue
    disposizioni iniziali nei riguardi di suor Maria di Gesù Crocifisso, non avrebbe mai
    acconsentito a privarsene. Dio voleva tuttavia che ella ritornasse a Pau e che, da Pau,
    passasse a Betlemme, dove aveva ancora da lavorare e da soffrire. Per raggiungere
    questo scopo, Egli permise, a poco a poco, gli avvenimenti che abbiamo appena
    raccontato; e infine, per condurre a soluzione questo dramma, che si svolgeva da più di

    114
    sei mesi, Egli permise questa infrazione
    alla regola della clausura, gravemente
    colpevole secondo le apparenze, in cui purtuttavia lo sguardo di suor Maria di Gesù
    Crocifisso, esaminandosi alcuni mesi dopo, in presenza di Dio, nel raccoglimento del
    ritiro, non riusciva a discernere la più leggera colpevolezza.
    Non cessando, come abbiamo detto, la suora di sollecitare la sua partenza, i suoi
    superiori non pensarono più che a favorirla. Erano decisi a mandarla dovunque la si
    volesse ben ricevere, a condizione, tuttavia, che non fosse a Pau. Ora, dopo i tentativi
    infruttuosi fatti da diverse parti, furono costretti ad inviarla al Carmelo di Pau, culla
    della sua vita religiosa, realizzando così, senza saperlo, la profezia di Matilde de
    Nédonchel. Proprio in quell'epoca, un'altra carmelitana di Mangalore doveva rientrare
    pure a Pau. Le si affidò la giovane suora.
    Partite da Mangalore, il 23 settembre 1872, le due viaggiatrici arrivarono a Pau il 5
    novembre, secondo anniversario della morte di Madre Elia, dopo una traversata in cui
    la carità di suor Maria di Gesù Crocifisso trovò molte occasioni di esercitarsi sulle
    anime e sui corpi.
    Pau era il porto tranquillo dopo i pericoli delle tempeste e degli scogli. Ecco con quale
    ardore, quale umiltà e quale poesia messi insieme, suor Maria di Gesù Crocifisso
    esprimeva, al suo ritorno, la sua riconoscenza verso il Signore: «Signore, sono come il
    piccolissimo pulcino che il nibbio ha acchiappato; esso lo ha becchettato sulla testa,
    l'ha quasi schiacciato, ma il povero piccolo si è rifugiato sotto l'ala di sua madre per
    essere al sicuro. Anche io sono stata nell'angoscia, nella tristezza, nel dolore. Le mie
    ossa si sono slogate; il midollo delle mie ossa si è inacidito dentro di me; la mia carne
    è stata stritolata... Ho rivolto lo sguardo verso il Padre mio, ed egli mi ha guardata, e
    questo sguardo mi ha guarita; il midollo delle ossa che era inacidito, è diventato dolce
    come lo zucchero; le mie ossa si sono consolidate e sono diventate come se avessi
    quindici anni; la mia carne è trasalita per l'allegrezza come pure tutto il mio essere.
    Sono corsa verso il mio Padre e il mio Re; ed il mio Re è venuto pure verso di me; ed
    io vi stavo come il piccolo pulcino sotto l'ala di sua madre. E guardavo i miei nemici
    attraverso le penne dell'ala del mio Padre e mio Re, senza niente temere; ero al
    sicuro».
    Come riepilogo di questo racconto, noi citeremo il rientro in Francia di Padre Lazzaro,
    verso la metà del marzo 1873.
    Il giovedì santo dello stesso anno, a Mangalore, moriva improvvisamente Mons. Maria
    Ephrem, secondo la profezia di suor Maria di Gesù Crocifisso, la quale aveva
    annunziato molte volte che Monsignore non avrebbe visto la fine dell'anno in cui
    Padre Lazzaro sarebbe stato rimandato in Francia. Il 3 maggio, la giovane suora vide
    tra le fiamme del Purgatorio l'anima del vescovo, che esclamò con un vivo sentimento
    di rincrescimento: Ho peccato contro la gloria di Dio. Il desiderio del vescovo sarebbe
    stato di fare sapere a tutto l'Ordine che si era ingannato condannando i percorsi
    soprannaturali della novizia. Ma, per il momento, costei non poteva che pregare per
    l'anima del suo Padre, e lo faceva con tutto il fervore della sua carità. A Betlemme,
    ove la seguiremo adesso, Dio le manifestò che l'anima di Monsignore sarebbe stata
    liberata alla prima messa celebrata nel nuovo Carmelo. La suora scongiurò i suoi
    superiori di affrettare i lavori e fu abbastanza lieta di vedere quest'anima salire in cielo
    il 21 novembre 1876.

    115
    CAPITOLO XV
    Dal ritorno di suor Maria di Gesù Crocifisso al Carmelo di Pau fino alla sua
    partenza per Betlemme (5 novembre 1872 - 25 agosto 1875)
    Il 5 novembre 1872, meno di un anno dopo la sua professione, suor Maria di Gesù
    Crocifisso rientrò al Carmelo di Pau. Vi ritornava in qualità di suora conversa, avendo
    Dio voluto che Lo glorificasse nelle più umili mansioni. Ecco come si esprimeva nei
    primi giorni del suo arrivo: «Da quando ho lasciato Mangalore, diceva, ho sentito una
    pace, una tranquillità che non riesco ad esprimere, malgrado le fatiche del viaggio.
    Non desidero niente, non domando niente, neppure croci: quando ne ho avuto, non ne
    ho saputo approfittare; ora nient'altro che Gesù, la sua volontà e il silenzio». La lunga
    privazione della Comunione le aveva dato una fame ancora più grande di questo pane
    del cielo: «Se almeno, a Mangalore, diceva, avessi ricevuto Gesù nel mio cuore in
    mezzo alle mie grandi pene, avrei avuto con me la forza di Dio; ma ne ero priva.
    Tuttavia, conservavo, in fondo alla mia anima, una grande pace, malgrado tutto ciò
    che mi si diceva. Fu soltanto quando Mons. Maria Ephrem mi accusò di mettere la
    divisione nella comunità che ebbi un grande dispiacere. Andai a gettarmi ai piedi di
    Gesù e piansi molto, molto. Mi sembrava che Gesù piangesse con me, per causa mia, e
    gli dissi: Signore, perché piangi? Sei potentissimo, puoi liberarmi. Mi rispose: Molto
    presto. Anche Madre Elia venne a confermare questa promessa di Gesù. Non sono qui
    per lungo tempo. Oh! Se il Signore potesse cambiare la sua parola! Non desidero più
    che il silenzio e la morte per non offendere Dio».
    Il 19 novembre ella diceva: «Tutta la mattinata ero tormentata a proposito di padre
    Lazzaro, perché amo molto la sua anima; avrei voluto che fosse un gran santo.
    Pregavo il Signore e gli dicevo: Signore, custodisci quest'anima, dalle la rassegna-
    zione, la forza, tutto ciò di cui egli ha bisogno: che non ti offenda. Dio mio, te lo affido
    completamente: compi su di lui i tuoi disegni, custodiscilo. E una voce interiore mi ha
    risposto: Anima di poca fede! ed ho compreso che Dio avrebbe vegliato su di lui, e
    tutta la mia pena è scomparsa».
    Durante il suo ritiro annuale, prima della festa di Natale, Dio la favorì di molte visioni
    piene di dottrina. Annotiamo almeno questa: «Provavo, diceva, un grande desiderio di
    Dio; lo cercavo con tutte le forze della mia anima; mi univo a tutta la creazione perché
    lo lodasse con me; ero come un bambino che corre, che corre dietro a suo padre.
    Infine, Gesù si è mostrato ed ho visto lo splendore della sua maestà. Impossibile dire
    la gioia della mia anima: era il paradiso in terra. Mi è venuta l'idea di domandargli
    molte cose; ma anzitutto, l'ho accarezzato e gli ho detto ogni sorta di cose del mio
    cuore per commuoverlo; ho fatto come il bambino che vuole ottenere qualcosa da suo
    padre e che comincia con mille carezze. L'ho pregato per le anime del Purgatorio:
    Gesù allora è diventato più luminoso ed ho visto uscire dalle sue mani dei raggi di
    luce, delle grazie che cadevano su queste povere anime. Pareva che Gesù avesse un
    gran bisogno di espanderle e che le desse con molta celerità e molta abbondanza.
    Ho pregato, in seguito, per i peccatori, e Gesù faceva la stessa cosa come per le anime
    del Purgatorio. Quale gioia nel vedere quest'amore, questa misericordia del Signore!
    Ma quando ho voluto pregarlo per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i raggi che
    scendevano dalle sue mani sono risaliti e tutto è sparito. E il mio cuore è caduto in una
    tristezza, in una angoscia terribile, perché io sono nel numero delle religiose; ho
    sospirato, sono scoppiata in singhiozzi. Ogni volta che penso a ciò che ho visto, non

    116
    posso impedirmi di piangere. Quanto
    siamo colpevoli, noi che dovremmo
    essere la consolazione di Gesù!»
    Il 28 febbraio 1873, ella lottava contro Satana. Invano lo colpiva con ogni specie di
    armi. I colpi più grandi non lo ferivano neppure. Sfinita dalla fatica, si rivolge al Si-
    gnore: «Dio mio, come fare? Esclamò. Ho agito secondo le tue istruzioni; ho impie-
    gato tutte le armi, anche le più potenti, per atterrare il demonio e non ne sono potuta
    venire a capo». Gesù le rispose: Non hai impiegato tutte le armi; ti resta ancora di ser-
    virti di una piccola ascia alla quale non hai fatto attenzione. Tocca Satana in fronte con
    quest'ascia ed egli cadrà; e così parlando, il Signore le mostrò questo piccolo stru-
    mento. La suora lo afferrò e andò diritto verso il suo nemico. E in effetti, appena ella
    l'ebbe toccato in fronte con quest'ascia, esso cadde come morto. Meravigliata di questo
    risultato tanto inatteso, quanto miracoloso disse: «Signore, quale è questa piccola ascia
    la cui virtù è così grande?». Il Salvatore le rispose: L la piccola ascia dell'umiltà.
    Il 25 marzo, durante l'orazione mentale, le sembrò di udire una voce che diceva: Dio è
    nascosto come il seme nel frutto, come il seme nella mela. Apri una mela e troverai
    cinque chicchi nel mezzo. Dio è nascosto così nel cuore dell'uomo. Vi è nascosto con i
    misteri della Passione, raffigurati dai cinque semi. Dio ha sofferto ed è necessario che
    l'uomo soffra, che lo voglia o non lo voglia. Se soffre per amore, in unione con Dio,
    soffrirà meno e guadagnerà dei meriti. I cinque semi che sono infondo al suo cuore
    germineranno e produrranno frutti abbondanti; ma, se egli respinge la prova, soffrirà di
    più, senza guadagnare alcun merito.
    «Ed ho aperto una mela e vi ho trovato in mezzo cinque piccoli scomparti che
    formavano una stella, e dentro vi si trovavano i semi.
    Durante l'orazione, ho visto una bella mela, essa è diventata marcia sotto i miei occhi;
    e quando è stata completamente fradicia, i semi del cuore della mela, sono germinati:
    sono spuntati cinque alberi. Il chicco più basso ha prodotto l'albero più alto, il chicco
    che seguiva ha prodotto un albero un po' più piccolo e i tre chicchi più in alto hanno
    prodotto alberi ancora più piccoli. Le cinque radici di questi alberi erano talmente
    unite ed intrecciate, da formare una sola radice, e così si sostenevano le une con le
    altre.
    L' albero più alto portava frutti maturi, che si immergevano in acqua, e quest'acqua
    bagnava la radice che nutriva gli altri alberi; quest'albero più alto si chiama l'albero
    dell'amore.
    Il secondo, un po' più piccolo, portava frutti che pendevano dalla parte della terra e
    pareva volesse offrirli; quest'albero è quello della carità.
    Il terzo non sembrava che si appoggiasse a terra e le sue radici pareva che fossero
    nell'aria e si sarebbe detto che stesse per cadere: quest'albero è quello dell'abbandono.
    Il quarto era tutto spoglio come gli alberi durante l'inverno ma, nello stesso tempo, era
    pieno di vita: quest'albero è quello della povertà.
    Il quinto era verde e coperto di frutti ma questi frutti erano in basso e come nascosti e
    non si vedevano: quest'albero è quello dell'umiltà.
    Ho visto in seguito altri cinque alberi. Il primo portava un frutto corposo e solido al
    vedersi, ma marcio e come fosse pieno di fumo all'interno: questo è l'amore di sé e di
    tutto ciò che è sulla terra, il che indurisce talmente il frutto che finisce per imputridirsi.

    117
    Il secondo aveva i rami elevati e nessuno
    poteva raggiungerli per cogliere il frutto;
    questo frutto, del resto, era raro e macchiato per la malattia: è l'avarizia che ha paura di
    spogliarsi, se dona; il che fa sì che il frutto si guasti e cada.
    Il terzo aveva le radici profondamente radicate; ed è l'attaccamento alle cose create.
    Il quarto sembrava coperto di foglie e di frutti e molto bello: sono le ricchezze, frutti
    che marciscono alla minima nevicata, o al più piccolo freddo.
    Il quinto portava molti frutti, tanto che essi nascondevano le foglie: è l'orgoglio, che
    appare ricchissimo agli occhi degli uomini ma il minimo soffio di vento, la più piccola
    contrarietà, fa cadere questo frutto e quelli che lo vogliono mangiare lo trovano
    amaro».
    Il Giovedì santo, diceva a Gesù: «Signore, conservami sempre nel tuo amore, come il
    bambino è custodito nelle viscere di sua madre. Là non ha bisogno di niente, né per
    mangiare, né per bere è al riparo da ogni pericolo; con sua madre, egli ha tutto. E
    anch'io, Signore, se tu mi conservi nel tuo amore, non mancherò di niente. Non
    desidero altro che essere tua; non voglio mai allontanarmi da te. Come il bambino
    comincia ad essere fragile e misero non appena esce dal seno di sua madre, anch'io
    sarei infelice se uscissi da te. Custodiscimi, Signore, dentro di te, Custodiscimi nelle
    viscere del tuo amore».
    La mattina del Venerdì santo, ella soffrì tutti i tormenti della Passione. All'ora di
    pranzo, fece uno sforzo su se stessa per recarsi a refettorio. Posò il suo pezzo di pane
    davanti a sé, per terra, secondo l'usanza del Carmelo in questo santo giorno, e,
    sentendosi meglio, si disponeva a prenderlo, allorquando, tutto a un tratto, vide il
    Signore passare e penetrarla di grazia e di consolazione: «Non ha fatto che passare
    come un lampo, disse, e, passando, il suo vestito ha toccato il pane, che si è mosso ed
    ha quasi trasalito alla presenza del Signore».
    Il giorno santo di Pasqua, pregò il Salvatore per un'anima infedele, implorando:
    «Signore, esaudiscici in favore di quest'anima! Come avviene, o Signore, che essa sia
    sempre più malata, malgrado tante preghiere, mentre tu hai promesso di esaudire le
    richieste che ti si rivolgono?» L'adorabile Maestro si degnò di risponderle: La grazia
    rassomiglia alla medicina. Se il malato è grave e il male è al cuore, tutti i rimedi non
    fanno che irritare la piaga e renderla più mortale. Se quest'anima avesse un po' di
    umiltà, le preghiere le gioverebbero; avrebbe un po' di luce e di .forza, ma siccome il
    suo cuore si irrigidisce contro il rimedio, le preghiere fatte per lei non servono che ad
    immergerla sempre più nell'accecamento.
    E Gesù aggiunse: Come puoi pregarmi sempre per lei, mentre essa non è occupata, da
    parte sua, che a sporcare e strappare il tuo vestito? «Signore, le rispose suor Maria, ella
    non sa quello che fa. Hai detto tu stesso sulla croce: "Padre mio, perdona loro; perché
    non sanno quello che fanno". Ed anche io ti dico: Ella non sa quello che fa: perdonale,
    Signore».
    Il 18 maggio, in estasi, ella non sentiva niente, non comprendeva niente nell'eccesso
    delle consolazioni celesti. L'indomani, facendo, per obbedienza, il resoconto di quella
    giornata di grazie, diceva: «Comunicandomi, mi sentivo trasportata dall'amore di Dio.
    L' amore mi spingeva a qualche cosa, e non sapevo a che. Mi rivolsi allo Spirito Santo
    e gli gridai: Illuminami, tu hai dato la luce agli apostoli, agli ignoranti! Io sono un
    niente, illuminami! Voglio solo ciò che Gesù vuole. Mi vedo, tutt'a un tratto in una
    notte profonda, in mezzo a buchi, a bestie che mi mordono; le tenebre mi impediscono

    118
    di scorgere i buchi e le bestie. Invoco Dio
    e la luce dello Spirito Santo. Compare un
    raggio per guidarmi e, in questo raggio, vedo, in un batter d'occhio, tutta la mia vita di
    peccato; e avrei avuto il coraggio, se fosse stato necessario, di confessarli davanti al
    mondo intero. Contemporaneamente, mi sentivo infiammata d'amore e il mio cuore si
    scioglieva come un cero davanti ad un braciere; e ho gridato a Dio: Signore, basta, non
    ne posso più!
    Ed ho visto davanti a me una colomba, e sopra la colomba, un calice che traboccava,
    come se all'interno del calice ci fosse una sorgente; e ciò che traboccava dal calice,
    bagnava la colomba e la lavava. Ed una voce è venuta fuori da questa mirabile luce ed
    ha detto: Se vuoi cercarmi, conoscermi e seguirmi, invoca la luce, lo Spirito Santo che
    ha illuminato i miei discepoli e che illumina tutte le genti che lo invocano. In verità, in
    verità, ve lo dico in verità: chiunque invocherà lo Spirito Santo, mi cercherà e mi
    troverà, e mi troverà tramite lo Spirito Santo. La sua coscienza sarà delicata come il
    fiore dei campi. Se è un padre o una madre di famiglia, la pace sarà nella sua famiglia
    e il suo cuore sarà in pace in questo mondo e nell'altro: non morirà nelle tenebre, ma
    nella pace. Desidero ardentemente che i sacerdoti dicano ogni mese una messa in
    onore dello Spirito Santo. Chiunque la dirà o l'ascolterà sarà onorato dallo Spirito
    Santo stesso; avrà la luce, avrà la pace. Guarirà gli ammalati, sveglierà quelli che
    dormono. Ed io ho detto: Signore, che posso fare io? Nessuno mi crederà! E la voce
    mi ha risposto: Quando sarà venuto il momento, farò tutto io stesso, e tu non vi
    entrerai per niente.
    Tutto è sparito e il mio cuore è rimasto acceso d'amore».
    Già, a Mangalore, durante il ritiro della sua professione, questo culto dello Spirito
    Santo le era stato raccomandato in una maniera tutta speciale. Questa stessa
    raccomandazione le fu rinnovata molto spesso fino alla sua morte.
    Durante il suo noviziato, una colomba le aveva insegnato questa invocazione, che ella
    dopo ripeteva molto spesso:
    Spirito Santo, ispirami; Amore di Dio, consumami; Nel vero cammino, conducimi.
    Maria, Madre mia, guardami; Con Gesù, benedicimi; Da ogni male, da ogni illusione,
    Da ogni pericolo, preservami.
    Il 20 maggio diceva: «Avant'ieri avevo una grazia così grande, che ero come fuori di
    me stessa; tutta la giornata lottavo contro il sonno (l'estasi); mi sembrava di essere
    quasi pronta a lasciarmi stritolare in mille pezzi, a lasciarmi dilaniare, arrostire; avrei
    voluto soffrire tutto per amore di Dio. Mi offrivo a Dio per la Chiesa, per la Francia, e
    per soffrire tutto ciò che Dio avrebbe voluto. Oggi non riesco ad avere nemmeno un
    buon pensiero, sono secca come un pezzo di legno posto davanti ad un fuoco ardente,
    senza esservi gettato: esso non brucia, non fa che seccare di più. A Mangalore mi è
    stato detto che ciò che accadeva in me era il frutto della mia immaginazione e vedo per
    esperienza che oggi non posso immaginare niente, non posso riflettere. Dio solo è in
    noi il maestro. Fa ciò che vuole e quando lo vuole».
    Il 26 maggio di quel 1873, aveva visto la Francia come un campo bagnato dalla
    pioggia, illuminato e riscaldato dal sole; ma la terra era coperta da erbacce fra le quali
    di tanto in tanto ve ne erano alcune buone. Ho detto a Gesù: «Signore, perché lasci
    queste cattive erbe?» e il divin Maestro mi ha risposto: Perché le buone sono ancora
    molto deboli e hanno le loro radici legate con le cattive. Se strappo le cattive, le buone
    saranno danneggiate e avvizziranno. Quando le buone saranno più forti, strapperò tutto

    119
    ciò che c'è di cattivo. Ora, la pace è
    costruita sulla sabbia; più tardi, la
    stabilizzerò sulla salda roccia e niente potrà rimuoverla. La Francia è al centro del mio
    cuore.
    Nelle sue frequenti estasi cantava, in certi momenti, in una maniera incantevole.
    Invitava la creazione a cantare con lei; parlava dell'ingratitudine dell'uomo, della bontà
    di Dio, della lunghezza dell'esilio: «Cieli, esclamava, benedite il Signore; terra,
    benedite il Signore! Salve, salve, albero benedetto, che ci dai il frutto della vita! Dal
    profondo di questa terra il mio cuore geme, il mio cuore sospira. Chi mi darà le ali per
    volare verso il mio Amato? Salve, salve, albero benedetto, è da te che ricevo il frutto
    della vita! Vedo sulle tue foglie queste parole scritte: Non temete niente; il tuo verde
    mi dice: Sperate; i tuoi rami mi dicono: Carità; e la tua ombra: Umiltà. Salve, salve,
    albero benedetto; trovo in te il frutto della vita! Dal profondo di questa terra il mio
    cuore geme, il mio cuore sospira. Oh! Chi mi darà le ali per volare verso il mio
    Amato? Salve, salve, albero della vita; tu porti il frutto della vita! Sotto la tua ombra,
    voglio gemere; ai tuoi piedi, voglio morire!
    Oh mio Dio, quanto l'uomo è ingrato verso il suo Creatore! Tu così buono, mio Dio! O
    ingratitudine delle creature!
    Oh mio Dio, il mio cuore è troppo piccolo: io vorrei un cuore più grande dell'universo
    per amarti! Oh amore!»
    A quell'epoca, si cominciava a notare in lei uno dei fenomeni più straordinari delle
    estasi, la lievitazione, con la quale il corpo dell'estatica si solleva da terra, come se non
    fosse più sottomesso alle leggi della gravità.
    Il 22 giugno 1873 la si trovò per la prima volta sulla cima di un tiglio molto alto; si
    dondolava senza appoggio e cantava l'Amore. La Priora la fece scendere con la sola
    parola obbedienza. Ma una alpargata restò appesa al ramo che la portava. E quando,
    ritornata in sé, ella volle calzarsi, fu grande la sua sorpresa nel vedere accanto a lei
    delle alpargate nuove. Reclamate le vecchie, ne ritrovò una, ma cercò inutilmente
    l'altra. Un giorno tuttavia, la scorse sulla cima del tiglio. Si può giudicare la sua sor-
    presa! Siccome domandava la ragione di un fatto così strano, si cercò di dare una
    spiegazione qualunque, senza lasciarle nemmeno supporre la verità.
    Qualche tempo dopo, vide durante la preghiera, una terrazza rotonda, divisa in pa-
    recchi cerchi. Il primo era piantato a rose, le cui foglie rappresentavano la carità e le
    spine, la vigilanza. Il secondo era coperto di viti; l'uva di queste viti simboleggiava
    l'amore e le foglie simboleggiavano la dolcezza. Si vedeva nel terzo del frumento, che
    rappresentava la fiducia e la speranza. Il centro di questo cerchio era coperto di
    violette, raffigurazione della vera umiltà.
    «Ho innalzato, disse, un trono in mezzo a questo cerchio, ed ho fatto sedere Gesù su
    questo trono. Ed una sorgente è zampillata da sotto i piedi di Gesù e l'acqua di questa
    sorgente diceva: Tutto passa, tutto scorre come l'acqua. Accanto al trono, ho piantato
    delle viole del pensiero e dell'edera. Le "pensées" significavano: Non pensate che a
    Gesù; e l'edera: Non vi unite che a Gesù».
    «Signore Gesù, pianta tutte queste virtù nel mio cuore, e falle crescere con la tua
    potenza».
    Nei primi giorni di questo mese di giugno, aveva detto, tutta radiosa e come fuori di
    sé: «Questa mattina, dopo la santa Comunione, ho rinnovato la mia professione tra

    120
    le mani di Gesù; tenevo le mani giunte in
    quelle di Maria, Maria aveva le sue in
    quelle di Gesù e le mani di Gesù erano in quelle del Padre eterno. Ho rimesso la mia
    volontà in Dio, in presenza della Santa Trinità, davanti agli angeli, davanti ai santi e
    davanti a tutte le creature. Ho detto a Gesù: Signore, tu me la hai data ed io te la rendo,
    ti dò la mia volontà irrevocabilmente. Scrivilo nel tuo cuore, nel libro della vita, e non
    ne sia mai cancellato. Non restituirmi mai la mia volontà, essa non è più mia; se vedi
    che ho la disgrazia di volerla riprendere, toglimi la vita in quello stesso istante. Voglio
    la tua volontà attraverso tutto, attraverso la sofferenza, le prove, le persecuzioni, le
    tribolazioni di ogni specie; mi offro di andare all'inferno per la tua volontà. Mi offro di
    passare attraverso quanto ho sofferto a Mangalore, se ciò è per tua volontà; protesto
    che non voglio niente altro che la tua volontà, per la vita, per la morte e per tutta
    l'eternità».
    «Madre mia, diceva un altro giorno, in estasi, alla Priora, tutti dormono! E Dio così
    buono, così grande, così degno di lode, lo si dimentica, nessuno pensa a Lui! La natura
    lo loda; il cielo, le stelle, gli alberi, le erbe, tutto lo loda. Anche l'uomo, conoscendo i
    suoi benefici, dovrebbe lodarlo, ed egli dorme! Andiamo, andiamo a svegliare
    l'universo! Andiamo a lodare Dio, a cantare le sue lodi! Il mondo dorme, il mondo
    dorme, andiamo a svegliarlo, andiamo a svegliare la città!». Ella piangeva,
    singhiozzava ripetendo: «Gesù non è conosciuto, Gesù non è amato. Lui così pieno di
    bontà, Lui che ha fatto tutto per l'uomo!».
    Il Signore le domandò per la Chiesa una serie di processioni attorno al giardino, in
    ginocchio, con il dorso carico di un enorme sacco di cenere. Avendo i superiori ap-
    provato questa volontà del cielo, ella andò fino al limite di questa terribile penitenza,
    malgrado le sue gambe insanguinate, malgrado il sudore che scorreva dal suo viso.
    A parecchie riprese, press'a poco nello stesso periodo, ella risalì sul tiglio. L'Agnello
    l'attirava, diceva in estasi, per spiegare questa ascensione, e si elevava fino alla cima
    dell'albero. Un giorno esitò
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:34
    121
    O voi tutte che soffrite, venite a Maria...
    La vostra salvezza e la vostra vita sono ai
    piedi di Maria.
    O voi che lavorate in questo monastero, Maria conta i vostri passi e i vostri sudori; dite
    voi a voi stesse: ai piedi di Maria, ho ritrovato la vita!
    Voi che abitate in questo monastero, Maria vi dice: Figlia mia, ti ho scelta tra die-
    cimila: tra diecimila, ti metterò nel mio tempio!... Non avrai mai fame, non avrai mai
    sete. Ti do il cibo, la carne, il sangue, dell'Innocente!
    Non dite che sono orfana: ho Maria per Madre e Dio per Padre! Felice figlia! Dite che
    ai piedi di Maria, ho ritrovato la vita!».
    Tutta preoccupata dei bisogni della Chiesa e della salvezza della Francia, suor Maria si
    offrì per fare, secondo questa intenzione, la cucina per sei mesi consecutivi, giacché
    questo lavoro era per lei un vero martirio a causa della sua cattiva salute. Il Superiore
    le aveva permesso di mettere in esecuzione questo pio proposito, il Signore lo accettò
    a sua volta, mentre le inviava sofferenze tanto violente quanto straordinarie. Dopo
    lunghe ore passate in queste torture, cadde in una dolce estasi ed esclamò: «Dio mi
    visita... Egli è qui... È con me... Come accade che il Signore si abbassi? È dolce
    pensare a Gesù ma più dolce fare la sua volontà.
    "Desidero che quelli che mi circondano non abbiano altro bene che l'Altissimo...
    Siamo gelose della gloria dell'Altissimo...
    Signore Gesù, diceva un'altra volta nel coro, davanti al santo Sacramento, che debbo
    fare per amarti?" Una voce le rispose: Servi il prossimo e mi servirai; ama il prossimo
    e mi servirai. È da questo che riconoscerò che mi ami veramente».
    Incoraggiando una suora molto provata, le diceva che, fintanto che avrebbe avuto
    fiducia in Dio, fintanto che sarebbe stata umile e aperta verso i suoi superiori, il buon
    Dio l'avrebbe protetta. Parlò poi dell'umiltà:
    «Oggi, la santità, non è la preghiera, né le visioni, né le rivelazioni, né la scienza del
    parlare bene, né i cilici, né le penitenze, è la regola vissuta e l'umiltà.
    Il Signore ha detto: È il secolo in cui il serpente ha preso le ali, ed è per questo che sto
    per purificare la terra! Chi potrà dunque essere salvato? Colui che domanda l'umiltà e
    che la pratica.
    L'umiltà è la pace!... L'anima umile è regina. È sempre felice. Nella lotta, nella
    sofferenza, si umilia, crede di meritare di più, domanda ancora di più, è sempre in pa-
    ce... L'orgoglio dà il turbamento. Il cuore umile è il vaso, il calice che contiene Dio!...
    Il Signore dice: un'anima umile, veramente umile, farà più miracoli degli antichi
    profeti.
    In cielo, gli alberi più belli sono quelli che hanno più peccato, ma si sono serviti delle
    loro miserie come un concime che circonda il piede.
    Se tu vedi, aggiunse rivolgendosi alla Priora, giovani suore, novizie avide di restare in
    preghiera al di fuori di quello che è di regola, falle occupare nei lavori più umili».
    Diceva, il 19 aprile 1874, la domenica del Buon Pastore: «Se una novizia fa dei
    miracoli e non si sottomette, o se ha portato un milione e in seguito ne voglia disporre
    o soltanto attaccarsi ad una immaginetta, Madre Teresa dice: Rimandatela con ciò che
    ha portato.
    Colui che non ha dato la sua volontà a Dio non gli ha dato niente.
    Quando si è dato qualche cosa a Dio, non bisogna riprenderla. Siete uscite nude dal
    seno di vostra madre e ritornerete nude nel seno della terra.

    122
    Quando Dio vi ha create, eravate nude, e
    se volete ritornare nel seno di Dio, siate
    nude, non abbiate alcuna proprietà. Se voi avete qualche cosa, non entrerete, ma re-
    sterete fuori. Non occorre neppure la proprietà di una immagine, di una penna». Ri-
    prese ben presto: «Margherita Alacoque dice: Se i figli della terra comprendessero che
    le umiliazioni, che tutto sulla terra è come un lampo che passa!... Se potessi avere un
    rimpianto, sarebbe di non aver fatto di più».
    Sempre in estasi, ella aggiunse: «Beati tutti quelli che lavorano alla fondazione!...».`
    «Il Signore mi ha promesso che i miei giorni saranno brevi!... Mi ha detto il giorno e il
    mese in cui mi verrà a cercare, ed a che ora, e quanti giorni ho ancora da vivere».
    Il giorno della festa della santa Trinità di quello stesso anno (1874), ebbe una visione e
    delle comunicazioni soprannaturali, che Dio l'obbligò a sottomettere al Superiore.
    Dettò ciò che segue:
    «Sto per dire, Padre mio, ciò che mi è stato ordinato di far sapere. Questa mattina,
    prima della messa, mi sentivo presa, atterrata, senza sapere perché, da una potenza
    nemica che mi perseguitava; il mio cuore si innalza verso Dio più che mai e grido:
    Signore, è possibile che abbandoniate la mia anima? Mio Dio, spero in te!
    Immediatamente, mi sono vista davanti a Dio. Lui, su un'alta montagna, molto alta, ed
    io, in una fossa profonda. Mi sentivo le gambe rotte, le braccia tagliate ed ero quasi
    cieca; potevo appena guardare davanti a me. Vedo allora una luce che l'immaginazione
    dell'uomo non può raffigurarsi, né comprendere. È un fuoco ed un refrigerio. Sento
    che è Dio. Non ho alcun dubbio che non sia Dio; dico tra me, è Dio e comincio a
    gridare: Mio Dio, tirami dall'abisso in cui sono, tirami dall'abisso!
    E dicevo in me stessa: da dove viene questa luce? È Gesù? È il Padre? È lo Spirito
    Santo? Sentii una voce dire: Considerate un piatto di olio. L'olio, da solo, non può
    accendersi; se vi mettete il fuoco dentro, si accende tutto in una volta e non dura; ma
    se metti uno stoppino tra l'olio e il fuoco, allora l'olio, lo stoppino e il fuoco fanno un
    tutt'uno e producono la luce. L'olio, è l'immagine di Dio Padre; lo stoppino, è
    l'immagine di Dio Figlio; lo stoppino, c'è perché il fuoco non bruci tutto d'un colpo
    l'olio: è Gesù che impedisce alla collera di Dio di scoppiare, che concilia l'uomo con
    Dio; e il fuoco, è lo Spirito Santo Dio, che fa conoscere Dio all'uomo, che lo riscalda,
    gli dà la luce e la vita. La luce attira l'uomo a Dio, e nello stesso tempo gli mostra Dio.
    Considera se l'olio solo può bastare, se l'olio con il fuoco senza lo stoppino può restare
    e se lo stoppino può accendersi senza fuoco. Così, ciò vuol dire che l'uno non può sus-
    sistere senza l'altro. Guardo e vedo questa fiamma ardente che non brucia come il
    fuoco della terra. Il corpo ne è arso e nello stesso tempo rinfrescato; vi si sta senza
    essere bruciato e vi si gode. Mi è stato fatto un discorso magnifico sull'olio, un
    sermone magnifico sullo stoppino ed un discorso magnifico sul fuoco, ma è
    impossibile ripeterli, e ciò che dico non mi soddisfa... Mi sono stati fatti parecchi
    paragoni che la mia intelligenza non può ripetere, è troppo piccola. lo l'ho compreso in
    fondo al mio cuore».
    È così che Dio aveva istruito fin dall'infanzia suor Maria, che non fu capace di leggere,
    e solamente negli ultimi anni della sua vita, altro che il libro `l'Angelo custode', a
    grossi caratteri.
    Era tutta contenta in giardino, durante la stagione dei frutti, vedendo che i meli ne
    erano carichi, il che ricordava una parola di Nostro Signore.

    123
    L'anno precedente, era stato convenuto
    che questi meli, sarebbero stati abbattuti
    perché non facevano frutti e nuocevano al prato. Erano stati segnati per essere
    asportati, e si cominciava già questo lavoro, un giorno, durante l'orazione, Nostro
    Signore disse alla sua piccola serva: Dì alla tua Madre che quest'anno non si abbatta
    alcun albero, bisogna conservarli. Si lasciarono dunque gli alberi, che diedero più
    frutti dei peri, al contrario degli anni precedenti.
    La considerazione del suo nulla e della potenza di Dio la incantava: « II pensiero che
    io sono niente mi fa trasalire!» diceva.
    «Vedo tutto, contemplo tutto, e vedo tutto come un niente... La mia anima vagante
    guarda il cielo, la terra...; ammira l'opera dell'Altissimo; ma per lei, tutto è nulla! ...
    vedo in ogni paese tante piante differenti! Guardo il mare e tutto ciò che esso
    racchiude... La bellezza dell'uomo è incomparabile!
    Ciò che è nel mare è così bello! Tutto glorifica Dio e tutto è contento di Dio! Non c'è
    che l'uomo che non glorifica Dio e che non è contento!... O uomo, sii felice di tutto,
    perché il tuo tesoro è l'Altissimo. Liberati da tutto ciò che è terreno; annientati nel
    vedere che sei così debole. Sii fiero di avere un Dio così grande!...
    O uomo, non amare ciò che è stato creato più di Colui che l'ha creato, perché il tuo
    amore allora si cambierà in tenebre; ama Colui che ha creato tutte le cose e il tuo
    amore si cambierà in luce!».
    Figlia mia, le diceva il Signore in un'altra estasi, chi non ha dato la sua volontà a Gesù,
    non ha fatto niente. Quando si presenta qualche cosa di penoso che ripugna e lo si fa
    ugualmente è una prova che si è data la propria volontà a Gesù. Ora, noi siamo in un
    tempo, in un secolo di tenebre, lo spirito è cieco, non sa ciò che vuole... Non c'è che
    l'obbedienza che ci possa salvare. Quanti sacerdoti e religiose cadranno, perché non
    hanno dato la loro volontà a Gesù...
    Ho visto una clarissa, il Signore mi ha detto: Vedi, mi è sempre così gradita, perché
    agisce sempre per obbedienza.
    «Non temere di lasciare la preghiera per servire i malati, diceva un giorno ad una
    giovane suora infermiera; se è una cosa che si può aspettare fino all'indomani, al-
    lora aspetta; ma se è necessario in quel momento non significa lasciare la preghiera,
    significa lasciare Dio per Dio, lasciare l'amore per l'amore!... Quando tu curi le
    ammalate, cura Dio in loro; fa' per tutte le stesse cose. Non bisogna avere più piacere a
    dare cure alle une o alle altre, con il pensiero che una è più santa di un'altra. E se tu hai
    curato perfettamente, per amore di Dio, un'anima in stato di peccato mortale, avrai più
    merito che se tu avessi curato una santa».
    La Priora del Carmelo di Pau,4° sebbene debole di salute e spessissimo sofferente,
    poteva seguire tuttavia la comunità; ma da qualche tempo, il suo stato si era aggravato
    ed era trattenuta in infermeria, il che meravigliava le suore, avendo la veggente
    promesso che il buon Dio le avrebbe dato a lungo ancora abbastanza salute per
    assolvere i doveri della sua carica. Giacché il male peggiorava, la suora si decise a
    farle sapere la causa di questo cambiamento. Le disse che il Signore non era contento,
    perché le suore erano riuscite, con le loro pressanti insistenze, a farle lasciare il
    mantello del coro, che lei usava, per prenderne un'altro più leggero; effettivamente si
    constatò che dal giorno in cui mise questo mantello un po' differente degli altri, era
    stata più sofferente. La Priora, tutta contenta dell'avvertimento, fece ritirare il mantello

    124
    dall'infermeria. Subito, ella assicura, ho
    sentito un benessere, uno star meglio
    straordinario. O santa Povertà, quanto sei benefica!
    Nel corso del mese di luglio 1874, suor Maria di Gesù Crocifisso parlava della Rev.
    Madre Sant'Ilarione, Fondatrice e Priora delle carmelitane di Marsiglia, morta il 6
    luglio di quello stesso anno. Ella diceva di aver visto questa venerata Madre andare
    direttamente in cielo, solamente passando per le fiamme del Purgatorio. Aveva
    chiesto: «Com'è che sei andata così direttamente in cielo?» La venerata Madre le ri-
    spose: Sì è perché non ho mai mancato alla carità ed ho praticato la regola.
    Tutto il tempo che trascorse fino alla sua partenza per Betlemme, non fu che, per così
    dire, una serie ininterrotta di estasi, di canti rapiti, di avvertimenti celesti. Per
    descrivere la sua felicità nel suo stile immaginifico e pieno di grazia, ella diceva che
    era in vacanza ma che, ben presto, occorreva tornare in pensione.
    Stiamo per citare ora i due avvenimenti che si svolsero durante il suo soggiorno a Pau
    ed ai quali ella ebbe una così larga parte: vogliamo parlare della fondazione del
    Carmelo di Betlemme e dell'approvazione della Congregazione dei Preti del Sacro
    Cuore di Gesù di Bétharram.
    Appena di ritorno a Pau, suor Maria di Gesù Crocifisso dichiarò alla Madre Priora che
    Gesù la chiamava a Betlemme per morirvi, contrariamente al desiderio che ella
    avrebbe avuto di restare a Pau dove si trovava così felice. Affermò perfino, in pa-
    recchie circostanze, che, prima di tre anni, sarebbe stata a Betlemme. I Superiori non
    attribuirono grande importanza a questa profezia ma la suora insisteva, dicendo che
    Gesù voleva assolutamente un Carmelo a Betlemme. Un giorno in cui il Signore rin-
    novava alla suora l'assicurazione di questa fondazione, la veggente gli disse con santa
    audacia: «Per prova che questa fondazione di Betlemme si farà e che io andrò a
    morirvi, fai prendere radice a questa foglia di geranio quasi secca»; e parlando così,
    affondò in un vaso di terra la foglia che aveva in mano. Il segno richiesto fu accordato
    e poco dopo, si vedeva elevarsi da questa foglia un magnifico geranio.
    Ma quale sarà l'eletta da Dio per quest`opera? Doveva essere la signorina Dartigaux,
    figlia unica di un Presidente della Corte di Pau e nipote, per parte di sua madre, del
    conte di Saint-Cricq, ministro di Carlo X e pari di Francia. Questa signorina, di una
    eminente pietà, disponeva di un patrimonio considerevole, che dispensava in opere
    buone. Davanti al santissimo Sacramento, senza esservi sollecitata da nessuno,
    promise a Dio di realizzare la fondazione del Carmelo di Betlemme, se il suo
    confessore l'avesse approvata.
    Un Carmelo a Betlemme non era una impresa ordinaria... Un Carmelo a Betlemme, in
    permanente immolazione per il trionfo della Chiesa e per la salvezza della Francia.
    Bisognava attendersi grandissimi ostacoli...
    Anzitutto, una domanda doveva essere indirizzata alla Santa Sede dal vescovo di
    Bayonne, Mons. Lacroix, un uomo di Dio, un apostolo, dottore per la sua scienza,
    pastore per la sua bontà. Egli venerava la signorina Dartigaux e la sua amica del
    Carmelo, suor Maria di Gesù Crocifisso. Ma era anche la prudenza in persona e, sa-
    pendo bene che Roma era contraria allo stabilirsi di suore di clausura in Terra Santa,
    rifiutava di prestarsi ad una procedura del tutto inutile ai suoi occhi.
    Tuttavia giudicava che i segni dall'Alto divenivano sempre più manifesti e decise di
    passare ai fatti; si cominciava, poi si indietreggiava e, al momento segnato come
    decisivo, tutto fu abbandonato. La signorina Dartigaux, degna emula della pia

    125
    carmelitana, sua amica, era pronta:
    accorse, cadde in ginocchio davanti al
    vescovo, nel parlatorio del Carmelo di Pau: Monsignore, gli disse, questo progetto o
    viene da Dio o no; se non è volontà di Dio, la Santa Sede lo respingerà, sempre
    lodando una così pia intenzione, ma se viene da Dio, può lei resistergli? Nello stesso
    istante, la supplica venne firmata e spedita; e, malgrado le opposizioni più
    considerevoli e più energiche, Pio IX, il grande Pio IX, di santa memoria, decretò con
    la sua propria autorità la fondazione di un monastero di Carmelitane a Betlemme.
    Ma bisogna assicurare il servizio religioso della nuova fondazione. Chi sarebbe stato
    l'eletto dal Signore?
    Ai piedi dei Pirenei, in un angolo delle nostre montagne, un sacerdote aveva fondato
    una piccola Società, sotto la dicitura del Sacro Cuore. Figlio della povertà, nato
    nell'ultima capanna di un borgo sperduto nel paese basco, pastore ancora a quindici
    anni, più tardi sacerdote, Direttore e Superiore del Grande Seminario, infine fondatore
    di una famiglia religiosa, Michel Garicoits era sempre rimasto umile di cuore, come di
    nascita; aveva conservato la semplicità di un fanciullo. Il divin Pargolo del Presepe;
    ecco l'ideale che lo aveva affascinato. E suor Maria di Gesù Crocifisso a ridire alla sua
    nobile amica: «Gesù vuole Bétharram a Betlemme».
    L'abate Manaudas, del quale è già stata fatta menzione in questo racconto, era morto
    durante la Quaresima del 1874. Questo venerabile ecclesiastico apparve a suor Maria e
    la incaricò di parlare a Mons. Vescovo di Bayonne dell'approvazione a Roma
    dell'Istituto dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram. La suora accompagnò questa
    comunicazione di dettagli così precisi e così intimi, che Monsignore ne fu
    estremamente colpito; cedendo una volta di più alla richiesta dell'umile suora
    conversa, mandò alla Città eterna un sacerdote di quest'Istituto con l'abate Bordachar.
    Suor Maria aveva predetto a costoro che, una volta a Roma, non avrebbero avuto
    niente da domandare e che tutto sarebbe stato loro offerto. E così avvenne. Il Rev.mo
    P. Bianchi, O.P., in seguito a circostanze provvidenziali visibilmente preparate dalla
    mano di Dio, offri loro i suoi servizi contro la loro attesa, e, due mesi dopo, senza una
    sola iniziativa da parte loro, il breve laudativo era accordato dalla Congregazione dei
    Vescovi e Regolari." Meno di tre anni dopo, Pio IX approvava questo Istituto, e, un
    po' più tardi, Leone XIII gli affidava l'assistenza spirituale del Carmelo di Betlemme.
    CAPITOLO XVI
    Partenza di suor Maria di Gesù Crocifisso per Betlemme. Fondazione del
    Carmelo di Betlemme - "L'anello dell'alleanza "
    Il primo sentimento che proviamo, cominciando questo capitolo, è di una grande
    riconoscenza verso Dio, e volentieri diremmo con l'apostolo san Paolo nella sua
    epistola agli Efesini (1,3): Benedetto sia Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo
    che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo; sia benedetto
    Gesù che ci ha scelti 46 per accompagnare le sue spose nel luogo della sua nascita;
    perché la fondazione di Betlemme, quando la si considera in tutti i particolari, è un
    vero miracolo della destra dell'Altissimo.
    Il 20 agosto 1875 suor Maria di Gesù Crocifisso lasciava il Carmelo di Pau per recarsi
    a Betlemme con nove sue compagne. La fondatrice del Carmelo di Betlemme, la
    signorina Dartigaux, faceva parte della pia carovana. Si fece una prima sosta a Nostra
    Signora di Lourdes dove suor Maria, al suo ritorno da Mangalore, aveva promesso alla

    126
    Vergine Immacolata di ritornare, quando
    sarebbe partita per Betlemme. Dopo la
    Messa, fu necessario sottrarla alla venerazione della folla che si stringeva attorno a lei;
    la si voleva vedere, parlarle; l'illustre autore di Nostra Signora di Lourdes, il sig.
    Enrico Lasserre, domandò come insigne favore di intrattenersi con lei per cinque
    minuti e uscì da questa breve conversazione illuminato e consolato. Colei che amava
    chiamarsi "il piccolo nulla" era la sola a soffrire di tutte queste testimonianze di
    rispetto che non si riusciva a spiegare." Da Lourdes i viaggiatori si diressero verso
    Tolosa dove li attendeva la gentile ospitalità delle Serve di Maria. Qui ancora, la
    piccola conversa divenne l'oggetto di una pia curiosità da parte delle buone religiose,
    che gioirono nell'averla per alcune ore nella loro casa. A Montpellier, ella ebbe la
    grande consolazione di rivedere Padre Lazzaro, suo confessore durante le dure prove
    di Mangalore. La piccola carovana fu ricevuta a Marsiglia da due famiglie amiche
    delle suore. Fin dal suo arrivo, suor Maria cominciò a operare una riconciliazione fra
    due giovani sposi di questa famiglia." Rivide anche le buone suore di San Giuseppe
    dell'Apparizione, presso le quali aveva passato due anni, e il sacerdote arabo che era
    stato per lei un vero padre, quando ella era domestica in quella città. Infine, il 26
    agosto, i viaggiatori si imbarcarono per la Palestina, dopo aver fatto il pellegrinaggio a
    Nostra Signora della Guardia per raccomandare la traversata alla "Stella dei mari". Il
    tempo fu loro costantemente favorevole, così bello e così sereno che il santo Sacrificio
    poté essere offerto ogni giorno a bordo. Subito dopo il passaggio delle Bocche di San
    Bonifacio, ci si trovava in vista di Napoli, dove la nave si fermò per alcune ore e i
    viaggiatori poterono ammirare il magnifico spettacolo che si offriva ai loro occhi,
    mentre una piacevole musica si faceva sentire. Solo suor Maria sembrava insensibile a
    questi suoni armoniosi, essendo interamente assorbita da un'altra musica, la musica
    formata dalle note del mare, del cielo, delle colline e delle montagne: «Quanto è bello,
    lei diceva, e come Dio che ha fatto tutte queste meraviglie, deve essere infinitamente
    più bello! Signore, Dio degli eserciti, quanto sei grande! Signore, Dio degli eserciti,
    quanto sei potente!». La sua influenza su tutto l'equipaggio era irresistibile. Dal
    comandante ai semplici marinai, tutti si sentivano dominati dalla sua presenza, senza
    comprenderne il perché. Vedendola passare sul ponte con la maestà di una regina, si
    inchinavano rispettosamente. Quando non c'era, domandavano sue notizie con una
    certa ansietà, temendo che stesse male, e non si sentivano pienamente rassicurati se
    non quando la vedevano ricomparire. Suor Maria non perdeva il suo tempo; diceva ad
    ognuno una sua parola, con una grazia e una dignità che incantavano; predicava a
    quegli uomini la necessità della preghiera e il nulla di tutto ciò che passa, e sempre era
    ascoltata col più grande rispetto. Completamente dimentica di sé per non occuparsi
    che degli altri, aveva l'occhio a tutto, pensava a tutto, prendeva tutto; dopo aver servito
    gli altri, non pensava ancora a se stessa; le si doveva ricordare che aveva un corpo,
    perché si occupasse di dargli il necessario. Andava dall'una all'altra delle sue
    compagne con un sorriso celestiale, incoraggiando l'una, presentando il cibo all'altra,
    simile ad una madre che si prodiga per i suoi figli.
    Fra i passeggeri si trovavano due disgraziate giovani, vittime sfortunate del vizio.
    All'inizio della traversata si sarebbe detto che la vista dell'abito religioso delle
    carmelitane le aveva un poco intimidite, ma questo timore scomparve ben presto e non
    si sentivano più che le risa sataniche di queste fanciulle perdute. In certi momenti, suor
    Maria non si tratteneva; gli ardori di un santo zelo le facevano mandare dei sospiri e

    127
    pronunziare parole di fuoco contro queste
    infelici; domandava con le lacrime a
    Nostro Signore di mandare a queste anime sviate una prova che le obbligasse a
    rinunciare ad uno stato così deplorevole; si elevava con forza contro la tirannia del
    demonio e la bruttezza del peccato; ma subito, rientrando in se stessa, diceva:
    «Signore Gesù, ti rendo grazie di avermi preservato dal male, di avermi custodita
    come la pupilla del tuo occhio! Ahimè, senza la tua mano potente, io sarei forse caduta
    più in basso di queste infelici! Custodiscimi, Signore; ho paura di me stessa,
    custodiscici tutti».
    Il 3 settembre, la nave si trovava nel porto di Alessandria per una sosta di tre giorni. In
    questa città suor Maria aveva sofferto il martirio per la sua fede, all'età di tredici anni;
    là era stata gettata in un luogo deserto dal suo uccisore, là era stata raccolta da una
    misteriosa religiosa che la guarì, le annunciò tutto ciò che le doveva accadere più tardi
    e non la lasciò se non quando fu ristabilita. Sebbene la disposizione dei luoghi fosse
    interamente cambiata, la suora poté indicare il posto dove era stata curata e che
    primitivamente era una sconosciuta grotta. 1 suoi fortunati compagni pregarono su
    questo posto benedetto, ringraziando Dio dei miracoli di cui questa bambina
    privilegiata era stata oggetto, e ripetendo nel fondo del loro cuore questa parola del
    salmista: Mirabilis Deus in sanctis suis.
    Il 6 settembre, si sbarcava a Giaffa. Il vice console di questa città, in nome del governo
    francese, e il Rev. P. Guido, direttore di Casa Nova, mandato dal Custode di Terra
    Santa, erano venuti ad accogliere la piccola colonia sulla nave, arrogandosi il favore di
    condurla a terra. Appena sbarcata, essa fu accolta dai Rev. PP. Francescani, che
    l'accompagnarono nella loro cappella per cantarvi il Te Deum di ringraziamento. La
    sera di questo stesso giorno, si raggiungeva Ramleh, dove le viaggiatrici furono
    salutate presso i RR. PE Francescani al grido di viva le Figlie di santa Teresa!
    L'indomani prendevano la strada di Gerusalemme, per arrivare nella Città Santa due
    ore prima di notte.
    Era il 7 settembre, anniversario del martirio di suor Maria di Gesù Crocifisso ad
    Alessandria. Per la terza volta, faceva questo pellegrinaggio; ma quanto quest'ultimo
    viaggio differiva dai due primi! Ella non era allora che una fanciulla povera e
    sconosciuta, alla quale nessuno prestava attenzione; oggi è una figlia di santa Teresa;
    porta sulla fronte la corona delle Spose di Gesù e la corona della sofferenza. Con quale
    commozione, passando non lontano dal villaggio di San Giovanni, i viaggiatori
    avevano ripetuto il cantico della Vergine Maria, il Magnificat, applicandolo alla
    piccola suora conversa, che pure l'aveva recitato senza sospettare queste riflessioni!
    Quest'umile religiosa, come la sua divina Madre Maria, non aveva motivo di
    glorificare il Signore? Quante anime ricondotte da lei alla verità e alla virtù! Quante
    altre, sospinte dai suoi esempi ancor più che dalle sue parole, nella vita religiosa, nella
    vita sacerdotale, e perfino nel mondo! La sua anima non era rapita di gioia in Dio suo
    Salvatore? Cosa voleva ella, che cosa ha sempre voluto, se non Dio e Dio solo? La
    volontà di Dio è stata il suo cibo; è rimasta fedele al suo Dio in mezzo alle prove più
    dure, non ha mai avuto sete che di sofferenze; ed ecco che Dio, per ricompensarla fin
    da quaggiù, la riempiva di una esultanza tale da non poterla contenere; bisognava che
    la riversasse su tutti quelli che l'avvicinavano. Quale era la causa di questa gioia? Ah!
    è che il Signore aveva guardato l'umiltà della sua piccola serva; Egli, aveva realizzato
    su di lei i suoi disegni; e per mezzo di lei, poiché era un nulla agli occhi di se stessa,

    128
    aveva operato cose meravigliose. Ed ora,
    veniva a Betlemme a fondare il Carmelo;
    veniva a morire a Betlemme, dove la preghiera dei suoi genitori l'aveva ottenuta dalla
    santissima Vergine.
    Tre giorni furono dedicati alla visita dei principali santuari di Gerusalemme. Le pie
    pellegrine erano desolate nel vedere la maggior parte di questi luoghi così santi tra le
    mani dei Turchi e di scismatici. Visitando il Cenacolo, dove i Mussulmani avevano
    innalzato una moschea, il viso di suor Maria, che era tutto raggiante di gioia celeste,
    divenne pallido e disfatto; i suoi occhi avevano una espressione di dolore infinito:
    «Dissi a Gesù, raccontava più tardi, come, Signore, puoi permettere simili cose, visto
    che sei Dio? Ah! è troppo! Se fossi Gesù, giammai sopporterei una tale profanazione!
    Ma ben presto domandai perdono a Gesù, aggiungendo: Signore, abbi pietà di me,
    scusa il mio ardire, il mio amore per te mi ha fatto mandare questo grido. Se fossi
    Gesù, farei come te, la prenderei con pazienza, perché avrei nel mio cuore la tua
    infinita bontà. Ahimè! Signore, in quante anime più abominevoli ancora di questo
    Cenacolo, sei costretto a discendere! Comprendo la profanazione di questo santo
    luogo pensando a tutte le comunioni indegne e sacrileghe nella tua santa Chiesa!».
    Fin dall'indomani del loro arrivo nella Città Santa, i viaggiatori si erano recati al
    Patriarcato. Grande fu la loro sorpresa nel vedere l'umile suora conversa parlare al
    Patriarca con l'abbandono e la semplicità di un bimbo che ritrova suo padre. Siccome
    essi al ritorno a Casa Nova le esprimevano la loro meraviglia, rispose loro: «Ma io ho
    visto tanto tempo fa Mons. Patriarca, Nostro Signore me lo ha mostrato anni fa,
    perfino quando era vivo colui che c'era prima di lui; mi aveva detto allora: Egli sarà un
    giorno tuo Padre. Io l'ho subito riconosciuto non appena l'ho visto».
    La piccola carovana era arrivata a Gerusalemme la vigilia della natività di Maria, ed
    essa ne ripartiva la vigilia del santo Nome di Maria, per recarsi a Betlemme. La
    nascente comunità non vedeva l'ora di installarsi in questa piccola città benedetta. Si
    comprendono la sua gioia e le sue pie emozioni allorquando essa poté inginocchiarsi
    nella grotta della Natività di Nostro Signore, che era il culmine dei suoi desideri.
    Il 24 settembre, tutto era pronto per ricevere le suore nella casa provvisoria che esse
    dovevano occupare per un anno. L'installazione fu splendida; il Patriarca di
    Gerusalemme presiedeva la cerimonia; il console di Gerusalemme, il vice-console di
    Giaffa vi rappresentavano la Francia; i principali capifamiglia di Betlemme
    assistevano; il Rev.mo Padre Custode di Terra Santa aveva mandato Padre Guido, e
    Padre Alfonso Maria Ratisbonne uno dei suoi sacerdoti. Le carmelitane scesero
    processionalmente nella Grotta e l'abate Bordachars° pronunziò, davanti all'imponente
    e numerosa assemblea, il mirabile discorso del quale riportiamo una parte:
    Monsignore, mancano quasi quattro giorni, per completare un anno dal momento in
    cui, essendo stato scelto, malgrado la mia indegnità, come messaggero della
    provvidenza e come avvocato della bella e santa opera del Carmelo di Betlemme,
    avevo la gioia di deporre a Roma, ai piedi di Sua santità, le generose aspirazioni del
    Carmelo di Pau e i voti ardenti di Mons. Lacroix, nostro venerabilissimo vescovo di
    Bayonne.
    Profondamente penetrato e convinto, dominato dal sentimento intimo della verità e
    della santità della nostra missione, benedetta e confermata dalla obbedienza, noi, con
    rispetto, ma senza timore, stavamo per annunciare al Vicario di Cristo, che una pia
    comunità, avvertita e sollecitata dall'Alto, noi lo crediamo, e sostenuta dalle larghe

    129
    liberalità di una degna emula delle Sante
    Paola ed Eustochio, s'implorava il favore
    di porre, in nome della Chiesa e della Francia, nei luoghi dove nacque la sorgente della
    vita, un coro di vergini sante destinate, come gli angeli del cielo, i pastori ed i re magi,
    ad onorare con un culto locale e permanente la culla del Salvatore Gesù, unico vero Re
    del cielo e della terra, ed a fare scendere, con le loro preghiere e le loro austerità
    claustrali, le misericordie di Dio sulla Chiesa e sulle società moderne, così
    crudelmente turbate, agitate, provate e núnacciate dappertutto, nel nostro triste secolo.
    La causa che noi avevamo il compito di sostenere era pia, grande e bella!... E tuttavia,
    avemmo le nostre ore di contraddizioni e di angoscia, grazie a Dio, brevi e rapide. La
    grande anima di Pio IX, illuminata da quei lumi superiori che fanno la gloria del suo
    pontificato e la consolazione e la speranza del mondo, aveva senza dubbio presentito il
    divino dell'opera proposta; e, fin dal primo esposto della nostra pia missione, essa era
    immediatamente favorita da tutta la sua più efficace protezione, e dalle sue più care e
    più potenti simpatie.
    Così, poco dopo l'arrivo delle vostre gentili e benevole lettere di accettazione,
    Monsignore, la nostra cara opera era solennemente approvata. Due eminenti cardinali
    se ne dichiaravano i protettori speciali; il governo della Francia cattolica l'appoggiava
    con tutto il suo credito, e le benedizioni particolari del nostro santo e venerato Pio IX
    coronavano tutto ciò che il cielo e la terra sembravano moltiplicare e accumulare di
    aiuti e di simpatie per questa fondazione, alla vigilia ancora sconosciuta, e
    improvvisamente per tutti e dappertutto già tanto amata.
    Ed è così, Monsignore, che in questa stalla, in nome del nostro venerabile vescovo di
    Bayonne, e con la pia Fondatrice qui presente, il Rev. Padre Estrate ed io, abbiamo la
    gioia di porre sotto la vostra santa e paterna protezione queste vergini cristiane,
    lampade viventi di fervore e di pietà, santo ex-voto della Chiesa e della Francia,
    vittime espiatorie che si offrono spontaneamente per obbedienza a Gesù, Re del tempo
    e dell'eternità, per le mani di Maria, in riparazione dell'ingratitudine e delle empietà
    del mondo...
    Dopo questo discorso, ascoltato da tutta l'assemblea con la più religiosa attenzione e la
    più viva emozione, Mons. Patriarca si alzò, e con alcune parole ispirate alla più
    paterna benevolenza, dichiarò di accettare con riconoscenza questo dono della Francia
    e di Roma, e che, se queste suore avrebbero cambiato di giurisdizione, esse non
    avrebbero cambiato padre. Dopo di che, mettendosi in ginocchio davanti alla grotta,
    intonò il veni Creator. Quando questo canto terminò, la processione procedette
    lentamente verso il convento provvisorio. Tutta Betlemme era presente, formando due
    immense ali al suo passaggio, piena di rispetto, di silenzio, di simpatia. Giunto alla
    casa, il Patriarca la benedisse, come pure la piccola cappella. Celebrò in seguito la
    santa messa, dopo la quale impose la clausura: il Carmelo di Betlemme era fondato.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso, rientrata da Mangalore a Pau il 5 novembre 1872, si
    trovava nel Carmelo di Betlemme il 24 settembre 1875. Aveva avuto dunque ragione
    di dichiarare che non sarebbe rimasta neanche tre anni a Pau, dopo il suo ritorno dalle
    Indie.
    Bisognava ora comprare il terreno per il futuro convento e tracciare il piano del
    monastero. Per questo, come in precedenza, il Signore Gesù aveva promesso, più volte
    alla sua santa Sposa che avrebbe fatto tutto lui. Attendevano con impazienza, ma con
    completa fiducia, la realizzazione delle promesse divine. La fanciulla benedetta aveva

    130
    detto a diverse riprese, a Pau, nelle sue
    estasi e nel suo stato ordinario, che il
    convento sarebbe stato costruito su una collina che Gesù avrebbe indicato; e aveva
    perfino mostrato la posizione di questa collina in relazione alla Grotta; anche l'abate
    Bordachar, quando fu sui luoghi, la riconobbe prima che suor Maria gliela avesse
    indicata, da parte di Dio. Nostro Signore aveva detto alla sua piccola serva che
    avrebbe voluto che il monastero fosse costruito su quella collina e le aveva indicato il
    punto preciso della futura cappella. Aveva perfino aggiunto che la sua santa Madre vi
    si era riposata lì alcuni istanti, quando andava a Betlemme per metterlo al mondo.`
    Si trattava dunque di comprare questo terreno il più presto possibile. L'anima di questa
    impresa, come delle precedenti, fu l'abate Bordachar. Egli si intese immediatamente, a
    questo scopo, con il Rev. P. Curato di Betlemme. Ma, l'indomani, quest'ultimo ci
    faceva sapere che la collina aveva un grandissimo numero di proprietari, fra i quali si
    contavano perfino dei Turchi e degli scismatici, e che sarebbe stato difficilissimo
    comprarla. Tuttavia cominciò a fare degli approcci in questo senso con il proprietario
    della parte superiore del terreno. Costui, con grande meraviglia del Padre Curato,
    promise di vendere. Si fissò il prezzo; ma l'indomani, il proprietario fece delle
    difficoltà, a seguito delle quali fu deciso che si sarebbe rimandato l'acquisto. Queste
    difficoltà scossero la nostra fiducia: Non è forse vero, dicemmo a suor Maria, che
    Gesù aveva promesso di disporre il cuore dei venditori di modo che questi uomini
    sarebbero venuti essi stessi ad offrire il terreno? «Sì, ella rispose, ciò è vero e ciò è
    scritto, la suora segretaria ne può far fede. Ma non abbiate paura di niente, la parola di
    Gesù si realizzerà come sempre e queste difficoltà non serviranno che a rendere la
    cosa più mirabile». Ci ritirammo edificati, ma non convinti. Alcuni giorni dopo, il
    proprietario recalcitrante domandava di registrare il contratto al prezzo che era stato
    dapprima convenuto. Le altre parti di terreno furono comprate in circostanze analoghe,
    di modo che bisognerebbe essere ciechi per non vedervi il dito di Dio. Aggiungiamo
    che Nostro Signore realizzò parallelamente la seconda parte delle sue promesse,
    indicando egli stesso la disposizione e le dimensioni del futuro monastero. A
    Gerusalemme, questo piano fu mostrato a suor Maria di Gesù Crocifisso fin dal suo
    arrivo; ed a Betlemme, altre tre volte. A seguito di queste indicazioni, l'abate
    Bordachar ne fece il disegno: il convento doveva avere la forma di una stella, della
    quale la cappella e le dipendenze sarebbero stati come raggi allungati.
    Quattro giorni dopo l'installazione nella casa provvisoria, suor Maria di Gesù
    Crocifisso ebbe una lunga estasi riguardo al futuro Carmelo. Noi ne abbiamo estratto i
    seguenti passaggi:
    «Voi non sapete ciò che il Signore ha appena fatto. Oh! quanto è mirabile! Egli ha
    domandato a tutto, perfino alla parte bestiale che è in noi, se essa ha abbastanza
    pascolo, e la bestia sì ha gridato: Signore, preferisco il cammino del Carmelo, perché è
    dolce e facile.
    Egli ha destinato la nostra casa là (e indicava col dito il lato dove si trova la collina di
    David). Egli è il nostro solo dominatore... Ho visto, aggiungeva, tutto ciò che il
    Signore ha fatto; non ha mai fatto una cosa simile! Non la comprendo!... Ho visto il
    monastero: esso forma una stella e il coro è un sole che annuncia la felicità! Quanto
    siamo ciechi, noi! Perfino alle bestie, il Signore domanda se esse sono contente, ed
    esse dicono: siamo abbastanza nutrite, abbiamo abbastanza. Ho appena visto tutto ciò.
    Perché non posso morire d'amore! Prendi la mia vita, Signore; i miei occhi hanno visto

    131
    tutto, ho visto i sentieri che tu mi hai
    tracciato. Basta, Signore, prendi la mia
    vita, ho visto tutto ciò che mi hai destinato. Basta, perché io ho gran paura della mia
    debolezza!».
    Il 18 ottobre, ella vedeva ancora il nuovo monastero e diceva: «È la casa della gioia, il
    Signore l'ha promesso.
    Il Signore ha anche promesso di essere sempre il capo. Non soltanto per un anno, ma
    fino alla fine. Terrà sempre la casa sotto la sua mano, e guai alla pecorella che non
    sarà fedele!...
    Che cosa è l'uomo riguardo al suo Creatore? Perché l'uomo è cattivo? Ammiriamo la
    pazienza di Dio! Oh! sì, mille anni passano come un giorno. Ma noi siamo creati per
    amare il nostro Creatore e non per assecondare il nostro desiderio... Tanto più faremo
    la nostra volontà, tanto più bruceremo in Purgatorio, forse dieci anni per un solo gesto,
    secondo la sua gravità... Che serve all'uomo guadagnare l'universo, se viene a perdere
    la sua anima?
    Vedo molte religiose, professe da venti anni, che escono dai loro conventi... Il nemico
    ha ora molta potenza. Tutte quelle che hanno la radice marcia cadranno; è il momento,
    è la giustizia di Dio! Non crediate che un albero cada di colpo; né un religioso, o una
    religiosa cadano di colpo senza che vi sia stato da tempo qualcosa di marcio; il guasto
    procede radice per radice.
    L'anima è come una lampada, la si fa vivere con gli atti di rinunzia... e senza tali atti,
    essa muore, soffoca.
    Vorrei una lingua purificata dal fuoco per dire tutto ciò che ho visto... È il momento in
    cui gli alberi stanno per cadere. Ve ne sono che hanno le foglie gialle, ma la radice è
    buona; altri, sacerdoti, religiose, sembrano buoni e cadranno, perché la radice è
    cattiva. Vi sono degli uomini di mondo che sembrano cattivi, ma che hanno il fondo
    buono: essi prenderanno il posto degli altri...
    Non bisogna ricevere spiriti ribelli, fastidiosi: essi nuocciono molto nei monasteri.
    Questi spiriti realizzeranno molto meglio la loro salvezza nel mondo». Suor Maria si
    era adoperata in tutti i modi, malgrado le sue sofferenze, per i lavori di messa a punto
    della casa provvisoria. Nessuno avrebbe pensato, vedendola così attiva e così spesso
    sorridente, che camminava a fatica. La Priora l'aveva incaricata, per alcuni giorni, di
    dare gli ordini necessari agli operai; costoro erano felici di obbedirle, e l'influsso della
    sua santità non aveva tardato a farsi sentire. C'era fra loro un povero giovane, che
    aveva avuto la disgrazia di apostatare tre volte, per abbracciare la religione di
    Maometto. Il suo sguardo era feroce; il suono della sua voce spaventava. Suo padre,
    che gli era accanto, piangeva in silenzio; giudicava il male irrimediabile; già
    quest'uomo era fidanzato a una maomettana. Suor Maria aveva visto tutto con un
    colpo d'occhio. Si trattava di tirar fuori un'anima dal profondo abisso nel quale era
    volontariamente caduta; parlò a questo giovane; gli parlò del suo Dio, dei suoi
    impegni, della sua apostasia, con tanta bontà e forza, che quell'infelice aprì il suo
    cuore alla suora; confessò il suo crimine e, nello stesso tempo, il rimorso che lo
    straziava; promise di pregare. La religiosa pregò da parte sua. Alcuni giorni dopo,
    questo giovane, vinto dalla grazia, faceva la sua abiura, si confessava e comunicava,
    col viso raggiante di gioia e di riconoscenza.
    Il 7 novembre di quello stesso anno, suor Maria riferiva, in questi termini, una visione
    che aveva avuto durante la messa:

    132
    «Mi è parso di vedere davanti a me, Dio
    nella sua maestà, su una montagna; il suo
    braccio destro era appoggiato su un ulivo. Era tutto luce, e la sua luce e il suo chiarore
    davano su un campo di frumento maturo, ed io vedevo che il frumento era maturo a
    causa della sua luce, del suo fuoco e del suo chiarore. Gli ulivi anche erano coperti da
    questa luce e la loro luce era verde, mescolata di bianco. È qualche cosa che non si
    può esprimere né tanto meno immaginare. Un bimbo è venuto fuori da questa luce e
    mi ha offerto nove olive, dicendo: Dio vuole che ne mangia nove ad ogni pasto col tuo
    pane secco; le mangerai completamente amare, come appena raccolte da quest'albero,
    e questo, per nove giorni. Poi, per dodici giorni, ne mangerai altre nove per ogni pasto,
    ma le prenderai da come le mangi le altre. Poi, terminerai questa quarantena di
    digiuno, col pane secco, come l'hai cominciata». Essendole stata permessa tale cosa,
    ella così fece.
    Il 19 dicembre, con trasporti indicibili, diceva che gli angeli erano venuti a prendere il
    portiere (della casa provvisoria), che era morto l'antivigilia, e lo avevano rimesso tra le
    braccia del suo Creatore; non smetteva di ripetere: «Quanto sono felice di averlo
    conosciuto! Era un uomo retto, ha molto sofferto, è stato disprezzato; ma ora, quale
    gioia nel cielo! Invece i ricchi sono onorati; essi godono per alcuni anni sulla terra, ma
    dopo, vanno per cento anni e più in Purgatorio, dove ogni ora è più lunga di un giorno!
    Dio ama l'uomo retto, e anche se commettesse molte iniquità, Egli gli darebbe la luce
    per convertirsi; ma (egli) non può tollerare, l'uomo ipocrita; e quand'anche esso avesse
    ogni apparenza di santità, non sarà gradito a Dio come l'uomo retto, pur in mezzo alle
    sue imperfezioni».
    Le suore di San Giuseppe stabilite a Betlemme non mancarono di venire ad augurare il
    benvenuto alla nuova Comunità. Una di esse, che aveva fatto il noviziato nella sua
    Congregazione a Marsiglia nello stesso periodo di suor Maria, le disse: Quando sono
    stata mandata a Betlemme, ero dispiaciuta, giacché avevo una grande ripugnanza per
    andare in missione; ma subito, mi sono ricordata che tu mi ave!,
    vi allora detto
    che io un giorno vi sarei andata, ed ho obbedito di buon grado.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso, come tutte le vittime scelte da Dio, aveva passato la
    sua vita in mezzo a prove inaudite, così come abbiamo visto; ma a Betlemme, le sue
    angosce, i suoi tormenti e il suo martirio dovevano andare crescendo, fino alla sua
    ultima immolazione. Ciò che rattristava soprattutto la sua anima era la visione
    soprannaturale dei delitti che coprivano la terra e i lamenti di Nostro Signore che
    avevano un'eco nel suo cuore.
    A questo proposito citiamo alcune righe delle note scritte nella prima settimana di
    Quaresima del 1876:
    «Nostro Signore teneva nelle sue mani un mucchio di fuoco; guardava la Francia con
    un senso di compassione e di amore; il fuoco scivolava e cadeva dalle sue dita, era sul
    punto di cadere interamente; ma il Signore diceva e ripeteva: Domanda perdono,
    domanda perdono! Povera Francia, aggiungeva, povera Francia, se lo sapesse, se lo
    comprendesse, e soprattutto se lo volesse! Dio l'ama tanto!».
    Durante l'ottava di Nostra Signora del Monte Carmelo, in quello stesso anno, suor
    Maria domandava a Nostro Signore, riguardo alla Francia, perché permette
    va che si scacciassero i buoni, mentre restavano i cattivi. Il Signore le rispose che ! era
    lui stesso a permettere questo. Ecco, aggiungeva, un paragone che mi ha fatto: «Vedi
    questa bella terrazza, vi sono ogni specie di frutti e di fiori; ma vi vengono degli insetti

    133
    e ogni specie di bestie; essi pizzicano i
    fiori e la malattia si attacca agli alberi.
    Allora il Signore dice: Io sradicherò tutti questi alberi. Ed ha comandato ai suoi angeli
    di sradicare tutti questi alberi».
    Il 31 agosto, dopo parecchie estasi nelle quali suor Maria parlava delle disgrazie
    future, comunicava alla maestra delle novizie` una angoscia che aveva provato per tre
    giorni, riguardo al nuovo monastero: «Ho sentito dire (soprannaturalmente) che vi è
    molta agitazione da queste parti e che tutti hanno paura. Si dice che il nostro mona-
    stero sarebbe ottimo per una caserma, e, vedete la mia debolezza, mi sono turbata.
    Pensavo: Come! Il buon Dio mi aveva fatto vedere questo posto, come prima ti avevo
    detto, e mi ero dinuovo ingannata? E mi dicevo: No, no, Dio mi ha fatto vedere tutto
    questo... E pensandolo, sento una voce dirmi: Perché ti turbi? Sì, sarà una caserma. A
    queste parole, cado nell'angoscia e nel turbamento: Come, dico, la Fondatrice ha fatto
    tanti sacrifici per fare una caserma, invece di una casa di Dio? Ero in preda ad una
    angoscia inesprimibile, e, per tre giorni, sono rimasta con una pena mortale. Credo che
    Gesù dovesse ben ridere di me. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per distrarmi; ma
    sempre avevo un verme roditore nella testa e nel cuore; ero divorata da tristezza
    pensando che la casa sarebbe stata venduta e che al suo posto sarebbe stato messo
    altro. Oh! quali tre giorni! Ecco che dopo, nella mia pena, Dio ha avuto pietà di me; ho
    dormito (estasi) ed ho sognato moltitudini di bambini; non erano bambini, ma angeli.
    Ve ne era uno su ogni pietra, e suonavano una melodia ciascuno, e con un tono così
    celeste! Mi sembrava che si preparasse qualcosa di magnifico; il mio cuore era
    consolato, e dicevo: È meglio per tanto, che la casa sia per questi bambini al nostro
    posto, che per dei soldati! E una nuvola verde li copriva da ogni parte, come per
    proteggerli... Nello stesso tempo, vidi nuvole, tempeste, pioggia di ogni cosa cadere
    sulla terra e niente arrivava in questa casa. Mi dicevo tra me e me: Questi bambini
    portano felicità alla nostra casa; essa è tranquilla, perché essi l'abitano. E, in mezzo a
    quella tempesta, vidi dei bimbi scrivere su ogni pietra dicendo: La pace e la felicità
    agli uomini di buona volontà! Nello stesso momento, in mezzo al prato, vidi scritto in
    lettere d'oro: Il nome di Dio cancella i peccati del mondo e rende il cuore dell'uomo
    gioioso, ebbro di felicità! E sento una voce che mi rivolge dei rimproveri, dicendo:
    Anima di poca fede! Desidero una caserma di soldati che preghino e salvino le anime.
    A queste parole, sono stata ricolma di gioia e di pace: tanto la pena era stata grande,
    tanto lo è stata la gioia».
    Questo stesso anno 1876 fu segnato per la serva di Dio da una grazia straordi-
    naria che il Salvatore accorda solo alle anime elette. Intendiamo parlare di quella
    unione fra Gesù e l'anima, di quella donazione reciproca, totale e perfetta, di quel-
    l'irrevocabile contratto di amore, intercorso fra Dio e la creatura, che i mistici hanno
    l'abitudine di indicare sotto il nome di matrimonio spirituale. Si può dire che tutta la
    vita di suor Maria di Gesù Crocifisso, non era stata che una lunga preparazione a
    questo favore privilegiato. La quaresima di quell'anno ne fu la preparazione
    immediata. La corona di spine riapparve attorno alla testa della fervente carmelitana;
    le sue stimmate si riaprirono nel cuore, alle mani ed ai piedi. Poi, quando il divino
    Sposo giudicò che la sua fidanzata fosse sufficientemente ornata di questi gioielli della
    sofferenza e dell'amore, egli l'elevò alla dignità di sposa di unione sacramentale, come
    aveva fatto tre secoli prima per la serafica Teresa. Ascoltiamo questo prodigio dalla
    bocca stessa della felice privilegiata in estasi. Invisibili messaggeri le offrivano la

    134
    scelta tra il lasciare la terra senza
    indugio, oppure vivere ancora qualche
    tempo in mezzo a prove raffigurate da una foresta selvaggia.
    «I bimbi dicono: Se tu attraversi la foresta, cadrai. Se andrai subito da Gesù, il Signore
    ti darà ciò che desideri: questo è ora il momento della decisione.
    Ma se io vado via ora, non avrò niente da offrire al mio Dio. Avrò il tempo di godere e
    non avrò il tempo di soffrire! Che c'osa c'è di più gradito a Dio? Dite al mio Dio che io
    voglio ciò che gli è più gradito: accetto doppi tormenti perché l'Olivo doni la luce al
    Roseto!
    Tuttavia, se dovessi fare una caduta e offendere Gesù, presto, voglio andare da Lui.
    Ma, se Egli promette di custodirmi, accetto tutti i tormenti...
    Voglio le due cose, mio Dio!
    Il Signore mi disse: Figlia mia, te ne offro la scelta.
    Ed io dissi: Maestro mio, te ne lascio la scelta!... So che sceglierai il meglio! Accetto
    tutti i tormenti per un tuo piccolo sguardo».
    Ella ascolta e dice: «No, no, non mi tentate. Lascio la scelta al mio Dio! Felice l'anima
    che si affida al Signore!
    Che importa di camminare nella cenere ardente! Ebbene, se devo diventare cieca,
    preferisco la cecità che avere gli occhi e non vedere il mio Dio...; non mi tentare... Due
    esseri si contrastano in me... Uno vuole prendere la difesa del mio Ulivo e del mio
    Roseto, e l'altro vorrebbe andare via... Ma, Signore, non li ascoltare, non mi
    pronuncerò mai.
    La madre conosce ciò che è meglio per il figlio, ma il figlio può conoscere il meglio
    per se?
    Io ho più che padre e madre, ho il mio Creatore che mi avvolge!... Mangerò il pane
    che mi darà.
    Vedi, Dio mio, l'uno inclina per restare, e l'altro vorrebbe andare via... Io non sono
    padrona né dell'uno né dell'altro, ma del tuo beneplacito!
    Se le mie ossa dovessero essere rotte, se la mia carne dovesse cadere a brandelli, che
    importa se il mio Dio ne ha piacere?... Ciò che il mio Maestro vorrà da me, io lo
    voglio... Mi domandate se sono contenta?... Domandate al prigioniero se preferisce
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:37
    149
    Signore mette le sue mani sulla sua testa
    e dice: ti consacro mio Pastore ora e per
    sempre.
    Quella notte (24 febbraio), ho visto il Sovrano Pontefice. Era in ginocchio ed ho visto
    Nostro Signore posare le sue mani sulla sua testa dicendo: Stella versa o bersa, 67 non
    ho bene afferrato l'ultima parola. Non ho compreso se questo è il suo nome o se ciò
    significa qualche cosa. Nostro Signore si è ritirato dopo queste parole. San Francesco
    d'Assisi si avvicina e lo bacia in fronte e si ritira rispettosamente. San Domenico viene
    e lo bacia sulla spalla destra.
    Poi viene sant'Ignazio, che lo bacia sulle due spalle.
    In seguito è venuto sant'Agostino, che lo ha baciato sulla testa, sopra la fronte. Ho
    visto san Girolamo venire a baciarlo sul cuore. Dopo san Girolamo, ho visto il primo
    Patriarca di Gerusalemme che ha versato il suo sangue (ho dimenticato il suo nome),
    venire a salutarlo tutto contento.
    In seguito, ho visto parecchi santi e parecchi angeli che sono venuti a salutarlo. La
    santa Vergine è venuta dopo, l'ha circondato con le sue braccia e l'ha stretto sul suo
    cuore.
    Non so quello che sarà, questo Santo Padre. Non posso definirlo, ma posso dire che
    sono felice di essere sotto il suo regno.
    Confesso che con tutta la mia gioia, mi tormenta un po' la curiosità di sapere ciò che
    significavano questi differenti baci, ma sono con l'anima piena di gioia. È molto
    consolante per noi. Il Signore mi ha detto: Scrivi tutto questo al tuo Padre, che egli
    conservi questa lettera, perché essa prefigura cose che l'avvenire farà conoscere».
    Nel corso di questo mese di febbraio, parlava, in una estasi, della Madre Emilia
    Giuliano, Superiora generale delle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione, morta il
    27 febbraio scorso. Diceva: «Oh!, ella è con Gesù... La si crede in Purgatorio e che vi
    soffra molto; si prega ed è con Gesù! Madre mia, pregate per noi...».
    Era più di un anno che qualche volta, spinta da una ispirazione divina, suor Maria
    domandava a Monsignore il Patriarca di Gerusalemme l'autorizzazione a fondare un
    Carmelo a Nazareth; gli ricordava, con una semplicità ed una ingenuità incantevoli,
    che dapprima egli non aveva voluto il Carmelo a Betlemme, e aggiungeva che in
    riparazione, doveva domandare egli stesso a Roma di autorizzare questa nuova
    fondazione. Il 10 aprile 1877, parlandogliene ancora in parlatorio, Monsignore le ri-
    spose: Mi rimproveri sempre questo, ebbene, (sorridendo con bontà) scriverò a Roma
    per domandare questa autorizzazione. Il venerato Patriarca non soltanto mantenne la
    sua promessa, ma inoltre incaricò qualcuno di trovare a Nazareth un terreno per il
    nuovo Carmelo, non appena Roma ne avesse autorizzato la fondazione.
    «Sapete, diceva suor Maria in estasi il 25 aprile 1878, ho dimenticato di dirvi che, la
    notte scorsa, ho visto un giovane come un viaggiatore, con un bastone in mano: io non
    so se è Gesù, non so chi sia... Era, credo, con san Giuseppe. Mi ha detto che voleva
    dotare Nazareth. lo gli ho detto: vuoi essere come Sorellina?" E Gesù ti ricompensi!
    Ed Egli mi ha risposto: Io sono più grande, più ricco di Sorellina. Sono più di
    Sorellina!... Mi ha molto colpito... io non so se sia Gesù; sembra avere da diciotto a
    vent'anni». Sembrava vederlo e diceva: «Non è vero che non ti ho domandato niente?
    Mi ha promesso di fare tutto. Non c'è più bisogno di niente per la casa. Egli ha redatto
    una carta, ho visto la scrittura: è in tutte le lingue. Io gli ho detto: Almeno io non ti ho
    domandato niente? Sei tu che ne hai avuto 1'ispirazione! Ha dato la carta scritta a san

    150
    Giuseppe».
    Esclamava,
    o
    piuttosto
    cantava con trasporti indicibili: «Un
    fondatore!... il mio cuore trasale di gioia. Nazareth è dotata!».
    Il Salvatore, in quell'epoca incarica ancora la sua piccola serva di commissioni
    importanti presso l'autorità ecclesiastica. Nello stesso tempo ella legge nei cuori e
    continua a vedere gli avvenimenti a distanza. È questo quanto ripeteva, il 18 novembre
    1877, dopo una muta contemplazione e con trasporti di gioia: «Lodiamo Dio,
    benediciamo il suo santo Nome! Oh! quanto è bello oh! quanto è buono! C'è là un
    fanciullo che non ha voluto lasciare l'ostia al nemico; egli è martire. Ora, gode di una
    gloria che non si può esprimere. L'hanno schiaffeggiato, gli hanno tagliato le mani,
    l'hanno calpestato, e non gliel'hanno potuta strappare. Il Signore lo ama! Tanto quanto
    non si potrebbe comprendere! È la sua festa oggi, e bisogna rallegrarsi. Il cielo gode e
    la terra anche deve gioire. Avremo un nuovo protettore perché il cielo lo ama; il
    Signore lo ama».
    Gli angeli, con le loro frequenti apparizioni, preparano la loro sorella alle gioie della
    patria. Le fanno sentire i loro canti e questa musica celeste la trasporta e la fortifica
    perfino corporalmente. La santa Vergine si guarda bene dal dimenticare la sua figlia
    fedele. Le fa comprendere che il suo libro sta per chiudersi, che la morte si avvicina,
    che il cielo la attende. Gesù soprattutto fa gioire la sua serva. Le mostra già la
    ricompensa delle vergini nella gloria. Ecco come descrive questa gloria della verginità:
    «Lo Sposo va avanti, dice, e la vergine lo segue, e sulla fronte della vergine è scritto il
    nome dell'Agnello; la carne della vergine e la carne dell'Agnello non sono che una. O
    vergine prudente e fedele! Se ferite la vergine, ferite l'Agnello; se onorate la vergine,
    onorate l'Agnello. La vergine canta sempre; segue l'Agnello e non si stanca mai; e
    s'inchina e dà il suo profumo nella misura in cui ha meritato sulla terra. O vista
    dell'Agnello, mio sole, mia vita! La mia anima non ne può più, la mia anima non ne
    può più! O vergine prudente! Il nome dell'Agnello è sempre scritto sulla tua fronte.
    Rosa Teresa ha il nome dell'Agnello scritto sulla sua fronte, l'ha meritato per l'amore.
    Rosa Teresa dice: Figlia mia, va'sempre al seguito dell'Agnello. Ricordati che l'angelo
    scrive i tuoi sospiri, i vostri passi e tutto... ti chiamerò figlia prediletta, se fai tutto per
    amore... Davanti all'anima che porta il nome dell'Agnello, tutto trema la terra, le rocce.
    Vedo l'Agnello e le vergini che lo seguono; non credevo che ce ne fossero tante. Ve ne
    sono molte, molte. Vi ho visto Rosa Teresa, Maria degli Angeli, Maddalena de' Pazzi
    e Margherita Maria!... Ognuna di esse ha il suo profumo distinto secondo la virtù che
    ha dominato in lei. C'è un percorso largo a forma di corona attorno ad una montagna;
    l'Agnello va per questo cammino e le vergini lo seguono. Da ogni lato della strada, c'è
    un grande numero di filari di fiori gli uni dietro gli altri. Sono rose, violette, fiori di
    ogni specie, che danno il loro profumo in rapporto alle virtù praticate dalle anime che
    non sono vergini, ma che godono tuttavia
    della beatitudine. Quando l'Agnello passa, esse si chinano tutte e emanano il loro
    profumo. Le più elevate per merito stanno avanti; i loro steli sono più grandi; e,
    quando l'Agnello passa, esse inchinandosi lo toccano.
    Le vergini seguono l'Agnello e cantano un cantico che nessun altro può cantare. La
    vergine non è soltanto la vergine del corpo, la vergine della purezza; è soprattutto la
    vergine della carità. Quella che manca alla purezza il male lo fa a se stessa; ma quella
    che manca alla verginità della carità ferisce, anche Gesù. È più grave mancare alla
    verginità nella carità che alla verginità nella purezza».

    151
    In certe ore, suor Maria prova una vera
    agonia in abbandono interiore. Il desi-
    derio del cielo diviene di giorno in giorno più forte. Domanda preghiere a tutti quelli
    che ama, affinché questa partenza sia anticipata. Si rivolge perfino agli stessi angeli
    per ottenere questa grazia. Riportiamo, a seguito di un suo racconto, alcune parole di
    uno di questi colloqui celesti:
    «Ne ho visti due che dicevano: Prendi questa bambina con te, non può più restare sulla
    terra! Mi sono avvicinata molto dolcemente ed ho detto loro: Diteglielo... Il Signore
    mi ha vista ed è stato un po' seccato... Ecco che cosa è la curiosità, ma egli mi perdona,
    perché è il desiderio di andare da lui... Signore, abbi pietà di questa bambina, ella
    soffre quaggiù. Egli guarda con un occhio che non e compassionevole... Gli angeli
    dicono: Pietà per questa bambina!... Egli guarda... Sento che lui mi ama... Mi ama e
    non vuole... 1 suoi capelli ricadono sulle sue spalle, i suoi sguardi trapassano il
    cuore!...».
    Nel mese di gennaio 1878, ella era deliziosamente rapita e diceva riguardo alla sua
    morte: «Egli mi ha promesso: al più presto, al più presto! Non mi manca che tanto», e
    mostrava l'estremità del suo dito. Era all'impiedi e sembrava guardasse un essere
    invisibile: «Sì, ella disse, ah! sì, felice il giorno! sì, l'ho visto e l'ho sempre scritto», e
    mostrava il suo cuore. «È bello quando si vede tutto questo, ma è molto difficile.
    Nessuno fa tante cadute quanto me. Mi meraviglio, dovrei essere affranta; non avere
    più braccia e gambe. No, non sollevo la testa, l'ho molto bassa. Pertanto, desidero
    sollevarla per vederti, o felice giorno!».
    Dio permetteva così che tutto concorresse a crocifiggere questa bella anima prima di
    richiamarla a lui. Lei era profondamente persuasa della imperfezione di tutte le sue
    azioni; si credeva la più colpevole di tutte le creature. Il timore di offendere Dio la
    abbatteva e ripeteva: «Non posso più vivere, o Dio mio, levatemi da qui!».
    Un giorno, parlando delle sue disposizioni interiori, diceva: «Dio mio, quanto poca
    cosa siamo! Come può l'uomo attribuirsi alcun bene? Ieri, sentivo Dio che mi attirava
    a sé, e lottavo (contro l'estasi). Gli dicevo: Va' un po' più lontano... Egli mi
    comprende, lui... Fuggivo quanto potevo e mi sono addormentata. Questa notte, non
    sentivo più Dio. Oggi, vorrei pensare a lui, avvicinarmi ed egli è lontano. Lo chiamo,
    lo scongiuro e resto tutta vuota... Dio mio, è possibile dire che l'uomo può qualche
    cosa? Pertanto ho il sentimento, intimo e profondo, che malgrado tutte le mie
    infedeltà, Dio mi ama e mi salverà con la sua pura misericordia».
    Qualche volta, trasportata dalla vivacità del suo zelo, cadeva in qualche apparente
    imperfezione che le faceva passare la notte nei gemiti e nelle lacrime, non osava
    accostarsi alla sacra Mensa. Tuttavia, raccontava, l'angelo, le aveva detto: Perché lasci
    Gesù? In cielo, non potrai ricevere il tuo Creatore, perché temere, quaggiù, di ricevere
    il tuo Creatore?
    Nella primavera dell'anno 1878, la Priora del Carmelo, accompagnata da un'altra suora
    e dall'umile piccola suora conversa, si recò a Nazareth per visitare il terreno del futuro
    Carmelo. Fu Mons. Bracco, Patriarca di Gerusalemme, che scelse il posto più
    conveniente per elevarvi il monastero. Non è ancora arrivata l'ora per far conoscere i
    fatti straordinari che ebbero luogo durante questo viaggio; diremo solamente che la
    veggente indicò nella maniera più precisa certi terreni sotto i quali si sarebbero trovati
    resti di venerabili santuari, cosa che in seguito si è verificata.

    152
    Di ritorno a Betlemme, suor Maria si
    dedicò a dismisura al completamento dei
    lavori di costruzione con la più attiva sorveglianza. Si ammiravano sempre più le vie
    di Dio in quest'anima, ma si temeva che questo tesoro, il quale diventava sempre più
    prezioso, liberandosi con le prove, da qualsiasi legame, non fosse ben presto tolto
    all'affetto di tutti. In quanto a lei, sapeva che il suo esilio stava per finire, e questo
    pensiero la estasiava e la rapiva: «vedrò il Dio vivente... Ascolterò la sua voce... le mie
    ossa e la mia carne saranno ripiene di gioia... Dopo essere stata in un abisso, sarò in un
    palazzo con lui!
    Quando ti vedrò, tutto in me riprenderà vita e una nuova potenza in te, mio Dio,
    quanto è cieco il mondo nel temere la morte!... Questa felice morte!... O morte pro-
    pizia, rendimi presto al mio Amato Bene!... Sì, tu sei favorevole, tu liberi dalla pri-
    gione... fai uscire dalle tenebre per comparire alla luce!... Vedrò il mio Dio!... Il Si-
    gnore l'ha promesso!...».
    Il 2 agosto," ella senti queste parole: Il Signore ha pietà di te! Avrai una sofferenza
    atroce, ma piuttosto breve.
    Il 4 agosto, ella annunciò la sua prossima morte in due lettere scritte al Superiore dei
    Preti del Sacro Cuore di Bétharram e al Padre Estrate.
    Ascoltiamo il racconto di una carmelitana 'z di Betlemme sugli ultimi giorni di questa
    vera figlia di santa Teresa, sulla sua morte e sui suoi funerali.
    22 agosto 1878. Suor Maria di Gesù Crocifisso soffre molto. Tuttavia si reca al lavoro
    con sforzi inauditi e una dedizione ammirevole.
    Ci ha detto qualche volta: «Faccio tutto il possibile per andarmene presto, affinché do-
    po la mia morte, voi siate tranquilli e a riposo».
    Quel mattino, era molto debole, e, malgrado ciò, si preparava a raddoppiare la vigilan-
    za. Due volte è caduta nel giardino.
    Verso le dieci, sempre nel giardino, e compiendo una atto di carità, saliva una brutta
    scala da dove è caduta, e si è fracassato il braccio sinistro. Era la sua terza caduta. È
    caduta su una cassa del geranio miracoloso, richiesto da lei a Nostro Signore come
    segno della fondazione del Carmelo di Betlemme.
    Fin dal primo istante, la povera figlia ha molto sofferto ed ha detto alla nostra reve-
    renda Madre: «Madre, è il segnale della partenza»; e ad altre suore: «Sono sulla via del
    cielo, il desiderio di tutta la mia vita sta per compiersi: sto per andare da Gesù».
    Le si diedero e le si fecero dare tutte le cure necessarie in simili circostanze.
    Lei offriva i suoi crudeli dolori per la Chiesa e la Francia, per il Carmelo di Pau, per la
    Congregazione di Bétharram, per la nostra Comunità, domandando che questo Carme-
    lo camminasse sempre alla presenza di Dio ed anche per il ritorno a Dio di un'anima
    infedele."
    24 agosto. Dal momento della caduta della nostra amatissima suora, il male si è ag-
    gravato, soprattutto da ieri; si teme la cancrena.
    Non è che con molta fatica ed un raddoppiamento di sofferenza generale che ella ha
    potuto ricevere a digiuno la santa Comunione nell'infermeria.
    I suoi dolori al petto e al cuore sono raddoppiati. Sono sopravvenuti dei soffocamenti,
    ed il tutto con una tale intensità, che ella dimenticava il suo povero braccio, che tutta-
    via la faceva soffrire orribilmente; le ossa sono fracassate in molti pezzi tra il polso ed
    il gomito.

    153
    Si offre al buon Dio per sopportare tutto
    ciò che egli vorrà in questa vita purché
    Egli le faccia misericordia per l'altra vita. Del resto, era la sua preghiera continua,
    soprattutto da una ventina di giorni; in quanto alla sofferenza, sembrava essere stata
    proprio esaudita.
    25 agosto. La nostra cara suora sta molto male fin da questa mattina. Il medico chi-
    rurgo, che abbiamo fatto venire da Gerusalemme, ha constatato una cancrena che non
    è normale e che è molto avanzata. Non le dà più di uno o due giorni di vita, al
    massimo. La costernazione è diffusa nei nostri cuori e su tutti i visi, essendoci la vita
    di questa cara figlia a tutte ed a ciascuna più cara della nostra stessa vita. In quanto a
    lei, che comprende il suo stato, è calma e abbandonata a Dio.
    Nel pomeriggio, il Rev. Padre Guido, religioso francescano," nostro confessore straor-
    dinario, è venuto a visitare la nostra cara crocifissa. L'ha confessata e le ha portato il
    santo Viatico. Lei sospirava dopo il momento in cui aveva ricevuto il suo Amato Bene
    e ripeteva: «Vieni, Signore!... Signore Gesù, vieni!» Grazie, indulgenze e assoluzioni
    erano prodigate alla nostra amatissima sorella che le riceveva in perfetta conoscenza.
    Non perdeva una sola parola di tutte le preghiere e faceva abbastanza facilmente il
    segno della croce.
    Poco dopo, il Patriarca, che ella aveva desiderato vedere, venne a portarle ancora nuo-
    ve grazie e nuove benedizioni.
    Espresse il desiderio di ricevere l'Estrema Unzione e Monsignore volle ben dargliela.
    Era assistito dal Rev. Padre Guido e dal Padre Belloni. Domandò in seguito perdono
    alla comunità di tutte le pene e del cattivo esempio che aveva potuto darci. Fu in
    termini così toccanti che scoppiammo in lacrime.
    Dopo la cerimonia, Monsignore le disse: Sei ora pronta a partire? «Sì, Padre mio». Sei
    rassegnata alla volontà di Dio per la vita e per la morte? «Sì, Padre mio».
    E siccome manifestava un grande desiderio o piuttosto una grande gioia di morire,
    Monsignore le domandò se si fosse rassegnata a vivere qualora il buon Dio lo volesse.
    Rispose: «Sì, Padre mio». Ma subito aggiungeva: «Una buona morte, una buona
    morte!». Disse a Monsignore quanto fosse felice e come non le mancasse più niente.
    Poi lo ringraziò e gli disse che, nell'eternità, non lo avrebbe dimenticato e che avrebbe
    chiesto al buon Dio di fortificare la sua salute.
    Andandosene, Monsignore la lasciò colma di grazie e in una dolce pace.
    Poco dopo, entrò il chirurgo e fece alcune incisioni e bruciature al suo povero braccio,
    per cercare di conservarcela qualche ora in più. Lei non le sentì; già la cancrena
    avanzava verso il fianco, le spalle e il collo. Seguiva tutti i movimenti del medico ed
    era tanto calma come se si fosse lavorato su del legno. Lo ringraziò delle sue cure, e lo
    fece ancora più tardi dicendo che Gesù lo avrebbe ricompensato.
    Nella serata, sembrò soffrire di meno; ma, verso le undici, il male aumentò; già la sua
    lingua si impacciava. Si fece entrare il Padre Belloni, nostro confessore e il Padre Chi-
    rou, nostro cappellano, che passavano la notte nella foresteria, e che vennero a fortifi-
    carla con parole di speranza. Essi le domandarono se avesse qualcosa che le desse
    pena: «Oh! no, disse, non ho niente per nessuno, sono tranquilla». E, rivolgendosi ai
    Padri, aggiunse: «Ora, non posso parlare; ma, nell'eternità, pregherò per voi, non
    dimenticherò nessuno».
    Poco prima, aveva detto: «Grazie, Gesù, grazie, Maria! Tutto passa! È finito! Non è il
    braccio che importa, è questo». E mostrava il suo petto e il suo cuore.

    154
    Disse ancora: «Penso alla bontà di Dio a
    mio riguardo ed alle mie ingratitudini.
    lui, sempre buono per me ed io, sempre ingrata! Ma ho fiducia».
    In un altro momento, le si domandava se non rimpiangesse di andare via prima che l'o-
    pera di Bétharram a Betlemme fosse fatta.` Rispose: «E fatta in cielo; per
    conseguenza, si farà sulla terra».
    Durante questi quattro giorni di malattia, invocò spesso la sua Mamma del cielo, qual-
    che volta sotto il titolo di Madre d'Amore; la chiamava ancora così nell'ultima notte
    della sua vita.
    La si sentiva ripetere parecchie volte: «Che il nome di Dio sia benedetto!».
    Dopo mezzanotte, i Padri le portarono il santo Viatico e le fu applicata l'indulgenza del
    nostro Ordine in articulo mortis.
    Era radiosa, raggiante, e sembrava già di possedere il cielo.
    Più tardi, siccome le si parlava di qualche cosa, riprese dolcemente: «Lasciatemi con
    Gesù e a pensare ai suoi benefici!».
    Alle commissioni che le si davano per il cielo, diceva: «ora, sono troppo stanca, ma
    nell'eternità!».
    Pertanto, ella ci disse in un altro momento: «Ricordatevi che tutto passa, e che non
    avremo alla morte, per giustificarci davanti a Dio, che ciò che noi avremo fatto per Lui
    durante la vita!».
    Testimoniò così la sua felicità di morire religiosa.
    Verso l'una, vedendoci ancora attorno al suo letto, ci disse: «Andatevi a coricare; è
    sufficiente che ne restino due. Non crediate che parta ancora. Me ne andrò certamente,
    ma ho ancora molto da soffrire: vi chiamerò».
    Dimenticava, secondo la sua abitudine, le sue crudeli sofferenze e cercava di farci cre-
    dere che stava meglio per darci il coraggio di lasciarla. Era commovente di ingenuità e
    di tenerezza quando diceva: «Madre mia, va' a riposare. Sorella mia, va' a riposare».
    Ne nominò parecchie, soprattutto le più deboli, e tutte protestavano che non
    l'avrebbero lasciata. Omettiamo di dire che dopo la Comunione la sua lingua è
    ridiventata completamente libera.
    Alcune suore si rassegnarono infine a lasciarla ed ella ne sembrava tutta contenta. Ma
    ben presto il cuore ci riportò vicino a questo caro tesoro che eravamo sul punto di
    perdere. Si rimpiangeva un solo minuto passato lontano dalla nostra amatissima
    piccola suora.
    Verso le quattro e mezzo, disse con una espressione che non si saprebbe ridire, o piut-
    tosto ella esclamò: «Come il cervo assetato sospira presso l'acqua del torrente, cosi la
    mia anima sospira presso te, o mio Dio!».
    Alle cinque meno un quarto, ebbe una forte crisi di soffocamento. Improvvisamente, si
    mise in ginocchio sul suo giaciglio, e, giungendo le mani, disse con forza: «Sto per
    morire, è il momento. Chiamate tutte le suore; io soffoco». Si alzò a sedere e fece
    alcuni passi precipitosi verso la porta aperta. Là sarebbe caduta se due suore non
    l'avessero fatta sedere su una sedia e non ve l'avessero sostenuta. Ebbe un momento di
    grandi sofferenze.
    La Comunità era riunita. I nostri due buoni Padri erano rientrati per assisterla. Alle
    cinque si suonò l'Angelus, ella fece il segno di croce e si videro le sue labbra
    muoversi.

    155
    Un istante dopo, gettò, di traverso, uno
    sguardo di sorpresa e di sdegno; ma
    subito il suo viso ridiventò sereno; il suo sguardo si illuminò come nell'estasi, ma fu
    solamente la durata di un lampo.
    Sembrò allora rinvenire da questa crisi. Ebbe ancora la forza e l'energia di fare qualche
    passo. Poi, di nuovo, le sue forze la tradirono.
    Così ha conservato tutta la sua conoscenza e la sua forza di volontà fino all'ultimo mo-
    mento.
    Le si suggerì questa invocazione: "Mio Gesù, misericordia!" ed ella disse: «Oh! sì, mi-
    sericordia!» furono le sue ultime parole. Le si fece baciare il crocifisso. Passarono
    appena alcuni minuti ed era di nuovo coricata. Il Padre Belloni interruppe la preghiera
    della raccomandazione dell'anima per darle un'ultima assoluzione, e subito rese la sua
    bella anima al suo Creatore, senza agonia, con un sorriso celeste nello sguardo e così
    dolcemente, che appena ce ne siamo potuti accorgere. Erano le cinque e dieci del
    mattino.
    Eravamo tutte là, felici di assistere ad una così bella morte la quale non ci lasciava che
    una dolce pace in mezzo alle nostre lacrime... Sebbene la nostra cara sorella ci avesse
    detto che non avrebbe finito i tre anni a Betlemme, il buon Dio aveva permesso che
    noi non vi riflettessimo affatto. La povera figlia stessa, alcune ore prima di morire,
    attendeva ancora, a quanto pare, là sofferenza atroce che le era stata predetta; il fatto è
    che, nel suo fervore e nella sua generosità, contava come niente ciò che aveva sofferto
    fino a quel momento.
    Sebbene non avesse trascurato niente per portare avanti i lavori del monastero, è anda-
    ta via lasciando dei muri incompleti; così non vide il monastero terminato come più
    volte ci aveva predetto.
    Siccome era suo diritto, il Carmelo di Pau desiderava possedere il suo cuore. Avevamo
    avvertito il chirurgo che la curava e che venne, verso le otto a procedere alla apertura
    del corpo. Non appena vide il cuore, vi notò come una cicatrice; prima di levarlo,
    chiamò i nostri due Padri e a tutti fece vedere una apertura i cui due bordi sembravano
    essiccati, il che provava, aggiungeva, che questa apertura non era stata fatta durante
    l'operazione.
    Il Padre Belloni gli fece questa riflessione: Ma, forse una malattia ha potuto provocare
    E ciò? No, egli rispose, questo cuore non è mai stato malato.
    Lo si deponeva in un piatto quando quattro sacerdoti del Patriarcato e ben presto un
    quinto entrarono nell'infermeria, su richiesta del chirurgo, per servire da testimoni. Dio
    aveva permesso che si trovassero a quell'ora nella parte esterna del monastero, perché
    Monsignore Patriarca li aveva mandati per concordare l'ora e la cerimonia del
    seppellimento. Tutti hanno potuto esaminare a loro agio il cuore; una constatazione di
    ciò che è avvenuto sarà scritta da questi signori.
    Il giorno dopo, il chirurgo ci fece ancora notare che la ferita trapassava il cuore da
    parte a parte, lasciando in uno dei due lati una apertura meno larga.
    Il corpo di suor Maria di Gesù Crocifisso, conservò per parecchie ore una bellezza di
    paradiso come diceva il medico.
    Tutta la giornata le sue braccia restarono flessibili, e ogni volta che non si tenevano
    più le sue mani, esse si sistemavano da sole a forma di croce. Quando fu estratto il
    cuore, un sangue caldo, liquido e vermiglio non cessò di scorrere fino a sera,
    attraverso la piaga del petto.

    156
    Una volta nella bara, si videro a tre
    riprese le sue braccia uscire da sole dal
    feretro. Dopo che la nostra Reverenda Madre gliele ebbe più volte ripiegate invano, le
    disse: Figlia mia, per obbedienza, restate con le braccia abbassate, perché si possa
    chiudere la bara. E la cara figlia, che durante la sua vita aveva rispettato l'obbedienza
    fino al miracolo, ubbidì ancora dopo la sua morte, e le sue braccia restarono immobili.
    Fu portata nel coro e circondata di rose, di gigli e di lumi. I rosai ombreggiavano la
    sua testa e i gigli formavano una corona attorno alla sua bara.
    I nostri cuori erano molto commossi e consolati nello stesso tempo. Era stato in questo
    stesso giorno e press'a poco nella stessa ora, che ci si era accorti che lei riceveva una
    ferita soprannaturale nel Carmelo di Pau, il 26 agosto 1867, dopo i primi vespri della
    Transverberazione del cuore di nostra Madre Teresa, di cui noi recitiamo l'ufficio.
    Abbiamo passato la notte accanto a questa cassa che conteneva ciò che noi tutte
    avevamo di più caro quaggiù.
    Il 27 agosto, un numeroso clero si era recato in cappella per la messa del
    seppellimento, che fu celebrata da don Valerga, segretario di Mons. Patriarca di
    Gerusalemme.
    Ai suoi funerali la partecipazione fu immensa; un solo grido sfuggiva da tutte le
    bocche: La santa è morta.
    Dopo la Messa, il clero entrò nel chiostro, come pure il Console di Francia. Tutti
    portavano un cero in mano e questa cerimonia funebre rassomigliava più a un trionfo
    che a un lutto. Sedici preti del Patriarcato circondavano il feretro.
    Era venuto, infine, il momento dell'ultima separazione. Il nostro caro tesoro, o
    piuttosto le sue spoglie mortali stavano per lasciarci per sempre, lasciandoci, però, una
    pace che supera ogni sentimento, perfino quello del dolore e del vuoto immenso che si
    era fatto in mezzo a noi.
    CAPITOLO XIX
    Dopo la sua morte
    Gli abitanti di Bethjallah, villaggio distante un quarto d'ora da Betlemme, assicurarono
    di aver visto, l'indomani della sua morte, un arcobaleno sul monastero con una corona
    verde in mezzo.
    Nel momento in cui la sua bella anima se ne volava verso il suo Creatore, una santa
    religiosa` la vide, durante il suo sonno, sotto forma di una stupenda colomba. Ecco del
    resto il racconto che ne faceva al Rev. Padre Estrate.
    Nella notte dal 25 al 26 agosto (1878), fui tutt'a un tratto trasportata sulla riva del ma-
    re; ero impressionata nel vedere questa distesa d'acqua, il mare era cattivo; tuttavia,
    dovevo imbarcarmi per un lungo viaggio, non vedevo alcun battello per la traversata,
    ero sola e dovevo partire senza ritardo. Tutt'a un tratto un uccello bianco come la neve
    si mostrò volteggiando sulle acque dove apriva le sue lunghe ali bordate d'oro; arrivò
    con un rapido volo, vicino a me sulla riva, mi fece segno di mettermi sulle sue ali;
    esitai malgrado la fiducia che mi ispirava questa bianca colomba (molto più grossa
    delle colombe solite); nel mio pensiero vi vedevo del soprannaturale, credetti che il
    buon Dio mandasse un angelo in mio aiuto. Siccome temevo ancora, questo uccello mi
    parlò e mi disse: «Mettetevi sulle mie ali e vi porterò là dove il buon Dio vi vuole». E
    siccome volevo obbiettare la mia partenza, mi prese con il suo becco e mi sono sentita
    io stessa leggera come l'uccello che mi portava; allora la paura che avevo avuto, cessò;

    157
    andavamo in alto mare, più presto del
    vento. Il mare era calmo, il sole si
    rifletteva sulle acque; mi sentivo tutta accesa di amore di Dio, non cessavo di
    benedirlo per la sua protezione verso di me; assaporavo, per così dire, un anticipo di
    cielo.
    Dopo una lunga traversata senza fatica, arrivammo su una bella spiaggia. L'uccello mi
    depose sulla riva; poi, guardandomi con un occhio intelligente ed innocente, mi disse:
    «Vedete laggiù quel magnifico giardino? Seguite questa strada, essa vi conduce;
    ammirate quei bei fiori e, quando vi sarete arrivata, vedrete un magnifico palazzo: è
    quella la dimora di colui che mi ha mandato verso di voi, vi prepara una bella festa;
    entrate dunque e presentate i vostri omaggi al padrone di questo palazzo esprimendogli
    tutta la vostra gratitudine per le sue bontà verso di voi; vi riprenderò per assistere alla
    messa che si dirà fra un'ora; ho una missione da compiere; a presto, sarò là per la
    festa».
    Seguii il mio cammino, vedevo come in un'ombra il palazzo che mi era stato indicato;
    arrivai senza fatica; trovai alla porta del palazzo un domestico in sontuosa livrea; mi
    sembrava che fosse a conoscenza del mio arrivo; con un'aria gentile e modesta, mi
    pregò di entrare e, siccome attraversavo un vasto vestibolo, sentii un olezzante
    profumo: tante specie di fiori, dai profumi deliziosi, ornavano i larghi corridoi che noi
    attraversavamo; e là la leggiadra colomba venne a raggiungermi e, con aria
    soddisfatta, mi disse: «Benedico Dio del vostro felice arrivo, seguitemi». La seguii per
    alcuni minuti, poi si fermò e mi mise sulla fronte non so che balsamo odoroso ed io
    feci il segno di croce. La colomba mi disse: «Entrate nella casa di Dio; sta, in questo
    momento, per cominciare la messa, vi starò unita; fate la santa comunione ed io vi
    rivedrò dopo; fate il vostro ringraziamento con fede, fiducia, amore, ed abbandonatevi
    fra le mani di Gesù per lasciarlo liberamente agire in voi». Volendo sapere chi mi
    parlasse così da parte di Dio, dissi con ingenuità a questa cara colomba: «Ditemi, vi
    prego, chi siete voi». Mi rispose: «Vi si è parlato molto di me, mi farò conoscere a voi
    dopo il vostro ringraziamento». Entrai in questa magnifica chiesa della quale mi si apri
    la porta; mi misi in un angolo per raccogliermi, non era difficile, mi sembrava di
    essere tutta raccolta in Dio; le persone che erano presenti in questo santo luogo erano
    stupende, di celeste bellezza; io mi vedevo come un granello di polvere; non potevo
    annientarmi abbastanza. Gruppi di angeli si lasciavano vedere vicino all'altare e
    facevano risuonare dei loro canti il bell'edificio; la dolcezza, la soavità delle loro voci
    mi rapiva; ero tutta assorta in Dio e quando venne il momento della comunione, non
    osavo avvicinarmi per partecipare a questo celeste banchetto; allora il mio bellissimo
    uccello bianco venne ad appoggiarsi sulla mia spalla destra; mi diede un significativo
    colpo di becco per farmi avvicinare. Subito mi alzai e mi presentai alla sacra Mensa, in
    mezzo agli angeli proni; uno di essi fissò su di me uno sguardo; sembrava che mi
    mostrasse col suo atteggiamento il rispetto e l'amore che mi dovevano animare in
    quell'istante supremo. Ricevetti dunque Gesù nella mia bocca e soprattutto nel mio
    cuore!... Non so ciò che allora avvenne; rimasi tutta assorta nella mia felicità; pregai
    per tutti quelli che mi erano cari, per voi, mio buon Padre, per Sorellina prediletta da
    Gesù.` Sentivo il più ardente desiderio di farvi condividere la mia felicità, perché foste
    testimonio di questa bella festa.
    Un momento dopo, la mia colomba, secondo la sua promessa, venne di nuovo a tro-
    varmi, si mostrò dapprima sotto la forma che ella aveva sempre avuto, poi, tutt'a un

    158
    tratto si trasformò, vidi una figura di una
    bellezza incantevole; aveva conservato le
    sue ali d'oro e mi disse: «Io vi do appuntamento, ogni giorno, a questo celeste
    banchetto, sarò là accanto a voi e presenterò io stessa le vostre preghiere a Gesù; ed
    ugualmente, do là appuntamento a tutti i miei amici della terra; vi troverete tutti il
    nutrimento delle vostre anime e la forza di cui avete bisogno; siate molto fedeli, noi ci
    rivedremo; che il ricordo di tutto ciò che voi avete visto vi sostenga nei giorni cattivi!
    lo sono suor Maria di Gesù Crocifisso!». Potete ben farvi un'idea, o Padre buono, di
    ciò che provai, svegliandomi; erano quasi le cinque, del 26 agosto; non vi faccio alcun
    commento, non è che un sogno, esso mi ha fatto provare una indicibile felicità! Alle
    sei, andai alla santa messa e feci la santa Comunione con le disposizioni che mi erano
    state così ben dimostrate ma, ahimè! Tutto era scomparso... Mio buon padre, vogliate
    se credete, spiegare voi stesso questo sogno, davanti a Dio, sicché io possa ricavarne
    dei frutti di santificazione per la mia anima.
    Il mese seguente, la stessa religiosa si svegliava durante la notte vedendo un grande
    chiarore:
    In mezzo a questa luce, scriveva al rev. Padre Estrate, vidi una colomba in mezzo a
    raggi luminosi. Domandai a tale colomba ciò che volesse da me; mi guardava con
    occhi intelligenti ed affettuosi. Tutto a un tratto, invece della colomba, vidi, in mezzo a
    questi raggi di luce, la nostra santa, tale e quale come l'avevo vista nel mio sogno del
    26 agosto; poi, siccome la fissavo per domandarle di nuovo ciò che volesse da me, mi
    disse: «Perché non abbiate più alcun dubbio, sono io», e si mostrò da religiosa, così
    come era nel suo ritratto, con un viso illuminato ed un sorriso celeste. Continuò:
    «Alzatevi e baciate le piaghe del vostro Cristo, avete dimenticato di farlo,
    coricandovi». lo ho un grande Cristo nella nostra cella, esso è estremamente
    imponente; tutte le mattine e tutte le sere, bacio con rispetto e amore ogni piaga di Ge-
    sù: è vero che avevo dimenticato di farlo, coricandomi; mi alzai all'istante, e strinsi il
    Cristo sul mio cuore domandandogli perdono; baciai le sue piaghe. Allorché misi la
    bocca sulla piaga del cuore, mi sembrò che la vita fosse in questo Cristo e sentii un
    odoroso profumo.
    La mia piccola santa, che durante questo tempo, avevo perduto di vista, era sempre là,
    mi guardava fare. Le domandai di nuovo se volesse qualcosa da me; mi disse: «Vivete
    quaggiù come gli angeli, non cercate che l'amore di Gesù, guadagnategli (delle) anime
    con le vostre preghiere e i vostri sacrifici; siate unita con il padre e la amatissima
    Sorellina, dite loro che mi avete vista; lavorate senza posa per il bene delle anime: Dio
    vi prepara una bella ricompensa; siate molto fedele in mezzo alle vostre prove. Se Dio
    lo permette, vi vedrò qualche volta; addio, sono felice!».
    Sì Padre buono e amata Sorellina, scriveva ancora la stessa religiosa l'anno seguente
    (1879), al rev. Padre Estrate ed alla signorina Dartigaux, il 2 luglio, durante la santa
    messa che fu detta la prima volta nella nostra casa di Troyes, vidi la mia cara colomba
    e mi portava con lei in un anticipo di cielo. Non ero più sulla terra, il mio spirito ed il
    mio cuore godevano di Dio in modo inesprimibile... Avevo questa santa fanciulla
    vicino i me, sentivo la sua presenza, mi infiammava d'amore per Gesù... Mi
    accompagnò alla sacra Mensa, cioè all'Altare. Ricevetti il buon Gesù che mi aveva
    tanto amato e mi sembrava che mi ottenesse tutto ciò che avevo desiderato e
    domandato per sua intercessione. Dopo il mio ringraziamento mi disse:

    159
    «Siate sempre unita a Gesù e molto
    annientata, non vivete che d'amore e di
    sacrificio, non abbiate paura, Gesù vi sosterrà; è con questa prospettiva che si fanno
    grandi cose per Dio e che si ottengono ogni specie di favori; fai parte ai due amici
    della tua felicità; godete insieme dei favori che vi sono stati accordati, unitevi per fare
    il bene; mettete in comune tutti i meriti che voi acquisterete con i vostri sacrifici; e,
    spendetevi al servizio delle anime e usate tutti i mezzi per guadagnarle a Gesù; non
    rifiutate senza alcun pretesto le anime che si presentano: Gesù veglierà su di voi. Se
    voi agite così non avrete niente da temere... Comunicate al Padre e a Sorellina ciò che
    vi dico e seguite i loro consigli; coraggio e completo abbandono a Gesù!...». A questo
    punto tutto finì, ma questa volta, la realtà mi ha impressionato più del sogno.
    derlo: essi faranno tre soste». Effettivamente, due mesi dopo la sua morte, tre preti del
    Sacro Cuore di Bétharram, venuti dalla Francia con la fondatrice, la signorina
    Dartigaux, arrivavano a Betlemme. Tutte le parole della veggente, citate più avanti, si
    compirono alla lettera. Questi Padri che portavano il cuore di suor Maria di Gesù
    Crocifisso, fecero realmente tre soste: a Roma, a Loreto ed a Montpellier, prima di
    arrivare a Pau, dove il prezioso tesoro fu rimesso al Carmelo.
    Nostro Signore aveva affidato alla sua piccola serva, parecchio tempo prima della sua
    morte, la missione di lavorare ad un'altra opera assicurandone la riuscita. Era la
    fondazione di una residenza dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram a Betlemme. Una
    lettera, da lei dettata per ottenere questa autorizzazione fu indirizzata a Roma, alla
    Propaganda. Senza perdersi d'animo per un prolungato silenzio, scrisse di nuovo, e,
    non ricevendo dapprima risposta favorevole, scrisse direttamente al Santo Padre;
    questa lettera fu rimessa a Mons. Patriarca che doveva postillarla prima di mandarla a
    Roma.
    Dopo queste richieste, Nostro Signore le fece conoscere che il suddetto permesso non
    sarebbe stato accordato che alla fondatrice del Carmelo di Betlemme, la signorina
    Dartigaux. E fu quello che accadde.
    Nella prima quindicina di dicembre 1878, si riceveva al Carmelo di Betlemme, da
    parte della Propaganda, un rifiuto assoluto alle richieste fatte per questa fondazione.
    Ma il 15 dicembre 1878, la signorina Dartigaux, inginocchiata in udienza particolare ai
    piedi di Sua Santità Leone XIII, al Vaticano, otteneva il sollecitato permesso di
    fondare una residenza dei Preti del Sacro Cuore a Betlemme. La pia fondatrice non
    aveva nascosto al Santo Padre che Nostro Signore voleva quest'opera a seguito delle
    rivelazioni che aveva fatto alla sua serva, suor Maria di Gesù Crocifisso. Ecco, del
    resto, su questo stesso argomento alcuni particolari di un testimone autorizzato, il rev.
    Padre Prospero Chirou.
    Irún, 14 Dicembre 1911
    Quando la fondatrice del Carmelo di Betlemme ebbe deciso di far costruire una casa
    per i futuri cappellani di Bétharram, la Priora mi incaricò di andare a trovare un
    architetto francese, chiamato Guillemot, che risiedeva a Gerusalemme, e di pregarlo di
    fare un progetto. Su alcune mie indicazioni, l'architetto si mise all'opera. La piccola
    suora (suor Maria di Gesù Crocifisso) voleva, ciò che fu eseguito, due padiglioni alle
    estremità del corpo centrale. Ben presto, le piante furono terminate e mandate a chi di
    diritto. Le critiche insorsero da tutti i lati. Un giorno, dissi alla piccola suora: Eh! Eh!
    Cara suora, ciò non va bene, si trova che la nostra casa sarà troppo vasta per quattro
    padri e due fratelli coadiutori.

    160
    «Lascia dire, mi rispose, vedrai che sarò
    troppo piccola; si verrà in gran numero a
    Bétharram. La fondatrice mi approverà». Si può apprendere, attraverso quanto è poi
    avvenuto cKé ella aveva ragione.
    Mentre si terminava l'ultimo piano del monastero delle Carmelitane e che si costruiva
    nel giardino una lavanderia, ecc., la Madre Priora mi faceva entrare nel cantiere per
    sorvegliare gli operai. C'era la piccola suora che serviva da interprete, perché essa sola
    sapeva parlare l'arabo. Di tanto in tanto, mi parlava di Gesù, del suo desiderio di
    andare presto dalui e, più volte, mi ripeté queste parole: «Padre, sento che Gesù mi
    chiama, andrò ben presto a vederlo». Un giorno, come annoiato, gli dissi: Bah! Siete
    sempre la stessa; continuamente mi dite che state per lasciarci, e il momento non
    arriva mai; affrettatevi, non vi restano che tre mesi. Sapevo che aveva annunciato in
    un'estasi che non sarebbe rimasta a Betlemme più di tre anni. Poco tempo dopo questa
    conversazione, portando due contenitori di acqua, uno in ogni mano, per fare bere gli
    operai, la suorina cade, salendo una scala provvisoria. La si trasporta nell'infermeria, si
    chiama il medico il quale constata che il braccio sinistro è rotto. Malgrado tutte le
    numerose cure delle buone suore e del medico, la cancrena si sviluppa rapidamente, e
    suor Maria di Gesù Crocifisso muore con la più perfetta rassegnazione alla volontà di
    Dio. Alcune ore prima che morisse, andai a vederla nell'infermeria e le domandai ciò
    che pensasse della nostra possibile residenza a Betlemme. In quel momento si
    sollecitava dalla Santa Sede l'autorizzazione a fondare questa residenza per il servizio
    spirituale al Carmelo. La piccola suora mi rispose in questi precisi termini: «Ciò è
    fatto in Cielo, e per conseguenza, si farà sulla terra». Effettivamente, alcuni mesi dopo,
    la vigilia di Capodanno, secondo la mia abitudine, andai a porgere gli auguri di buon
    anno a Mons. Patriarca Bracco. Quando ebbi finito, mi disse: Ed io, ora vi annuncio
    che Bétharram è autorizzato da Roma a stabilire una residenza a Betlemme.
    Ecco ciò che dichiaro e garantisco essere pura verità, e semplicemente redatta.
    Prospero Chirou prete del S.C. Dopo la morte di suor Maria di Gesù Crocifisso,
    parecchie carmelitane, sia a Betlemme, sia a Pau, hanno sentito dei profumi di una
    soavità tutta celeste, in parecchi posti del loro monastero. Questo ci fa ricordare che,
    durante la sua vita, questi stessi deliziosi profumi emanavano a diverse riprese dal
    corpo della suora.
    Le Dame di Nazareth a Chef-Amar, che possedevano un pezzo di tela intinta nel suo
    sangue, ci hanno scritto per attestare che emana un soave profumo.
    Suo fratello Paolo, che lei non aveva potuto più rivedere dalla sua infanzia, venne a
    suonare al Carmelo di Betlemme poco tempo dopo la sua morte. Ci parlò della sua
    prima infanzia; ci raccontò come lei era stata raccolta da uno zio paterno e la sua
    sparizione all'età di circa tredici anni.
    Ci disse che aveva ricevuto la lettera di lei fatta scrivere in quel periodo, per invitarlo a
    venire a vederla, ma che non avendola trovata nella sua famiglia, ad Alessandria, egli
    aveva creduto, come tutti i suoi parenti, che li avesse ingannati.
    Paolo Baouardy morì nel marzo 1890. Il sacerdote cattolico che lo ha assistito durante
    la sua morte, attestò a Don Sisha, allora curato latino di San Giovanni d'Acri, il quale
    l'ha affidato ad una lettera, che possiede il Carmelo di Betlemme, che tre giorni dopo il
    suo trapasso, sua sorella Maria di Gesù Crocifisso gli era apparsa e lo aveva avvertito
    che, fra tre giorni, egli non sarebbe più stato in questo mondo; il che si era verificato. 1
    Greci cattolici che lo hanno assistito durante la sua agonia hanno raccontato tante volte

    161
    ai suoi figli, Giorgio e Maria," che era
    meravigliato che non vedessero sua
    sorella, come lui. La camera era tutta profumata da odore di incenso; quella brava
    gente cercò in tutti gli angoli da dove potesse venire questo profumo; essi non
    trovarono niente.
    Ed è proprio questo profumo o quello di violetta che emana ancora qualche volta, la
    biancheria delle sue stimmate.
    Per completare questo capitolo, riferiremo ancora alcune guarigioni attribuite alla
    Serva di Dio e che lasciamo all'Autorità competente di apprezzare.
    Il medico che la curò durante la sua ultima malattia, ha assicurato che egli era stato
    guarito da un male orribile al piede, con la sola applicazione di un panno che aveva
    inzuppato lui stesso nel suo sangue.
    La religiosa del Buon Pastore che l'aveva vista sotto forma di una colomba, ci scrisse
    che suo cognato era stato immediatamente guarito da un male alla mano che i medici
    dovevano amputare per evitare la cancrena, mediante l'applicazione di un panno
    intinto nel sangue di suor Maria di Gesù Crocifisso. Questo panno emanava un soave
    profumo.
    Una giovane madre, dopo essere stata tutto un giorno in un incombente pericolo, fu
    liberata non appena le si ebbe posato sopra un oggetto che era servito a suor Maria di
    Gesù Crocifisso (Pau, 1880).
    Una religiosa, affetta da malattia di cuore e da vomiti continui, che l'avevano ridotta in
    uno stato di estrema debolezza, non riceveva alcun sollievo da tutte le cure del
    medico. Cominciò una novena per ottenere la sua guarigione per intercessione di suor
    Maria di Gesù Crocifisso; fin dall' indomani, si produsse un sensibile miglioramento.
    Appese alla sua maglietta un sacchettino contenente dei capelli della suora, e, da quel
    momento, il vomito finì completamente. Da allora, malgrado le sue deboli forze, non
    ha mai cessato di assolvere il suo compito, e può perfino fare lezione senza alcun
    disturbo, cosa che non era stata capace di fare da parecchi anni. (San Maurizio, Yonne,
    1881).
    La signora P.., di Bayonne, scriveva, il 22 luglio 1881, alla Priora del Carmelo di Pau:
    "Che Dio sia esaltato nei suoi santi e sante! La santa figlia del Carmelo che ho avuto la
    gioia di conoscere e che invoco con fede e fiducia, ha avuto pietà di me e mi ha
    restituito la salute. Oh! quanto è potente, questa così buona suor Maria di Gesù
    Crocifisso! Sono penetrata della più viva riconoscenza, non ho parole per dire tutto
    quello che provo per lei... Ben lo dico ad alta voce e vorrei renderlo pubblico ovunque;
    è lei che mi ha guarito, che mi ha restituito la salute che avevo perduto da quattordici
    anni; oggi vivo come tutti... Ho la ferma fiducia che terminerà ciò che ho così ben
    cominciato, e che questa salute, che mi ha fatto recuperare, non servirà che per
    lavorare efficacemente".
    Una giovane signora, pericolosamente ammalata, ebbe l'ispirazione di poggiare al suo
    collo un rosario che aveva avuto da suor Maria di Gesù Crocifisso; il pericolo
    scomparve e le fu restituita la salute per la felicità dei suoi figli. (Marsiglia, 1882).
    Prima della sua partenza per Betlemme, suor Maria di Gesù Crocifisso aveva detto a
    suor Agnese del Carmelo di Pau che il buon Dio avrebbe reso a sua sorella la sig.ra
    S... ciò che aveva fatto per la fondazione. Questa signora, aveva offerto parecchi doni
    per la sagrestia e la comunità. Alcuni anni più tardi, suo marito si ammalò; non era
    praticante, e allorché fu in pericolo, non gli si poteva parlare degli ultimi sacramenti.

    162
    Un giorno, si sveglia come da un sonno e
    domanda
    un
    sacerdote.
    Da
    quel
    momento, pregava, era ammirevole per rassegnazione e pazienza in mezzo ad atroci
    sofferenze. Il Padre Berdoulet, prete del Sacro Cuore di Bétharram, che l'assisteva, gli
    mostrò un giorno la fotografia di suor Maria di Gesù Crocifisso che aveva già lasciato
    questa terra e che il malato non aveva mai visto. Appena la vide la prese e la baciò più
    volte dicendo: È lei che mi ha convertito, è proprio lei quella che mi ha convertito. Ed
    era fuori di sé per la gioia e la felicità. Fin dai primi giorni di questa malattia, che suor
    Agnese ignorava, suor Maria di Gesù Crocifisso la mise a conoscenza durante il suo
    sonno, dicendole che suo cognato stava per morire. Questa notizia le fu ben presto
    confermata dalla lettera di sua sorella.
    I fatti seguenti avvennero perfino mentre suor Maria di Gesù Crocifisso era viva.
    Prima della sua partenza per l'India, nel mese di agosto 1870, una guarigione ebbe
    luogo in Inghilterra per sua intercessione. Il giovane sacerdote inglese che ne fu
    l'oggetto, aveva conosciuto la novizia a Pau. La sua straordinaria devozione verso il
    sacramento dell'Eucarestia e il suo grande amore di Dio stabilì tra la suora e lui una
    specie di parentela spirituale, utile a tutti e due. Nel luglio 1870, questo sacerdote
    cadde così gravemente ammalato a Londra, che i medici disperarono di poterlo
    salvare. Egli fece gli ultimi saluti alla sua famiglia e ricevette gli ultimi sacramenti. A
    questo punto, arrivava dalla Francia una lettera, dettata da suor Maria di Gesù
    Crocifisso e contenente uno dei panni applicati sulla piaga sanguinante del suo costato.
    La novizia avendo appreso per vie soprannaturali lo stato del malato, gli scriveva che
    la volontà di Dio si opponeva a che egli morisse in quel momento, perché doveva
    ancora compiere una grande opera per la gloria dell'Altissimo. Il malato applicò il
    panno sul suo petto e si ritrovò subito guarito.
    Una suora di San Giuseppe dell'Apparizione, molto conosciuta per la sua carità, ha
    attestato per iscritto il fatto seguente, che citiamo in seguito alla sua testimonianza.
    Questa religiosa era stata mandata dai suoi Superiori nell'isola di Cipro nel gennaio
    1874. La sua salute era deplorevole e il suo stato non fece che aggravarsi, alcuni mesi
    dopo, in seguito ad una forte febbre che ricompariva ogni quindici giorni seguita da
    vomiti di sangue. 1 medici consultati dichiararono che la suora era tisica e che aveva
    poco tempo da vivere. Questo triste stato si prolungò fino al 1876. In autunno il male
    peggiorò in modo tale che i medici prescrissero alla suora il riposo più assoluto e
    perfino di evitare qualsiasi movimento. La sua Superiora, vedendola come in agonia,
    mise più volte uno specchio davanti alla sua bocca per assicurarsi se respirava ancora.
    Le era stato detto di fare il sacrificio della sua vita ed aveva ricevuto il santo viatico:
    pronta al terribile passaggio, attendeva il suo ultimo momento con tranquillità. Ora,
    accadde che una notte, verso le undici di sera, vide suor Maria di Gesù Crocifisso,
    innalzata dal suolo ad una grande altezza, rapita da Dio, con le braccia in croce, di
    fronte a lei, in mezzo ad una luce che illuminava la camera come in pieno giorno.
    Aveva il suo abito di religiosa
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:37
    164
    seppellire fra poco tempo. Non diedi, in
    quel momento, grande importanza a
    questa affermazione, ma ecco come essa si realizzò.
    Bisogna dire che la vigilia della morte della suora, Monsignore era ritornato a Bethjal-
    lah, dopo aver amministrato gli ultimi sacramenti alla moribonda, e mi trovavo io
    stesso in questa località con molti altri sacerdoti del Patriarcato. La notizia della sua
    morte ci arrivò l'indomani. La sera di quel giorno, non era stato ancora deciso chi
    avrebbe fatto il servizio funebre, la mattina seguente. Don Belloni passò questo onore
    al curato di Betlemme: costui addusse a pretesto delle occupazioni. Don Emilio, Don
    Teofilo, Don G. Marta, non so per quali motivi, rifiutarono di fare la cerimonia. Alla
    fine, mi venne a cercare nella mia camera, ove ero già coricato e mi si impose
    piuttosto che pregarmi, di cantare la messa.
    Feci dunque il servizio funebre e fu solamente allorquando, secondo il rituale Carmeli-
    tano, gettai un pugno di terra sulla bara della suora, che mi ricordai della profezia:
    «Sarai tu a seppellirmi»: ne fui talmente emozionato che non potei finire l'orazione. 1
    partecipanti se ne accorsero.
    La vigilia della morte della suora, un messo, recante una lettera di Don Belloni, si pre-
    sentò a Mons. Bracco, allora a Gerusalemme. Fu durante il pranzo, una domenica. La
    lettera annunciava che suor Maria di Gesù Crocifisso era molto grave e desiderava
    vedere il Patriarca.
    Finito il pasto, Monsignore partì; io lo accompagnai con un giannizzero. Alla porta del
    convento ci attendevano Don Belloni, il Padre curato di Betlemme e il Padre Guido. Il
    Patriarca si recò presso la malata e, avendola vista, concluse che era necessario
    amministarle senza ritardo il Santo Viatico.
    Don Belloni passò questo onore al Padre Curato, e questi al Padre Guido. Non volendo
    nessuno dei tre assolvere a questo compito, si concluse che, essendo presente il primo
    Parroco della diocesi, bisognava lasciare a lui quest'onore e questo dovere. Lo si
    pregò. Monsignore accettò.
    Fatto ciò, siccome il male peggiorava, si decise di dare l'Estrema Unzione all'ammala-
    ta. Stessa discussione e stessa conclusione come per il Viatico; anche questa volta,
    Monsignore accettò. Non si decideva a lasciare il capezzale della malata, e fu
    solamente a notte inoltrata che riprendemmo il cammino di Bethjallah.
    Arrivati vicino alla tomba di Rachele, siccome camminavo ad una breve distanza da
    Mons. Bracco, lo vidi tutt'a un tratto fermarsi e battersi la fronte come preso da
    qualche cosa di grave; poi esclamò: Ecco una profezia realizzata! Che avviene? gli
    dissi avvicinandomi. Si è che la malata mi aveva profetizzato che le avrei dato il
    Viatico e l'Estrema Unzione, e in effetti, le ho appena amministrato questi sacramenti.
    L'indomani, ci si venne ad annunziare la morte di suor Maria di Gesù Crocifisso. Noto
    espressamente che Mons. Patriarca era molto riservato su tutte queste cose e che ha
    potuto essere il confidente di altre cose ancora delle quali non sono a conoscenza.
    Ho sentito raccontare che in un giardino (a Pau o a Mangalore, non saprei dirlo), suor
    Maria di Gesù Crocifisso ebbe il cuore trafitto come lo si racconta di santa Teresa.
    Effettivamente, alcune ore dopo la sua morte, un certo Carpani, che faceva la
    professione di medico, venne a fare 1'espianto del cuore. Il cuore prelevato, lo si mise
    su un piatto, perché tutti potessero esaminarlo. Ero-presente con Don Belloni, Don
    Emilio, Don Teofilo, Don Giovanni Maria Marta, Don Riccardo Branca. Potemmo
    tutti constatare che il cuore portava la cicatrice di una ferita che si sarebbe detta

    165
    prodotta da una lunga punta di ferro... Il
    cuore posto così su un piatto passava di
    mano in mano, di modo che tutti i sacerdoti presenti e le stesse religiose, poterono
    constatare questo fatto meraviglioso.
    Potemmo constatare anche che, ai piedi e alle mani, la suora portava le cicatrici delle
    piaghe, simili a buchi. Su questo argomento, Don Belloni, confessore di suor Maria di
    Gesù Crocifisso, mi assicurò che, lei viva, quando si metteva in controluce una sua
    mano, si sarebbe detto che la carne ne era trapassata al posto delle stimmate.
    Potemmo tutti inoltre constatare la traccia visibile di una larga ferita ricevuta al collo.
    Suor Cipriana (suora di San Giuseppe dell'Apparizione) mi ha raccontato che suor
    Maria di Gesù Crocifisso, trovandosi ad Alessandria, era stata colpita al collo
    dall'arma tagliente di un miserabile che la gettò in un fosso, ove sarebbe morta se la
    Santa Vergine non l'avesse salvata da questo pericolo.
    Pochi giorni dopo la sepoltura, ho sentito raccontare che, essendo terminata l'operazio-
    ne di Carpani per 1'espianto del cuore, il cadavere aveva steso le braccia a forma di
    croce ed era rimasta in questa posizione fino a quando venne il momento di metterlo
    nella bara. La Madre Priora ordinò a questo punto al cadavere di piegare le braccia... Il
    cadavere obbedì a quell'ordine e la suora fu seppellita.
    APPENDICE
    GIUDIZI DI ALCUNE PERSONALITA SULLA BEATA
    Lettere di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, alla Madre Priora del Carmelo di Pau
    Bayonne, 11 aprile 1868
    Reverenda Madre,
    i favori, che riceve da Dio la giovane Araba alla quale avete dato ospitalità, mi
    sembrano mirabili e degni del più grande interesse. Spero di avere la consolazione di
    vedere questa fortunata stimmatizzata, fra non molto in occasione del mio viaggio a
    Pau. Vogliate continuare ad assisterla con le vostre buone cure; asseconderete così le
    divine attenzioni in merito a questa eletta del cielo e a questa imitatrice di Gesù
    Crocifisso. Mi raccomando alle sue preghiere e alle vostre e vi benedico tutte nel
    nome del Signore.
    + Francesco, vescovo di Bayonne
    È importante che ciò che avviene di straordinario, in merito allo stato della stim-
    matizzata resti segreto e non esca dal monastero fino a quando il buon Dio non decida
    altrimenti.
    Bayonne, 16 settembre 1868
    Reverenda Madre,
    la ringrazio dei particolari che mi ha fatto conoscere in merito alla nostra cara Maria di
    Gesù Crocifisso e che seguono alle altre informazioni così importanti e così
    interessanti che avevo già ricevuto. Comprendo, così come lei me lo annuncia che il
    tutto sia raccolto dalle vostre cure e da quelle delle sue beneamate sorelle della
    comunità per la cronistoria completa di questo grande avvenimento, affinché si
    conservi e serva come edificazione nel futuro, e nel tempo presente.

    166
    Sono ben certo che sarete tutte molto
    fedeli alle raccomandazioni e istruzioni
    che vi sono state così saggiamente e così meravigliosamente date e che ne risulterà un
    gran bene per il Carmelo e la perfezione di tutte le figlie di santa Teresa.
    Mi propongo di venire a celebrare una Messa di ringraziamento nel vostro monastero
    al più presto, non appena le mie occupazioni me lo permetteranno, per ringraziare il
    divin Salvatore della sua ineffabile bontà e delle grazie straordinarie delle quali ha
    voluto colmare la sua piissima e fervente figlia Maria di Gesù Crocifisso ed anche
    tutto il monastero.
    Ho visto, a Bayonne, il vostro reverendissimo Padre Generale, ma non mi ha detto che
    si proponeva di visitare la vostra casa di Pau. Quando verrà apritegli le porte, e ditegli
    che avrà tutti i poteri che crederà di dover usare in questa visita e li avrà tutti senza
    alcuna restrizione.
    La benedico, mia buona Madre, e con lei tutta la Comunità; la ringrazio dei frutti
    benedetti che la santissima Vergine si era degnata riservarmi, come pure la nostra suor
    Maria di Gesù Crocifisso.
    Siamo sempre più riconoscenti, a questa augusta e tenerissima Madre del Carmelo, che
    vi prodiga così preziose e così dolci consolazioni.
    + Francesco, vescovo di Bayonne
    Lettera di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, a suor Maria di Gesù Crocifisso,
    al momento della sua partenza per Mangalore (agosto 1870)
    Carissima figlia di Gesù Crocifisso,
    andate dunque lontano e molto lontano, ma per Gesù e per farlo conoscere, per farlo
    onorare. Egli sarà con voi sempre: seguitelo con la sua croce, o piuttosto restate
    sempre attaccata alla sua croce, dicendo con san Paolo: " lo sono con Gesù, legato,
    inchiodato alla sua croce, in modo da essere inseparabili, Gesù e voi; abbiate un
    medesimo spirito, un medesimo cuore, una medesima anima, uno stesso corpo, una
    stessa esistenza.
    Maria di Gesù Crocifisso resterà incessantemente con la divina Madre di Gesù.
    Pregate molto per me, cara figliuola, io lo faccio ogni giorno per voi nella santa
    Messa. Oh! Quante volte, ogni giorno ed ogni notte, penserò a Maria di Gesù Cro-
    cifisso, unendomi alle vostre preghiere ed unendovi ai miei sacrifici, soprattutto a
    quello dell'altare.
    Scrivetemi le tante volte che ne avrete l'occasione, io farò lo stesso. Vi benedico dal
    profondo del cuore.
    + Francesco, vescovo di Bayonne
    Lettera di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, a Mons. Bracco, Patriarca di
    Gerusalemme
    Venerabile Fratello,
    le Suore carmelitane sistemate presso la Grotta di N. S. G. C. per volontà di Sua
    Santità Papa Pio IX e per il vostro beneplacito, mi hanno spessissimo parlato nelle loro
    lettere della vostra affettuosissima carità per loro, cosa che mi è stata molto gradita.
    Ed è per questo, per la vostra benevolenza, che vi faccio larghissimi ringraziamenti, e
    sono certo che questa benevolenza durerà sempre, poiché voi siete il padre e, per così
    dire, la madre di queste suore.

    167
    Siete
    fortunato,
    venerabile
    fratello,
    perché il Cristo ci ha spogliati per
    arricchirvi. Possedete in effetti preziose perle e, fra queste perle, una perla ancor più
    luminosa, cioè, suor Maria di Gesù Crocifisso. Sì, io lo confesserò e non lo negherò, lo
    confesserò davanti a Dio e davanti ai suoi angeli: questa suora è un mirabile tesoro di
    tutte le virtù e principalmente un tesoro di fede, di umiltà, di obbedienza e di carità, e
    per dire tutto, in una parola, ella è un miracolo della grazia di Dio.
    Prima di morire, vi scongiuro, Venerabile Fratello, di custodire un così bel deposito
    con la più grande cura e il più grande amore, e riceverete il centuplo in questa vita, e in
    cielo possederete la vita eterna.
    Mi raccomando ad ogni istante alle vostre preghiere. Vostro...
    + Francesco, vescovo di Bayonne
    (La copia della traduzione di questa lettera, dettata in latino da Mons. Lacroix al Rev.
    P Estrate, senza data, può essere datata agli anni 1876-77).
    A proposito dell'approvazione data da Sua Santità Pio IX per la fondazione del
    Carmelo di Betlemme, il cardinale Franchi diceva: lo non ci capisco niente, c'è
    qualcosa sotto; mai il Santo Padre ha fatto un gesto simile! Ed ora, sono io ad essere il
    Protettore di questa opera: siccome i tempi sono tristi, se sopravvenisse qualche
    difficoltà, si prega di rivolgersi a me, me ne incarico io. Così pure il cardinale
    Antonelli diceva che mai un'opera come quella era stata fatta a Roma. E parlando di
    suor Maria di Gesù Crocifisso, dice, da parte del Santo Padre di continuare a dirigerla
    come si era fatto, poiché era sulla buona strada.
    Una comunicazione importantissima riguardante la santa Chiesa e l'augusta persona di
    Pio IX era stata affidata al Padre Bordachar e al Padre Estrate dal Vescovo di
    Bayonne, il quale l'aveva ricevuta da suor Maria di Gesù Crocifisso. Essi, compiendo
    la loro missione, avevano parlato del cammino soprannaturale dell'umile
    suora conversa, ciò spiega alcune delle parole del cardinale Antonelli, citate prima. La
    verità delle rivelazioni contenute nella comunicazione della quale si è appena parlato,
    era stata anche pienamente constatata.
    Ecco ciò che ho sentito raccontare al Sig. Chesnelong, senatore, nella sua visita a
    Bétharram, il 4 e 5 ottobre 1893, riguardo a suor Maria di Gesù Crocifisso. Nell'epoca
    in cui il Sig. Chesnelong negoziava a Roma, con altri cattolici eminenti come lui, la
    fondazione del Carmelo di Betlemme, l'abate Bordachar, che si trovava con questi
    Signori, era anche quello che risentiva più sensibilmente, con la sua vivacità basca, le
    peripezie di una vicenda che passava ogni giorno per le fasi più diverse. Ora, ogni
    giorno, suor Maria di Gesù Crocifisso gli scriveva una lettera che esprimeva
    mirabilmente lo stato d'animo dell'abate Bordachar in quel momento: "Eccovi nella
    gioia; ai vostri occhi è finito, fiducia di bambini nelle cose umane piene di
    vicissitudini". L'indomani, dal suo convento, lei vedeva l'anima del caro Abate tutta
    agitata. "Io vi vedo, quale cambiamento! Ieri, una gioia senza limiti; oggi, una tristezza
    sconfinata fino allo scoraggiamento!".
    Il sig. Chesnelong ha letto parecchie di queste lettere; esse manifestano disposizioni
    così intime, così diverse, con una tale precisione e penetrazione che, ai suoi occhi, Dio
    solo poteva rivelare queste cose alla Veggente: è la sua profonda convinzione.

    168
    (Estratto di una lettera del rev. P
    Etchécopar, Superiore generale dei Preti
    del Sacro Cuore di Gesù, alla rev. Madre Priora del Carmelo di Betlemme).
    Lettera di Mons. Felice Valerga, cameriere d'onore di Sua Santità, Chierico-
    Beneficiato di San Pietro
    Loano, 8 maggio 1912
    Andai un giorno a celebrare la messa nella casa provvisoria che le carmelitane
    abitavano a Betlemme prima che il monastero fosse costruito, ed ecco in quali cir-
    costanze. Al mio arrivo, la messa del sacerdote maronita era a metà. Avvertii che avrei
    celebrato io stesso subito dopo, ma a bassa voce e senza campanella, di modo che non
    ci si potesse accorgere dal coro, dove erano le carmelitane, che si diceva una messa. E
    così fu fatto.
    Ed ecco che dopo la consacrazione, sento un gran movimento di persone ed una voce
    forte che esclama: L'amore è tutto, l'amore è tutto. Era suor Maria di Gesù Crocifisso.
    La sua estasi continuò fin dopo la messa, perché, essendo passato nel parlatorio, la
    sentivo ancora, ma la sua voce era più dolce. Venne e, davanti a me,
    parlò con una eloquenza sbalorditiva, delle anime sacerdotali, e dopo una mezz'ora, mi
    congedò, pregandomi di dire al Patriarca che lei l'attendeva l'indomani, avendo una
    importante comunicazione da fargli.
    Ritornato al Patriarcato, feci a Mons. Bracco la commissione della suora. Egli non
    parve sorpreso e parti l'indomani per Betlemme. Come sempre io ero il suo compagno
    di viaggio. Il Patriarca ebbe un lungo colloquio segreto con la suora. Lei gli dovette
    allora annunziare la piccola rivoluzione che accadde a Gerusalemme alcuni giorni
    dopo, e rassicurarlo sulle conseguenze di questo avvenimento.
    Monsignore, di solito, non ne diceva niente; ma tutti, al Patriarcato, si ebbe la
    convinzione di questa rivelazione della suora, sia a causa della fretta con la quale
    l'aveva chiamato, sia a causa dell'assicurazione e della certezza che il Patriarca mostrò
    al momento dell'avvenimento. Alcuni giorni dopo, effettivamente, il Patriarca aveva
    appena terminato la sua messa, quando don Antonio Morcos venne ad avvertirlo che
    c'era una vera rivoluzione nella popolazione di Gerusalemme e che i latini non
    credevano di poter salvare la loro vita che rifugiandosi al Patriarcato. Monsignore
    permise che venissero, ma li rassicurò tutti, certificò loro che non vi sarebbe stato
    spargimento di sangue. Io compresi facilmente che il Patriarca nel suo ultimo incontro
    aveva dovuto essere informato dalla suora degli avvenimenti di questa giornata, che fu
    in effetti tanto a Betlemme e a Bethjallah che a Gerusalemme una giornata di spaventi,
    ma non ci furono disgrazie da deplorare.
    Poco prima della morte di Pio IX, suor Maria di Gesù Crocifisso in estasi, vide una
    processione di angeli e di santi; la santa Vergine aveva le braccia aperte per ricevere
    l'anima in onore della quale si era formata quella processione. La suora pensò che Pio
    IX fosse in pericolo di morte e che la sua anima era attesa in Paradiso.
    Non sapendo né leggere né scrivere, si servì dell'aiuto di una suora per scrivere al
    Patriarca Bracco, il quale secondo la sua abitudine quando riceveva simili co-
    municazioni che non era urgente pubblicare, la nascose nel suo ufficio.
    Alcuni giorni dopo, Mons. Bracco ricevette dal Rev. Padre Girolamo Priori un
    telegramma annunciante la morte di Pio IX. Questo Rev. Padre, ex generale dei
    Carmelitani Scalzi, era a Roma. Il Patriarca, doppiamente colpito, mi chiamò e come

    169
    se non avesse prestato fede al dispaccio,
    mi incaricò di domandarne, per tele-
    gramma, conferma al Rev. Padre Priori. L'indomani, ricevemmo la conferma richiesta.
    E il Patriarca spiegò a Don Emilio, il quale lo raccontò a me, come fosse stato
    avvertito di questo fatto, da suor Maria di Gesù Crocifisso.
    Dio volle far conoscere a suor Maria di Gesù Crocifisso, e per lei, al Patriarca, la
    persona dell'eletto che Egli destinava a governare la Chiesa. Lei scriveva, sempre per
    mezzo di una segretaria, a Mons. Bracco, prima della elezione di Leone XIII:
    "Mi sembra di vedere una grande sala, dove sono raccolti tutti i cardinali occupati alla
    elezione del nuovo Papa. Vedo anche nell'aria un angelo che porta una tiara; a poco a
    poco, scende e sembra seguire uno dei cardinali.
    Io non conosco questo cardinale, ma vedo lo stemma che mette nell'intestazio-
    ne dei suoi scritti e nel suo palazzo. Eccone la descrizione. Sul fondo il giglio dei re di
    Francia. Al di sotto un cipresso. Una fascia bianca un po' ricurva attraversa il cipresso.
    Nel vuoto, al di sotto del cipresso, brilla una stella che manda i suoi raggi
    trasversalmente. Ecco ciò che posso dirvi. Ma se don Felice Valerga va nel grande
    divano del Patriarca e prende l'album dove si trovano tutti i cardinali credo proprio che
    troverà il cardinale del quale ho descritto il blasone e che si elegge in questo
    momento".
    Senza manifestare il contenuto della lettera, il Patriarca ordina che si vada a cercare
    l'album (Don Emilio è presente quando egli dà quest'ordine). In quello stesso
    momento, entra un Francescano, venuto per essere segretario di Terra Santa, e che
    domanda il potere di confessare. Pregava che lo si volesse dispensare dall'esame,
    avendolo già passato davanti alla Curia di Parigi, e presenta il documento che ne fa
    fede. Vi si vedono le insegne del cardinale Pecci. Esclamo subito: L'enigma è risolto,
    abbiamo lo stemma che descrive suor Maria di Gesù Crocifisso. Esaminiamo l'album
    del divano e riconosciamo che c'è lo stemma del cardinale Pecci. Nessun dubbio,
    questo cardinale deve essere Papa e non ci resta più che attendere il telegramma che ce
    lo annuncerà. Arrivò l'indomani.
    Lettera del Rev. P Xavier, Carmelitano Scalzo, Superiore del Carmelo di
    Bordeaux
    Carmelo di Bordeaux, 18 novembre 1878
    Mia reverenda Madre,
    non saprei troppo ringraziarla della sua delicata attenzione; non potrei dirle quanto mi
    ha commosso. Sapevo da un nostro religioso, il Padre Maria Ephrem, della morte di
    questa cara suorina che, ai miei occhi, era più una creatura angelica, che una creatura
    umana. Come sarà felice per essere entrata nel seno del suo Dio! Quale accoglienza
    Nostro Signore avrà fatto a questa sposa così fedele al suo amore e che Egli stesso ha
    tanto amato! Dopo la sua morte me la sono ricordata più volte, ma tale ricordo è
    sempre accompagnato da una specie di soavità che mi impedisce di rimpiangere che
    ella ci abbia lasciato. Ho ferma fiducia che sentiremo l'effetto della sua potente
    intercessione presso Nostro Signore; lei amava tanto la sua famiglia spirituale!
    Se la mia richiesta non è indiscreta vi domanderò, mia Reverenda Madre, l'au-
    torizzazione a conservare la relazione della quale avete voluto inviarmi copia. Voglio
    farne parte ai nostri Padri, come pure a quelle anime pie che troveranno, come me, una
    grande consolazione nel leggerla.

    170
    Lettera del Rev. P Ippolito, Carmelitano Scalzo
    Carmelo d'Agen, 3 ottobre 1878
    Mia Reverendissima Madre,
    ho letto alla comunità il racconto della santa morte della nostra cara suor Maria di
    Gesù Crocifisso e vi ha prodotto una profondissima impressione. Parecchie religiose
    non hanno potuto ascoltare questa lettura senza versare lacrime.
    Oh! Grazie cara Madre, d'aver pensato a me in questo dolore di famiglia, grazie per
    avermi messo nel numero di quelli che hanno sempre avuto la stima per questa beata e
    santa figlia.
    Abbiate ancora la carità, mia reverendissima madre, di mettere da parte per me dei lini
    che sono stati applicati alle sue sante ferite.
    Tutto ciò che mi verrà da questa figlia, lo conserverò come una vera reliquia. F. M.
    Ippolito
    Estratto di una lettera del Rev. Padre du Bourg, Rettore dei Gesuiti Montpellier,
    18 settembre 1878
    (...) Eccola dunque (suor Maria di Gesù Crocifisso) che ha lasciato la terra dove era
    come straniera, e si è riunita a Gesù, che l'aveva tanto attirata a sé e per vie tanto
    straordinarie; è una cosa che mi sembra del tutto naturale. Con la dirittura e la
    semplicità che le conoscevo, e che mi rassicurava pienamente su ciò che c'era di
    sorprendente e di strano nella via che attraversava, mi sembra che sia andata diret-
    tamente in cielo. Non mi viene neppure l'idea di pregare per lei. Ed è solo pensandoci
    bene e con una specie di ragionamento generale che sento essere giusto di rac-
    comandarla al buon Dio nel Santo Sacrificio.
    Avete seguito nei particolari tutto ciò che ella faceva e diceva e ciò che il buon Dio ha
    fatto o ha permesso che si facesse in lei. Vi raccomandavo di prenderne nota
    accuratamente, affinché ci si possa rendere conto un giorno di tutto ciò, e, se piace al
    buon Dio, di ricavarne la sua gloria e l'edificazione delle anime.
    Parlando col buon Padre Lazzaro, ho constatato con piacere che i nostri pensieri erano
    sempre stati d'accordo: che sempre seguendo da molto vicino questa cara piccola
    anima, tanto quanto egli ne era stato direttamente incaricato, si era sempre tenuto in
    una discrezione completa e molto prudente. Proprio lui aveva ottenuto e fatto accettare
    la decisione che lei stessa si tenesse nel ruolo delle suore converse, e sempre lui
    raccomandava che non si mostrasse tanta attenzione a lei, e nessun clamore a suo
    riguardo. Io ritornerò a vederlo e parleremo più dettagliatamente di tutto ciò.
    P. du Bourg
    Lettera di Fra' Evagre, Provinciale dei Fratelli delle Scuole cristiane in Palestina
    Gerusalemme, 30 settembre 1878
    Mia Reverenda Madre,
    il fascino che il mio confratello ed io abbiamo provato alla vista e alla conversazione
    della santa da poco volata al cielo, l'alta idea che ci siamo formata delle sue sublimi
    virtù, la forma di culto che già nutriamo per lei nelle nostre anime, tutto ciò che si dice
    attorno a noi su di una vita così straordinaria tutto ciò messo insieme fa' sì che tutti e
    due veniamo a chiedervi due favori.

    171
    Sapete, Reverenda Madre, ciò che diceva
    e pensava la santa riguardo alla nostra
    fondazione di Gerusalemme? Pensava e qualche volta ha parlato del bene che vi si
    farebbe, che questa istituzione troverebbe delle difficoltà e di quale specie?
    Le più piccole sue parole riguardo alla nostra Opera, sarebbero per me preziosi
    avvertimenti.
    Secondariamente, il mio confratello ed io vi supplichiamo, Reverendissima Madre, di
    farci dono di un oggetto qualunque che sia stato usato dalla santa. Questo favore, noi
    ve lo domandiamo con istanza, con fede e pietà.
    Vogliate accordare questa grazia a F. S. mio compagno ed a me, vostro indegno
    servitore.
    Fra' Evagre
    Lettera del Sig. Ch. Chesnelong, senatore, alla Signorina Dartigaux
    Orthez, lì 9 settembre 1878
    Signorina,
    mi sono dolorosamente commosso apprendendo la morte di suor Maria di Gesù
    Crocifisso, come pure molto commosso del pensiero avuto dalla Reverenda Priora del
    Carmelo di Pau di volermela partecipare. Le sono anche molto riconoscente di essere
    stato degno di servirle da intermediario.
    La santa religiosa era di quelle anime per le quali la morte è la preparazione alla
    ricompensa. Era stata, durante la vita, lo strumento delle grazie divine, qualche volta
    l'eco delle voci che Nostro Signore Gesù Cristo faceva risuonare nel suo cuore, e
    sempre l'esempio delle virtù che l'anima umana può acquistare immo-
    landosi tutta intera sull'altare del sacrificio. Possedeva la pienezza della fede e del-
    l'amore; aveva anche il senso divino della sofferenza accettata per amore di Gesù
    Cristo e come supplemento di riscatto per le offese degli altri; perché lei, la santa
    fanciulla, non aveva niente da espiare per se stessa. Univa ad una semplicità che era il
    riflesso di una perfezione la quale ignorava se stessa, una quantità di coraggio e una
    tale elevazione soprannaturale che rivelavano un'anima trasfigurata dai ritocchi del
    Maestro Divino. La morte, per lei, non ha potuto essere che il passaggio da una santità
    manifestantesi nella prova a una santità coronata nella gloria, fortunata voi, Signorina
    per essere stata a tanti titoli la prima in questo cuore così divinamente privilegiato! Ed
    è per me una grande soddisfazione d'avere forse avuto un piccolo posto nei suoi
    pensieri e nelle sue preghiere e di sperare che la benedizione di questa santa continuerà
    a proteggermi e ad estendersi sui miei. Nel mio prossimo viaggio a Pau, avrò l'onore di
    andare a presentare alla Reverenda Priora del Carmelo l'omaggio dei miei sentimenti e
    vi domanderò, Signorina il permesso di potermi intrattenere con voi circa la santa di
    Betlemme e l'opera che vi avete fondato con lei.
    Vogliate, ecc...
    Ch. Chesnelong
    LETTERE DI SUOR MARIA DI GESÙ CROCIFISSO
    Alla Madre Priora del Carmelo di Pau
    Mangalore, luglio 1871
    Cara e diletta Madre mia,

    172
    sto per dirvi delle sofferenze della nostra
    care Madre Elia; questo vi addolorerà,
    ma vedrete come il buon Dio ha fatto tutto per rendere bella la corona della sua pre-
    diletta. Nostra Madre allora non ha voluto dire tutto, perché la piaga era troppo fresca
    e questo l'avrebbe resa troppo viva, ma non ha avuto l'intenzione di nascondere
    alcunché; voleva al contrario dirvi tutto, ma ha temuto di darvi troppa pena.
    Comincio da Port-Said. Madre Elia stava molto bene, aveva l'aspetto radioso, a partire
    da Marsiglia la sua salute era perfetta; ci serviva tutte, rideva di me perché io che
    avevo viaggiato per mare stavo male, mentre lei, che non era abituata, stava
    benissimo. Godeva fisicamente e spiritualmente fino al mar Rosso e diceva: Quale
    grazia di essere stata scelta, io, così vecchia e così indegna, quale grazia! Ebbene,
    l'indomani di questo giorno, mi disse: Oh! Cara figlia, ho sognato qualche cosa che mi
    fa una gran paura... Io allora dissi: «Madre, ve ne scongiuro, ditemi quello che avete
    sognato». Rispose: No, mi sembra che il buon Dio non lo voglia; e, allora, mi sono
    rattristata, ma non ebbi voglia di saperlo, giacché il buon Dio non lo voleva.
    Dopo ciò, sul mar Rosso, sapete, quando le altre sono venute meno? Madre Elia non lo
    sapeva; ricevette una grande consolazione e subito dopo, è caduta senza conoscenza.
    In seguito si mise a cantare il salmo Laetatus sum e un altro: "Il Signore ha esaudito la
    mia preghiera"... venne il medico e, meravigliato, diceva: Che gioia essere
    carmelitana!
    Venne Padre Lazzaro tutto tremante e andò a cercare il comandante che dice, come
    aveva detto il medico: Bisogna cambiare cabina; ed allora, il buon Dio permise che si
    mettesse Madre Elia in un'altro posto ancora più disagevole; con quel calore,
    occorrevano due ore per aprire la finestra, poi sotto c'era il carbone. La sera, si era così
    stanchi! Gli uomini che portavano il carbone gridavano, andavano, venivano. Infine fu
    deciso di salire la notte sul ponte.
    Suor Stefania mori proprio quella notte. Mio Dio, come abbiamo sofferto! L'indomani,
    Madre Elia fu sistemata in una cabina presso la ciminiera della nave; il
    buon Dio lo permise per farla soffrire ed anche perché le mancassero molte cose, ma il
    buon Dio fa tutto per la sua gloria. Anche io, la facevo soffrire ripetendole sempre:
    «Madre, se il buon Dio vi dicesse di offrirgli due rose, voi gliele dareste?» E
    rispondeva: Mi tormentate, credete che rifiuterei qualcosa al buon Dio? Quando i
    nostri Padri videro queste tristi cose, dissero: Andiamo ad Aden a portare il corpo di
    suor Stefania; e poi, sono venuti a cercarci: Padre Lazzaro era pallido come un
    lenzuolo ed anche padre Graziano.
    Povera Madre Elia, come soffriva! Non vedeva suor Stefania e vedeva portare la mia
    suor Eufrasia su un asse da quattro uomini. E lei, la Madre amata, doveva essere
    trascinata... E se sapeste per quale strada: rocce, montagne, è terribile; vedere per
    capire.
    Vi racconterò l'obbedienza di suor Eufrasia. Sulla nave, non poteva stare un minuto
    tranquilla, bisognava essere in tre o quattro per tenerla e sempre tremava per la
    sofferenza e si sarebbe potuta gettare giù. Allora Padre Lazzaro, desolato, temendo che
    fosse caduta per strada le disse: Figlia cara, vi ordino per obbedienza di restare
    tranquilla lungo tutta la strada. Lei era senza conoscenza, ma il buon Dio permise che
    comprendesse e che non si movesse più fino alla casa dove, appena arrivata, ha
    ricominciato.

    173
    Ma, mio Dio, che casa! Era notte e si
    mancava di tutto. Si dovette mettere Ma-
    dre Elia in un letto pieno di buchi, peggiore della trave. Noi non lo sapevamo: essa ne
    ha sofferto col suo povero corpo già rotto da pene e sofferenze!
    Si accorgeva che le si nascondevano le suore e questo le faceva soffrire un martirio. Si
    era pensato di dirle che suor Stefania sarebbe partita con Padre Lazzaro e le terziarie.
    Ed allora, per prepararla, le dissi: «Madre, vi dispiacerebbe di non vedere più suor
    Stefania, se partisse con Padre Lazzaro?» Ed ella disse: Non è possibile che parta
    senza venire a vedermi! Un'altra suora le diceva: Siate tranquilla, Madre, suor Stefania
    è ben curata. Infine, Padre Lazzaro disse: Impossibile nascondere la verità, bisogna
    dirla.
    Povero padre, impossibile dire tutto ciò che soffrì ed ancor più nel lasciarci ad Aden
    dove mancava tutto, e con il Padre Graziano che era malato anche di noia o di dolore.
    Padre Lazzaro non sapeva che pensare del buon Dio, si rassegnava, ma la sua volontà
    gli sembrava crudele. Inoltre doveva partire e Dio sa tutto ciò che ha sofferto.
    Sapete come Madre Elia apprese con eroismo la morte di suor Stefania, poi, tre giorni
    dopo, quella di suor Eufrasia. Era magnifico vedere questa madre così tenera accettare
    queste morti con la calma dei cieli. Si alzò, così malata come era, per il seppellimento,
    e quando si cantò l'ufficio dei morti con le suore del Buon Pastore, aveva la voce più
    forte di tutte con il fervore degli angeli e senza piangere; ma dopo, fu obbligata a
    mettersi subito a letto. Ha sofferto mille morti in quella città di Aden; il vento le
    sembrava il fuoco dell'inferno, niente poteva salvarla.
    Dopo la morte delle suore, voleva che tutti i suoi figli restassero qui accanto a lei,
    tanto aveva paura che le si nascondesse la morte di qualcuna. Neppure Padre
    Graziano poteva restare in alto; tutte soffrivamo tanto! Avevamo bisogno di stare
    insieme per consolarci e fortificarci. Mio Dio, vivessi pure mille anni, ti prometto di
    mai dimenticare Aden!...
    Una notte in cui le nostre suore erano in alto ed io in basso con Madre Elia, vedo un
    ladro tentare di entrare attraverso la finestra... Mi metto allora a parlare come se vi
    fosse molta gente. Madre Elia diceva: Figlia cara, che fate, venite a mettervi a letto...
    Ed io, parlavo arabo: Ma, povera figlia, avete perso la testa? Non so che linguaggio
    usate; come mi fate soffrire questa notte!... Ed io avevo paura! Ora vedevo un ladro
    con un grande coltello vicino alla finestra dove era il letto di Madre Elia; ve ne erano
    due che cercavano di entrare dall'una o dall'altra finestra. Se avessi detto ciò all'ama-
    tissima Madre, sarebbe morta di spavento; se avessi chiamato Padre Graziano, sarebbe
    stato ancora più atterrito, perché lui sa che in questo paese, si fanno molti delitti.
    Infine, per tre ore circa, ho parlato arabo molto forte, allora i ladri sono andati via
    senza osare di entrare.
    La gente di Aden è stata magnifica verso di noi. Il Signor Console (il Console
    francese) e la sua Signora sono stati molto buoni. C'era anche una signora protestante
    che ci portava molte cose necessarie; la sua carità era generosa; suo marito era
    cattolico, molto pio, molto santo; ci mandava latte e tutto ciò che poteva. Anche la
    gente della nave era molto, molto buona: attori e attrici soprattutto, piangevano e
    baciavano i piedi di suor Stefania dopo la sua morte.
    Avevamo pure due ragazzini, buonissimi, devoti, ma pigri: uno si chiamava Bastiano e
    l'altro Maometto. Volli fare mangiare un po' di carne di vitello a Maometto e non volle
    mai. Gli domandai perché; disse: perché i buoi hanno riscaldato Gesù Cristo. Allora

    174
    gli ho detto se non avesse mangiato un
    po' di cammello; mi disse di no, perché
    esso ha portato Maometto. «E il maiale?». No, neppure, Maometto l'ha proibito.
    Qualche volta Bastiano e Maometto bisticciavano fra loro e poi venivano a lamentarsi
    con me: Signora, signora, m'ha fatto questo e questo; io li rimproveravo tutti e due e
    poi facevo loro baciare in terra. Bastiano, gran signore, ha fatto allora un gesto
    terribile. Quando la nostra Madre disse ciò a Padre Alfonso, egli, molto sbalordito ha
    detto: Ma questa piccola è un uomo e non una donna, nessuno mai ha fatto fare
    altrettanto. Questi due ragazzi ci volevano molto bene. Quando la nave francese dove
    era mons. Maria Ephrem arrivò, essi saltavano di gioia perché ciò ci faceva piacere; e
    quando noi ci allontanavamo, piangevano, ciò che toccava molto il buon cuore di
    Madre Elia.
    Quando arrivò il momento di partire, feci tutto ciò che potei per farla venire al
    cimitero per vedere suor Stefania e suor Eufrasia; appena arrivata, lei baciò la tomba,
    poi divenne pallida, pallida, e tutta tremante. Mi disse: Figlia mia, non mi reggo più,
    usciamo da qui. Ho fatto di tutto per distrarla, ma in quel momento niente, proprio
    niente poteva consolare il suo cuore.
    Infine, siamo partiti con la nave. Madre Elia stava molto bene, l'aria del mare le
    giovava molto fino a Madras. Ma arrivata là, come la povera cara Madre ha sofferto!
    erano buoni dove noi passavamo, ma non la si poteva sollevare. A Calicut, era
    presa di gioia e diceva: Oh! ho la felicità di toccare infine questa terra dell'India che
    san Francesco Saverio ha evangelizzato! E poi gli onori che si rendevano a
    Monsignore le facevano dimenticare un po' le sue sofferenze. Cara Madre, come si
    stancò per questa processione, ma, mio Dio, quale ammirevole pazienza! Durante la
    sua malattia, ha sofferto le cose più martorianti la natura; la si voleva guarire ad ogni
    costo e si è fatto tutto ciò che era contrario al suo cuore ed al suo temperamento, il
    buon Dio l'ha permesso. La superiora delle suore, santissima, buonissima,
    caritatevolissima, voleva curarla come si fa in questo paese, diceva che ciò l'avrebbe
    guarito. Povera cara Madre Elia, aveva bisogno di cose ricostituenti e non le si dava
    che un po' di farina di riso cotta con l'acqua; le nostre povere madri non potevano fare
    niente di quello che avrebbero voluto, perché si diceva loro che avrebbero ucciso
    Madre Elia. Io, una volta, di nascosto, diedi qualcosa di fortificante a Madre Elia, ciò
    che le fece molto bene; quando lo si seppe, furono tutti contro di me e mi si proibì di
    accostarmi al suo letto; lei se ne accorse e fu per lei un colpo terribile. Vedeva anche
    che le nostre Madri non erano libere di avvicinarsi a lei, ed ella avrebbe tanto
    desiderato non avere che loro per curarla... Ma faceva atti eroici di pazienza e di
    rassegnazione: non un lamento. Si fece venire un medico inglese, che era del parere
    della Superiora delle suore. Monsignore temeva di essere responsabile, se non lasciava
    fare come il medico voleva. D'altra parte soffriva nel vedere soffrire le nostre madri.
    C'erano da una parte e dall'altra delle agonie, che bisogna aver sentito per
    comprenderle, ahimè! ahimè!
    Si fece venire una donna di grande fama nel guarire queste malattie; somigliava ad una
    strega: i capelli tutti irti sulla testa. Mio Dio, quale orrore ci faceva! Non ci capiva
    proprio niente: quando Madre Elia stava più male, diceva che andava meglio. Infine,
    venne anche un medico francese: era di Mahé, e non appena la vide disse, come le
    nostre Madri, che occorrevano dei ricostituenti.

    175
    Povera Madre! era troppo tardi! ma non
    bisognava avere alcun rimpianto, il
    buon Dio ha permesso tutto ciò da tutta l'eternità.
    Monsignore pregava, pregava; che cosa non avrebbe fatto per salvare la nostra
    Madre?... Io dissi: «Bisogna fare un voto a sant'Anna: se lei guarisce la nostra Madre,
    le faremo costruire una chiesa»; ma non ha voluto ascoltarmi, la nostra Madre stava
    sempre più male. Ed io, ero seccata contro sant'Anna e le ho detto che non le avrei
    dato niente.
    Padre Lazzaro era di una dedizione ammirevole; portava la santa Comunione alla
    Madre amata a mezzanotte. Oh! con quale amore, quale fervore, quali trasporti
    riceveva il suo Gesù, come era felice, perfino nel delirio! Tuttavia, le occorreva ab-
    bellire ancora la sua corona: un grande dispiacere le era riservato. Monsignore, ve-
    dendo che non andava meglio ed essendo obbligato a partire per Mangalore, disse a
    Madre Elia che doveva partire e condurre delle suore per alleggerire un po' le suore di
    San Giuseppe. Che pena allora, cara Madre, ma quali virtù! non ha detto niente a
    Monsignore; ma quando una delle suore le disse che non aveva voluto acconsentirvi,
    allora lei ha testimoniato la sua viva riconoscenza.
    ...Niente è mancato alla sua gloria, niente. Aggravandosi sempre più, sempre più, fece
    a Dio il sacrificio della sua vita per le sue figlie di Pau e di Mangalore, per la sua cara
    missione. Una volta mi prese fra le sue braccia e mi ha bagnato con le sue lacrime. In
    quel momento, io ero immersa in un immenso dolore; vedeva che io soffrivo molto e
    non mi si lasciava fare tutto quello che avrei voluto, perché si temeva che le facessi del
    male e mi chiamava sempre; ho molto sofferto, il buon Dio sa tutto. Ma ho avuto una
    grande e dolce consolazione. La Madre amata, prima di morire, mi guardava sempre,
    sospirava molto forte guardandomi. Mi sono detta: Vuole che mi avvicini... Infine, non
    potendone più, mi accosto al suo letto. Allora la sua respirazione cessa, diventa dolce,
    dolce e muore, amatissima Madre, nelle mie braccia, sul mio cuore. Oh! che
    momento!... Ma il buon Dio dà un grande coraggio, io l'ho vestita. Vorrei dirvi come è
    diventata bella dopo la sua morte! si sarebbe detta una giovane vergine. Si vedeva la
    morte che le si avvicinava; era spaventoso; il gonfiore saliva, saliva come le onde del
    mare. Si è detto che ha sofferto tutto il supplizio degli annegati, ma con un coraggio,
    una pazienza più che ammirevoli. Tutti dicevano: È una santa! Sì, sì, è una grande
    santa!
    In questo viaggio, lei ha sofferto più di tutta la sua vita. Lì, come d'altra parte,
    dappertutto, sono stati riconosciuti il suo merito e le sue incomparabili virtù; lì come
    altrove, ha dimenticato se stessa, e si è sacrificata per gli altri. Così tutti l'hanno amata
    e venerata. Il suo funerale era una processione di trionfo. Spero che in questo caro
    paese che è l'India si farà tramite lei molto bene.
    Un giorno, le avevo detto: «Madre, mi dimenticherete, se il buon Dio vi prende in
    cielo?» Oh! Cara figlia, mi disse, come lo potrei? Soffriva al pensiero che la sua morte
    vi avrebbe fatto dispiacere, era una madre così tenera, così buona! Rinnovo il vostro
    dolore, cara Madre, ma è per Gesù che bisogna soffrire.
    Che tutte le nostre care sorelle preghino molto per me, perché mi prepari bene alla
    santa professione.
    Se sapeste come amo sempre il mio amato Carmelo di Pau! Il mio cuore vi è tutto
    intero in quello di Gesù; una preghiera a tutti i miei eremitaggi e ben presto, anch'io
    spero di essere eremita. O gioia, o felicità, o Amore!

    176
    Addio, sorelle predilette; e voi, Madre
    beneamata, benedite la vostra piccola
    figlia. Suor Maria di Gesù Crocifisso
    A Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne
    Carmelo di Mangalore, settembre 1871
    Monsignore,
    la vostra figlioletta viene a gettarsi ai piedi del suo amatissimo e caro Padre, sup-
    plicandolo di volergli dare la sua santa benedizione. Voi siete sempre il Padre più
    amato dalla vostra piccola serva. Se sapeste, Monsignore, come penso alla vostra
    materna bontà!... Ed anche, davanti al buon Dio, non dimentico mai di raccomandare
    tutte le vostre intenzioni.
    Ho soprattutto per voi una stima tutta particolare, perché amate molto la santa Chiesa e
    il tanto amato Santo Padre!
    Come siete fortunato per avere compreso la verità! Sì, l'infallibilità ha fatto arrabbiare
    tutto l'Inferno! Satana si indispettisce. Ve lo dico, caro e amatissimo Padre, prego
    molto, molto per il trionfo della santa Chiesa e per la Francia.
    Non crediate che il momento della misericordia di Dio sia molto lontano... Tutta la
    terra sarà meravigliata per la potenza di Dio tre volte Santo... sapete, monsignore, in
    quale abisso ero sprofondata, ma Gesù mi ha teso la mano. Mi ha tirato fuori dalla rete
    del cacciatore, dell'uomo ingiusto e cattivo. Ora, godo della pace degli angeli. Sento
    che il Signore ha esaudito le preghiere che gli sono state fatte per me; sebbene così
    indegna, Gesù mi vuole per sua sposa.
    Domenica scorsa, festa di Nostra Signora delle Grazie, sono stata accettata dal capitolo
    per la professione e spero che il buon Dio me la farà fare il giorno in cui la piccola
    Maria si presentò al Signore.
    Ora, tutti i miei turbamenti sono finiti, ma soffro di avere tanto e tanto offeso il buon
    Dio. Il sonno (l'estasi) che anche ho, spesso, mi dà pena e confusione, perché allora il
    buon Dio fa delle cose che mi provocano dolore, ma sento che, in questo periodo,
    occorrono delle anime che si offrano vittime e, lo vedo, ve ne saranno molte ed anche
    martiri fra i sacerdoti del Signore...
    Il piccolo Carmelo di Mangalore è benedetto dal buon Dio... Madre Elia, dal cielo, ci
    vede e ci protegge. Questa tenera madre veglia su di noi. Ho la grande speranza che i
    non cristiani di qui si convertiranno. Abbiamo una casa di demoni molto vicina al
    nostro giardino; si sente ahimè, ahimè la musica del diavolo tutte le sere! Occorre che
    la facciamo cadere. Mandatemi molte vostre sante benedizioni perché possiamo essere
    sante e soprattutto una grandissima per il giorno della mia professione; io non
    dimenticherò che voi siete il mio amato Padre.
    Sono, di Vostra Eccellenza...
    Suor Maria di Gesù Crocifisso
    A Padre Lazzaro, carmelitano (suo confessore a Mangalore)
    J.M.J.T.
    Carmelo del Sacro Cuore di Pau, 7 gennaio 1873
    Padre mio,
    non crediate che, poiché non ho scritto, vi abbia dimenticato; no, certamente, pensate
    un po' se un figlio non dice tutto a suo Padre!

    177
    Sapete, Padre mio, che colui il quale ha
    stabilito il legame è in mezzo a noi? Vi
    ricordate quando eravamo entrambi vicino alla grata, voi al di fuori, ed io dentro?
    Quando voi avete detto: Ah! Come vorrei soffrire per amore del nostro caro Maestro!
    Quanti desideri allora in voi di soffrire! Ecco, che adesso, essi si compiono.
    Vi ricordate anche, Padre mio, che quando Nostro Signore si mostra a qualcuno, carico
    della sua Croce e coronato di spine, non è certo per gioire? Ma voi lo sapete meglio di
    me; voi il perché me lo avete detto spesso.
    Vi ricordate anche voi, o Padre mio, un anno e cinque mesi or sono, è stato detto: Se
    fosse possibile, la terra si solleverebbe contro di voi. E se voi lo portate generosamente
    per amore di Colui che vi ha creato, la vostra prova sarà abbreviata? In quanto a me, il
    mio desiderio è che essa sia lunga, lo sapete, o Padre mio!
    Una persona domandava a Nostro Signore: Perché la tale persona soffre? L'adorabile
    Maestro ha risposto: Perché io la amo. E ai miei discepoli, quelli che ho amato di più
    sulla terra, che ricompensa ho loro dato! Sono potentissimo, ma è il migliore amore
    che io possa loro dare; non ho altra ricompensa per quelli che amo. Ebbene, Padre
    mio, ora la fede è indebolita, la Religione e perfino le comunità più sante sono deboli,
    la fede vi si è affievolita; cerchiamo di avere la fede, noi, la fede dei nostri Padri, se
    essa si indebolisce dappertutto. Non vi meravigliate di tutto ciò che vedete e sentite
    oggi, e non vi rammaricate; al contrario, scusiamo tutti. Che cosa ciò comporta? Che
    tutti dicano bianco o nero, noi non siamo che ciò che noi siamo davanti a Dio. Perché
    turbarci? Lasciamoci giudicare dalle creature; così il Signore non avrà cuore per
    giudicarci. Cerchiamo di essere come la meretrice: quando tutti l'hanno giudicata, il
    Signore non l'ha condannata. In quanto a me, tutti i giudizi delle creature non mi
    hanno turbata, e nemmeno afflitta...
    Ebbene, Padre mio, non giudichiamo ora gli altri come siamo stati giudicati. Siamo
    giudicati e non giudici. Mi sembra, Padre mio, che il Signore permette tutto ciò che
    accade perché si compia la sua parola. È stato detto che non vi avrei mai visto e che
    avremmo saputo mai notizie l'uno dell'altro; ma sono le parole degli uomini e Dio ha
    detto tutto il contrario.
    In quanto a me, da quando vi ho lasciato o che voi mi avete lasciato, non ho avuto mai
    alcun rimpianto, né il desiderio di rivedervi; non ho mai rivolto una preghiera a Dio
    per sapere vostre notizie.
    Quando siete venuto a dirmi che non sareste più ritornato, vi ricordate quello che vi ho
    risposto: «Parti, o Padre mio; colui che vi ha dato, vi ha tolto; che il suo santo Nome
    sia benedetto»? Non sono io che vi ho scelto, è il buon Dio, e il buon Dio che si è
    servito di voi per farmi del bene, può servirsi di altri. Io ve lo avevo detto, credo, una
    persona domandò un giorno al Maestro: Devo forse attribuire ad un servitore, che mi
    ha fatto del bene, il bene che mi ha fatto?
    No, ha detto il maestro; se il servitore è stato fedele, merita la ricompensa, ma non il
    ringraziamento che è dovuto al maestro, il quale ha demandato il servitore. Ancora,
    Padre mio, se il maestro ha un servo malato e ne manda un altro per curarlo, dopo che
    il malato è guarito, a chi deve il ringraziamento e la riconoscenza? Deve il
    ringraziamento e la riconoscenza al maestro che ha dato il servitore ed anche un poco
    di riconoscenza a questo servitore, perché si è dato la pena di curarlo.
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    MARIOCAPALBO
    00 31/03/2013 22:38
    178
    Padre mio, non attendete la vostra
    ricompensa in questo mondo, no, ma
    nell'altro. Io so che voi desiderate per me la felicità e la tranquillità, quaggiù. Ebbene,
    io non desidero ciò per voi sulla terra, ma solamente nel cielo.
    Padre mio, so che voi soffrite e ve ne scongiuro,per amore del Sommo Bene, scusate
    tutto, soffrite tutto. Se vi si spoglia alla vista di tutti, scusateli, soffritelo; e se essi sono
    nel bisogno, spogliatevi per vestirli, copriteli col mantello più dolce, più tenero
    possibile; fate ciò, ve ne scongiuro più di dieci volte ancora.
    Perdonatemi tutto ciò che vi dico, Padre mio, beneditemi e pregate per la vostra
    indegna figliuola.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso
    J.M.J.T.
    Carmelo del Sacro Cuore di Pau, 15 marzo 1873.
    Padre mio,
    [...] il buon Dio domanda a voi soprattutto due cose. Il Cuore di Dio desidera da voi
    ardentemente l'obbedienza e la sottomissione cieca di un bambino appena nato; non
    fate una riflessione, ma lasciatevi mettere là dove l'obbedienza vi metterà e siate
    sicuro... verranno dei momenti in cui avrete delle tentazioni e delle umiliazioni;
    sopportatele con gioia, senza mormorare, e siate sicuro che è necessario che la parola
    di Dio si compia; non cade senza frutto; spesso gli uomini fanno tutto il contrario, ma
    il Signore è fedele alla sua promessa. Avrete contro di voi delle gelosie; dovunque
    sarete, avrete qualcuno per esercitare la vostra pazienza, la vostra
    carità. Siate fedele, andate sempre avanti, siate pronto a dare sempre la vostra vita per
    quelli che vi faranno soffrire; pensate, non è gran che ciò che farete per essi, in
    confronto a ciò che Dio prepara per voi. La seconda cosa che il buon Dio vi domanda,
    è l'umiltà e soprattutto la prudenza.
    Permettetemi di dirvelo, non siete abbastanza prudente. Oggi, più che mai, soprattutto
    in questo secolo così ingannatore, è rarissimo trovare un cuore retto e sincero.
    Oh! Padre mio, piangiamo tutti e due, se lo possiamo, lacrime di sangue di ri-
    conoscenza verso Dio per tutto quello che egli ha fatto e tutto ciò che egli è pronto a
    fare ancora per noi. Oh! quanto i nostri cuori sono piccoli per amare Gesù! De-
    sideriamo continuamente e sinceramente, diciamo spesso: «Signore, vorrei un cuore
    più grande del cielo, della terra e del mare, per amarvi. Muoio di compassione per non
    avere amato Gesù abbastanza come lo avrei voluto»...
    Ve ne scongiuro... lasciate parlare, lasciate dire tutto ciò che si vorrà. Dio è Dio, e tutto
    il cielo e tutta la terra si rigireranno per scuotere un'anima che Dio guarda, non
    potrebbero fare niente. Non vi dico ciò per me, no! Sono piena di confusione davanti a
    Dio, non davanti alle creature, ma davanti al mio Creatore.
    Mi si potrebbe dire, come si è già fatto: che io sono per il Cielo e poi che sono per
    l'inferno; né l'una cosa né l'altra mi hanno rallegrato né turbato; siamo ciò che siamo
    davanti a Dio. L'esilio è breve; non ho che un desiderio, Padre mio: andare a Dio il più
    presto possibile e lasciare questa terra, perché temo, vedendo anime così pure, così
    sapienti, che hanno fatto delle cadute spaventose; ed io che sono coperta di peccati e di
    ignoranza, che ne sarà di me? Oh! domandate al Signore di tirarmi fuori da questa
    terra, piuttosto che offenderlo. Oh! no, mille milioni di volte, no! lo non vorrei
    offenderlo! piuttosto morire!... Scusate, Padre mio, per questa brutta lettera che vi
    179
    scrivo;
    perdonatemi,
    beneditemi,
    domandate senza posa a Gesù che mi
    custodisca tutta per lui.
    La Vostra indegna figliuola.
    Suor Maria di Gesù Crocifisso
    PAROLE E CONSIGLI (FRAMMENTI) RACCOLTI DURANTE LE SUE
    ESTASI 1873
    Beato l'uomo che, malgrado tutto, persevera!... E guai a chi cede al primo ostacolo!
    Guai all'uomo, guai all'Ordine che cerca il suo onore, la sua reputazione, alle spese
    della gloria di Dio!
    Piccolo gregge, non temere niente, sii piccolo. Non temere né il tuono, né la pioggia,
    né le montagne, niente potrà nuocere agli eletti del Signore!... Camminate sotto terra.
    Se volete essere grandi, siate piccoli. Non cercate la grandezza della creatura; colui
    che vi eleva oggi, vi abbasserà domani.
    Chiamare la Chiesa: Madre mia... è mio onore. L'Agnello scende ad ogni ora, ad ogni
    istante. Andiamo, piccoli, andiamo ad adorarlo: beviamo il suo sangue, è la nostra
    vita, la gioia dei nostri cuori. Terra, trasali, è il tuo Salvatore!
    Guai all'anima che cerca di penetrare il mistero di Dio!
    Felice l'uomo che cerca la bassezza: l'inferno intero non può scuoterlo! Amate Dio,
    non cercate che Dio, tutto il resto è nulla!
    Guai all'uomo che non contempla le opere del Signore!
    Coloro che seguono Gesù, devono mettere la loro testa nella polvere... Guardate Gesù:
    Lui, il Signore del tuono, ha curvato la testa; lasciatelo agire; il Signore del tuono
    schiaccerà tutto quando sarà venuto il momento.
    Coloro che danno schiaffi, preparano diamanti per la corona. Servite il Signore con
    pazienza e annientamento.
    Non dite: Costui porta frutto, quello non ne porta. Quello di oggi non ne porterà
    domani e colui che non ne porta oggi ne porterà domani.
    Se servite il Signore, servitelo completamente spoglio. Non portate due vestiti, per
    paura che essendo troppo pesanti, non possiate servire Gesù.
    Pecorelle, amate colui che vi dà schiaffi e non colui che vi dà baci.
    Se ti difendi quando ti si schiaffeggia, perderai tutto, ma se baci colui che ti colpisce,
    Dio ti proteggerà.
    Signore insegnami i tuoi precetti: con te, sarò fedele.
    Signore, indicami il cammino, tu mi sosterrai.
    Il mio cuore non ne può più, sono straniera sulla terra! Trovando il mio Creatore, ho
    trovato la gioia del mio cuore! Il tutto basta, non c'è più bisogno di niente sulla terra; il
    mio cuore è colmo, completamente colmo.
    Voi che sospirate verso l'Altissimo, rallegratevi.
    Felice l'uomo che vi cerca, Signore, il suo cuore esulta! L'uomo che va verso la terra,
    non ha che tristezza!
    O uomo, che cammini verso la terra nel turbamento, nelle trappole, trova la tua forza
    nella tua debolezza.
    O Dio d'amore, getta uno sguardo sulla tua polvere! La mia anima langue, non ne può
    più, quaggiù!
    180
    Diffidate del leone che ruggisce... Lo
    ucciderete abbassandovi. È questa la vo-
    stra spada più tagliente.
    La tua salvezza si ottiene con il nulla.
    Quando il leone ti inseguiva, se il tuo sguardo avesse visto l'Altissimo, non saresti
    caduta così in basso.
    Ci sono molti santi che si sono santificati attraverso l'orgoglio, perché hanno lavorato
    tutta la loro vita a combatterlo ed a fare il contrario di ciò che l'orgoglio ispirava loro.
    Quando esso li spingeva ad andare avanti, andavano indietro; ad elevarsi, essi si
    abbassavano; ad aprire gli occhi, essi li chiudevano; a parlare, essi tacevano... E
    sempre così...
    E tutto viene dall'orgoglio, ma è un grande bene avere un difetto da combattere, è la
    più grande delle grazie.
    Girava e rigirava nelle sue mani il piccolo libro della Regola e delle Costituzioni. Ci
    disse che tutta la nostra perfezione e santificazione si trovava nella pratica esatta di ciò
    che era scritto in questo libricino.
    Parlando della santa povertà, disse che una suora incaricata della cura di una terrazza
    non doveva essere la sola a poterne raccogliere i fiori, visto che ciò distoglieva dal
    buon Dio e la rendeva proprietaria, ma che tutto doveva essere in comune; questa
    suora deve rallegrarsi che altre vi vengono pure a raccogliere, perché essa offre allora
    doppio fiore a Gesù. Aggiunse che sarebbe bene, quando si cambiano gli eremitaggi,
    dare il più bello all'ultima e i meno belli alle prime.
    A chi rassomiglierò? Ai piccoli uccelli nel nido. Se il padre o la madre non portano
    loro da mangiare, essi muoiono di fame. Così è la mia anima senza di te, Signore; non
    ha il suo nutrimento, non può vivere!
    A chi rassomiglierò? Al chicco di frumento gettato nella terra. Se la rugiada non vi
    cade, se il sole non lo riscalda, il grano ammuffisce, così è la mia anima, Signore, se tu
    non fai cadere i raggi della tua grazia e i raggi del tuo sole; ma se tu dai la tua rugiada
    e il tuo sole, il chicco di grano sarà inumidito e riscaldato; metterà radice, la quale darà
    una bella pianta con molti buoni chicchi.
    A chi rassomiglierò, Signore? A una rosa che si coglie e che si lascia appassire nella
    mano. Perde il suo profumo; ma se resta sul roseto, si conserva sempre fresca e bella e
    conserva tutto il suo profumo. Custodiscimi in te, Signore, per darmi la vita.
    Sono come una lampada senz'olio, lo stoppino della lampada non può bruciare senza
    olio; se lo si vuole accendere, il vetro si rompe e la lampada si spegne. Così è la mia
    lampada davanti a te, Signore, tu sei l'olio della mia anima; senza di te, essa non può
    accendersi, e si spegne; fai versare l'olio della tua grazia nella lampada della mia
    anima per poter bruciare davanti a te.
    A chi rassomigli, Signore? Alla colomba che dà da mangiare ai suoi piccoli, a una
    tenera madre che nutre il suo figlioletto.
    Guai, guai all'uomo che si attacca alla terra e che non pensa nella giornata un solo
    quarto d'ora al Signore!
    Felice colui che ha dato tutto al Signore, non bada a niente, non pensa che a lodarlo, a
    servirlo; vivrà eternamente. Molti di quelli che siedono sul trono saranno rovesciati e
    calpestati sotto i piedi nella polvere. E quelli che sono calpestati nella polvere
    siederanno su dei troni.
    181
    L'anima che soffre è come un re e una
    regina davanti al Signore; ma quanto
    quella che non soffre è povera e miserabile!
    Se tu conservi il silenzio e l'abbandono in Dio, Dio ti custodirà.
    Da dove deriva che l'agnello diventa debole? Avviene perché non ha conservato il
    silenzio. Il silenzio, è la verginità, e noi abbiamo promesso il silenzio.
    Se conservate il silenzio, guadagnerete l'umiltà, la carità, la dolcezza, l'obbedienza e la
    pazienza.
    L'anima retta non dice ciò che la contraria, ciò che la fa soffrire... Dio vi lascia... ma se
    voi soffrite in silenzio, il Signore vi benedirà... Dio non domanda mortificazioni.
    Attualmente, la più piccola cosa che fate è più gradita a Dio delle mortificazioni degli
    antichi Padri e Patriarchi.
    La madre soffre quando dà alla luce... Quando l'atto di virtù deve farsi, fa soffrire. Per
    ogni buona azione, c'è un'anima da guadagnare a Dio... se sapeste!... Domandereste a
    Dio delle occasioni... È nel momento in cui la natura si rivolta che bisogna vincersi: se
    perdete l'occasione, l'anima è perduta.
    Dio dà la grazia all'anima che avete generato, salvato e l'aumenta man mano che fate
    delle buone azioni. La vergine folle è folle perché non ha fatto opere buone. Non basta
    portare l'abito di carmelitana e avere trascorso parecchi anni in religione, bisogna fare
    opere buone!
    Se non vegliate, se non fate del bene, sarete come una madre sterile... Desidero che
    siate come la donna forte: con tutti i suoi figli attorno a lei.
    Oh! Gesù! quanto è mirabile! Mio Dio, ti adoro! Tu solo sei grande; adoro la tua
    grandezza, la tua potenza! Tu solo sei degno di ammirazione... Chi è simile a te? Non
    c'è altro Dio simile a te sulla terra! Quanto sono felice che il mio Dio mi abbia creato
    per chiamarlo mio Dio! Se mi aveste creato piccola bestia, non potrei dire: mio Dio. Ti
    ringrazio per avermi dato l'intelligenza; io te la dò. Quanto sono felice di avere un Dio
    che riempie il cielo e la terra! Che tutto risuoni di lode del mio Dio! Che la montagna
    salti di gioia. Che la terra esulti!
    L'amore salva l'anima.
    Beata l'anima che non ha amore per sé, ma solamente per l'Altissimo.
    Un giorno era così deliziosamente rapita, che non si tratteneva più; danzava quasi
    davanti al tabernacolo, chiamando Gesù: «Discendenza prediletta». Diceva: «Posterità
    prediletta, viene tutti i giorni!... David danzava davanti all'arca, ed io, davanti al
    tabernacolo! L'Amore è là, l'Amore è là, esso vale più dell'arca!».
    Quando la nuvola nera cadrà, cioè la noia, il disgusto per ogni cosa, ogni passo che si
    farà sarà tanto meritorio come se si fossero fatte le cose più sublimi; ora, il nemico
    regna sul suo trono. Ha una grandissima potenza.
    L'anima disprezzata, umiliata, attira gli sguardi dell'Altissimo!
    Se un'anima guadagna il cuore di Dio, che cosa le importa di tutto l'universo? E se tutti
    i re della terra sono dalla sua parte, se non ha Dio, che conta tutto il resto? Tutti amano
    ed onorano una persona ricca. Il povero è disprezzato, non ha niente; ma se è umile...
    Chi è colui che il Signore onora?... È I' umiltà!...
    L'umiltà è contenta di essere disprezzata, di essere senza niente, non si attacca a
    niente, non si dispiace di niente. L'umiltà è contenta, l'umiltà è felice, ovunque felice,
    l'umiltà è soddisfatta di tutto. L'umiltà porta ovunque il Signore nel suo cuore.
    182
    In quanto all'orgoglio tutto lo mette fuori
    da se stesso, tutto lo annoia, lo infa-
    stidisce, lo abbassa. Tutto lo rivolta, tutto lo rende desolato; egli ha l'angoscia in
    questo mondo e nell'altro.
    L'umiltà ha la gioia in questo mondo e nell'altro. L'umiltà non tiene conto di niente, è
    felice di tutto! Il Signore dice: Vedi il lombrico, man mano che si sotterra, esso è
    garantito, ma se si mostra, lo si schiaccia... Il verme, quando viene il gelo, ha il suo
    calore nella terra; quando c'è il sole, la terra è la sua frescura.
    L'umiltà è il regno del cuore di Dio! Bisogna lavorare per l'umiltà, bisogna seminare,
    allora Dio dà l'umiltà. Non bisogna dire solamente: "Dai, Signore" no, ma bisogna
    seminare e lavorare.
    C'è un uomo in una bassa terra: se non c'è acqua, egli scava e trova l'acqua... Un uomo
    ha fame, domanda al cielo... Ebbene, seminate, lavorate e raccogliete.
    Come seminerete, voi raccoglierete: seminate delle spine, raccoglierete delle spine;
    seminate rose, raccoglierete rose; seminate puro frumento, raccoglierete vero fru-
    mento.
    Non giudicate, solo Dio giudica.
    Quando vedrete uno strappo all'abito di un altro, non strappate di più, ma tagliate un
    pezzo del vostro vestito per riparare il buco; non temete, anche se doveste restare
    completamente nuda. Ve lo dico e ve lo ripeto, strappate il vostro vestito per coprire il
    vostro prossimo, Gesù vi rivestirà della veste nuziale... Non giudicate niente,
    l'Altissimo giudicherà tutto!
    Beati i piccoli, per essi c'è posto dappertutto! I grandi invece, imbarazzano
    dappertutto.
    Davanti a Dio, se abbiamo il mantello della carità, avremo coperto il nostro sporco
    vestito, e secondo quanto sarà grande la carità, il mantello sarà lungo e largo per
    coprirci... La carità, è un mantello bianco che copre qualunque cosa.
    Pace alle anime di buona volontà le quali non cercano che l'Altissimo! Un angelo
    scrive il loro nome nel cielo, nell'eternità!
    Quando andate all'orazione, siate pronte, preparatevi prima.
    Non si invita il Re in una casa senza renderla libera, senza prepararla per riceverlo;
    altrimenti, non entra oppure i ministri del Re, gli angeli, non lo inviteranno a venire.
    Non mormorate sulla terra, perché la terra è una pietra preziosa per quelli che ne
    profittano.
    Agnellini, non abbiate paura di Dio. Egli colpirà la terra, vi saranno dei terremoti; non
    temete niente; ricorrete a Dio solo, restate in lui, confidate in lui e non temete niente:
    la sua misericordia è immensa. Egli vorrebbe spanderla sugli uomini, ma la giustizia
    "blocca" la misericordia. Gli uomini hanno paura di Gesù: lo guardano come un
    carnefice e invece i suoi occhi sono del tutto paterni!... Egli è più bianco della neve! È
    folle per l'uomo!... Ama i piccoli, i deboli, non ama i grandi...
    Non cercate mai appoggio nelle creature, ma gridate verso Dio. Se cadete per qualche
    errore o qualche pena nel fondo di un precipizio, gridate verso Dio; se non sente, cioè
    a dire, non viene, gridate più forte, toccate il suo cuore. Vi insegno un'astuzia, ditegli:
    «Signore, sono sola, sono arrivata nel fondo, molto in basso, ho la gamba rotta, ho il
    braccio rotto; sono debole, sono malata, vieni, vieni, vedi, non posso quasi più gridare
    verso di te e non voglio altro soccorso che te!».
    183
    Domando al cielo, alla terra, al mare, agli
    alberi, alle piante, a tutte le creature:
    "Dove è Gesù?" E tutti mi rispondono allo stesso modo: In un cuore retto ed in un
    animo umile!
    Quando Gesù guarda i suoi eletti, il suo sguardo fa sciogliere il cuore... Oh! quello
    sguardo!... No, la terra non ha visto Gesù!... La terra è coperta di delitti!... Il Signore
    vorrebbe bussare e il suo cuore non può!...
    Sono come un pesciolino fuor d'acqua, apre e chiude la bocca, e non ha altro sollievo.
    Ed io, sono così, non ho altro sollievo su questa terra che sospirare la patria celeste...
    Il Signore mi ha fatto vedere l'inferno e mi ha detto: Nell'inferno si trovano ogni specie
    di virtù, ma non c'è l'umiltà; e in cielo si trovano ogni specie di difetti, ma non c'è
    l'orgoglio!
    Cioè Dio perdona tutto all'anima umile e non conta per niente la virtù sprovvista di
    umiltà.
    1874
    La sincera umiltà del cuore, è Dio che la dà, ma bisogna fare degli atti... Quando c'è la
    vera umiltà, non ci si dà pensiero per la stima, il giudizio e lo sguardo della creatura.
    Io mi dico figlia di Adamo! ed anche lui è figlio di Adamo, anzi si è fatto figlio di
    Adamo!... Figlio di Adamo! esclamava con trasporto.
    Rallegratevi se vi si disprezza, giacché siete sotto il mantello del Signore. E se voi
    siete stimata, onorata, piangete lacrime di sangue, perché il nemico verrà a sor-
    prendervi. Il vostro cuore deve trasalire di gioia se siete disprezzata!... 1 ladri non
    vanno a rubare presso i poveri, ma presso i ricchi.
    Se una bestia potesse parlare di voi, Signore, essa confonderebbe il mondo intero!... Se
    una mosca potesse parlare, direbbe le vostre grandezze!...
    Non sarà Gesù che condannerà il peccatore quando comparirà davanti a lui, sarà
    l'anima stessa.
    Il sole, la luna, le stelle, l'aria, tutto ciò che egli ha calpestato si rivolgerà contro di lui;
    e quando vedrà Dio, la sua bontà, il suo amore, non potrà sopportarlo e si precipiterà
    egli stesso nell'abisso.
    Ma Dio presenta all'anima fedele, quando comparirà davanti a lui, il suo amore, la sua
    bontà, la sua misericordia ed ella ne è tutta confusa, e si perde come una goccia di
    acqua nel seno di Dio!
    Desiderando una suora interrogarla e non osando, rispose al suo pensiero dicendole:
    «Non c'è bisogno di domandare dei consigli, neppure di sentire la parola di un angelo;
    vi sono i comandamenti, le regole, tutto è scritto; abbiamo il cammino tracciato
    davanti a noi, ma bisogna andare e camminare per il diritto cammino. Se voi andate di
    lato, o restate qui per terra, a che serve la luce? Ma se voi camminate nel retto sentiero,
    tracciato davanti a voi, avrete la luce, troverete le pietre, gli ostacoli tolti, Gesù vi
    custodirà, vi preserverà».
    E mostrava il suo scapolare, davanti a lei ad una certa altezza, come per mostrarci che
    Gesù ripara, illumina e conduce egli stesso le anime che vanno per il cammino
    tracciato dai suoi comandamenti, dalle nostre regole e dall'obbedienza. Ha citato molti
    versetti del salmo Beati immaculati che vengono a sostegno di ciò che lei diceva.
    A chi paragonerò il mio Dio? Se mi paragono con lui, come una goccia d'acqua con
    l'oceano, non è abbastanza! Se tutta la terra avesse una sola goccia d'acqua per
    rinfrescarsi, non è abbastanza! Come l'amore di tutti i cuori non è abbastanza per te,
    184
    mio Dio!... Io sono la goccia d'acqua e tu
    sei l'oceano! Desidero un cuore più
    grande del cielo e della terra per amarti!
    Dio sceglie la sua dimora in un cuore retto e umile. Fra Gesù e l'orgoglioso, c'è lo
    spessore di una montagna, e, fra Gesù e l'anima umile, c'è lo spessore della mussola
    più fine.
    Maria è dovunque si trova Dio! Senza di lei, noi saremmo perduti... Il nemico scava
    fosse ovunque... Maria ci custodisce meglio di quanto la migliore delle madri non
    faccia col suo bambino.
    Ho detto al Signore: «Felici quelli che hanno dato il loro sangue per Dio!» E lui dice:
    Più felici ancora quelli che fanno il sacrificio della loro vita continuamente per mio
    amore, perché questo sacrificio forma un percorso profumato per Gesù!
    Il mio Amatissimo è di tutta la terra e di tutti quelli che lo vogliono. Il suo spirito mi
    ha rapito!
    Come lo vedete? le si diceva. Ella rispose: «Gli angeli non possono dargli una forma,
    ed io, niente, polvere, potrei dargliene una! Non lo vediamo mai così com'è!» Perché,
    le si domanda, che cosa abbiamo sotto gli occhi? «Il velo dell'orgoglio», ella dice.
    In un'altra estasi, rispose ad una suora che stava per fare il ritiro annuale e che le
    domandava consiglio a questo proposito: «Bisogna cominciare col rendere conto a
    Dio, del come abbiamo impiegato la sua fortuna, ciò che abbiamo speso per noi e per
    gli altri... Poi, quando avremo reso conto, e la nostra testa sarà abbastanza bassa e il
    Signore ci avrà perdonato, allora danzeremo!»... Ella esprimeva bene con queste
    ultime parole la gioia di cui godeva in quel momento.
    Abbiate molta carità! Come tu prepari la strada per tuo fratello, il Signore la prepara
    per te.
    Se vedi delle pietre davanti al tuo prossimo, toglile senza che egli se ne accorga. Se
    vedi una buca, riempila senza che egli lo veda, rendi il suo cammino uniforme. Se tu
    tappi la buca, tanto quanto puoi, davanti al cieco in modo che egli non voglia
    camminare in questa strada, questa strada sarà per te.
    Se hai sete e ti si dà dell'acqua, dai questo bicchiere a tuo fratello che ha sete; tuttavia
    tu hai più sete di lui,... ma tu sei sicuro che il Signore ti darà da bere con la sua mano!
    Quando cadi tu stesso nella fossa, non ti devi scoraggiare né restare là, ma alzarti al
    più presto...
    Sì, io sono di Dio! e vorrei scrivere con il sangue del mio cuore: Io sono di Dio!
    Vorrei mostrarlo al cielo e alla terra ed a tutte le creature.
    (17 dicembre). Man mano che il momento di comunicarsi si avvicinava, il suo de-
    siderio di ricevere questo pane celeste aumentava. Diceva: «Confesso che non ho af-
    fatto carità. Signore, dammi questa carità pura e senza miscugli, perché confesso che
    non ne ho! Dio è carità, datemi presto il mio Dio. Non ho affatto carità, datemi il mio
    Gesù, egli è la carità!... Datemi presto il mio Dio; perché egli mi dia la carità. Datemi
    presto il mio Maestro, il mio Salvatore, la mia carità, presto, presto!».
    Dopo il ringraziamento, parlava ancora con trasporto di questa carità: «Ho ragione,
    diceva, di domandare la più pura carità; è un albero. Oh! quanto è bello! è magnifico!
    Quest'albero è come il cedro, le sue foglie come il banano, i suoi fiori come la violetta,
    i suoi frutti come le olive.
    Oh albero magnifico! Le tue foglie coprono quelli che sono nudi! L'albero porta tutto,
    perché è legno di cedro, il più forte.
    185
    La foglia copre tutto, perché è molto
    larga per poter coprire quelli che sono
    nudi. La violetta è il silenzio che copre la carità e dà un profumo dolcissimo.
    Il frutto sono le olive, è la luce che rischiara sempre, che domina sulle tenebre. O
    Carità, o albero magnifico!».
    Non guardare il prossimo senza guardare il Signore o tu cadrai in un fosso, molto in
    basso!
    1875
    Guai, guai, guai a colui che, dopo aver bevuto acqua da un pozzo, vi getta una pietra
    dentro.
    Bisogna praticare l'umiltà! A un'anima che possiede l'umiltà, Dio perdona qualsiasi
    colpa.
    Il Signore dice: Datemi un sacerdote, un religioso che ha l'umiltà, io non gli rifiuterò
    niente.
    (Marzo 1875). Riguardo al Giubileo, diceva: «Per guadagnare il giubileo, bisogna
    essere senza l'io. Bisogna farlo come se si fosse al momento della morte. Molti ne
    fanno gli esercizi e pochi lo guadagnano... Quando si è guadagnato il giubileo, è per la
    vita: lo Spirito Santo si riposa su quest'anima, essa è stabilita in Dio. Tutta la vita, avrà
    la grazia per combattere, conserverà un forte odio del peccato! Guadagnare il giubileo,
    significa possedere i doni dello Spirito Santo».
    Serviamo il Signore completamente nudi!... Tutto passa quaggiù, una cosa non passa:
    l'amore!
    Il Signore dice: Chiunque cercherà di darsi la luce per ciò di cui non si è responsabile,
    non avrà che tenebre e angosce... Dio solo vede tutto... Egli ha tutta l'eternità per
    giudicare. E l'uomo, che non ha che un minuto da vivere, vuole giudicare!
    Colui che vuole essere il primo sarà l'ultimo davanti a Dio e davanti agli uomini.
    Soffrite qualsiasi pena per fare piacere a vostro fratello. Dio vede tutto, scrive tutto,
    ogni vostro passo.
    Se credete di avere più intelligenza del prossimo, il Signore vi accecherà. Il Signore dà
    l'intelligenza a chi è piccolo e non ne ha.
    L'orgoglioso diventa come la pietra; né la pioggia né niente la penetra... L'orgoglioso
    vuole bere, l'acqua cade e non penetra e rotola fino a terra; la terra la beve e ne
    profitta!
    Ho visto un libro... Molte parole vi sono scritte e pochi le comprendono. Se l'uomo
    può dire: tutto passa, fiat, Dio solo riempie il mio cuore, non vi saranno più tante
    difficoltà sulla terra, essa produrrà senza tanto sudare e faticare... Se noi vogliamo,
    saremo dannati... E il cielo è tra le nostre mani!...
    Le società segrete hanno le loro assisi nell'inferno, i soci hanno i loro piedi nell'inferno
    come i giusti hanno le loro assisi e i loro piedi nel cielo.
    Perché il Signore è irritato con la terra? Perché castigare la terra? Perché castigare i
    regni? Perché ognuno non si contenta del suo regno, va a cercarne altri... Se una
    religiosa è fedele, il Signore custodirà anche la sua famiglia. Ve lo dico da parte di
    Dio: Se una religiosa sa dimenticarsi per fare la felicità degli altri, farà dei miracoli. Il
    Signore non vi rimprovera di aver peccato, ma di non esservi umiliate.
    Tutto piange sull'uomo, sull'ingratitudine dell'uomo. Il Signore dice: Non ne posso più
    dell'uomo!
    186
    Siate piccoli, siate piccoli. Il Signore
    vuole che vi avverta perché siate molto
    riconoscenti e annientati alla sua presenza.
    Se osservate la Regola, la pazienza nelle piccole occasioni che si offrono, Dio vi
    custodirà.
    Vorrei molto seguire sempre Gesù, ma mi risento dappertutto... Fortunate le anime
    senza peccato! Vado, e le spine mi pungono i piedi; mi giro e mi pungo le
    mani. Guardo Gesù e la polvere dei miei peccati mi annebbia gli occhi... Ecco quello
    che può fare il peccato... Fortunate le anime pure! Abbiate pietà di me, mio Dio!
    Amare non basta... Amare e lavorare, è tutto. Amare, è il seme; lavorare, significa
    germinare crescere e portare frutto.
    Il Signore ha detto: Starò con i piccoli, non amo i grandi e non permetterò ai grandi di
    abitare nella mia casa.
    L'io è ciò che perde il mondo. Quelli che tengono all'io portano con essi dappertutto la
    tristezza, l'angoscia... Non si possono possedere Dio e l'io insieme... se si ha l'io, non si
    ha Dio e, se si ha Dio, non si ha l'io... Non avete due cuori, non ne avete che uno... A
    colui che non ha l'io riesce tutto, tutto lo fa contento... Dove c'è l'io, non c'è l'umiltà, la
    dolcezza, nessuna virtù: egli prega, supplica, e la sua preghiera non sale, non arriva a
    Dio... colui che non ha l' io ha tutte le virtù e la pace e la gioia.
    1876
    Chi non ubbidisce all'autorità non ubbidirà a Dio. Sì, i supplizi di Dio sono per me
    delizie, e le delizie dei cattivi sono per me tormenti.
    Il Signore ha più pietà di un malato miserabile, che del giusto il quale teme la terra.
    Colui che teme la creatura mi mette da parte, dice il Signore.
    Il cuore retto cade e si alza; va attraverso il fuoco, attraverso tutto, verso Dio. Un
    uomo parla bene, ma è falso, ipocrita; un altro ha dei cattivi progetti; per il primo,
    domando a Dio di chiudere la sua bocca, che gli venga un ascesso sulla lingua. E per
    l'altro: «Andate, andate, Dio vi benedirà, perché voi avete il cuore retto, cercate la
    luce: le vostre ingiurie, le vostre bestemmie, le piangerete un giorno. Andate, caro,
    avete il cuore retto».
    La rettitudine, è la nostra salvezza: a non andare sempre diritto, significa fare dieci
    volte in più dì cammino.
    Ho constatato che colui che sopporta la prova ha un cuore che diventa grande, grande
    come una camera, e il Signore vi abita.
    Non familiarità (fra voi). Se foste nel palazzo della Regina, voi vi inchinereste quando
    lei dovesse passare... Voi siete tutte delle regine. Ho sentito il lamento di Dio che dice:
    Ve ne sono che dicono: "Sono di Dio" e che strappano l'albero degli altri e sradicano
    l'albero degli altri e lo piantano a casa propria. Perché non innaffiare l'albero?... Se
    l'uomo facesse come l'ape, raccogliere qua e là e dare alla regina,... io farei il
    nutrimento, io... Ma se essa pensa a se (stessa) invece di darmi... Per questo io
    l'abbandono a se stessa!
    1878
    Il Signore dice: Se vi accade di cadere, umiliatevi prontamente, il Signore vi
    perdonerà; ma se accusate il prossimo, Dio non perdona.
    Vorrei che, prima di dire una parola contro il prossimo, si mettesse il proprio dito sulla
    fiamma... E pertanto, bisognerà entrare nelle fiamme più o meno per mesi ed anni
    187
    seconda la gravità della colpa... Una
    nostra parola ha più peso di quella di una
    persona del mondo... Per una carità male intesa, manchiamo ad una carità più grande.
    Il Creatore e il prossimo, sono la stessa cosa.
    Quando una religiosa è umile, obbediente, il diavolo è suo schiavo, ed occorre che o
    schiavo obbedisca, di buon grado, o suo malgrado. E quest'anima dimora in Dio.
    RITORNELLI COMPOSTI DA SUOR MARIA DI GESÙ CROCIFISSO dopo la
    morte della Madre Elia (1870)
    Canterò, canterò, Gioia o dolore canterò; La pesante croce è veramente pesante, Ma la
    strada è breve, sì, veramente breve. Canterò, canterò,
    In questo esilio canterò.
    Maria, madre mia, custodiscimi, Ottienimi pazienza, dolcezza; Con Gesù, benedicimi.
    Mi ritirerò in un deserto, Chiamerò Dio mio Salvatore, Parlerò a bassa voce, a
    bassissima voce, Parlerò cuore a cuore;
    Il sacrificio costa caro! L'offrirò con tutto il cuore! Niente dolcezza in questo esilio;
    Andiamo, fratelli miei, andiamo, sorelle mie, Seguiamo Gesù al Calvario.
    In questo esilio nessuna dolcezza; Abbraccerò con gioia
    La croce del mio Salvatore!
    (Parecchie strofette sono state dimenticate)
    CANTI DURANTE LE SUE ESTASI (1873-1875)
    lo la invitai, la terra intera, a benedirti, a servirti.
    Ciò è per sempre, e mai finire! Con il mio cuore unito al tuo amore. lo lo invitai,
    l'intero mare, a benedirti, a servirti.
    Ciò è per sempre, e mai finire!
    lo li chiamai, li invitai, gli uccellini nell'aria, a benedirti, a servirti. Ciò è per sempre, e
    mai finire!
    lo la chiamai, la invitai, la stella del mattino. Ciò è per sempre, e mai finire!
    Mio Amato, sì, io lo comprendo, è tutto pronto, andiamo avanti! Ciò è per sempre, e
    mai finire!
    Veli che lo nascondete, apritevi, voglio vederlo, il mio Amato, per adorarlo e per
    amarlo!
    Ciò è per sempre, e mai finire! Con il mio cuore unito al suo amore. Velo fitto
    strappati, lasciami vedere il mio Amato
    per adorarlo e per amarlo.
    Ciò è per sempre, e mai finire.
    Lo chiamai, lo invitai, l'uomo ingrato, a benedirti, a servirti, a lodarti e ad amarti.
    Ciò è per sempre, e mai finire.
    Qui, lei sembrava rotta dal dolore, perché la terra, l'erba, i fiori, perfino le bestie
    selvagge, che invitava ad unirsi a lei per benedire e servire il loro Creatore, ri-
    spondevano al suo appello; ma quando chiamò l'uomo, l'uomo restò sordo. Lei diceva,
    con una espressione di tristezza inesprimibile: «O uomo ingrato, la bestia selvaggia ti
    afferrerà, ti farà finire, corpo e anima!... Non essere ingrato!» E l'uomo rimase
    insensibile.
    All'Amore, Amore mio, venite o Re della terra! Venite, adoriamolo!
    188
    Canto le grandezze, la potenza del nostro
    Creatore, perché siamo l'opera delle sue
    mani, il prezzo del suo sangue.
    Venite, adoriamolo!
    Non c'è un altro Dio simile a lui! Venite... Venite, voi tutti che siete sulla ter-
    ra, non vi fermate a ciò che è della terra, perché tutto non è che vanità e finirà in un
    istante!
    Venite, adoriamolo!
    Noi non siamo che viandanti ed esuli su questa terra. Venite, adoriamolo! È il nostro
    Re, è il nostro Padre.
    Venite, adoriamolo!
    Lui ha tutto creato, sulla terra. Venite, adoriamolo! Prostriamoci ai suoi piedi,
    diamogli i nostri cuori. Venite, venite a lodarlo! Diciamo con la bocca e col cuore:
    Non c'è Dio simile a lui.
    Venite, adoriamolo!
    Adoriamo la Trinità che non è che un solo Dio. O mistero incomprensibile! Venite,
    adoriamolo!
    O Tre immensità le quali non fate che Uno! O Potenza! Venite, adoriamolo!
    Perché la sua collera è terribile sui cattivi. Venite, adoriamolo!
    L'animale, la bestia selvaggia trema davanti a lui; la sua collera fa tremare la terra;
    cattivi, venite, adoriamolo!
    La sua bontà è paterna per quelli che lo cercano. Venite, adoriamolo!
    La sua bontà e la sua misericordia per i giusti. Venite, adoriamolo!
    Tutta la terra, le bestie si rallegrano in un profondo rispetto. Venite, adoriamolo!
    L'Amato Bene cammina davanti!... Il mio cuore si è svegliato, la mia anima si
    rallegra!... Il tuo sguardo, o sorgente, mi annienta! Terra, apritevi per seppellirmi, il
    mio cuore desidera lasciare quaggiù (questa terra) per lodarlo, Bontà suprema. Ti-
    ratemi fuori della prigione che mi incatena!
    Loderò il Signore per tutta la mia vita! La mia anima esce da un abisso, da un fossato
    molto profondo...
    Prendo le ali del mio Salvatore... Oh! quanto è dolce essere con voi!
    O mio Salvatore, il tuo nome è grande. Riempie il cielo! Tutto lo loda ed è pieno di
    gioia alla sua presenza!... Lui mi ha dato le ali con le quali ho volato; dall'abisso, nel
    quale ero sprofondata, il Signore me ne ha tratto fuori. Da quel giorno, sono nel suo
    seno per sempre. Felice giorno, mai finire!... Il Signore mi ha preso nella sua patria.
    Che dite, abitanti della terra? Il Signore mi ha preso in un abisso e me ne ha tirato
    fuori!
    Il tentatore mi ha calpestato lungo il cammino, mi ha impedito di vedere per condurmi
    a lui. Il tentatore mi ha chiuso il percorso
    ed io strappo il velo della terra come gli uccelli che volano. O tentatore, il Signore mi
    ha presa nella sua patria!
    Oh! Quale turbamento nell'abisso dove tu discendi! O infelice!...
    Il Signore mi ha tratto dall'abisso e portato tanto in alto, me, figlia di Adamo! Mi dà
    delle ali per volare; mi dà mille fiori da seminare nella strada che vedo; mi ha messo
    un cesto di fiori fra le mani, tutti gli amici possono raccogliere!
    Ho seminato lungo la strada. Gli amici ed i nemici si sono affrettati a prenderne. Mi ha
    dato delle ali per volare e il cesto di fiori sulle ginocchia...
    189
    Il cielo e la terra, tutto sorrideva col suo
    sorriso immacolato. L'amore è grande!...
    Tutto quaggiù, è niente!
    NOTIZIE
    Padre Pierre Estrate, Prete del Sacro Cuore di Bétharram (1840-1910)
    Il Padre Pietro Estrate, nato il 3 giugno 1840, a Géronce, piccola parrocchia della
    diocesi di Bayonne, fece i suoi studi con successo nel piccolo seminario di Oloron,
    diretto dai sacerdoti del Sacro Cuore di Bétharram. Verso la fine del corso di studi,
    attratto segretamente dagli esempi dei suoi maestri, sollecitò la sua ammissione nel
    loro nascente Istituto, il cui fondatore san Michel Garicoits, viveva ancora. Vicino al
    Padre Garicoits, il giovane postulante si trovava alla scuola della più alta santità. Tutta
    la sua vita ne risenti la benefica influenza. Si può dire che egli attinse così, insieme al
    gusto per studi seri, quello spirito di fede che sembrava squarciare tutti i veli e che
    sicuramente lo guidava nelle regioni soprannaturali; così egli acquistò o perfezionò
    quella sorta di istinto cattolico che lo guidava diritto alla verità e lo avvertiva dei più
    piccoli compromessi dottrinali, perfino i più sottili e i meglio camuffati. San Michel
    Garicoits come se avesse presentito l'avvenire riservato alle sue alte qualità, non
    acconsentì mai a separarsi da lui in favore delle sue opere; da parte sua, il giovane
    religioso apprezzava troppo le virtù e le lezioni del santo Fondatore per non declinare
    le offerte più capaci di sollecitare il suo zelo.
    Ordinato sacerdote nel 1863, l'anno stesso della morte di Padre Garicoits, fu subito
    addetto al lavoro missionario. Qui ancora ebbe il prezioso vantaggio di formarsi alla
    scuola di operai apostolici quali i PP Vignolle e Higuères, uomini, questi, degni di
    ammirazione la cui potente voce ha molto spesso trascinato le popolazioni beamesi.
    Padre Estrate divenne egli stesso molto celermente un maestro, passando con la stessa
    facilità dalle più umili chiese di villaggio alle cattedre delle nostre più belle cattedrali
    del mezzogiorno.
    Fin dagli inizi della sua carriera di missionario, il giovane sacerdote si segnalò per una
    conoscenza approfondita della Sacra Scrittura. Ne aveva studiato, con la penna in
    mano, i migliori commenti, ai quali aggiungeva le sue personali osservazioni, suggeriti
    da una lettura quotidiana. Fin dall'età di ventiquattro anni, prese l'abitudine di imparare
    a memoria, ogni giorno, dieci versetti del testo sacro, così bene che in pochi anni
    affidò alla sua formidabile memoria tutto il tesoro dei nostri Libri sacri. Da questo
    tesoro, sapeva ricavare con la più felice opportunità cose an-
    tiche e cose nuove, di modo che, più di una volta i suoi ascoltatori, affascinati da
    questa conoscenza biblica, si credettero ritornati in un'altra epoca e si domandavano se
    non stessero per assistere all'omelia di qualche Padre della Chiesa.
    Il Padre Estrate non aveva che trentadue anni quando conobbe suor Maria di Gesù
    Crocifisso, al suo ritorno da Mangalore (novembre 1872). A partire da questa data fino
    alla partenza della Beata per la Palestina (20 agosto 1875), il Padre Estrate fu il suo
    Direttore. Dio non tardò a rassicurarlo sulle vie della pia Carmelitana con dei segni
    troppo evidenti per lasciare sussistere il minimo dubbio. Si è visto, nel corso di questa
    storia, come il Signore si servì di suor Maria di Gesù Crocifisso per presentare e fare
    approvare a Roma le Costituzioni dei Preti del Sacro Cuore di Bétharram. Non è il
    caso di ritornare su un episodio già conosciuto dal lettore.
    190
    Inoltre è proprio a Pau che padre Estrate
    fece la conoscenza di una nobile si-
    gnorina, Berta Dartigaux, distintasi tanto per la sua pietà quanto per le sue ricchezze,
    la quale doveva far rivivere in Palestina il ricordo di santa Paola e di santa Eustochio.
    Da sola, si incaricò della fondazione del Carmelo di Betlemme, come pure della sua
    cappellania. Dopo che ebbe assicurato l'avvenire di questo monastero, con un nuovo
    tratto di rassomiglianza con le sue sante emule, sollecitò la grazia di finire i suoi giorni
    presso queste vergini di Cristo. Padre Estrate, da parte sua, dopo aver seguito le
    carmelitane nel loro viaggio di fondazione, nel 1875, venne a stabilirsi definitivamente
    sulla Collina di Davide, verso la fine di maggio del 1879. La fama di colui che si prese
    ben presto l'abitudine di chiamare un nuovo Girolamo, non tardò a diffondersi. Il buon
    Padre si spese senza riserve a servizio delle Figlie di santa Teresa, non meno che a
    quello della comunità di uomini e di donne, il cui numero sempre crescente riporta in
    Palestina l'età d'oro della vita monastica. Nell'arco di venticinque anni, c'è da dire che
    tutti i suoi sforzi non tradirono affatto il suo zelo, non ha predicato meno di una
    quindicina di ritiri spirituali ai sacerdoti del Patriarcato; le sue predicazioni presso
    diverse comunità sono innumerevoli. La sua profonda conoscenza della sacra
    Scrittura, dei Padri, della teologia ascetica e mistica, gli permetteva di affrontare i
    diversi ascoltatori con la stessa facilità e la stessa varietà. Finite le sue predicazioni,
    rientrava con gioia nella sua cella.
    Attorno a lui si affollava, fin dal 1890, una fervente gioventù del suo Istituto, accorsa
    accanto alla santa Grotta per seguirvi il corso di studi ecclesiastici. Quelli che nell'arco
    di questi venti anni, dal 1890 al 1910, ebbero la gioia di vivere sotto la sua direzione,
    si ricorderanno sempre della forza e della assiduità con le quali predicava loro, con
    l'esempio e la parola, lo spirito di fede, di preghiera, di obbedienza. Con gli sguardi
    sempre fissi sull'immagine venerata del Padre Garicoits, avrebbe voluto imprimere
    tutti i tratti in ciascuno di questi giovani religiosi, per farne altrettanti santi, dal cuore
    grande, dall'animo generoso, idonei, expediti, expositi.
    La fiducia dei suoi confratelli lo elevò alla carica di Generale in una età in cui non
    pensava più ad altro, diceva, che a godere le dolcezze della sua cara solitudine,
    preparandosi alla morte. Ma, non appena la volontà di Dio si fu nettamente ma-
    nifestata, senza più fare i conti né con l'età, né con le infermità, né con le difficoltà
    delle strade lontane, intraprese la visita delle residenze dell'Istituto. Ritornò a Be-
    tlemme il 19 dicembre 1909. Vi doveva morire.
    Dopo avere edificato i suoi figli ancora per quattro mesi, con il suo spirito di orazione
    e di osservanza della Regola, dopo averli nutriti con la frazione del pane e della parola
    ove egli eccelleva; nel momento in cui si preparava a riattraversare i mari per portare
    ad altri gli stessi benefici, si spense dolcemente, senza agonia, l'8 aprile 1910. Il suo
    corpo riposa dietro l'altare maggiore della cappella del Carmelo a pochi passi soltanto
    delle spoglie mortali di suor Maria di Gesù Crocifisso.
    Padre Lazzaro della Croce (1828-1907)
    Giovanni Bayle, in religione Fra' Lazzaro della
    Croce, che fu per due anni il
    confessore e il direttore di suor Maria di Gesù Crocifisso in India, nacque nel 1828,
    non lontano da Agen, in seno ad una famiglia numerosa e cristiana. Dopo la sua - .
    prima comunione, fu mandato a Tolosa per cominciarvi degli studi
    professionali. Disgraziatamente, in questa grande città, contagiato
    191
    dall'esempio finì per trascurare per
    qualche tempo le pratiche della religione.
    Lo stesso avvenne ad Avignone ed a Lione, dove, per alcuni anni, fu impiegato in una
    amministrazione civile. Tuttavia fu a Lione che senti i primi
    richiami della grazia. Un giorno perfino, in una numerosa riunione, non temette di
    prendere pubblicamente la difesa della santissima Vergine, che si osava attaccare. La
    Regina del Carmelo non tardò a ricompensare il suo coraggioso difensore, conducen-
    dolo ben presto al noviziato del Carmelo. Aveva allora poco più di trenta anni. Fra'
    Lazzaro fece il suo noviziato con un fervore di neofita, ed i suoi studi teologici con
    una applicazione e un successo dei quali la sua vita intera è stata una testimonianza.
    Acquistò fin da allora e sempre in seguito quella sicurezza di giudizio, quel vigore di
    decisione, quella pratica delle cose divine alle quali Sua Eminenza Mons. de Cabrières
    si compiaceva di rendere un omaggio pubblico l'indomani della sua morte.
    Nel 1867, dopo cinque anni passati al convento di Montpellier, Padre Lazzaro veniva
    mandato nella missione che i discepoli di sant'Elia tenevano allora nelle Indie, sulla
    costa di Malabar. La sua virtù e la sua saggezza lo indicarono alla scelta del suo
    confratello, Mons. Maria Ephrem, per le delicate funzioni di vicario generale. Nel
    1869, Padre Lazzaro ritornava in Europa per cercarvi e condurre in India il piccolo
    sciame delle Carmelitane di Pau, del quale faceva parte suor Maria di Gesù Crocifisso.
    È a quell'epoca che rimontano i suoi rapporti spirituali con la Beata. È stato già detto
    della provvidenziale assistenza che suor Maria di Gesù Crocifisso trovò in Padre
    Lazzaro nelle difficili prove che dovette allora attraversare. Il buon Padre la sostenne
    contro il demonio, contro gli uomini, contro se stessa con una fermezza ed una
    costanza eroiche, le quali non potevano provenire che dallo Spirito di Dio. A sua volta,
    Padre Lazzaro ricevette infinite volte dall'umile suora conversa luce e consiglio,
    specialmente nelle prove alle quali fu lui stesso soggetto.
    Nella primavera del 1873 Padre Lazzaro rientrava definitivamente in Francia. La sua
    vita, da allora in poi, trascorse a Montpellier nella pratica delle virtù monastiche e
    nell'esercizio dello zelo più ardente. "La costante dolcezza, scriveva ancora
    recentemente Sua Eminenzam Mons. de Cabrières, la sua inesauribile bontà, la sua
    carità sempre vigile, il suo zelo per la confessione e la cura degli ammalati attirarono
    accanto a lui una folla, che, nelle epoche delle solennità religiose, come Natale,
    l'Assunzione e soprattutto Pasqua, assorbiva tutto il suo tempo, durante intere giornate.
    E mentre i comuni fedeli ammiravano in lui questi segni esteriori di una universale e
    continua benevolenza, le anime più familiari con le altezze mistiche apprezzavano in
    Padre Lazzaro il gusto e l'esperienza della contemplazione. Uomini come Padre
    Giovanni, di Fonfroide, e il Padre Doussot, di Prouille, si trovavano bene con il figlio
    di san Giovanni della Croce e di santa Teresa. Insieme si intrattenevano sulle cose
    divine non come filosofi speculativi, ma come gli eredi e i possessori legittimi di
    quella "scienza dei santi", troppo spesso disprezzata o trascurata perfino da quelli che
    dovrebbero apprendere e insegnarne le lezioni".
    Nel mese di agosto 1875, epoca della partenza delle carmelitane di Pau, Padre_
    Lazzaro aveva avuto la consolazione di rivedere suor Maria di Gesù Crocifisso. Venne
    lui stesso a Betlemme, nel settembre 1906, a venerare i suoi resti mortali. Fortificato e
    consolato da quest'ultima visita, tornò a Montpellier, dove si spense poco tempo dopo,
    il 4 gennaio 1907. Così infine andò a raggiungere in cielo, ne abbiamo la dolce
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    convinzione, quella che non aveva
    cessato quaggiù di guardare come una
    grande Santa.
    Berta Dartigaux
    Il Carmelo ci Betlemme è stato fondato dalla signorina Berta di San Cricq Dartigaux,
    nata a Pau il 20 novembre 1835, nipote per parte di madre, del conte di San Cricq,
    ministro di Carlo X e pari di Francia. Lei consacrò a quest'opera la sua vita e tutti i
    suoi beni. Ispirata dal Signore si arrese con gioia alla richiesta di suor Maria di Gesù
    Crocifisso per
    questa fondazione e insieme ne ottennero il permesso dal Vescovo
    di Bayonne. Tutte le difficoltà si appianarono davanti alla volontà di Dio,
    all'entusiasmo di suor Maria di Gesù Crocifisso
    e alla generosità della Fondatrice. Il
    suo desiderio di vedere realizzate le parole di suor Maria che il Carmelo di Betlemme
    e Bétharram non fossero che una sola cosa, le fece ottenere dal Santo Padre la
    presenza dei Preti del Sacro Cuore in Terra Santa, allo scopo di assicurare l'assistenza
    religiosa del Carmelo, sulla collina di David. Avendo la residenza preso vaste
    proporzioni ci si preoccupava, ma la Fondatrice assicurava che sarebbe stata perforo
    troppo piccola in avvenire. Il 27 maggio 1879, Berta Dartigaux si domiciliava
    definitivamente nel Carmelo di Betlemme. Vi doveva passare quasi otto anni, durante
    i quali acquistò il terreno di Emmaus per la ricerca con gli scavi, dei ruderi che
    dovevano venire alla luce, e la fondazione di un Carmelo, secondo una profezia di suor
    Maria di Gesù Crocifisso.
    All'interno del monastero la sua unica preoccupazione era di farsi la serva di tutte le
    suore. Le sue predilezioni erano sempre per le più povere e più piccole. Tutta la sua
    persona aveva qualche cosa di celestiale; eclissata nel silenzio e nella solitudine,
    irradiava la pace, 1'umilità, la bontà, la dolcezza. Non aveva che il nome di Gesù sulle
    labbra; la sua conversazione era nel cielo.
    La sua morte sopravvenne il 5 marzo 1887,
    durante la santa messa, nel momento in cui il
    Padre Estrate leggeva queste parole: «Sentii una
    voce dal cielo dirmi, felici i morti che muoiono
    nel Signore». Lei si sedette, alzò gli occhi, poi,
    dopo la consacrazione, li richiuse. Spirò.