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3. Predestinazione e azione

La predestinazione dunque non esclude ma esige che si parli dell'osservanza diligente dei precetti divini. Non solo perchà sono precetti e occorre osservarli per dimostrare a Dio il nostro amore - Agostino seguendo S. Giovanni approfondisce e urge questo nesso -, ma anche perché attraverso l'osservanza dei precetti possiamo riconoscere di essere o no nel numero dei predestinati, e sciogliere così sul piano esistenziale il problema della certezza della nostra salvezza, problema che tante volte emerge nella coscienza e la tormenta.
E' dottrina esplicita del dottore della grazia. Scrive: " ...dalla vostra stessa corsa - si riferisce alla 1 Cor 9,24 -, dalla vostra stessa corsa, se è buona e retta, imparate - condiscite - che voi fate parte dei predestinati alla grazia divina " 45. La certezza morale che nasce da una sincera condotta cristiana non può non essere fonte di serenità nei riguardi della propria salvezza e sprone all'azione. Agostino ne è convinto e lo ripete.
Si sa, e lo ricorderò subito appresso, che a proposito della predicazione egli ravvicina, per le difficoltà che possono suscitare, predestinazione e prescienza. Ora, parlando di quest'ultima, scrive: " Bisogna dire così: Correte in modo da riportare il premio 46 e [in modo] da comprendere dalla vostra stessa corsa che voi siete stati conosciuti fin da principio come quelli che avrebbero corso legittimamente " 47, cioè come quelli che avrebbero riportato il premio.
Ora, giova ripeterlo, questo non vuol dire far dimenticare una cupa dottrina predestinaziana con una verità pratica innegabile, la necessità delle opere per la salvezza, ma vuol dire dedurre da una teoria, che non è né cupa né predestinaziana, una semplice espressione dell'infinita misericordia di Dio, una conclusione pratica che rientra nei piani stessi della prescienza e della predestinazione divina come vi rientra, per esplicita affermazione di Agostino, la preghiera.

4. Predestinazione e predicazione

Dopo quanto si è detto sugli aspetti pastorali della predestinazione, si potrebbe omettere quello riguardante la predicazione di questa dottrina. Agostino v'insisté a lungo dedicandovi buona parte del suo Dono della perseveranza perché era un argomento su cui, come riferivano Prospero ed Ilario 48, si appuntavano le critiche dei marsigliesi, per i quali predicare sulla predestinazione era inutile e nocivo. La risposta di Agostino, attenta ed articolata, si può riassumere così:
1) la propone la Scrittura: perché dunque dovrebbe essere inutile o, peggio, dannoso parlarne? " Per qual motivo dunque dovremmo pensare che per predicare, per insegnare, per prescrivere, per riprendere, tutte cose cui la Scrittura divina ricorre continuamente, sia inutile la dottrina della predestinazione, quando la Scrittura stessa vi insiste? " 49.
2) Se parlare di predestinazione può creare malintesi, lo stesso si deve dire della prescienza: bisognerebbe tacere dunque anche di questa. Non è troppo? Sulla prescienza divina e la libertà umana Agostino aveva parlato a lungo nella Città di Dio 50. Qui si limita a portare l'esempio d'un monaco del suo monastero, il quale per fare il comodo suo si appellava appunto alla prescienza di Dio. A chi infatti lo rimproverava della sua condotta, rispondeva: " qualunque io sia ora, sarò quello che Dio ha previsto che sarei stato ". Commenta Agostino: " E senz'altro diceva la verità, ma per questo non progrediva nel bene; anzi arrivò a tal punto nel male che, abbandonata la comunità monastica... ". " Dunque, conclude, forse per anime come questa bisogna negare o tacere le verità che si affermano sulla prescienza di Dio, e proprio allora tacerle, quando a tacerle s'incorre in altri errori? " 51.
3) Bisogna dunque parlare della predestinazione come di qualunque altra verità cristiana, ma, s'intende, nel momento opportuno e nel modo opportuno, due circostanze importanti che Agostino esige 52. Se ne può tacere solo quando non vi sia pericolo che vengano negate altre verità di fede, come la gratuità della grazia. Si sa che la difesa della gratuità della grazia è la ragione di fondo del discorso sulla predestinazione. L'ho detto cominciando 53, ed è bene tornarci sopra. Spesso per Agostino si pone questo dilemma: " Bisogna predicare la predestinazione nel modo evidente in cui la Scrittura ne parla, e dire che nei predestinati i doni e la chiamata del Signore sono senza ripensamenti, oppure confessare che la grazia di Dio è data secondo i nostri meriti, come intendono i pelagiani " 54.
4) Parlarne dunque, ma tenendo presenti le capacità degli ascoltatori e mettendo in luce che la predestinazione non esclude ma include sia la preghiera che le opere buone. Agostino ammonisce: " dev'essere predicata non senza prudenza alla gente, altrimenti la folla inesperta o di più lenta intelligenza può credere che la predestinazione sia messa sotto accusa proprio nel momento in cui la predichiamo ". Ritorna l'esempio della prescienza: " ...a questa maniera può sembrare oggetto di critica anche la prescienza di Dio (che certo non possono negare), se la si presenta così alla gente: Sia che corriate, sia che dormiate, sarete solo quello che di voi ha conosciuto nella sua prescienza Colui che non si può ingannare ". Conclusione: " Sarebbe un comportamento da medico indegno di fiducia o di scarsa esperienza applicare un medicamento anche utile ma in maniera che non giova o nuoce " 55. A questo punto lo stesso dottore suggerisce di ricordare l'altra verità inclusa nei piani divini della predestinazione: la preghiera e le opere buone, di cui ho parlato.

5. Predestinazione e pietà cristiana

Tutta la dottrina agostiniana della grazia, predestinazione compresa, fonda ed anima uno stile particolare di pietà che tutto fa pensare fosse piuttosto lontano da quello che traspare dall'atteggiamento e dalle convinzioni dei monaci provenzali. E' uno stile che si può riassumere in brevi affermazioni:
1) la coscienza profonda della propria fragilità, e quindi il ricorso fiducioso e l'abbandono totale a Dio " ricco di misericordia " 56;
2) l'assiduità alla preghiera come mezzo insostituibile di salvezza: Agostino ne è il teologo e il mistico;
3) la docilità umile e gioiosa all'azione della grazia che guida l'uomo con quella " soave liberalità " 57, la quale avvince e mette in moto l'esercizio del libero arbitrio;
4) l'esercizio continuo dell'umiltà, che, inseparabile dalla carità - ubi humilitas, ibi caritas 58 -, entra con essa nella struttura essenziale, anzi nel punto focale della vita dello spirito.
Quest'ultimo argomento meriterebbe una considerazione particolare, non parenetica ma teologica, che qui non è stata fatta e, perché troppo lunga, non è possibile fare. Basti dire che il vescovo d'Ippona, vero dottore dell'umiltà, ha scrutato tutte le radici - metafisiche, teologiche, cristologiche, psicologiche - di questa virtù e ha dimostrato che essa raggiunge il suo apice proprio nella dottrina della grazia, e precisamente nel qui gloriatur in Domino glorietur 59 di S. Paolo, tante volte ricordato, e nel totum dantes Deo 60 che in una forma o nell'altra viene menzionato spesso nell'ultima opera, il Dono della perseveranza.
Si può dire, terminando, che questo stile o questa forma di pietà cristiana, che Agostino sentì profondamente ed espresse e difese con passione - egli ne parla sempre non solo come teologo e pastore ma anche come mistico -, è passata, grazie soprattutto a lui, nella liturgia, e, attraverso la liturgia, ha nutrito e nutre tante generazioni di fedeli cristiani.

6. Predestinazione e dottrina cattolica

Ma urge fare un altro confronto: predestinazione e dottrina cattolica. Agostino è profondamente convinto che la predestinazione, quale egli la propone, è contenuta nella Scrittura e appartiene alla dottrina cattolica: nessuno può ricusarla se non errando. Ecco le sue esplicite parole: " Io questo so, che nessuno ha mai potuto discutere se non errando contro questa predestinazione che noi sosteniamo in base alle sante Scritture " 61. Indubbiamente son parole molto forti. Due domande s'impongono.
La prima è questa: perché tanta ferma certezza nel dottore della grazia? Non è difficile rispondere: basta ricorrere alla definizione di predestinazione che egli ci offre, e cioè: " la prescienza e la predestinazione dei benefici di Dio " 62, o, più semplicemente: " la disposizione [da parte di Dio] delle sue opere future " 63. L'ho detto cominciando. Con ciò tutto si riduce ai doni della salvezza: fede, giustificazione, perseveranza finale. Se questi doni sono certi, è certo altresì che essi sono oggetto fin dall'eternità della prescienza divina; esiste pertanto la predestinazione e con questa le disposizioni di Dio a dare tali doni. Se Dio invece non ne ha la prescienza, vuol dire che non ha la prescienza affatto, e perciò non è Dio 64. Ecco di nuovo le sue parole che fanno leva sui doni dell'inizio della fede e della perseveranza finale che erano il motivo e l'oggetto dell'opera che stava scrivendo. " Questi doni di Dio, scrive, se non esiste la predestinazione che noi sosteniamo, non sono oggetto della prescienza divina, e invece lo sono; questa è allora la predestinazione che difendiamo " 65. Per confermare questa sua convinzione si appella a Cipriano e ad Ambrogio, ma non cita un loro eventuale discorso sulla predestinazione, bensì il discorso sui doni di Dio. Del primo riporta la tante volte citata espressione: " In nulla dobbiamo gloriarci, perché nulla è nostro "; del secondo: " Non sono in nostro potere il nostro cuore e i nostri pensieri " 66; quasi a dire che tutta la questione della predestinazione sta qui: nell'affermare o negare i doni di Dio, specialmente i due contestati: l'inizio della fede e la perseveranza finale.
La seconda domanda è quest'altra: ha ragione Agostino di essere convinto che la predestinazione sia contenuta nella Scrittura e appartenga alla dottrina cristiana? La risposta può essere affermativa a condizione che si stia al pensiero agostiniano senza caricarlo dei problemi che vi hanno aggiunto le discussioni posteriori. Occorre pertanto tenere presenti alcune osservazioni di fondo. Le ho ricordate qua e là nelle pagine precedenti, ma giova riassumerle per comodità del lettore che, avendo fretta, si contenta di dare uno sguardo alle pagine riassuntive.
La prima osservazione riguarda la prescienza divina. Agostino ha difeso energicamente, com'è noto, la prescienza di Dio 67, ha indicato con grande acume la via per giungere ad averne una qualche idea 68, ma per darne una spiegazione si è fermato all'eternità divina a cui tutti i momenti del tempo sono presenti 69. Tutto il resto appartiene alla Scolastica, particolarmente alla Scolastica post-tridentina: scienza di visione o di semplice intelligenza, scienza media, e soprattutto la ricerca del come o medium in quo le azioni libere future siano presenti alla divina essenza (da qui il ricorso ai decreti predeterminanti). Tutto questo, ripeto, appartiene alla Scolastica, non al vescovo d'Ippona: volerlo trovare in lui, nei suoi princìpi se non nelle sue parole, non vuol dire altro che ascrivergli i propri pensieri precludendosi la strada per capire quelli di lui.
La seconda osservazione riguarda il modo di considerare la predestinazione. Parlandone, non distingue, come fanno gli Scolastici, tra predestinazione considerata nel suo complesso - grazia e gloria - e la predestinazione considerata in un aspetto particolare, cioè solo in quanto alla gloria. A lui basta riaffermare che la predestinazione, con tutti i beni ch'essa comporta - fede, giustificazione, perseveranza, gloria -, è un dono di Dio concesso agli eletti prima di ogni previsione di meriti. Ne segue che è Dio, non l'uomo, che distingue tra eletti e non eletti: i beni della salvezza sono disposti prima di ogni previsione di meriti.
La sottile distinzione, se pur ha ragione di essere, tra la predestinazione nel suo complesso che è, come tutta la tradizione cattolica riconosce, assolutamente gratuita (ante praevisa merita), e la predestinazione alla gloria presa in sé, su cui gli Scolastici hanno discusso animatamente, se possa, almeno questa, considerarsi o no posteriore alla previsione dei meriti (post praevisa merita), non è agostiniana. E' doveroso dunque lasciare Agostino, se lo si vuole capire, fuori delle distinzioni e delle discussioni posteriori.
La terza osservazione riguarda l'apice stesso della dottrina della predestinazione, cioè la visione cristologica che Agostino ne ha. Gli eletti sono stati predestinati con Cristo e in Cristo, e perciò gratuitamente ed infallibilmente 70.
La quarta riguarda la sorte di quelli che non si salvano. Cristo è morto per tutti e per tutti è diventato " la via universale di salvezza ". Perciò non v'è dubbio che chi si perde, si perde per sua colpa: " che alcuni si salvino è dono di chi li salva, ma che alcuni periscano è merito di chi perisce " 71. Dio, ha tante volte ripetuto Agostino, non deserit, nisi deseratur 72. Il mistero della predestinazione non sta qui, ma molto più in alto. L'ho detto ripetutamente 73.
Si potrebbe aggiungere un'ultima osservazione riguardante il modo con il quale la grazia, salva la libertà, conduce l'uomo infallibilmente alla salvezza. Agostino insiste sul fatto, ma è molto cauto sul modo; si arresta senza difficoltà di fronte al mistero e avanza come ragione d'intelligibilità il motivo a lui tanto caro della liberalis suavitas amoris 74.
In una parola, della predestinazione Agostino ha indicato le linee maestre. Restando ad esse si può dargli ragione quando afferma che nessuno può negarla senza errare. Di fatto, i teologi posteriori, accettando quelle linee, hanno consentito con lui su questo giudizio. Tutti infatti - tomisti, agostiniani, congruisti, molinisti - hanno sostenuto di restare dentro le linee fissate da Agostino teologo e pastore. Queste linee appartengono all'insegnamento cristiano e, senza errore, non si possono negare.
Non debbono però essere intese in un'ottica a se stante ma, ripeto, nel contesto pastorale in cui Ag. le vedeva e le sentiva. Ecco, a conclusione di questa introduzione, la conclusione di un suo discorso al popolo: " Venga il Signore nostro, il secondo uomo...venga da un altro sentiero, venga attraverso la Vergine; venga vivo, trovi i morti; muoia per aiutare chi muore, trasferisca alla vita i morti, redima dalla morte i morti, conservi nella morte la vita, uccida la morte con la morte. Unica è questa grazia dei bambini e degli adulti; essa sola libera i piccoli con i grandi. Perché quello e perché quello; perché quello e non quello? Non me lo chiedere. Sono uomo: la profondità della croce l'intuisco, non la penetro; ne ho timore, non la scruto. Sono imperscrutabili i suoi giudizi, ininvenstigabili le sue vie (Rom 11,33). Sono uomo, sei uomo, era uomo colui che diceva: O uomo, chi sei che disputi con Dio? (Rom 9,20). Parlava un uomo, parlava ad un uomo. Ascolti l'uomo perché non perisca l'uomo, a causa del quale Dio si è fatto uomo. In questa profondità della croce, in questa così grande oscurità delle cose crediamo ciò che abbiamo cantato; non presumiamo delle nostre virtù, non attribuiamo qualcosa alle forze del nostro misero ingegno in questa questione; diciamo il Salmo, diciamo con il Salmo: Abbi pietà di me, o Dio, abbi pietà di me. Perché? Perché ho capacità di meritarti? No. Perché? Perché ho l'arbitrio della volontà, per cui il mio merito precede la tua grazia? No. Ma perché allora? Perché la mia anima confida in te (Ps 56,2). E' grande scienza, questa fiducia " 75.

1 - De dono pers. 14, 35.

2 - De dono pers. 17, 41.

3 - Vedi, per un rapido accenno, il mio art.: A proposito di predestinazione: S. Agostino e i suoi critici moderni, in Divinitas, 7(1963), pp. 243-284.

4 - Contra duas ep. pelag. 3, 8, 24.

5 - Contra duas ep. pelag. 4, 7, 19.

6 - Contra Iul. 3, 1, 2.

7 - De dono pers. 2, 4.

8 - De dono pers. 20, 53.

9 - De dono pers. 21, 54.

10 - De dono pers. 16, 41: " Allora bisogna predicare la predestinazione nel modo evidente in cui la Scrittura ne parla... oppure confessare che la grazia di Dio è data secondo i nostri meriti "; Ibidem 17, 47: " Questi doni di Dio, se non esiste la predestinazione che noi sosteniamo, non sono oggetto della prescienza divina; e invece lo sono: questa è allora la predestinazione che difendiamo ".

11 - O. ROTTMANNER, Der Augustinismus. Eine dogmengeschichtiche Studie, München 1892; IDEM, Geistesfrüchte aus der Klosterzelle, München 1908; trad. franc. LIEBAERT L'augustinisme. Étude d'histoire doctrinale, in Mélanges... Science Religieuse, Lille 1949, pp. 29-48.

12 - Vedi il mio art. A proposito..., cit. sopra.

13 - Geistesfrüchte..., p. 12.

14 - Cf. Introd. gen. a Natura e grazia, NBA XVII/1, pp. VII-CCXV.

15 - Per es. il De praed. et gr., falsamente attribuito a S. Agostino, il De praed. Dei, il Praedestinatus, ecc.

16 - DS 370-397.

17 - H. RONDET, La grazia di Cristo, Città Nuova Ed., Roma 1966.

18 - DS 623.

 

1 - De civ. Dei 5, 9, 4; vedi sopra p. 1.

2 - De an. et eius orig. 1, 7, 7.

3 - Ibidem.

4 - Ibidem.

5 - Confess. 1, 10, 16.

6 - Ep. 140, 2, 4; De civ. Dei 11, 17; De Gen ad litt. 3, 14, 37; ecc.

7 - PROSPERO, Responsiones ad capitula Gallorum, XI.

8 - De praed. sanct. 10, 19.

9 - PROSPERO, Responsiones ad capitula Gallorum, XV.

10 - Institutiones, 3, 21.

11 - De dono pers. 18, 47.

12 - De dono pers. 14, 35.

13 - Confess.

14 - Enchir. 95, 24.

15 - Ep. 194, 6, 30.

16 - Enchir. 96, 24.

17 - De civ. Dei 20, 1, 2.

18 - De corrept. et gr. 13, 42.

19 - De dono pers. 6, 12.

20 - Cf. Introd. part. al De continentia, NBA VII/1, p. 321.

21 - De contin. 6, 15.

22 - Ep. 2/*: CSEL 88, 16-17.

23 - Enchir. 100, 26.

24 - Enchir. 8, 26.

25 - De civ. Dei 22, 1, 2.

26 - Enchir. 3, 11.

27 - Serm. 48, 7.

28 - De div. qq. 83, q. 68, 4.

29 - Expos. prop. ex ep. ad Rom. 62.

30 - Quaest. in Hept. 2, 18.

31 - De gr. et lib. arb. 23, 45.

32 - Rom 9, 18.

33 - De div. qq. 83, q. 68, 4.

34 - Cf. De div. qq. ad Simpl. 1, q. 2, 11.

35 - Ez 14, 9.

36 - Rom 9, 18.

37 - De gr. et lib. arb. 23, 45.

38 - 2 Reg 16, 10.

39 - De gr. et lib. arb. 20, 41. Traduco il vel non come un avversativo, ma come un correttivo. Così sopra, nello stesso paragrafo, quando dice che Dio inclinavit la volontà, malvagia per sua colpa, verso il peccato, vuol dire, nel contesto della sua dottrina, che permise che s'inclinasse verso il peccato a causa appunto della sua malvagia volontà, e lo permise " per giusto giudizio ".

40 - 2 Reg 16, 11-12.

41 - Cf. Isai 6, 10; Io 12, 39.

42 - In Io Ev. tr. 53, 4-6.

43 - Io 12, 39.

44 - In Io Ev. tr. 53, 6; cf. ibidem 53, 9: " Dell'Onnipotente è stato detto: non può. Come dunque il fatto che il Signore non può rinnegare se stesso è una gloria della volontà divina, così il fatto che quelli non potevano credere è una colpa della volontà umana ".

45 - Cf. Eph 2, 1 s.

46 - De Trin. 13, 12, 16.

47 - Cf. Lucut. in Hept.: Locutiones Scripturarum, quae videntur secundum proprietatem (quae " idiomata " graece vocantur) linguae hebraicae vel graecae (1 praef.); Retract. 2, 54: Multa autem in Scripturis sanctis obscura, cognito locutionis genere, dilucescunt.

 

1 - Rom 9, 14.

2 - Rom 1, 4.

3 - Cf. Rom 8, 29-30; 1 Cor 2, 7; Eph 1, 5, 11.

4 - Cf. sopra cc. 1-2.

5 - Cf. DTC, XII, coll. 2809-3022.

6 - De civ. Dei 22, 24, 5.

7 - De civ. Dei 21, 24, 1.

8 - Ep. 194, 2, 4.

9 - Il testo paolino continua: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: Perché mi hai fatto così? (Rom 9, 20).

10 - De div. qq. ad Simpl. 1, q. 2, 22.

11 - De pecc. mer. et rem. 1, 21, 29.

12 - De sp. et litt. 34, 60.

13 - Cf. Contra duas ep. pelag. 4, 6, 16; Opus imp. c. Iul. 1, 126.

14 - Cf. De gr. et lib. arb. 21, 43; De corrept. et gr. 8, 17; De praed. sanct. 14, 17; De dono pers. 8, 18; 9, 21; 11, 25; 12, 28.

15 - Rom 11, 33.

16 - Rom 9, 14.

17 - Cf. Serm. 26, 13-15.

18 - Serm. 27, 7: leggere tutto il discorso; cf. Serm. 294, 7; In Io Ev. tr. 53, 6.

19 - Serm. 27, 4.

20 - Cf. p. 1, c. 2, par. 4.

21 - Contra duas ep. pelag. 2, 5, 10; cf. De dono pers. 12, 29.

22 - Cf. Contra Iul. 4, 8, 46.

23 - Per la dottrina pelagiana sul battesimo dei bambini cf. Introd gen. a Natura e grazia, NBA XVII/1, pp. XCII-CIII.

24 - Cf. Contra Iul. 4, 8, 46.

25 - Vedi sopra p. 1, c. 2.

26 - Eph 2, 8.

27 - Contra duas ep. pelag. 2, 5, 10-7, 12.

28 - Lc 20, 21; Col 3, 25.

29 - Mt 20, 1-15.

30 - Contra duas ep. pelag. 2, 7, 13; cf. De corrept. et gr. 8, 19.

31 - Cf. De civ. Dei 5, 1.

32 - Contra duas ep. pelag. 2, 7, 14.

33 - Per la dottrina della " massa dannata " cf. Introd. gen. a Natura e grazia, NBA XVII/1, pp. CXX ss. Per il suo influsso sulla dottrina della predestinazione vedi appresso p. 3, c. 5.

34 - Ep. 194, 2, 5.

35 - Ep. 194, 6, 24.

36 - De civ. Dei 12, 27.

37 - Cf. Rom 11, 33.

38 - Ep. 194, 3, 6. Nello stesso senso applica il Salmo 100, 1: Canterò a te, Signore, la misericordia e il giudizio; Enchir. 24, 94; Ep. 2, 10: CSEL 88, 18.

39 - De pecc. mer. et rem. 2, 18, 31.

40 - De praed. sanct. 6, 11.

41 - La misericordia perdona i peccati, la verità mantiene le promesse, è, vale a dire, la fedeltà di Dio; cf. Enarr. in ps. 61, 9; 83, 16; 118, s. 3, 3; 137, 5.

42 - Ep. 22, 5.

43 - Enarr. in ps. 39, 19; cf. Enarr. in ps. 92, 16.

44 - Ep. 130, 15, 28.

45 - Serm. 27, 4.

46 - Cf. Ep. 120, 3, 13; De Trin. 5, 3, 4; 7, 4, 7.

47 - Serm. 117, 15.

48 - De Trin. 1, 1, 1.

49 - Enchir. 13, 41; Ep. 137, 2, 8.

50 - De bapt. 2, 3, 4.

51 - De Gen., ad litt. 10, 23, 39.

52 - Vedi sopra p. 2, c. 3.

53 - Rom 10, 2.

54 - Rom 10, 2- 3; De nat. et gr. 1, 1.

 

1 - De praed. sanct. 10, 19.

2 - De dono pers. 19, 35.

3 - De praed. sanct. 10, 19.

4 - De dono pers. 18, 47.

5 - Rom 4, 5; 8, 28; 9, 11.

6 - De civ. Dei 10, 32, 1-2.

7 - De civ. Dei 8, 19.

8 - De corrept. et gr. 9, 23.

9 - De praed. sanct. 17, 34.

10 - Io 6, 37. 39.

11 - De corrept. et gr. 9, 21; cf. 9, 22-23.

12 - De praed. sanct. 15, 30.

13 - Vedi p. 2, c. 6.

14 - In Io Ev. tr. 105, 8.

15 - Rom 1, 1- 4.

16 - De praed. sanct. 15, 30; cf. Enchir. 11, 36.