00 30/03/2012 20:47
L'anima è stata creata sciente?

20. 34. E. - Sono d'accordo con te su tali cose e ne ho anche certezza. Mi angustia tuttavia il fatto che è totalmente ignorante e bruta l'anima che noi, quanto ci è consentito, possiamo osservare in un bimbo appena nato. Se è eterna, perché non ha portato con sé alcuna nozione?
A. - Stai proponendo un problema grande, grande veramente. Non saprei proprio se ve ne sia un altro più grande. Ma su di esso le nostre opinioni sono in pieno contrasto. Tu ritieni che l'anima non ha portato con sé alcuna nozione. Io al contrario ritengo che tutte le ha portate e che quel che si dice apprendere non è altro che rievocare e ricordare. Ma ti accorgi che questo non è il momento d'indagare se in proposito le cose stanno così? Ora stiamo discutendo affinché sia evidente che l'anima non può essere considerata piccola o grande secondo estensione. Discuteremo al momento opportuno se si dà una sua eternità, quando cominceremo a trattare, nei limiti consentiti, il quarto punto da te stabilito e cioè, perché è stata data al corpo. Non è di attinenza al tema dell'estensione ricercare se è stata da sempre e sarà per sempre, o che in un tempo è ignorante e in un altro sciente. Abbiamo già dimostrato che neanche per i corpi un lungo tempo costituisce spiegazione sufficiente della grandezza. Si sa inoltre che potrebbe non esservi conoscenza alcuna in individui che stanno crescendo e che talora ne difettano individui che stanno invecchiando. Infine sono state dette molte cose, come penso, per dimostrare che l'anima non aumenta con lo sviluppo fisico apportato dall'età.

Obiezione delle forze fisiche.

21. 35. Esaminiamo dunque, se vuoi, l'altra tua obiezione che l'impressione tattile si avverte in tutta l'estensione del corpo dall'anima che noi riteniamo pienamente immune da estensione.
E. - Sarei d'accordo che si passi all'argomento, se non ritenessi opportuno che si dica qualche cosa sulle forze. Perché l'organismo, sviluppando con l'età, fornisce all'anima maggiori energie e l'anima non ne sviluppa? È vero che si attribuiscono la virtù all'anima e le energie al corpo, ma non posso negarle all'anima, poiché mi risulta che nei corpi privi di vita non ve ne sono. Non si può certamente negare che mediante l'organismo l'anima usa le forze, come usa i sensi. Sono dunque funzioni del vivente, quindi non si dovrebbe dubitare che appartengano piuttosto all'anima. Difatti noi possiamo osservare che vi sono maggiori energie nei fanciulli già grandicelli che nei bimbi e che gli adolescenti e i giovani gradualmente acquistano vigore, il quale gradualmente decresce con l'invecchiarsi dell'organismo. Il fenomeno, a mio avviso, è un indizio non trascurabile che l'anima sviluppa con l'organismo e poi s'invecchia.

Esercizio e allenamento.

21. 36. A. - Non è del tutto illogico quanto dici. Ma io ritengo che le energie non consistono nello sviluppo del corpo e nel crescere dell'età, quanto piuttosto nell'allenamento e nell'irrobustimento organico. E per provarlo, ti chiedo se consideri di maggiori energie un individuo che cammina di più e si stanca di meno di un altro.
E. - Sì.
A. - Io da fanciullo, allenandomi nel camminare perché spinto dal desiderio di prender nidi di uccelli, percorrevo più strada che da adolescente, quando mi diedi ad altri interessi, i quali mi costringevano alla vita sedentaria. Perché dunque si dovrebbero riconoscere maggiori forze all'età che aumenta e mediante essa all'anima in crescita? Ora gli istruttori di palestra non osservano nella costituzione fisica degli atleti la mole e la statura, ma con molta competenza la forza delle braccia, l'elasticità dei muscoli e la proporzione generale della corporatura e da qui prevalentemente rilevano indizi dell'energia. Ma anche tutte queste qualità valgono poco, se non si aggiunge il vigore dell'arte e dell'esercizio. Spesso si è perfino potuto osservare che uomini di grande corporatura sono stati superati da individui di piccola e bassa corporatura, tanto nel sollevare come nel portare pesi o anche nella lotta stessa. E si sa che anche un olimpionico può stancarsi nel camminare più d'un merciaio ambulante, che con un solo dito potrebbe esser messo a terra dall'altro. Dunque noi consideriamo grandi le forze, non tutte indiscriminatamente, ma quelle che sono più adatte ad uno scopo. Inoltre valgono di più la complessione e conformazione fisica che la grande statura. Infine l'allenamento conferisce tanto da rendere credibile l'episodio di quel tizio che, sollevando ogni giorno un vitellino, riuscì a sollevarlo e sostenerlo, anche quando divenne toro, senza sentire il peso maggiore che gradualmente si aggiungeva. Quindi le forze dell'età più matura non indicano che l'anima è cresciuta con l'organismo.

Moti naturali e violenti.

22. 37. Tuttavia i corpi degli animali hanno energie maggiori in proporzione alla loro grandezza. Ne è ragione questo fatto. Per legge naturale i pesi minori cedono ai maggiori, non solo quando per propria tendenza sono mossi alla propria sfera, come i corpi di acqua e terra verso l'infimo centro della terra e quelli di aria e fuoco verso l'alto, ma anche quando, o perché scagliati da una macchina, ovvero lanciati o spinti o respinti, sono da una forza estranea mossi in una direzione che non è la loro naturale. Se fai cadere dall'alto simultaneamente due pietre di diversa quantità, la più grande giunge prima a terra, ma se le viene posta sotto la più piccola, da cui non possa liberarsi, cede necessariamente e arriva a terra assieme all'altra. Egualmente se la più grande viene lasciata cadere dall'alto e la più piccola le viene lanciata contro dal basso, nello scontrarsi si verificano necessariamente il rimbalzo e il ritorno indietro della più piccola. Ma affinché tu non abbia a pensare che il fenomeno avviene perché la più piccola era lanciata contro la propria natura verso l'alto e che l'altra tendeva verso la propria sfera con più forte impulso, supponi che la più grande sia lanciata verso l'alto incontro alla più piccola, che viene lasciata cadere a terra. Potrai allora osservare che la più piccola viene risospinta in alto, ma a causa dell'urto devia dalla traiettoria per essere attratta al basso, in una parte, in cui la caduta non le è impedita. Allo stesso modo, se le due pietre sono lanciate orizzontalmente, l'una contro l'altra, da due atleti in campo, in modo che si scontrino a metà, non v'è dubbio che la più piccola cede alla più grande nella direzione, da cui essa era lanciata e verso cui l'altra si muoveva. Dunque stando così le cose, cioè che i pesi minori cedono ai maggiori, come è stato detto, importa assai tuttavia la violenza dell'impulso, con cui sono fatte scontrare. Se infatti la più piccola con maggiore impeto, ad esempio da una macchina potente, viene scagliata contro la più grande, che ha ricevuto un impulso più debole od ormai indebolito, sebbene sia risospinta, la ritarda o anche la risospinge indietro in proporzione dell'urto e del peso.

Metabolismo organico e psichico nell'adulto...

22. 38. Premesse e comprese queste chiarificazioni, quanto richiede la presente occupazione, esamina se quelle che si dicono forze degli animali rientrano in questa spiegazione. È innegabile infatti che i corpi degli animali sono forniti d'un proprio peso. Il peso del corpo, mosso dall'impulso dell'anima secondo la rispettiva inclinazione, aumenta in proporzione alla propria grandezza. Ora l'impulso dell'anima, nel muovere il peso del corpo, usa come macchine i muscoli. Essi a loro volta sono resi vigorosi dall'elemento secco e caldo moderato, mentre l'elemento umido freddo li rilassa e infiacchisce. Ecco perché le membra si rilassano col sonno che, come affermano dietro esperimento i medici, prende dall'elemento freddo e umido. Per questo la reazione di chi si sveglia è molto più debole, e per lo stesso motivo i malati di nona sono allo stato estremo di spossatezza e infiacchimento muscolare. Al contrario è noto che gli schizofrenici, i cui muscoli sono eccessivamente tesi e induriti dall'insonnia, dall'azione del vino e dalle febbri acute, tutti elementi caldi, reagiscono e si agitano con maggiore energia che da sani, sebbene il loro corpo sia più leggero ed esile. Dunque quelle che si considerano forze sono la risultante dell'impulso dell'anima, del meccanismo dei muscoli e del peso del corpo. La volontà fornisce l'impulso, che diviene più intenso con la speranza e l'audacia ed è represso dal timore e molto di più dalla disperazione. Nel timore infatti, se è congiunto con la speranza, di solito le energie appaiono più intense. Il meccanismo è proporzionato da una certa complessione fisica, è equilibrato dalla normalità della salute, è rafforzato con l'assiduità d'allenamento. Il peso è dato dalla corporatura, che l'età e il nutrimento comportano e che soltanto il nutrimento rinnova. Un individuo che può servirsi proporzionatamente di tutte e tre le componenti, possiede un vigore ammirevole e al contrario è tanto più debole di un altro, quanto più gli difettano. Avviene spesso che un individuo con impulso intenso e con meccanismo muscolare migliore, sebbene abbia una corporatura più piccola, vinca un altro che ha corporatura più grande. Ma può avvenire anche che è tanto grande la corporatura che, sebbene mossa da un tenue impulso, finisce per fiaccare l'avversario che attacca con maggiore energia. Non saprei poi se si deve attribuire alle forze il fatto che talora a cedere non sono il peso del corpo e l'equilibrio dei muscoli ma l'impulso stesso, cioè lo spirito, sicché il più forte, tuttavia più timoroso, viene superato dal più debole perché più audace. Si potrebbe comunque dire che l'anima ha certe sue energie, con cui le si rendono disponibili maggiore audacia e fiducia. Ma poiché esse sono presenti in un individuo e assenti in un altro, si può comprendere di quanto lo spirito prevalga sul proprio corpo, anche nelle operazioni che si compiono mediante il corpo.

...e nel ragazzo.

22. 39. Nel bimbo è soltanto l'impulso ad avere o respingere un oggetto; i nervi poi sono inabili a causa della complessione ancor tenera e non formata, molli a causa dell'elemento umido, sovrabbondante in quella età e languidi per la mancanza di allenamento; il peso infine è lieve al punto che anche sospinto da un altro corpo non produce l'urto ed è più adatto a subire che a causare lo spostamento. Ma pur osservando che gli anni hanno apportato tutte queste attitudini che mancavano e pur conoscendo che col loro decorso sono aumentate le forze, si potrà con buon senso e sano discernimento affermare che è cresciuta l'anima, perché gradualmente dispone di forze maggiori? Sarebbe possibile, se si vedessero alcune frecce di canna, corte e leggere, che un ragazzo nascosto da un tendaggio scaglia con l'arco teso nei limiti delle sue forze, descrivere una breve traiettoria e subito ricadere, e poco dopo si vedessero frecce pesanti di ferro, dalle alette irte, scagliate con l'arco teso al massimo, perdersi nel cielo lontano e si fosse accertato che l'uno e l'altro risultato è dovuto ad un medesimo impiego di energie del ragazzo. Si dovrebbe supporre quindi che egli in quel frammento di tempo è cresciuto e si è rinvigorito. Si potrebbe dare un'affermazione più pazzesca?

L'anima non cresce col corpo.

22. 40. Ma pur nell'ipotesi che l'anima sviluppi, considera quanto sarebbe poco intelligente attribuirle uno sviluppo dalle forze fisiche, anziché dall'aumento delle conoscenze, poiché essa si limita ad applicare l'impulso alle prime e delle altre ha l'esclusivo possesso. Inoltre se dobbiamo ammettere che l'anima cresce con l'accrescimento di forze, si deve anche ammettere che diminuisce con la loro detrazione. Le si detrae con la vecchiaia e con l'applicazione agli studi. Al contrario proprio in questi periodi si operano le sintesi più complete delle conoscenze, non è possibile quindi che una medesima cosa nel medesimo. tempo aumenti e diminuisca. Dunque lo sviluppo delle forze con l'età non è una dimostrazione della crescenza dell'anima. Si potrebbero dire ancora molte cose. Ma se sei soddisfatto, pongo fine per passare ad altro.
E. - Sono sufficientemente convinto che le forze non aumentano per il fatto della crescenza dell'anima. Ometto le altre considerazioni che hai fatto con tanto acume. Ma con la pazzia e la malattia fisica non può crescere l'anima, se l'organismo stesso ne è menomato. Non lo direbbe nemmeno uno schizofrenico, di cui si sa universalmente che di solito ha più forze di un individuo sano. A me sembra che dipenda proprio dai muscoli l'inatteso fenomeno che si riscontrino in un soggetto forze inaspettate. Pertanto, ti prego, inizia l'argomento che suscita la mia più viva aspettativa. Se l'anima non occupa la medesima estensione del corpo, perché ha la sensazione tattile in ogni parte del corpo?.

L'anima non è condizionata al corpo
a causa della sensazione (23, 41 - 30, 61)

Definizione di sensazione.

23. 41.A. - Suvvia, iniziamo l'argomento che desideri. Ma richiedo che tu sia molto più attento di quanto reputi dì doverlo essere. Procura dunque di seguire col maggiore interesse possibile. Dimmi che cosa, secondo te, è la sensazione che l'anima attua mediante il corpo. Sensazione appartiene appunto alla terminologia corrente.
E. - So che le sensazioni sono cinque: della vista, dell'udito, dell'odorato, del gusto e del tatto. Altro non so dire.
A. - Detta divisione è antichissima. La si cita perfino negli assembramenti popolari. Ma da te vorrei la definizione della sensazione, in cui sia incluso tutto ciò che è sensazione e s'intenda come escluso ciò che sensazione non è. Se non è possibile, non insisto. Ma puoi o approvare o ribattere la mia definizione. Sarebbe già abbastanza.
E. - Così forse non ti mancherò, per quanto ne son capace, poiché anche questo compito non sempre è facile.
A. - Ascoltami dunque. Penso che sensazione sia la presenza all'anima della modificazione del corpo.
E. - Mi va questa definizione.
A. - Sostienila dunque e difendila, mentre per un po' io l'attacco.
E. - La difenderò se mi aiuterai. Altrimenti non mi va più, poiché hai già delle ragioni per attaccarla.
A. - Non devi dipendere supinamente dall'autorità, soprattutto mia, che non esiste. Osa avere scienza 3, come dice Orazio, affinché non ti assoggetti prima il timore che la ragione.
E. - Non ho alcun timore, comunque vada la faccenda. Tu non mi lascerai cadere in errore. Ma ormai comincia, se hai qualche cosa da dire 4, affinché io non mi affatichi di più nell'aspettare che nel ribattere.

Si esamina la definizione.

23. 42. A. - Dimmi dunque quale modificazione subisce il tuo corpo nel vedermi.
E. - Subisce certamente una modificazione. Le parti del mio occhio, salvo errore, appartengono al mio corpo. E come ti potrei vedere, se non subissero una modificazione?
A. - Non basta per convincerti che la tua vista subisce la modificazione, se non dici quale modificazione.
E. - E quale, se non l'atto del vedere? Di esso si tratta. Se tu mi chiedessi quale modificazione subisce l'ammalato, risponderei la malattia; quale chi desidera, il desiderio; quale chi teme, il timore; quale chi gode, il godimento. Dunque se mi chiedi quale modificazione subisce chi vede, perché non dovrei rispondere la visione?.
A. - Ma chi gode sente il godimento. Lo potresti negare?
E. - Tutt'altro.
A. - Lo direi anche delle altre perturbazioni.
E. - D'accordo.
A. - Ora il sentire degli occhi è il vedere.
E. - Qui non sono d'accordo. Si può vedere il dolore? Eppure gli occhi spesso lo sentono.
A. - Si vede proprio che stai trattando degli occhi. Li tieni bene aperti. Allora cerca di vedere anche se chi vede, nel vedere, sente la vista, allo stesso modo che chi gode, nel godere, sente il godimento.
E. - Come potrebbe altrimenti?
A. - Ora chi vede, necessariamente vede l'oggetto che sente di vedere.
E. - Non necessariamente. Se nel vedere sente l'amore, vedrebbe forse l'amore?
A. - Sei accorto e perspicace. È difficile aggirarti e ne sono felice. Dal nostro dialogo è emerso che non in senso assoluto si vede tutto ciò che gli occhi sentono e neanche tutto ciò che si sente nel vedere. Ritieni vero almeno che si sente tutto ciò che si vede?
E. - Se non concedo questo, l'atto del nostro vedere non si potrebbe considerare sensazione.
A. - Ma non coincidono il sentire e l'essere modificati?
E. - Sì.
A. - Dunque se si sente il visibile e si è modificati dal sensibile, si è modificati dal visibile.
E. - Non faccio obiezioni.
A. - Dunque ci modifichiamo l'un l'altro nell'atto che ci vediamo.
E. - Così penso. La dimostrazione per me è apodittica.

Modificazione sensoriale della vista...

23. 43. A. - Ascolta quanto rimane. Tu consideri, come presumo, assolutamente assurda e illogica l'affermazione che tu possa esser modificato sensibilmente da un corpo, dove non è il corpo stesso, da cui sei modificato.
E. - Sì, lo ritengo assurdo. La penso come te.
A. - Ora è indubbio che il mio corpo è in uno spazio e il tuo in un altro?
E.. - Sì.
A. - Dunque i tuoi occhi percepiscono sensibilmente il mio corpo e se lo percepiscono, ne sono modificati. Ma non è possibile che siano modificati, dove non c'è l'oggetto, da cui sono modificati. Tuttavia essi non sono nel medesimo spazio, in cui è il mio corpo, quindi sono modificati dove essi non sono.
E. - Ho concesso le premesse perché mi sembrava assurdo non concederle. Ma la conclusione che ne è derivata è tanto più assurda che preferisco avere ammesso pregiudizialmente qualche premessa, anziché passare come vera la conclusione. Neanche addormentato oserei dire che i miei occhi percepiscono dove essi non sono.
A. - Vedi dunque un po' dove ti sei addormentato. Alla fin fine che cosa ti sarebbe sfuggito pregiudizialmente se, come dianzi, avessi tenuto gli occhi aperti?
E. - Sto appunto riflettendo insistentemente sull'argomentazione. Ma non mi appare ancora un punto, sulla cui ammissione debba ritrattarmi, salvo forse quello che i nostri occhi percepiscono, quando vediamo. Forse è la vista stessa che percepisce.
A. - Sì, è quello. È la vista appunto che si protende al di fuori e mediante gli occhi spazia per ogni dove le è possibile scorgere l'oggetto visibile. Ne consegue che vede piuttosto là dove è l'oggetto visibile, e non là, da dove si muove per vedere. Tu dunque nel vedermi non mi vedi?
E. - Non si è tanto pazzi da affermarlo. Io vedo certamente, ma vedo con la vista che spazia mediante gli occhi.
A. - Ma se vedi, percepisci sensibilmente, e se percepisci, sei modificato e non puoi essere modificato dove non sei. Tu però mi vedi dove sono io, sei modificato dunque dove sono io. Ma se dove sono io, tu non sei, non so proprio come ti azzardi a dire che mi vedi.
E. - Vedo dove sei con la vista, direi, che si protende nello spazio, in cui sei tu, ma concedo che io non vi sono. Se io ti toccassi con una verga, ti toccherei certamente e lo percepirei, sebbene io non sia dove ti tocco. Così è per il caso che ti vedo con la vista, sebbene io non sia dove vedo, ma non per questo sono costretto ad ammettere che non sono io a vedere.

...non condizionata allo spazio.

23. 44. A. - Dunque non hai concesso nulla pregiudizialmente. Si possono con tale esempio giustificare gli occhi perché, come dici, di essi la vista è quasi verga. E non è assurda la conclusione che i tuoi occhi vedano dove non sono. La pensi diversamente?
E. - È certamente come tu dici. Proprio adesso sto riflettendo che se gli occhi vedessero dove essi sono, vedrebbero anche se stessi.
A. - Faresti meglio a non dire " anche se stessi ", ma " soltanto se stessi ". Essi sono soli dove sono, cioè soli occupano lo spazio che occupano. Dove sono essi, non v'è il naso o altra parte loro vicina. Altrimenti anche tu saresti dove sono io, poiché siamo vicini l'un l'altro. Stando così le cose, se gli occhi vedessero soltanto dove sono, non vedrebbero altro che se stessi. Ma poiché non vedono se stessi, non solo siamo costretti ad ammettere che possono vedere dove non sono, ma che lo possono soltanto dove non sono.
E. - Nella dimostrazione non v'è un punto che mi consenta di dubitare.
A. - Dunque non hai motivi da dubitare che subiscano modificazione dove non sono. Infatti dove vedono, percepiscono, poiché vedere è in sé percepire, ma percepire è subire modificazione. Pertanto subiscono modificazione dove percepiscono. Vedono, cioè, in un luogo diverso da quello in cui sono; dunque subiscono modificazione dove non sono.
E. - Per me è una sorpresa dover considerare valido codesto ragionamento.

Vista e conoscenza.

24. 45. A. - E forse giustamente lo consideri valido. Ma adesso dimmi se tutto ciò che conosciamo mediante la vista, lo vediamo anche.
E. - Sì, così ritengo.
A. - E ritieni anche che tutto ciò che conosciamo col vedere, lo conosciamo mediante la vista?
E. - Sì, anche questo.
A. - Perché dunque, vedendo più d'una volta il fumo solamente, si conosce che sotto è nascosto il fuoco che non si vede?
E. - Hai ragione. Disdico che si vede tutto ciò che si può conoscere con la vista, poiché si può conoscere, come hai dimostrato, un oggetto vedendolo direttamente e un altro anche se la vista non lo raggiunge.
A. - E si può non vedere l'oggetto che si percepisce direttamente con la vista?
E. - No, assolutamente.
A. - Una cosa dunque è percepire sensibilmente e un'altra è conoscere?
E. - Sì, certamente. Infatti si percepisce il fumo che si vede e da esso si conosce che sotto c'è il fuoco che non si vede.
A. - Giusto. Ma puoi comprendere certamente, quando il fatto avviene, che il nostro corpo, cioè gli occhi, non subiscono l'impressione sensibile dal fuoco, ma dal fumo perché questo soltanto vedono. Ora poco fa abbiamo ammesso che vedere è percepire e percepire è subire alterazione.
E. - Capisco e ne ho certezza.
A. - Dunque non necessariamente si considera sensazione una delle cinque suddette, quando cioè l'oggetto è presente all'anima mediante la modificazione del corpo, ma quando è presente la stessa modificazione. Il fuoco che non è oggetto della vista, dell'udito, dell'odorato, del gusto e del tatto, è tuttavia presente all'anima con la vista del fumo. Tale presenza non si considera sensazione perché il corpo non ha subito l'impressione sensibile dal fuoco. Si definisce tuttavia conoscenza sensibile, perché si ha una rappresentazione congetturale dalla modificazione del corpo, sebbene diversa, cioè dalla vista di un altro oggetto.
E. - Comprendo e avverto perfettamente che l'esposizione ribadisce e conferma la tua definizione, che mi hai invitato a difendere come mia. Ricordo che hai definito la sensazione come la presenza nell'anima dell'oggetto che modifica il corpo. Dunque si considera sensazione la vista del fumo, poiché gli occhi, parti del corpo e corporei, nel vederlo hanno subito modificazione, ma non si può considerare oggetto di sensazione il fuoco, dal quale, sebbene conosciuto, il corpo non ha subito alcuna modificazione.

Mortificazioni non percettibili.

24. 46. A. - Lodo la tua memoria e l'intelligenza capace di seguire. Tuttavia la roccaforte della definizione rischia di crollare.
E. - Perché mai?
A. - Perché non puoi negare, penso, che il nostro corpo è modificato con la crescenza e la vecchiaia. È evidente inoltre che il fenomeno non è percepito da alcun senso e tuttavia è presente all'anima. Dunque a lei è presente ogni alterazione del corpo, ma il fenomeno non può esser considerato sensazione. Noi vediamo più grandi le cose, che tempo addietro abbiamo visto più piccole e oggi vediamo vecchi degli individui che evidentemente sono stati giovani e fanciulli. Ne deduciamo che il nostro corpo è soggetto, anche in questo momento, in cui stiamo parlando, a una determinata mutazione. E a mio avviso, in tale induzione non ci inganniamo. È più naturale che io pensi d'ingannarmi nell'atto che vedo, anziché nell'intendere che i miei capelli in questo momento crescono, o che il mio corpo, momento per momento, stia subendo una mutazione. Tale mutazione è modificazione del mio corpo. È innegabile. Non è però percepita da noi in questo momento, tuttavia è presente all'anima, perché è presente a noi. Come ho detto, il corpo è alterato da qualche cosa che è presente all'anima, tuttavia non si ha la sensazione. La definizione dunque, che non doveva includere nulla che non fosse sensazione, includendo il caso suddetto, è certamente difettosa.
E. - Vedo che mi rimane soltanto di chiederti che tu dia un'altra definizione o che riassetti, se ti è possibile, quella già data, poiché non posso negare che la prima, in base alla tua dimostrazione che approvo pienamente, è difettosa.
A. - È facile rettificarla, ma vorrei che ti ci provassi tu. Ci riuscirai, credimi, se hai ben compreso dove difetta.
E. - E in quale parte, se non dove include concetti non propri?
A. - Ma in che senso?
E. - Perché è innegabile che il corpo subisce un'alterazione con l'invecchiamento, che si ha anche in un giovane. E noi lo sappiamo. Dunque è presente all'anima ogni alterazione del corpo, tuttavia non è percepita da alcun senso. Io non mi vedo invecchiare in questo momento e non lo percepisco neanche con l'udito, l'odorato, il gusto o il tatto.
A. - Come lo sai allora?
E. - Lo deduco col pensiero.
A. - Su quali argomenti si fonda il tuo pensiero?
E. - Vedo vecchi alcuni individui che erano giovani, come adesso lo sono io.
A. - Ma non è uno dei cinque sensi, con cui lo vedi?
E. - E chi lo nega? Ma dal fatto che li vedo, induco che invecchierò anche io, sebbene ancora non lo veda.
A. - Dunque, secondo te, quale concetto si deve aggiungere alla definizione per completarla? Beninteso che non è sensazione, se non è presente all'anima la modificazione del corpo, in maniera però che non sia presente attraverso un'altra modificazione o qualsiasi altro mediante.
E. - Esponi il concetto un po' più comprensibilmente, per favore.

Valutazione di ogni definizione.

25. 47. A. - Ti accontenterò, e tanto più volentieri, in quanto non affretti, ma indugi. Ma sii attento perché il mio discorso si adatterà a diversi argomenti. Una definizione non può includere né di più né di meno di quanto si è inteso determinare, altrimenti è difettosa. Si avverte se è immune da difetti mediante la trasposizione dei termini. Ti sarà più chiaro con i seguenti esempi. Se tu mi chiedessi che cos'è l'uomo e io definissi: " l'uomo è un animale mortale ", non necessariamente dovresti ritener valida la definizione perché come giudizio è vera. Ma aggiunta la particella " ogni ", devi trasporre i termini e osservare se è valida anche dopo la trasposizione, cioè se, come è vero che ogni uomo è animale mortale, così sia vero che ogni animale mortale è un uomo. Constatato che il giudizio è falso, devi ritenere invalida la definizione a causa del difetto di maggiore estensione. Non soltanto l'uomo ma anche ogni bruto, è animale mortale, Questa definizione dell'uomo si completa aggiungendo " ragionevole " a mortale. Infatti l'uomo è un animale mortale ragionevole e come ogni uomo è un animale ragionevole mortale, così ogni animale ragionevole mortale è un uomo. La definizione antecedente era dunque difettosa per maggiore estensione perché includeva assieme all'uomo anche il bruto. La seconda è esatta, perché include ogni uomo e solo l'uomo. Diverrebbe difettosa per minore estensione, se vi si aggiungesse " grammatico ".Sebbene infatti ogni animale ragionevole mortale grammatico sia uomo, tuttavia molti uomini, che non sono grammatici, sono esclusi da questa definizione. Pertanto è falsa nella prima proposizione, vera dopo la trasposizione dei termini. È falso il giudizio: Ogni uomo è un animale ragionevole mortale grammatico, ma questo è vero: Ogni animale ragionevole mortale grammatico è un uomo. Una definizione, che non sia vera né nella prima formulazione né dopo la trasposizione, è ovviamente più difettosa delle suddette prese separatamente. Siano d'esempio le due seguenti: L'uomo è un animale canuto, ovvero: L'uomo è un animale quadrupede. Si commette errore, tanto se si dice: Ogni uomo è un animale canuto o un animale quadrupede, quanto se si traspongono i termini. Ma c'è una differenza tra di loro. La prima si adatta ad alcuni uomini, perché parecchi individui sono canuti, la seconda a nessuno, poiché non esiste un uomo quadrupede. Per il momento nell'esaminare le definizioni, puoi ritenere il criterio di vagliarle mediante la formulazione e la trasposizione. Si insegnano a proposito molte altre regole, e piene di parole e di cavilli. Un po' alla volta, al momento opportuno, farò in modo che tu le apprenda.

Si completa la precedente definizione...

25. 48. Ed ora ritorna alla nostra definizione e dopo averla discussa con maggiore competenza, correggila. Avevamo dunque scoperto, mentre si trattava della definizione di sensazione, che includeva qualche cosa che non è sensazione e che quindi dopo la trasposizione dei termini non è vera. Per ipotesi infatti potrebbe esser vero che ogni sensazione è modificazione del corpo presente all'anima, come è vero che ogni uomo è un animale mortale. Ma come è falso che ogni animale mortale è un uomo, perché lo è anche il bruto, così è falso che ogni modificazione del corpo presente all'anima è sensazione, perché è presente all'anima che in questo momento le nostre, unghie crescono. Noi lo sappiamo infatti, non lo conosciamo però col senso, ma lo conosciamo per induzione. Per completare la definizione dell'uomo è stato aggiunto ragionevole. Con l'aggiunta sono state escluse le bestie, che vi erano incluse e con la nuova definizione includiamo solo l'uomo e ogni uomo. Non credi dunque che anche a questa si debba aggiungere un termine, con cui sia escluso ciò che include di non proprio e che sia compresa la sola sensazione e ogni sensazione?
E. - Certo che lo credo, ma non so proprio che cosa si possa aggiungere.
A. - Sensazione è certamente ogni modificazione del corpo presente all'anima. Ma l'enunciazione non ammette trasposizione di termini, che è ostacolata appunto dalla modificazione del crescere e decrescere del nostro corpo. Anche di essa infatti siamo consapevoli, cioè è presente all'anima.
E. - È così.
A. - Ma tale modificazione è presente da sé o da altro mediante?
E. - Da altro mediante, ovviamente. Un conto è vedere le unghie lunghe e un altro è sapere che crescono.
A. - Ora il crescere è di per sé modificazione e non lo percepiamo con alcun senso, ma la grandezza che percepiamo deriva da tale modificazione e non è di per sé modificazione. Dunque è evidente che non conosciamo la modificazione in se stessa, ma in altro. Quindi se fosse presente all'anima non in altro, sarebbe percepita, anziché raggiunta per induzione.
E. - Comprendo.
A. - Perché rimani incerto allora sul termine che si deve aggiungere alla definizione?
E. - Così si deve definire, ora lo comprendo, che sensazione è modificazione del corpo, la quale in sé è presente all'anima. Infatti ogni sensazione è questo e, secondo me, soltanto questo è sensazione.

...e si riesamina perché difettosa.

25. 49. A. - Se è così, ammetto che la definizione è perfetta. Ma esaminiamola, ti prego, se, a causa del secondo difetto, sia infondata come quella dell'uomo, alla quale è stato aggiunto " grammatico ". Dovresti ricordare che abbiamo considerato l'uomo come animale ragionevole mortale grammatico e che questa definizione era difettosa, perché era vera mediante la trasposizione, ma falsa nella prima enunziazione. È falso difatti che ogni uomo è animale ragionevole mortale grammatico, sebbene sia vero che ogni animale ragionevole mortale grammatico è uomo. Ed è difettosa definizione perché include solo l'uomo, ma non ogni uomo. Ed anche questa, che stiamo vantando come esatta, ha forse il medesimo difetto. Sebbene infatti ogni modificazione corporea presente per sé all'anima sia sensazione, tuttavia non ogni sensazione è questo. Lo puoi intendere dalla considerazione che le bestie hanno la sensazione e quasi tutte sono fornite dei cinque sensi nei limiti attribuiti a ciascuna dalla natura. Lo neghi?
E. - No, affatto.

26. 49. A. - E non ammetti che si ha scienza soltanto quando l'oggetto è appreso con certezza e conosciuto con ragione pura?.
E. - Lo ammetto.
A. - Ma la bestia non ha la ragione.
E. - Anche questo ammetto.
A. - Dunque scienza non appartiene alle bestie. Ora ciò che è presente è certamente oggetto di scienza; dunque le bestie non hanno sensazione, se la sensazione si ha soltanto quando la modificazione del corpo per sé è presente all'anima. Ma hanno sensazione, come dianzi è stato ammesso. Perché dunque esitiamo a ritenere invalida la definizione, che non include ogni sensazione, dal momento che ne rimane esclusa la sensazione delle bestie?.

Scienza e ragione.

26. 50. E. - Confesso di essermi ingannato nel concederti che si ha scienza se un oggetto viene appreso con certezza da ragione pura. Quando mi hai proposto la domanda, io tenevo presenti soltanto gli uomini. In verità non posso ammettere che le bestie pensano, ma non posso loro sottrarre la scienza. Secondo me, il cane di cui si narra che dopo venti anni riconobbe il padrone 5, aveva scienza di lui. Taccio gli altri innumerevoli casi.
A. - Dimmi, ti prego, se ti sono proposte due cose, una a cui pervenire e un'altra per cui pervenire, quale apprezzi di più e quale preferisci?
E. - Chi dubita che è preferibile quella a cui pervenire?
A. - Ci son dunque due cose: scienza e ragione. Mediante scienza raggiungiamo la ragione, o mediante ragione la scienza?
E. - Le due cose, secondo me, sono così legate che con una delle due è possibile raggiungere l'altra indifferentemente. Non raggiungeremmo la ragione, se non avessimo scienza di doverla raggiungere. Dunque la scienza si premette per poter raggiungere mediante essa la ragione.
A. - E, scusa, senza la ragione si perverrebbe alla scienza che, secondo te, verrebbe premessa?
E. - Non direi proprio, è somma irragionevolezza.
A. - Mediante la ragione dunque?
E. - No.
A. - Mediante l'irragionevolezza dunque?
E. - Ma chi potrebbe dir questo?
A. - Mediante che cosa allora?
E. - Mediante nulla perché la scienza è innata in noi.