00 29/02/2012 09:05

Premesse spirituali e fondamento biblico della preghiera carismatica

 Inizierei con una definizione della preghiera comunitaria carismatica, definizione solo enunciata, ma che sarà la traccia guida per la nostra riflessione. 

La preghiera comunitaria carismatica è l’evento fondamentale per desiderare, invocare, accogliere ed esprimere la presenza e la potenza dello Spirito Santo, per un riconoscimento personale e comunitario della Signoria di Cristo (1 Cor. 12,2 ) e una maggiore crescita nella fraternità in quanto figli dell’unico Padre.

 In modo particolare l’aggettivo carismatico ricorda come l’esperienza dei carismi sia la realtà presente e operante all’interno dell’incontro di preghiera.

Se consideriamo l’evento di  Pentecoste ci rendiamo conto che lo Spirito Santo agisce sia sui cuori dei presenti :< tutti furono pieni di Spirito Santo> sia come ricaduta su coloro che ascoltano < e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi> ( At. 2,3 ).

 La preghiera carismatica consiste allora nell’accogliere la forza che viene dall’alto, per una condivisione fraterna che apre alle manifestazioni carismatiche dello Spirito che, agendo con potenza, libera, guarisce, consola, esorta, illumina, rafforza la fede, la speranza, la carità.

Il movimento della preghiera carismatica è dunque il seguente: da Dio ai fratelli, per ritornare a Dio nella lode, nel canto, nell’esultanza, in modo da ricevere forza per essere testimoni  siano ai confini della terra. ( evento missionario ).

 Un gruppo, quindi, che fa esperienza della Potenza dello Spirito, non è mai una realtà chiusa, in antagonismo con gli altri, ma aperta ai fratelli, alla ricerca dei lontani, perché più persone possibili possano riscoprire la gioia di essere cristiani e di essere dei salvati.

 Ora cerchiamo fra i passi del Nuovo Testamento qualcosa che ci ricordi ed attualizzi nei nostri incontri l’esperienza carismatica. In particolare consideriamo:

Ef. 5,19   < siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo>

 Col. 3,16  < La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre>

 Ed infine, riprendendo il tema del nostro convegno:

1 Cor. 14,26  < Che fare dunque fratelli? Quando vi radunate ognuno può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un discorso in lingue, il dono di interpretarle. Ma tutto si faccia per l’edificazione.>

Notiamo che in tutti i testi si prega con i salmi, in particolare in Ef. 5,19 e in

 Col. 3,16 si parla di salmi al plurale, pensando ad una esperienza di preghiera comunitaria corale, anche attraverso il canto, mentre in 1Cor 14,26 si parla di “un  salmo” al singolare, facendo riferimento alla preghiera di una singola persona ascoltata da tutta l’assemblea, come nelle nostre preghiere carismatiche personali.

 Ecco un esempio di “ preghiera ispirata” dai salmi o dalla Sacra scrittura.

I credenti, all’inizio della Chiesa, erano profondi conoscitori dei salmi utilizzati come modo personale o comunitario di pregare: essi si rivolgevano spontaneamente a Dio ricordando e citando, sotto ispirazione, le parole dei salmi.

La preghiera Ispirata assume la forma di Parola di Dio pregata : un modo efficace di esprimere ciò che lo Spirito sta operando nel cure del credente.

Questo è una modalità che dobbiamo assumere di più quando preghiamo in modo carismatico.

 Colpisce, in particolare, l’espressione “ cantici spirituali” cioè canti dello Spirito, canti ispirati, nuovi, inediti, che l’unzione dello Spirito suggerisce in un cuore che desidera ardentemente rendere grazie a Dio.

 L’espressione cantici spirituali rimanda ad un’altra espressione particolarmente presente nell’Antico Testamento, soprattutto nei salmi e ripresa nel libro dell’Apocalisse, il canto nuovo sal. 33,3 , 40,4  ; 96,1; 98,1 ; 144,9 ; 149,1 ; Is. 42,10,

quasi sempre sinonimo di lode.

Cantare il canto nuovo significa, nella maggior parte dei casi, lodare Dio, confessare la sua Signoria sul male, sulla morte, sui nemici.

 La lode rappresenta, il più delle volte, la manifestazione del dono di liberazione operata da Dio per la salvezza del suo popolo ( mia forza e mio canto è il Signore ).

Cantare la lode vuol dire ricordare la liberazione operata da Dio, ma nel contempo anche sperimentare la sua efficacia nella propria condizione attuale. La lode è memoria della liberazione operata nel passato, vissuta nel presente e profetizzata nel futuro.

Lodare significa accogliere il dono della liberazione riconoscendo Dio come unico autore di tale evento.

 L’aggettivo “nuovo” non indica semplicemente qualcosa di inedito, mai sentito

 ( Is. 48,6), ma un evento di rinascita sperimentato dal cantore. Il canto è nuovo perché scaturisce da un cuore nuovo, da un cuore ricreato dalla grazia , guarito, purificato. Tale esperienza conduce chi prega ad una nuova conoscenza di Dio, a nuove intuizioni spirituali, a nuove aperture profetiche, che lo dispongono ad accogliere in maniera nuova la volontà di Dio.

 Il canto nuovo scaturisce da un cuore ricolmo di Spirito Santo  (2 Cor 3,18 ).

Senza lo Spirito Santo la nostra preghiera è estremamente semplice, insignificante, un parlare che non ci consente di entrare in relazione con la presenza del Signore.

Noi, afferma S. Paolo, non sappiamo come pregare e cosa domandare ( Rom. 8, 26-27 ) perché siamo spesso agitati e condizionati dal nostro egoismo e dal nostro desiderio di vedere soddisfatti i nostri bisogni senza accogliere i desideri dello Spirito. Per questo motivo lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, alla nostra incapacità a pregare ed ad entrare in comunione e in comunicazione con Dio. ( gemiti inesprimibili )

 Lo Spirito Santo ci educa alla preghiera, Egli, infatti, fin dall’inizio, come fa una madre nei riguardi del figlio, ci conduce a riconoscere Dio come Padre e ci fa partecipare al grido del Figlio di Dio che dice Abba Padre ( Rom. 8,15 ; Gal. 4,6 ).

 Quindi, l’esperienza fondamentale del credente, rigenerato dallo Spirito e che nasce a vita nuova, è l’emettere un grido ispirato dallo Spirito che diventa preghiera, comunicazione e dialogo con Dio.

 Lo Spirito suscita perciò la preghiera, ma è anche l’oggetto della nostra preghiera.

Lo Spirito è il protagonista della preghiera carismatica perché senza di Lui non c’è la possibilità di relazionarsi con Dio.

Per questo motivo dove c’è esperienza di Spirito Santo c’è anche la preghiera. Pregare nello Spirito significa vivere davanti a Dio, comunicargli ciò che siamo, portare a Lui la nostra vita, spesso lacerata dalla sofferenza e dal peccato, lasciando arricchire di luce e di nuova forza la nostra condizione umana.

La preghiera è un cammino di relazione con Dio che si fa presente nel nostro quotidiano.

 Dicevo, lo Spirito non solo è il protagonista della preghiera carismatica, ma è anche l’oggetto invocato, desiderato, perché noi, in preghiera, chiediamo con insistenza e fiducia il dono dello Spirito Santo per acquisire una crescente docilità interiore e una profonda conoscenza di Dio e di noi stessi.

Per questo motivo ogni preghiera carismatica deve iniziare invocando lo Spirito Santo, il dono per eccellenza, che ci fa comprendere le cose spirituali in termini spirituali. 

Ho sottolineato come  l’atteggiamento che prepara i cuori a fare esperienza dell’azione carismatica dello Spirito sia la preghiera, ma ancor prima c’è un atteggiamento esteriore di fondamentale importanza, a volte trascurato: l’accoglienza fraterna.

In realtà l’accoglienza è anzitutto un evento interiore, una disposizione del cuore che necessità però di essere esternata attraverso gesti che favoriscono un vero e proprio clima fraterno, di serenità e di festa che invita tutti ad entrare alla presenza di Dio.

 In particolare sono due le immagini bibliche che ci aiutano a comprendere l’importanza di questo momento iniziale dell’incontro di preghiera e che aprono all’accoglienza dei carismi: l’incontro di Maria e di Elisabetta ( Lc. 1,39 ) e  l’episodio degli apostoli radunati nel Cenacolo insieme a Maria in attesa della discesa dello Spirito Santo ( At. 1,11 )

In entrambi i casi la protagonista è Maria, Colei che prepara con la sua presenza umile e discreta, con la sua maternità, i cuori all’incontro con il Signore.

In altri termini se, sin dall’inizio dell’incontro di preghiera, non esprimiamo la gioia di incontrare i fratelli e le sorelle, sull’esempio di Maria, per essere al servizio gli uni degli altri, senza rivalità, risentimenti, invidie, gelosie, difficilmente saremo strumenti nelle mani di Dio attraverso l’accoglienza e l’esercizio dei carismi.

 La gioia accogliente di Maria favorisce l’effusione dello Spirito Santo su Elisabetta che, a sua volta, profetizza. ( Benedetta sei tu fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù).

L’accoglienza è un vero e proprio tempo profetico, dove lo Spirito comunica pace, gioia, amore attraverso gesti umani, ma di sincera fraternità.

 Nel Cenacolo poi Maria è presente, insieme agli apostoli, come madrina, garante delle promesse del Figlio, in attesa della Effusione dello Spirito.

Il loro stare insieme non è un fatto formale, ma un evento spirituale particolare che esprime l’unione dei cuori:

( At. 1,14). Il termine con-cordi significa letteralmente con un unico cuore.

In At. 4,32 si dice che coloro che erano venuti alla fede erano un cuor solo e un’anima sola, cioè una cosa sola, pur nella diversità delle persone e dei carismi.

 L’accoglienza favorisce questo momento fraterno dove accordiamo i nostri cuori, ci sintonizziamo. D’altronde non si può eseguire nessuna opera musicale senza aver prima accordato gli strumenti musicali.

Nella lettera ai Romani S. Paolo ( Rom. 15,6-7 ) afferma che l’accoglienza fraterna e l’assunzione dei medesimi sentimenti di Cristo, gli uni verso gli altri, mette nelle condizioni la comunità di poter elevare

la lode a Dio, facendo echeggiare  l’esperienza dei tre giovani nella fornace ardente,

 i quali ad una sola voce lodavano Dio. 

L’accoglienza esprime la gioia di pregare insieme e nel contempo il bisogno che abbiamo gli uni degli altri per entrare alla presenza di Dio. In questo modo ognuno accoglierà come dono la preghiera dell’altro e ascolterà con attenzione la voce dello Spirito. L’ordine ed il decoro nella preghiera comunitaria carismatica è garantito non solo da animatori attenti e capaci, ma anche da un clima di fraterna accoglienza, un profondo rispetto dei fratelli ed un attento ascolto gli uni degli altri.

 Ritengo particolarmente eloquenti le parole di un padre della chiesa a tal proposito:

< Dio  concedendoci di stare nella sua casa con pace, concordia e umanità, vuole che proseguiamo ad essere ciò che Lui fece di noi nella seconda nascita ( battesimale ).

Perciò, dal momento che abbiamo cominciato ad essere figli di Dio, restiamo nella pace di Dio e, dal momento che uno solo è il nostro spirito, sia unica l’anima, unico il sentimento. D’altra parte Dio non accoglie il sacrificio di un uomo discorde e comanda di ritornare prima a riconciliarsi con il fratello ( Mt. 5,24 ), perché Dio possa essere placato da preghiere di pace > ( San Cipriano )

ed ancora < il sacrificio più grande e più gradito a Dio è la pace fra noi e la fraterna concordia( S. Cipriano)

 Dicevo, noi preghiamo in modo carismatico, ma l’azione carismatica non può mai essere indotta o provocata da noi, dai nostri desideri e dalle nostre aspettative.

 Essa va espressa con un cuore umile e contrito: questo è l’atteggiamento umano e spirituale necessario per attendere le manifestazioni carismatiche dello Spirito insieme ad una autentica fraternità ed un profondo ascolto della volontà di Dio.

 La specificità inoltre, della preghiera nello Spirito consiste nel fatto che è finalizzata alla conversione e alla trasformazione dei cuori attraverso una esperienza sincera della Signoria di Cristo.

Per questo motivo la gioia, la benedizione, la lode, il ringraziamento, la supplica, l’intercessione devono essere esternate, in modo tale che gli altri possano dire il proprio Amen e, attraverso i carismi profetici e di rivelazione dei fratelli, ciascuno sia edificato, riceva nuova luce in vista del pentimento, per poter adorare Dio e proclamare che veramente <Dio è in mezzo a noi> (1Cor.14,25 ).

 Ed ancora, la preghiera comunitaria sia sempre espressione di una profonda fiducia in Dio nella piena consapevolezza che dove due o più sono riuniti nel Suo Nome ( Mt. 18,20 )  Dio effonde in abbondanza il dono dello Spirito Santo (Lc. 11,13) < quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono>

Insieme ai carismi ( 1Cor. 12,7).

 Ma come si manifesta la preghiera comunitaria carismatica ?

La preghiera comunitaria carismatica si manifesta con espressioni di lode, di benedizione, di ringraziamento e questo ci consente di entrare in una relazione filiale con Dio e di esprimere a Lui sentimenti di gratitudine per il Suo infinito amore.

Non si tratta di presentarsi al Signore facendo l’elenco dei nostri problemi, bisogni, peccati, piuttosto di riconoscerlo come Signore della nostra vita, Padre buono e misericordioso che nonostante tutto si prende cura di noi. Nel salmo 117 troviamo infatti : < Lodate il Signore popoli tutti, voi tutte nazioni dategli lode, perché forte è il suo amore per noi e la sua fedeltà dura in eterno >.

Questo salmo spiega il “ perché “, la motivazione della lode: “perché forte ( tenace, fedele, costante ) è il suo amore per noi>.

Questo presuppone che noi non andiamo a Dio come servi che ritengono di meritare l’attenzione di Dio in quanto osservanti della legge, né tanto meno come persone che affermano di non meritare l’amore di Dio a motivo dei loro peccati. Piuttosto siamo resi degni di presentarci davanti a Lui perché Egli ci ama e ci attira a sé.

Il centro della preghiera non siamo noi, ma l’amore di Dio. L’unica cosa che ci viene richiesta è la fiducia nel Suo Amore.

 La lode non solo è espressione della Signoria di Dio nel nostro oggi, nella nostra situazione attuale, ma ci apre al futuro, alla speranza, perché < la sua fedeltà dura in eterno>. Attraverso la lode cambia la nostra prospettiva sulle situazioni particolari che magari ci affliggono per alimentare una nuova fiducia che ci libera dall’angoscia e dalla paura.

 Dalla lode, come evento corale, si passa all’ascolto profetico come momento in cui lo Spirito illumina le nostre situazioni particolari muovendoci verso un cambiamento di prospettiva, verso una nuova fiducia nella misericordia di Dio, per giungere ad essere testimoni in mezzo all’assemblea, delle opere misericordiose che il Signore ha operato in noi. Si passa dalla timidezza alla parresia, alla franchezza.( 1 Cor. 14,23 )

In Atti 10,46 si afferma che quanti ascoltavano le parole di Pietro fecero esperienza dei carismi e in particolare di quello della parlata in lingue, del glorificare Dio e del profetare.

Ascoltare in questo caso vuol dire credere, accogliere il messaggio di salvezza. Spesso si nota una sordità del cuore, all’interno del contesto della preghiera comunitaria carismatica, perché alcune parole o preghiere profetiche sembrano lasciare indifferente la comunità. Dove non c’è ascolto attento, umile e sincero della Parola di Dio pian piano la profezia finisce. Spesso la mancanza di autentiche profezie carismatiche dipendono dalla non accoglienza o diffidenza da parte della comunità, fino alla loro totale scomparsa.

 L’ascolto profetico esige il discernimento. Siamo tutti chiamati a discernere, cioè a capire cosa il Signore dice attraverso la Profezia, la preghiera dei fratelli e delle sorelle. La comprensione del “cosa” il Signore dice favorisce un preciso atteggiamento di fede, di fiducia ed abbandono in Dio. Se non ci lasciamo interrogare, trafiggere, dalla Parola di Dio, dalla profezia, difficilmente entreremo in clima di preghiera e saremo in grado di esercitare i carismi.

 Ora cosa è e come si manifesta la Profezia ?

La profezia è una realtà che si manifesta in modi molteplici all’interno della comunità in preghiera. Anzitutto si tratta della chiara manifestazione della volontà di Dio attraverso la Sua parola.

Il profeta è un “ porta parola”, colui che parla in nome di Dio.

(Sulla figura del profeta vedi, sulla Rivista, l’articolo di Sebastiano Fascetta )

E’ questo un carisma fondamentale per la crescita della comunità e per lo sviluppo dell’incontro di preghiera senza il quale non saremo in grado di capire l’agire salvifico di Dio in mezzo all’assemblea radunata.

L’apostolo Paolo ai Corinzi ribadisce l’importanza della profezia come evento folgorante che illumina la situazione particolare di una persona e la porta al pentimento, all’adorazione e alla testimonianza.

Attraverso la profezia Dio edifica, esorta, conforta la comunità. La profezia risveglia e fortifica la fede; ispira propositi, sentimenti nuovi; illumina per assumere decisioni necessarie per un autentico cambiamento di vita, diventa strumento di consolazione, di guarigione, di liberazione.

 Le forme di profezia oggi più usate sono:

-         Apertura della Bibbia

-         Parola profetica proclamata

-         Profezia biblico numerica

-         Profezia visiva

-         Locuzione interiore

-         Profezia in lingue e sua interpretazione

 Analizziamole

 1.     Apertura della Bibbia.

Non è mai a caso. Noi apriamo la bibbia in preghiera chiedendo al Signore che ci dia luce, che ci doni una Sua Parola, giusta per quel momento.

E’ una richiesta ben mirata che deve portare frutto ( la mia Parola non tornerà a me senza operare. Come la pioggia e la neve..)

Noi dobbiamo avere il massimo rispetto per la Parola che il Signore ci dona, quindi evitare di aprire la Bibbia in assemblea se il Signore ha già parlato attraverso altri fratelli, ma aspettare un nuovo impulso interiore o la voce da parte del Signore, che ci spinge ad una nuova apertura.

Sempre dobbiamo fare un primo discernimento: < Questa è la Parola profetica che il Signore vuol donare all’assemblea o dobbiamo attenderne altre ? Questa parola è per me o per tutti i fratelli?  Come sta andando la preghiera? La parola che ho aperto conferma, esorta i fratelli o introduce altre riflessioni? Qual è l’ulteriore passo che Dio ci conduce a fare stasera? >

Ricordiamo che l’apertura profetica è un dono, un carisma, non è un tirare ad indovinare una parola che possa piacere all’assemblea. E’ importante non usare con leggerezza i doni che il Signore elargisce al suo popolo. Impariamo ad usarli con sacralità: nemmeno un punto o una virgola della Parola di Dio va sprecata.

 Come calare la parola profetica all’interno dei nostri incontri?

Prima di tutto è buona cosa essere sottomessi al discernimento dei fratelli (discernimento comunitario ), non siamo mai cresciuti abbastanza da fare a meno del discernimento degli altri. Non è insicurezza, ma prudenza! Con le cose del Signore dobbiamo usare i Suoi metodi : comunione e collegialità.

Confrontiamoci sempre con gli altri animatori o con chi presiede l’assemblea.

Chiediamo < come ti sembra stia andando la preghiera?  I cuori sono sufficientemente aperti? Ti sembra che il Signore stia parlando? E lo Spirito Santo è presente e operante?>

Teniamo sempre conto della sacralità dell’evento e dello stupore di essere testimoni di un fatto straordinario perché la presenza di Dio può far cambiare la vita alle persone presenti.

L’azione di Dio ha i suoi tempi: dobbiamo, a volte, avere la prudenza di accantonare  per un poco la Parola, perché essa possa portare maggior frutto a suo tempo, cioè nel momento più opportuno scelto da Dio.

Quando poi la Parola di Dio viene proclamata, la nostra preghiera prende il volo, ci sentiamo con “ la gloria di Dio” sopra di noi. Allora non dobbiamo essere affrettati, non correre in avanti, dobbiamo sostare, far fruttificare la Parola, assaporare la presenza salvifica di Dio.

A volte il Signore ci chiede di stare nella lode, a volte ci chiede di ascoltare e di dar risalto alla sua parola, a volte chiama alla contemplazione e alla adorazione.

 Non abbiamo paura del “ silenzio”: c’è anche il silenzio profetico, un tempo in cui il Signore vuole parlare al cuore ; un tempo in cui “ la Parola” vuol trovare dimora nel nostro cuore. Dopo il silenzio la Parola di Dio ci invita a fare determinati gesti:

di accoglienza, di perdono, di benevolenza, di affetto. Lo Spirito Santo ha una fantasia illimitata.

Tutto questo perché ognuno sia pronto ad essere usato per la gloria di Dio, per aiutare i fratelli, per metterci in discussione, per convertirci, per camminare più spediti sulla via della santità.

 2.     Parola profetica proclamata.

Non sono parole tratte espressamente dalla Bibbia e imparate a memoria, ma è una Parola che Dio “ ispira”, mette nei nostri cuori ed è  preceduta spesso da visioni interiori o ricordo di precedenti esperienze.

A volte il Signore utilizza “ fratelli intellettualmente poveri”, un poco ignoranti nel senso che non sanno leggere bene la Bibbia. Quando però essi proclamano la Parola, la dicono così come si trova scritta e con una forza interiore che trafigge i cuori. Lì è Dio che parla al suo popolo e lo fa utilizzando i più piccoli che sono grandi davanti a Lui.

 3.     Profezia  biblico numerica o alfa numerica

Di questo carisma non si parla nella Bibbia. Sappiamo che questo comportamento è iniziato in Sicilia qualche anno fa e che quei profeti per comportamento di vita e per serietà, sono degni di fede.

Perché questo fenomeno è iniziato? Perché il Signore ha voluto mandare la Parola profetica anche in un luogo dove c’era una grande povertà culturale e si rischiava di non poter fare uso della Parola di Dio.

Noi sappiamo solo che questo comportamento ha portato e continua a portare frutti copiosi: una intera regione è cresciuta spiritualmente, si sono visti frutti di carità, di conversione, molte persone hanno cambiato la loro vita.

Ora questo dono viene da Dio distribuito anche in altri luoghi.

 Questo carisma opera in diversi modi, perchè il Signore fa giungere il messaggio in diverse maniere, ma tre sono i modi consueti:

 a)    La visione o l’immagine.

Il profeta vede il numero del Capitolo e del versetto come su un nastro che gli passa davanti. Il profeta avuta l’immagine del numero ( ad esempio Is. 6,5 ) comprende che il Signore vuol parlare con questo testo e lo annuncia.

Questo è il modo più frequente

 b)    Altro modo di percepire il messaggio è per locuzione interiore

Il Signore fa sentire nel cuore del profeta una parola, per esempio Is. 6,5 e questa è una parola interiore, è un sentire dentro, che spinge il profeta a parlare senza sapere cosa deve dire, sa solo che non può tacere. Aprendo poi la bocca dirà

< Is. 6,5 > ed è lui il primo ascoltatore del messaggio.

 In questo caso ci sono anche delle manifestazioni fisiche perché il profeta, ricevuta la Parola, sente che sta sudando, si accalora, arrossisce sente il cuore battere più forte.

Il profeta ricevuta la locuzione interiore, la sente crescere nel cuore, salire alle labbra ed infine arrivare alla mente. Fino a che il messaggio non è completato e proclamato il cuore non si ferma di battere all’impazzata.

Se chi ha avuto l’incombenza di cercare sulla Bibbia quel passo sbaglia qualcosa o lo annuncia in modo incompleto, il profeta interviene dicendo: < Non è questo il passo giusto o non è completo >. Egli si acquieta solo quando tutto ciò che il Signore voleva dire è stato proclamato!

 c)     Altra forma in cui può giungere il messaggio è per Locuzione auricolare.

 E’ più rara.

Questo modo si presta al pericolo di interferenze e coloro che ricevono il messaggio in questo modo, devo stare molto attenti a saper riconoscere, fra le tante , la voce del Signore. Ricordate il giovane Samuele che imparò a riconoscere la voce di Dio e ottenne grande stima fra il suo popolo.

Il Signore dice anche< le mie pecore riconoscono la mia voce >.

 C’è una profezia numerica personale, ma esiste anche quella collettiva.

Molto bella! Il Signore compone il suo messaggio attraverso due o più profeti.

Il primo dice una parola, il secondo un’altra e così via fino a che  il messaggio si completa. Si resta a bocca aperta e solo si può dire: < solo il Signore può fare questo!>

 4) Profezia visiva

Il profeta vede nella propria mente, trovandosi in stato di veglia ( oppure in caso di rivelazioni molto elevate, in estasi ), una immagine o una serie di immagini. Pensiamo ad Ezechiele o Daniele o a S. Giovanni nell’Apocalisse.

 Spesso sono delle immagini nitide, sicure, non approssimate.

Insieme alle immagini, il Signore può comunicare anche il loro significato, sia con parole interiori, sia mediante intuizioni profetiche.

Anche la visione profetica è molto documentata nella Bibbia. Una per tutte quella di At. 2, 17 : <I vostri giovani avranno visioni ..> che si ritrova anche nei versi del profeta Gioele 3,1.

E’ un dono ora abbastanza frequente nei nostri incontri di preghiera: qui in un clima di grande abbandono, Dio parla attraverso visioni, più o meno nitide e da sempre la interpretazione, se non proprio a chi a ricevuto l’immagine, a qualcuno dell’assemblea.

 5) Locuzione interiore

Ho già parlato del messaggio interiore quando spiegavo come arriva la profezia alfa numerica.

 6) Profezia in lingue e sua interpretazione

E’ come uno squillo di tromba che avvisa l’assemblea. Dio vuole parlare al suo popolo e lo fa in modo originale per attirare l’attenzione.

Fondamentale è l’interpretazione.

 S. Paolo dice che se non si ha la spiegazione è meglio tacere, perché vale molto più una parola compresa che tante incomprensibili.

Eugenio Gulisano
[Modificato da MARIOCAPALBO 29/02/2012 09:05]