00 15/12/2011 08:05
Intelletto

                                                                                                                                                       I.           

Questo sesto dono dello Spirito Santo fa entrare l'anima in una via superiore a quella nella quale si è intrattenuta fin qui. I cinque primi doni tendono tutti all'azione. Il timor di Dio rimette l'uomo al suo posto, umiliandolo; la pietà apre il suo cuore agli affetti divini; la scienza gli fa discernere la via della salvezza dalla via della perdizione; la fortezza lo arma per la lotta; il consiglio lo dirige nei pensieri e nelle opere; egli dunque adesso può agire e proseguire nella sua strada con la speranza di arrivare al termine. Ma la bontà del divino Spirito gli riserva anche altri favori. Ha risolto di farlo godere, fin da questo mondo, di un preludio della felicità che gli riserva nell'altra vita. Sarà il mezzo per rendere sicuro il suo cammino, per animare il suo coraggio, per ricompensare i suoi sforzi. D'ora in avanti gli sarà dunque aperta la via della contemplazione, ed il divino Spirito ve lo introdurrà per mezzo dell'Intelletto.
A questa parola di "contemplazione", forse molte persone si agiteranno, persuase, a torto, che l'elemento che significa non potrebbe incontrarsi che nelle rare condizioni di una vita passata nel ritiro e lontana dal commercio degli uomini. È un grave e pericoloso errore, che troppo spesso arresta lo slancio delle anime. La contemplazione è uno stato nel quale viene chiamata, in una certa misura, qualunque anima che cerchi Iddio. Essa non consiste nei fenomeni che lo Spirito Santo si compiace di manifestare in alcune persone privilegiate, e che destina a provare la realtà della vita soprannaturale. Essa è, semplicemente, quella relazione più intima che si stabilisce tra Dio e l'anima che gli è fedele nell'azione; a quest'anima, se non mette ostacoli, sono riservati due favori, di cui il primo è il dono dell'Intelletto, che consiste nell'illuminazione dello spirito rischiarato ormai da una luce superiore.
Questa luce non toglie la fede, ma rischiara l'occhio dell'anima, fortificandola, dandole una più estesa visuale delle cose divine. Molte nubi svaniscono, perché provenivano dalla debolezza e dalla grossolanità dell'anima, non ancora iniziata. Si rivela la bellezza, piena d'incanto, di quei misteri che non si sentivano che vagamente; appariscono ineffabili armonie, che non si supponevano neppure esistere. Non è il vedere faccia faccia, cosa riservata per il giorno eterno; ma non è già più quel debole barlume che dirigeva i nostri passi. Un insieme di analogie, di convenienze, che successivamente si mostrano all'occhio dello spirito, vi portano una dolce certezza. L'anima si dilata a questo chiarore che arricchisce la fede, accresce la speranza e sviluppa l'amore. Tutto le sembra nuovo; e, quando essa volge in dietro lo sguardo, fa il paragone, e vede chiaramente che la verità, sempre la stessa, è adesso da lei afferrata in una maniera incomparabilmente più completa.
La narrazione dei Vangeli l'impressiona assai più; trova un sapore per lei sconosciuto fino allora nelle parole del Salvatore. Comprende assai meglio il fine che si è proposto istituendo i suoi sacramenti. La Sacra Liturgia la commuove con le sue formule così maestose ed i suoi riti così profondi. La lettura della Vita dei Santi l'attira, niente la meraviglia nei loro sentimenti e nei loro atti. Gusta i loro scritti più che tutti gli altri, e sente un accrescimento di benessere spirituale, avvicinando questi amici di Dio. Circondata dei più disparati doveri, la fiaccola divina la guida per adempierli tutti. Le virtù così diverse che deve praticare si conciliano nella sua condotta; l'una non è mai sacrificata all'altra, perché vede l'armonia che deve regnare fra di esse. Vive lontano dallo scrupolo, come dal rilassamento, ed è sempre pronta a riparare i falli che ha potuto commettere. Qualche volta il divino Spirito l'istruisce anche con una parola interiore che la sua anima comprende e che le serve a chiarire la sua situazione con una nuova luce. D'ora in avanti il mondo e i suoi vani errori vengono apprezzati per quel che valgono, e l'anima si purifica dai resti di quell'attaccamento e di quella compiacenza che poteva ancora conservare al riguardo. Ciò che è grande e bello secondo la natura, sembra vile e misero a quest'occhio che lo Spirito Santo ha aperto agli splendori ed alle bellezze divine ed eterne. Un solo lato riscatta ai suoi occhi questo mondo esteriore, che forma l'illusione dell'uomo sensuale: è che la creatura visibile, che porta la traccia della beltà di Dio, è suscettibile di servire alla gloria del suo autore. L'anima impara ad usarne, unendovi atti di ringraziamento, rendendola soprannaturale, glorificando col Re-Profeta colui che ha lasciato l'impronta dei suoi tratti e della sua bellezza in questa moltitudine di esseri che servono così spesso alla perdita dell'uomo, mentre sono chiamati a divenire la scala che lo dovrebbero condurre a Dio.
Il dono dell'Intelletto diffonde anche nell'anima la conoscenza della propria via. Le fa comprendere quanto sono stati saggi e misericordiosi i disegni superni che, qualche volta, l'hanno spezzata e trasportata là, ove non contava di andare. Ella vede che, se fosse stata padrona di disporre della sua esistenza, avrebbe mancato al suo fine, e che Dio ve l'ha fatta arrivare nascondendole in principio i disegni della sua paterna sapienza. Adesso è felice, poiché gode la pace, ed il suo cuore non sa come ringraziare adeguatamente Iddio che l'ha condotta al termine, senza consultarla. Se capita che sia chiamata a dare consigli, ad esercitare una direzione, per dovere o per motivi caritatevoli, possiamo affidarci a lei: il dono dell'Intelletto l'illumina per gli altri come per se stessa. Non si ingerisce, però, a dare lezioni a coloro che non gliene domandano; ma se viene interrogata, risponde, e le sue risposte sono luminose come la fiaccola che la rischiara.
Tale è il dono dell'Intelletto, vera illuminazione dell'anima cristiana, che si fa sentire ad essa in proporzione della fedeltà che ha nel far uso degli altri doni. Questo si conserva con l'umiltà, la moderazione dei desideri ed il raccoglimento interiore. Una condotta dissipata ne arresterebbe lo sviluppo e potrebbe anche soffocarlo. Quest'anima fedele può conservarsi raccolta pure in una vita occupata e riempita da mille doveri, pure in mezzo a distrazioni obbligatorie, alle quali l'anima si presta senza abbandonarvisi. Che essa sia dunque semplice, che sia piccina ai suoi propri occhi e, quel che Dio nasconde ai superbi e rivela ai piccoli (Lc, 10, 21), le sarà manifestato e dimorerà in essa.
Nessun dubbio che un tale dono sia un aiuto immenso per la salvezza e la santificazione dell'anima. Noi dobbiamo dunque implorarlo dal divino Spirito con tutto l'ardore del nostro desiderio, essendo ben convinti che lo raggiungeremo più sicuramente con lo slancio del nostro cuore, che con lo sforzo dei nostro spirito. È vero che la luce divina, che è l'oggetto di questo dono, si diffonde nell'intelligenza; ma la sua effusione proviene soprattutto dalla volontà, riscaldata dal fuoco della carità, secondo la parola di Isaia "Credete, e voi avrete l'intelligenza" (Is 6, 9. Citato così dai Padri Greci e Latini secondo i Settanta). Rivolgiamoci allo Spirito Santo e, servendoci delle parole di Davide, diciamogli:

"Apri i nostri occhi, e noi contempleremo le meraviglie dei tuoi precetti; concedici l'intelligenza e avremo la Vita" (Sal 118).

Istruiti dall'Apostolo, esporremo la nostra domanda in modo anche più insistente, facendo nostra la preghiera che egli rivolge al Padre Celeste in favore dei fedeli di Efeso, quando implora per essi lo "Spirito di Sapienza e di rivelazione col quale si conosce Iddio, mentre gli occhi del cuore, illuminati, scoprono l'oggetto della nostra speranza e le ricchezze della gloriosa eredità che Dio s'è preparata nei suoi Santi" (Ef 1, 17-18).

 

·         Il dono dell’intelligenza

Il dono dell'intelletto riguarda anch'esso una illuminazione soprannaturale della mente umana, ma sotto un aspetto ancora diverso. Se il dono della sapienza è "la luce per vedere" e il dono della scienza è "l'oggetto divino da vedere", il dono dell'intelletto è "la facoltà di vedere". Anche nelle cose naturali, in fondo, la possibilità di conoscere il mondo risulta dall'incontro di tre fattori: un OGGETTO da vedere, la LUCE per poter vedere e l'OCCHIO sano. In mancanza di uno di questi tre elementi non si ha la conoscenza del mondo esterno. La conoscenza del disegno divino di salvezza risulta egualmente da tre doni spirituali: la scienza (l'oggetto da vedere), la sapienza (la luce per vedere), l'intelletto (l'organo della vista). Vediamo qualche riscontro biblico.In Matteo 15,16, Gesù rimprovera significativamente i suoi Apostoli: "Anche voi siete ancora senza intelletto?". Cosa era accaduto? Il Maestro aveva appena esposto un insegnamento fondamentale sul puro e sull'impuro, precisando che l'impostazione del Levitico doveva essere trasferita dal piano materiale del cibo che entra nello stomaco (e che quindi non contamina lo spirito) al piano spirituale di ciò che l'uomo elabora dentro la propria coscienza. E' questa radice interiore delle decisioni che contamina la società e il singolo. I farisei restano scandalizzati dinanzi a questo insegnamento così nuovo, mentre gli Apostoli non ne capiscono il senso. E' a questo punto che Gesù chiede: "Siete ancora senza intelletto?"
Che cosa è allora l'intelletto? Sulla base del contesto in cui Gesù utilizza questo termine, dobbiamo dire che il dono dell'intelletto è una particolare capacità di capire la Parola di Dio. Il dono dell'intelletto entra quindi in azione nei momenti di meditazione personale, nei ritiri e negli incontri di annuncio o di formazione dottrinale. Senza "l'organo della vista", cioè senza il dono dell'intelletto soprannaturale, la nostra comprensione delle Scritture non sarebbe né profonda né salvifica. Sappiamo che la Bibbia può essere studiata anche come libro; di essa si può scandagliare tutto: le epoche di composizione, le eventuali stratificazioni e redazioni, la trasmissione del testo e i suoi codici, i suoi generi letterari, il suo rapporto con l'archeologia… ma rimane il fatto che la Bibbia diventa Parola di salvezza solo a condizione che venga letta e meditata "nello Spirito"; ossia sotto l'influsso e l'operazione dei doni che innalzano le facoltà mentali dell'uomo a un livello di conoscenza soprannaturale. Se la Bibbia viene studiata senza il dono dell'intelletto può essere compresa solo nei suoi significati umani, ma non nelle sue energie salvifiche, che si possono raggiungere e penetrare solo in una lettura nello Spirito. Su questo punto abbiamo dei riscontri molto precisi: "L'ispirazione dell'Onnipotente lo fa intelligente" (Gb 32,8); vale a dire: esiste una forma di analisi e di penetrazione mentale della realtà che è data da una ispirazione divina, la quale rende più acuta l'intelligenza naturale e la fa idonea a comprendere ciò che supera il confine della natura: il mondo del soprannaturale. Per questo il saggio avverte: "Non appoggiarti sulla tua intelligenza" (Prv 3,5), esortazione che risulterebbe senz'altro assurda, se non esistesse un'altra intelligenza sulla quale potersi appoggiare. Che l'intelligenza, come dono soprannaturale, sia distinta e ordinata alla sapienza si vede chiaramente da 1 Re 5,9: "Dio concesse a Salomone saggezza e intelligenza". Non sarebbe infatti pensabile che Dio doni all'uomo la luce per vedere (sapienza) ma non l'organo della vista (intelligenza). Anche l'Apostolo Paolo si muove nella identica prospettiva: "Egli ha riversato (la grazia) abbondantemente su di noi con ogni sapienza e intelligenza" (Ef 1,8). In sostanza, Paolo vuol dire che per metterci in grado di capire il mistero di Cristo (dono della scienza), il Padre ci ha dato la luce per vedere (dono della sapienza) e l'organo della vista (dono dell'intelligenza). Il dono dell'intelligenza, cioè la comprensione soprannaturale della realtà, non è limitato però ai soli contenuti della Rivelazione, visto che lo stesso Apostolo lo preannuncia a Timoteo come un aiuto per tutte le altre eventuali difficoltà del ministero apostolico: "Il Signore ti darà intelligenza per ogni cosa" (Tm 2,7). Infine, ai Romani, Paolo parla del dono dell'intelletto che i sapienti della Grecia pagana non hanno avuto; essi, tanto colti e raffinati da aver dato i natali alla filosofia occidentale, hanno dall'altro lato idolatrato le forze della natura, rendendo un culto a divinità inesistenti, false e bugiarde, come le chiama Agostino di Ippona, e Dante dopo di lui. In questo si sono dimostrati insipienti. Hanno guardato la natura, così bella e ricca di armonie, ma non sono riusciti a risalire dall'opera all'Artista; e ciò è strano, perché "dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto" (Rm 1,20). Se l'intelletto naturale bastasse per vedere le perfezioni di Dio nella natura, anche i greci, così sapienti, se ne sarebbero accorti. Ci vuole infatti il dono dell'intelletto, di cui essi erano evidentemente privi. E poi, trattandosi di un dono, l'intelligenza infusa va anch'essa invocata e attesa: "Se invocherai l'intelligenza…" (Prv 2,3).

Intelletto

L'intelletto è una luce soprannaturale, che illumina l'occhio dell'anima fortificandola e donandole una più estesa vista sulle cose divine.
L'intelligenza ci fa apparire le cose spirituali come nuda Verità (S.Tommaso).
Si rivela la bellezza piena d'incanto dei misteri di Dio ed appaiono armonie nuove che portano ad una dolcezza infinita. Tutto sembra nuovo all'anima, la Verità è colta in maniera più completa.
La condizione indispensabile per il dono dell'intelletto è la purezza di cuore : un cuore puro è un cuore sincero, limpido, leale, trasparente, libero da ogni male.
"Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti ed agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli." (Mt.5,8).
Bisogna essere piccoli, lasciarsi purificare, spogliarsi di tutto, anche delle certezze più assolute. Il dono dell'intelletto dona all'anima una conoscenza profonda della propria vita, le fa capire i disegni di Dio facendola raggiungere lo scopo della sua esistenza.