00 12/12/2011 16:10
   Descrizione dei Carismi

 

Con riferimento ed in relazione a quanto riportato nella sezione "I doni straordinari dello Spirito", segue un elenco dei carismi più diffusi ed utilizzati per il bene comune e per l'edificazione dell'intero popolo di Dio:

 

·         CARISMI LEGATI ALLA PREGHIERA:

- parlare in lingue d'angeli (glossolalia);

- parlare in lingue di uomini non conosciute dal soggetto (xenolalia);

- cantare in lingue d'angeli;

 

·         CARISMI LEGATI ALL'EVANGELIZZAZIONE:

- apostolato;

- profezia;

- interpretazione;

- insegnamento;

- miracoli;

 

·         CARISMI LEGATI ALL'ESERCIZIO DELLA CARITA':

- intercessione;

- guarigione;

- fede;

- assistenza;

- governo;

 

·         CARISMI LEGATI ALLA COGNIZIONE SPIRITUALE:

- discernimento degli spiriti;

- parola di conoscenza;

- parola di sapienza.

Segue ora una breve descrizione di alcuni di essi:

 

·         Il dono delle lingue

E' un carisma che lo Spirito Santo conferisce per l'edificazione personale (cfr. 1Cor 14,4).
Chi parla in lingue emette suoni che non si intendono (nel caso della GLOSSOLALIA), il suo messaggio è incomprensibile (cfr. v. 2.9); però, sotto l'impulso dello Spirito, sta parlando con Dio e dicendo cose misteriose (cfr. v. 2).
Quando uno prega in lingue, è il suo spirito che prega, non la sua mente (cfr. v. 14) e, sotto la guida dello Spirito, sta benedicendo Dio e donandogli eccellentemente grazie (cfr. vv. 16-17). Appartiene a questo dono anche il cosiddetto "canto in lingue" (cantare in lingue d'angeli), che non è altro che un canto melodico ed aconcettuale che tutti gli oranti intonano all'unisono durante la preghiera. Questo tipo di canto può essere paragonato al canto degli angeli che stanno sempre al cospetto di Dio per lodarlo ed adorarlo. La presenza e l'azione dello Spirito, uniforma e guida il canto del singolo per ottenere una melodia globale veramente sorprendente ed affascinante.
Esiste poi il caso in cui la preghiera avviene in una lingua reale ma sconosciuta e mai appresa dal soggetto orante (è il caso della XENOLALIA). In questo caso possono manifestarsi linguaggi remoti (aramaico, ebraico antico, siriaco, latino, ecc.), oppure lingue correnti di qualunque paese.
Colui che riceve un messaggio profetico in lingue, può farlo a voce alta, se è presente qualcuno in grado di interpretarlo (come ad esempio nelle grandi riunioni di preghiera), altrimenti, preghi in silenzio con se stesso e con Dio (cfr. v. 28). Affinché la sua orazione o il suo messaggio edifichi la comunità, è bene che chieda il dono di interpretazione (cfr. v. 13).
A proposito del dono delle lingue è utile ricordare quel testo della lettera ai Romani:
"Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27).
Da tutto ciò si deduce che il dono delle lingue è, prima di tutto, un "dono di orazione". Il carismatico è mosso dallo Spirito Santo ad entrare in comunicazione personale con Dio, per lodarlo e benedirlo e per dargli grazie in un modo eccellente. Risulta molto utile anche per pregare sugli altri, affinché sia lo Spirito stesso a domandare ed al contempo concedere le grazie che ritiene più opportune per il beneficiario della preghiera (intercessione, guarigione, liberazione, ecc.)
Può accadere, però, che il carismatico si senta ispirato a comunicare un messaggio "in lingue" all'assemblea riunita in preghiera. A questo proposito sorge un problema, perché il glossologo (colui che parla in lingue) emette suoni che non si capiscono e il suo linguaggio è pertanto incomprensibile.
Quindi, in questa situazione concreta -insegna Paolo- sono preferibili, per l'edificazione della comunità, le parole chiare di chi ha il dono di profezia e non i suoni incomprensibili del glossologo. Per questo l'Apostolo dice: "Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue" (1Cor 14,18-19).
E più avanti, nei vv. 23-25, Paolo consiglia che quando "si riunisce tutta la Chiesa", è meglio profetizzare che parlare in lingue, poiché con la profezia, che è un discorso comprensibile, anche gli infedeli o i non iniziati che entrano e ascoltano, saranno toccati nel loro cuore e "prostrandosi, adoreranno Dio esclamando: veramente sta Dio in mezzo a loro".

 

·         Il dono della profezia

Profezia non vuol dire necessariamente predizione del futuro, ma in genere si tratta di un messaggio di esortazione, d'incoraggiamento che Gesù vuole comunicare all'assemblea, o a qualche presente con problemi particolari che lo tengono in ansia.
Spesso accade che uno del gruppo si sente spinto a dire delle parole che non vengono dalla mente (non sono pensieri formulati precedentemente), ma delle frasi che gli piovono sulla lingua non si sa da dove. Vengono ad una ad una: man mano che il soggetto pronunzia a voce alta la prima, riceve la seconda, e così di seguito; ma in partenza egli non sa che cosa vuole dire, lo saprà solo alla fine quando avrà detto tutto il messaggio. Perciò è necessaria anche una buona dose di fede e coraggio.
La "profezia" è in definitiva un carisma in virtù del quale la persona inspirata, (uomo o donna cfr. 1Cor. 11,5), in nome di Dio e mossa dallo Spirito, parla all'assemblea per edificarla, esortarla ed animarla (v.3).
E' un carisma che serve per edificare la Chiesa e, pertanto, è un dono per Il bene comune (v.4b).
La profezia serve, inoltre, per rivelare il mistero del disegno salvifico di Dio (cfr. Ef 3,5), manifestare la sua volontà nelle circostanze presenti e svelare i sentimenti più profondi del cuore per svegliare l'adorazione a Dio e riconoscere la sua presenza divina nella comunità (cfr. vv.24-25).
Qualche volta, il profeta riceve anche una luce particolare e predice il futuro (cfr. At 11,28; 21,11).
In altri casi la profezia viene comunicata ai presenti in una lingua sconosciuta (profezia in lingue). In questo caso l'assemblea attende in silenzio che lo Spirito Santo dia a qualcuno il dono dell'interpretazione. Dopo poco infatti qualcuno ottiene la grazia di decifrare il messaggio nella lingua che tutti conoscono.
Accade anche spesso che a qualcuno viene rivelato lo stato d'animo di qualche persona presente nel gruppo, o qualche situazione anormale. Egli comunica a voce alta all'assemblea quanto lo Spirito gli rivela senza che sappia a chi sono dirette le sue parole. I destinatari si riconoscono inequivocabilmente come i soggetti del discorso.
Per il dono di profezia Paolo ci ricorda che: "Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia" (1Cor 14,30).
Perché, spiega Paolo, "tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ad essere esortati. Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace" (1Cor 14,31-33).
In altre parole, l'autentico profeta, sotto l'impulso dello Spirito, non perde né il controllo di se né la sua libertà e può regolare l'esercizio del suo carisma.
Queste avvertenze dell'Apostolo sono decisive per giudicare l'autenticità dei carismi e per dare una regola al loro uso nelle riunioni di preghiera. Se qualcuno viola l'ordine dell'assemblea o non ubbidisce a chi la presiede sotto il pretesto di essere ispirato, il suo carisma non è autentico, non si tratta di un dono di Dio.
Nei versetti 37-38 parla dell'autorità apostolica: "Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comandato del Signore; se qualcuno non lo riconosce neppure lui è riconosciuto".
L'Apostolo è il rappresentante del Signore e opera nel suo nome. Il "carismatico", se è mosso veramente dallo Spirito, sa obbedire. L'obbedienza è il segnale di un carisma autentico.
Se colui che si crede ispirato non obbedisce, i suoi carismi sono una pura illusione; per di più, "non è riconosciuto da Dio".
Paolo conclude alludendo nuovamente ai carismi della profezia e delle lingue e sintetizza il suo insegnamento nel modo seguente: "Dunque, fratelli miei, aspirate alla profezia e, quando al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. Ma tutto avvenga decorosamente e con ordine" (1Cor 14,39-40).

Il dono dell'interpretazione delle lingue

Questo si manifesta in concomitanza con i messaggi in lingue di varia natura (profezie, parole di conoscenza, esortazioni, ecc.), che lo Spirito comunica all'assemblea.
Gesù, insieme al messaggio diretto alla comunità o al singolo, fornisce anche l'interpretazione della lingua o del canto utilizzato.
L'interpretazione non è la traduzione letterale del messaggio in quanto serve solo a dare il senso, per evitare di soffermarsi sugli aspetti linguistici e lessicali della lingua utilizzata
Il dono dell'interpretazione può essere dato alla stessa persona che ha riferito il messaggio in lingue, come ad un'altra o più di una. In quest'ultimo caso è sorprendente vedere come uno si ferma all'improvviso, senza neanche aver terminato il periodo e l'altro attacca dove era rimasto il primo.
Succede anche che, negli incontri di preghiera dove ci sono cattolici e protestanti insieme, questi ultimi ricevano l'interpretazione di messaggi contrari alla loro teologia, come per esempio, inni di lode alla verginità di Maria o al suo immacolato concepimento.
A proposito del dono di interpretazione Paolo ci suggerisce: "Chi parla in lingue preghi per avere il dono di saperle interpretare" (1Cor 14,13).

Il dono delle guarigioni

Per quanto riguarda questo carisma fare riferimento anche a quanto descritto nelle sezioni "Liberazione" e "Guarigione".
In più è necessario dire che, sebbene Dio abbia dato la facoltà ad ogni cristiano pieno di fede di guarire i malati, esistono tuttavia delle persone che sono state scelte in maniera particolare per diventare "specialisti" in questa pratica. Costoro vengono infatti utilizzati da Dio come un canale di trasmissione della potenza guaritrice dello Spirito Santo. Ecco che, chi ha ricevuto questo dono, sente l'invito e la necessità di pregare per una specifica persona mediante:

- divina ispirazione che indirizza verso il soggetto (anche in mezzo ad un'assemblea molto numerosa);

- forte ed irresistibile senso di calore alle mani (che termina solo dopo la preghiera fatta sul malato);

- improvviso dolore in una specifica parte del corpo quando si è in prossimità del malato (Dio permette così di individuare la zona malata);

- visualizzazione mentale della malattia o handicap per il quale pregare.

L'imposizione delle mani sul malato aumenta le probabilità di guarigione dello stesso, come ci attesta Gesù nel Vangelo (Mc 16,17-18).
La guarigione è spesso accompagnata dalla proclamazione dell'evento da parte di qualche persona che in quel momento è investita dallo Spirito Santo. Durante le grandi preghiere carismatiche si sente sovente pronunciare frasi di questo tipo: "il Signore sta guarendo una persona che da anni era inferma sulla sedia a rotelle, essa avvertirà un formicolio ed un calore alle gambe dopodiché potrà alzarsi e camminare..."
Intenso calore e formicolio sono infatti i sintomi più comuni che annunciano l'azione sanante e vivificante di Gesù nell'assemblea.
Al''interno del dono di guarigione possiamo comprendere anche quello di liberazione dagli influssi diabolici, che costituisce di fatto una sorta di guarigione spirituale.
Ecco che questi fratelli con la semplice imposizione delle mani sull'oppresso scatenano forti reazioni da parte degli spiriti maligni che si sentono toccati e allontanati dal potente tocco dello Spirito Santo. Non sono infrequenti fenomeni quali: cambi di voce, urla, aggressività, bestemmie, vomito, perdita di sensi, ecc.
Chi possiede un autentico dono di liberazione può avere (anche in relazione alla santità personale) più autorità e potere sui demoni dell'esorcista stesso.
Le preghiere utilizzate, sia nel caso della guarigione che della liberazione, possono essere tradizionali, spontanee oppure in lingue.