chiesa e rinnovamento
capitolo undicesimo
LA PASSIVITÀ PASTORALE
Ciascun caso di corruzione della verità e della vita cristiana considerato in questo libro, è avvenuto sotto la supervisione pastorale di qualcuno in autorità nella Chiesa. Ogni teologo cattolico che ha attaccato l'autorità della Parola di Dio nella Scrittura, nella tradizione e nel magistero, è sotto l'autorità di un vescovo, di un superiore religioso o di un rettore di seminario. Le case editrici cattoliche che nei loro libri, riviste e giornali pubblicano l'inondazione di falso insegnamento e le contraddizioni all'insegnamento della Chiesa, si trovano sotto l'autorità di vescovi locali o di superiori religiosi. La Chiesa Cattolica è costituita in tal maniera che il papa si assume la responsabilità della solidità della vita e dell'insegnamento per i vescovi, i vescovi per i preti e questi per il popolo, ed i genitori per i figli. I superiori si occupano degli ordini religiosi e sorvegliano la solidità di vita e di insegnamento di ognuno nell'ordine. Gli stessi ordini sono sotto l'autorità degli incaricati ufficiali di Roma, dei vescovi delle diocesi dove questi sono in carica, oppure di entrambi.
Pertanto, in questo periodo postconciliare una quantità immensa di falsi insegnamenti è stata propagata da persone che si trovano sotto l'autorità pastorale. Ancor più, in massima parte questi non sono stati corretti. Persino oggi, come abbiamo visto, professori di teologia e sacerdoti che insegnano e scrivono apertamente contro l'insegnamento della Chiesa sulla moralità sessuale e in altri campi, continuano ad insegnare nei seminari cattolici e nelle scuole di teologia. Continuano a formare i preti e gli educatori religiosi di domani.
Come considerare quest'enorme problema della passività pastorale? Per poterlo fare, dobbiamo dare un'occhiata allo scopo del Concilio Vaticano II e alla confusione che ne è seguita.
Il Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano II è stato il tentativo, da parte della Chiesa, di rimettere in ordine la propria casa e di adottare, nei confronti del mondo moderno, un atteggiamento per superare una alienazione affatto necessaria. Papa Paolo VI riassunse in questi termini gli obiettivi del Concilio: "Rendere la Chiesa del ventesimo secolo ancor più adeguata a proclamare il Vangelo alla gente del ventesimo secolo.[1]
Allo scopo di rinnovarsi internamente, il Concilio ha adottato un concetto di Chiesa espresso in termini più biblici, si è preoccupato del rinnovamento liturgico, ha incoraggiato i laici a considerarsi membri attivi e a pieno titolo della Chiesa, ha invitato al rinnovamento della vita sacerdotale e religiosa e completato l'opera interrotta del Vaticano I°, affermando l'importante ruolo dei vescovi e la loro corresponsabilità assieme al Papa di prendersi cura della Chiesa.
Per cambiare la relazione della Chiesa con il mondo nel suo insieme, il Concilio si è mosso in diverse direzioni. Il Decreto sull'Ecumenismo ha stabilito relazioni migliori coi cristiani non cattolici, cercando di creare un clima positivo in cui potesse progredire l'unità cristiana. La Dichiarazione sulla libertà Religiosa ha affermato il rispetto da parte della Chiesa per la libertà della gente di scegliere la propria religione senza indebite interferenze da parte delle autorità civili. Ha anche cercato di stabilire relazioni più produttive con le religioni non cristiane, esprimendo il desiderio di dialogare con loro, al fine di trovare aree di collaborazione reciproca per il benessere dell'umanità e per stabilire un'atmosfera nella quale fosse possibile presentare con maggior efficacia le affermazioni di Cristo. Nella Costituzione Pastorale della Chiesa nel Mondo Moderno, il Concilio ha cercato di superare, una volta per tutte, la reputazione di Chiesa nemica dell'umanità e avversaria persino degli elementi buoni della cultura e della civiltà moderna - come il progresso scientifico e politico e lo sviluppo umano, sociale ed economico. Lo ha fatto abbandonando condanne non solo allusive della cultura moderna ed affermandone quegli elementi compatibili col cristianesimo. Il Concilio ha fatto anche ogni sforzo per presentare la Chiesa come vera amica dell'umanità. L'ha rappresentata come la sola istituzione in grado di prendersi cura di tutte le necessità dell'uomo e di aiutarlo a sviluppare tutte le sue potenzialità. Allo stesso tempo in molti riferimenti, ed in particolare nel Decreto sulle Missioni, il Concilio è stato chiarissimo nell'affermare che in tutto questo "Dialogo" ed "apertura" lo scopo principale della Chiesa era quello di riconquistare l'attenzione per il vangelo, che aveva ricevuto l'incarico di proclamare a tutti gli uomini, e di impegnarsi con maggior efficacia affinché tutti gli uomini fossero incorporati in Cristo e nella Sua Chiesa.
Purtroppo, la prova che la Chiesa abbia adeguatamente realizzato quel rinnovamento interno auspicato dal Concilio è piuttosto modesta. Né è stato raggiunto il successo nell'evangelizzazione che il Concilio si auspicava fluisse dal nuovo atteggiamento "positivo" verso il mondo moderno. Ci dobbiamo chiedere: "Cos'è andato storto?"
Nello spazio disponibile, possiamo solo limitarci ad un rapido esame di alcuni dei fattori che hanno portato alla confusione seguita in conseguenza al Concilio Vaticano II°. Chi fosse interessato ad uno studio più completo dell'argomento dovrebbe consultare gli studi completi disponibili. [2]
Avendo i teologi apportato un contributo tanto sostanziale al Concilio, in seguito la loro posizione è enormemente migliorata. La gente li considerava gli interpreti "definitivi" del Concilio. Spesso i vescovi non si sentivano qualificati ad interpretare il Concilio. Per di più, di solito avevano la tendenza ad aspettare che altri vescovi dicessero qualcosa prima di loro. Ne è risultato che ben presto i teologi sono diventati i principali interpreti del Concilio.
Sin dagli inizi del periodo postconciliare e, a dire il vero, anche durante lo stesso Concilio, un gruppo piccolo ma influente di teologi - assieme ad alcuni sacerdoti, leader laici, giornalisti e persino alcuni vescovi - hanno lavorato per spingere il Concilio "ad andare oltre" quanto aveva fatto. Si dettero da fare durante il Concilio, e dopo furono tra i suoi interpreti più eminenti, interpretandolo spesso come se fosse andato "oltre" quanto in realtà aveva fatto. Abbiamo già visto come essi abbiano influenzato scelte cruciali nella traduzione del documento Conciliare, ed abbiamo dato una certa ottica alle note esplicative a piè di pagina nelle edizioni più largamente usate di questi documenti. Abbiamo anche visto come alcuni abbiamo forzato l'interpretazione dei documenti conciliari preferiti come la "Gaudium et Spes", per produrre aperture alla "nuova moralità" e per restringere la missione della Chiesa all'abbraccio di cause popolari, sociali e politiche transitorie.
Ovviamente, un'interpretazione del Concilio era necessaria. Dopo il Concilio infatti, la maggior parte dei cattolici non ne aveva compreso il significato per la propria vita. Teologi e giornalisti che volevano spiegare il senso del Concilio, ne distorcevano spesso il significato nella direzione "progressista". La stampa cattolica e secolare ha avuto un ruolo cruciale nel coniare definizioni del tipo: le forze "progressiste" hanno prevalso su quelle "reazionarie"; i "liberali" hanno influenzato alcuni documenti, i "conservatori" hanno vinto altri round. (Ovviamente i "liberali" erano i buoni e i "conservatori" i cattivi).
Molti cattolici, vescovi inclusi, si sono formati l'idea del Concilio dalle interpretazioni dei media. In quelle interpretazioni il Concilio era spesso rappresentato un passo più avanti sulla strada progressista, strada che la Chiesa avrebbe inevitabilmente intrapreso e che avrebbe portato ad un'apertura persino maggiore verso il mondo e verso l'apprezzamento dei suoi valori. Chi voleva interpretare il Concilio come cosa autoritaria e vincolante poteva avvertire che, se l'avesse fatto, nel termine di pochi anni sarebbe stato lasciato indietro. Per ovviare a quell'inconveniente, erano incoraggiati ad andare "oltre". Spesso erano incoraggiati a trascurare il testo vero e proprio in favore di quello che veniva chiamato lo "spirito del Vaticano II."
Ovviamente, non vi è niente di essenzialmente sbagliato nel voler andare oltre il Concilio, se ciò significa discutere i problemi che il Concilio non ha trattato, l'elaborazione di argomenti che non ha ancora pienamente elaborato o, ancora, una più completa comprensione ed appropriazione dell'insegnamento conciliare. Spesso tuttavia, quelli che volevano avanzare "oltre" il Concilio, intendevano uno sforzo per spostarsi oltre i confini della verità e della moralità cristiana. In realtà volevano cambiare l'insegnamento cristiano, e non limitarsi a svilupparlo o adattarlo.[3]
Le finestre aperte da Papa Giovanni XXIII e dal Concilio permisero ad altri spiriti, oltre allo Spirito Santo, di muoversi più liberamente nella Chiesa. Molti cattolici furono coinvolti in un inebriante senso di libertà e di nuove frontiere. Molti teologi, così come molti sacerdoti e laici "progressisti", cominciarono la loro opera e la loro teologia nello Spirito, ma poi finirono vittime del proprio orgoglio, della ribellione e del senso di importanza. Alcuni si servirono della nuova libertà per giustificare le opere della carne. Altri lentamente, e quasi impercettibilmente, si ritrovarono sotto il dominio dello "spirito del tempo". Teorie teologiche fallaci furono largamente - e irresponsabilmente - promulgate come verità affidabili a migliaia di preti, religiosi e laici. Ciò indebolì la fedeltà dei cattolici all'insegnamento della Scrittura e della Chiesa. Offrirono invece la loro fedeltà alla spesso errata speculazione teologica.
Dietro a questo fatto molti cattolici, e preti e religiosi in particolare, si abbandonarono ad un certo piacere ingenuo e adolescenziale di "riscoprire il mondo nella sua bontà". Poiché molti, nella loro speculazione teologica, avevano abbandonato la verità di base, non possedevano più i criteri adeguati a giudicare ciò che era giusto e ciò che non lo era. Di conseguenza, la loro libertà ed apertura è stata spesso indiscriminata, e molte volte apertamente peccaminosa. In nome della nuova "apertura" al mondo spesso si è manifestata l'infedeltà ai voti del celibato e del matrimonio.
Una delle tendenze più notevoli della Chiesa, perfino tra i suoi leader, fu una corsa precipitosa ad abbracciare certe cause secolari e ad incorporare nella Chiesa le ultimissime scoperte della ricerca secolare. Molti identificarono il "più nuovo" con il "meglio", che si trattasse di mettersi in pari con teorie avanzate, con l'esegesi biblica o con l'azione sociale, o di adattare la teologia morale alle intuizioni marxiste o freudiane. Il desiderio di rispetto da parte del mondo secolare e di accettazione dai suoi esperti ha spesso portato all'affermazione indiscriminata delle loro scoperte e all'adozione delle loro metodologie, molte volte fondate su presupposti velatamente anticristiani.
Molti cattolici hanno cercato di sviluppare una "spiritualità contemporanea ricca di significato". Ciò significava spesso mettere sullo stesso piano il fare la volontà di Dio col fare quanto ci è gradito. Molta gente smise di pregare, di praticare il rinnegamento di sé, l'autodisciplina, indebolendo così ulteriormente la propria capacità di discernere lo Spirito di Dio da quello umano, dallo spirito del mondo o dallo spirito cattivo. La mancanza di chiari criteri di verità oggettiva, unita all'abbandono di una vita spirituale autentica, ha portato molti a diventare spiritualmente ciechi. Non riuscivano più a distinguere il vero dal falso, le cose di Dio da quelle del mondo, della carne e del diavolo.
Gli effetti di questa condizione di indebolimento spirituale diventarono considerevoli quando i cattolici cominciarono a preoccuparsi di rispondere a livello strutturale al Concilio. I loro sforzi per installare strutture che avrebbero "facilitato la corresponsabilità" seguivano di solito modelli di organizzazione secolare e politica, spesso inadeguati per un organismo spirituale qual è il corpo di Cristo, con le sue caratteristiche modalità di vita. Cosa che, a sua volta, produsse scarsi frutti spirituali, evangelici o persino organizzativi.
L'assalto all'autorità
L'attuazione del Concilio racchiudeva anche l'impegno concertato a reinterpretare l'autorità in modo tale che nessuno nella Chiesa avrebbe più dovuto fare qualcosa che non voleva fare. Il Concilio, si disse, presentava l'autorità come "servizio d'amore". Si disse quindi che quanti stavano in autorità avevano il dovere di "confermare", rassicurare quelli di cui erano responsabili e, sottinteso, mai correggerli, mai sottoporli a disciplina o ordinare loro di fare qualunque cosa. Questa reinterpretazione dell'autorità era ovviamente contraria all'insegnamento del Concilio. Nel contempo, gli interpreti del Concilio hanno cercato di intimidire quanti stavano in posizione di autorità affinché, in pratica, non si servissero di quell'autorità. Si sollecitarono vescovi ed altri pastori a adottare un silenzio passivo e permissivo, mentre i teologi e gli esperti procedevano nella loro opera di mettere in atto il Concilio.
Un teologo cattolico illustrò così l'autorità: "Per un essere umano l'autorità può essere definita come 'la capacità di percepire e segnalare il bene'." Qui l'autorità è suasiva (da suavis, che equivale a 'dolce', 'soave') e per il bene (kalos). L'autorità esercita la propria attrattiva e delicatamente costringe il cuore umano al suo abbraccio." [4] Siffatte definizioni non fanno che ridurre l'autorità ad un garbato consiglio, che possiamo accettare o rifiutare a piacimento. Alla fin fine, la gente che si trova sotto questo tipo di autorità è libera di fare ciò che vuole. L'unità allora non è più possibile, che si tratti della vita in famiglia o della più ampia vita nella Chiesa.
È innegabile che l'autorità dovrebbe essere esercitata nell'amore. Le decisioni dovrebbero basarsi su una buona formazione, e di norma dovrebbe esistere una fase in cui la persona in autorità discute i problemi con chi è sotto l'autorità. Ma questa è solo una parte della definizione autentica e del giusto esercizio dell'autorità. Chi sta in autorità deve anche esser in grado di correggere, ammonire, disciplinare e, infine, per motivi gravi e quale ultima risorsa, arrivare ad escludere qualcuno da una posizione di responsabilità o anche dalla stessa comunità, con appropriate procedure di affidabilità e di appello.
Un'altra pressione su pastori e genitori è l'enfasi postconciliare sull'autorità come "servizio". Ciò include di solito una grave distorsione del significato di "servire". Oggi questo è comunemente interpretato nel senso che quanti sono in autorità dovrebbero permettere a chi sta sotto la loro responsabilità di fare ciò che vogliono. Ma il servizio cristiano autentico si basa sulla fedeltà alla verità. "Dare alla gente ciò che vuole", infatti, è servirli in modo pessimo quando ciò significa permettere che sia oscurata la Parola di Dio.
L'ingenua opinione della natura umana implicita in queste definizioni di autorità è tipica di gran parte dell'insegnamento distorto che oggi avviene nella Chiesa. Non prende in piena considerazione la profondità della Caduta nel peccato. Quei concetti di Trinità e di Chiesa che inadeguatamente le considerano una società o comunità democratica, mancano di capire adeguatamente la natura di Dio e della Chiesa. Idee simili oggi contribuiscono enormemente alla follia che talvolta abbonda sotto la maschera di cristianesimo e di rinnovamento.
Una simile reinterpretazione dell'autorità è stata accompagnata da sforzi riusciti di premiare e fare pubblicità a quei vescovi, preti e genitori, che operano in armonia con un tale lacunoso concetto di autorità, e di punire invece chi non si è adeguato. I nuovi vescovi "pastorali" sono lodati in modo tale da trasmettere l'impressione che le loro principali virtù risiedano nella capacità di rilasciare buone conferenze stampa, di essere popolari nella società secolare, di presentare una buona immagine e di permettere ai loro subordinati di fare ciò che vogliono. "Pastorale", è diventata spesso la parola in codice per "permissivo" e "accomodante". Molte volte i vescovi "pastorali" sono posti in contrasto con quelli "fuori moda" e orientati "secondo la dottrina", come se tra verità oggettiva e vita reale ci fosse un conflitto inconciliabile.
Questa sfacciata promozione dei vescovi "pastorali" da parte dei media è accompagnata da un'intimidazione subdola e privata. Talvolta si dice loro, in tono affettuoso e confidenziale: "In realtà in questo campo tu non hai una grande conoscenza; perché allora non lo lasci agli esperti?" Ai genitori gli educatori religiosi dicono spesso la stessa cosa. Spesso, le persone con la mansione non ufficiale di "consulenti per i media" presso i vescovi, ne manipolano in maniera subdola il comportamento dicendo loro cosa "sembrerà buono" e cosa "non sembrerà buono" agli occhi della stampa. (Ovviamente, l'esercizio deciso dell'autorità spirituale raramente appare "buono" alla stampa.) Altre volte ai vescovi si dice: "Tutto il personale concorda con questa stesura del vostro discorso. Sono certo che non avrete difficoltà ad accettarla." Talvolta va a finire che i vescovi sono gestiti dal proprio personale esattamente come i candidati politici da parte del personale delle campagne elettorali.
Ovviamente, i tentativi da parte di chi è soggetto l'autorità di manipolare quelli che hanno autorità sono vecchi quanto la razza umana. Ma raramente simili tentativi hanno avuto il successo che hanno oggi ad ogni livello nella Chiesa cattolica.
Talvolta, dichiarazioni ufficiali compilate in nome di intere conferenze episcopali portano il marchio di un raggiro simile da parte del personale. In occasione delle prime elezioni dirette dei membri del Parlamento Europeo, le Conferenze Episcopali europee compilarono un messaggio collettivo che si protrasse a lunghezze insolite, proprio al fine di evitare una dichiarazione diretta del vangelo. In una citazione di Giovanni Paolo II furono persino omesse le parole espressamente cristiane. Ecco qui una citazione della Dichiarazione del Presidente delle Conferenze Episcopali Europee sul futuro dell'Europa:
L'Europa deve costituire per tutti un'occasione di sviluppo economico, culturale e spirituale. Le parole rivolte il 22 Ottobre scorso a tutto il mondo da Giovanni Paolo II ci risuonano ancora nelle orecchie, e a nostro avviso dovrebbero essere applicate alla stessa Europa: "Aprite le frontiere degli Stati, dei sistemi politici ed economici, dei campi immensi della cultura, della civiltà e dello sviluppo. Non abbiate paura!" [5]
Le vere parole del papa sono:
Fratelli e sorelle, non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la Sua potenza. Aiutate il Papa e tutti quelli che desiderano servire Cristo, e con la potenza di Cristo servire la persona umana e l'umanità intera. Non abbiate paura. Spalancate le porte a Cristo. A questa potenza salvifica aprite i confini degli Stati, dei sistemi politici ed economici, i vasti campi della cultura, della civiltà e dello sviluppo. Non abbiate paura. [6]
Un'altra tattica che in effetti intimorisce vescovi e genitori è quella di minacciarli con l'autorità degli "esperti". Viene loro assicurato che "tutta l'associazione dei professionisti (teologi, legali del canone, commissioni ecumeniche, direttori delle vocazioni o istruttori religiosi, ecc.) accetta questa enfasi." Oppure, il vescovo sente dire che "Il Vescovo Tal dei Tali è già d'accordo su questa enfasi e la sua gente è contentissima dei risultati." O ancora: "I migliori teologi non vedono più le cose così in bianco e nero." Oppure ancora: "Sono a conoscenza di un buon programma estivo dove potete aggiornare il vostro modo di pensare." E bersagli di simili tattiche intimidatorie sono non solo i vescovi, ma anche i superiori religiosi, i rettori di seminari, i consiglieri parrocchiali e i genitori.
Alcuni di quanti vorrebbero spingere la Chiesa in una certa direzione, contano pesantemente sulla speranza che, negli anni a venire, i nuovi vescovi "pastorali" si spostino in posizioni di maggiore responsabilità. Come ha detto di recente un prete cattolico assai influente: "Nei prossimi anni, quando alcuni di questi uomini saliranno a posizioni di rilevo, mi aspetto con ansia cambiamenti incredibili." [7]
Criteri inadeguati di valutazione pastorale
Oggi le guide pastorali spesso mancano di esercitare in modo efficace la loro responsabilità perché hanno modelli inadeguati di leadership, ed impiegano criteri altrettanto inadeguati per valutare il proprio operato e quello degli altri.
La passività pastorale è spesso giustificata come posizione confacente alle guide di una Chiesa "pluralistica". Il pluralismo nella Chiesa, infatti, può essere una cosa ottima: la vita della Chiesa viene arricchita da un certo tipo di diversità nell'espressione culturale, nell'accostamento pastorale e persino nell'espressione teologica e filosofica della fede. Il pluralismo tuttavia, è legittimo solo se comprende espressioni diverse dell'unica fede secondo l'interpretazione definitiva da parte dell'autorità del magistero della Chiesa nel corso dei secoli. Oggi gli appelli al "pluralismo" sono spesso scuse belle e buone per abbandonare l'unica fede. Molti di quanti lavorano per la Chiesa "pluralistica" del futuro, in contrasto con la Chiesa "monolitica" del passato, in realtà lavorano alla distruzione della Chiesa e di ogni misura concreta di unità della fede. Paolo VI definì questo tipo di pluralismo indiscriminato - mancante di qualsiasi chiaro principio - come "corrosivo ed ambiguo". E infatti, è proprio ciò che è oggi all'opera nella Chiesa.
Un pluralismo acritico è spesso associato ad una concezione del leader pastorale come persona che fa da "unificatore". È ovvio che chi ha la responsabilità di famiglie, parrocchie ed altri segmenti del popolo di Dio, deve lavorare per unificare il suo popolo. Ma l'unità non dovrebbe esser raggiunta a qualsiasi prezzo. L'unità appropriata per il popolo di Dio è quella che si basa sulla comune adesione alla verità cristiana e alla persona di Cristo. Dire di "sì" all'insegnamento della Chiesa nei campi della fede e della morale significa dire di "no" a quelli che minano e minacciano questi campi. L'unità si basa sulla verità. Eppure molti leader pastorali oggi presiedono una "unità" che contiene elementi contraddittori, una "unità" che include sia l'accettazione sia il rifiuto di Cristo, della Sua Parola e dell'insegnamento della Chiesa. Tollerare la corruzione della verità cristiana in nome dell'unità o del pluralismo è prendersi gioco della funzione e del ruolo effettivo dell'autorità pastorale. In realtà, è presiedere a quella corrosione della fede cristiana di cui ci ha avvertiti Paolo VI.
Talvolta, un simile pluralismo corrosivo è tollerato a causa di una interpretazione vaga e confusa della parabola del grano e della zizzania e di altri passi della Scrittura, che parlano dei problemi all'interno della Chiesa. A questo proposito spesso si dice che: "La Chiesa cattolica è una Chiesa di peccatori, una chiesa vasta che include tutti; non è una setta." Oltre ad incorporare un uso spesso impreciso e molte volte incoerente delle categorie sociologiche di "chiesa" e di "setta", tali formulazioni, più gravemente, si basano su una cattiva interpretazione di quei passi della Scrittura. Lo scopo di quei brani è spesso quello di descrivere situazioni presenti o future che non si possono mai rimediare col solo sforzo umano, ma che alla fine si potranno risolvere completamente solo attraverso un'azione dello stesso Dio. L'essenza di tali brani tuttavia, non è quella di raccomandare il sostegno di una immagine tiepida, passiva e indifferente della vita della Chiesa, dove si sorvola con indulgenza sulla corruzione della verità cristiana e del popolo di Dio.
Nella storia precedente della Chiesa, tali false applicazioni della parabola sono state usuali per giustificare un accostamento distorto alla vita della Chiesa, e Sant'Agostino affrontò direttamente e con chiarezza la situazione:
In risposta a quelle persone vorrei dire, innanzitutto, che nel leggere le testimonianze delle Sacre Scritture dove è indicato che al momento presente nella Chiesa esiste, o predicono che esisterà in futuro, una mescolanza di persone buone e cattive, chiunque capisca e interpreti quelle stesse testimonianze in maniera tale da supporre che la diligenza, la disciplina e la severità dovrebbero essere nel complesso allentate e quindi trascurate, questi non ha ricevuto l'insegnamento dalle stesse Scritture, ma è ingannato dalle proprie congetture. Il fatto che Mosè, il servo di Dio, abbia sopportato con la massima pazienza quel miscuglio di bene e di male tra il popolo eletto non gli impedì di punirne molti, persino con la spada ... Ai giorni nostri, quando la spada non è più visibile nella disciplina della Chiesa, ciò che si deve fare è indicato dalle degradazioni e dalle scomuniche. [8]
Altri motivi di inadeguatezza pastorale sono in gran parte psicologici. Molti pastori e genitori sono talmente inquieti a causa della vastità dei problemi che affliggono la Chiesa o la famiglia, che tendono a cogliere qualsiasi apparente segno positivo come indicazione che in realtà tutto sta andando benissimo. Ciò porta spesso ad ingannarsi. Consideriamo ora alcuni dei segni "positivi" che provocano la passività pastorale e i "pii desideri."
Alcuni in posizione di autorità pastorale talvolta presumono che l'evidenza dei "buoni propositi" di qualcuno possa in qualche modo scusare l'oggettivo errore che questi sta facendo. Non è insolito sentir definire uno che in realtà sta danneggiando la Chiesa, come persona "sincera" o "ben intenzionata", uno "che ama la Chiesa", un "uomo di fede" o "un uomo di preghiera". La "sincerità" può giustificare i risultati oggettivi del ministero di quella persona, o far sì che su di essi si sorvoli.
Disgraziatamente, è fin troppo possibile fare il male "con sincerità". É più che possibile manifestare un amore a livello affettivo per la Chiesa, e tuttavia parlare, insegnare ed agire in modo tale da indebolirla. É possibile avere l'apparenza persone di preghiera - persino pie e devote - e tuttavia fare il male; è anche possibile sembrare umili ed essere invece orgogliosi e ribelli. Oggi non basta chiamare qualcuno "una persona di fede": è necessario accertarsi se sono persone di fede cristiana.
Ed è sempre più evidente che persino la sincerità sbagliata sia poco disponibile. La caratteristica di parte di quanto sta oggi avvenendo nella Chiesa è la totale mancanza di buona volontà e persino l'inganno evidente.
In quei campi della vita della Chiesa dove ci si aspetta obiettività e lealtà, spesso si scopre un'ovvia manipolazione politica. Un caso pertinente è la manipolazione, da parte della Catholic Theological Society of America, di un comitato da essa stabilito per esaminare il problema della condizione delle donne nella Chiesa e nella società. Quali membri del comitato la Società scelse solo persone che appoggiavano apertamente l'ordinazione delle donne. Per di più, quando il comitato fece intervenire dei consulenti, scelse degli studiosi che già avevano dichiarato pubblicamente di appoggiare quell'idea. La Catholic Theological Society manipolò allo stesso modo la formazione del comitato da essa formato per svolgere lo studio sulla sessualità umana, già analizzato abbastanza a lungo in precedenza. Per fortuna, simili tattiche cominciano ad attirare l'attenzione. [9]