capitolo undicesimo LA PASSIVITÀ PASTORALE

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MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:43

chiesa e rinnovamento

capitolo undicesimo

 

 

LA  PASSIVITÀ  PASTORALE

 

 

 

Ciascun caso di corruzione della verità e della vita cristiana considerato in questo libro, è avvenuto sotto la supervisione pastorale di qualcuno in autorità nella Chiesa. Ogni teologo cattolico che ha attaccato l'autorità della Parola di Dio nella Scrittura, nella tradizione e nel magistero, è sotto l'autorità di un vescovo, di un superiore religioso o di un rettore di seminario. Le case editrici cattoliche che nei loro libri, riviste e giornali pubblicano l'inondazione di falso insegnamento e le contraddizioni all'insegnamento della Chiesa, si trovano sotto l'autorità di vescovi locali o di superiori religiosi. La Chiesa Cattolica è costituita in tal maniera che il papa si assume la responsabilità della solidità della vita e dell'insegnamento per i vescovi, i vescovi per i preti e questi per il popolo, ed i genitori per i figli. I superiori si occupano degli ordini religiosi e sorvegliano la solidità di vita e di insegnamento di ognuno nell'ordine. Gli stessi ordini sono sotto l'autorità degli incaricati ufficiali di Roma, dei vescovi delle diocesi dove questi sono in carica, oppure di entrambi.

 

   Pertanto, in questo periodo postconciliare una quantità immensa di falsi insegnamenti è stata propagata da persone che si trovano sotto l'autorità pastorale. Ancor più, in massima parte questi non sono stati corretti. Persino oggi, come abbiamo visto, professori di teologia e sacerdoti che insegnano e scrivono apertamente contro l'insegnamento della Chiesa sulla moralità sessuale e in altri campi, continuano ad insegnare nei seminari cattolici e nelle scuole di teologia. Continuano a formare i preti e gli educatori religiosi di domani.

 

   Come considerare quest'enorme problema della passività pastorale? Per poterlo fare, dobbiamo dare un'occhiata allo scopo del Concilio Vaticano II e alla confusione che ne è seguita.  

 

 

Il Concilio Vaticano II

 

 

   Il Concilio Vaticano II è stato il tentativo, da parte della Chiesa, di rimettere in ordine la propria casa e di adottare, nei confronti del mondo moderno, un atteggiamento per superare una alienazione affatto necessaria. Papa Paolo VI riassunse in questi termini gli obiettivi del Concilio: "Rendere la Chiesa del ventesimo secolo ancor più adeguata a proclamare il Vangelo alla gente del ventesimo secolo.[1]

   Allo scopo di rinnovarsi internamente, il Concilio ha adottato un concetto di Chiesa espresso in termini più biblici, si è preoccupato del rinnovamento liturgico, ha incoraggiato i laici a considerarsi membri attivi e a pieno titolo della Chiesa, ha invitato al rinnovamento della vita sacerdotale e religiosa e completato l'opera interrotta del Vaticano I°, affermando l'importante ruolo dei vescovi e la loro corresponsabilità assieme al Papa di prendersi cura della Chiesa.

 

   Per cambiare la relazione della Chiesa con il mondo nel suo insieme, il Concilio si è mosso in diverse direzioni. Il Decreto sull'Ecumenismo ha stabilito relazioni migliori coi cristiani non cattolici, cercando di creare un clima positivo in cui potesse progredire l'unità cristiana. La Dichiarazione sulla libertà Religiosa ha affermato il rispetto da parte della Chiesa per la libertà della gente di scegliere la propria religione senza indebite interferenze da parte delle autorità civili. Ha anche cercato di stabilire relazioni più produttive con le religioni non cristiane, esprimendo il desiderio di dialogare con loro, al fine di trovare aree di collaborazione reciproca per il benessere dell'umanità e per stabilire un'atmosfera nella quale fosse possibile presentare con maggior efficacia le affermazioni di Cristo. Nella Costituzione Pastorale della Chiesa nel Mondo Moderno, il Concilio ha cercato di superare, una volta per tutte, la reputazione di Chiesa nemica dell'umanità e avversaria persino degli elementi buoni della cultura e della civiltà moderna - come il progresso scientifico e politico e lo sviluppo umano, sociale ed economico. Lo ha fatto abbandonando condanne non solo allusive della cultura moderna ed affermandone quegli elementi compatibili col cristianesimo. Il Concilio ha fatto anche ogni sforzo per presentare la Chiesa come vera amica dell'umanità. L'ha rappresentata come la sola istituzione in grado di prendersi cura di tutte le necessità dell'uomo e di aiutarlo a sviluppare tutte le sue potenzialità. Allo stesso tempo in molti riferimenti, ed in particolare nel Decreto sulle Missioni, il Concilio è stato chiarissimo nell'affermare che in tutto questo "Dialogo" ed "apertura" lo scopo principale della Chiesa era quello di riconquistare l'attenzione per il vangelo, che aveva ricevuto l'incarico di proclamare a tutti gli uomini, e di impegnarsi con maggior efficacia affinché tutti gli uomini fossero incorporati in Cristo e nella Sua Chiesa.

 

   Purtroppo, la prova che la Chiesa abbia adeguatamente realizzato quel rinnovamento interno auspicato dal Concilio è piuttosto modesta. Né è stato raggiunto il successo nell'evangelizzazione che il Concilio si auspicava fluisse dal nuovo atteggiamento "positivo" verso il mondo moderno. Ci dobbiamo chiedere: "Cos'è andato storto?"

 

   Nello spazio disponibile, possiamo solo limitarci ad un rapido esame di alcuni dei fattori che hanno portato alla confusione seguita in conseguenza al Concilio Vaticano II°. Chi fosse interessato ad uno studio più completo dell'argomento dovrebbe consultare gli studi completi disponibili. [2]

 

   Avendo i teologi apportato un contributo tanto sostanziale al Concilio, in seguito la loro posizione è enormemente migliorata. La gente li considerava gli interpreti "definitivi" del Concilio. Spesso i vescovi non si sentivano qualificati ad interpretare il Concilio. Per di più, di solito avevano la tendenza ad aspettare che altri vescovi dicessero qualcosa prima di loro. Ne è risultato che ben presto i teologi sono diventati i principali interpreti del Concilio.

 

   Sin dagli inizi del periodo postconciliare e, a dire il vero, anche durante lo stesso Concilio, un gruppo piccolo ma influente di teologi - assieme ad alcuni sacerdoti, leader laici, giornalisti e persino alcuni vescovi - hanno lavorato per spingere il Concilio "ad andare oltre" quanto aveva fatto. Si dettero da fare durante il Concilio, e dopo furono tra i suoi interpreti più eminenti, interpretandolo spesso come se fosse andato "oltre" quanto in realtà aveva fatto. Abbiamo già visto come essi abbiano influenzato scelte cruciali nella traduzione del documento Conciliare, ed abbiamo dato una certa ottica alle note esplicative a piè di pagina nelle edizioni più largamente usate di questi documenti. Abbiamo anche visto come alcuni abbiamo forzato l'interpretazione dei documenti conciliari preferiti come la "Gaudium et Spes", per produrre aperture alla "nuova moralità" e per restringere la missione della Chiesa all'abbraccio di cause popolari, sociali e politiche transitorie.

 

   Ovviamente, un'interpretazione del Concilio era necessaria. Dopo il Concilio infatti, la maggior parte dei cattolici non ne aveva compreso il significato per la propria vita. Teologi e giornalisti che volevano spiegare il senso del Concilio, ne distorcevano spesso il significato nella direzione "progressista". La stampa cattolica e secolare ha avuto un ruolo cruciale nel coniare definizioni del tipo: le forze "progressiste" hanno prevalso su quelle "reazionarie"; i "liberali" hanno influenzato alcuni documenti, i "conservatori" hanno vinto altri round. (Ovviamente i "liberali" erano i buoni e i "conservatori" i cattivi).

  

   Molti cattolici, vescovi inclusi, si sono formati l'idea del Concilio dalle interpretazioni dei media. In quelle interpretazioni il Concilio era spesso rappresentato un passo più avanti sulla strada progressista, strada che la Chiesa avrebbe inevitabilmente intrapreso e che avrebbe portato ad un'apertura persino maggiore verso il mondo e verso l'apprezzamento dei suoi valori. Chi voleva interpretare il Concilio come cosa autoritaria e vincolante poteva avvertire che, se l'avesse fatto, nel termine di pochi anni sarebbe stato lasciato indietro. Per ovviare a quell'inconveniente, erano incoraggiati ad andare "oltre". Spesso erano incoraggiati a trascurare il testo vero e proprio in favore di quello che veniva chiamato lo "spirito del Vaticano II."

 

   Ovviamente, non vi è niente di essenzialmente sbagliato nel voler andare oltre il Concilio, se ciò significa discutere i problemi che il Concilio non ha trattato, l'elaborazione di argomenti che non ha ancora pienamente elaborato o, ancora, una più completa comprensione ed appropriazione dell'insegnamento conciliare. Spesso tuttavia, quelli che volevano avanzare "oltre" il Concilio, intendevano uno sforzo per spostarsi oltre i confini della verità e della moralità cristiana. In realtà volevano cambiare l'insegnamento cristiano, e non limitarsi a svilupparlo o adattarlo.[3]

 

   Le finestre aperte da Papa Giovanni XXIII e dal Concilio permisero ad altri spiriti, oltre allo Spirito Santo, di muoversi più liberamente nella Chiesa. Molti cattolici furono coinvolti in un inebriante senso di libertà e di nuove frontiere. Molti teologi, così come molti sacerdoti e laici "progressisti", cominciarono la loro opera e la loro teologia nello Spirito, ma poi finirono vittime del proprio orgoglio, della ribellione e del senso di importanza. Alcuni si servirono della nuova libertà per giustificare le opere della carne. Altri lentamente, e quasi impercettibilmente, si ritrovarono sotto il dominio dello "spirito del tempo". Teorie teologiche fallaci furono largamente - e irresponsabilmente - promulgate come verità affidabili a migliaia di preti, religiosi e laici. Ciò indebolì la fedeltà dei cattolici all'insegnamento della  Scrittura e della Chiesa. Offrirono invece la loro fedeltà alla spesso errata speculazione teologica.

 

   Dietro a questo fatto molti cattolici, e preti e religiosi in particolare, si abbandonarono ad un certo piacere ingenuo e adolescenziale di "riscoprire il mondo nella sua bontà". Poiché molti, nella loro speculazione teologica, avevano abbandonato la verità di base, non possedevano più i criteri adeguati a giudicare ciò che era giusto e ciò che non lo era. Di conseguenza, la loro libertà ed apertura è stata spesso indiscriminata, e molte volte apertamente peccaminosa. In nome della nuova "apertura" al mondo spesso si è manifestata l'infedeltà ai voti del celibato e del matrimonio.

 

   Una delle tendenze più notevoli della Chiesa, perfino tra i suoi leader, fu una corsa precipitosa ad abbracciare certe cause secolari e ad incorporare nella Chiesa le ultimissime scoperte della ricerca secolare. Molti identificarono il "più nuovo" con il "meglio", che si trattasse di mettersi in pari con teorie avanzate, con l'esegesi biblica o con l'azione sociale, o di adattare la teologia morale alle intuizioni marxiste o freudiane. Il desiderio di rispetto da parte del mondo secolare e di accettazione dai suoi esperti ha spesso portato all'affermazione indiscriminata delle loro scoperte e all'adozione delle loro metodologie, molte volte fondate su presupposti velatamente anticristiani.

 

   Molti cattolici hanno cercato di sviluppare una "spiritualità contemporanea ricca di significato". Ciò significava spesso mettere sullo stesso piano il fare la volontà di Dio col fare quanto ci è gradito. Molta gente smise di pregare, di praticare il rinnegamento di sé, l'autodisciplina, indebolendo così ulteriormente la propria capacità di discernere lo Spirito di Dio da quello umano, dallo spirito del mondo o dallo spirito cattivo. La mancanza di chiari criteri di verità oggettiva, unita all'abbandono di una vita spirituale autentica, ha portato molti a diventare spiritualmente ciechi. Non riuscivano più a distinguere il vero dal falso, le cose di Dio da quelle del mondo, della carne e del diavolo.

 

   Gli effetti di questa condizione di indebolimento spirituale diventarono considerevoli quando i cattolici cominciarono a preoccuparsi di rispondere a livello strutturale al Concilio. I loro sforzi per installare strutture che avrebbero "facilitato la corresponsabilità" seguivano di solito modelli di organizzazione secolare e politica, spesso inadeguati per un organismo spirituale qual è il corpo di Cristo, con le sue caratteristiche modalità di vita. Cosa che, a sua volta, produsse scarsi frutti spirituali, evangelici o persino organizzativi.

 

 

L'assalto all'autorità

 

 

   L'attuazione del Concilio racchiudeva anche l'impegno concertato a reinterpretare l'autorità in modo tale che nessuno nella Chiesa avrebbe più dovuto fare qualcosa che non voleva fare. Il Concilio, si disse, presentava l'autorità come "servizio d'amore". Si disse quindi che quanti stavano in autorità avevano il dovere di "confermare", rassicurare quelli di cui erano responsabili e, sottinteso, mai correggerli, mai sottoporli a disciplina o ordinare loro di fare qualunque cosa. Questa reinterpretazione dell'autorità era ovviamente contraria all'insegnamento del Concilio. Nel contempo, gli interpreti del Concilio hanno cercato di intimidire quanti stavano in posizione di autorità affinché, in pratica, non si servissero di quell'autorità. Si sollecitarono vescovi ed altri pastori a adottare un silenzio passivo e permissivo, mentre i teologi e gli esperti procedevano nella loro opera di mettere in atto il Concilio.

 

   Un teologo cattolico illustrò così l'autorità: "Per un essere umano l'autorità può essere definita come 'la capacità di percepire e segnalare il bene'." Qui l'autorità è suasiva (da suavis, che equivale a 'dolce', 'soave') e per il bene (kalos). L'autorità esercita la propria attrattiva e delicatamente costringe il cuore umano al suo abbraccio." [4] Siffatte definizioni non fanno che ridurre l'autorità ad un garbato consiglio, che possiamo accettare o rifiutare a piacimento. Alla fin fine, la gente che si trova sotto questo tipo di autorità è libera di fare ciò che vuole. L'unità allora non è più possibile, che si tratti della vita in famiglia o della più ampia vita nella Chiesa.

 

   È innegabile che l'autorità dovrebbe essere esercitata nell'amore. Le decisioni dovrebbero basarsi su una buona formazione, e di norma dovrebbe esistere una fase in cui la persona in autorità discute i problemi con chi è sotto l'autorità. Ma questa è solo una parte della definizione autentica e del giusto esercizio dell'autorità. Chi sta in autorità deve anche esser in grado di correggere, ammonire, disciplinare e, infine, per motivi gravi e quale ultima risorsa, arrivare ad escludere qualcuno da una posizione di responsabilità o anche dalla stessa comunità, con appropriate procedure di affidabilità e di appello.

 

   Un'altra pressione su pastori e genitori è l'enfasi postconciliare sull'autorità come "servizio". Ciò  include di solito una grave distorsione del significato di "servire". Oggi questo è comunemente interpretato nel senso che quanti sono in autorità dovrebbero permettere a chi sta sotto la loro responsabilità di fare ciò che vogliono. Ma il servizio cristiano autentico si basa sulla fedeltà alla verità. "Dare alla gente ciò che vuole", infatti, è servirli in modo pessimo quando ciò significa permettere che sia oscurata la Parola di Dio.

 

   L'ingenua opinione della natura umana implicita in queste definizioni di autorità è tipica di gran parte dell'insegnamento distorto che oggi avviene nella Chiesa. Non prende in piena considerazione la profondità della Caduta nel peccato. Quei concetti di Trinità e di Chiesa che inadeguatamente le considerano una società o comunità democratica, mancano di capire adeguatamente la natura di Dio e della Chiesa. Idee simili oggi contribuiscono enormemente alla follia che talvolta abbonda sotto la maschera di cristianesimo e di rinnovamento.

 

   Una simile reinterpretazione dell'autorità è stata accompagnata da sforzi riusciti di premiare e fare pubblicità a quei vescovi, preti e genitori, che operano in armonia con un tale lacunoso concetto di autorità, e di punire invece chi non si è adeguato. I nuovi vescovi "pastorali" sono lodati in modo tale da trasmettere l'impressione che le loro principali virtù risiedano nella capacità di rilasciare buone conferenze stampa, di essere popolari nella società secolare, di presentare una buona immagine e di permettere ai loro subordinati di fare ciò che vogliono. "Pastorale", è diventata spesso la parola in codice per "permissivo" e "accomodante". Molte volte i vescovi "pastorali" sono posti in contrasto con quelli "fuori moda" e orientati "secondo la dottrina", come se tra verità oggettiva e vita reale ci fosse un conflitto inconciliabile.

 

   Questa sfacciata promozione dei vescovi "pastorali" da parte dei media è accompagnata da un'intimidazione subdola e privata. Talvolta si dice loro, in tono affettuoso e confidenziale: "In realtà in questo campo tu non hai una grande conoscenza; perché allora non lo lasci agli esperti?" Ai genitori gli educatori religiosi dicono spesso la stessa cosa. Spesso, le persone con la mansione non ufficiale di "consulenti per i media" presso i vescovi, ne manipolano in maniera subdola il comportamento dicendo loro cosa "sembrerà buono" e cosa "non sembrerà buono" agli occhi della stampa. (Ovviamente, l'esercizio deciso dell'autorità spirituale raramente appare "buono" alla stampa.) Altre volte ai vescovi si dice: "Tutto il personale concorda con questa stesura del vostro discorso. Sono certo che non avrete difficoltà ad accettarla." Talvolta va a finire che i vescovi sono gestiti dal proprio personale esattamente come i candidati politici da parte del personale delle campagne elettorali.

 

   Ovviamente, i tentativi da parte di chi è soggetto l'autorità di manipolare quelli che hanno autorità sono vecchi quanto la razza umana. Ma raramente simili tentativi hanno avuto il successo che hanno oggi ad ogni livello nella Chiesa cattolica.

 

   Talvolta, dichiarazioni ufficiali compilate in nome di intere conferenze episcopali portano il marchio di un raggiro simile da parte del personale. In occasione delle prime elezioni dirette dei membri del Parlamento Europeo, le Conferenze Episcopali europee compilarono un messaggio collettivo che si protrasse a lunghezze insolite, proprio al fine di evitare una dichiarazione diretta del vangelo. In una citazione di Giovanni Paolo II furono persino omesse le parole espressamente cristiane. Ecco qui una citazione della Dichiarazione del Presidente delle Conferenze Episcopali Europee sul futuro dell'Europa:

 

L'Europa deve costituire per tutti un'occasione di sviluppo economico, culturale e spirituale. Le parole rivolte il 22 Ottobre scorso a tutto il mondo da Giovanni Paolo II ci risuonano ancora nelle orecchie, e a nostro avviso dovrebbero essere applicate alla stessa Europa: "Aprite le frontiere degli Stati, dei sistemi politici ed economici, dei campi immensi della cultura, della civiltà e dello sviluppo. Non abbiate paura!" [5]

 

Le vere parole del papa sono:

 

Fratelli e sorelle, non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la Sua potenza. Aiutate il Papa e tutti quelli che desiderano servire Cristo, e con la potenza di Cristo servire la persona umana e l'umanità intera. Non abbiate paura. Spalancate le porte a Cristo. A questa potenza salvifica aprite i confini degli Stati, dei sistemi politici ed economici, i vasti campi della cultura, della civiltà e dello sviluppo. Non abbiate paura. [6]

 

   Un'altra tattica che in effetti intimorisce vescovi e genitori è quella di minacciarli con l'autorità degli "esperti". Viene loro assicurato che "tutta l'associazione dei professionisti (teologi, legali del canone, commissioni ecumeniche, direttori delle vocazioni o istruttori religiosi, ecc.) accetta questa enfasi." Oppure, il vescovo sente dire che "Il Vescovo Tal dei Tali è già d'accordo su questa enfasi e la sua gente è contentissima dei risultati." O ancora: "I migliori teologi non vedono più le cose così in bianco e nero." Oppure ancora: "Sono a conoscenza di un buon programma estivo dove potete aggiornare il vostro modo di pensare." E bersagli di simili tattiche intimidatorie sono non solo i vescovi, ma anche i superiori religiosi, i rettori di seminari, i consiglieri parrocchiali e i genitori.

 

   Alcuni di quanti vorrebbero spingere la Chiesa in una certa direzione, contano pesantemente sulla speranza che, negli anni a venire, i nuovi vescovi "pastorali" si spostino in posizioni di maggiore responsabilità. Come ha detto di recente un prete cattolico assai influente: "Nei prossimi anni, quando alcuni di questi uomini saliranno a posizioni di rilevo, mi aspetto con ansia cambiamenti incredibili." [7]

 

 

Criteri inadeguati di valutazione pastorale

 

 

   Oggi le guide pastorali spesso mancano di esercitare in modo efficace la loro responsabilità perché hanno modelli inadeguati di leadership, ed impiegano criteri altrettanto inadeguati per valutare il proprio operato e quello degli altri.

 

   La passività pastorale è spesso giustificata come posizione confacente alle guide di una Chiesa "pluralistica". Il pluralismo nella Chiesa, infatti, può essere una cosa ottima: la vita della Chiesa viene arricchita da un certo tipo di diversità nell'espressione culturale, nell'accostamento pastorale e persino nell'espressione teologica e filosofica della fede. Il pluralismo tuttavia, è legittimo solo se comprende espressioni diverse dell'unica fede secondo l'interpretazione definitiva da parte dell'autorità del magistero della Chiesa nel corso dei secoli. Oggi gli appelli al "pluralismo" sono spesso scuse belle e buone per abbandonare l'unica fede. Molti di quanti lavorano per la Chiesa "pluralistica" del futuro, in contrasto con la Chiesa "monolitica" del passato, in realtà lavorano alla distruzione della Chiesa e di ogni misura concreta di unità della fede. Paolo VI definì questo tipo di pluralismo indiscriminato -  mancante di qualsiasi chiaro principio - come "corrosivo ed ambiguo". E infatti, è proprio ciò che è oggi all'opera nella Chiesa.

 

   Un pluralismo acritico è spesso associato ad una concezione del leader pastorale come  persona che fa da "unificatore". È ovvio che chi ha la responsabilità di famiglie, parrocchie ed altri segmenti del popolo di Dio, deve lavorare per unificare il suo popolo. Ma l'unità non dovrebbe esser raggiunta a qualsiasi prezzo. L'unità appropriata per il  popolo di Dio è quella che si basa sulla comune adesione alla verità cristiana e alla persona di Cristo. Dire di "sì" all'insegnamento della Chiesa nei campi della fede e della morale significa dire di "no" a quelli che minano e minacciano questi campi. L'unità si basa sulla verità. Eppure molti leader pastorali oggi presiedono una "unità" che contiene elementi contraddittori, una "unità" che  include sia l'accettazione sia il rifiuto di Cristo, della Sua Parola e dell'insegnamento della Chiesa. Tollerare la corruzione della verità cristiana in nome dell'unità o del pluralismo è prendersi gioco della funzione e del ruolo effettivo dell'autorità pastorale. In realtà, è presiedere a quella corrosione della fede cristiana di cui ci ha avvertiti Paolo VI.

 

   Talvolta, un simile pluralismo corrosivo è tollerato a causa di una interpretazione vaga e confusa della parabola del grano e della zizzania e di altri passi della Scrittura, che parlano dei problemi all'interno della Chiesa. A questo proposito spesso si dice che: "La Chiesa cattolica è una Chiesa di peccatori, una chiesa vasta che include tutti; non è una setta." Oltre ad incorporare un uso spesso impreciso e molte volte incoerente delle categorie sociologiche di "chiesa" e di "setta", tali formulazioni, più gravemente, si basano su una cattiva interpretazione di quei passi della Scrittura. Lo scopo di quei brani è spesso quello di descrivere situazioni presenti o future che non si possono mai rimediare col solo sforzo umano, ma che alla fine si potranno risolvere completamente solo attraverso un'azione dello stesso Dio. L'essenza di tali brani tuttavia, non è quella di raccomandare il sostegno di una immagine tiepida, passiva e indifferente della vita della Chiesa, dove si sorvola con indulgenza sulla corruzione della verità cristiana e del popolo di Dio.

 

   Nella storia precedente della Chiesa, tali false applicazioni della parabola sono state usuali per giustificare un accostamento distorto alla vita della Chiesa, e Sant'Agostino affrontò direttamente e con chiarezza la situazione:

 

In risposta a quelle persone vorrei dire, innanzitutto, che nel leggere le testimonianze delle Sacre Scritture dove è indicato che al momento presente nella Chiesa esiste, o predicono che esisterà in futuro, una mescolanza di persone buone e cattive, chiunque capisca e interpreti quelle stesse testimonianze in maniera tale da supporre che la diligenza, la disciplina e la severità dovrebbero essere nel complesso allentate e quindi trascurate, questi non ha ricevuto l'insegnamento dalle stesse Scritture, ma è ingannato dalle proprie congetture. Il fatto che Mosè, il servo di Dio, abbia sopportato con la massima pazienza quel miscuglio di bene e di male tra il popolo eletto non gli impedì di punirne molti, persino con la spada ... Ai giorni nostri, quando la spada non è più visibile nella disciplina della Chiesa, ciò che si deve fare è indicato dalle degradazioni e dalle scomuniche. [8]

 

   Altri motivi di inadeguatezza pastorale sono in gran parte psicologici. Molti pastori e genitori sono talmente inquieti a causa della vastità dei problemi che affliggono la Chiesa o la famiglia, che tendono a cogliere qualsiasi apparente segno positivo come indicazione che in realtà tutto sta andando benissimo. Ciò porta spesso ad ingannarsi. Consideriamo ora alcuni dei segni "positivi" che provocano la passività pastorale e i "pii desideri."

 

   Alcuni in posizione di autorità pastorale talvolta presumono che l'evidenza dei "buoni propositi" di qualcuno possa in qualche modo scusare l'oggettivo errore che questi sta facendo. Non è insolito sentir definire uno che in realtà sta danneggiando la Chiesa, come persona "sincera" o "ben intenzionata", uno "che ama la Chiesa", un "uomo di fede" o "un uomo di preghiera". La "sincerità" può giustificare i risultati oggettivi del ministero di quella persona, o far sì che su di essi si sorvoli.

 

   Disgraziatamente, è fin troppo possibile fare il male "con sincerità". É più che possibile manifestare un amore a livello affettivo per la Chiesa, e tuttavia parlare, insegnare ed agire in modo tale da indebolirla. É possibile avere l'apparenza persone di preghiera - persino pie e devote - e tuttavia fare il male; è anche possibile sembrare umili ed essere invece orgogliosi e ribelli. Oggi non basta chiamare qualcuno "una persona di fede": è necessario accertarsi se sono persone di fede cristiana.

 

    Ed è sempre più evidente che persino la sincerità sbagliata sia poco disponibile. La caratteristica di parte di quanto sta oggi avvenendo nella Chiesa è la totale mancanza di buona volontà e persino l'inganno evidente.

 

   In quei campi della vita della Chiesa dove ci si aspetta obiettività e lealtà, spesso si scopre un'ovvia manipolazione politica. Un caso pertinente è la manipolazione, da parte della Catholic Theological Society of America, di un comitato da essa stabilito per esaminare il problema della condizione delle donne nella Chiesa e nella società. Quali membri del comitato la Società scelse solo persone che appoggiavano apertamente l'ordinazione delle donne. Per di più, quando il comitato fece intervenire dei consulenti, scelse degli studiosi che già avevano dichiarato pubblicamente di appoggiare quell'idea. La Catholic Theological Society manipolò allo stesso modo la formazione del comitato da essa formato per svolgere lo studio sulla sessualità umana, già analizzato abbastanza a lungo in precedenza. Per fortuna, simili tattiche cominciano ad attirare l'attenzione. [9]
MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:43
Resta difficile individuare la buona volontà e la sincerità in dichiarazioni simili a quella fatta da un giovane studioso della Bibbia, che lodò diversi eminenti colleghi dopo che questi erano stati criticati per aver usato la loro scienza al fine di minare la fede e la morale. Egli disse: "Se potessero mai sapere ciò che il restante di noi sta facendo, avrebbero un infarto." [10]

 

   Una presentazione "garbata e ragionevole" spesso copre le posizioni più distruttive. Un teologo cattolico ad esempio, fece la seguente "equilibrata" osservazione:

 

     L'origine della tensione, oggi in particolare, è il problema dell'autenticità. Gran parte di quanto un vescovo ha ricevuto non l'ha ricevuta dal Signore, ed è doloroso venire a sapere da un teologo che qualcosa di quanto ha insegnato non è autentico.

     A sua volta il teologo è limitato dal suo amore per la comunità, così non gli è facile arrivare al giudizio di non autenticità. [11]

 

Nonostante il linguaggio "rispettoso", questa dichiarazione illustra l'usurpazione di autorità caratteristica dell'atteggiamento di alcuni teologi davanti all'autorità dell'insegnamento del papa e dei vescovi. L'abilità di una persona di usare le parole cristiane giuste, non è l'indicazione adatta della sua fedeltà cristiana. Uno dei modi più notevoli in cui oggi è minata la fede e la vita della Chiesa è proprio mediante il perverso intreccio di espressioni cristiane usate per camuffare ideologie fondamentalmente secolari e umanistiche.

 

   Un altro criterio inadeguato per valutare l'ortodossia cristiana è l'idea di "popolarità" o di "efficacia". Se ad esempio, un numero cospicuo di giovani risponde "positivamente" ad un certo giovane leader o ad un istruttore religioso, pastori e genitori sono tentati ad interpretare quel "successo" come successo cristiano. Ma spesso dovrebbero esaminare più a fondo il punto di partenza di quella popolarità e l'esatta natura della risposta positiva. Se non penetriamo oltre la superficie, si avrà solo la certezza che, presto o tardi, in misura piccola o grande, molti del gregge finiranno per esser cibo per bestie feroci.

 

   Alcuni leader della Chiesa, ed alcuni genitori, sono diventati vittime del culto dei sentimenti infiltratosi nella Chiesa ad ogni livello. Il timore di "ferire qualcuno" ha permesso a molti programmi e pubblicazioni fallaci, e perfino a istituzioni nocive, di oscurare la verità cristiana. Nel procedimento, le prospettive di molte persone verso la vita eterna sono state gravemente compromesse.

 

   Talvolta poi un falso sentimentalismo ha fatto sì che fosse minata la fede e la vita morale degli altri. Questo tipo di sentimentalismo viene esemplificato nell'errata fedeltà ad un vecchio compagno di scuola, ad un amico o ad un membro della famiglia. Un vescovo ad esempio, sarà riluttante a correggere un sacerdote che abbia frequentato la sua stessa scuola o seminario. Un genitore,  per il legame affettivo, può rifiutarsi di usare la disciplina necessaria verso un bambino.

 

   La tolleranza della corruzione della fede o della morale avvelena l'atmosfera di una comunità, grande o piccola che sia. Genera quell'indifferenza e tiepidezza che permettono al male di svilupparsi e agli altri di corrompersi. La correzione pronta e priva di qualsiasi ambiguità, unita alla disciplina, producono quel tipo salutare di "timore del Signore" che fornisce alla comunità un bastione contro il peccato. (cf. Prv 14,26; Sal 2,11).

 

   Le conseguenze di un'autorità pastorale debole e vacillante sono chiaramente illustrate nella storia di Eli e di suo figlio, narrata nel Primo libro di Samuele. Eli e i suoi due figli erano sacerdoti nel Tempio. I figli tuttavia erano corrotti; prendevano le offerte per se stessi e si comportavano in maniera immorale con alcune donne venute a servire il Signore. Eli li rimproverò, e arrivò persino a supplicarli, ma non esercitò la disciplina efficace di allontanarli dal loro ruolo. A causa di ciò, un profeta rivelò ad Eli che i suoi figli sarebbero morti, che alla sua famiglia sarebbe stato tolto il sacerdozio e che la sua famiglia e tutti i discendenti avrebbero sperimentato l'umiliazione e la punizione. "Sceglierò un sacerdote fedele che farà quello che ho nel cuore e nella mente." (1 Sam 2,35).

 

   Oggi nella vita della Chiesa situazioni simili a quella di Eli e dei suoi figli non sono poi così insolite. Non è insolito che persone in autorità pastorale diano verbalmente un messaggio - magari una correzione o un'ammonizione - ma poi lo neghino nella pratica dando, ma non a parole, un altro tipo di messaggio, e cioè non facendo niente quando le persone corrette non rispondono alla correzione. Le conseguenze di una simile passività sono spesso evidenti nelle famiglie: i genitori che restano passivi quando i figli ignorano la correzione, presiedono alla distruzione della propria autorità.

 

   Lo stesso vale per la Chiesa più vasta. I vescovi americani, ad esempio, hanno ammonito e corretto gli autori dello studio Human Sexuality, discusso al Capitolo Ottavo di questo libro; eppure tutti gli autori di quello studio hanno persistito nelle loro opinioni. E, a causa di quello scritto, quattro anni dopo la prima pubblicazione tutti gli autori continuano ad insegnare presso le facoltà di seminari cattolici e scuole di teologia. Ciò ha portato molti cattolici a trarre le ovvie conclusioni che i vescovi non pensano di avere una vera autorità in materia. I credenti sono così arrivati a considerare la correzione di quegli studiosi da parte dei vescovi solo come una delle numerose opinioni teologiche sulla moralità sessuale. Gli stessi vescovi pare continuino a ordinare e ad assumere persone preparate da studiosi che dissentono dall'insegnamento della Chiesa e che lo insidiano. Come i genitori che permettono ai figli di ignorare la correzione, anche i vescovi in realtà continuano a sovrintendere, anzi a sovvenzionare, proprio quelli che minacciano la loro autorità e che traggono in inganno il popolo di Dio.

 

 

 Conseguenze della passività pastorale

 

 

   La passività pastorale che finisce per tollerare grandi mali, spesso inizia con piccolissimi atti di disobbedienza. Molte persone in posizione pastorale temono di far "rovesciare la barca". Sono riluttanti a fare appello allo sforzo personale necessario per mettere in dubbio una direzione discutibile. Evitano di sforzarsi di arrivare a conoscere a fondo una situazione difficile. I superiori religiosi temono la scena spiacevole che potrebbe seguire un loro diniego davanti alle richieste di qualcuno. Un vescovo teme le oltraggiate proteste che accoglierebbero la sua richiesta che un professore di seminario sottometta a revisione lo schema del suo corso. Un genitore vuole evitare la scena che seguirebbe la sua richiesta che il figlio informi i genitori su cosa sta leggendo o dove sta andando. Eppure, piccoli gesti  di passività pastorale, di negligenza e di pigrizia hanno permesso a mali enormi de crescere e di svilupparsi senza alcun controllo.

 

   La separazione di un individuo, di una istituzione o di un intero popolo dalla volontà di Dio è spesso un processo molto graduale, che ha inizi modestissimi e quasi impercettibili. In una de Le Lettere di Berlicche (Ed. Mondatori - titolo originale The Screwtape Letters) C.S. Lewis fa luce su questo procedimento. Il diavolo Istruttore Berlicche dà i seguenti consigli a un giovane diavolo:

 

Dirai che questi sono peccati piccolissimi; e senza dubbio, come tutti i giovani tentatori, sarai ansioso di riuscire a riferire debolezze spettacolari [Auschwitz?]. Ma ricordati, la sola cosa che importa è la distanza a cui riuscirai a separare l'uomo dal Nemico. Non importa quanto siano piccoli i peccati, purché il loro effetto cumulativo sia quello di emarginare l'uomo dalla Luce per farlo entrare nel Nulla. L'omicidio non è in alcun modo migliore delle carte, se queste riescono nel trucco. Infatti, la via più sicura per l'inferno è quella graduale - il dolce declivio, il fondo stradale facile, senza curve repentine, senza pietre miliari, senza segnaletica. [12]

 

   Il Cardinale Basil Hume, parlando della situazione del cristianesimo in Gran Bretagna, sottolineò lo stesso punto:

 

Non che la maggior parte della gente in Bretagna abbia respinto Dio, ma si è piuttosto allontanata da Lui,  ed ora si trova in balìa di mode, di forze ed influenze che non è in grado di modellare o di controllare. [13]

 

   A dire il vero, troppo spesso le persone in posizioni di responsabilità pastorale ad ogni livello nella Chiesa postconciliare, hanno sorvolato sulla rilevante e talvolta decisiva influenza ed attività di "potenze e principati" (Ef 6,12). Lo Spirito Santo ha il Suo piano per il rinnovamento autentico della Chiesa postconciliare, ma anche il "principe di questo mondo" ha un suo piano. Dubito che il primo piano possa essere portato a termine con successo se prima non si è riconosciuto e risolto il secondo piano. Come ha detto di recente un cristiano assai noto: "La strategia diabolica è ancora la stessa... La persecuzione; l'inganno intellettuale, che include il falso insegnamento; e l'erosione morale, che include standard etici inferiori al livello del cristianesimo. [14]

 

   Vescovi, sacerdoti, ministri, superiori religiosi e genitori, di quando in quando si sono allarmati alla scoperta che la passività ha creato situazioni su cui non riescono più ad esercitare agevolmente alcun controllo. Per un vescovo non è davvero facile controllare un intero ordine religioso trasformatosi in gruppo che difende cause secolari. L'adesione di teologi, e persino di alcuni professori di seminario, alle associazioni secolari di professionisti ha  rivelato in alcuni casi che la Chiesa non è più padrona in casa propria. A causa della passività pastorale, i membri dissidenti della Chiesa hanno ottenuto tranquillamente il potere legale o il sostegno popolare di cui hanno bisogno per proteggere la propria condizione in quelle istituzioni. Nelle famiglie si sviluppano spesso situazioni simili.

 

   Alcuni individui e gruppi dissidenti ricevono protezione direttamente da pastori passivi. In Europa ad esempio, un'influente teologa femminista cattolica ha dichiarato che i cattolici "critici" come lei continueranno semplicemente a fare quello che vogliono. Ed ha poi spiegato cinicamente: "Roma non scomunicherà persone come noi fin quando un cardinale importante come ..... è il nostro leader." [15]

 

   Il fatto è che la manipolazione e l'intimidazione non sono le sole cause di passività pastorale. Vi sono pastori che nell'affrontare problemi pastorali realissimi hanno preso decisioni quanto mai imprudenti. Talvolta i pastori hanno chiuso gli occhi davanti ad un insegnamento apertamente falso e perfino davanti all'immoralità di coloro di cui sono responsabili, perché affrontare la situazione o trovare il sostituto di un pastore o maestro che sbaglia sarebbe difficile. Alcuni vescovi, in piena consapevolezza, hanno permesso a preti con gravi problemi personali e di fede di proseguire una preparazione teologica avanzata e, al ritorno, li hanno collocati in posizioni pastorali delicate come il ministero in un campus universitario o l'insegnamento in seminario. Oggi molti vescovi si trovano sotto grave pressione nel dotare di personale le istituzioni esistenti e farle continuare a funzionare. Il fatto di non poter più trovare personale pastorale cristiano affidabile da impiegare nelle stesse presenta un vero dilemma. Ma sorvolare sull'infedeltà dottrinale e morale per poter "continuare a far andare la barca" è proprio una ben misera alternativa!

 

   Anche quando le guide pastorali agiscono, le misure prese spesso mancano di affrontare seriamente il problema. Riescono solo ad amministrare la disciplina necessaria a nascondere i cattivi frutti. Non mettono "l'ascia alla radice", che sarebbe poi l'azione spesso richiesta per una vera purificazione ed un vero cambiamento.

 

   Alcuni anni fa per esempio, un superiore Gesuita ordinò a un prete del suo ordine di abbandonare il diretto coinvolgimento nell'impegno per l'ordinazione delle donne al sacerdozio. Era stato a capo di un movimento nazionale per l'ordinazione delle donne, opinione in netta opposizione ad ogni tradizione cristiana ed all'insegnamento diretto del papa e dei vescovi. I superiori tuttavia gli assegnarono un altro posto di influenza e di responsabilità. Ben presto quel prete dichiarò le sue intenzioni: "Certo in pubblico non sosterrò l'ordinazione delle donne, ma mi limiterò a sostenere pubblicamente l'uguaglianza nella Chiesa." [16] Quel tipo di disciplina non risolse la ribellione di quel prete, ma riuscì solo a dissuaderlo dall'affrontare in pubblico il problema specifico dell'ordinazione delle donne. Fu una disciplina talmente debole da non riuscire a raggiungere neppure il centro del problema.

 

   Talvolta, le conseguenze della passività pastorale possono arrivare a travolgere un'intera Chiesa nazionale. Al momento, lo scompiglio della Chiesa Cattolica nei Paesi Bassi presenta uno dei caso in questione. I risultati di anni di una simile permissività pastorale ora sono diventati una infedeltà immensa all'insegnamento dottrinale e morale della Chiesa. La Chiesa olandese sta ora cercando di individuare i propri gravissimi problemi con l'insolito aiuto ed intervento diretto del papa. Qui la lezione per i vescovi e per gli altri con responsabilità pastorali è chiara: lasciando senza correzione le piccole infedeltà di oggi, avremo la certezza che domani si svilupperanno infedeltà maggiori e problemi assai più gravi.

 

   Il Signore si aspetta che quelli che Egli stabilisce pastori del gregge - che si tratti di padri o madri, preti o vescovi - prendano misure efficaci per custodire il gregge, sottoponendo a disciplina chi corrompe la fede e la morale. I pastori non devono lasciarsi bloccare da una stretta relazione personale con la persona che sbaglia. In tutto il Nuovo Testamento, nelle questioni di fede e di morale gli apostoli esercitano di continuo una simile disciplina.

 

   Il sentimentalismo moderno indietreggia davanti a simili misure. Ma così facendo indietreggiamo dal vero amore e dalla vera misericordia, e rischiamo di arrecare un danno eterno al destino di chi sbaglia, e di quei membri della comunità che da lui sono corrotti. Spesso sorvoliamo sul fatto che una delle maggiori preoccupazioni dello Spirito Santo, quando parlava in profezia alle Chiese primitive nell'Apocalisse, era che le Chiese mantenessero un alto livello di purezza nella loro fede e moralità. Lo Spirito Santo avverte in maniera specifica i cristiani contro la tolleranza, in mezzo a loro, di quelli che si attengono a false dottrine, che le insegnano o che incoraggiano gli altri all'immoralità.

 

Tuttavia, ho da rimproverarti alcune cose: vi sono alcuni tra voi che seguono l'insegnamento di Balaam, il quale insegnava a Balak a gettare una pietra d'inciampo sulla via degli israeliti tentandoli a mangiare le carni immolate agli idoli e a praticare la fornicazione. Sì, voi pure avete tra voi quelli che seguono l'insegnamento dei Nicolaiti. Quindi, pentitevi! Se non lo farai, verrò presto da voi e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. (Ap 2, 14-16)

 

Le Chiese che non si sono attenute ad una simile disciplina e che non hanno esercitato con diligenza l'autorità pastorale, sono state avvertite in profezia che il Signore avrebbe punito direttamente le loro comunità.

 

Tuttavia ho da rimproverarti questo: voi tollerate Iezabele, la donna che si spaccia per profetessa e che seduce i miei servi insegnando loro a praticare l'impudicizia e a mangiare il cibo sacrificato agli idoli. Io le ho dato l'opportunità di pentirsi, ma essa rifiuta di distogliersi dalla sua dissolutezza. Intendo gettarla in un letto di dolore; i suoi compagni di peccato li immergerò in un letto di intenso dolore, se non si pentono dei peccati commessi con lei, e colpirò a morte i suoi figli. Così tutte le Chiese sapranno che Io sono Colui che scruta il cuore e la mente, e che darò a ciascuno di voi ciò che merita la vostra condotta. (Ap 2, 20-23)

 

In breve, le autorità pastorali che tollerano la corruzione dottrinale o morale si fanno complici della stessa corruzione. In parte sono responsabili della corruzione e dei suoi cattivi risultati.

 

   Ovviamente, proprio come gran parte di quanto stiamo trattando in questo libro, questa passività pastorale non è attribuibile soltanto alla Chiesa Cattolica. Molte Chiese protestanti sono influenzate allo stesso modo.

 

   In un capitolo precedente abbiamo citato il caso della donna leader Metodista che dette la testimonianza pubblica della "santità" della propria esperienza di adulterio e di aborto. Quando al suo superiore metodista, dirigente del Board of Global Ministries e prete ordinato, fu richiesto un commento egli rispose: "... non sempre si è d'accordo con le posizioni o le prospettive del proprio personale." [17]

 

   In risposta a una domanda rivoltagli durante una conferenza stampa se la Chiesa considera peccato le relazioni omosessuali attive, il Primate della Chiesa Anglicana in Canada dichiarò: "Non è affar mio né della Chiesa stare sempre a precisare o a giudicare le cose." [18]

 

   So che per alcuni può essere difficile accettare queste parole. Chi ha la responsabilità pastorale nella Chiesa mostra un'immensa buona volontà ed esercita uno sforzo spesso eroico per svolgere il compito al meglio. Non conosco neppure un vescovo e pochi genitori che prendano alla leggera le proprie responsabilità. Io stesso ho delle responsabilità pastorali, incluse quelle di genitore. Ho dovuto lottare e continuo a farlo contro molti dei fattori discussi in questo capitolo, che contribuiscono alla passività pastorale. Oggi è difficile essere genitori nell'ambiente sempre più pagano a cui sono esposti i nostri figli. É difficile essere pastore di una parrocchia o vescovo di una diocesi. Non pretendo di avere tutte le risposte, e neppure di capire tutte le complessità che devono affrontare quelli che hanno responsabilità maggiori. Tuttavia, per quanto sia difficile affrontare i fatti della passività pastorale e pentirsene, è cosa che va fatta. Sono convinto che il benessere del popolo di Dio dipenda in modo piuttosto rilevante da questo.

 

   La passività pastorale o negligenza - nella diocesi, nella parrocchia in seminario o in famiglia - è un invito rivolto al mondo, alla carne e al diavolo a scombussolare lo stesso popolo di Dio, che Egli ha acquistato al prezzo del Proprio sangue. La passività pastorale è stata e continua ad essere uno dei fattori che maggiormente contribuiscono alla crisi di verità nella Chiesa. Una risposta adeguata alla crisi di verità deve includere una risposta al problema della passività e della negligenza pastorale.   

 

 



[1] "On Evangelization in the Modern World," par. 2, (Washington, D.C.: U.S. Catholic Conference Publications Office,

1976), p. 6.

[2] Di speciale rilievo è qui Catholicism and Modernity di James Hitchcock (New York: Seabury Press, 1979).

[3] Va qui rilevato che l'interpretazione tradizionale di "sviluppo della dottrina," secondo quanto articolato dalle fonti

patristiche come S. Vincenzo di Lerins e da pensatori moderni come il Cardinal Newman, considera che lo sviluppo autentico sia proprio quello: lo sviluppo di quanto in un certo senso è già presente, in modo che non neghi la verità o l'affidabilità di quanto è già presente. La Ecclesiam Suam di Paolo VI e il "Credo del Popolo di Dio," come pure Mysterium Ecclesiae, redatto dalla Congregazione della Dottrina della Fede, sono tutti tentativi per contribuire alla chiarezza in questo campo.

[4] Edward J. Foye: "Reviews," NCR (23 Novembre, 1979), p. 16.

 

[5] LOR (21 Maggio, 1979), p. 10, Declaration of the Bishops of the European Community.

 

[6] LOR (2 Novembre, 1978), p. 12, discorso del papa, 22 Ottobre, 1978.

[7] LOR (2 Novembre, 1978), p. 12, discorso del papa, 22 Ottobre, 1978.

[8] S. Agostino, "Fede ed Opere," 1737a.

 

[9] Vedi ad esempio, John Sheets, "The C.T.S.A. and the Ordination of Women," Communio (Inverno 1978), p. 387:

Come fa la Catholic Theological Society of America ad aspettarsi il rispetto professionale, quando guida una task force (unione operativa) di persone con le stesse opinioni sull'argomento, e se chiama consulenti che condividono quelle opinioni?... La CTSA ha forse smesso di essere un'associazione di esperti professionisti interessati ad una seria ricerca della verità, o è diventata forse un gruppo di sostegno politicizzato? Ogni seria associazione di esperti si rende conto che la verità non viene servita alzando semplicemente il volume, nella speranza di soffocare gli altri punti di vista.

[10] P. John Meier, citato da John Beifuss in NCR (22 Febbraio, 1980), p. 20.

[11] Foye, p. 16.

[12] C.S. Lewis, The Screwtape Letters (New York: Macmillan Publishing Co., 1961), p. 56.

[13] Cardinal Hume, "Address to Friends of Newman," in Briefing (2 Novembre, 1979), p. 5.

[14] Billy Graham, "The Seven Churches of Asia," Christianity Today 17 Novembre, 1978), p.20.

[15] Catharina Halkes, citata in NCR (18 Gennaio, 1980), p.15.

[16] P. Bill Callahan, S.J., citato in NCR (18 Gennaio, 1980), p. 3.

[17] Dr. Randolph Nugent, citato in NCR (11 Gennaio, 1980).

[18] Citato da DeCourcey H. Rayner in Christianity Today (6 Aprile, 1979), p. 50.

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