chiesa e rinnovamento
capitolo terzoCONOSCERE LA PAROLA DI DIO
Nell'accostarsi alla Scrittura i cattolici non sono fondamentalisti. Si rendono conto che la Bibbia è una raccolta di libri scritti nel corso di molte centinaia d'anni, in tanti stili e forme letterarie diverse. Ci rendiamo conto dell'importanza di capire la mentalità e la cultura semitica, così come la lingua originale in cui sono state redatte le Scritture, e che tutto questo lavoro richiede tempo, studio, e tutto l'aiuto delle scienze applicabili per acquisire tale conoscenza. Siamo anche riconoscenti per l'opera di molti studiosi impegnati che hanno intrapreso questi studi. La sola scienza, tuttavia, non è in grado di portarci ad una comprensione adeguata della Parola di Dio. Perché ciò avvenga, è necessaria l'azione stessa di Dio. Ma perché Dio intervenga, è necessario osservare alcune condizioni morali e spirituali.
Come disse Walter Burghardt, editore degli Studi Teologici, nel discorso ad un congresso
presso la Scuola di Teologia dei Gesuiti a Berkeley, California:
Ciò che fermamente nego è che il mondo abbia un disperato bisogno del tipo di teologi che molti di noi sono diventati. Per fare teologia, non basta sapere qualcosa riguardo a Dio; Devo conoscere Dio ... Dal mio variegato passato personale, vi sprono per gli anni a venire a porvi una bruciante, umiliante domanda: Per tutto quello che sai di Dio, lo conosci veramente? Puoi dire davvero, come Ignazio di Loyola, di avere proprio incontrato Dio, il Dio vivente e vero? Puoi dire di conoscere Dio Stesso, e non solo parole umane che Lo descrivono? Se non lo puoi dire, forse non sarai un teologo infelice, improduttivo, ... Ma... non sarai neppure il teologo di cui il nostro mondo ha un disperato bisogno[1]
La Scrittura e l'insegnamento della Chiesa dicono chiaramente che sono i fattori spirituali e morali - e non la conoscenza tecnica - i principali criteri per capire la Parola di Dio. Come disse lo stesso Gesù rivolgendosi agli studiosi della scrittura dei suoi giorni:
Cercate nelle Scritture,
nelle quali pensate di avere la vita eterna;
ebbene, anch'esse mi rendono testimonianza.
Ma voi non volete venire a Me
per avere quella vita. (Gv 5, 39-40).
L'apprendimento è utile, ma nel contesto dell'atteggiamento giusto davanti a Dio. Tra questi elementi ne esamineremo nei dettagli alcuni dei più importanti, visto che oggi molti cristiani li stanno rapidamente perdendo di vista.
Il timore del Signore
L'atteggiamento di profondo rispetto e riverenza davanti al Signore è il prerequisito per poter veramente capire la Sua Parola. La consapevolezza che è proprio Dio a parlare crea un appropriato "timore", che a sua volta ispira un rispetto profondo verso Dio e la Sua Parola. "Il timore del Signore è l'inizio della conoscenza" (Prv 1,7).
È possibile conoscere molti fatti tecnici sulla Parola di Dio, e tuttavia non conoscere affatto la Sua Parola. Gli studiosi possono sapere molte cose sulla natura archeologica, linguistica e letteraria della Scrittura e tuttavia mancare completamente di coglierne il significato e l'importanza, perché mancano di apprezzare il vasto significato del fatto che la Scrittura è davvero la Parola di Dio.
L'atteggiamento di rispetto e di riverenza verso la Parola di Dio è stato proprio la caratteristica dei grandi espositori ed interpreti della Scrittura nelle varie epoche. Oggi tuttavia, esso è stato talvolta soppiantato dall'arroganza 'scientifica'. Paragonate ad esempio, l'atteggiamento di S. Agostino o di S. Giustino Martire con alcuni degli atteggiamenti incontrati nel capitolo precedente. S. Agostino, uno dei più grandi interpreti della Scrittura nella Chiesa primitiva, aveva un atteggiamento riverente nei confronti delle difficoltà della sua opera:
Se restiamo perplessi davanti ad un'apparente contraddizione nella Scrittura, non ci è permesso dire: "L'autore di questo libro si è sbagliato"; può essere invece difettoso il manoscritto, sbagliata la traduzione, oppure siete voi a non aver capito ... Ma in conseguenza alla caratteristica particolarità dei sacri scritti, siamo tenuti a ricevere come vera qualunque cosa il canone mostri sia stata scritta anche da un solo profeta, apostolo o evangelista; altrimenti, se il disprezzo per l'autorità morale dei libri canonici mettesse fine a quell'autorità, oppure la coinvolgesse in una confusione disperata, non ne rimarrebbe una sola pagina a guida della fallibilità umana.[2]
S. Giustino Martire, un altro dei primi espositori della Scrittura, ha il medesimo atteggiamento:
Sono pienamente convinto che nessuna Scrittura ne contraddice un'altra. Ammetterò piuttosto di non capire quanto vi è trasmesso, e cercherò di persuadere coloro che si immaginano che le Scritture siano contraddittorie, ad avere la stessa mia opinione.[3]
La Scrittura dice che "il timore del Signore" funge da baluardo contro il peccato. É la salvaguardia necessaria contro la profonda tendenza degli esseri umani ad esaltare se stessi, la propria conoscenza ed opinioni, al di sopra della Parola di Dio - il peccato intellettuale che provoca la cecità spirituale agli esseri umani. Elementi d'orgoglio e di autosufficienza sono strettamente intrecciati in certi atteggiamenti oggi largamente diffusi nei confronti della Scrittura. Questi vanno dissipati da un rinnovato timore del Signore, prerequisito indispensabile alla vera conoscenza di Dio e alla saggezza autentica. Come ha detto il Cardinal Newman:
Il timore di Dio è l'inizio della sapienza; finché non vedrete Dio come un fuoco che consuma, e non vi accostate a Lui con riverenza e sacro timore perché siete peccatori, non potrete neppure dire di aver anche solo intravisto la porta stretta ... Timore e amore devono procedere insieme; continuate a temere, continuate ad amare fino all'ultimo giorno della vostra vita.[4]
Il ruolo dello Spirito Santo
Dalla Scrittura risulta chiaro che lo Spirito Santo, in unione col Padre e col Figlio, conosce e rivela le cose di Dio. Le Scritture sono state scritte sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, e per essere comprese in maniera adeguata devono esser lette sotto la stessa ispirazione. Ma per capire in maniera soddisfacente la Parola di Dio è necessaria la precondizione di un'unione intensa con Dio - una genuina vita nello Spirito. La carne ed il sangue da soli, che si muovono unicamente sulla base dell'ingegno e delle risorse personali, non potranno mai capire, né afferrare, il significato profondo della Parola di Dio. Solo l'opera dello Spirito Santo può portare la vera comprensione.
Lo stesso Gesù si è riferito direttamente alla sorgente spirituale della rivelazione divina. Quando Pietro fece la sua professione di fede in Lui, Gesù rispose: "Nessun uomo ti ha rivelato questo, ma il Padre Mio che è nei cieli." (Mt 16,17). Prima di tornare al Padre, Gesù disse che avrebbe continuato ad essere con i Suoi discepoli per mezzo dello Spirito Santo. Questa operazione dello Spirito Santo nella loro vita sarebbe stato il mezzo principale in cui avrebbero potuto continuare a capire la Sua Parola. Ed è la stessa cosa per noi.
Il Consolatore, lo Spirito Santo
che il Padre manderà nel Mio nome,
vi istruirà in ogni cosa
Quando però verrà lo Spirito di verità,
Egli vi guiderà a tutta la verità.
Egli non parlerà da Sé, ma dirà solo ciò che ascolta,
e vi annunzierà le cose che verranno. (Gv 16,13)
Questo è stato anche il chiaro insegnamento degli apostoli:
Nessuno conosce i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio, che ci aiuta a riconoscere i doni che ci ha dati. Di questi parliamo, ma non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma con parole insegnate dallo Spirito, interpretando così le cose spirituali in termini spirituali. L'uomo naturale non accetta ciò che è insegnato dallo Spirito di Dio. Gli sembrano assurdità. Non può arrivare a conoscere quel tipo di insegnamento, perché esso va valutato solo in modo spirituale. (1 Cor 2, 11b-14).
L'insegnamento non potrebbe essere più chiaro: non è possibile comprendere le cose di Dio senza l'aiuto dello Spirito Santo e senza la prospettiva "dell'uomo spirituale" che per mezzo di tale Spirito vive.
La conoscenza e la sapienza del mondo non solo sono incapaci di percepire e capire in maniera autentica Dio e la Sua Parola, ma la Scrittura riconosce addirittura una certa opposizione tra le filosofie umane prevalenti e la verità e la saggezza di Dio.
Il messaggio della croce è completa assurdità per coloro che vanno verso la rovina, ma per noi che sperimentiamo la salvezza è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
"Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti".
Dov'è l'uomo sapiente? Dove il dotto? Dov'è mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio cambiato in stoltezza la sapienza di questo mondo? Poiché, secondo la sapienza di Dio, il mondo non è arrivato a conoscerlo mediante la "sapienza", è piaciuto a Dio di salvare coloro che credono mediante l'assurdità della predicazione del vangelo. (1 Cor 1, 18-22)
Badate che nessuno vi inganni con qualche filosofia vuota e seducente che segue tradizioni solo umane, una filosofia basata su potenze cosmiche anziché su Cristo. (Col 2,8)
Ed ecco come si esprime Giovanni Paolo II in proposito:
La "Parola di Dio" è sempre efficace, perché in primo luogo mette in crisi la ragione umana: le filosofie temporali e semplicemente razionali, le interpretazioni storiche e puramente umanistiche, vengono gettate nella confusione dalla "Parola di Dio", che risponde con suprema certezza e chiarezza alle domande rivolte al cuore dell'uomo, lo illumina sul suo vero destino, che è soprannaturale ed eterno e gli indica la condotta morale da praticare quale via autentica della serenità e della speranza.
La Parola di Dio è certamente inquietante, perché il Signore dice: "I Miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le Mie vie sono le vostre vie" (Is 55,8); provoca una crisi, perché è esigente, tagliente come spada a due tagli e non si basa su discorsi persuasivi di saggezza umana, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza. (cf. 1 Cor 2, 4-5).[5]
La nostra epoca è caratterizzata in particolare dal tipo di mentalità scientifica e filosofica che può bloccare la vera comprensione di Dio e della Sua Parola. Giovanni Paolo II parla in modo penetrante della follia del "saggio":
Non il "saggio" e "l'intelligente": essi si sono formati una loro immagine di Dio e del mondo, e non sono disposti a cambiarla. Pensano di conoscere tutto su Dio, di possedere la soluzione, di non aver niente da imparare: per questo motivo rifiutano la "buona novella", che pare tanto strana e in conflitto con i loro principi di "Weltanschauung" [concezione del mondo]. É un messaggio che propone cambiamenti paradossali che il loro "buon senso" non riesce ad accettare.[6]
Il papa applica questo alla fede in verità cristiane di base come la risurrezione:
Una cosa è chiara, fratelli amatissimi: la fede nel Cristo Risorto non è il risultato di una conoscenza tecnica, né il frutto di requisiti scientifici (cf. 1 Cor 1,26). Quello che ci viene richiesto è annunziare la morte di Gesù e proclamare la sua risurrezione (cf. Liturgia). Gesù è vivente. "Dio Lo ha risuscitato, sciogliendolo dai lacci della morte (Atti 2,24) [7]
"Un vero impegno teologico," afferma il papa, "non può né iniziare né concludersi se non stando in ginocchio, almeno nel segreto della propria cella interiore, dove è possibile adorare il Padre in spirito e verità (cf. Gv 4,23) [8]
L'umiltà
L'umiltà - il riconoscimento dei nostri limiti, della nostra finitezza, del nostro stato di creature, della nostra completa dipendenza da Dio - è indispensabile per raggiungere la verità cristiana. "Dio resiste all'orgoglioso, ma dà la Sua grazia agli umili" (Gc 4,6).
L'orgoglio spirituale, "l'autosufficienza" intellettuale e "l'autonomia", producono una cecità spirituale mortale. Dio Si rivela all'umile, non all'orgoglioso; e l'orgoglio che produce cecità spirituale spesso include l'orgoglio intellettuale.
In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ciò che hai nascosto ai dotti e agli intelligenti lo hai rivelato ai piccoli.
"Sì, Padre, perché così a Te è piaciuto. Ogni cosa Mi è stata affidata dal Padre Mio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e ognuno al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Lc 10, 21-22).
Giovanni Paolo II così commenta questo brano:
... nelle parole solenni si avverte quasi un tremito di esultanza. Gesù vede molto più avanti; Egli vede, nel corso dei secoli, la schiera innumerevole di uomini di ogni età e provenienti da ogni sentiero della vita, che aderiranno con gioia al Suo messaggio ... Essi hanno in comune una caratteristica: sono piccoli, cioè semplici, umili... Cristo non chiede all'uomo di rinunciare alla propria ragione. E come potrebbe mai, se è stato proprio Lui a dargliela! Ciò che gli chiede è di non cedere alle vecchie sollecitazioni del carattere che continuano a congiurare mettendogli davanti la prospettiva ingannevole di poter "essere come Dio" (cf. Gn 3,5). Solo chi accetta i propri limiti intellettuali e morali e riconosce di aver bisogno di salvezza, potrà aprirsi alla fede e, nella fede, incontrare Cristo, il suo Redentore. [9]
Talvolta capita che oggi, nella Chiesa, i "sapienti e gli intelligenti" distruggano la fede vera, genuina, rivelata da Dio, la fede dei semplici "fanciulli". Alcuni di questi "fanciulli" sono tali alla lettera, e proprio la loro fede è stata insidiata o bloccata da programmi insufficienti di catechismo. Molti sono cattolici comuni, la cui fede è stata sovvertita da consigli confessionali distorti o pervertiti, o da programmi inadeguati di istruzione religiosa per adulti che spesso li hanno lasciati nell'amarezza, cinici, a vivere una vita di ribellione e di peccato. Alcuni sono cattolici del Terzo Mondo, la cui "consapevolizzazione" sta sistematicamente scambiando la loro fede genuina in Cristo per una pietosa speranza in una rivoluzione secolare.
A meno che noi, talvolta considerati i "sapienti e gli intelligenti" non coltiviamo l'umiltà, quasi certamente soccomberemo all'errore intellettuale e alla decadenza morale. La Scrittura dice chiaramente che l'orgoglioso, che confida nella propria capacità ed esperienza, è predisposto ad esser ingannato dallo "spirito del tempo"; non riuscirà a distinguere ciò che viene da Dio da ciò che da Lui non viene. La condizione morale e spirituale di una persona è ciò che in primo luogo determina quale verità ella riuscirà a comprendere e ad afferrare. Gli atteggiamenti sbagliati del cuore alla fine porteranno a credere a cose sbagliate, e spesso ad un cattivo comportamento. La purezza del cuore, l'amore, la riverenza, l'umiltà - sono tutti prerequisiti per conoscere Dio e la Sua Parola.
Giovanni Paolo II, in un passo particolarmente incisivo di un discorso alle facoltà riunite e ai corpi di studenti dei collegi e delle università Pontificie Romane, ha così sottolineato il bisogno di umiltà:
Tanto è debole la nostra intelligenza, limitata la nostra esperienza e tanto breve è la nostra vita, che quanto possiamo riuscire a dire di Dio assomiglia di più al balbettio di un bambino che a un discorso dignitoso, esauriente e conclusivo... É questa la convinzione personale con cui il teologo deve affrontare la sua opera: deve sempre ricordare che, qualunque cosa riesca a dire di Dio, si tratta sempre delle parole di un uomo, e quindi di un minuscolo essere finito che si è avventurato nell'esplorazione del mistero insondabile del Dio infinito. [10]
Nel suo discorso il papa ricordò un episodio di S. Tommaso d'Aquino. Si dice che verso la fine della vita il grande teologo abbia avuto una schiacciante esperienza mistica. Poco tempo dopo, il suo segretario lo esortò a continuare la stesura della Summa Teologica. Si dice che S. Tommaso abbia declinato la sollecitazione dell'amico, ricordandogli la propria esperienza mistica. "Fratello," gli disse, "non posso continuare. Tutto quello che ho scritto mi sembra paglia."
Obbedienza e fede
L'obbedienza e la fede vanno di pari passo con l'umiltà. Infatti, Gesù dice che la disponibilità a obbedire alla Parola di Dio è una condizione per poterla riconoscere e comprendere:
La Mia dottrina non è Mia,
ma di Colui che Mi ha mandato.
Chi sceglie di fare la Sua volontà
conoscerà se questa dottrina viene da Dio
o se Io parlo semplicemente di Mia iniziativa. (Gv 7, 16-17)
Forse è questo il significato di "uomini di buona volontà" : uomini disposti a ricercare Dio e la Sua verità e poi a obbedirle. Accettare e mettere in pratica la Parola di Cristo sulla sola base della sua autorità dispiega il significato della Parola: "Se vivrete secondo il Mio insegnamento, siete davvero Miei discepoli; allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 31-32).
Per contrasto, l'atteggiamento oggi sin troppo comune nella Chiesa è esattamente l'opposto: "Non capisco, perciò non obbedisco." Troppi cristiani hanno un simile atteggiamento anche nei confronti dell'insegnamento autoritario, chiaramente espresso e comunicato con solennità; e la conseguenza di un tale rifiuto a obbedire è una cecità spirituale persino maggiore.
La comprensione della Parola di Dio dipende dalla fede. Credere e confidare nella Parola di Dio, anche quando non la comprendiamo pienamente, è la chiave per poterla capire e sperimentare in futuro. Questa, infatti, è proprio una caratteristica del modo in cui Dio agisce nei confronti dell'uomo. Nel corso dell'intera storia Egli ha richiesto agli esseri umani di credere e di obbedire alla Sua Parola per il semplice fatto che è la Sua Parola, e non perché riescono completamente a capire il "ragionamento" che sta dietro di essa.
Giovanni Paolo II ha sottolineato quanto sia essenziale questo collegamento tra il credere e il capire nella tradizione della Chiesa:
L'uomo, rileva S. Tommaso, mentre si trova in statu viae, può arrivare ad una certa comprensione dei misteri soprannaturali grazie all'uso della ragione, ma solo nella misura in cui quest'ultima si basa su di un fondamento incrollabile di fede, che è partecipazione alla natura stessa di Dio e di Colui che Lo vede faccia a faccia ... È questa l'opinione dell'intera tradizione teologica ed in particolare è l'atteggiamento del grande Agostino: "Nel credere, diventate capaci di capire; se non credete, non riuscirete mai a capire... Che la fede, quindi, vi purifichi e vi possa così esser concesso il privilegio di giungere la comprensione piena."
La conclusione raggiunta dal Vescovo di Ippona doveva diventare un classico: "La capacità di capire è frutto della fede. Non cercate quindi di capire per credere, ma credete al fine di capire." Questo è un avvertimento sul quale, chiunque "faccia della teologia", deve riflettere. [11]
L'atteggiamento di chi dice: "Non capisco, perciò non credo," è particolarmente evidente nella moralità sessuale, ma influenza ed infetta l'intera gamma della verità cristiana, come vedremo nei capitoli che seguono.