capitolo terzo CONOSCERE LA PAROLA DI DIO

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MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:19

chiesa e rinnovamento

capitolo terzo

CONOSCERE LA PAROLA DI DIO

 

 

 Nell'accostarsi alla Scrittura i cattolici non sono fondamentalisti. Si rendono conto che la Bibbia è una raccolta di libri scritti nel corso di molte centinaia d'anni, in tanti stili e forme letterarie diverse. Ci rendiamo conto dell'importanza di capire la mentalità e la cultura semitica, così come la lingua originale in cui sono state redatte le Scritture, e che tutto questo lavoro richiede tempo, studio, e tutto l'aiuto delle scienze applicabili per acquisire tale conoscenza. Siamo anche riconoscenti per l'opera di molti studiosi impegnati che hanno intrapreso questi studi. La sola scienza, tuttavia, non è in grado di portarci ad una comprensione adeguata della Parola di Dio. Perché ciò avvenga, è necessaria l'azione stessa di Dio. Ma perché Dio intervenga, è necessario osservare alcune condizioni morali e spirituali.

 

          Come disse Walter Burghardt, editore degli Studi Teologici, nel discorso ad un congresso

presso la Scuola di Teologia dei Gesuiti a Berkeley, California:

Ciò che fermamente nego è che il mondo abbia un disperato bisogno del tipo di teologi che molti di noi sono diventati. Per fare teologia, non basta sapere qualcosa riguardo a Dio; Devo conoscere Dio ... Dal mio variegato passato personale, vi sprono per gli anni a venire a porvi una bruciante, umiliante domanda: Per tutto quello che sai di Dio, lo conosci veramente? Puoi dire davvero, come Ignazio di Loyola, di avere proprio incontrato Dio, il Dio vivente e vero? Puoi dire di conoscere Dio Stesso, e non solo parole umane che Lo descrivono? Se non lo puoi dire, forse non sarai un teologo infelice, improduttivo, ... Ma... non sarai neppure il teologo di cui il nostro mondo ha un disperato bisogno[1]

 

          La Scrittura e l'insegnamento della Chiesa dicono chiaramente che sono i fattori spirituali e morali - e non la conoscenza tecnica - i principali criteri per capire la Parola di Dio. Come disse lo stesso Gesù rivolgendosi agli studiosi della scrittura dei suoi giorni:

 

Cercate nelle Scritture,

nelle quali pensate di avere la vita eterna;

ebbene, anch'esse mi rendono testimonianza.

Ma voi non volete venire a Me

per avere quella vita. (Gv 5, 39-40).

 

          L'apprendimento è utile, ma nel contesto dell'atteggiamento giusto davanti a Dio. Tra questi elementi ne esamineremo nei dettagli alcuni dei più importanti, visto che oggi molti cristiani li stanno rapidamente perdendo di vista.

 

 

Il timore del Signore

 

 

          L'atteggiamento di profondo rispetto e riverenza davanti al Signore è il prerequisito per poter veramente capire la Sua Parola. La consapevolezza che è proprio Dio a parlare crea un appropriato "timore", che a sua volta ispira un rispetto profondo verso Dio e la Sua Parola. "Il timore del Signore è l'inizio della conoscenza" (Prv 1,7).

 

          È possibile conoscere molti fatti tecnici sulla Parola di Dio, e tuttavia non conoscere affatto la Sua Parola. Gli studiosi possono sapere molte cose sulla natura archeologica, linguistica e letteraria della Scrittura e tuttavia mancare completamente di coglierne il significato e l'importanza, perché mancano di apprezzare il vasto significato del fatto che la Scrittura è davvero la Parola di Dio.

 

          L'atteggiamento di rispetto e di riverenza verso la Parola di Dio è stato proprio la caratteristica dei grandi espositori ed interpreti della Scrittura nelle varie epoche. Oggi tuttavia, esso è stato talvolta soppiantato dall'arroganza 'scientifica'. Paragonate ad esempio, l'atteggiamento di S. Agostino o di S. Giustino Martire con alcuni degli atteggiamenti incontrati nel capitolo precedente. S. Agostino, uno dei più grandi interpreti della Scrittura nella Chiesa primitiva, aveva un atteggiamento riverente nei confronti delle difficoltà della sua opera:

 

Se restiamo perplessi davanti ad un'apparente contraddizione nella Scrittura, non ci è permesso dire: "L'autore di questo libro si è sbagliato"; può essere invece difettoso il manoscritto, sbagliata la traduzione, oppure siete voi a non aver capito ... Ma in conseguenza alla caratteristica particolarità dei sacri scritti, siamo tenuti a ricevere come vera qualunque cosa il canone mostri sia stata scritta anche da un solo profeta, apostolo o evangelista; altrimenti, se il disprezzo per l'autorità morale dei libri canonici mettesse fine a quell'autorità, oppure la coinvolgesse in una confusione disperata, non ne rimarrebbe una sola pagina a guida della fallibilità umana.[2]

 

          S. Giustino Martire, un altro dei primi espositori della Scrittura, ha il medesimo atteggiamento:

 

Sono pienamente convinto che nessuna Scrittura ne contraddice un'altra. Ammetterò piuttosto di non capire quanto vi è trasmesso, e cercherò di persuadere coloro che si immaginano che le Scritture siano contraddittorie, ad avere la stessa mia opinione.[3]

 

          La Scrittura dice che "il timore del Signore" funge da baluardo contro il peccato. É la salvaguardia necessaria contro la profonda tendenza degli esseri umani ad esaltare se stessi, la propria conoscenza ed opinioni, al di sopra della Parola di Dio - il peccato intellettuale che provoca la cecità spirituale agli esseri umani. Elementi d'orgoglio e di autosufficienza sono strettamente intrecciati in certi atteggiamenti oggi largamente diffusi nei confronti della Scrittura. Questi vanno dissipati da un rinnovato timore del Signore, prerequisito indispensabile alla vera conoscenza di Dio e alla saggezza autentica. Come ha detto il Cardinal Newman:

 

Il timore di Dio è l'inizio della sapienza; finché non vedrete Dio come un fuoco che consuma, e non vi accostate a Lui con riverenza e sacro timore perché siete peccatori, non potrete neppure dire di aver anche solo intravisto la porta stretta ... Timore e amore devono procedere insieme; continuate a temere, continuate ad amare fino all'ultimo giorno della vostra vita.[4]

 

Il ruolo dello Spirito Santo

 

 

          Dalla Scrittura risulta chiaro che lo Spirito Santo, in unione col Padre e col Figlio, conosce e rivela le cose di Dio. Le Scritture sono state scritte sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, e per essere comprese in maniera adeguata devono esser lette sotto la stessa ispirazione. Ma per capire in maniera soddisfacente la Parola di Dio è necessaria la precondizione di un'unione intensa con Dio - una genuina vita nello Spirito. La carne ed il sangue da soli, che si muovono unicamente sulla base dell'ingegno e delle risorse personali, non potranno mai capire, né afferrare, il significato profondo della Parola di Dio. Solo l'opera dello Spirito Santo può portare la vera comprensione.

 

          Lo stesso Gesù si è riferito direttamente alla sorgente spirituale della rivelazione divina. Quando Pietro fece la sua professione di fede in Lui, Gesù rispose: "Nessun uomo ti ha rivelato questo, ma il Padre Mio che è nei cieli." (Mt 16,17). Prima di tornare al Padre, Gesù disse che avrebbe continuato ad essere con i Suoi discepoli per mezzo dello Spirito Santo. Questa operazione dello Spirito Santo nella loro vita sarebbe stato il mezzo principale in cui avrebbero potuto continuare a capire la Sua Parola. Ed è la stessa cosa per noi.

 

          Il Consolatore, lo Spirito Santo

          che il Padre manderà nel Mio nome,

          vi istruirà in ogni cosa

          e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. (Gv 14,26)

 

          Quando però verrà lo Spirito di verità,

          Egli vi guiderà a tutta la verità.

          Egli non parlerà da Sé, ma dirà solo ciò che ascolta,

          e vi annunzierà le cose che verranno. (Gv 16,13)

 

Questo è stato anche il chiaro insegnamento degli apostoli:

 

Nessuno conosce i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio, che ci aiuta a riconoscere i doni che ci ha dati. Di questi parliamo, ma non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma con parole insegnate dallo Spirito, interpretando così le cose spirituali in termini spirituali. L'uomo naturale non accetta ciò che è insegnato dallo Spirito di Dio. Gli sembrano assurdità. Non può arrivare a conoscere quel tipo di insegnamento, perché esso va valutato solo in modo spirituale. (1 Cor 2, 11b-14).

 

          L'insegnamento non potrebbe essere più chiaro: non è possibile comprendere le cose di Dio senza l'aiuto dello Spirito Santo e senza la prospettiva "dell'uomo spirituale" che per mezzo di tale Spirito vive.

 

          La conoscenza e la sapienza del mondo non solo sono incapaci di percepire e capire in maniera autentica Dio e la Sua Parola, ma la Scrittura riconosce addirittura una certa opposizione tra le filosofie umane prevalenti e la verità e la saggezza di Dio.

 

Il messaggio della croce è completa assurdità per coloro che vanno verso la rovina, ma per noi che sperimentiamo la salvezza è potenza di Dio. Sta scritto infatti:

"Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti".

 

Dov'è l'uomo sapiente? Dove il dotto? Dov'è mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio cambiato in stoltezza la sapienza di questo mondo? Poiché, secondo la sapienza di Dio, il mondo non è arrivato a conoscerlo mediante la "sapienza", è piaciuto a Dio di salvare coloro che credono mediante l'assurdità della predicazione del vangelo. (1 Cor 1, 18-22)

 

Badate che nessuno vi inganni con qualche filosofia vuota e seducente che segue tradizioni solo umane, una filosofia basata su potenze cosmiche anziché su Cristo. (Col 2,8)

 

Ed ecco come si esprime Giovanni Paolo II in proposito:

 

La "Parola di Dio" è sempre efficace, perché in primo luogo mette in crisi la ragione umana: le filosofie temporali e semplicemente razionali, le interpretazioni storiche e puramente umanistiche, vengono gettate nella confusione dalla "Parola di Dio", che risponde con suprema certezza e chiarezza alle domande rivolte al cuore dell'uomo, lo illumina sul suo vero destino, che è soprannaturale ed eterno e gli indica la condotta morale da praticare quale via autentica della serenità e della speranza.

 

La Parola di Dio è certamente inquietante, perché il Signore dice: "I Miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le Mie vie sono le vostre vie" (Is 55,8); provoca una crisi, perché è esigente, tagliente come spada a due tagli e non si basa su discorsi persuasivi di saggezza umana, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza. (cf. 1 Cor 2, 4-5).[5]

 

          La nostra epoca è caratterizzata in particolare dal tipo di mentalità scientifica e filosofica che può bloccare la vera comprensione di Dio e della Sua Parola. Giovanni Paolo II parla in modo penetrante della follia del "saggio":

 

Non il "saggio" e "l'intelligente": essi si sono formati una loro immagine di Dio e del mondo, e non sono disposti a cambiarla. Pensano di conoscere tutto su Dio, di possedere la soluzione, di non aver niente da imparare: per questo motivo rifiutano la "buona novella", che pare tanto strana e in conflitto con i loro principi di "Weltanschauung" [concezione del mondo]. É un messaggio che propone cambiamenti paradossali che il loro "buon senso" non riesce ad accettare.[6]

 

Il papa applica questo alla fede in verità cristiane di base come la risurrezione:

 

Una cosa è chiara, fratelli amatissimi: la fede nel Cristo Risorto non è il risultato di una conoscenza tecnica, né il frutto di requisiti scientifici (cf. 1 Cor 1,26). Quello che ci viene richiesto è annunziare la morte di Gesù e proclamare la sua risurrezione (cf. Liturgia). Gesù è vivente. "Dio Lo ha risuscitato, sciogliendolo dai lacci della morte (Atti 2,24) [7]

 

   "Un vero impegno teologico," afferma il papa, "non può né iniziare né concludersi se non stando in ginocchio, almeno nel segreto della propria cella interiore, dove è possibile adorare il Padre in spirito e verità (cf. Gv 4,23) [8]

 

 

L'umiltà

 

 

          L'umiltà - il riconoscimento dei nostri limiti, della nostra finitezza, del nostro stato di creature, della nostra completa dipendenza da Dio - è indispensabile per raggiungere la verità cristiana. "Dio resiste all'orgoglioso, ma dà la Sua grazia agli umili" (Gc 4,6).

 

          L'orgoglio spirituale, "l'autosufficienza" intellettuale e "l'autonomia", producono una cecità spirituale mortale. Dio Si rivela all'umile, non all'orgoglioso; e l'orgoglio che produce cecità spirituale spesso include l'orgoglio intellettuale.

 

    In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ciò che hai nascosto ai dotti e agli intelligenti lo hai rivelato ai piccoli.

    "Sì, Padre, perché così a Te è piaciuto. Ogni cosa Mi è stata affidata dal Padre Mio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e ognuno al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Lc 10, 21-22).

 

Giovanni Paolo II così commenta questo brano:

 

... nelle parole solenni si avverte quasi un tremito di esultanza. Gesù vede molto più avanti; Egli vede, nel corso dei secoli, la schiera innumerevole di uomini di ogni età e provenienti da ogni sentiero della vita, che aderiranno con gioia al Suo messaggio ... Essi hanno in comune una caratteristica: sono piccoli, cioè semplici, umili... Cristo non chiede all'uomo di rinunciare alla propria ragione. E come potrebbe mai, se è stato proprio Lui a dargliela! Ciò che gli chiede è di non cedere alle vecchie sollecitazioni del carattere che continuano a congiurare mettendogli davanti la prospettiva ingannevole di poter "essere come Dio" (cf. Gn 3,5). Solo chi accetta i propri limiti intellettuali e morali e riconosce di aver bisogno di salvezza, potrà aprirsi alla fede e, nella fede, incontrare Cristo, il suo Redentore. [9]

 

          Talvolta capita che oggi, nella Chiesa, i "sapienti e gli intelligenti" distruggano la fede vera, genuina, rivelata da Dio, la fede dei semplici "fanciulli". Alcuni di questi "fanciulli" sono tali alla lettera, e proprio la loro fede è stata insidiata o bloccata da programmi insufficienti di catechismo. Molti sono cattolici comuni, la cui fede è stata sovvertita da consigli confessionali distorti o pervertiti, o da programmi inadeguati di istruzione religiosa per adulti che spesso li hanno lasciati nell'amarezza, cinici, a vivere una vita di ribellione e di peccato. Alcuni sono cattolici del Terzo Mondo, la cui "consapevolizzazione" sta sistematicamente scambiando la loro fede genuina in Cristo per una pietosa speranza in una rivoluzione secolare.

 

          A meno che noi, talvolta considerati i "sapienti e gli intelligenti" non coltiviamo l'umiltà, quasi certamente soccomberemo all'errore intellettuale e alla decadenza morale. La Scrittura dice chiaramente che l'orgoglioso, che confida nella propria capacità ed esperienza, è predisposto ad esser ingannato dallo "spirito del tempo"; non riuscirà a distinguere ciò che viene da Dio da ciò che da Lui non viene. La condizione morale e spirituale di una persona è ciò che in primo luogo determina quale verità ella riuscirà a comprendere e ad afferrare. Gli atteggiamenti sbagliati del cuore alla fine porteranno a credere a cose sbagliate, e spesso ad un cattivo comportamento. La purezza del cuore, l'amore, la riverenza, l'umiltà - sono tutti prerequisiti per conoscere Dio e la Sua Parola.

 

          Giovanni Paolo II, in un passo particolarmente incisivo di un discorso alle facoltà riunite e ai corpi di studenti dei collegi e delle università Pontificie Romane, ha così sottolineato il bisogno di umiltà:

 

Tanto è debole la nostra intelligenza, limitata la nostra esperienza e tanto breve è la nostra vita, che quanto possiamo riuscire a dire di Dio assomiglia di più al balbettio di un bambino che a un discorso dignitoso, esauriente e conclusivo... É questa la convinzione personale con cui il teologo deve affrontare la sua opera: deve sempre ricordare che, qualunque cosa riesca a dire di Dio, si tratta sempre delle parole di un uomo, e quindi di un minuscolo essere finito che si è avventurato nell'esplorazione del mistero insondabile del Dio infinito. [10]

 

          Nel suo discorso il papa ricordò un episodio di S. Tommaso d'Aquino. Si dice che verso la fine della vita il grande teologo abbia avuto una schiacciante esperienza mistica. Poco tempo dopo, il suo segretario lo esortò a continuare la stesura della Summa Teologica. Si dice che S. Tommaso abbia declinato la sollecitazione dell'amico, ricordandogli la propria esperienza mistica. "Fratello," gli disse, "non posso continuare. Tutto quello che ho scritto mi sembra paglia."  

 

Obbedienza e fede  

 

          L'obbedienza e la fede vanno di pari passo con l'umiltà. Infatti, Gesù dice che la disponibilità a obbedire alla Parola di Dio è una condizione per poterla riconoscere e comprendere:

 

La Mia dottrina non è Mia,

          ma di Colui che Mi ha mandato.

          Chi sceglie di fare la Sua volontà

          conoscerà se questa dottrina viene da Dio

          o se Io parlo semplicemente di Mia iniziativa. (Gv 7, 16-17)

 

Forse è questo il significato di "uomini di buona volontà" : uomini disposti a ricercare Dio e la Sua verità e poi a obbedirle. Accettare e mettere in pratica la Parola di Cristo sulla sola base della sua autorità dispiega il significato della Parola: "Se vivrete secondo il Mio insegnamento, siete davvero Miei discepoli; allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 31-32).

 

          Per contrasto, l'atteggiamento oggi sin troppo comune nella Chiesa è esattamente l'opposto: "Non capisco, perciò non obbedisco." Troppi cristiani hanno un simile atteggiamento anche nei confronti dell'insegnamento autoritario, chiaramente espresso e comunicato con solennità; e la conseguenza di un tale rifiuto a obbedire è una cecità spirituale persino maggiore.

 

          La comprensione della Parola di Dio dipende dalla fede. Credere e confidare nella Parola di Dio, anche quando non la comprendiamo pienamente, è la chiave per poterla capire e sperimentare in futuro. Questa, infatti, è proprio una caratteristica del modo in cui Dio agisce nei confronti dell'uomo. Nel corso dell'intera storia Egli ha richiesto agli esseri umani di credere e di obbedire alla Sua Parola per il semplice fatto che è la Sua Parola, e non perché riescono completamente a capire il "ragionamento" che sta dietro di essa.

 

          Giovanni Paolo II ha sottolineato quanto sia essenziale questo collegamento tra il credere e il capire nella tradizione della Chiesa:

 

   L'uomo, rileva S. Tommaso, mentre si trova in statu viae, può arrivare ad una certa comprensione dei misteri soprannaturali grazie all'uso della ragione, ma solo nella misura in cui quest'ultima si basa su di un fondamento incrollabile di fede, che è partecipazione alla natura stessa di Dio e di Colui che Lo vede faccia a faccia ... È questa l'opinione dell'intera tradizione teologica ed in particolare è l'atteggiamento del grande Agostino: "Nel credere, diventate capaci di capire; se non credete, non riuscirete mai a capire... Che la fede, quindi, vi purifichi e vi possa così esser concesso il privilegio di giungere la comprensione piena."

     La conclusione raggiunta dal Vescovo di Ippona doveva diventare un classico: "La capacità di capire è frutto della fede. Non cercate quindi di capire per credere, ma credete al fine di capire." Questo è un avvertimento sul quale, chiunque "faccia della teologia", deve riflettere. [11]

 

L'atteggiamento di chi dice: "Non capisco, perciò non credo," è particolarmente evidente nella moralità sessuale, ma influenza ed infetta l'intera gamma della verità cristiana, come vedremo nei capitoli che seguono. 
MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:19

L'insegnamento degli apostoli  

 

          Per la loro speciale relazione con Gesù, e per l'aiuto particolare dello Spirito Santo che Egli aveva loro promesso e poi dato, gli apostoli ebbero la capacità di interpretare con autorità le intenzioni del loro Maestro e il significato attendibile delle Sue parole ed azioni. Il ruolo degli apostoli è un elemento essenziale nel piano di salvezza di Dio, nell'autentica proclamazione ed interpretazione della Sua Parola e delle Sue azioni salvifiche, ed è stato così sin dagli albori della Chiesa. Dopo la Pentecoste, i credenti di Gerusalemme "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella vita comunitaria, nello spezzar del pane e nelle preghiere" (Atti 2,42).

 

          Nelle prime comunità cristiane gli apostoli calmavano le dispute riguardanti la giusta interpretazione della Scrittura e degli insegnamenti di Gesù. Sotto l'ispirazione dello Spirito Santo essi insegnarono il modo appropriato di comprendere la morte e risurrezione di Gesù. Gli apostoli formarono la vita delle comunità primitive e stabilirono le loro "tradizioni" ed accostamenti pastorali affinché riflettessero in maniera adeguata il pensiero del Signore.

 

          Oggi le Chiese cristiane hanno opinioni diverse sull'autorità di questa tradizione apostolica e sulle pratiche delle chiese apostoliche nel guidare l'interpretazione appropriata della Scrittura. I cristiani dissentono anche su fino a che punto la Scrittura è stata interpretata in maniera autentica dai Padri della Chiesa, dalle decisioni dei concili generali e dalla formulazione dei credi. E tuttavia, resta ancora molto spazio per trovarsi d'accordo. Molti protestanti sono concordi nel ritenere che la tradizione cristiana autentica espressa nelle liturgie iniziali, il consenso dei Padri e la formulazione dei credi e dei concili abbia un peso notevole nell'interpretazione della Scrittura come difesa contro il soggettivismo arbitrario.

 

          I cattolici attribuiscono un gran peso all'autorità della tradizione. Il nostro modo di intendere la Parola di Dio non è guidato soltanto da una solida conoscenza di prima mano della Scrittura e dalla direzione dello Spirito Santo, ma anche dalla tradizione autentica della Chiesa, che riteniamo essere espressione dell'amore fedele di Dio. (Tuttavia, persino per i cattolici la Scrittura ha un posto unico in relazione alla tradizione e al magistero. Solo la Scrittura è positivamente ispirata, e la funzione centrale sia della tradizione sia del magistero è quella di assicurarne la giusta interpretazione ed applicazione). Questa tradizione per i cattolici è espressa negli scritti dei Padri, nella formulazione dei credi, nei documenti e decisioni dei concili e infine nella fede vissuta dei cristiani nel corso dei secoli. Oggi questa tradizione è espressa nella liturgia, e difesa ed interpretata dall'autorità del magistero ufficiale della Chiesa, in armonia con la Scrittura.

 

          È questo il motivo per cui il tentativo intrapreso per minare la Parola di Dio nella Scrittura, nella Chiesa Cattolica è stato accompagnato dal tentativo concertato di screditare, allo stesso tempo, anche la tradizione apostolica della Chiesa. Gli elementi della tradizione - i Padri, i concili, i credi, l'insieme degli insegnamenti dei vescovi, l'insegnamento dei papi, la testimonianza della liturgia, le vite dei santi - tutti si uniscono per dare una testimonianza straordinariamente conforme al modo giusto di capire la Scrittura e quanto essa insegna. Non sorprende affatto che la stessa arroganza e scetticismo manifestati di recente da molti nei confronti della Scrittura siano stati sfoderati anche verso la tradizione.

 

          É certamente vero che gli studi storici possono gettare una luce utile su certi aspetti della tradizione, proprio come l'analisi storica e letteraria ci può aiutare a capire la Scrittura. Si possono distinguere diversi strati di tradizione nella Chiesa, con valore e autorità diversi, e l'analisi letteraria può chiarire l'esatto significato di certe dichiarazioni nella tradizione. Questo metodo di analisi tuttavia, quando è usato male o in maniera esagerata, può produrre gli stessi eccessi nello studio della tradizione prodotti nello studio della Scrittura. Gli abusi seguono una direzione conosciuta: l'approccio "critico", di per sé legittimo, diventa troppo spesso un tentativo irresponsabile e sconsiderato di separare la "vera" tradizione da quella "generale", o "determinata culturalmente", usando come criterio di giudizio ciò che per l'uomo moderno è più "significativo". Talvolta si rifiutano gli aspetti sgradevoli della tradizione autentica, ed il critico moderno può finire per accettare solo ciò che gli è congeniale. Questo metodo pone spesso lo studioso moderno nella posizione di arrogarsi il diritto di giudicare la tradizione; spoglia la tradizione del suo potere di proteggere la verità.

 

          Ma c'è qualcosa di ancor più fondamentalmente perverso nel fare con spirito critico alcune analisi moderne della tradizione. I tentativi di "purificare" la Scrittura o la tradizione, gli sforzi di renderle più eloquenti e "significative", sono spesso tentativi per togliere di mezzo l'Incarnazione con le sue conseguenze, ciò che S. Paolo definì lo "scandalo" della verità cristiana. La mente umana caduta, nel suo stato naturale non è assolutamente in grado di tollerare l'intera nozione di Incarnazione. Di fronte alla verità che Gesù è pienamente Dio e pienamente uomo, la mente caduta cerca di togliere di mezzo l'una o l'altra: l'umanità o la divinità di Cristo, al fine di rendere la Sua persona e la Sua missione più "significative" e "gradevoli".

 

          Sia la Scrittura sia la Chiesa condividono entrambe il mistero incarnato di Gesù, ed entrambe provocano la stessa reazione di scetticismo da parte delle menti cadute che non riescono a tollerarla. La Scrittura è sia parola di uomini sia Parola di Dio. Dobbiamo quindi accostarci e procedere nel suo studio con la stessa riverenza ed umiltà con cui ci avviciniamo al mistero dello stesso Gesù. Dovremmo essere realistici riguardo alla nostra tendenza a ribellarci contro il mistero incarnato, separandolo dal resto per poterlo rendere più accettabile alla mente umana.

 

          Lo stesso dicasi della Chiesa. Poiché la Chiesa per i cattolici è sia la Chiesa dello Spirito Santo sia la Chiesa degli apostoli, è anch'essa partecipe del mistero dell'Incarnazione. Ed ancora, la mente umana caduta si sente violentemente costretta a cercare di distruggere la natura incarnata della Chiesa facendo di lei un corpo esclusivamente spirituale, oppure un corpo unicamente istituzionale. Ma i due sono profondamente legati ed uniti - in maniera simile al mistero incarnato dello stesso Gesù Cristo e della Scrittura.

 

          Dio ha scelto di salvare il mondo attraverso la modalità dell'Incarnazione. La natura incarnata di Gesù si riflette nella Scrittura e nella Chiesa - le vie da Lui scelte per continuare a comunicare la Sua Incarnazione ad ogni nuova generazione. - L'attacco ad una di queste diventa, nei risultati finali, un attacco a tutte e tre.  

 

Il rispetto della tradizione 

 

          Ogni cristiano che voglia comprendere la Parola di Dio deve accostarsi alla Scrittura con umiltà, in atteggiamento di obbedienza e di fede, nel timore del Signore che sta parlando, con rispetto per l'insegnamento degli apostoli e contando in primo luogo sull'azione dello Spirito Santo affinché gli riveli la verità. Nella Chiesa cattolica, tuttavia, atteggiamenti simili dovrebbero caratterizzare anche il modo in cui il cattolico si avvicina all'autorità dell'insegnamento (Magistero) della Chiesa quando insegna nei campi della fede e della morale. I cattolici credono che la Parola di Dio sia resa accessibile per mezzo della tradizione apostolica autentica, delle affermazioni contenute nel credo, delle decisioni conciliari e dell'insegnamento ufficiale della Chiesa nei campi della fede e della morale. Per restare fedeli a queste credenze, essi dovrebbero accostarsi con rispetto e umiltà al Magistero della Chiesa.

 

          Questo per i cattolici significa venire alle prese, in termini pratici, con la nostra relazione alla legittima autorità di insegnamento della Chiesa. Ciò, ovviamente, non significa che dovremmo accettare in maniera acritica qualunque cosa i vescovi, o persino i papi, dicano. In passato, e ancor oggi, ci sono stati vescovi che si sono allontanati dalla vera fede, diventando schiavi di idee culturali che corrompono, di correnti filosofiche e teologiche e di pressioni politiche degradanti. Esamineremo in seguito alcuni casi dolorosi nella Chiesa odierna, dai quali risulta evidente che persino i vescovi si sono lasciati travolgere dalla crisi di verità. È importante essere in grado di affrontare realisticamente situazioni simili nell'interesse della verità e, per i cattolici, nell'interesse di un cattolicesimo autentico.

 

          Tuttavia, per i cattolici l'impegno verso la verità cristiana significa anche impegno nella sua espressione autentica, nella sua vera elaborazione e difesa nella storia e tradizione cristiana, e nell'autorità del magistero della Chiesa contemporanea nel campo della fede e della morale. Ciò significa accettare l'insegnamento ufficiale del papa e di quei vescovi che insegnano in unione con lui nei campi della fede e della morale, riconoscendoli come guide affidabili della corretta comprensione della Parola di Dio.

 

          Tale insegnamento è infallibile, e va ricevuto con la sottomissione della fede, quando viene dato dal papa ex cathedra o da un concilio ecumenico che lo definisce solennemente. Ma anche quando non si tratta del papa o del pronunciamento solenne di un concilio, i vescovi del mondo, quando convergono in questioni di fede e di morale, possono proclamare in modo infallibile l'insegnamento di Cristo. (Vedi Vaticano II, Costituzione sulla Chiesa, 15). I cattolici devono ricevere con entusiasmo anche l'insegnamento consueto dei vescovi, e in specie del papa, sugli argomenti di fede e di morale. Il Concilio Vaticano Secondo ha così affermato tale responsabilità:

 

I vescovi che insegnano in comunione col Romano Pontefice devono essere rispettati da tutti quali testimoni della verità divina e cattolica. Nelle questioni di fede e di morale i vescovi parlano in nome di Cristo e i fedeli devono accettare il loro insegnamento e aderirvi con il religioso consenso dell'anima. Tale religiosa sottomissione della volontà e della mente, va manifestata in particolar modo nei confronti dell'autorità del magistero del Romano Pontefice, anche quando egli non parla ex cathedra. Essa va cioè manifestata in modo tale che il suo magistero supremo sia riconosciuto con riverenza, che si aderisca sinceramente ai giudizi da lui dati, secondo il suo pensiero e la sua volontà manifesta. Il suo pensiero e la sua volontà sull'argomento si possono in primo luogo conoscere dal carattere dei documenti, dalla frequente ripetizione della stessa dottrina o dal suo modo di parlare. [12]

 

          Il fatto che l'insegnamento del papa sia quasi sempre la semplice riaffermazione, per il nostro tempo, della verità della Scrittura, oppure le applicazioni delle implicazioni della verità contenuta nella Scrittura e sostenute dalla Chiesa nel corso dei secoli, non ne sminuisce l'importanza per i cattolici, in specie in questi tempi di incertezza e di confusione. Come dichiara la Costituzione per la Rivelazione Divina, dal Concilio Vaticano II:

 

     Il compito di interpretare in maniera autentica la Parola di Dio, scritta o parlata che sia, è stato affidato esclusivamente all'ufficio vitale di insegnamento della Chiesa, la cui autorità viene esercitata nel nome di Gesù Cristo. Questo compito non è al di sopra della Parola di Dio, ma ne è al servizio, insegnando unicamente ciò che è stato trasmesso, ascoltandolo devotamente, preservandolo in modo scrupoloso e spiegandolo fedelmente per incarico divino e con l'aiuto dello Spirito Santo; essa trae da quest'unico deposito di fede tutto ciò che presenta, perché venga creduto come proveniente da rivelazione divina.

     É quindi chiaro che la sacra tradizione, la sacra Scrittura e l'autorità dell'insegnamento della Chiesa, in armonia col più sapiente disegno di Dio, sono talmente collegate ed unite insieme da non poter stare l'una senza le altre, e che tutte insieme, e ciascuna a modo proprio, sotto l'azione dello Spirito Santo contribuiscono in maniera efficace alla salvezza delle anime. [13]

 

          Questo è il problema in giuoco, negli attacchi all'infallibilità da parte di Hans Küng e di altri teologi. Essi non si limitano a sfidale l'autorità del magistero del papa e dei vescovi. Insidiano l'autorità dell'intero magistero della Chiesa e le decisioni conciliari e dei credi che difendono e proteggono la verità della Scrittura. Quando i vescovi tedeschi corressero Hans Küng, un oratore da parte dei vescovi cattolici tedeschi spiegò questa connessione:

 

Il dogma dell'infallibilità della Chiesa può, a prima vista, sembrare marginale nella totalità della fede. In esso sono, in realtà, concentrati problemi fondamentali quali, ad esempio, la conoscenza della verità e l'interpretazione della rivelazione, la sua forma e tradizione verbale, la certezza della fede e le basi del potere dell'autorità nella Chiesa. In questo campo, che serve la vera conoscenza della rivelazione divina, l'apparizione di errori arreca danno alla stessa fede. [14]

 

          L'invito di Giovanni Paolo II a capire e ad impegnarsi nell'insegnamento autentico della Chiesa nei campi della fede e della morale costituisce un tentativo per salvaguardare il modo in cui lo Spirito Santo difende e spiega la fede, preservandola dai capricci delle opinioni accademiche o soggettive manifestatesi di epoca in epoca. L'umiltà, ha detto il papa, è il giusto atteggiamento del teologo verso la Chiesa. É umile nei suoi confronti perché "sa bene che proprio ad essa è stata affidata la 'Parola' affinché la proclami al mondo, applicandola ad ogni epoca e rendendola così davvero pertinente. Quale uomo di Chiesa, il teologo ama il passato della Chiesa, medita sulla sua storia, venerandone ed esplorandone la Tradizione."  L'atteggiamento degli studiosi della Scrittura dovrebbe essere il medesimo: "Dio ha affidato la sacra Scrittura alla Sua Chiesa, e non certo al giudizio privato di specialisti," ha detto il papa. La fedeltà degli esegeti all'autorità del magistero della Chiesa è questione di "fedeltà alla funzione spirituale affidatale da Cristo." [15] Oppure, come ha affermato il Cardinal Baum:

 

Il magistero della Chiesa non dipende interamente dai risultati degli studiosi, al fine di conoscere con certezza cosa i cattolici debbono credere e come debbano vivere. Questa certezza è un dono del Signore; è una comunicazione della Sua autorità, la stessa autorità che ha rievocato l'ammirazione del popolo confuso dai dibattiti tra esperti: "...le folle restarono affascinate dal Suo (di Gesù) insegnamento: Egli infatti insegnava loro con autorità e non come gli scribi" (cf. Mt 7, 28-29). [16] 

 

La responsabilità di insegnare la verità cristiana  

 

          La Scrittura afferma che coloro che insegnano la verità cristiana hanno su di sé una responsabilità particolarmente grave e saranno ritenuti responsabili della loro opera: "Fratelli, non molti di voi dovrebbero diventare maestri; dovreste capire che coloro che tra noi lo fanno saranno chiamati ad una resa più severa dei conti." I maestri della verità cristiana devono anche ricordare le solenni parole di Gesù: "Sarebbe meglio che chiunque porta a traviarsi uno di questi credenti semplici fosse gettato in mare con una macina con legata al collo" (Mc 9,42).

 

          Alla luce di questi avvertimenti potremmo giustamente chiederci quanta parte dell'insegnamento nelle classi di religione, nei programmi di istruzione per adulti, in quelli di catechesi nelle scuole ed università cattoliche, nei seminari e nei corsi estivi di "aggiornamento" teologico, abbia corrisposto ai criteri stabiliti dalla Scrittura per conoscere la verità cristiana. Quanto di tutto ciò è stata una fedele trasmissione della verità cristiana e quanto invece è stata solo un'opinione personale, teorie speculative oppure saggezza del "mondo" mascherata da Parola di Dio? Quante volte quest'insegnamento è stato radicato nell'amarezza, nell'orgoglio, nel risentimento, nella ribellione, e nel piacere di distruggere la "fede semplice?"

 

          La Scrittura ci addestra ad esaminare il carattere delle persone che insegnano la verità cristiana. Il loro comportamento infatti dovrebbe essere caratterizzato dalla lealtà e dalla fedeltà all'insegnamento ricevuto, al "deposito della fede". Come scrisse Paolo a Timoteo: "Le cose che hai udito da me per mezzo di tanti testimoni dovrai trasmetterle a persone fidate che siano a loro volta in grado di insegnare ad altri" (2 Tm 2,2).

 

          Oggi è possibile ed utile esaminare la situazione della Chiesa dal punto di vista sociologico; ma è persino più importante usare i criteri spirituali e morali fornitici dalla Scrittura, per capire l'attuale situazione.

          In quella prospettiva le cose hanno un aspetto diverso.

 

          Molti missionari si sono confusi ed hanno smesso di evangelizzare. Molte persone non hanno potuto ascoltare il vangelo perché la teoria di un "cristianesimo anonimo" ha convinto i missionari e i cattolici comuni che i non credenti probabilmente, a loro insaputa, sono già cristiani. E così molti hanno smesso di obbedire all'esplicito comando di Cristo di predicare il vangelo ad ogni creatura.

 

          Migliaia di persone sono state indotte a commettere peccati gravi a causa di una errata esegesi della Scrittura diffusa nella stampa cattolica, fornita da editori cattolici e gestita da ordini religiosi cattolici. Sono stati distrutti matrimoni, concepiti bambini al di fuori del vincolo matrimoniale, eseguiti aborti: la gente è arrivata ad esser schiava di disordini omosessuali e sono stati abbandonati i voti religiosi e sacerdotali perché i teologi della morale si sono presi la "libertà", non solo di mettere in dubbio gli insegnamenti della Chiesa e della Scrittura, ma addirittura di rifiutarli pubblicamente. Dei bambini non sono venuti al mondo perché il consiglio ricevuto in confessionale ha incoraggiato l'egoismo anziché la generosità. Educatori religiosi che hanno scoperto idee di teologi della morale che forniscono una razionalizzazione per raggiungere i propri desideri egoistici, hanno creduto ed insegnato la falsità. Molte migliaia di cristiani generosi sono stati dissuasi dal dedicarsi generosamente ad una vita di santità e di obbedienza, perché la Parola di Dio è stata velata di ambiguità e d'incertezza.

 

          Nella teologia, come nello studio della Scrittura, la neutralità spirituale è impossibile. Non esiste una cosa del tipo "limitarsi a fare teologia", oppure "essere semplicemente un esegeta". Ogni parola pronunziata da uno qualunque di noi, teologi ed esegeti inclusi, ha una dimensione morale e spirituale e verrà giudicata da Dio di conseguenza. Dovremo rispondere di ogni parola uscita dalla nostra bocca, o dalla nostra penna. La Scrittura dice:

 

Ma io vi assicuro che nel giorno del giudizio gli uomini saranno ritenuti responsabili di ogni parola imprudente che avranno pronunziato. In base alle tue parole sarai assolto e in base alle tue parole sarai condannato (Mt 12, 36-37).

 

          Quelli tra noi che oggi hanno la responsabilità dell'insegnamento cristiano hanno bisogno di ascoltare col cuore le parole di Gesù: "Maledizione a voi, dottori della legge! Avete portato via la chiave della conoscenza. Voi non siete riusciti ad entrare, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito!" (Lc 11.52).

 

          Quanto è necessario prestare un attento ascolto anche alle parole di Giovanni Paolo II:

 

Nelle catechesi si insegna Cristo, il Verbo Incarnato e Figlio di Dio. Ogni altra cosa va insegnata facendo riferimento a Lui - ed è solo Cristo che insegna: tutti gli altri lo fanno nella misura in cui sono portavoce di Cristo, permettendo a Lui di insegnare con le loro labbra. Qualunque sia il suo livello di responsabilità nella Chiesa, ogni catechista deve sforzarsi di trasmettere fedelmente, con l'insegnamento ed il comportamento, l'insegnamento e la vita di Gesù. Non cercherà di far indirizzare verso se stesso e le proprie opinioni ed atteggiamenti personali l'attenzione e il consenso della mente e del cuore della persona che sta catechizzando. Soprattutto, non cercherà di inculcare le proprie opinioni e scelte personali come se queste esprimessero l'insegnamento di Cristo e le lezioni della Sua vita. Ogni catechista dovrebbe poter applicare a se stesso le misteriose parole di Gesù: "Il Mio insegnamento non viene da me, ma da colui che mi ha mandato." [17]

 

 

La caduta nel peccato e la redenzione della mente dell'uomo

 

 

          Nell'esaminare la condizione della Chiesa, dobbiamo renderci conto che la mente dell'uomo è completamente "caduta" proprio come il corpo. La mente umana ha avuto una gran parte nel provocare la Caduta, e la nostra mente risente moltissimo dei risultati. La mente ed il corpo dell'uomo, allo stato naturale, sono feriti, caduti, inclini alla ribellione e alla perversità. La mente non è soltanto un elemento neutrale che risiede in un corpo caduto; le concupiscenze della mente non sono meno reali di quelle del corpo.

 

          Di conseguenza, la mente ha bisogno di redenzione proprio come il corpo. Ha bisogno di essere rinnovata, convertita e trasformata con la potenza dello Spirito e con la Parola di Verità, per poter poi riflettere la mente di Cristo. Come ha detto Paolo:

 

Non conformatevi alla mentalità di quest'epoca, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, per poter discernere qual è la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).

 

          Lo stato naturale della mente umana è quello della vulnerabilità, di essere conforme al modo di pensare del mondo e da esso dominata, un modo di pensare influenzato da Satana e dalle concupiscenze dell'uomo caduto. I cristiani devono passare dal modo di pensare del mondo e a quello dell'era che verrà. Devono imparare a pensare come lo stesso Cristo, e desiderare ardentemente di "far prigioniero ogni pensiero, per renderlo obbediente a Cristo" (2 Cor 10,5b).

Solo nella misura in cui questo avviene, le nostre parole saranno parole di verità, parole di vita.

 

            Passiamo ora a considerare fino a che punto l'attacco all'autorità della Parola di Dio nella Scrittura e nella tradizione estende l'esito logico della propria opera fino ad un attacco diretto alla persona dello Stesso Gesù e alle affermazioni uniche che Egli fa della propria Persona e del proprio ruolo nel piano di Dio per la salvezza della razza umana.

 

 



[1] W.J. Burghardt, S.J., "This World Desperately Needs Theologians," The Catholic Mind, (Marzo 1981), p.36.

[2] [2]S. Agostino, Risposta a Faustus, 115; Sulla Dottrina Cristiana, II, VII, 9(38).

[3]  S. Giustino Martire, Dialogo con Trifo par. 65.

[4]  Card. John Newman, Parochial and Plain Sermons, Vol. I, serm. XIV.

[5] LOR (16 Febbraio, 1981), p. 4, omelia ai sacerdoti del St. Paul College, 24 Febbraio, 1981.

[6] LOR (4 Febbraio, 1980), p.12, omelia durante la messa al Capranica College, 21 Gennaio, 1980.

[7] LOR (5 Febbraio, 1979), p.10, omelia al clero e ai religiosi di Santo Domingo, 26 Gennaio, 1979.

[8] LOR (19 Novembre, 1979) p.12, discorso alle Università Pontificie e ai Collegi Ecclesiastici Romani, 15 Ottobre, 1979.

[9] LOR (4 Febbraio, 1980), p.12, omelia durante la messa al Capranica College, 21 Gennaio, 1980.

[10] Ibid., p. 11, Università e Collegi Ecclesiastici Romani, 15 Ottobre, 1979.

[11] Ibid., p. 12.

[12] Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, XXV, 2, I Documenti del Vaticano II, ed. Walter M. Abbott, S.J., (New York:

America Press, 1966), p. 47 seg.

[13] Costituzione Dogmatica sulla Rivelazione Divina. X, 2, Documenti del Vaticano II, p. 117 seg.

[14] Dichiarazione del Card. Hoffner (18 Dicembre, 1979) su Padre Hans Kung, Origins (3 Gennaio, 1980), p. 465.

[15] LOR  (19 Novembre, 1979), p.12, Discorso alle Università Pontificie e ai Collegi Ecclesiastici Romani, 15 Ottobre, 1979.

[16] Cardinal William Baum, "The Distinctiveness of Christian Morality," discorso di apertura al Simposio sui Principi

della Vita Morale Cattolica (17 Giugno, 1979), p. 1.

[17] Catechesi Tradendae, I, 6, LOR (12 Novembre, 1979), p.2.
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