capitolo quarto METTERE A TACERE IL VANGELO

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MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:21

chiesa e rinnovamento

capitolo quarto


 

 

METTERE A TACERE IL VANGELO

 

 

La tradizionale affermazione cristiana, fondata su una moltitudine di testi della Scrittura, è che Dio ha stabilito Gesù quale Persona unica in grado di compiere la riconciliazione tra Dio e l'uomo. La dichiarazione di Gesù di essere la porta attraverso cui gli uomini entrano nel regno di Dio è allo stesso tempo unica ed assoluta, e costituisce il fondamento di tutto l'impegno missionario della Chiesa.

 

            Le asserzioni uniche di Gesù - e l'intera base della missione cristiana - sono oggi insidiate nell'attacco all'autorità della Parola di Dio. La vera identità di Gesù, l'unico ad essere pienamente uomo e pienamente Dio, è minata ed oscurata dal diniego, da formulazioni ambigue, da "reinterpretazioni" inadeguate e dal puro e semplice silenzio. Tutto ciò costituisce un'insidia al modo in cui l'uomo comprende il ruolo unico e salvifico di Gesù e, con questo, l'intero fondamento della missione cristiana. Quando sono negate od oscurate l'identità di Gesù quale "vero Dio" e la realtà della sua risurrezione corporea, Gesù è inevitabilmente messo a confronto con ad altri "grandi" leader religiosi del passato come Budda e Maometto, uomini che non erano vero "Dio" e che non sono risuscitati da morte, ma che hanno lasciato un'impressione duratura sui loro seguaci.

 

            Passiamo ora a considerare in che modo l'attacco alla Parola di Dio nella Scrittura e nella tradizione, secondo l'interpretazione autentica da parte dell'autorità del magistero della Chiesa, porti molto presto ad un attacco nei confronti dell'identità dello stesso Gesù quale unico Figlio di Dio. Quest'attacco si manifesta oggi in modo particolare nel tentativo di confondere ed offuscare le differenze tra cristianesimo e religioni non cristiane del mondo, con il conseguente offuscamento del ruolo unico di Gesù nel piano di Dio per il mondo; e ciò, in realtà, imbavaglia una predicazione efficace del vangelo.

 

 

Il cristianesimo é unico?

 

            Oggi molti cristiani sono incerti riguardo alla relazione del cristianesimo con quelle che sono comunemente chiamate "le grandi religioni del mondo" - cioè il Giudaismo, l'Islamismo, il Buddismo e l'Induismo. - Per lo speciale legame esistente tra Giudaismo e Cristianesimo, va fatta una distinzione tra questo e le altre religioni del mondo. Questo capitolo metterà a fuoco, in primo luogo, la relazione tra cristianesimo e religioni non Giudaiche del mondo. Va detto tuttavia che la relazione tra cristianesimo e giudaismo non implica in alcun modo che i cattolici non abbiano la responsabilità di occuparsi, nel massimo rispetto, di portare il popolo ebraico alla fede cristiana. Mentre il giudaismo ha una relazione speciale col cristianesimo, il mandato missionario della Chiesa si estende pienamente anche agli Ebrei, oltre che a tutti gli aderenti alle altre religioni del mondo.

 

            I cattolici hanno la vaga impressione che il Concilio Vaticano II abbia in qualche modo cambiato la posizione della Chiesa nei confronti delle religioni del mondo. Si pensa che ora i cristiani possano in qualche misura apprezzare le "intuizioni religiose" dei non cristiani e smettere così di cercare di portarli a Cristo. L'identità religiosa dell'individuo si ritiene un qualcosa determinato dalle preferenze personali o da un accidente culturale, e che quindi non dovrebbe preoccupare nessuno. "In fondo", prosegue il ritornello, "le religioni, alla base, non sono tutte simili, e non costituiscono forse tutte delle vie valide per arrivare a Dio?" Ovviamente quest'atteggiamento è accompagnato da una forte tendenza a minimizzare, a "reinterpretare" o ignorare l'affermazione unica ed assoluta di Cristo, e a mettere Gesù allo stesso livello degli altri "grandi condottieri religiosi".

 

            Ne risulta un "sincretismo" intellettuale e pratico, una mescolanza o un mettere allo stesso livello cose che non necessariamente hanno qualcosa in comune. Persino quando le affermazioni uniche ed assolute di Cristo non vengono chiaramente respinte a livello intellettuale, il sincretismo spesso promuove un'ostilità emotiva a tali affermazioni. Ciò crea un'atmosfera che svigorisce la forza del cristianesimo con la stessa efficacia dell'esplicita apostasia. Se non è chiara la fede nelle affermazioni uniche ed assolute di Cristo, allora la fede è corrotta, l'adorazione ne risulta indebolita e distorta e cessa l'evangelizzazione.

 

            La prima volta che ho incontrato nozioni confuse sull'unicità del cristianesimo fu verso la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta, e ciò avvenne tra gli studenti cattolici delle scuole superiori, gli studenti universitari ed alcuni loro insegnanti. Oggi il sincretismo si è diffuso molto al di là degli studenti; influenza anche i loro genitori e le loro famiglie ed ha cominciato a pervadere la vita cattolica nel suo complesso. Il direttore di una scuola cattolica mi disse quanto fosse difficile trovare insegnanti che avessero compreso in modo deciso l'assolutezza delle affermazioni di Cristo. E cosa ancor peggiore, proseguì, era il fatto che un numero sempre maggiore di genitori cristiani incoraggiavano i figli a studiare vari modi di accostarsi a Dio ed a scegliere il tipo di fede che meglio si adattava a loro. Quel direttore era molto preoccupato: "In queste circostanze", disse, "è impossibile trasmettere la fede agli altri. La prossima generazione di giovani potrà anche chiamarsi cattolica o cristiana, ma il significato sarà completamente diverso da quello inteso da Cristo e dalla Chiesa."[1]

           

            Vi sono persino accostamenti relativistici ed indifferentisti al cristianesimo, promossi apertamente dalla stampa cattolica. In un articolo apparso su un giornale cattolico britannico, un ex seminarista richiese un tipo di accostamento nelle scuole cattoliche che avrebbe "permesso agli allievi di scoprire la verità, dando loro una panoramica delle alternative, perché scegliessero per se stessi la religione più convincente.[2] In risposta, un lettore definì giustamente la proposta un modo folle di accostarsi alla formazione religiosa:

 

Ogni "panorama" di quel genere può essere solo superficiale, e probabilmente anche motivo di confusione. Proporre che potrebbe costituire la base per una scelta consapevole, all'estremo può apparire ingenuo. Più probabilmente potrebbe sfociare nell'opzione, da parte del giovane confuso, per nessuna religione, oppure per il nebuloso amalgama umanistico di quell'insieme![3]

 

            Purtroppo, molti milioni di giovani cattolici si sono ritrovati in possesso proprio di un simile amalgama di opinioni "nebulosamente umanistiche", anziché di una struttura chiara di verità e di vita cristiana. In una città europea la Chiesa Cattolica ha sponsorizzato un festival di "Lode e Preghiera" al quale furono invitati giovani Cristiani, Ebrei e Musulmani, perché si riunissero a celebrare la "Buona Novella". Ma come spesso accade, la "Buona Novella" non è mai stata definita. Il fulcro della celebrazione fu l'evocazione di una vaga "celebrazione della creazione" e di una "apertura alla città".[4]

 

            Anche l'opera missionaria sta subendo un'estesa confusione riguardo alla natura della redenzione operata da Dio in Cristo. Molti missionari, preti, suore e laici, non capiscono più cosa dovrebbero fare come missionari. Alcuni hanno "reinterpretato" la missione, riducendola ad un significato diametralmente opposto a quello da sempre inteso da qualsiasi opera missionaria.

 

            Una suora, in Africa, riassunse per me il suo nuovo metodo: Non considerava più la sua opera presso i musulmani come un'opportunità per portarli a riconoscere e ricevere Cristo quale loro Salvatore e Signore, ma piuttosto per "aiutarli ad essere dei musulmani migliori". Non si tratta qui dell'opinione confusa di un singolo individuo: la più vasta società missionaria cattolica negli Stati Uniti ha dedicato un numero della sua nota rivista missionaria alla considerazione delle relazioni tra musulmani e cristiani. Gli editori hanno dichiarato:

 

I missionari della Maryknoll lavorano a fianco a fianco con i musulmani nelle Filippine, in Bangladesh, in Tanzania, nello Yemen, nel Sudan e in altre nazioni. In realtà l'apostolato della Maryknoll in Bangladesh, dove vi sono pochi cristiani, è progettato particolarmente per essere un servizio verso i musulmani, senza il motivo ulteriore della conversione."[5]

 

            Un missionario della Maryknoll nello Yemen così esprime la propria opinione su questa nuova centralità dell'impegno missionario: "Nel rispetto della vocazione religiosa dell'altro, così come Dio ce l'ha fatta conoscere, ora posso lavorare assieme ad alcuni musulmani per la reciproca conversione ai valori del regno di Dio."[6]

 

            Questi "valori del regno di Dio" risultano spesso incentrati esclusivamente su come migliorare questo mondo:

 

Oggi la loro sfida è quella di capire meglio questo comune retaggio religioso e di avvicinarsi sempre più gli uni agli altri, non solo come individui ma anche come comunità di credenti che affrontano molti problemi simili nel mondo moderno e che sono alla ricerca della stessa meta unificante: la pace e la giustizia nel mondo."[7]

 

            La rivista missionaria del Colombiani, un altro dei principali ordini missionari, nell'edizione del Dicembre 1980 pubblicò degli importanti articoli dedicati all'esaltazione dell'induismo.[8] In quell'edizione natalizia l'argomento centrale riguardava più direttamente "l'incarnazione di Krishna" che non l'incarnazione di Cristo. Un articolo in particolare descriveva come uno dei missionari dell'ordine aveva cercato l'illuminazione spirituale ai piedi di un santone indù. In nessun punto di quegli articoli fu fatto un minimo tentativo per mettere in risalto una qualsiasi inadeguatezza dell'induismo come religione. Quegli articoli conferivano anzi l'impressione che avrebbero potuto non esserci affatto inadeguatezze, e che anche l'induismo poteva costituire una via del tutto adeguata per giungere a Dio. Questa rivista, la pubblicazione di un ordine dedito all'opera missionaria, non accennò mai alla necessità di adoperarsi per portare gli indù alla conoscenza salvifica di Cristo, né ad un qualunque tentativo fatto dal loro ordine per raggiungere quello scopo.

 

            Credo di poter dire onestamente, dalla mia intensa esperienza di viaggi e di osservazioni di prima mano, che oggi l'opera missionaria soffre di grande incertezza in relazione al fatto se i cristiani debbano ancora dedicarsi all'opera di portare gli altri alla conoscenza di Cristo. Accade di rado che l'opera missionaria indirizzata verso la conversione sia accompagnata da quel senso d'urgenza, come se davvero da essa dipendesse qualcosa. La vitalità dell'impegno missionario è stata indebolita dalla convinzione che i potenziali convertiti siano "già cristiani, magari a loro insaputa", che siano dei "cristiani anonimi" o, ancora, che abbiano già dentro di sé "il Cristo nascosto dell'induismo" [9]

 

            Gran parte del sincretismo dilagante nell'opera missionaria della Chiesa trova posto nella rubrica di "adattamento culturale del vangelo alle culture indigene". Il vangelo va ovviamente trasmesso in maniera comprensibile ai popoli di culture diverse: non si dovrebbero presentare unicamente i valori della cultura occidentale come elementi essenziali della fede cristiana. Sono quindi importantissimi i tentativi di creare un cristianesimo africano o asiatico genuini. Ma simili tentativi riguardanti gli adattamenti culturali devono essere espletati da cristiani che abbiano una chiara concezione del significato del vangelo, in particolare quando sono coinvolte altre religioni locali. Purtroppo, non è sempre stato così. In alcuni casi il bisogno legittimo di adattamento culturale è risultato nell'esplicito o tacito diniego del messaggio di salvezza. In alcuni casi è risultato nel sincretismo religioso.

 

            Alcuni preti cattolici incontrati in India, ad esempio, si sono talmente adattati dal punto di vista culturale che sia con le parole sia con l'apparenza, testimoniano l'induismo anziché il cristianesimo. Ho frequentato liturgie "indianizzate" dove si attribuiva maggiore riverenza alle scritture indù che non alla Bibbia. Ho visitato monasteri occidentali nei quali i monaci ricercano la saggezza spirituale per lo meno con la stessa serietà sia dallo "swami" indù in visita, sia dalle fonti cristiane.

 

            Non si dovrebbe sottovalutare l'estensione in cui tale confusione e sincretismo pervadono oggi l'atmosfera della Chiesa. Sulla rivista nazionale dei Gesuiti statunitensi è apparso un articolo che esemplifica il problema. L'autore, nel discutere come si possa rivelare Gesù agli altri senza che venga pronunziato il Suo nome, include casualmente il Mahatma e Gandhi nell'elenco degli esempi cristiani: "Papa Giovanni XXIII rivelava Gesù nel modo di salutare con le mani, Gandhi nella calma con cui affrontava gli avversari ... Helder Camara col suo sorriso."[10]  Se poi Cristo sia rivelato in maniera eloquente nei cenni di saluto espressi con le mani o col sorriso sarebbe un'altra discussione interessante. Ma includere Gandhi in quest'elenco dà l'impressione che essere esplicitamente cristiani o no non abbia poi una così grande importanza.

 

            I mezzi di comunicazione cattolici spesso promuovono approcci sincretistici alle altre religioni e spiritualità. Un giornale cattolico nazionale degli Stati Uniti una volta mise in prima pagina la fotografia di un rituale della pubertà degli indiani Apache, mentre l'articolo che lo accompagnava faceva riferimenti positivi a questa mescolanza benigna della religione Apache pre-cristiana con quella cristiana.

 

   Adam Lupe, cattolico, ma anche esperto praticante della religione indiana, era felice di vedere visitatori bianchi, incluse le suore. Lui non aveva problemi sulla sintesi delle due religioni: "Queste sono le nostre vie, ce le hanno date Gesù e Maria."

   Lupe aveva studiato in un collegio cattolico. "Quand'ero un ragazzino, mi hanno fatto il lavaggio del cervello dicendomi che queste erano superstizioni e che gli uomini della medicina non erano cosa buona." Ma disse che entrambe le religioni avevano molto a che fare coi simboli, con la meditazione, la preghiera e il rituale, e non vi è nulla nell'una che escluda l'altra."[11]

 

            Altri esempi abbondano. Ad un noto studioso delle Scritture fu chiesto, in un'intervista pubblicata da una popolare rivista cattolica, di rispondere alla seguente domanda: "Cosa ne pensa delle scritture delle altre religioni, come quella Indiana? Sono valide?" La risposta fu: "Non ho alcun problema al riguardo... E non ho affatto problemi nell'accettare che si può parlare di quelle scritture come divinamente ispirate..."[12]

 

            Una rivista cattolica a larga diffusione per la famiglia ha caldamente raccomandato ai comuni cattolici di leggere e usare un libro intitolato: Invitation to a Great Experiment: Exploring the Possibility that God May Be Known, [Invito ad un grande esperimento: Esplorare la possibilità di poter conoscere Dio]. Il suo autore assume un atteggiamento sincretistico. Nell'introduzione descrive il suo fermo impegno a ciò che egli chiama: "ibridismo spirituale":

 

Sebbene ora io mi professi cristiano, sono ancora un bastardo nel senso che scopro la verità anche in altre religioni, sia del passato sia del presente, nei movimenti spirituali non religiosi e negli uomini senza alcuna etichetta religiosa, ma orientati verso lo spirituale; da tutte queste fonti ricevo aiuto, e in esse mi delizio. Ricerco dovunque e con passione la mia luce e non mi pare che questo modo di procedere sia motivo di confusione ma, al contrario, illumina e edifica. Credo che oggi per molti di noi sia possibile e necessario, nel ricercare il volto di Dio, non solo guardare in alto ma anche in basso, e non solo in casa ma anche in giro. Questa prospettiva è radicata in una convinzione profonda, alla quale io aderisco con forza e, se continuerete a leggere lo farete anche voi."[13]

 

            L'atmosfera del libro è gravida di relativismo religioso, di indifferentismo e di sincretismo. L'autore mette le Scritture delle "grandi religioni" sullo stesso livello di verità e di affidabilità. Egli scansa del tutto le affermazioni uniche ed assolute di Gesù; il cristianesimo per lui non è altro che una delle varie vie verso l'illuminazione spirituale.

 

            Purtroppo, il materiale contenuto in questo libro non è particolarmente insolito negli scritti religiosi cattolici contemporanei. Il fatto insolito è che una rivista cattolica popolare, con circolazione di massa, gestita da un ordine religioso dedito alla predicazione della croce di Cristo e pubblicata in una diocesi retta da un vescovo cattolico, metta in copertina la presentazione di un libro tanto sovversivo per la fede cristiana genuina.[14]

 

            Attualmente è in corso di pubblicazione, da parte del principale editore cattolico degli Stati Uniti, una serie di classici in diversi volumi sulla spiritualità occidentale. La serie include opere di maomettani, ebrei, cristiani ortodossi, i Padri della Chiesa ed i mistici cristiani ortodossi.[15] Questa serie di "Classici della Spiritualità Occidentale" è destinata a scuole e librerie cattoliche, come pure ai lettori in generale. La casa editrice che sponsorizza quest'impresa sincretistica è gestita e controllata da un ordine religioso fondato per predicare il vangelo e per portare la gente a Cristo e alla Sua Chiesa.

 

            Un'altra grande casa editrice, questa radicata nella chiesa Episcopale, pubblica una rivista di libri religiosi. In un'edizione, la sezione che raccomanda libri di preghiera e di meditazione di recente ha considerato alla stessa stregua opere diverse come: I-Ching Transactional Analysis e le opere apertamente occulte di Carlos Castaneda - assieme alla "Philokalia" e all'Imitazione di Cristo.[16]

 

            Altra fonte di confusione e di ambiguità sta nei programmi di ritiri e di formazione religiosa continua sponsorizzati da alcuni reparti diocesani di istruzione religiosa, da ordini religiosi e case di ritiri. Offerte recenti di corsi da parte di grandi istituzioni cattoliche di una grande città della costa americana orientale includevano corsi come: "La storia di Jung," "Yoga e meditazione" e il "Seminario di sostegno alla meditazione".

 

            Quest'ultimo corso offre istruzioni per avvicinarsi alla spiritualità cosiddetta "Journal", [Giornale - Diario] metodo divenuto assai popolare in molte case di ritiri cattoliche ed in molti centri di rinnovamento spirituale. La sequenza sistematica di Seminari "Journal", come progettati dalla loro fondatrice Dr. Ira Progoff, merita un attento esame. Una delle sue opere chiamata: "The Image of an Oracle," è così descritta nella letteratura promozionale: "dodici interviste con le quattro figure di 'controllo' della 'medium' Eileen Garret." Il dettagliato commento della Dr. Progoff abbozza un nuovo "terzo accostamento all'esperienza parapsichica."[17] Migliaia di preti, suore, laici, come pure diverse istituzioni cattoliche ufficiali di "rinnovamento spirituale" stanno abbracciando con entusiasmo questo metodo. E se il metodo può anche avere caratteristiche utili, il suo collegamento, attraverso la fondatrice, a fonti e pratiche apertamente occulte, è ben degno di rilievo.

 

            I cattolici sono stati tragicamente recettivi anche nei confronti di altri programmi di spiritualità e di meditazione collegati con l'occulto. Esempi di rilievo sono la Meditazione Trascendentale, che mette in risalto l'adorazione di un guru morto, e il Silva Mind Control, che promette due "guide spirituali".[18]  I cattolici di quella stessa città della costa orientale possono rinnovare la propria spiritualità nel Seminario Enneagram, descritto come "antico accostamento Sufi allo studio della personalità". Il seminario è condotto da due suore e sponsorizzato dal centro di rinnovamento dei Gesuiti che porta il nome di un martire gesuita della fede.

 

            Lo stesso giornale cattolico inglese contenente l'articolo che consigliava l'approccio "panoramico" all'istruzione religiosa, riferiva un incontro tra monaci buddisti e benedettini nel quale "i buddisti si unirono ai fratelli cattolici non solo nel dialogo teologico, ma anche nell'adorazione." Cattolici e buddisti erano d'accordo che:

 

il loro fine era identico; solo i mezzi erano diversi. I buddisti erano lieti di entrare nell'esperienza della spiritualità occidentale. I benedettini erano lieti di acquisire una più profonda intuizione nelle forme Zen della meditazione buddista, tanto attraenti per la gioventù europea e in particolare per quanti si sono alienati dal cristianesimo. Sono anche rimasti profondamente impressionati dall'importanza del silenzio nella tradizione buddista.[19]

 

            Questo esperimento particolare ebbe luogo in un monastero tedesco, citato come uno dei molti in Europa che tengono "incontri spirituali" di questo tipo.

 

            Ovviamente, nelle situazioni che stiamo esaminando sono coinvolti complessi ed importanti problemi, che richiedono una considerazione e una valutazione accurate. L'adattamento culturale è un vero problema: Vale la pena chiedersi se, e fino a che punto, le tecniche provenienti da religioni non cristiane possano essere usate per scopi cristiani senza adulterare la fede, la vita e l'adorazione cristiana.

 

            Oggi tuttavia i cattolici raramente sono alle prese, in modo responsabile e consapevole, con questioni simili. Accade piuttosto che l'effetto pratico del modo in cui vengono generalmente presentate è far sì che servano da veicolo per adulterare la fede cristiana, indebolire l'adorazione e insidiare l'evangelizzazione e la catechesi dei giovani. Teorie teologiche malsane vengono propinate come verità evangelica. Pratiche religiose orientali vengono fornite ad un pubblico di massa senza preoccuparsi troppo dei loro effetti sulla chiarezza della dottrina e sulla vera relazione individuale con Dio. Si ignorano i loro puntelli, spesso celati, con l'occulto.

 

            I casi di sincretismo finora citati non sono esempi isolati attribuibili all'ignoranza e all'ingenuità. Il sincretismo è cosa comune. Il fatto che essi non siano esempi isolati è indicativo di un dilagante spostamento nelle attitudini e convinzioni di molta gente. La corrente di dichiarazioni teologiche e popolari che mettono il cristianesimo allo stesso livello delle altre religioni del mondo è indicativa, credo, della profonda e diffusa perdita di fiducia nella verità delle affermazioni di Cristo. Molta gente è arrivata ad avere una profonda incertezza non solo riguardo alla verità e all'autorità della Parola di Dio nella Scrittura, ma anche della persona reale dello stesso Cristo, della Sua identità e delle Sue affermazioni.

 

            La campagna per l'apertura verso le altre religioni viene portata avanti con un tale fervore morale che diventa sempre più difficile menzionare - e tanto meno difendere - le affermazioni uniche ed assolute del cristianesimo. I cristiani ortodossi sono rimproverati di ristrettezza e di mancanza di carità; e sono classificati come "chiusi" quando si rifiutano di adottare il pensiero sincretistico e le pratiche patrocinate da chi è "aperto", "ben informato" e "di larghe vedute." I nuovi sincretisti invocano l'autorità del "consenso dei teologi più influenti" e "lo spirito del Vaticano II". Purtroppo, queste invocazioni equivalgono in molti casi alla giustificazione per distruggere la fede cristiana.

 

            Come abbiamo fatto ad entrare in questa situazione? E come uscirne?

 

 

Lo spirito del Vaticano II

 

            Gran parte della confusione riguardante la relazione del cristianesimo con le altre religioni del mondo è stata disseminata come: essere nello "spirito del Vaticano II". I tentativi di attenersi alle affermazioni uniche ed assolute di Cristo quale fondamento di ogni impegno missionario sono stati spesso messi in disparte perché considerati sorpassati, "precedenti alle idee del Vaticano II". Vale quindi la pena chiedersi cosa ha insegnato il Concilio riguardo alla relazione del cristianesimo con le religioni del mondo.

 

            Il Concilio ha chiaramente riconosciuto gli elementi positivi trovati nelle religioni del mondo. Questo nel mantenere la sua strategia pastorale globale pertinente le relazioni tra Chiesa ed elementi al di fuori di essa. Ha cercato di creare un clima di amicizia e di rispetto e di stabilire un "dialogo" continuato. Il Concilio sperava che questa atmosfera avrebbe permesso una migliore possibilità di presentare con efficacia le affermazioni di Cristo e anche di preparare il terreno per una possibile collaborazione congiunta per lo sviluppo umano.

 

            I tentativi del Concilio di creare un clima positivo non implicavano in alcun modo che qualche altra religione, diversa dal cristianesimo, fosse una via efficace di salvezza. L'impegno a stabilire un dialogo con le religioni del mondo non implicava assolutamente che il suo scopo ultimo fosse in qualche modo diverso da quello di trovare delle opportunità in cui Cristo avrebbe potuto essere proclamato con efficacia quale rivelazione unica ed assoluta di Dio e la sola via verso il Padre.

 

            Guardiamo ora quei passi della "Dichiarazione sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane" che si trovano nel Concilio, spesso citati in modo inesatto e fatti passare per istruzioni per abbandonare l'esplicita attività missionaria tra i non cristiani.

 
MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:21
   La Chiesa Cattolica non respinge niente di quanto in queste religioni è vero e santo. Essa ammira con sincero rispetto quei metodi di condotta e di vita, quelle regole ed insegnamenti che, se pur diversi in molti particolari da quanto essa ritiene giusto e presenta, spesso riflettono, tuttavia, un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. In realtà, essa proclama e dovrà sempre proclamare Cristo, che è "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6), nel quale gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a Sé tutte le cose (cf. 2 Cor 5, 18-19).

     La Chiesa ha quindi questa esortazione per i suoi figli; con prudenza ed amore, attraverso il dialogo e la collaborazione con i seguaci di altre religioni ed a testimonianza della fede e della vita cristiana, riconoscere, conservare e promuovere i beni morali e spirituali che si trovano tra quegli uomini, come pure i valori della loro società e della loro cultura.[20]

 

            Come avviene per i passi isolati della Scrittura, la giusta interpretazione di passi isolati dei documenti conciliari richiede la comprensione del loro contesto e la loro relazione agli altri documenti. Ad esempio, per capire pienamente le implicazioni che i passi citati sopra potrebbero avere sull'attività missionaria della Chiesa, sarebbe necessario consultare i documenti su quell'argomento. E, secondo quanto ha rilevato di recente Giovanni Paolo II, anche lo stesso Concilio va interpretato alla luce della Scrittura e dell'intera tradizione della Chiesa che lo ha presentato.

 

            Tuttavia, anche senza questa necessaria interpretazione, il significato del passo citato sopra - la dichiarazione più forte contenuta nel Concilio sugli aspetti positivi delle relazioni con religioni non cristiane - è chiarissimo. Essi riaffermano la necessità di proclamare il vangelo a tutti gli uomini, e accentuano che la testimonianza della fede e della vita cristiana è un elemento necessario del dialogo.

 

            Eppure, perfino durante lo stesso Concilio e nei mesi immediatamente successivi, sono stati fatti tentativi per spingere l'interpretazione di questi ed altri passi in direzione antitetica rispetto alle intenzioni dei Padri Conciliari. Ad esempio, nella traduzione inglese più diffusa del documento sulle religioni non cristiane si scelgono vocaboli che spingono l'interpretazione nella direzione che porta a offuscare la distinzione tra religioni cristiane e non cristiane. Nella sezione appena citata ad esempio, la citazione degli elementi positivi della religione, l'invito a predicare il vangelo è preceduto dalla parola inglese "indeed" - La miglior traduzione della parola del testo latino ufficiale (vero) sarebbe "however" anziché "indeed".[21] Questa affermazione è sostenuta non solo dal latino originale ma anche nella revisione della decisione presa dai traduttori francesi, i quali traducono "vero" con "toutefois". Eppure la scelta di "indeed" fa sembrare che le due parti di questo passo siano tra loro in un contrasto meno acuto di quanto non lo siano veramente. L'effetto è quello di oscurare la distinzione tra il cristianesimo e le religioni non cristiane.

 

            Un'altra cattiva traduzione inglese dello stesso documento conciliare ha l'effetto di oscurare la differenza tra Chiesa e mondo. Un passo del documento cita 1 Pietro 2,12, che alla lettera significa "mantenete una buona condotta tra i pagani" oppure, "comportatevi in modo onorevole tra i pagani". Il traduttore inglese ha scelto l'insolita traduzione: "mantenetevi in buona amicizia tra le nazioni". Questo rende ambiguo il fatto se i cristiani debbano mantenere una buona condotta fra di loro, per essere di buon esempio alle nazioni, o forse mantenere l'amicizia tra le nazioni e con le nazioni. Una nota in calce alla traduzione inglese spiega che il passo è stato tradotto in questo modo per meglio "cogliere lo spirito del documento conciliare".[22] La traduzione tuttavia, offusca il chiaro significato del documento del Concilio e tende perfino a ribaltarlo.

 

            Papa Paolo VI scrisse la "Evangelii Nuntiandi" in parte anche per contrapporre e correggere queste errate interpretazioni del Concilio:

 

Né il rispetto e la stima per queste religioni (non cristiane) e neppure la complessità delle questioni sollevate costituiscono un invito alla Chiesa ad astenersi dal proclamare Gesù Cristo a questi non cristiani ... [il cristianesimo] stabilisce davvero una relazione viva ed autentica con Dio, cosa che le altre religioni non riescono a fare, anche se hanno, per così dire, le braccia protese verso il cielo.[23] 

 

            Paolo VI non avrebbe potuto affermare con maggior chiarezza l'insegnamento della Chiesa: le religioni non cristiane non sono in grado di riconciliare in maniera efficace gli uomini con Dio. La necessità di proclamare il Vangelo di riconciliazione per mezzo di Cristo rimane più urgente che mai.

 

            Giovanni Paolo II ha continuato a sottolineare le affermazioni uniche ed assolute di Cristo e la necessità di annunziare Cristo a tutti gli uomini. In più, egli ha rivolto questo appello in particolare ai responsabili del dialogo con le religioni non cristiane. In un incontro con i membri dell'Assemblea Plenaria del Segretariato per i Non Cristiani - il corpo Vaticano responsabile del dialogo dei cattolici con le religioni non cristiane - il papa ha definito tale scambio un "dialogo di salvezza", una parte della grande missione evangelica della Chiesa di invitare tutti gli uomini a venire a Cristo:

 

    Un cristiano trova interessantissimo osservare persone sinceramente religiose, leggere ed ascoltare le testimonianze della loro saggezza ed avere prove dirette della loro fede ... Allo stesso tempo egli ha la terribile responsabilità e l'immensa gioia di parlare a quelle persone con semplicità ed apertura ... delle "potenti opere di Dio" (Atti 2,11), di cosa Dio stesso ha fatto per la felicità e la salvezza di tutti in un'epoca particolare ed in un uomo particolare, che Egli ha risuscitato e che è nostro fratello e Signore, Gesù Cristo, "discendente di David secondo la carne ... Figlio di Dio in potenza secondo lo Spirito di santità" (Rom. 1,4).

    Sono lieto di vedere che il Segretariato ha fatto sua questa volontà di entrare in comunicazione, una caratteristica della Chiesa nel suo insieme, e che ha messo in pratica questa comunicazione attraverso quello che Paolo VI ha definito: "Il dialogo di salvezza."[24]

 

            Giovanni Paolo II ha dichiarato inoltre che la nozione di dialogo non è motivata se non dal desiderio espresso da Paolo di diventare "tutto a tutti gli uomini, per poter salvare almeno alcuni di loro" e di coltivare diversi tipi di approccio "nell'interesse del vangelo."[25]

 

            Durante la sua visita in Giappone, egli chiese di incontrarsi con i leader delle religioni non cristiane, e mentre dichiarava solennemente il rispetto per i loro valori e la necessità di dialogo e di collaborazione congiunta dove possibile, per servire i bisogni dell'umanità, con grande audacia egli proclamò loro il vangelo:

 

Sì, davvero, in molte cose voi già siete con noi. Ma noi cristiani dobbiamo anche dire che la nostra fede è Gesù Cristo: É Lui che proclamiamo. E diremo ancora di più, ripetendo le parole di San Paolo; "Ho deciso di non conoscere altro tra voi se non Cristo, e Lui crocifisso" (1 Cor 2,2) - Gesù Cristo, che è anche risorto per la salvezza e la felicità di tutto il genere umano (cf. 1 Cor 15,30). Di conseguenza, noi portiamo il Suo nome e il Suo messaggio di gioia a tutti i popoli, e mentre sinceramente onoriamo le loro culture e tradizioni, rispettosamente li invitiamo ad ascoltare Gesù e ad aprirGli il cuore. Quando entriamo nel dialogo, è per rendere testimonianza all'amore di Cristo oppure, in termini concreti, "per promuovere unità e carità tra gli individui, in realtà tra le nazioni, fermandoci in primo luogo a riflettere su quanto abbiamo in comune e su cosa tende a promuovere l'amicizia tra noi" (cf. Nostra Aetate, 1).[26]

 

 

La teoria del "cristianesimo anonimo"

 

            L'errata comprensione del dialogo e dello "spirito del Vaticano II" è solo una delle fonti di confusione riguardo alla relazione tra cristianesimo e religioni non cristiane. Un'altra fonte sta in quelle teorie teologiche largamente pubblicizzate, che hanno dato l'impressione a molti cristiani che, in fondo, non è più così importante proclamare esplicitamente il vangelo e portare i non credenti al pentimento, alla fede, al battesimo e a diventare membri della Chiesa.

            Di queste teorie, la più conosciuta è quella dei "cristiani anonimi".[27]  In breve, alcune varianti di questa teoria ritengono che molte persone consapevolmente ed esplicitamente buddiste, indù o perfino atee, possono in realtà essere cristiane e membri del Corpo di Cristo perché "accettano pienamente la propria umanità", oppure perché "abbracciano il mistero della propria esistenza". Alcune varianti sul tema parlano del "Cristo nascosto nell'induismo", ed implicano che sebbene gli indù respingano consapevolmente le affermazioni di Cristo, essi già Lo conoscono, hanno una fede implicita e quindi sono salvati.

 

            Se l'esplorazione di possibilità teologiche quali il "cristianesimo anonimo" può sicuramente costituire una parte legittima dell'impresa teologica - e la teologia ha bisogno di una sfera legittima di libertà per intraprendere tali esplorazioni - l'effetto pratico di ciò che in realtà è stata pura speculazione è risultato devastante. Non è questo il luogo per una discussione dettagliata circa le responsabilità pastorali dei teologi in tensione con la legittima libertà teologica. Ma è forse il caso di rilevare ancora una volta la solenne responsabilità che la Parola di Dio pone su quanti hanno un servizio teologico e di insegnamento nella Chiesa; "Non dovreste diventare maestri in molti, fratelli; dovreste rendervi conto che quelli di noi che lo fanno sono chiamati ad una resa dei conti più severa" (Gc 3,1). Oppure, come disse Gesù: "Sarebbe meglio per chi porta fuori strada uno di questi piccoli che credono in Me, che si legasse una macina al collo e fosse gettato in fondo al mare" (Mt 18,6).

           

            Qui non ci stiamo preoccupando del problema di come dovrebbe essere esercitata la libertà teologica, e neppure della teoria del "cristianesimo anonimo" in se stessa. (Sebbene vada detto che, mentre i principali proponenti della teoria consigliano i lettori di non smettere di evangelizzare, la logica della loro discussione insidia a sufficienza l'insegnamento della Scrittura e del Concilio, al punto che la motivazione ad evangelizzare in realtà è indebolita). Ci preoccupiamo piuttosto degli effetti pastorali della promulgazione su vasta scala di queste teorie.[28]

 

            In alcuni casi simili teorie portano ad un'amalgamazione sincretistica di cristianesimo ed induismo. Un prete cattolico proveniente dall'India mi ha detto di recente che il superiore di un ordine religioso del suo paese stava cercando di costruire alcune comunità cristiane di base che includessero cristiani e indù. Basava quel progetto su teorie teologiche che sostenevano che gli indù erano già cristiani anche senza saperlo, e che essi non hanno bisogno del pentimento, della fede e del battesimo quali prerequisiti alla piena partecipazione alla vita della Chiesa.

 

            Gli effetti devastanti delle teorie rese popolari del cristianesimo anonimo sono soprattutto visibili in paesi come l'India, dove i cristiani sono una piccola minoranza in una cultura dominata da un'altra religione. Nel 1979 un teologo indiano nelle Filippine fece un discorso ad una conferenza di trentasette vescovi cattolici provenienti da Asia, Europa e Nord America. Nel corso della conferenza egli dette un'incredibile spiegazione razionale del virtuale abbandono in India dell'attività missionaria cristiana. Secondo la relazione della conferenza dei vescovi, il teologo suggerì che il fatto che i membri delle religioni più elevate, quali l'induismo e il buddismo, non si convertano, può essere un segno che essi non si debbano convertire. Non c'è niente nel Nuovo Testamento, disse il teologo, che affermi che tutti gli uomini debbano diventare cristiani secondo il significato da noi comunemente inteso del termine. L'umanità, e non la Chiesa, è la comunità di base o popolo di Dio, come dimostrato nella Genesi. La Chiesa è una comunità simbolo che testimonia certe verità, ma ci possono essere altre comunità simbolo, le religioni più elevate per esempio, che hanno un proprio ruolo, ugualmente valido nel piano completo di Dio. Stando così le cose, la Chiesa è chiamata ad un sincero dialogo e ad una condivisione reciproca per realizzare le verità più vaste.[29]

 

            L'autore di questa relazione, membro del personale dell'Ufficio delle Conferenze Episcopali per lo Sviluppo Umano per l'Asia, ha trovato convincenti le opinioni del teologo:

 

Perfino il visitatore che viene in India ... può in qualche modo percepire le difficoltà incontrate da un teologo d'animo sensibile nell'identificare il popolo di Dio con la Chiesa. Se davvero il minuscolo gruppo di cattolici, e di cristiani nell'insieme, è il popolo di Dio, chi sono gli altri 600 milioni di uomini, donne e bambini che affollano la nazione, alcuni dei quali si incontrano quotidianamente al mercato, nelle baracche e sugli autobus? Sono affascinanti ed umani proprio come i cristiani, e Dio li ama come ama i cristiani. Ha dato loro quelle religioni in cui trovano un senso. Essi non cercano di convertirsi al cristianesimo. Definire la loro vita in termini di chiesa e di concetti teologici tradizionali può essere del tutto contrario a quanto Dio, nella Sua saggezza, ha stabilito. Può anche darsi che alla fine sia necessario far questo, ma l'amore e il rispetto per i nostri fratelli e sorelle, e l'umiltà davanti al mistero di Dio, non ci richiedono forse di cercare nuove intuizioni teologiche che diano maggior dignità ed eguaglianza ai non cristiani e alle loro religioni, permettendo loro di vedere la distesa del piano di Dio?[30]

 

            Questo funzionario della Chiesa, in una posizione influente sul personale della Conferenza dei Vescovi Asiatici, concluse col ragguardevole consiglio che i cristiani comincino a considerare le altre religioni come "salvifiche". Affermò che il cristiano riguardoso e sensibile ha bisogno di convincersi che le altre religioni sono salvifiche, che le conversioni non sono necessarie e che il cristianesimo ha molto da imparare da Dio e su Dio tramite l'Islam, l'induismo e il buddismo.[31] 

 

            Idee simili si sono oggi molto diffuse nella Chiesa, e non solo tra le avanguardie intellettuali, ma anche tra le guide pastorali e i cattolici comuni. Sono diffuse anche in alcuni segmenti del protestantesimo, e continuano ad essere attivamente propagandate, con risultati devastanti per l'effettiva opera missionaria nello spirito d'intraprendenza missionario protestante. Un missionario della Chiesa Unita di Cristo, anche presidente di un centro missionario di ricerche nelle Filippine e consulente sia presso il Consiglio Mondiale delle Chiese sia presso il Consiglio Nazionale delle Chiese degli U.S.A., dichiarò in un'intervista che il dialogo tra cristiani e musulmani dovrebbe centrarsi sulla comprensione reciproca e sul cambiamento sociale e che l'impegno a portare i musulmani a Cristo è obsoleto. Disse che: "I tempi della conversione sono finiti."[32]

 

            Teorie simili - giudicate per se stesse e dai loro frutti - sono in completo disaccordo con la Parola di Dio nella Scrittura e nell'insegnamento della Chiesa, e in realtà hanno l'effetto di minare in maniera diretta e perniciosa l'intero impegno missionario della Chiesa. Sia che provengano da non esaminate presupposizioni in una moderna antropologia filosofica europea, o da una precedente dedizione al "valore salvifico" dell'induismo, o ancora dall'impazienza di voler seppellire i problemi della verità a favore di un'attività politica congiunta, esse producono tutte il risultato di allontanare i cristiani dall'impegno a proclamare il messaggio salvifico di Cristo a tutte le nazioni.

 

            Le teorie e gli approcci sincretistici non solo svuotano la Chiesa della sua vitalità missionaria, ma alla fine porteranno ad abbandonare ogni forma riconoscibile di fede cristiana. Alcuni pensatori cristiani "progrediti" hanno già intrapreso questo passo estremo.

 

            Un pastore protestante ad esempio, scrisse un articolo per un importante giornale cristiano in cui spiegava lucidamente, nei dettagli e senza alcun timore, i presupposti spesso inconsapevoli alla base del sincretismo. Scrisse che: "Stiamo aumentando i contatti con le altre religioni del mondo, e insistere sull'unicità del Gesù storico non può che risultare in un ostacolo." E proseguì:

 

I cristiani non avrebbero mai dovuto fare di Gesù un dio. É sin troppo ridicolo ritenere che Dio abbia dato il Suo amore - che abbraccia tutto il mondo - unicamente tramite Gesù. Nel tentativo di universalizzare il cristianesimo noi cristiani possiamo anche servirci di espressioni del tipo i "cristiani anonimi" e il "Cristo cosmico," ma poi dovremmo fraternizzare con termini quali "il Budda universale" o la "pluralità delle incarnazioni". L'amore di Dio che abbraccia il mondo intero non può essere confinato a nessuna persona storica particolare, Gesù incluso. Ho dichiarato in precedenza che, rispetto a 20 anni fa, ora si parla poco dell'unicità e completezza universale di Gesù. Eppure sembra ancora che ognuno faccia di tutto per accampare dei diritti sull'uomo di Nazaret - il Rivoluzionario e il pacifista, il Marxista e il capitalista, l'evangelico e il liberista. Propongo di lasciarlo in pace per qualche tempo. Proprio come Gesù disse ai Suoi discepoli: "É meglio per voi che Io Me ne vada. Perché se non Me ne vado, non verrà a voi l'Avvocato" (Gv16,5), così anche noi dobbiamo avere il coraggio di dire che è meglio che Gesù Se ne vada nell'interesse dell'amore di Dio."[33]

 

            In quest'epoca, nella Chiesa cattolica il compromesso della verità cristiana di base può essere più una questione di confusione, di ingenuità e di perdita di fiducia che non il desiderio esplicito di sbarazzarsi di Gesù. L'effetto tuttavia è lo stesso. Vale anche la pena notare che vi sono alcuni, come l'estratto dell'articolo qui sopra spiega bene, che consapevolmente ed in modo esplicito si danno da fare per minare la fiducia nelle affermazioni uniche ed assolute di Gesù Cristo.[34] Il loro scopo è quello di piegare tutte le religioni del mondo ad uno sforzo cooperativo di asservimento ai vari programmi politici, sociali ed economici.

 

            Il Nuovo Testamento descrive quel tipo di tentativi come l'opera stessa dello spirito dell'Anticristo:

 

Chi è il bugiardo? Colui che nega che Gesù è il Cristo. Questi è l'Anticristo, che rinnega il Padre e il Figlio. Chiunque rinneghi il Figlio non ha rivendicazioni sul Padre, ma chi riconosce il Figlio afferma anche il Padre (1 Gv 2,22-23).

 

Nei tempi passati c'erano i falsi profeti tra il popolo di Dio, ed anche tra voi ci saranno ancora i falsi maestri che contrabbandano eresie perniciose. Arriveranno fino a rinnegare il Maestro che li ha acquistati come Suoi, procurandosi così un rapido disastro. Molti seguiranno le loro dissolutezze e per colpa loro la via della verità sarà fatta oggetto di disprezzo (2 Pt 2,1-2).

 

            Si deve riconoscere che proprio come ai tempi del Nuovo Testamento, ci sono tra noi quelli che si dicono cristiani e che sono membri delle varie Chiese cristiane, ma che servono gli scopi dell'anticristo.

 

 

L'esperienza del fallimento

 

            Una terza fonte della debolezza missionaria della Chiesa - assieme all'errata interpretazione del Vaticano II e all'influenza di alcune teorie teologiche - è l'esperienza del fallimento ottenuta dai missionari cristiani nella loro opera. Il lavoro missionario è difficilissimo: Nell'Europa occidentale post-cristiana, nei Paesi del Terzo Mondo un tempo dominati dai Marxisti, nell'America Latina solo nominalmente cattolica e in Asia, i risultati sono stati scarsi. Molti missionari cristiani sono diventati impazienti di aderire a qualsiasi idea teologica o a qualunque strategia pastorale che potesse far sembrare meno dolorosa la loro apparente inefficacia. Considerando le masse di indiani apparentemente indifferenti all'impegno dei missionari cristiani, diventa sin troppo facile aderire a teorie del tipo "il Cristo nascosto nell'induismo". Considerato lo scetticismo dell'uomo europeo moderno in una società post-cristiana, assieme all'ovvia debolezza di molte parti della Chiesa europea, la teoria del "Cristianesimo anonimo" diventa attraente. L'apparente impenetrabilità dell'Islam al vangelo aiuta a spiegare perché dei concetti tronchi di "dialogo" diventino popolari. La perdita di fiducia nella verità e nella potenza della Parola di Dio aiuta a giustificare il tema dominante nei circoli missionari moderni della necessità che il missionario sia "convertito" da coloro che serve, e che "impari da" quelli a cui è stato mandato. Mentre va senza dubbio incoraggiata la crescita nell'impegno e nella conoscenza, l'illustrazione predominante che oggi viene spesso data è quella del missionario che diventa il "recipiente" - e non anche il portatore - di un tesoro prezioso e di un messaggio insostituibile.[35]

 

            Pare che persino alcuni membri della gerarchia siano colpiti dall'esperienza del fallimento. Talvolta, in alcune loro dichiarazioni, teologi e vescovi dei paesi del Terzo Mondo tradiscono la spossatezza e le loro speranze frustrate. Un vescovo di un paese asiatico ha espresso con candore questa mentalità:

 

Noi non cerchiamo di convertire i musulmani o gli indù. Ci abbiamo provato ed abbiamo largamente fallito e nel prevedibile futuro, tra le correnti principale di buddisti, musulmani e indù quasi non vi è speranza di conversioni. E, come ho detto, le loro religioni sono da Dio. La conversione verrà in seguito, forse, magari a secoli di distanza, ai tempi stabiliti da Dio Stesso.[36]  

 

Oppure, come disse in modo quanto mai sorprendente un vescovo del Bangladesh:

 

L'evangelizzazione è più vasta che "fare cristiani" battezzando la gente, ecc. Dopotutto, la fede è un dono di Dio e non opera mia ... l'Islam e l'Induismo sono (religioni) salvifiche, perché come potrebbe il Dio buono abbandonarle? Qual è, allora, il ruolo della Chiesa? Se avete qualcosa che ritenete buona e preziosa per voi, la volete condividere con altri. Sono convinto che il cristianesimo sia una rivelazione più completa e che può allietare la vita di tutti i miei fratelli, perciò la comunico agli altri. Non tanto perché io pensi che i musulmani ne abbiano bisogno: non si offre una sigaretta ad un amico perché ne ha bisogno, ma perché ne provate piacere e volete che lui gioisca con voi.[37]

 

            L'esperienza del fallimento - la tensione tra le affermazioni del vangelo e l'apparente mancata risposta allo stesso vangelo - se dura troppo a lungo può lacerare una persona. Il missionario che si trovi in questa situazione ha due opzioni: cambiare il vangelo per renderlo più accettabile, oppure chiedere a Dio che gli mostri le vie per presentarlo in maniera più efficace, assieme alla forza di perseverare nell'impegno, indipendentemente dai risultati. Ma la tragedia è che molti missionari hanno scelto di cambiare il vangelo o di abbandonare l'impegno a predicarlo, e placano la propria coscienza con cattive interpretazioni del Concilio o errate teorie teologiche. Ma la soluzione cristiana del problema sta proprio nella direzione opposta: rivolgersi a Dio per ricevere la sapienza, la forza, il sostegno e la potenza, nella convinzione che faticare per Lui non è mai invano, anche quando mancano i risultati apparenti.

 

            A questo proposito, non serve a nulla lo straordinario successo dei movimenti carismatico e pentecostale là dove molte delle principali Chiese si sono arrese. Persino nei luoghi in cui le maggiori Chiese sono considerate forti, come l'Africa, le varie chiese carismatiche e pentecostali indipendenti attirano - col loro fervore e la libertà di adorazione, col calore dell'amicizia e i ministeri di liberazione e di guarigione in cui si manifesta in maniera tangibile la potenza di Dio - la fedeltà di molti protestanti e cattolici. Non serve neppure a nulla che in Giappone, dove in centinaia d'anni il cristianesimo tradizionale di stile occidentale non ha fatto evidenti progressi, la più vitale delle nuove religioni giapponesi, che incorpora ministeri di guarigione e di liberazione, sia cresciuta rapidamente.

 

            Giovanni Paolo II ha accennato alla pressione schiacciante nel vedere masse di esseri umani che ancora non conoscono Cristo, e alla magnitudine del compito che ci sta davanti. Egli propone una soluzione: non un cambiamento del vangelo, ma un cambiamento in noi stessi e nel nostro modo di capire le verità del vangelo.

 

Le necessità spirituali del mondo moderno sono immense! Se osserviamo le foreste sconfinate di edifici nelle moderne metropoli, invase da moltitudini innumerevoli, non possiamo che restarne spaventati. Come raggiungere queste persone e portarle a Cristo?

Siamo aiutati dalla certezza di essere solo strumenti di grazia: è Dio stesso, col Suo amore e la Sua misericordia, ad agire nell'anima dell'individuo.

Il nostro scopo costante e vero deve essere quello della santificazione personale, per essere strumenti di grazia idonei ed efficaci.

L'augurio più vero e sincero che io possa darvi è questo: "Fatevi santi, e fatelo presto!"[38]

 

Ed ancora, in occasione della Domenica Missionaria Mondiale:

 

La sola strategia indispensabile per l'opera missionaria è precisamente un amore profondo, personale, convinto e ardente per Gesù Cristo!... L'amore è intrepido e coraggioso; Gesù non è ancora conosciuto da tre quarti dell'umanità! La Chiesa ha quindi bisogno di tanti missionari volenterosi, uomini e donne, per proclamare il Vangelo!... La vita è grande e nobile solo nella misura in cui essa è donata! Non abbiate timore... L'amore per Cristo ci spinge a rendere testimonianza, ad annunciare, a proclamare la Buona Novella a tutti, e nonostante tutto!

Proprio in questi tempi dovete essere testimoni e missionari della verità: non abbiate timore! L'amore di Cristo deve portarvi ad essere forti e risoluti, perché: "Se Dio è con noi, chi è contro di noi?" (Rm 8,31). Nessuno, infatti, può "separarci dall'amore di Cristo" (Rm 8,35). [39]

 

 

MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:22
[1] Ralph Martin, Unless the Lord Build the House (Notre Dame, Ind.,: Ave Maria Press, 1971).

[2] The Catholic Herald (Londra, Inghilterra) (14  Settembre, 1979).

[3] The Catholic Herald (12 Ottobre, 1979), p. 4.

[4] "Un Rendez-vous des Enfants à la Cathédrale," Dimanche à Uccle (Belgio) (23 Settembre, 1979), p. 3.

[5] M. Sandoval, "Friends, Not Enemies," Maryknoll (Maggio, 1980), p.3.

[6] D. Berceli, M.M., "Christianity Through Islam," Maryknoll (Maggio, 1980), 45.

[7] J. Eposito, "What is Islam," Maryknoll (Maggio, 1980), p.13.

[8] Columban Mission (Dicembre 1980). Vedi in particolare l'articolo di P. Frank Hoare: "Prasad" (pp. 4-5), e di Edward

Rice: "Lord of the Harvest Moon" (pp. 6-9).

[9] Vedi anche Maryknoll (Novembre 1981), in particolare pp. 9, 34,51-54, per i segni di questo tipo di influenza. A

questo riguardo sono particolarmente influenti le opere di Raimundo Pannikar. Vedi il suo libro: The Unknown Christ of

Hinduism (Maryknoll, N.Y.: Orbis, 1981).

[10] E. Kieser, "Evangelization Through Electronics," America (6 Maggio, 1980), p.359.

[11] Melissa Jones. "The Rite of Changing Women," NCR (9 Novembre, 1979), p.19.

[12] "Intervista a Padre Bruce Vawter," 'U.S. Catholic' (Agosto 1980), p.31.

[13] Thomas E. Power, Invitation to a Great Experiment: Exploring the Possibility that God May Be Known' (New York:

Doubleday & Co., 1979), p.4.

[14] Sign (Marzo 1979).

[15] "Classics of Western Spirituality," pubblicato dalla Paulist Press.

[16] "Focus on Resources," The New Review of Books and Religion (Maggio 1979), pp. 22-26.

[17] Il Programma Primavera 1980 della Dialogue House, New York City.

[18] Per informazioni, vedi, ad esempio: "Silva Mind Control - It is Really Demonic?" nella National Communications Office Newsletter (Giugno 1980), e: "The Consciousness Movement I: The Selling of the Swami," di Jim Manney, 'New Covenant (Marzo 1977), p.4.

[19] "Buddhists Exchange Ideas," The Catholic Herald (Londra, Inghilterra) (12 Ottobre, 1979), p.3.

[20] Dichiarazione sulla Relazione della Chiesa con le Religioni Non Cristiane, par. 2, Documenti del Vaticano II, ed. Walter

M. Abbott, S.J., New York, America Press, 1966), p. 662.

[21] Ibid.

[22] Ibid.

[23] Evangelii Nuntiandi, 53 (Washington, D.C: United States Catholic Conference Publications Office, 1976), p. 36f.

[24] LOR (7 Maggio, 1979), p.4, rilievi ai Membri dell'Assemblea Plenaria del Segretariato per i Non Cristiani, 27 Aprile,

1979.

[25] Ibid.

[26] LOR (9 Marzo, 1981), p.9, rilievi ad un incontro con rappresentanti di Religioni non cristiane, 24 Febbraio, 1982.

[27] Karl Rahner, "Christianity and the Non-Christian Religions," Ricerche Teologiche, Vol. 5 (Baltimora: Helicon Press,

1966). Vedi i saggi relativi nei vol. 6, 9, 12 e 14 e in God's Word Among Men (ed. G. Gispert) (Sauch, Delhi, Vidyajyoti,

1973).

[28] Va detto che alcune voci nell'ambito dei più noti teologi cattolici romani contemporanei hanno cercato di far rilevare i

danni del "cristianesimo anonimo" come modo di avvicinarsi al cristianesimo. Uno di questi è Walter Casper in Jesus the

Christ (New York: Paulist Press, 1976), p. 189: "Queste maniere [di considerare Cristo] sono tutti progetti splendidi ed

ingegnosi di una visuale Cristocentrica della realtà. Non va tuttavia trascurato il loro pericolo intrinseco, che consiste nel

trasformare l'unicità di Gesù Cristo in qualcosa di universale che va a finire in un cristianesimo che si trova diffuso

ovunque, in maniera anonima, nell'umanità, ma che paga la sua universalità con la perdita della concretezza ed unicità

di significato."

[29] Denis Murphy, "A Church in the Minority," America (25 Agosto, 1979), p. 75.

[30] Ibid.

[31] Ibid.

[32] Peter Gowing, citato da Theresa McClellan, "Missionary Strives to Maintain Christian-Moslem Relationships," The

Grand Rapids Press' (Grand Rapids, Michigan) (31 Gennaio, 1981), p. 4A.

[33] Dr. Deane Ferm, "''The Road Ahead in Theology' Revisited," 'The Christian Century' (9 Maggio, 1979), p. 527.

[34] Altri esempi di questo tentativo di negare l'unicità dell'identità e delle affermazioni di Gesù si possono trovare nel libro

di John Hick: The Center of Christianity (San Francisco: Harper and Row Publishers, 1968, 1978). Vedi in particolare le

pp. 70-79. Vedi anche la raccolta di articoli editi da John Hick intitolata: The Myth of God Incarnate (Filadelfia:

Westminster Press, 1978).

[35] Vedi, per esempio, Maryknoll (Settembre 1981), p. 28.

[36] Murphy, p. 75, cita un vescovo della Tailandia.

[37] Murphy, p. 75, cita un vescovo del Bangladesh.

[38] LOR (9 Aprile, 1979), p.2, discorso alle comunità religiose della parrocchia di S. Pio V, 28 Ottobre, 1979.

[39]  LOR (26 Novembre, 1979), pp. 3,4, dalla messa per la Domenica Mondiale delle Missioni, 20 Ottobre, 1979.

 

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