capitolo nono GUARDARE E NON VEDERE

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MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 18:40

chiesa e rinnovamento

capitolo nono


 

 

GUARDARE E NON  VEDERE

 

 

 

          La Chiesa Cattolica non sarà in grado di rispondere adeguatamente alla crisi di verità se i cattolici - e in particolare quelli che rivestono responsabilità pastorali - genitori, leader laici, preti, superiori di ordini religiosi e vescovi - non affrontano con coraggio la presente situazione. Non voglio negare che oggi nella Chiesa vi siano alcuni aspetti incoraggianti: essa ha la benedizione della presenza di  molte persone, uomini e donne, di grande fede ed ingegno. In alcune regioni, e perfino in alcune intere nazioni, la Chiesa è relativamente sana e vigorosa. Vi sono punti luminosi e grandi opportunità. Tuttavia, come abbiamo cercato di esporre in questo libro, la Chiesa si trova  coinvolta in una crisi. Vaste correnti e tendenze, sia all'interno che al di fuori della Chiesa, la stanno indebolendo. Masse enormi di cattolici non sono state adeguatamente evangelizzate e formate alla fede e poi incorporate nei gruppi delle Chiese locali, e sono quindi particolarmente vulnerabili nel farsi sospingere qua e là da "qualsiasi vento di dottrina".

 

          Una dichiarazione del genere può benissimo adattarsi ai cattolici di quasi ogni epoca della storia della Chiesa. Oggi tuttavia, la generale mancanza di coesione, di unità e di impegno tra i cattolici li rende vulnerabili a forze anticristiane che si propongono scopi di ampiezza mondiale, e che si stanno sempre più rafforzando. Sulla mente di molti cattolici contemporanei la cultura secolare moderna ha una presa più forte di quanto non abbia l'insegnamento della Chiesa. Nel Terzo Mondo la Chiesa si trova sotto la pressione crescente dei marxisti, della destra e dei governi e movimenti islamici. Gli stati secolarizzati dei paesi sviluppati stanno espurgando ogni traccia di cultura cristiana che un tempo forniva sostegno e protezione alla vita cristiana.

 

          Cosa ancor più preoccupante, la forza della Chiesa si sta sgretolando dall'interno. I cattolici stanno collaborando con - e perfino accogliendo - forze politiche ed intellettuali ostili alla Chiesa. Ciò è accaduto perché molti cattolici hanno cominciato a perdere la conoscenza e l'impegno verso le verità cristiane fondamentali. Oggi in molti luoghi, e non solo in casi isolati, è evidente una vera e propria corruzione della dottrina di base, del comportamento morale, della spiritualità e della missione.

 

          Le prospettive della Chiesa sarebbero già abbastanza difficili se avesse solo da combattere con il proseguimento di questa infelice situazione. Ma deve anche affrontare la probabilità che le pressioni finora subite si  intensifichino e che l'ambiente in cui vive si faccia più ostile. Uomini e donne di tendenze moderate oggi predicono una maggior dislocazione nell'economia mondiale. Già si stanno verificando la carenza di risorse, la manipolazione dei mezzi di comunicazione, misure legali e sociali punitive, il terrorismo politico, le agitazioni sociali e persino la guerra, e queste cose in seguito possono anche peggiorare. Oggi molti cattolici non possiedono l'organizzazione, l'impegno e la lealtà necessari ad affrontare con successo questa sfida ed uscirne come efficaci testimoni di Cristo.

 

          Se Dio non interviene in risposta al grido del Suo popolo, vasti settori della popolazione cristiana possono, per scopi pratici, abbandonare la fede. Se vi sarà una grave intensificazione dell'ostilità verso la Chiesa o un collasso economico e politico, le ideologie ostili, i governi anticristiani e le forze spirituali del male potrebbero facilmente decimare una Chiesa tiepida ed incerta. È in gioco nientemeno che il proseguimento dell'esistenza della Chiesa Cattolica, almeno nella dimensione o nella forza che ha oggi.

 

          Il primo passo per occuparsi della situazione della Chiesa è affrontarla direttamente. Per farlo tuttavia, i responsabili devono togliere e superare gli ostacoli che si frappongono ad una chiara ed accurata valutazione della situazione della Chiesa.

 

 

Gli ostacoli  che impediscono di vedere

 

         

          Nel ponderare sui gravi problemi della Chiesa, quasi automaticamente molti cattolici si dichiarano ottimisti. Tra alcuni leader poi l'ottimismo è una politica quasi ufficiale. Talvolta ciò deriva da una speranza cristiana autentica e dalla fiducia nella promessa di Cristo di essere per sempre con la Sua Chiesa. Spesso tuttavia, l'ottimismo ufficiale male interpreta sia la speranza cristiana sia la promessa di Cristo. Funge da meccanismo di difesa che blocca la chiara visione permettendo che le cose continuino ad andare "come al solito", mentre allo stesso tempo camuffa le radicali modifiche che la situazione del momento e la Parola di Dio in realtà esigono.

 

          La speranza cristiana autentica è la fiducia che la Vittoria di Gesù prefigura la vittoria di quanti Gli sono fedeli (Eb 6, 17-20). La speranza cristiana non giustifica la negligenza. Possiamo sconfiggere il peccato solo se lo riconosciamo come tale e ce ne pentiamo, e non facendo finta che non esista o presumendo il perdono. Il rifiuto a riconoscere il peccato non fa che peggiorare le cose. Come pregò il salmista:

 

  Finché tacevo, si logoravano le mie ossa,

mentre gemevo tutto il giorno.

  Giorno e notte pesava su di me la Tua mano,

come per arsura d'estate inaridiva il mio vigore.

  Poi ho riconosciuto il mio peccato davanti a Te,

non ho tenuto nascosta la mia colpa.

  Ho detto: 'Confesso le mie colpe al Signore,'

e Tu hai allontanato la colpa del mio peccato.

  Per questo ogni fedele Ti pregherà nel tempo dell'angoscia.

                                                                    (Sal 32, 3-6)

 

          Quella che oggi passa per speranza cristiana, spesso non è altro che presunzione. Molti cristiani ottimisti sono ciechi davanti alle vere richieste per ricevere le grazie di Dio. Una falsa cognizione della speranza cristiana impedisce a molti di vedere che la nostra situazione esige il pentimento.

 

          Anche la promessa di Cristo di restare con la Sua Chiesa fino alla fine del tempo è stata male interpretata e male usata (Mt 28,20). La Chiesa Cattolica di solito interpreta questa promessa ritenendo che, in ultima analisi, il papa e i vescovi che insegnano in unione con lui saranno preservati dall'errore quando insegneranno ufficialmente sulla fede e sulla morale, e che quindi sarà conservata la giusta interpretazione del vangelo. Ma la promessa di Cristo non significa - come molti pensano - che sarà la Chiesa come noi la conosciamo ad essere preservata. Il papa e i vescovi che insegnano in unione con lui saranno preservati dall'errore nell'insegnamento ufficiale, ma la chiesa che essi governano può lasciarsi andare all'infedeltà, alla confusione e al decadimento. Infatti alla Chiesa questo è già accaduto in precedenza. Nel quarto secolo, interi settori della Chiesa - inclusi molti vescovi e sacerdoti - furono fuorviati dall'Arianesimo, eresia che negava la vera divinità di Gesù. L'eresia ebbe una tale potenza da arrivare ad invocare l'autorità secolare per mandare in esilio Papa Liberio assieme ad altri vescovi ortodossi.

 

          Inoltre, è del tutto  possibile che la Chiesa in effetti sparisca da intere regioni dove una volta era potente. È quanto accadde alle forti chiese del Nord Africa dopo i tempi di Agostino e alle chiese paoline dell'Asia Minore. Nella promessa di Cristo di restare con la Chiesa, non vi è nulla che assicuri che anche vaste espressioni regionali, nazionali o internazionali della Chiesa stessa non possano sparire a causa della tiepidezza, dell'infedeltà o della persecuzione.

 

          La persecuzione può rafforzare la Chiesa, ma anche rivelarne e sfruttarne la debolezza. La Rivoluzione Francese ad esempio, dapprima frazionò la Chiesa Cattolica Francese e poi, attraverso la persecuzione, provocò la diffusione di un'apostasia tra i vescovi, i preti e la gente. Uno storico descrisse così le conseguenze della persecuzione:

 

Con profondo istinto, quanti avevano così cercato di distruggere la Chiesa concentrarono la loro attenzione sui preti ... Degli ottantacinque vescovi della Chiesa Costituzionale, ventiquattro abdicarono dal loro ufficio, mentre altri ventitré decisero per l'apostasia, rinunziando così alla fede ... Se più della metà dell'episcopato si piegò così alla tempesta, la proporzione del clero subordinato che seguì quell'esempio fu probabilmente persino più alta. [1]

 

          Un parallelo pertinente e sensato lo troviamo nel modo in cui Dio tratta il popolo eletto sotto la Vecchia Alleanza. Il patto di alleanza eterna di Dio con il popolo ebraico non significava affatto che Egli avrebbe trascurato il loro peccato, la loro negligenza, la tiepidezza, il comportamento immorale e la corruzione nell'adorazione, e neppure che sarebbe passato sopra ai suoi adattamenti alle culture pagane che lo circondava. Quando il Suo popolo non si pentiva, Dio lo puniva. Il popolo eletto subì difficoltà economiche e sconfitte militari, lunghi periodi d'esilio, l'oppressione dalle mani delle brutali potenze Assira e Babilonese, ed infine la distruzione della stessa Gerusalemme; poi fu disperso ed esiliato in tutto il mondo. Molti di questi castighi erano diretti in modo specifico proprio contro la negligenza dei leader del popolo, e più precisamente perché questi avevano mancato di far rispettare fedelmente la Parola di Dio e di esercitare la disciplina e la correzione. Gli israeliti furono colpevoli di presunzione per il loro stato di popolo eletto di Dio. La loro errata comprensione delle Sue promesse di alleanza eterna li aveva accecati ai fatti concreti delle proprie infedeltà, e così non fecero quanto era necessario per correggere i propri peccati ed evitare il giudizio.

 

          I leader degli Israeliti erano afflitti dagli stessi blocchi psicologici esistenti oggi tra i cattolici. Il profeta Geremia si lamentò che il suo popolo indulgesse nel falso ottimismo:

 

  Me maledetto! Sono disfatto,

la mia ferita è incurabile;

  Eppure io avevo pensato:

se della mia ferita faccio luce, potrò sopportarla. (Ger 10,19)

 

          Ma quando Geremia pronunciò queste parole, era troppo tardi. Il tempo per il pentimento era passato ed era giunto quello del giudizio. Con l'approssimarsi del disastro, il profeta mise a nudo la barriera che aveva impedito al popolo di vedere e rispondere alla situazione che Israele doveva affrontare dall'interno e dall'esterno: "La mia ferita è incurabile,... eppure... se della mia ferita faccio luce, potrò sopportarla."

 

          Oggi all'interno della Chiesa è in atto la stessa dinamica. Molti cattolici pensano: "Se minimizzo la gravità di questi problemi, riuscirò a sopportarli." Sono convinto che dietro gran parte dell'"ottimismo cristiano", e persino dell'"orgoglio cattolico" esistente oggi nella Chiesa, vi sia proprio un atteggiamento simile.

 

          I cattolici, in specie i leader cattolici, hanno ottime ragioni per temere i problemi che la Chiesa sta affrontando e per dubitare della loro capacità di superarli. Eppure, la politica di minimizzare i problemi è illusoria. Se genera passività e impedisce il pentimento e la ricerca della volontà di Dio, può essere un ulteriore peccato di cui doversi pentire.

 

L'analisi riduzionista

 

 

          L'ottimismo illusorio spesso agisce assieme ad altri atteggiamenti che bloccano una valutazione realistica della condizione della Chiesa. I cattolici ottimisti ed i loro pastori sono portati a ricercare i motivi per essere ottimisti, e spesso li trovano nei metodi dell'analisi riduzionista, che inducono a sostituire le considerazioni morali e spirituali con la scienza secolare e sociale.

 

          Le analisi della posizione della Chiesa diventano riduzioniste quando escludono i criteri morali e spirituali e riducono tutti i problemi nelle categorie sociologica, psicologica ed estetica. L'analisi riduzionista ad esempio, direbbe che l'adulterio dilagante, l'attività omosessuale ed altre immoralità sessuali tra i cattolici rappresentano solo una "oscillazione del pendolo." Ciò implica che un giorno il pendolo, attraverso i normali processi sociali, tornerà ad oscillare nell'altro senso. Ma una prospettiva totalmente cristiana sarebbe più accurata e classificherebbe l'immoralità come "peccato" senza presumere che poi il pendolo oscilli all'indietro. Le scienze sociali cercano, a ragione, di evitare i giudizi dei valori, ma così facendo non possono individuare le forze più importanti che oggi agiscono nella Chiesa: cioè gli elementi spirituali e morali coinvolti nell'interazione tra la Parola di Dio e lo spirito del tempo, le opere della carne e quelle degli spiriti cattivi.

 

          Questo tipo d'analisi sociologica ha una controparte psicologica. Il disprezzo verso l'autorità è spiegato come "reazione comprensibile"; il comportamento ribelle diventa "esprimersi con le azioni". L'accettazione dell'immoralità è definita un "prevedibile intensificarsi dell'interesse nella sessualità". Spesso c'è del valore nell'analisi psicologica, ma non se fa assopire i cristiani nella posizione di "osservatori disinteressati" che ignorano le considerazioni spirituali e morali richieste da una risposta autenticamente cristiana.

 

          Il grave pericolo di affidarsi eccessivamente all'analisi sociologica e psicologica è che queste possono lasciare la distinta impressione che la vita della Chiesa sia essenzialmente deterministica, un flusso e riflusso di tendenze che noi osserviamo alla maniera di partecipanti passivi. Il determinismo elimina l'affidabilità e la responsabilità: le persone non sono più ritenute veramente responsabili delle loro azioni, e si dice che i leader non possono riuscire a guidare una Chiesa in fase di oscillazione del pendolo.

 

          Dal modo in cui molti cristiani impiegano le categorie estetiche nella loro interpretazione della situazione della Chiesa risulta inoltre evidente una tendenza riduzionista Molti cristiani ad esempio, quando ponderano sul da farsi circa l'infedeltà e il decadimento nella Chiesa, serbano in cuore una certa serenità del tipo: "non - ti - eccitare - troppo". La loro priorità è "l'equilibrio". Secondo questo modo di pensare, la risposta ad un problema deve essere innanzitutto "equilibrata e proporzionata", anche se il problema stesso, in termini di ortodossia cristiana, rappresenta qualcosa di altamente squilibrato. Alcuni dei problemi che la Chiesa deve affrontare richiedono misure forti - un'azione correttiva che potrebbe anche sembrare squilibrata e sproporzionata a quanti non capiscono le profondità spirituali e morali della situazione. Eppure, il leader cristiano che desideri preservare una "serenità" ed un "equilibrio" esteticamente piacevoli, le eviterà.

 

          A dire il vero, l'intera questione di essere un cristiano fedele al vangelo, desideroso di compiere l'opera del Signore, non è né serena né equilibrata - nel senso in cui oggi queste categorie sono spesso sottintese nella Chiesa. Un "senso della storia" è preziosissimo, ma non se agisce per instillare indifferenza o passività riguardo al nostro bisogno di assumerci la responsabilità delle nostre azioni nella nostra situazione storica davanti a Dio. S. Francesco Saverio , il grande missionario Gesuita per l'Oriente, espresse un certo orrore verso questa falsa serenità, quando è considerata alla luce delle verità eterne.

 

Spesso sono assalito dal pensiero di recarmi alle scuole del vostro paese [l'Europa], e lì piangere come un uomo che abbia perduto il senno, ed in particolare all'Università di Parigi, per dire a quelli della Sorbonne, che hanno maggior riguardo per l'apprendimento che per la volontà di essere essi stessi disposti a produrre frutto con lo stesso: "Quante anime non giungono alla gloria, ma vanno invece all'inferno a causa della loro negligenza. Fossero diligenti allo stesso modo di come studiano le lettere anche nello studio di quanto Dio nostro Signore chiederà loro, e di cosa Dio si aspetterà da loro per i talenti ricevuti; Allora si darebbero un gran  daffare ... e direbbero: "Signore, eccomi! Cosa vuoi che faccia? Mandami dove vuoi Tu e, se necessario, perfino dagli Indiani!" Con quanta più consolazione allora vivrebbero; ed avrebbero una grande speranza nella misericordia divina nell'ora della morte, quando  incontreranno quel giudizio particolare al quale nessun uomo può sfuggire, e diranno per se stessi: "Signore, mi hai dato cinque talenti, ed ecco, ne ho guadagnati altri cinque." [2]

 

          Oggi c'è bisogno di questa prospettiva cristiana piena di zelo. Se davvero condividiamo la mente e il cuore di Cristo, e se il Suo Spirito abita in noi, non dovremmo aspettarci di condividere anche l'ira di Gesù quando vide profanato il tempio di Suo Padre?

 

Nei recinti del tempio Egli trovò gente che vendeva buoi, pecore e colombe, ed i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di corda, scacciò pecore e buoi fuori dal tempio e gettò a terra i tavoli dei cambiavalute, rovesciando le monete. Disse a quelli che vendevano le colombe: "Portatele fuori di qui! Smettete di fare della casa di Mio Padre un mercato!" I Suoi discepoli ricordarono le parole della Scrittura: "Lo zelo per la Tua casa Mi consuma." (Gv 2, 13-17)

 

Anche oggi il tempio di Dio è profanato - lo stesso corpo di Cristo, il popolo di Dio, la Chiesa. Una falsa "serenità", un falso "equilibrio" in risposta a questa situazione, non sono di per sé una specie di profanazione?

 

          La nostra risposta alla crisi di verità nella Chiesa deve partire da un limpido sguardo alla natura interiore della nostra risposta alla situazione che la Chiesa deve affrontare. Noi cristiani, che portiamo il nome di Cristo, dovremmo consumarci di zelo per la purezza del suo corpo, la Chiesa. Quanti hanno un qualche grado di responsabilità verso la Chiesa, devono essere onesti sul modo di considerare ciò che sta accadendo a quelli di cui dovrebbero prendersi cura. Se la nostra gente è tratta in inganno, se si comporta in modo infedele verso Dio e verso gli altri, ci rifugeremo forse in sistemi di pensiero tendenti a rendere meno dolorosi e meno gravi questi fatti? O, peggio ancora, adotteremo un modo di pensare che sminuisca la nostra responsabilità di far cambiare la situazione, anche quando pensiamo a cosa sta accadendo a quelli di cui ci dovremmo interessare?

 

          Può essere difficile discernere la volontà di Dio per il Suo popolo, e ancor più faticoso realizzarla  fedelmente e regolarmente in mezzo alle pressioni, alle correnti trasversali e alle difficoltà che oggi affliggono la Chiesa.

          Non dobbiamo tuttavia permettere che il nostro discernimento della situazione reale della Chiesa e della volontà di Dio per essa, sia cullato da un falso ottimismo, da una falsa serenità ed equilibrio o, dalla nostra acuta sensibilità al modo in cui le forze sociali agiscono sulle istituzioni e in cui le dinamiche psicologiche influenzano gruppi e individui. Ciò non significa che le prospettive sociologiche, psicologiche, estetiche e storiche non possano essere utili nell'opera pastorale. Possono esserlo, ma restando al posto giusto. Questi metodi di analisi, tuttavia, sono limitati e subordinati. Sono essenzialmente dei modi "naturali" di vedere e di pensare. Se impiegati in maniera esclusiva o eccessiva, spremeranno le componenti spirituali e morali fuori dalla nostra visuale e ci negheranno i mezzi di dare una risposta appropriata all'enormità del problema. Oggi, come sempre, le parole e le azioni di Dio sono "pazzia" e "follia" agli occhi del mondo. [3]

          I cattolici - in specie quanti partecipano alla responsabilità pastorale della Chiesa contemporanea, e quindi in qualche misura ciascuno di noi - non dovrebbero aver meno zelo per la Parola di Dio e per le Vie di Dio di quanti ci hanno preceduto. Oggi il giusto atteggiamento davanti alla corruzione della fede e della vita che si sta svolgendo nella Chiesa deve essere sempre più l'indignazione. E l'indignazione dovrebbe caratterizzare anche la nostra risposta.

 



[1] E.E.Y. Hales, The Catholic Church in the Modern World (New York: Image-Doubleday & Co., 1958), pp. 45-46.

[2] Lettera di S. Francesco Saverio, citata ne: L'Apostolato della Preghiera e del Servizio (Roma) (Ottobre 1979), p. 277.

[3] [3]  Su un foglio non pubblicato: "Le Lettere di S. Paolo ai Corinzi: Parola ad una comunità," P. Francis Martin fa rilevare

come è possibile capire un'apparente mancanza di "proporzione" in una parola profetica:

 

Com'è possibile invitare una comunità al pentimento? Cosa si intende con tale invito? Il presupposto fondamentale in una tale situazione è quello che Abraham Heschel una volta  descrisse con queste parole: "Pochi sono colpevoli, tutti sono responsabili." Oppure, secondo la citazione che Paolo fa di Menander, approvandolo: "La cattiva compagnia corrompe le buone maniere" (1 Cor. 15,33). In termini sociologici, dobbiamo dire che gli atteggiamenti generali di complicità nell'agire male hanno raggiunto un tale livello che la comunità è sempre più responsabile della colpa di alcuni membri. Queste persone agiscono in modo diverso dalla volontà e dalla Parola di Dio, e trovano sempre più facile agire in quel modo perché l'atmosfera in cui si muovono è tollerante verso quel comportamento. In una tale situazione, non è raro che qualcuno inviato da Dio colpisca alcuni eventi chiave nella vita della comunità - alcuni dei quali possono sembrare piuttosto triviali, o per lo meno esplosi in modo sproporzionato. Tuttavia, quello che un vero profeta intravede in un momento simile è quanto gli storici definirebbero un "evento paradigmatico": un incidente cioè nel quale vi è un certo accumulo di fattori componenti che si manifesta in modo tale da permettere di distillare e illustrare subito il tono o il tenore del gruppo." (p. 3).

 
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