SANT'AGOSTINO
LO SPIRITO E LA LETTERA
Non tutto quello che è possibile, è anche reale.
1. 1. Vedo che hai letto, carissimo figlio Marcellino, i libri che ho compilato recentemente per te, sul battesimo dei bambini e sulla perfezione della giustizia dell'uomo, che sembra che in questa vita non sia stata mai raggiunta o non sarà mai raggiunta da nessuno, eccettuato soltanto il Mediatore, il quale ha sofferto le condizioni umane nella somiglianza della carne del peccato senza nessun peccato. Ora mi scrivi di nuovo che ti ha sorpreso l'affermazione da me fatta nel secondo dei due libri ove dico che in teoria è possibile l'esistenza di un uomo senza peccato, se non manca la volontà umana aiutata dalla grazia divina, ma di fatto nego che sia esistito o sia per esistere qualcuno con tale perfezione in questa vita, eccettuato solo colui nel quale tutti risorgeranno 1. Ti sembra assurdo che si dica possibile ciò che nella realtà è senza esempi, mentre non dubiti, come credo, che non sia mai accaduto a un cammello di passare per la cruna di un ago e tuttavia Gesù l'ha detto possibile a Dio 2. Potresti leggere pure che dodicimila legioni di angeli avrebbero potuto combattere a favore del Cristo perché non patisse 3, e tuttavia non si è avverato. Potresti leggere che era possibile lo sterminio in una sola volta di tutte le genti della terra che veniva data ai figli d'Israele 4, e tuttavia Dio volle che avvenisse a poco a poco 5; e altri infiniti esempi possono presentarsi di eventi che diciamo possibili nel passato o nel presente e di cui tuttavia non siamo in grado di addurre nessun esempio di realizzazione. La possibilità dunque che l'uomo sia senza peccato non la dobbiamo negare per il fatto che non esiste nessuno fra gli uomini, all'infuori di colui che non è uomo soltanto ma è per sua natura anche Dio, nel quale la possiamo dimostrare realizzata.
Le buone opere dell'uomo sono insieme opere di Dio.
2. 2. Ora forse mi risponderai che nel caso di questi eventi da me ricordati come non avvenuti, pur essendo stati possibili, si tratta di opere di Dio e che invece essere senza peccato è per l'uomo opera dell'uomo stesso ed è precisamente la sua opera migliore che lo mette in possesso della giustizia piena e perfetta e assoluta proprio sotto tutti gli aspetti, e che quindi non è credibile che nessuno o sia esistito o esista o sia per esistere in questa vita che abbia compiuto quest'opera, se può essere compiuta da un uomo. Devi però riflettere che tale risultato, sebbene sia opera dell'uomo, è altresì un dono di Dio e quindi non devi dubitare che sia insieme opera divina. L'Apostolo dice appunto: È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni 6.
E' un errore di ottimismo, ma non un grave errore, credere alla esistenza di uomini esenti assolutamente da ogni peccato.
2. 3. Perciò non sono persone che diano tanta noia quelle che affermano tale esistenza e bisogna insistere con loro che documentino, se possono, per il presente e per il passato l'esistenza qui di uomini senza peccati di nessuna specie. Infatti ci sono le testimonianze delle Scritture, come per esempio: Non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto 7, e tutti gli altri testi simili che, mi sembra, dànno per definito che nessun uomo vivente quaggiù, benché abbia l'uso del libero arbitrio, si trova senza peccato. Ora se qualcuno riuscisse ad insegnare che si devono intendere diversamente da come suonano queste testimonianze, se dimostrasse che taluno o taluni sono vissuti qui senza peccato, la persona che, oltre a non opporsi minimamente a costui, non si congratulasse moltissimo con lui, sarebbe vittima di notevole malevolenza. Anzi, anche se, ed io ci credo di più, nessuno esiste o è esistito o esisterà con tale perfetta purezza e tuttavia qualcuno insiste a credere che esista o sia esistito o esisterà, in questo caso, per quanto ne posso giudicare io, non si sbaglia né grossolanamente né pericolosamente, quando ci si inganna per un certo ottimismo. Purché chi lo crede non lo creda di se stesso, a meno che non sia venuto a saperlo con tutta serietà e limpidità.
Più grave è l'errore che nega nell'uomo la necessità della grazia divina per fare il bene.
2. 4. Viceversa ci si deve opporre con la massima decisione ed energia a coloro che attribuiscono alla forza della volontà umana da sola senza l'aiuto di Dio la possibilità o di raggiungere la perfezione della giustizia o di tendere ad essa con profitto. Quando costoro sono incalzati a dire per quale ragione presumono che ciò avvenga senza l'aiuto di Dio, si tirano indietro e non sanno fare più tale affermazione, rendendosi conto quanto sia empia ed insopportabile. Quanto però alla ragione per cui tali risultati non si ottengono di fatto senza l'aiuto di Dio, affermano che è duplice: perché è Dio che ha creato l'uomo con il libero arbitrio della volontà e perché è Dio stesso che con i suoi precetti insegna all'uomo come deve vivere e certamente l'aiuta sottraendolo all'ignoranza con i suoi insegnamenti. In tal modo l'uomo nel suo operare saprà che cosa deve evitare e a che cosa deve mirare, e quindi per mezzo del libero arbitrio che gli è innato per natura, imboccando la strada indicatagli e vivendo nella continenza e nella giustizia e nella pietà, meriterà d'arrivare alla vita beata e insieme eterna.
L'uomo non fa il bene senza la carità soprannaturale che gliene dà l'amore e il diletto.
3. 5. Noi al contrario diciamo che la volontà umana viene aiutata da Dio a compiere le opere della giustizia nel modo seguente: oltre ad essere stato creato con il libero arbitrio [della volontà], oltre a ricevere la dottrina che gli comanda come deve vivere, l'uomo riceve fin d'ora, mentre cammina nello stato di fede e non di visione, lo Spirito Santo, il quale suscita nel suo animo il piacere e l'amore di quel sommo e immutabile bene che è Dio 8. Egli allora in forza di questa specie di caparra che gli è stata data della gratuita munificenza divina arde dal desiderio d'obbedire al Creatore e s'infiamma nel proposito d'accedere alla partecipazione della vera luce di Dio 9, cosicché da dove gli viene l'essere gli viene anche il benessere. Infatti anche il libero arbitrio non vale che a peccare, se rimane nascosta la via della verità. E quando comincia a non rimanere più nascosto ciò che si deve fare e dove si deve tendere, anche allora, se tutto ciò non arriva altresì a dilettare e a farsi amare, non si agisce, non si esegue, non si vive bene. Ma perché tutto ciò sia amato, la carità di Dio si riversa nei nostri cuori non per mezzo del libero arbitrio che sorge da noi, bensì per mezzo dello Spirito Santo che è stato dato a noi 10.
La lettera a volte è il senso materiale, a volte la legge senza la grazia.
4. 6. La dottrina appunto dalla quale riceviamo il comandamento di vivere sobriamente e rettamente è lettera che uccide, se non ci assiste lo Spirito che vivifica. Infatti le parole: La lettera uccide, lo Spirito dà vita 11, non si devono intendere soltanto come ammonizione a non prendere in senso letterale ciò che è stato scritto in senso figurato e di cui sarebbe assurdo il senso letterale; ma, intuendo il loro significato simbolico, cerchiamo di nutrire l'uomo interiore con una interpretazione spirituale, perché la sapienza della carne porta alla morte, mentre la sapienza dello Spirito porta alla vita e alla pace 12. Ad esempio, se uno prendesse materialmente molte delle cose che sono state scritte nel Cantico dei cantici, non per gli effetti prodotti dalla luminosa carità, ma per gli affetti illeciti di una libidinosa voluttà. Non dunque nel solo modo suddetto sono da intendersi le parole dell'Apostolo: La lettera uccide, lo Spirito dà vita, ma anche e principalmente nel senso in cui dice in un altro passo: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare 13. E poco più sotto dice: Il peccato, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte 14. Ecco che cosa significa: La lettera uccide. E certamente quando si dice: Non desiderare, non si dice qualcosa di figurato da non prendere letteralmente, ma è un precetto apertissimo e salutarissimo, adempiendo il quale non si avrà più nessun peccato. Ecco perché l'Apostolo ha scelto il comandamento: Non desiderare a principio generale in cui abbraccia tutto, come se esso fosse la voce della legge che tiene lontani da ogni peccato, e di fatto nessun peccato si commette se non per concupiscenza: perciò è buona e lodevole la legge che comanda così. Ma quando non aiuta lo Spirito Santo, suscitando al posto della concupiscenza cattiva la concupiscenza buona, ossia riversando nei nostri cuori la carità, allora quella legge, per quanto buona, con la sua proibizione accresce il desiderio del male. Come l'impeto dell'acqua che non cessa di riversarsi in una direzione, se viene ostacolato, diventa più forte e, travolto l'ostacolo, precipita in basso con maggior massa e violenza. Non so infatti per quale ragione, ma ciò che si desidera, si fa con più piacere se è vietato. Ed è così che il peccato mediante il comandamento seduce e uccide, se al comandamento accede anche la trasgressione, che non c'è dove non c'è la legge 15.
Prendo la lettera nel senso di pura legge.
5. 7. Ma, se piace, esaminiamo tutto questo passo della Lettera dell'Apostolo e spieghiamolo con l'aiuto del Signore. Voglio dimostrare, se ci riuscirò, che le parole dell'Apostolo: La lettera uccide, lo Spirito dà vita 16, non vanno riportate alle locuzioni figurate, benché anche a queste si possano ben adattare, ma vanno intese piuttosto della legge che espressamente proibisce il male. Quando l'avrò dimostrato, allora apparirà meglio che vivere bene è un dono di Dio: non solo perché Dio ha dato all'uomo il libero arbitrio senza il quale non si vive moralmente né male né bene, non solo perché Dio ha dato la legge con la quale c'insegna come si deve vivere 17, ma perché mediante lo Spirito Santo diffonde la carità nel cuore di coloro 18 che ha preconosciuti per predestinarli, ha predestinati per chiamarli, ha chiamati per giustificarli, ha giustificati per glorificarli. Quando questo sarà chiaro, vedrai, come spero, la falsità di affermare che soltanto le opere di Dio sono possibili senza nessun esempio di realizzazione, come dicevamo del passaggio d'un cammello per la cruna d'un ago e di tutte quelle operazioni che per noi sono impossibili, ma facili a Dio; vedrai quindi la falsità di non annoverare tra queste opere di Dio la giustizia umana, perché non dovrebbe computarsi come opera di Dio, bensì come opera dell'uomo, e infine vedrai la falsità di dire che, se la perfezione della giustizia umana è possibile in questa vita, non c'è ragione di credere che essa sia senza nessun esempio di realizzazione. Che dunque tutto ciò sia detto senza verità risulterà sufficientemente chiaro, quando apparirà evidente da una parte che la stessa giustizia umana deve attribuirsi ad operazione di Dio, sebbene non si attui senza la volontà dell'uomo, e che d'altra parte non possiamo negare che la perfetta realizzazione della giustizia è possibile anche in questa vita, perché tutte le cose sono possibili a Dio 19, tanto quelle che fa con la sua sola volontà, quanto quelle che ha stabilito di fare con la cooperazione della volontà della sua creatura. Perciò ogni cosa che Dio non fa tra quelle che gli sono possibili, rimane certamente senza esempio tra le opere fatte, ma ha presso Dio la causa della sua possibilità nella potenza divina e la causa della sua mancata realizzazione nella sapienza divina. E anche se questa causa rimane nascosta all'uomo, egli non si dimentichi che è un uomo e non attribuisca a Dio mancanza di sapienza per il fatto che non comprende appieno la sua sapienza.
La legge uccide.
5. 8. Ascolta dunque attentamente l'Apostolo che nella Lettera ai Romani spiega ed evidenzia sufficientemente che le parole dette ai Corinzi: La lettera uccide, lo Spirito dà vita 20 vanno intese preferibilmente nel senso detto sopra, perché la lettera della legge che insegna a non peccare uccide, se manca lo Spirito che dà vita: essa in realtà fa conoscere il peccato invece di farlo evitare e quindi fa addizione di peccato invece che sottrazione, accedendo alla concupiscenza cattiva anche la trasgressione della legge.
Le parole dove abbondò la colpa, ivi sovrabbondò la grazia non premiano il peccato.
6. 9. L'Apostolo dunque volendo caldeggiare la grazia che è venuta a tutte le genti per mezzo di Gesù Cristo, perché i Giudei non si insuperbissero contro gli altri popoli d'aver ricevuto la legge, dopo aver detto che la colpa e la morte erano entrate nel genere umano a causa di un solo uomo e altresì la giustizia e la vita eterna per mezzo di un solo uomo 21, indicando apertissimamente prima Adamo e poi il Cristo, scrive: La legge sopraggiunse, perché abbondasse la colpa, ma laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia, perché, come il peccato aveva regnato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 22. Poi facendosi da sé un'obiezione scrive: Che diremo dunque? Continuiamo a restare nel peccato, perché abbondi la grazia? È assurdo 23. Si accorge infatti che in modo perverso poteva essere inteso da persone perverse quanto aveva detto con le parole: La legge sopraggiunse, perché abbondasse la colpa, ma laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia 24, come se avesse detto che il peccato giova alla sovrabbondanza della grazia. Per risolvere la difficoltà risponde: È assurdo! e soggiunge: Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato 25? Cioè: "Avendoci la grazia fatto morire al peccato, se vivessimo in esso, che altro faremmo se non essere ingrati alla grazia?". Chi loda i benefici di una medicina non dice che giovano le malattie e le ferite che essa fa guarire nell'uomo, ma quanto più si esalta una medicina, tanto più si fa risaltare la gravità e l'orrore delle ferite che la medicina così lodata manda via. Ugualmente la lode e l'esaltazione della grazia sono biasimo e condanna dei peccati. Doveva essere mostrata la bruttezza del suo male all'uomo, al quale non giovò contro il suo peccato nemmeno la legge santa e buona, che invece di diminuire fece aumentare il peccato, essendo la legge sopraggiunta perché abbondasse la colpa. Convinto e confuso in tale maniera, l'uomo doveva sentire la necessità d'avere in Dio non solo un dottore, ma anche un soccorritore, che rendesse saldi i suoi passi, perché non prevalesse su di lui il male 26 ed egli guarisse ricorrendo all'aiuto della misericordia [divina] e così laddove abbondò la colpa sovrabbondasse la grazia, non per merito del peccatore, ma per aiuto del soccorritore.
Opere dello Spirito sono la morte e la risurrezione di Gesù.
6. 10. Con logica conseguenza l'Apostolo indica la medesima medicina misticamente presente nella passione e risurrezione del Cristo, scrivendo subito dopo: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché, come il Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Ma se siamo morti con il Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che il Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, nel Cristo Gesù 27. Risalta bene che il mistero della morte e risurrezione del Signore simboleggia il tramonto della nostra vita vecchia e il sorgere della nostra vita nuova, e indica l'abolizione dell'iniquità e la rinnovazione della giustizia. Da dove se non solamente dalla fede in Gesù Cristo potrebbe venire all'uomo questo così grande beneficio attraverso la lettera della legge?
Per fare il bene l'uomo non basta a se stesso.
7. 11. Questo santo modo di pensare salva i figli degli uomini che sperano nella protezione delle ali di Dio 28 per saziarsi dell'opulenza della sua casa e dissetarsi al torrente delle sue delizie: in lui c'è infatti la sorgente della vita e nella sua luce noi vedremo la luce; egli spande la sua misericordia su coloro che lo conoscono e la sua giustizia sui retti di cuore. Non spande la sua misericordia perché lo conoscono già, ma anche perché lo conoscano; non spande la sua giustizia con la quale giustifica l'empio 29 perché sono retti di cuore, ma anche perché siano retti di cuore. Questo modo di pensare non leva in superbia. Il vizio della superbia nasce quando uno confida troppo in se stesso e crede d'essere da sé fonte della propria vita. Con il sentimento della superbia ci si allontana da quella fonte di vita alla quale soltanto si beve la giustizia, cioè la buona vita, e ci si allontana da quella luce immutabile della quale partecipa e in qualche modo si accende l'anima perché diventi anch'essa luce creata, come era Giovanni lampada che ardeva e splendeva 30. Egli tuttavia, riconoscendo chi lo faceva splendere, dice: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto 31. Dalla pienezza di chi se non di colui a confronto del quale Giovanni non era la luce? Il Cristo infatti era la luce vera, quella che illumina ogni uomo, che viene in questo mondo 32. Perciò il salmista, dopo aver pregato nel medesimo salmo: Spandi la tua misericordia su coloro che ti conoscono e la tua giustizia sui retti di cuore, dice: Non mi raggiunga il piede dei superbi, non mi disperda la mano degli empi. Ecco, sono caduti i malfattori, abbattuti, non possono rialzarsi 33. Per l'empietà appunto con la quale attribuisce a sé ciò che è di Dio ciascuno viene ricacciato nelle sue tenebre, che sono le opere cattive. Queste infatti è ben capace di fare e per farle basta a se stesso. Le opere della giustizia invece non le fa se non nella misura in cui riceve di farle da quella fonte e da quella luce dove c'è la vita che non ha bisogno di nulla e dove non c'è variazione né ombra di cambiamento 34.
S. Paolo è il predicatore della grazia.
7. 12. L'Apostolo cambiò il suo nome Saulo con cui si chiamava 35 in Paolo, secondo me proprio per apparire piccolo, come l'infimo degli Apostoli 36. Il motivo per cui battagliò lungamente e fortemente e fervorosamente a difesa ed esaltazione della grazia di Dio contro coloro che, superbi ed arroganti, presumevano delle proprie opere, fu che in lui la grazia apparve veramente più luminosa e più radiosa. Egli, quando perseguitava accanitamente la Chiesa di Dio, compiva tali opere che gli avrebbero dovuto far meritare il supremo castigo ed invece ricevette la misericordia al posto della condanna, conseguì la grazia al posto della pena. In difesa della grazia a ragione sopra ogni altro grida e combatte, né si cura d'incorrere nell'impopolarità presso persone che in un argomento tanto profondo e troppo misterioso non intendevano le sue parole veraci e le storcevano a sensi erronei. Tutto egli sopporta, pur di esaltare senza remore il dono di Dio, per il quale unicamente si salvano i figli della promessa, i figli della beneficenza divina, i figli della grazia e della misericordia, i figli del Testamento Nuovo. In primo luogo ogni suo saluto viene, espresso così: A voi grazia e pace da Dio Padre e dal Cristo Gesù Signore 37. Poi nella Lettera ai Romani la grazia è quasi l'unica questione e viene trattata con tanta combattività, con tanta varietà da affaticare, sì, l'attenzione di chi legge, ma tuttavia utilmente e salutarmente, di modo che piuttosto che fiaccare allena le membra dell'uomo interiore.
Non basta la legge né la sua osservanza esteriore.
8. 13. Da questa lettera vengono i testi che ho già riferito. Da qui viene il rimprovero al giudeo che si chiama giudeo e non pratica ciò che professa. Scrive: Se tu ti vanti di portare il nome di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge, e ti glori di Dio, del quale conosci la volontà, e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio, e sei convinto di essere guida dei ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché possiedi nella legge l'espressione della sapienza e della verità, ebbene come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che proibisci l'adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge? Infatti: Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani 38, come sta scritto. La circoncisione è utile, sì, se osservi la legge; ma se trasgredisci la legge, con la tua circoncisione sei come uno non circonciso. Se dunque chi non è circonciso osserva le prescrizioni della legge, la sua non circoncisione non gli verrà forse contata come circoncisione? E così chi non è circonciso fisicamente, ma osserva la legge, giudicherà te, che, nonostante la lettera della legge e la circoncisione, sei un trasgressore della legge. Infatti giudeo non è chi appare tale all'esterno e la circoncisione non è quella visibile della carne, ma giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini, ma da Dio 39. Qui fa vedere manifestamente in che senso dice: Ti glori di Dio. Perché, se un vero giudeo si gloriasse di Dio come vuole la grazia, che non viene data per i meriti delle opere, ma gratuitamente, la sua gloria verrebbe da Dio e non dagli uomini. Al contrario costoro si gloriavano di Dio come se avessero meritato, essi soli, di ricevere la sua legge, secondo le parole del salmo: Così non ha fatto con nessun altro popolo, non ha manifestato ad altri i suoi precetti 40. E credevano d'essere con la propria giustizia fedeli esecutori di questa legge di Dio, benché in realtà ne fossero piuttosto trasgressori. Perciò la legge provocava su di essi l'ira di Dio 41, abbondando il peccato, che veniva commesso scientemente da loro. Perché anche quelli che si attenevano ai precetti della legge, ma senza l'aiuto dello Spirito della grazia, agivano per timore di pena e non per amore di giustizia. Perciò agli occhi di Dio non c'era nella loro volontà quello che agli occhi degli uomini appariva nella loro attività, ed erano invece ritenuti colpevoli di ciò che Dio li sapeva più disposti a fare, se l'avessero potuto fare impunemente. Dice poi circoncisione del cuore, cioè volontà pura da ogni concupiscenza illecita, e questa si ha non dalla lettera che insegna e minaccia, ma dallo Spirito che aiuta e risana. Perciò la gloria di costoro non viene dagli uomini, ma da Dio, che mediante la sua grazia dona di che possano gloriarsi. Di Dio si dice: Nel Signore si glorierà la mia anima 42. A Dio si dice: Sei tu la mia lode 43. Non così coloro che a Dio vogliono dare la lode di essere uomini, ma a se stessi la lode di essere giusti.
Dio non va lodato solo per la sua legge morale.
8. 14. Dicono: "Ma noi lodiamo anche Dio come autore della nostra giustificazione per aver egli dato la legge, guardando alla quale sappiamo come dobbiamo vivere". E costoro leggono senza ascoltare: In virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a Dio 44. Può giustificarsi davanti agli uomini, ma non davanti a colui che fa l'ispezione del cuore stesso e della volontà intima 45, dove vede che chi osserva la legge per paura della legge, diversamente preferirebbe fare, se fosse lecito. E perché non nasca in alcuno il sospetto che la legge da cui l'Apostolo dice che nessuno viene giustificato sia quella che contiene negli antichi sacramenti molti precetti simbolici e dalla quale è imposta la stessa circoncisione della carne, comandata ai bambini nell'ottavo giorno 46, subito soggiunge quale legge abbia inteso e dice: Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato. Si tratta dunque di quella legge di cui dirà dopo: Io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare 47. Che altro significano le parole: Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato?
La giustizia di Dio si attua senza la legge, ma si manifesta con la legge.
9. 15. Qui forse quell'umana presunzione che ignora la giustizia di Dio e ne vuole stabilire una propria 48 dirà che giustamente l'Apostolo dichiara: In virtù della legge nessuno sarà giustificato 49, perché la legge mostra soltanto che cosa fare o evitare e spetta poi alla volontà eseguire quello che la legge ha indicato: così l'uomo non si giustifica per imperio di legge, ma per libero arbitrio. Osserva però, o uomo, quello che segue: Ora invece, indipendentemente dalla legge si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti 50. È poco per i sordi? Dice: La giustizia di Dio si è manifestata. Questa ignorano coloro che ne vogliono stabilire una propria 51 e a questa non si vogliono sottomettere. Dice: La giustizia di Dio si è manifestata. Non dice: "la giustizia dell'uomo o la giustizia della propria volontà", ma la giustizia di Dio, non quella di cui è giusto Dio, ma quella di cui Dio riveste l'uomo quando lo giustifica dal peccato. Questa viene testimoniata dalla legge e dai profeti: a questa cioè rendono testimonianza la Legge e i Profeti. La prima infatti, poiché si limita solo al comando e alla minaccia senza giustificare nessuno, chiaramente indica che l'uomo viene giustificato dalla gratuità di Dio mediante lo Spirito. I Profeti poi rendono testimonianza, perché ciò che essi predissero l'ha compiuto la venuta del Cristo. Seguita infatti dicendo: Giustizia di Dio per mezzo della fede di Gesù Cristo 52, cioè mediante la fede con la quale si crede nel Cristo. Come questa fede detta del Cristo non è quella con la quale crede il Cristo, così pure la giustizia detta di Dio non è quella di cui è giusto Dio. L'una e l'altra è nostra, ma si dice di Dio e del Cristo, perché ci viene donata dalla liberalità divina. La giustizia dunque di Dio, indipendente dalla legge, non si è manifestata indipendentemente dalla legge. Come infatti sarebbe stata testimoniata dalla legge, se si fosse manifestata indipendentemente dalla legge? Ma la giustizia di Dio indipendente dalla legge è quella che Dio conferisce al credente mediante lo Spirito della grazia senza l'aiuto della legge, cioè senza che il credente sia aiutato dalla legge. Mediante la legge Dio ha mostrato all'uomo la sua infermità, perché con la fede ricorresse alla sua misericordia e guarisse. Della sapienza di Dio è scritto che legge e misericordia ha sulla lingua 53: cioè la legge della quale fa rei i superbi, la misericordia con la quale giustifica coloro che si sono umiliati. Dunque giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e hanno bisogno della gloria di Dio 54, non della gloria propria. Che cosa hanno infatti senza averlo ricevuto 55? E se lo hanno ricevuto, perché si gloriano come se non l'avessero ricevuto? Hanno dunque bisogno della gloria di Dio. E osserva quello che segue: Giustificati gratuitamente per la sua grazia 56. Dunque non giustificati per la legge, non giustificati per la propria volontà, ma giustificati gratuitamente per la sua grazia. Non che ciò avvenga senza la nostra volontà, ma la nostra volontà si dimostra inferma davanti alla legge, perché la grazia guarisca la volontà, e la volontà guarita osservi la legge, non più soggetta alla legge, né bisognosa della legge.
Diversa funzione della legge: pedagogo alla giustizia per chi non è ancora giusto, esercizio di giustizia per chi è già giusto.
10. 16. La legge non è fatta per il giusto e tuttavia è buona, se uno ne usa legalmente 57. Mettendo insieme queste due affermazioni quasi opposte tra loro l'Apostolo avverte il lettore e lo avvia ad esaminare e risolvere la questione. Come può essere vero che la legge è buona se uno ne usa legalmente, ammessa come vera anche l'affermazione successiva: Sono convinto che la legge non è fatta per il giusto? Chi usa legalmente della legge è il giusto. Eppure la legge non è fatta per lui, ma per l'ingiusto. L'ingiusto però per giustificarsi, cioè per diventare giusto, deve anche lui usare legalmente della legge per essere condotto da essa come da un pedagogo alla grazia, che sola gli dà di poter osservare i precetti della legge 58. La grazia lo giustifica gratuitamente, cioè senza meriti precedenti da parte delle sue opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 59. La grazia non ci viene data, perché abbiamo già fatto opere buone, ma perché le possiamo fare: cioè non perché abbiamo già osservato la legge, ma perché la possiamo osservare. Dice infatti: Non sono venuto per abolire la legge, ma per darle compimento 60; di lui è stato detto: Vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità 61. È la gloria della quale è detto: Tutti hanno peccato e hanno bisogno della gloria di Dio 62. È la grazia della quale dice di seguito: Giustificati gratuitamente per la sua grazia 63. Chi non è giusto usa dunque legalmente della legge per diventare giusto. Quando lo è diventato, non usi più della legge come d'un veicolo 64, essendo già arrivato, o meglio, per adottare la similitudine dell'Apostolo, non usi più della legge come d'un pedagogo, essendo già stato educato. Quanto poi al giusto, come può essere vero che la legge non è fatta per lui, se anche a lui la legge è necessaria non per essere condotto alla grazia giustificante 65, quasi fosse ingiusto, ma per usarne legalmente da giusto? Non è forse vero? Anzi senza forse è certamente vero che il giusto fa uso legittimo della legge, e lo dimostro. Infatti essa è imposta agli ingiusti per atterrirli, perché, quando anche in essi il morbo dell'arrogante concupiscenza abbia cominciato a crescere per l'incentivo della proibizione e per l'accumularsi delle trasgressione, ricorrano per mezzo della fede alla grazia che giustifica e mediante il dono dello Spirito trovando dilettevole la soavità della giustizia, evitino la pena della lettera che minaccia. Così non saranno contrarie e contrastanti tra loro le due affermazioni: anche il giusto può usare legalmente della legge, e tuttavia la legge non è fatta per il giusto. Egli infatti non è stato giustificato dalla legge delle opere, ma dalla legge della fede, per la quale ha creduto che solamente dalla grazia divina poteva essere soccorsa la sua infermità per osservare i precetti della legge delle opere.
Non c'è posto per la superbia.
10. 17. Perciò dice:
Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede 66. Una delle due. O ha inteso il lodevole gloriarsi in Dio e non l'ha detto escluso nel senso di sbalzato via, ma nel senso di sbalzato ad arte, come si dicono sbalzatori certi cesellatori dell'argento. Per questo si legge anche nei Salmi:
Siano esclusi coloro che sono stati provati dall'argento 67, cioè risaltino coloro che sono stati approvati dalla parola di Dio. Infatti in un altro salmo si legge:
I detti del Signore sono puri, argento raffinato nel crogiolo 68. Oppure ha voluto alludere al gloriarsi vituperevole che proviene dalla superbia, cioè di coloro che, credendo di vivere secondo giustizia, se ne gloriano come se ciò non l'avessero ricevuto
69. Un simile gloriarsi lo dice escluso non dalla legge delle opere, ma dalla legge della fede, come cosa reietta e abietta. Perché, dalla legge della fede ognuno sa che, se vive anche solo un tantino bene, lo ha dalla grazia di Dio e d'arrivare alla perfezione nell'amore della