MadreTeresa giorno per giorno

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MARIOCAPALBO
00mercoledì 28 gennaio 2015 12:49
febbraio
SECONDO MESE


1. La confessione rafforza l'anima perché una confessione veramente ben fatta - la confessione di un figlio in peccato che ritorna al padre genera sempre umiltà e l'umiltà è forza. Potremmo recarci alla confessione tutte le volte che vogliamo e scegliere chi vogliamo, ma non per questo sentirci incoraggiati a cercare una direzione spirituale da qualsiasi fonte. Il confessionale non è luogo per conversazioni inutili o per il pettegolezzo. L'argomento deve essere i miei peccati, il mio dolore, il perdono: come vincere le tentazioni, come praticare la virtù, come aumentare l'amore di Dio.

2. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa.

3. Una sola cosa ci è indispensabile: la confessione. Essa non è altro che un atto di umiltà. Lo chiamiamo sacramento della penitenza ma in realtà è un sacramento d'amore, un sacramento di perdono. Ecco perché la confessione non dovrebbe essere un luogo nel quale parlare per lunghe ore delle nostre difficoltà. E un luogo dove io permetto a Gesù di estirpare da me tutto ciò che divide, che distrugge. Quando c'è un vuoto tra me e Cristo, quando il mio amore è diviso, nulla può venire a colmare quel vuoto. In confessione dovremmo essere molto semplici, come i bambini. « Ecco, sono come un bambino che va dal Padre. » Se un bimbo è ancora senza malizia e non ha ancora imparato a dire bugie, dirà ogni cosa. Questo intendo quando dico di essere come bambini. La confessione è un atto bellissimo di grande amore. Soltanto nella confessione possiamo andare come peccatori con i propri peccati e uscire come peccatori senza peccato.

4. Occorre soltanto che la sera prima di coricarvi chiediate: « Cosa ho fatto a Gesù, oggi? Cosa ho fatto per Gesù, oggi? Cosa ho fatto con Gesù, oggi?». Vi basta guardare le vostre mani. Questo è il migliore esame di coscienza.

5. E come troverete Gesù? Egli vi ha reso tutto così semplice! « Amatevi l'un l'altro come io vi ho amato. »Se

siamo andati fuori strada, abbiamo a disposizione il sacramento stupendo della confessione. Andiamo alla confessione come peccatori pieni di peccato. Veniamo via dalla confessione peccatori senza peccato per merito dell'onnipotenza e della misericordia di Dio. Non occorre che ci disperiamo. Non occorre che ci suicidiamo. Non occorre che ci sentiamo scoraggiati... tutto questo non è necessario se abbiamo compreso la tenerezza dell'amore di Dio. Voi siete preziosi per lui, vi ama, e vi ama così teneramente che vi ha plasmato col palmo della sua mano. Queste parole di Dio sono nelle Scritture, lo sapete. Ricordatevi che quando il vostro cuore si sente inquieto, quando il vostro cuore è nel dolore, quando il vostro cuore sembra spezzarsi... allora ricordatevi di questo: « Io sono prezioso per Lui. Mi ama. Mi ha chiamato per nome. Sono suo. Mi ama. Dio mi ama ». E per dimostrarmi il suo amore è morto sulla Croce.

6. Una sera, un signore venne nella nostra casa e mi disse: « C'è una famiglia di indu con Otto figli, che da molto tempo non hanno da mangiare. Fate qualcosa per loro ». Presi un po' di riso e andai subito. Potei constatare sui volti dei bambini una fame tremenda. E tuttavia, quando la madre prese il riso lo divise in due porzioni ed uscì. Allorché fu di ritorno le chiesi:
« Dove siete stata? Cosa avete fatto?». Ella mi diede una sola risposta: « Anche loro avevano fame ». Aveva dei vicini alla porta accanto, una famiglia musulmana, e lei sapeva che avevano fame. Non portai dell'altro riso per quel giorno, perché volevo che essi sperimentassero la gioia di donare. Non ero sorpresa che lei sentisse il desiderio di donare, ma ero sorpresa che sapesse che erano affamati. Anche noi sappiamo? Abbiamo il tempo anche solo di sorridere a qualcuno?


7. I poveri sono persone meravigliose. Una sera uscimmo e raccogliemmo quattro persone in istrada. Una di esse era in condizioni terribili. Dissi alle Sorelle: «Prendetevi cura delle altre tre, mi occuperò io di questa, che mi sembra nella situazione peggiore ». Così, feci per lei tutto quello di cui il mio amore fu capace. La misi a letto e sul suo viso c era un sorriso così bello! Mi teneva stretta la mano e mi disse una parola soltanto: « Grazie
» e mori.


8. Non ho mai dimenticato l'occasione in cui mi capitò di visitare una casa dove si trovavano tutti quei vecchi genitori di figli e figlie che li avevano messi in un istituto e poi li avevano dimenticati. Mi recai in quel luogo e potei vedere come in quella casa avessero di tutto, belle cose, ogni comodità, ma ognuno stava con lo sguardo fisso alla porta. E non ne vidi alcuno con sul volto un sorriso. Allora mi volsi alla Sorella e dissi: « Come mai? Come mai questa gente, a cui non manca nulla, guarda sempre verso la porta? Perché non sorridono? ».
Ero così abituata a vedere il sorriso sul volto della nostra gente... anche i morenti da noi sanno sorridere. Mi rispose: « Questo capita quasi ogni giorno. Stanno aspettando, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli
». Soffrono perché si sentono dimenticati. Vedete... qui ci vuole l'amore. Quel tipo di povertà c'è anche nelle nostre case, e anche quella negligenza d'amore. Forse nella nostra stessa famiglia vi è qualcuno che si sente solo, che è in stato di sommo disagio, che si sente angosciato, e questi sono momenti difficili per ciascuno. Noi siamo lì, presenti? Ci siamo a riceverli?

9. I poveri sono persone assolutamente straordinarie e sono in grado di insegnarci molte belle cose. L'altro giorno uno di essi venne a ringraziarci e disse: « Voi siete persone che vi siete votate alla castità e siete perciò le più qualificate ad insegnarci la pianificazione familiare, poiché non c e niente più dell'autocontrollo che provenga dall'amore reciproco ». E penso che abbia detto qualcosa di molto bello. Queste sono persone che potrebbero anche non aver nulla da mangiare, ma sono persone degne della massima stima.

10. I nostri figli li vogliamo, li amiamo; ma che ne è degli altri milioni di creature? Parecchie persone si preoccupano molto, molto, dei bambini indiani, dei bambini africani, dove un grosso numero muore di malnutrizione, di fame eccetera. Ma milioni d'altri muoiono per decisione delle loro stesse madri. E questo, oggi, può essere considerato l'elemento più distruttore della pace. Poiché se una madre può uccidere il proprio bambino, chi impedisce domani a me di ucciderti o a te di uccidermi? Non c'è nulla che lo vieti.

11. Fui meravigliata di vedere in Occidente tanti giovani e tante ragazze darsi alla droga, e ho cercato di capirne il motivo. Perché ciò avviene? La risposta è stata: « Perché non c'era nessuno in famiglia ad accoglierli
». Papà e mamma sono troppo occupati, non hanno più tempo. Il ragazzo se ne va per la strada e finisce per essere coinvolto in qualcosa. Parliamo di pace e sono queste cose che spezzano la pace.


12. Una volta stavo camminando per le vie di Londra e mi capitò di vedere un uomo, tutto rannicchiato,

sembrava così solo, così abbandonato. Mi chiese di chinarmi, così mi fermai, gli presi la mano, gliela strinsi, gli domandai come stava. La mia mano è sempre molto calda ed egli alzò lo sguardo e disse: «Oh, dopo tanto tempo, sento il calore di una mano umana, dopo tanto tempo! ». I suoi occhi brillarono e si levò a sedere. Proprio quel po' di tepore che si sprigionava da una mano umana aveva portato gioia nella sua vita. Dovete fare questo genere di esperienza. Dovete tenere gli occhi ben aperti e provare.

13. In Australia, dove operano le nostre Sorelle, andiamo nelle case dei poveri e laviamo e facciamo le pulizie e tutto questo genere di lavori. Una volta andai nella casa di un uomo solo e gli chiesi: « Mi permettete di pulire la vostra casa?». Quegli mi rispose « Sto bene così ». E io replicai: « Starete meglio se mi lascerete farvi le pulizie ». Così mi lasciò ripulire la sua abitazione. Poi scorsi in un angolo della stanza una lampada piena di polvere. Gli domandai: « Non accendete la lampada?». Mi disse: « Per chi? Sono anni che nessuno viene mai a trovarmi... sono anni ». Allora dissi: « Accenderete la lampada, se le Sorelle vi verranno a trovare? ». Egli disse: « Sì ». Allora ripulii la lampada. Le Sorelle cominciarono ad andare a casa sua, nella sua abitazione e la lampada rimase accesa. Mi dimenticai completamente di lui. Dopo due anni ricevetti notizie da lui stesso che diceva: « Dite alla mia amica che la luce che ha acceso nella mia vita sta ancora brillando».

14. Più il lavoro è ripugnante, maggiore dovrebbe essere la nostra fede e più gioiosa la nostra devozione. Che noi si senta ripugnanza è naturale ma quando riusciamo a vincerla per amore di Cristo è lì che possiamo raggiungere l'eroismo. Assai spesso nelle vite dei santi è accaduto che il superamento eroico di qualcosa di ripugnante è diventata la chiave per arrivare a una grande santità. Questo fu il caso di San Francesco d'Assisi, che nell'incontrare un lebbroso, completamente sfigurato, si ritrasse, ma poi facendosi forza, baciò quel volto spaventosamente sfigurato. Il risultato fu che Francesco fu ripieno di una gioia indicibile. Era diventato completamente padrone di se stesso ed il lebbroso se ne andò lodando Dio per la sua guarigione.                                                                                                                                                 

15. Quando ci occupiamo del malato e del bisognoso noi tocchiamo il corpo sofferente di Cristo e questo tocco ci rende eroici; ci fa scordare la ripugnanza e le tendenze naturali che sono in noi. Ci occorrono gli occhi di una fede profonda per vedere Cristo nel corpo mutilato e negli abiti sudici sotto i quali si nasconde il più bello dei figli dell'uomo. Ci occorrono le mani di Cristo per toccare questi corpi feriti dalla sofferenza e dal dolore.

16. Una Sorella mi diceva che proprio due o tre settimane prima, a Bombay, lei ed alcune Sorelle avevano raccolto un uomo dalla strada e lo avevano portato a casa. Disponiamo di un luogo spazioso che ci è stato regalato e che noi abbiamo trasformato in una casa d'accoglienza degli incurabili. Quell'uomo venne portato là e le Sorelle si presero cura di lui. Lo amarono e lo trattarono con dignità. Subito si accorsero che la sua schiena non aveva più pelle né carne. Era intieramente mangiato. Dopo averlo lavato lo misero a letto e una Sorella mi disse che mai aveva veduto tanta gioia quanta ne aveva scorta sul volto di quell'uomo. Allora le domandai: « Cosa avete provato quando avete tolto i vermi dal suo corpo, ditemelo! ». Lei mi guardò e poi disse: « Mai avevo sentito la presenza di Cristo; non avevo mai creduto veramente alla parola di Gesù che dice: "Ero malato e voi questo l'avete fatto a me Ora la sua presenza era in quell'uomo e io la potevo vedere su quel viso ». Questo è un donò di Dio.

17. Come sapete, abbiamo anche i nostri Fratelli che sono Missionari della Carità. Uno di essi ama i lebbrosi. In India ci stiamo prendendo cura di 49.000 lebbrosi. Questo Fratello li ama davvero. Arrivò qui un giorno, dopo che si era trovato in disaccordo con il suo superiore. Mi disse: « Amo i lebbrosi; voglio stare con loro, voglio dedicarmi ad essi, sento che la mia vocazione è quella di stare con i lebbrosi ». Gli dissi:
« Fratello, stai commettendo un errore. La tua vocazione non è quella di lavorare per i lebbrosi, la tua vocazione è quella di appartenere a Gesù. La tua opera per i lebbrosi è soltanto un tuo atto di amore per il Cristo; perciò non fa differenza a chi è dedicata la tua opera purché tu la compia per Lui, purché tu la faccia con Lui. Questo è quel che importa. Questa, cioè, è la completezza della tua vocazione, del tuo appartenere al Cristo ».

18. Siamo i servi del povero. Dobbiamo donare al povero un servizio libero, sentito. Nel mondo le persone vengono pagate per il loro lavoro. Noi siamo pagati da Dio. Siamo vincolati da un voto d'amore nel servire il povero, nel vivere come il povero con il povero.

19. Trattate forse i poveri come le vostre pattumiere, dandogli qualunque cosa non possiate più usare o mangiare? Non posso mangiare questo cibo, così lo darò al povero. Non mi serve più questa cosa o quel pezzo

di stoffa, così la darò al povero. Mi illudo in questo modo di condividere la povertà del povero, mi identifico con il povero che servo? Sono una cosa sola con lui? Condivido con lui come Gesù ha condiviso con me?

20. Alcune settimane fa due giovani sono venuti da noi e mi hanno dato un sacco di denaro per sfamare la mia gente. Ho detto loro: « Dove avete preso tutto quel denaro?». Mi hanno risposto: « Due giorni fa ci siamo sposati. Prima del matrimonio abbiamo preso una decisione: non ci compreremo abiti per lo sposalizio, non faremo la festa di nozze, daremo a voi tutto il denaro ». So quanto significhi tutto questo per una famiglia Indu e quale grande sacrificio avevano fatto. Allora ho chiesto loro: « Ma perché l'avete fatto? ». Mi hanno risposto:
« Ci amiamo talmente tanto vicendevolmente, che abbiamo voluto condividere la gioia dell'amore con le persone che voi servite e così abbiamo sperimentato la gioia di amare ». E dove comincia questo amore?... in famiglia. E come comincia?... condividendo sino a provare dolore, amando sino alla sofferenza.

21. Ogni giorno cuciniamo per 9000 persone. Una volta venne una Sorella e disse: « Madre, non vi è nulla da mangiare, nulla da dare a questa gente ». Non avevo niente da rispondere. Ma poi per le 9, quel mattino, arrivò da noi un camion pieno di pane. Il governo distribuisce una fetta di pane e del latte per ogni bambino povero. Quel giorno - nessuno in città capì come mai - vennero chiuse improvvisamente le scuole e tutto il pane venne portato a Madre Teresa. Vedete, fu Dio a chiudere le scuole. Non poteva lasciare la nostra gente senza cibo. E questa fu la prima volta, penso, che in vita loro ebbero del pane così buono e così in abbondanza. Anche in questo modo potete vedere la tenerezza dell'amore di Dio.
                                                           


22. Un giorno, a Calcutta, venne un uomo con una ricetta e disse: « Il mio unico figlio sta morendo e questa medicina la si può trovare soltanto fuori dall'In-dia ». Proprio in quel momento, mentre stavamo ancora parlando, venne un uomo con un cesto pieno di medicine e, proprio sopra a tutte, c'era il farmaco che ci occorreva. Se fosse stato sotto le altre non l'avrei scorto. Se fosse venuto prima o subito dopo, non l'avrei potuto vedere. Ma in quel preciso momento, tra milioni e milioni di bambini nel mondo, Dio nella sua tenerezza si era preoccupato di quel piccino che stava negli slvms di Calcutta fino a mandare, nel momento esatto, quel cesto di medicine per salvarlo. Sia lode alla tenerezza dell'amore di Dio, poiché ogni piccolo, sia che appartenga a una famiglia ricca o a una povera, è figlio di Dio, creato dal Creatore di tutte le cose.

23. E necessario guardarsi dall'orgoglio. L'orgoglio annienta ogni cosa. Ecco perché Gesù ha detto ai suoi discepoli di essere miti e umili di cuore. Io non dissi che la contemplazione è una grossa cosa... ma di essere miti e umili di cuore l'uno verso l'altro. Se capite questo, capite la vostra vocazione. Vivere a questo modo costituisce la chiave per essere miti e umili.

24. Se sei stata assegnata alle mansioni di cucina, non devi pensare che questo non richieda intelligenza... Quello star seduti e in piedi, quell'andare innanzi e indietro o qualsiasi altra mansione assolva, Dio non domanderà a quella Sorella quanti libri ha letto, quanti miracoli ha compiuto; ma le domanderà se ha fatto del suo meglio per amore suo. Ella potrà in tutta sincerità affermare: « Ho fatto del mio meglio ». Anche se il meglio corrisponderà a un insuccesso, questo dovrà essere il meglio che abbiamo saputo fare, il nostro massimo.

25. Non vi sia alcuna gloria nel vostro successo, ma attribuite tutto a Dio con il più profondo senso di gratitudine. D'altro canto, nessun insuccesso vi scoraggerà finché avrete coscienza di aver fatto del vostro me- glio. Umanamente parlando, se una Sorella fallisce nella sua opera siamo propensi ad attribuirlo a tutti i fattori dell'umana debolezza... non ha intelligenza, non ha saputo fare del suo meglio, eccetera. Tuttavia agli occhi di Dio non ha fallito se ha fatto tutto quanto era capace. E, nonostante tutto, una sua cooperatrice.

26. Non dobbiamo mai pensare di essere indispensabili. Dio ha le sue vie e i suoi modi... può permettere che tutto vada alla rovescia anche nelle mani della Sorella più dotata. Dio guarda soltanto il suo amore. Potreste essere distrutte dalla fatica, uccidervi anche, ma se il vostro lavoro non è intessuto d'amore è inutile. Dio non ha bisogno della vostra opera.

27. Potrebbe succedere che dei ragazzini siano bocciati ripetutamente all'esame di religione quando si preparano alla Prima Comunione. Non scoraggiatevi. Né dovete provare tali sentimenti negativi quando cercate di salvare un matrimonio o di convertire un peccatore e non vi riuscite. Se vi scoraggiate, è un segno d'orgoglio, perché ciò sta a dimostrare che confidate nelle sole vostre forze. Non vi irritate per le opinioni altrui. Siate umili

e non vi sentirete mai angosciati.

28. Oggi, che tutto è posto in discussione e ogni cosa va cambiando, facciamo ritorno a Nazaret. Gesù era venuto per redimere l'umanità, per insegnarci l'amore del Padre. Che strano che abbia voluto trascorrere trenta anni senza fare nulla, sprecando il proprio tempo! Senza offrire un 'occasione per mettere in evidenza la propria personalità o le sue doti! Sappiamo che all'età di dodici anni mise a tacere i Sapienti del tempio, che sapevano tante cose e così compiutamente. Ma quando i suoi genitori lo ritrovarono, se ne ritornò a Nazaret e rimase a loro sottomesso. Per venti anni non si udì più parlare di lui, cosicché la gente era stupita quando lo vide in pubblico a pregare. Lui, il figlio del falegname, che aveva fatto il suo umile lavoro nella bottega da falegname per trenta anni!

29. L'umiltà non è altro che la verità. « Cosa possediamo, che non abbiamo ricevuto? », domanda San Paolo. Se ho ricevuto ogni cosa, che merito c'è da parte mia? Se siamo convinti di questo, non leveremo mai in alto il capo con orgoglio. Se sarete umili, nulla vi toccherà, né lodi né ignominie, poiché sapete quel che siete. Se vi vedrete biasimati non vi deprimerete, se vi chiameranno santi non vi porrete sopra un piedestallo. Se siete santi, rendete grazie a Dio. Se siete peccatori, non rimanete in questa condizione.

MARIOCAPALBO
00martedì 3 febbraio 2015 19:16
 

  
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