IL FRUTTO DELLO SPIRITO Chris Graulich

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MARIOCAPALBO
00venerdì 9 dicembre 2011 18:44

IL FRUTTO DELLO SPIRITO[1]


 Chris Graulich

 

 

Nel rinnovamento carismatico abbiamo riscoperto il battesimo nello Spirito, che ci introduce alla vita nello Spirito. Ma questa non è una conseguenza automatica del primo, e non la possiamo presumere né dare per scontata. La Vita nello Spirito, infatti, deve produrre il Frutto dello Spirito, che trasforma il nostro carattere e la vita di relazione. Ci porta alla vittoria sulle debolezze e alla libertà cui Cristo ci ha chiamato. È questo il criterio biblico per stabilire se davvero viviamo nello Spirito.

 

 

Una vita trasformata nell'immagine di Cristo.

 

     Quando apriamo la vita all'opera dello Spirito Santo, in noi viene liberata una grande potenza. Spesso pensiamo a questa potenza in termini di doni spirituali. Vediamo la potenza di Dio manifestarsi nella guarigione, nel discernimento della profezia, e la vogliamo anche noi. È un bene desiderare che la potenza di Dio sia liberata in questo modo, ma se ci concentriamo sui doni spirituali trascuriamo un'altra opera dello Spirito, pure importantissima.

 

     Paolo espresse bene il problema nella prima lettera alla giovane Chiesa di Corinto. I Corinzi, osservò Paolo, non mancavano di nessun dono spirituale (1 Cor 1, 7). In realtà, leggendo la lettera di Paolo risulta chiaro che le difficoltà dei Corinzi non avevano niente a che fare con la scarsità dei doni. Qualcosa invece non andava nell'uso di quei doni. Ad un certo punto Paolo arrivò a dire che i Corinzi, con tutta la loro abbondanza di doni spirituali, non erano ancora spirituali (1 Cor 3, 1-3). Mancava loro qualcosa di cruciale: il carattere di Gesù, con l'amore e l'ordine che da esso derivano.

 

     Gesù stesso indicò questo punto con parole che nessuno può permettersi di dimenticare: "Molti mi diranno in quel giorno, Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel Tuo nome e cacciato demoni nel Tuo nome e compiuto molti miracoli nel Tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da Me voi, operatori di iniquità" (Mt 7, 22-23). Per quanto importanti possano essere i doni spirituali, agli occhi di Dio c'è qualcosa di ancora più importante: che noi ci rivestiamo del carattere del nostro Signore Gesù Cristo.

 

     Uno dei modi più utili per capire fino a che punto siamo conformi al carattere di Gesù è considerare ciò che Paolo descrive come frutto dello Spirito: "Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà; mitezza, dominio di sé" (Gal 5, 22-23). Leggendo l'elenco di questi tratti del carattere, leggiamo la descrizione del carattere di Gesù. Questo è Gesù e questo, dice Paolo, dobbiamo diventare anche noi. Consideriamo ora ciascuno dei tratti menzionati da Paolo:

 

L'amore: Nel Nuovo Testamento vi sono diverse parole greche tradotte con "amore."

q       Eros, che è l'amore romantico e sessuale;

q       philadelphia, l'amore fraterno; e molte altre.

q       Ma in questo passo la parola greca usata per amore è agape.

    Agape è il tipo d'amore che ha Dio verso di noi, l'amore dimostratoci da Gesù: quella donazione totale di noi stessi con la quale amiamo persino i nemici. É un amore non originato da interessi egoistici. L'agape è centrato completamente nel Signore e nei fratelli e si traduce in un servizio disinteressato.

 

La gioia: La gioia non è solo la risposta emotiva a qualcosa di buono che ci accade. La vera gioia è fondata sulla consapevolezza che Dio ci ama, che ci ha salvati, che è con noi, che Gli apparteniamo e che saremo con Lui per sempre. Dato che queste verità non cambieranno mai, anche la nostra gioia potrà restare immutata. Non è necessario che vada e venga, a seconda delle circostanze.

 

La pace: Questa non si riferisce solo alla serenità o alla calma interiore, ma anche a quanto potremmo chiamare "ordine." Paolo dice che: "Dio non è un Dio di disordine, ma di pace" (1 Cor 14, 33), cioè un Dio di ordine. Uno degli aspetti della pace è che la nostra relazione con Dio e con i fratelli sia nel giusto ordine.

 

La pazienza: Quando qualcuno tende ad arrabbiarsi per futili motivi, diciamo che ha un "brutto carattere." La parola greca usata qui per "pazienza" significa il contrario di tale espressione.

      La pazienza si riferisce alla capacità di credere a qualcosa senza perdere la speranza, senza dire: "A che pro? Ci rinunzio." Non significa solo rassegnarsi o trattenere la lingua quando siamo arrabbiati. Significa saper attendere i tempi di Dio per qualcosa, anche se ci paiono lunghi, senza scoraggiarci e restarne frustrati.

 

La benevolenza: Forse si evidenzia da sé. Significa semplicemente vedere le necessità degli altri e rispondervi in maniera calda, amichevole.

 

La bontà: Tutti possiamo pensare a degli aggettivi che descrivono una persona "buona": retta, onesta, nobile, pura. La parola greca per bontà talvolta è tradotta con "generosità." Ma non significa soltanto dare molti soldi in opere di carità. Dobbiamo anche essere generosi col nostro tempo, l'energia, i doni che il Signore ci ha dati. L'essenza della bontà consiste nel dare liberamente tutta la nostra vita.

 

La fedeltà: Si potrebbe anche esprimere con "attendibilità" o "lealtà." Significa che una volta che una persona ha preso un impegno, si può contare che lo porti a termine. Il nostro comportamento non deve essere determinato dalle "sensazioni", da ciò che ci capita di sentire in un dato momento, ma dalle decisioni prese. Come pietre delle fondamenta, si può fare affidamento su di noi, sempre.

 

La mitezza: É un termine soggetto a incomprensioni. Spesso pensiamo che essere miti significhi essere docili e passivi, non fare né dire molto. In realtà, mitezza significa forza sotto controllo. Considerate un falegname che mette un chiodo: se usa la forza bruta piegherà il chiodo e provocherà un danno al lavoro. D'altra parte, se appoggia il martello in cima al chiodo e lo accarezza, non risolverà niente. La via giusta è colpire il chiodo con fermezza, ma con precisione. Serve una forza controllata. Dobbiamo imparare ad usare la forza che Dio ci dà, sotto il controllo dello Spirito Santo.

 

Il dominio di sé: La parola greca è stata definita: "avere forza interiore; forte o potente; avere il potere su qualcosa." In questo caso "dominio di sé" significa esercitare il potere, o la autorità, sui desideri della carne, portandoli sotto il dominio di Gesù.

 

      Un modo per capire questi tratti del carattere di Gesù è confrontarli con quelle che Paolo chiama opere della carne: "fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordie, gelosie, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e cose del genere" (Gal 5, 10-21).

      Spesso, pensando alle opere della carne pensiamo ai peccati del corpo. Ma in questo elenco possiamo vedere molti peccati, come il cattivo carattere, la gelosia, eccetera, che non si riferiscono in modo specifico al corpo fisico. Sono peccati riguardanti i sentimenti. In realtà si tratta di disordini emotivi, anziché di disordini del corpo.

 

      Ovviamente con "carne" la Scrittura non intende solo il corpo. Alcune versioni moderne traducono il termine con "intemperanza." In altre parti del Nuovo testamento questa parte della nostra natura è chiamata l' "uomo vecchio." "La carne" si riferisce semplicemente al vecchio modo di fare, alla via seguita prima di incontrare il Signore, che metteva il nostro "io", il nostro egoismo, al centro dell'esistenza: "Come mi sento? Cosa penso? Cosa voglio?" Quando agiamo sulla base dell'ego come unico punto di riferimento, possiamo aspettarci che queste opere della carne affiorino.

 

      Possiamo vedere che ciò accade intorno a noi. Nella nostra società fare quello che vogliamo è diventata addirittura una virtù, così come appartenere a noi stessi ed essere indipendenti. Abbiamo rapporti con gli altri, persino coi collaboratori e coi familiari, ma a distanza. Ne risulta che valutiamo le cose sulla base di come ci sentiamo nei loro confronti.

q       Abbiamo abbandonato molti dei vecchi criteri esteriori - l'insegnamento della Chiesa, le norme sociali, il modo in cui siamo stati cresciuti

q       - a vantaggio dei criteri soggettivi. Le emozioni sono diventate le padrone. Determinano il nostro modo di parlare, di pensare, di investire il tempo e le energie. Ma in noi esse sono in ordine.

Quelle emozioni disordinate possono diventare dei dittatori crudeli. Sono capricciose e imprevedibili. Quanto abbiamo dormito la notte passata, cosa abbiamo mangiato stamani, se abbiamo mal di testa - cose di questo tipo intaccano le nostre emozioni ed influenzano il comportamento. Ne risulta che viviamo costantemente in uno stato di incertezza: senza sapere cosa fare in questa o in quella situazione, pensando a cosa diranno di noi questa o quella persona, senza capire perché le cose vanno come vanno, senza essere mai in pace.

 

     Questi sono tutti sintomi delle vecchie vie centrate sull'io, dalle quali Dio vuole liberarci. Egli vuole aiutarci a mettere a morte l'uomo vecchio e a rivestirci del carattere di Gesù; vuole aiutarci a smetterla con le opere della carne e a coltivare i frutti dello Spirito Santo.

     Paolo non dice che le emozioni sono cattive di per sé: sono parte della natura con cui Dio ci ha creati. Tuttavia possono uscire dall'ordine ed assumere un ruolo inappropriato nella nostra vita. Ciò che Dio vuole operare in noi attraverso la potenza dello Spirito Santo è riordinare questo aspetto della nostra vita, per renderlo come era in Gesù.

 

Come possiamo coltivare il frutto dello Spirito nella nostra vita?

     Possiamo cominciare con tre passi pratici:

 

1.   Il primo consiste nel riconoscere che il nostro scopo non è ottenere tratti individuali del carattere, ma assumere l'intera personalità di Gesù.

Pensavo ai frutti dello Spirito come se arrivassero in scatole separate con tanto di etichetta: "amore," "gioia," "pace," e così via, immaginandomi a cercare di afferrare ogni scatola. Potevo prendere la gioia con una mano e la pace con l'altra, e reggere la bontà e il controllo di sé sotto le braccia; ma poi non avevo più posto. Magari potevo mettere la pazienza in equilibrio su un piede, ma poi dove avrei messo l'amore, la fedeltà e la mitezza? Ovviamente, tutto ciò non mi avrebbe portato lontano. Poi ho notato che la Scrittura dice che "il frutto dello Spirito è ..." e non "i frutti dello Spirito sono..."; non si supponeva che io cercassi tratti individuali del carattere, ma l'intero carattere di Gesú.

 

2.   La seconda cosa da fare è permettere a Gesù di essere il Signore.

Possiamo invitarlo ad entrare in un numero sempre maggiore di zone della nostra vita che in precedenza erano riservate a noi stessi. Ho imparato questo aspetto da un lavoro che svolgevo: era ripetitivo, e così avevo la possibilità di pensare ad altro. Passavo il tempo a pensare alla gente che conoscevo e a ciò che progettavo di fare. Arrivai al punto di immaginare le conversazioni con la gente e a progettare cose che sapevo non sarebbero mai accadute. Stavo fantasticando.

    Un giorno mi balenò l'idea che il Signore poteva aver da ridire su come passavo il tempo a lavorare. Mi mostrò come disciplinare i miei pensieri e usare meglio il tempo nell'amarLo e servirLo. Dio ha saggezza e potenza per ogni aspetto della vita: dobbiamo solo aprirci e ricevere quella saggezza e potenza, lasciandoci trasformare.

 

3.   La terza cosa da fare è collaborare con lo Spirito Santo che cerca di agire in noi.

Vivendo nella verità, cerchiamo la Parola di Dio e applicandola consapevolmente alla nostra vita, collaboriamo nel mettere a morte l'uomo vecchio e nell'assumere il carattere di Gesù: "Tutto quello che è vero, nobile e giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto ciò sia oggetto dei vostri pensieri" Se lo faremo, dice Paolo: "Il Dio della pace sarà con voi" (Fil 4, 8-9).

 

    Mediante la potenza dello Spirito Santo che opera in noi, Dio può renderci capaci di lasciare indietro la vita "centrata sull'ego." Smetteremo di valutare le cose secondo criteri soggettivi e inizieremo a valutarle secondo la Parola di Dio. Smetteremo di agire sulla base di come ci sentiamo per cominciare ad agire in obbedienza al comando di Dio: "Amatevi gli uni gli altri." Smetteremo di vedere solo le nostre necessità per orientarci verso quelle dei fratelli. Possiamo sfuggire alle opere della carne e far sviluppare in noi il frutto dello Spirito. In breve, possiamo somigliare sempre più a Gesù.

 

     Non per noi stessi, ovviamente. Gesù non si è fatto uomo per Se Stesso ma per essere servo degli altri. Allo stesso modo, per essere fedeli al nostro servizio dobbiamo essere come Gesù; così come per essere fermi nel nostro amore reciproco; affinché le circostanze che cambiano non distruggano le nostre relazioni; e le fazioni, le divisioni e i sentimenti feriti non dominino la vita dei nostri gruppi di preghiera e comunità.

     Gesù dice: "Ecco, faccio ogni cosa nuova" (Ap 27 ,5). Vuole che siamo una creazione nuova, che siamo come Lui: che abbiamo la Sua personalità, i Suoi atteggiamenti, i Suoi pensieri, la Sua mente, le Sue vie profondamente radicate nella nostra vita. E sta già operando nel fare tutto ciò per mezzo dello Spirito Santo che ha riversato su di noi.

     Il frutto dello Spirito è una vita trasformata ad immagine di Cristo.

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