DISCORSO 165

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
MARIOCAPALBO
00sabato 13 settembre 2014 21:33
Nelle quattro dimensioni il mistero della croce.

DISCORSO 165


 


DALLE PAROLE DELL'APOSTOLO (EPH 3, 13-18):
VI PREGO, QUINDI, DI NON PERDERVI D'ANIMO PER 
LE MIE TRIBOLAZIONI PER VOI, SONO GLORIA VOSTRA... "
LA GRAZIA E IL LIBERO ARBITRIO, CONTRO I PELAGIANI
TENUTO NELLA BASILICA MAIORUM

 

La speranza va collocata in Dio, non nelle risorse del libero arbitrio. La grazia e il lib. arb. in cooperazione.

1. 1. Abbiamo ascoltato l'Apostolo, abbiamo ascoltato il Salmo, abbiamo ascoltato il Vangelo; tutte le divine Letture ci fanno udire concordi di non riporre in noi la nostra speranza, ma nel Signore. Vi prego - dice l'Apostolo - di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi, sono gloria vostra 1Vi prego - dice - di non perdervi d'animo, cioè di non demoralizzarvi quando venite a sapere che io soffro tribolazioni per voi, perché questa è gloria vostra; li prega perciò di non avvilirsi, cosa che non farebbe, se non volesse incoraggiare la loro volontà. Poiché, se io rispondessi: Perché ci preghi di ciò che non è in nostro potere? Non sembrerebbe forse di avergli dato una risposta adeguata? Eppure l'Apostolo non avrebbe detto: Vi prego, se non avesse saputo che la propria volontà li avrebbe trovati consenzienti a fare anch'essi qualcosa. E se avesse detto: Vi ordino, ignorando se a quelli sarebbe stato possibile attenersi al comando della sua volontà, si sarebbe servito inutilmente di tale espressione. Ma riconoscendo ancora una volta che senza l'aiuto di Dio la volontà dell'uomo non regge, disse: Vi prego, non solo perché non affermassero: Non abbiamo libertà di decisione, ma anche perché non sostenessero: Ci basta il libero volere. Notate che cosa aggiunse: per questo. A che è riferito " per questo " se non a quanto aveva appena espresso: Vi prego di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi, sono gloria vostra? Appunto perché avete il libero arbitrio della volontà, vi prego. Poiché è certo che il libero arbitrio della volontà non basta a compiere ciò di cui vi prego. Per questo piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ogni paternità in cielo e sulla terra prende nome. Perché vi conceda 2. Che cosa vi conceda? Domando che vi conceda quello di cui vi prego. Infatti io vi prego, perché avete una volontà libera: domando che vi si conceda, perché abbiate l'aiuto della Maestà.

Si chiede a Dio quello stesso che si vuole dall'uomo.

2. 2. Siamo andati, però, oltre le parole dell'Apostolo. Voi che non ritenete a memoria il testo della medesima lettura probabilmente vi attendete ancora di ascoltare se poi in realtà l'Apostolo proprio per loro pieghi le ginocchia davanti al Padre, perché conceda ad essi ciò di cui li aveva richiesti. Vi prego. Ricordate pertanto che cosa voleva da loro. Vi prego di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi 3. Ecco ciò che vuole da loro. Notate ora che cosa egli chiede per loro. Piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo perché vi conceda secondo la ricchezza della sua gloria di essere rafforzati nella virtù. Che altro è all'infuori del " non perdersi d'animo "? Di essere rafforzati nella virtù - dice - dal suo Spirito 4. Egli è lo Spirito della grazia. Considerate che cosa desidera. Domanda a Dio ciò che vuole dagli uomini: appunto perché Dio vuole dare, devi anche tu disporre la volontà a ricevere. Come vuoi ricevere la grazia della divina bontà, tu che impedisci l'accesso all'interno della tua volontà? Vi conceda, dice. Voi non possedete a meno che non vi si conceda. Vi conceda di essere rafforzati nella virtù dal suo Spirito. Infatti se vi concederà di essere rafforzati nella virtù, allora vi darà di non perdervi d'animo. Cristo abita l'uomo interiore per mezzo della fede nei vostri cuori. Vi conceda tutto questo. Radicati e fondati nella carità, perché siate in grado di comprendere insieme a tutti i santi 5. Comprendere che cosa? Vi conceda per mezzo del suo Spirito di essere rafforzati nella virtù e che Cristo abiti per la fede nel vostro uomo interiore, e così, radicati e fondati nella carità, possiate comprendere insieme a tutti i santi. Che cosa? Quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità 6. Veramente, nella lingua latina, l'altezza sta ad indicare l'una e l'altra cosa: prende il nome di altezza ciò che va verso l'alto; e prende il nome di altezza ciò che va verso il profondo. Pertanto, ha reso bene il traduttore che chiama altezza quello che va verso l'alto e chiama profondo ciò che va verso il basso.

Nelle quattro dimensioni il mistero della croce.

3. 3. Vi spiegherò pertanto, fratelli miei, che cosa questo stia a significare. Se per qualcuno forse è più facile che vuol dire? Perché sono meno capace sia di comprendere sia di far conoscere la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, queste quattro dimensioni che cita l'Apostolo, lo trascurerò? Non busserò io forse e non sarò aiutato dalle vostre preghiere per esporvi qualcosa di salutare? Perché ti incammini con lo spirito, uomo che sei cristiano, verso la larghezza della terra, la lunghezza del tempo, l'altezza del cielo, la profondità dell'abisso? Quando giungerai a comprendere tali dimensioni con la mente o con i sensi del corpo? Cioè: sia riflettendo, sia fissandovi lo sguardo, quando giungerai a comprendere tali dimensioni? Ascolta appunto l'Apostolo che ti dice: Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo 7. Da parte nostra gloriamoci in essa, almeno perché con il nostro peso siamo su di essa. Tutti gloriamoci in essa, o buoni fratelli, in essa gloriamoci. Vi troveremo forse e la larghezza e la lunghezza e l'altezza e la profondità. Da queste parole dell'Apostolo, in certo qual modo infatti, la croce ci viene innalzata davanti. Dimostra infatti la larghezza, in cui sono inchiodate le mani; dimostra la lunghezza, in quanto il tronco si tende di lì fino a terra; dimostra anche l'altezza, poiché dallo stesso tronco trasversale, in cui sono inchiodate le mani, sporge alquanto e vi è posato il capo del crocifisso; dimostra anche la profondità, vale a dire ciò che è infisso sulla terra e non si fede. Considerate il grande mistero. Da quella profondità che non si vede, si eleva tutto ciò che vedi.

La larghezza, la lunghezza, l'altezza-profondità della croce.

4. 4. Allora dov'è la larghezza? Poniti a confronto con la vita e i costumi dei santi, i quali dicono: Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo 8. Nel loro comportamento troviamo la larghezza dell'amore, di cui li ammonisce lo stesso Apostolo, dicendo: Aprite il vostro cuore, non siate di quelli che portano il giogo assieme agli infedeli 9. E dal momento che era di grande cuore, egli che li esortava all'apertura, ascolta che cosa giunge a dire: La nostra bocca si è aperta verso di voi con franchezza, Corinzi; il nostro cuore è tutto aperto 10. Ne segue che la larghezza è l'amore, l'unico che opera il bene. La larghezza fa sì che Dio ami chi dona con gioia 11. Effettivamente se uno si è trovato alle strette, darà a malincuore; se darà affliggendosene, sarà perduto ciò che darà. E' necessaria, quindi, la larghezza dell'amore, perché non vada perduto ciò che fai di buono. Ma poiché il Signore afferma: Quando dilagherà l'iniquità, l'amore di molti si raffredderà 12; dammi anche la lunghezza. In che consiste la lunghezza? Colui che persevererà sino alla fine, sarà salvo 13. Questa è la lunghezza della croce, dove si stende tutto il corpo; dove, dove si resta dritti, e così rimanendo si persevera. Pertanto, se tu che ti vanti nella croce desideri avere la larghezza della croce, abbi la forza di operare il bene. Se vuoi avere la lunghezza della croce, abbi la longanimità del perseverare. Se poi vuoi avere l'altezza della croce, riconosci che cosa ascolti e dove lo ascolti: in alto il cuore. Che cosa vuol dire: " in alto il cuore "? In alto spera, in alto ama; all'alto chiedi la forza, dall'alto attendi la ricompensa. Giacché, se ti comporti bene e dài lietamente, è come se avessi. Se persevererai fino alla fine nelle medesime buone opere, la lunghezza. Ma se non fai tutte queste cose in vista della ricompensa divina, tu non possederai l'altezza; e non ci sarà più né la larghezza né la lunghezza. In che consiste infatti il possedere l'altezza, se non avere Dio nella mente, amare Dio, e nell'amare gratuitamente Dio, egli che soccorre, egli che guarda, egli che corona, egli che concede la ricompensa; infine nel considerare lui quale premio, nel non attendere da lui altro che lui stesso? Se ami, ama gratuitamente; se è vero che ami, egli sia la ricompensa che tu ami. O non è forse vero che ti sono care tutte le cose e disprezzi colui che ha formato tutte le cose?

La profondità della croce.

5. 5. Perché ci sia possibile tutto questo, per noi l'Apostolo ha piegato le ginocchia, soprattutto perché ci sia dato. Ci atterrisce infatti anche il Vangelo: A voi è dato di conoscere il mistero del regno, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato. Ma chi è che ha ed al quale si darà se non colui al quale è stato dato? Ma a chi non ha, a lui sarà tolto anche quello che ha 14. Chi è invece che non ha se non colui al quale non è stato dato? Perché è stato dato a quello e a quello no? In questo consiste la profondità della croce ed oso dirlo. Dal profondo di non so quale dei giudizi di Dio, che non possiamo far sì che vengano penetrati e contemplati, procede tutto ciò che ci è possibile. Da non so quale profondità dei giudizi di Dio, che non possiamo fare oggetto di contemplazione, che non siamo capaci di penetrare, procede tutto ciò che possiamo. Io vedo ciò che posso: non vedo a che si deve che io possa; solo perché anche ciò che posso lo vedo soltanto fino al punto di conoscere che viene da Dio. Ma il fatto del dare all'uno e non all'altro mi supera, è un abisso, è la profondità della croce; posso erompere in voci di ammirazione, non posso condurre una discussione dimostrativa. Che cosa di tale profondità può raggiungere il mio grido di stupore? Come sono grandi le tue opere, Signore 15! I Pagani ricevono la luce, i Giudei sono accecati. Alcuni neonati ricevono il lavacro del sacramento del Battesimo ma altri neonati si lasciano nella morte del primo uomo. Come sono grandi le tue opere, Signore! Fuor di misura profondi i tuoi pensieri! E prosegue: L'uomo insensato non intende e lo stolto non capisce queste cose 16. Perché non capisce lo stolto e l'insensato? Perché si tratta addirittura di qualcosa di profondo. Se infatti non lo intende lo stolto, ma lo intende il sapiente, non è qualcosa oltre misura profondo. Ma se il sapiente si rende conto che è qualcosa di profondo, lo stolto non avverte neppure che è profondo.

A che si deve l'errore che fa preesistere le anime al corpo e ne ammette il peccato.

5. 6. Perciò molti che vogliono conoscere la ragione d'essere di tale profondità, hanno confinato in favole senza fondamento. Alcuni hanno detto che le anime peccano nell'alto del cielo, e a seconda del loro peccato sono inviate ai corpi che hanno meritato e ivi sono racchiuse come in carceri appropriati. Si sono lasciati portare dalle loro immaginazioni: volendo trattare della profondità di Dio, si sono inabissati. L'Apostolo è andato incontro a loro infatti, volendo far valere la grazia e si è servito di preferenza di quei due gemelli nel grembo di Rebecca. Egli dice: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male 17. Considera in che modo tolse a degli uomini insignificanti le fantasticherie di un discutere di anime preesistenti nel cielo. Se infatti hanno vissuto là in precedenza, già hanno compiuto qualcosa di bene o di male e, secondo il loro merito, sono state rinchiuse in corpi terreni. Se piace, replichiamo all'Apostolo che dice: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male. Ma poiché la fede cattolica, dietro la chiara affermazione dell'Apostolo, ha respinto l'opinione secondo la quale le anime un primo tempo vivono e dimorano nei cieli e là meritano i corpi da ricevere, ora non osano dirlo questi novelli eretici [Pelagiani].

La morte si deve soltanto al peccato. La morte dei bambini si deve al peccato del primo uomo.

6. 7. Ma che cosa dicono? Alcuni, come abbiamo ascoltato, così ragionano: Indubbiamente tutti gli uomini - dicono - sono soggetti alla morte che hanno meritato, avendo peccato; non ci sarebbe infatti la morte se nn derivasse dal peccato. E' detto benissimo e secondo verità: Non ci sarebbe la morte se non venisse dal peccato. Ma io, quando lo ascolto, approvo appunto perché il mio pensiero si volge a quella prima morte ed al peccato di quel primo uomo. Ascolto infatti l'Apostolo: Come tutti muoiono in Adamo, così anche tutti riceveranno la vita in Cristo 18A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti in lui hanno peccato 19. Tutti infatti furono l'uno solo. Ha questo senso quello che ascolto dicendo tu che la morte dell'uomo viene dal peccato? No, dice. E che cosa dici? Che al presente Dio crea immortale ogni uomo. Novità da stupire. Che dici? Veramente, ripete, Dio crea immortale ogni uomo. Perché allora i neonati muoiono? Se infatti io dico: Perché muoiono gli adulti? Tu mi risponderai: Hanno peccato. Perciò non pongo in questione gli adulti: citerò contro di te, a testimonianza, l'infanzia dei bimbi. Non parlano, e dimostrano il vero; tacciono e provano ciò che io dico. Ecco, i neonati sono certamente innocenti circa il loro operare avendo di proprio soltanto ciò che hanno ereditato dal primo uomo, per cui è a loro necessaria la grazia di Cristo, perché siano vivificati in Cristo coloro che morirono in Adamo e, in quanto contaminati dalla generazione, siano mondati dalla rigenerazione. Citerò appunto questi, quali testimoni. Rispondimi: se tutti gli uomini nascono immortali, perché muoiono, e muoiono per il fatto che peccano? Che pensate si sia potuto dire in risposta? Quale orecchi possono tollerarlo? Hanno peccato anch'essi. Dove hanno peccato? Ti domando: quando hanno peccato? Come hanno peccato? Non sanno che sia il bene e il male. Ammettono il peccato quelli che non ricevono il precetto? Dimostrami che i bambini sono peccatori; provami ciò che hai detto, certamente perché hai dimenticato ciò che sei stato, dimostrami i peccati dei neonati. Non è forse perché piangono che essi peccano? Perché con movimenti simili a quelli di muti animali allontanano i fastidi, ricevono i piaceri, perciò peccano? Se questi movimenti sono peccati, sono ancor più peccatori quando vengono battezzati; infatti, quando sono battezzati oppongono una viva resistenza. Una reazione così forte non si addebita loro a peccato solo perché non è ancora in atto alcun libero volere ?

I concepiti morti nel grembo materno.

6. 8. Ma dico un'altra cosa: costoro hanno peccato, come credi tu, per il fatto che sono nati. Tu dici infatti che, se non avessero peccato, non morirebbero. Che dici di quelli che muoiono nel grembo materno? Che limitatezza! Anch'essi, dice, hanno peccato, perciò muoiono. Mentisci, o t'inganni? L'Apostolo oppone: Non erano ancora nati e nulla avevano fatto o di bene o di male 20. Piuttosto che te, preferisco ascoltare l'Apostolo: credo più all'Apostolo che a te. Non erano ancora nati e nulla avevano fatto o di bene o di male. Se poi ribatti anche questa testimonianza, volgiti piuttosto a quelle divagazioni e di' pure: Perché hanno peccato in cielo e di lì sono precipitati nei corpi. Non lo dico, replica. Per quale ragione non lo dici? Perché l'Apostolo asserisce: Non erano ancora nati e nulla avevano fatto o di bene o di male. Se non li accusi in cielo perché allora li accusi nel grembo materno? L'Apostolo risponde ad entrambi, e risponde a quelli che dicono: Hanno peccato in cielo, e risponde a quelli che dicono: Hanno peccato nel grembo materno, perché sono appropriate ad entrambi le parole che suonano: Prima di nascere non avevano fatto nulla o di bene o di male. Perché muoiono allora? E qui dovrò ascoltare te o non piuttosto il Maestro delle Genti?

La grazia: soccorritrice dei bambini e degli adulti. Inscrutabile il mistero della grazia.

7. 9. Dimmi, apostolo Paolo, perché muoiono? A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, così anche la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti in lui hanno peccato 21. Ecco il primo uomo ha fatto sì che tutta l'umanità diventasse una massa meritevole di condanna; venga, venga il Signore nostro, il secondo uomo; venga, venga; venga per altra via, venga da una Vergine; venga vivente, trovi i morti; muoia per soccorrere chi muore, faccia passare i morti alla vita, riscatti i morti dalla morte, mantenga la vita nella morte, con la morte uccida la morte. Questa è l'unica grazia dei piccoli, l'unica degli adulti: la sola che libera i piccoli e gli adulti insieme. Perché quello e quello; perché quello no e quello no; non me lo chiedere. Sono un uomo: avverto la profondità della croce, non mi addentro; ne ho spavento, non insisto a scrutare. Sono impenetrabili i suoi giudizi, sono inaccessibili le sue vie 22. Uomo sono io, uomo sei tu; era uomo chi diceva: O uomo, chi sei tu che vuoi discutere con Dio 23? Parlava un uomo, parlava all'uomo. Ascolti l'uomo perché non perisca l'uomo, per il quale Dio si è fatto uomo. Pertanto in questa profondità della croce, in questa fitta oscurità sulla verità, teniamo per fermo ciò che abbiamo cantato; non presumano della nostra capacità, non pretendiamo alcunché dalle risorse del nostro debole ingegno in tale questione; recitiamo il Salmo, diciamo con il Salmo: Pietà di me, o Dio, pietà di me 24. Perché? Perché ho il merito che mi rende degno di te? No. Perché? Perché ho il libero arbitrio, per il quale il mio merito può precedere la tua grazia? No. Ma perché allora? Poiché in te confida l'anima mia 25. Grande scienza una tale fiducia. Rivolti al Signore...

 

1 - Ef 3, 13.

2 - Ef 3, 14-16.

3 - Ef 3, 13.

4 - Ef 3, 14-16.

5 - Ef 3, 16-18.

6 - Ef 3, 18.

7 - Gal 6, 14.

8 - Ibidem.

9 - 2 Cor 6, 14.

10 - 2 Cor 6, 11.

11 - Cf. 2 Cor 9, 7.

12 - Mt 24, 12.

13 - Mt 24, 13.

14 - Mt 13, 11-12.

15 - Sal 91, 6.

16 - Sal 91, 6-7.

17 - Rm 9, 11.

18 - 1 Cor 15, 22.

19 - Rm 5, 12.

20 - Rm 9, 11.

21 - Rm 5, 12.

22 - Cf. Rm 11, 33.

23 - Rm 9, 20.

24 - Sal 56, 2.

25 - Ibidem.


MARIOCAPALBO
00sabato 13 settembre 2014 21:35
OMELIA 119

La croce una cattedra.

La croce alla quale erano confitte le membra di Cristo morente, diventò la cattedra del suo insegnamento.

1. Dopo che il Signore fu crocifisso e dopo che i soldati si divisero le sue vesti tirando a sorte la tunica, vediamo il seguito del racconto dell'evangelista Giovanni. Questo dunque fecero i soldati. Presso la croce di Gesú stavano sua madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa e Maria Maddalena. Vedendo la madre, e accanto a lei il discepolo che egli amava, Gesú disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19, 24-27). Questa è l'ora della quale Gesú, nel momento di mutare l'acqua in vino, aveva parlato alla madre, dicendo: Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta (Gv 2, 4). Egli aveva annunciato quest'ora, che non era ancora giunta, e nella quale, morendo, avrebbe riconosciuto colei dalla quale aveva ricevuto questa vita mortale. Allora, quando stava per compiere un'opera divina, sembrava allontanare da sé, come una sconosciuta, la madre, non della divinità ma della sua debolezza umana; al contrario, ora che stava sopportando sofferenze proprie della condizione umana, raccomandava con affetto umano colei dalla quale si era fatto uomo. Allora colui che aveva creato Maria, si manifestava nella sua potenza; ora colui che Maria aveva partorito, pendeva dalla croce.

2. C'è qui un insegnamento morale. Egli stesso fa ciò che ordina di fare, e, come maestro buono, col suo esempio insegna ai suoi che ogni buon figlio deve aver cura dei suoi genitori. Il legno della croce al quale erano state confitte le membra del morente, diventò la cattedra del maestro che insegna. E' da questa sana dottrina che l'Apostolo apprese ciò che insegnava, dicendo: Se qualcuno non ha cura dei suoi, soprattutto di quelli di casa, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele (1Tim 5, 8). Chi è più di casa dei genitori per i figli, o dei figli per i genitori? Il maestro dei santi offrì personalmente l'esempio di questo salutare precetto, quando, non come Dio ad una serva da lui creata e governata, ma come uomo alla madre che lo aveva messo al mondo e che egli lasciava, provvide lasciando il discepolo quasi come un altro figlio che prendesse il suo posto. Perché lo abbia fatto viene spiegato da ciò che segue. Infatti l'evangelista dice: e da quel momento il discepolo la prese in casa sua. E' di sé che egli parla. Egli è solito designare se stesso come il discepolo che Gesú amava. E' certo che Gesú voleva bene a tutti i suoi discepoli, ma per Giovanni nutriva un affetto tutto particolare, tanto da permettergli di poggiare la testa sul suo petto durante la cena (cf. Gv 13, 23), allo scopo, credo, di raccomandare a noi più efficacemente la divina elevazione di questo Vangelo che egli avrebbe dovuto proclamare.

[Si prese cura di Maria.]

3. Ma in che senso Giovanni prese con sé la madre del Signore? Non era egli forse uno di coloro che avevano detto al Signore: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito (Mt 19, 27)? Ma ad essi il Signore aveva anche risposto che qualunque cosa avessero lasciato per seguirlo, avrebbero ricevuto, in questo stesso mondo, cento volte tanto (cf. Mt 19, 29). Quel discepolo pertanto conseguiva il centuplo di quello che aveva lasciato, fra cui anche il privilegio di accogliere la madre del donatore. Il beato Giovanni aveva ricevuto il centuplo in quella società, nella quale nessuno diceva proprio qualunque suo bene, in quanto tutto era comune a tutti; come appunto si legge negli Atti degli Apostoli. E cosí gli Apostoli non avevano niente e possedevano tutto (cf. 2 Cor 6, 10). In che modo, dunque, il discepolo e servo ricevette la madre del suo maestro e Signore tra i suoi beni, in quella società dove nessuno poteva dire di avere qualcosa di suo? Poco più avanti, nel medesimo libro, si legge: Quanti possedevano terreni e case, li vendevano e ne portavano il ricavato e lo deponevano ai piedi degli Apostoli; ed esso veniva man mano distribuito a ciascuno proporzionalmente al bisogno (At 4, 34-35). Da queste parole si può arguire che a questo discepolo venne assegnato quanto personalmente egli aveva bisogno e in più quanto gli era necessario per il mantenimento della beata Maria, considerata come sua madre. Non è forse questo il senso più ovvio della frase: da quel momento il discepolo la prese in casa sua, che cioè egli prese su di sé l'incarico di provvedere a lei in tutto? Egli se la prese con sé, non nei suoi poderi, perché non possedeva nulla di proprio, ma tra i suoi impegni, ai quali attendeva con dedizione.

4. Continua: Dopo di ciò, sapendo che tutto era compiuto, affinché la Scrittura si adempisse, Gesú disse: Ho sete! C'era là un vaso di aceto. E i soldati, inzuppata una spugna nell'aceto, la posero in cima ad una canna d'issopo, e gliel'accostarono alla bocca. Quando Gesú ebbe preso l'aceto disse: tutto è compiuto! E, chinato il capo, rese lo spirito (Gv 19, 28-30). Quale uomo è in grado di disporre le proprie cose, come dimostrò quest'uomo di poter disporre tutte le circostanze della sua passione? Ma questi è il mediatore tra Dio e gli uomini. E' colui del quale sta scritto: E' un uomo, ma chi lo riconoscerà?, perché gli uomini che eseguivano tutte queste cose, non lo riconoscevano come uomo Dio. Colui che appariva come uomo, nascondeva la sua divinità: l'umanità visibile accettava le sofferenze della passione, che la divinità nascosta disponeva in tutti i particolari. Vide dunque che si era compiuto tutto ciò che doveva accadere prima di prendere l'aceto e di rendere lo spirito; e affinché si adempisse anche la Scrittura che aveva predetto: Nella mia sete mi hanno fatto bere aceto (Sal 68, 22), disse: Ho sete: come a dire: Fate anche questo, datemi ciò che voi siete. I Giudei stessi erano aceto, essi che avevano degenerato dal buon vino dei patriarchi e dei profeti; e il loro cuore era come la spugna, piena di cavità tortuose e subdole, spugna imbevuta dell'iniquità di questo mondo, attinta come da un vaso ricolmo. E l'issopo, sopra il quale posero la spugna imbevuta d'aceto, è un'umile pianta dotata di virtù purgative, immagine dell'umiltà di Cristo, che i Giudei avevano insidiato e credevano di aver eliminato. Ecco perché il salmo dice: Purificami con issopo e sarò mondo (Sal 50, 9). Noi veniamo purificati dall'umiltà di Cristo: se egli non si fosse umiliato facendosi obbediente fino alla morte di croce (cf. Fil 2, 8), il suo sangue non sarebbe stato versato per la remissione dei peccati, cioè per la nostra purificazione.

5. E non ci deve sorprendere il fatto che essi abbiano potuto accostare la spugna alle labbra di Cristo, che, essendo in croce, stava ben sollevato da terra. Giovanni omette un particolare, ricordato invece dagli altri evangelisti: si ricorse ad una canna (cf. Mt 27, 48; Mc 15, 36), per fare arrivare fino in cima alla croce la bevanda di cui era intrisa la spugna. La canna era simbolo della Scrittura, che si adempiva con quel gesto. Allo stesso modo infatti che si dà il nome di lingua all'idioma greco o latino, o a qualsiasi altro che sia composto di suoni articolati con la lingua, cosí si può dare il nome di "canna" (penna) alle lettere che, appunto, si scrivono con la canna. E' molto più comune chiamare col nome di lingua l'insieme dei suoni articolati dalla voce umana che chiamare canna le lettere scritte: per cui chiamare canna la Scrittura acquista un maggior significato mistico, appunto perché è un uso meno comune. Un empio popolo commetteva queste crudeltà, e Cristo misericordioso le sopportava. Chi faceva tutto questo non sapeva quel che faceva, mentre colui che tutto sopportava non solo sapeva quello che essi facevano e perché lo facevano, ma dal male che essi facevano egli sapeva trarre il bene.

6. Quando Gesú ebbe preso l'aceto disse: Tutto è compiuto! Che cosa era compiuto, se non ciò che la profezia tanto tempo prima aveva predetto? E siccome non rimaneva nulla che ancora si dovesse compiere prima che egli morisse, siccome aveva il potere di dare la sua vita e di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10, 18), essendosi compiuto tutto ciò che aspettava si compisse, chinato il capo, rese lo spirito. Chi può addormentarsi quando vuole, cosí come Gesú è morto quando ha voluto? Chi può deporre la sua veste, cosí come egli ha deposto la carne quando ha voluto? Chi può andarsene quando vuole, cosí come egli è morto quando ha voluto? Quanta speranza, e insieme quanto timore, deve infonderci la potenza di colui che verrà per giudicarci, se tanto potente si è manifestato nella sua morte!
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:46.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com