Catechesi sul Credo, parte III: Lo Spirito Santo Datore di Vita Novembre1990

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MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 20:17
Lo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 7 novembre 1990



1. Quando professiamo la nostra fede “nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”, aggiungiamo: “e procede dal Padre e dal Figlio”. Come si sa, queste parole sono state introdotte nel simbolo niceno, che diceva soltanto: “Crediamo nello Spirito Santo” (cf. Denz., 125). Già nel Concilio di Costantinopoli (381) venne inserita l’esplicazione che lo Spirito Santo “procede dal Padre”, sicché parliamo di simbolo niceno-costantinopolitano. La formula conciliare del 381 suonava così: “Credo nello Spirito Santo, che procede dal Padre”. La formula più completa: “che procede dal Padre e dal Figlio” (“qui a Patre Filioque procedit”), già presente in antichi testi e riproposta dal Sinodo di Aquisgrana nell’809, venne infine introdotta anche a Roma nel 1014 in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Enrico II. Si diffuse da allora in tutto l’Occidente, e venne ammessa dai Greci e dai Latini nei concili ecumenici di Lione (1274) e di Firenze (1439). Era una precisazione, che non cambiava nulla nella sostanza della fede antica, ma che gli stessi Romani Pontefici erano restii ad ammettere, per rispetto alla formula antica ormai diffusa dappertutto, e usata anche nella basilica di san Pietro.

L’introduzione dell’aggiunta, accolta senza gravi difficoltà in Occidente, suscitò riserve e polemiche tra i nostri fratelli orientali, che attribuirono agli occidentali un cambiamento sostanziale in materia di fede. Oggi possiamo ringraziare il Signore per il fatto che anche su questo punto si va chiarendo in Oriente e in Occidente il vero senso della formula, e la relatività della questione stessa.

In questa sede, però, dobbiamo ora occuparci dell’“origine” dello Spirito Santo, sia pure prendendo in considerazione la questione del “Filioque”.

2. Nella Sacra Scrittura si accenna, innanzitutto, alla processione dello Spirito Santo dal Padre. Ad esempio, nel Vangelo secondo Matteo, al momento di inviare i Dodici per la prima missione, Gesù li rassicura così: “Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire . . .; non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 19-20). Nel Vangelo secondo Giovanni, poi, Gesù afferma: “Il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza” (Gv 15, 26). Secondo molti esegeti, queste parole di Gesù si riferiscono direttamente alla missione temporale dello Spirito da parte del Padre; in esse, tuttavia, è legittimo veder riflessa la processione eterna, e quindi l’origine dello Spirito Santo dal Padre.

Evidentemente, trattandosi di Dio, bisogna liberare la parola “origine” da ogni riferimento all’ordine creato e temporale: cioè, in senso attivo, è da escludere la comunicazione dell’esistenza a qualcuno, e quindi la priorità e la superiorità su di lui, e, in senso passivo, il passaggio dal non-essere all’essere ad opera di un altro, e quindi la posteriorità e la dipendenza da lui. In Dio tutto è eterno, fuori del tempo: l’origine dello Spirito Santo - come quella del Figlio - nel mistero trinitario, nel quale le tre divine Persone sono consostanziali, è dunque eterna. È appunto una “processione” di origine spirituale, come avviene (ma è pur sempre un’analogia molto imperfetta) nella “produzione” del pensiero e dell’amore che rimangono nell’anima in unità con la mente da cui hanno origine. “E in questo senso - scrive san Tommaso - la fede cattolica ammette delle processioni in Dio” (Summa theologiae, I, q. 27, a. 1; aa. 3-4).

3. Quanto alla processione e all’origine dello Spirito Santo dal Figlio, i testi del Nuovo Testamento, pur non parlandone apertamente, tuttavia mettono in rilievo relazioni quanto mai strette tra lo Spirito e il Figlio. L’invio dello Spirito Santo sui credenti non è opera del solo Padre, ma anche del Figlio. Infatti, nel cenacolo, dopo aver detto: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome” (Gv 14, 26), Gesù aggiunge: “Quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 17).

Altri passi evangelici esprimono il rapporto tra lo Spirito e la rivelazione effettuata dal Figlio, come là dove Gesù dice: “Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 14-15).

Il Vangelo dice chiaramente che il Figlio - non soltanto il Padre - “manda” lo Spirito Santo, e anzi che lo Spirito “prende” dal Figlio ciò che rivela, poiché tutto quello che il Padre possiede è anche del Figlio. Dopo la risurrezione, questi annunzi troveranno la loro realizzazione quando Gesù, entrato “a porte chiuse” nel luogo in cui gli apostoli s’erano nascosti per timore dei Giudei, “aliterà” su di loro e dirà: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22).

4. Accanto a questi passi evangelici, che sono i più essenziali per la nostra questione, ve ne sono altri nel Nuovo Testamento che dimostrano che lo Spirito Santo non è soltanto lo Spirito del Padre, ma anche lo Spirito del Figlio, lo Spirito di Cristo. Così nella lettera ai Galati leggiamo che “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio” che grida: “Abbà, Padre!” (Gal 4, 6). In altri testi l’apostolo parla dello “Spirito di Gesù Cristo” (Fil 1, 19), dello “Spirito di Cristo” (Rm 8, 9), e afferma che ciò che Cristo opera per mezzo suo (dell’apostolo) avviene “con la potenza dello Spirito” (Gv 15, 19). Non mancano altri testi simili a questi (cf. Gv 8, 2; 2 Cor 3, 17-18; 1 Pt 1, 11).

5. In verità, la questione dell’“origine” dello Spirito Santo, nella vita trinitaria del Dio unico, è stata oggetto di una lunga e molteplice riflessione teologica, basata sulla Sacra Scrittura. In Occidente sant’Ambrogio nel suo “De Spiritu Sancto” e sant’Agostino nell’opera De Trinitate diedero un grande apporto alla chiarificazione di questo problema. Il tentativo di penetrare più a fondo nel mistero della vita intima di Dio-Trinità, compiuto da questi e altri Padri e Dottori latini e greci (a cominciare da sant’Ilario, san Basilio, Dionigi, san Giovanni Damasceno), certamente ha preparato il terreno per l’introduzione nel Simbolo di quella formula sullo Spirito Santo che “procede dal Padre e dal Figlio”. I fratelli orientali però si attenevano alla formula pura e semplice del Concilio di Costantinopoli (381), tanto più che il Concilio di Calcedonia (451) ne aveva confermato il carattere “ecumenico” (anche se di fatto vi avevano preso parte quasi solamente vescovi dell’Oriente). Così il “Filioque” occidentale e latino divenne nei secoli seguenti un’occasione dello scisma, già operato da Fozio (882), ma consumato ed esteso a quasi tutto l’Oriente cristiano nel 1054. Le Chiese orientali separate da Roma ancora oggi professano nel Simbolo la fede “nello Spirito Santo che procede dal Padre”, senza far menzione del “Filioque”, mentre in Occidente diciamo espressamente che lo Spirito Santo “procede dal Padre e dal Figlio”.

6. Questa dottrina non manca di precisi riferimenti nei grandi Padri e Dottori d’Oriente (Efrem, Atanasio, Basilio, Epifanio, Cirillo d’Alessandria, Massimo, Giovanni Damasceno) e d’Occidente (Tertulliano, Ilario, Ambrogio, Agostino). San Tommaso, seguendo i Padri, diede un’acuta spiegazione della formula, in base al principio dell’unità e uguaglianza delle divine Persone nelle relazioni trinitarie (cf. Summa theologiae; I, q. 36, aa. 2-4).

7. Dopo lo scisma, vari Concili del secondo millennio tentarono di ricostituire l’unione tra Roma e Costantinopoli. La questione della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio fu oggetto di chiarificazioni specialmente nei Concili Lateranense IV (1215), di Lione II (1274), e infine al Concilio di Firenze (1439). In quest’ultimo Concilio troviamo una precisazione che ha il valore di una messa a punto storica e nello stesso tempo di una dichiarazione dottrinale: “I Latini affermano che dicendo che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio non intendono escludere che il Padre sia la fonte e il principio di tutta la divinità, cioè del Figlio e dello Spirito Santo; né vogliono negare che il Figlio abbia dal Padre (il fatto) che lo Spirito Santo procede dal Figlio; né ritengono che vi siano due principi o due spirazioni: ma affermano che unico è il principio e unica è la spirazione dello Spirito Santo, come finora hanno asserito” (cf. Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Bologna 1973, p. 526).

Era l’eco della tradizione latina, che san Tommaso aveva ben determinato teologicamente (cf. Summa theologiae” I, q. 36, a. 3) riferendosi a un testo di sant’Agostino, secondo il quale “Pater et Filius sunt unum principium Spiritus Sancti” (De Trinitate, V, 14: PL 42, 921).

8. Le difficoltà di ordine terminologico sembravano così superate e le intenzioni chiarite, tanto che entrambe le parti - Greci e Latini - nella Sessione VI (6 luglio 1439) poterono sottoscrivere la definizione comune: “Nel nome della Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, con l’approvazione di questo sacro e universale Concilio fiorentino, stabiliamo che questa verità di fede sia creduta e accettata da tutti i cristiani: e perciò tutti abbiano a professare che lo Spirito Santo è eternamente dal Padre e dal Figlio, che egli ha la sua essenza e il suo essere sussistente insieme dal Padre e dal Figlio, e che procede eternamente dall’uno e dall’altro come da un unico principio e da un’unica spirazione” (Denz. 1300).

Ed ecco un’ulteriore precisazione, alla quale già san Tommaso aveva dedicato un articolo della Summa (“Utrum Spiritus Sanctus procedat a Patre per Filium”: “Dichiariamo - si legge nel Concilio - che quello che affermano i santi Dottori e Padri - (ossia) che lo Spirito Santo procede dal Padre per mezzo del Figlio - tende a far comprendere e vuole significare che anche il Figlio, come il Padre, è causa, secondo i Greci, principio, secondo i Latini, della sussistenza dello Spirito Santo. E poiché tutte le cose che sono dal Padre, il Padre stesso le ha date al Figlio con la generazione, meno l’essere Padre: questa stessa processione dello Spirito Santo dal Figlio, il Figlio stesso l’ha eternamente dal Padre, da cui è pure stato eternamente generato” (Denz. 1301).

9. Anche oggi questo testo conciliare rimane un’utile base per il dialogo e l’accordo tra i fratelli d’Oriente e d’Occidente, tanto più che la definizione sottoscritta dalle due parti terminava con la seguente dichiarazione: “Stabiliamo . . . che la spiegazione data con l’espressione “Filioque” è stata lecitamente e ragionevolmente aggiunta al Simbolo, per rendere più chiara la verità e per la necessità allora incombente” Denz. 1302).

Di fatto, dopo il Concilio di Firenze in Occidente si è continuato a professare che lo Spirito Santo “procede dal Padre e dal Figlio”, mentre in Oriente si è continuato ad attenersi alla originaria formula conciliare di Costantinopoli. Ma dai tempi del Concilio Vaticano II si svolge un proficuo dialogo ecumenico, che sembra aver portato alla conclusione che la formula “Filioque” non costituisce un ostacolo essenziale al dialogo stesso e ai suoi sviluppi, che tutti auspichiamo e invochiamo dallo Spirito Santo.

Ai pellegrini di lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Je suis heureux d’accueillir ici les pèlerins et visiteurs de langue française, et je salue en particulier les jeunes de la Maítrise de la basilique du Sacré-Cœur de Montmartre, à Paris. Que la Bénédiction de Dieu descende sur vous tous et sur vos familles respectives!

Ai fedeli di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I extend a warm welcome to the delegates and members of the Eleventh General Chapter of the Mariannhill Missionaries and I offer my prayerful good wishes to the newly-elected Superior General and his Council. My cordial greetings also go to the teachers and students of the Loyola University Rome Center. To all the English-speaking pilgrims and visitors I willingly impart my Apostolic Blessing, as a pledge of grace and peace in the Lord Jesus Christ.

Ai fedeli appartenenti all’Arcidiocesi di Tokyo

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini giapponesi, il mese di novembre è dedicato al ricordo dei defunti. Pregando per loro, disponiamoci con una vita serena e onesta all’incontro ultimo con il Signore. La nostra Madre Maria vi assista sempre nel vostro cammino terreno. Con questo auspicio vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini venuti dalla Germania, dalla Svizzera e dall’Austria

Liebe Schwestern und Brüder!

Mit dieser Betrachtung grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher sehr herzlich. Mein besonderer Gruß gilt einer großen Pilgergruppe der Ferienund Freizeitorganisation Frankfurt sowie den Teilnehmern an der Romwallfahrt der Katholischen Seelsorge für Pflegeberufe. Euer Dienst an den Mitmenschen, den Ihr mit großer Hingabe verrichtet, ist gekennzeichnet durch ein Menschenbild, daß zutiefst ethische und transzendentale Aspekte des Lebens beinhaltet. Aus Eurem persönlichen Glauben heraus werdet Ihr die Kraft finden, den Menschen, die Eurer Hilfe bedürfen, noch umfassender beizustehen.

Außerdem grüße ich die Mitglieder des Belgischen Bauernbundes. In diesem Jahr feiert Ihr Euer hundertjähriges Bestehen. Eure Bewegung erfüllt ihre wichtige Aufgabe zum Wohl der ländlichen Bevölkerung in Treue zur Kirche. Zu diesem großen Jubiläum gratuliere ich dem Belgischen Bauernverband aufrichtig und bitte Gott, daß er seine Zukunft segne.

Euch allen, den deutschsprachigen Pilgern, sowie Euren lieben Angehörigen in der Heimat und den mit uns über Radio Vatikan verbundenen Hörerinnen und Hörern erteile ich von Herzen meinen Apostolischen Segen.

Ai gruppi venuti da Madrid e da Valencia

Amadísimos hermanos y hermanas,

Saludo ahora muy cordialmente a los peregrinos y visitantes de lengua española.

En particular, a los sacerdotes y demás almas consagradas, que hacen de sus vidas ofrenda a Dios y servicio a los hermanos.

Una cordial bienvenida a esta Audiencia presento a los miembros del Valencia Club de Fútbol, y en sus personas saludo también a los socios y seguidores en la ciudad del Turia. Aliento a todos a hacer de las competencias deportivas ocasión de encuentro y fiesta, donde brillen y se fomenten las virtudes humanas y cristianas, la lealtad, la fraternidad, el respeto a los demás.

Finalmente saludo a los grupos y familias de los diversos Países de América Latina y de España.

Con afecto imparto la Bendición Apostólica.

Ai pellegrini di lingua portoghese

Amadíssimos irmãos e irmãs,

Saúdo cordialmente todos os peregrinos de língua portuguesa, e em particular os médicos brasileiros recém-chegados do Congresso Internacional das Santas Casas da Misericórdia em Portugal. A vós e às vossas famílias concedo de bom grado a minha mais ampla Bênção Apostólica.

Ai pellegrini polacchi

“Poznacie prawdę, a prawda was wyzwoli”.

Pani Jasnogórska! Pragnę dziś wespół z całym moim narodem przypomnieć te słowa Jezusa Chrystusa. Pragnę je rozważyć wespół z wszystkimi synami i córkami naszej Ojczyzny, gdy zbliża się dzień 11 listopada - rocznica odzyskania niepodległości w 1918 roku. Właśnie ten przełomowy dzień nabiera pełni znaczenia w świetle Chrystusowych słów o wolności: “prawda was wyzwoli”.

Jak doszło do upadku Ojczyzny w XVIII stuleciu? Wiele zapewne było przyczyn, które działały z zewnątrz - ale zaborczość sąsiadów wykorzystała równocześnie moralną słabość naszych przodków. Umiłowanie wolności stopniowo wynaturzyło się w jej nadużycie. Ci, którzy dążyli do pozbawienia nas wolności, głosili, że czynią to w obronie skarbu, jakim jest “złota wolność” szlachecka i jej klejnot “liberum veto”. I tak też wielki odrodzeńczy zryw Konstytucji 3 maja został stłumiony przez Targowicę.

“Złota wolność” stała się grobem wolności - początkiem niewoli.

W dniu 11 listopada rozważamy przed Tobą, Matko z Jasnej Góry, prawdę o wolności. Jest ona dana człowiekowi przez Stwórcę, a równocześnie jest mu zadana. Dana jako znamię godności osoby i ludzkich wspólnot. Zadana jako trud.

Doświadczyły całe pokolenia tego trudu wolności - tej wolności, której pokolenia dawniejsze nadużyły. Dzień 11 listopada stał się zwieńczeniem wielkiego historycznego procesu. Złożyło się na ten dzień tyle ofiar, których dzisiaj nie wolno nam zapominać. Stał się on dojrzałym owocem duchowego dojrzewania oraz heroicznych poświęceń. Wszystkie one nosiły w sobie jakieś odbicie Chrystusowej prawdy o wolności.

Wolności nie można tylko posiadać i zużywać. Trzeba ją stale zdobywać przez prawdę. Wolność kryje w sobie dojrzałą odpowiedzialność ludzkich sumień, która z tej prawdy wynika. Może ona być użyta dobrze lub źle, na służbie dobra prawdziwego lub fałszywego, pozornego. Pod pozorem “złotej wolności” działają siły zniewolenia, które są w samym człowieku, a także przychodzą z zewnątrz.

W dniu niepodległości pragniemy, o Matko naszych trudnych dziejów, wspominać ze czcią i wdzięcznością tych wszystkich, którzy płacili swym życiem za wolność Polski. Nawiedzamy groby bohaterów, groby nieznanych żołnierzy. Zatrzymujemy się w krypcie królewskiej Wawelu. Nie zapominamy nikogo z tych wielkich, którzy służyli wspólnemu dobru Ojczyzny.

“Poznacie prawdę, a prawda uczyni was wolnymi”.

Pani Jasnogórska! Czyż ten dzień nie staje przed nami dzisiaj jako próg nowego zadania? Na nowo Pan historii narodów zadaje nam naszą wolność - nie po to, byśmy ją zużywali, rozpraszali, lecz po to, byśmy ją uczynili prawdą wspólnego dobra. Matko, pomóż, byśmy sprostali!

Dziś przez nasz świat idzie spaczone pojęcie wolności - i nie brak takich, którzy taką właśnie wolność głoszą. Jesteśmy również zagrożeni . . .

Na rocznicę odzyskanej wolnośli, proszę Cię, Matko, dla mojego narodu, o dobre użycie wolności. O używanie jej w prawdzie rozumu, który nazywa dobro dobrem, a zło złem - aby dobro czynić, a zło przezwyciężać.

O Matko naszych dziejów, pomóż, abyśmy sprostali!

Witam serdecznie księży biskupów z Gdańska i ze Szczecina-Kamienia; prócz tego poszczególne grupy: służbę zdrowia diecezji gdańskiej; pielgrzymów z parafii Trójcy Przenajświętszej z Mielca; rolników z diecezji siedleckiej; pielgrzymów z parafii Trójcy Świętej w Lublinie; z parafiiPodwyższenia Krzyża Świętego w Toruniu; z parafii św. Jacka w Słupsku; pierwszą pielgrzymkę polskich policjantów z Nowej Soli w diecezji gorzowskiej; grupę turystyczno-pielgrzymkową z Choczni koło Wadowic; grupę “Quo vadis” z Bielska-Białej; grupę “Hantur” z Kutna; grupę “Agra” z Kielc; kolejarzy z Łodzi, Legnicy i Wrocławia; grupę “Polmar” z Gdańska i Warszawy; grupę “Sigma Travel” z Tych; pielgrzymów z parafii Najświętszej Eucharystii z Łodzi; grupę “Poltur” z Zakopanego; esperantystów z Bydgoszczy.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai Giovani, agli Ammalati e agli Sposi Novelli. Miei cari, la cerimonia della proclamazione di quattro nuove Beate, avvenuta domenica scorsa, mi suggerisce alcune riflessioni circa la vocazione alla santità di tutto il Popolo di Dio. Questo evento, tanto importante per la Comunità cristiana, sia anzitutto per voi cari giovani un esplicito invito a imitare questi modelli che hanno saputo vedere la presenza operante di Dio nella loro vicenda spirituale. Essi sono stati testimoni efficaci perché hanno fondato e arricchito la loro umanità dei valori profondi ed eterni racchiusi nel messaggio evangelico.

So che tra voi c’è un gruppo di ragazzi e giovani disabili appartenenti al Centro Olympia della Parrocchia di S. Pietro in Camerellis di Salerno. Carissimi, vi saluto con particolare affetto e vi ringrazio per la vostra visita. Nell’assidua imitazione di Cristo Crocifisso, i Santi si sono associati a Lui nel dono della vita per la salvezza di tutti gli uomini. Per questo, miei cari ammalati, offrite anche voi le vostre prove e sofferenze per contribuire alla conversione di tutti gli uomini.

Esorto voi, sposi novelli, a realizzare la vostra santità sostenendovi con un amore fedele per tutta la vita, sull’esempio dei Santi che hanno saputo amare Cristo e la Chiesa con amore indiviso. Educate i figli, che riceverete in dono da Dio, nella fede e nelle virtù evangeliche. Con questi voti vi conforti e vi accompagni la mia Benedizione.



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MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 20:18
Lo Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 14 novembre 1990



1. Oggi vogliamo cominciare la catechesi ripetendo un’asserzione già fatta in precedenza sul tema dell’unico Dio, che la fede cristiana ci insegna a riconoscere e adorare come Trinità. “Il reciproco amore del Padre e del Figlio procede in loro e da loro come Persona: il Padre e il Figlio “spirano” lo Spirito d’Amore a loro consostanziale”. Nella Chiesa è presente già dagli inizi la convinzione che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come Amore.

Le radici della tradizione dei Padri e Dottori della Chiesa sono nel Nuovo Testamento e particolarmente nelle parole di san Giovanni nella sua prima Lettera: “Dio è Amore” (1 Gv 4, 8).

2. Queste parole riguardano l’essenza stessa di Dio, nella quale le tre Persone sono una sola sostanza, e tutte sono egualmente Amore, cioè Volontà del bene, propensione interna verso l’oggetto dell’amore, entro e fuori della vita trinitaria.

Ma è giunto il momento di far osservare, con san Tommaso d’Aquino, che il nostro linguaggio è povero di termini espressivi dell’atto di volontà che porta l’amante nell’amato. Ciò dipende dall’interiorità dell’amore, che procedendo dalla volontà - o dal cuore - non è così lucido e autoconsapevole come lo è il processo dell’idea della mente. Da qui dipende che, mentre nella sfera dell’intelletto disponiamo di parole diverse per esprimere, da una parte, il rapporto tra il conoscente e l’oggetto conosciuto (“intendere”, “intelligere”) e, dall’altra, l’emanazione dell’idea dalla mente nell’atto della conoscenza (dire la Parola, o Verbo, procedere come Parola dalla mente), non avviene lo stesso nella sfera della volontà e del cuore. È certo che, “per il fatto che uno ama qualcosa, risulta in lui, nel suo affetto, un’impressione, per così dire, dell’oggetto amato, in forza della quale l’amato è nell’amante come la cosa conosciuta è in chi la conosce. Perciò, quando uno conosce e ama se medesimo, è in se stesso, non solo perché è identico a se medesimo, ma anche perché è oggetto della propria conoscenza e del proprio amore”. Ma, nel linguaggio umano, “non furono coniate altre parole per esprimere il rapporto esistente tra l’affezione, o impressione suscitata dall’oggetto amato, e il principio (interiore) da cui essa emana, o viceversa. Quindi, per la povertà di vocaboli (“propter vocabulorum inopiam”), tali rapporti vengono anch’essi indicati con i termini “amore”, “dilezione”; ed è come se uno desse al Verbo i nomi di intellezione concepita, o di sapienza generata”.

Di qui la conclusione dell’Angelico Dottore: “Se nei termini amore e amare (“diligere”) si intende indicare solo il rapporto tra l’amante e la cosa amata, essi (nella Trinità) si riferiscono all’essenza divina, come gli altri termini “intellezione” e “intendere”. Se invece usiamo quegli stessi termini per indicare i rapporti esistenti tra ciò che deriva o procede come atto e oggetto dell’amore, e il principio correlativo, in modo che “Amor” sia l’equivalente di “Amore che procede”, e “Amare” (“diligere”) l’equivalente di “spirare l’amore procedente”, allora Amore è nome di persona . . .”, ed è proprio dello Spirito Santo (Summa theologiae, I, q. 37, a. 1).

3. L’analisi terminologica condotta da san Tommaso è molto utile per raggiungere una nozione relativamente chiara dello Spirito Santo come Amore-Persona, in seno alla Trinità che tutta “è Amore”. Ma va detto che l’attribuzione dell’Amore allo Spirito Santo, come suo nome proprio, si trova nell’insegnamento dei Padri della Chiesa, dei quali lo stesso Dottore Angelico si nutre. A loro volta i Padri sono gli eredi della rivelazione di Gesù e della predicazione degli apostoli, che conosciamo anche da altri testi del Nuovo Testamento. Così nella preghiera sacerdotale, rivolta al Padre nell’ultima cena, Gesù dice: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. Si tratta dell’amore con il quale il Padre ha amato il Figlio “prima della creazione del mondo” (Gv 17, 26. 24). Secondo alcuni esegeti recenti le parole di Gesù indicano qui, almeno indirettamente, lo Spirito Santo, l’Amore con il quale il Padre ama eternamente il Figlio, eternamente amato da lui. Ma già san Tommaso aveva esaminato accuratamente un testo di sant’Agostino su questo reciproco amore del Padre e del Figlio nello Spirito Santo, discusso da altri scolastici a causa dell’ablativo con cui era passato nella teologia medievale: “Utrum Pater et Filius diligant se Spiritu Sancto”, e aveva concluso la sua analisi letteraria e dottrinale con questa bella spiegazione: “A quel modo che diciamo che l’albero fiorisce nei fiori, così diciamo che il Padre dice se stesso e il creato nel Verbo, o Figlio, e che il Padre e il Figlio amano se stessi e noi nello Spirito Santo, cioè nell’Amore procedente” (Summa theologiae, I, q. 37, a. 2).

Sempre in quel discorso d’addio Gesù annunzia che il Padre manderà agli apostoli (e alla Chiesa) il “Consolatore . . . lo Spirito di verità”, e che anche lui, il Figlio, lo manderà perché “rimanga con voi e in voi per sempre” (Gv 14, 16-17).

Gli apostoli riceveranno dunque lo Spirito Santo come Amore che unisce il Padre e il Figlio. Per opera di quest’Amore il Padre e il Figlio “prenderanno dimora presso di loro” (Gv 14, 23).

4. In questa stessa prospettiva va considerato l’altro brano della preghiera sacerdotale, quando Gesù prega il Padre per l’unità dei suoi discepoli: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Se i discepoli devono costituire “in noi una cosa sola” - cioè nel Padre e nel Figlio - questo può avvenire soltanto per opera dello Spirito Santo, la cui venuta e permanenza nei discepoli è contemporaneamente annunziata da Cristo: Egli “dimora presso di voi e sarà in voi” (Gv 14, 17).

5. Questo annuncio è stato recepito e capito nella Chiesa delle origini, come provano, oltre allo stesso Vangelo giovanneo, l’accenno di san Paolo sull’amore di Dio che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5). E lo provano pure le parole di san Giovanni nella sua prima Lettera: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4, 12-13).

6. Da queste radici si è sviluppata la tradizione sullo Spirito Santo come Persona-Amore.

L’economia trinitaria della santificazione salvifica ha permesso ai Padri e Dottori della Chiesa di “penetrare con lo sguardo” nel mistero intimo di Dio-Trinità.

Così ha fatto sant’Agostino, specialmente nell’opera De Trinitate, contribuendo in modo decisivo all’affermazione e diffusione di questa dottrina in Occidente. Dalle sue riflessioni emergeva la concezione dello Spirito Santo come reciproco Amore e legame d’unità tra il Padre e il Figlio nella comunione della Trinità. Egli scriveva: “Come chiamiamo propriamente il Verbo unico di Dio col nome di Sapienza, benché generalmente lo Spirito Santo e il Padre stesso siano Sapienza, anche lo Spirito riceve in proprio il nome di Carità, benché il Padre e il Figlio siano, in senso generale, Carità” (S. Augustini De Trinitate, XV, 17, 31: CC 50, 505).

“Lo Spirito Santo è qualcosa di comune al Padre e al Figlio . . . la stessa comunione consostanziale e coeterna . . . Essi non sono più di tre: uno che ama colui che è da lui; uno che ama colui dal quale riceve la sua origine; e l’amore stesso” (Ivi, VI, 5, 7: CC 50, 295. 236).

7. La stessa dottrina si trova in Oriente, dove i Padri parlano dello Spirito Santo come di Colui che è l’unità del Padre e del Figlio e il legame della Trinità. Così Cirillo d’Alessandria († 444) ed Epifanio di Salamina († 403).

Su questa linea sono rimasti i teologi orientali delle epoche successive. Tra essi il monaco Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica (secolo XIV), che scrive: “Lo Spirito del Verbo supremo è come un certo amore del Padre verso il Verbo misteriosamente generato; ed è lo stesso amore che l’amatissimo Verbo e Figlio del Padre ha per colui che lo ha generato”. Tra gli autori più recenti piace citare Bulgakov: “Se Dio, che è nella santissima Trinità, è amore, lo Spirito Santo è Amore dell’amore” (Il Paraclito, Bologna 1972, p. 121).

8. È la dottrina d’Oriente e d’Occidente, che il Papa Leone XIII coglieva dalla tradizione e sintetizzava nella sua enciclica sullo Spirito Santo, dove si legge che lo Spirito Santo “è la divina Bontà e il reciproco Amore del Padre e del Figlio” (Denz. 3326). Ma, per conchiudere, torniamo ancora una volta a sant’Agostino: “L’Amore è da Dio ed è Dio: è dunque propriamente lo Spirito Santo, per il quale si espande la carità di Dio nei nostri cuori, facendo dimorare in noi la Trinità . . . Lo Spirito Santo è chiamato propriamente Dono a motivo dell’Amore” (De Trinitate, XV,18, 32: PL 42,1082-1083). Perché è Amore, lo Spirito Santo è Dono. Sarà questo il tema della prossima catechesi.

Ai pellegrini di lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Je salue cordialement les paroissiens de Marseille et les élèves de Sainte-Ursule qui sont présents dans cette salle. Je souhaite à tous les pèlerins francophones un bon séjour à Rome et je leur accorde volontiers ma Bénédiction Apostolique.

Ai fedeli di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I extend a cordial greeting to the members of the Board of the World Union of Catholic Women’s Organizations on the occasion of their meeting in Rome, and I encourage them in their dedicated sharing in the Church’s mission through the activities of their organizations. My warm greetings also go to the group of Marist Brothers participating in a course of renewal, and to the faculty and students of the University of Dallas Rome Program. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s audience I invoke God’s blessings of grace and peace.

Ai pellegrini di lingua tedesca

Liebe Schwestern und Brüder!

Mit dieser Betrachtung grüße ich alle Pilger und Besucher aus den deutschsprachigen Ländern sehr herzlich. Ein besonderer Gruß gilt den Schülern der Klasse zehn der Staatlichen Wirtschaftsschule Weiden in der Oberpfalz, der Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde Oberammergau unter Teilnahme von Mitwirkenden der diesjährigen Passionsspiele sowie der Pilgergruppe aus dem Internationalen Blindenzentrum Landschlacht.

Außerdem grüße ich die Studiengruppe der Katholischen Akademie Hamburg. Das Bemühen der Akademie ist es, ein Forum zu bieten für den Dialog mit verschiedenen Gruppen in der heutigen Gesellschaft. So möge Euer Studienaufenthalt in Rom Euch anregende Gespräche schenken und Euch Stärkung für Euren Glauben sein.

Schließlich gilt mein Gruß den Mitgliedern des Belgischen Bauernbundes, der in diesem Jahr sein hundertjähriges Bestehen feiern kann. Ich gratuliere Euch zu diesem bedeutenden Jubiläum und wünsche, daEure Bewegung auch weiterhin in treuer Verbundenheit zur Kirche ihre wichtige Aufgabe zum Besten der Landbevölkerung und im Dienst an der ganzen Gesellschaft erfüllt.

Euch allen, den deutschsprachigen Pilgern, sowie Euren lieben Angehörigen daheim erteile ich von Herzen meinen Apostolischen Segen.

Ai fedeli venuti dalla Spagna e da diversi Paesi dell’America Latina

Amadísimos hermanos y hermanas,

Saludo muy cordialmente a todas las personas, familias y grupos procedentes de los diversos Países de América Latina y de España.

En particular, saludo a las Religiosas del Sagrado Corazón, a quienes aliento a una entrega generosa a Dios y a la Iglesia.

A todos imparto con afecto la Bendición Apostólica.

Ai fedeli di lingua portoghese

Caros irmãos e irmãs,

Para todos e cada um de vós, as minhas afectuosas saudações em Cristo Senhor e minha Bênção Apostólica.

Ai pellegrini polacchi

Witam wszystkich pielgrzymów: z parafii Matki Kościoła z Białego Prądnika; z parafii Świętego Krzyża z Luborzycy; pielgrzymkę sióstr Córek Bożej Miłości z Krakowa; pielgrzymkę z parafii Wszystkich Świętych z Sieradza; z parafii Podwyższenia Krzyża Świętego w Kole; z parafii św. Michała i z parafii świętych Piotra i Pawła z Sułowa; z parafii Podwyższenia Krzyża Świętego w Brzegu; pielgrzymkę Polskiej Misji Katolickiej w Dortmundzie; esperantystów z Warszawy; grupę turystyczno-pielgrzymkową z gospodarstwa rolnego w Chobienicach; grupę nauczycieli z różnych parafii Bielska-Białej; grupę Openimex z Krakowa; uczestników grup turystycznych: Esperantur, SigmaTravel z Warszawy, Juventur z Jeleniej Góry i Orbis z Łodzi.

Przed rokiem, w dniu 12 listopada miała miejsce w Rzymie szczególna kanonizacja: Kościół wpisał do księgi swoich świętych Agnieszkę z Pragi, córkę narodu czeskiego, oraz Brata Alberta - Adama Chmielowskiego, naszego rodaka. Bazylika św. Piotra została w tym dniu wypełniona jak mało kiedy mową i śpiewem w naszych słowiańskich, pobratymczych językach. Dzień ten oraz cały miesiąc listopad, a potem grudzień stanowi rocznicę historycznego przełomu, który już wcześniej dokonal się w Polsce, a w tym okresie zaczął się dokonywać wśród naszych sąsiadów. Po Węgrach przyszła kolej na Niemcy Wschodnie, z kolei Czechosłowacja, później jeszcze Rumunia i Bułgaria, w inny sposób odnosi się to również do poszczególnych narodów Jugosławii. Nade wszystko jednak wszyscy jesteśmy świadkami przeobrażeń, jakie dokonują sięna wschodzie Europy pośród narodów znajdujących się w granicach Związku Radzieckiego: kraje bałtyckie, Litwa, Łotwa, Estonia, z kolei nasi słowiańscy sąsiedzi: Białoruś, Ukraina, wreszcie sam wielki naród rosyjski, aż ku południowym krańcom Europy po Kaukaz i Morze Czarne.

Pani Jasnogórska, kiedy ludzie zadają sobie pytanie o przyczyny tych przeobrażeń, przychodzą na myśl słowa Chrystusa z przypowieści o ewangelicznym kwasie, o zaczynie, który przetwarza mąkę, aby mógł z niej wyrosnąć chleb, pokarm dla człowieka. To porównanie ze sfery gospodarstwa domowego posiada rozliczne analogie w ludzkim wymiarze. Wspominamy więc ostatnie miesiące minionego roku jako początek wielkich przeobrażeń. Przeobraża się życie społeczeństw, struktury polityczne, narody wyzwalają się od pęt totalitarnych, aby tworzyć nowe formy życia zbiorowego, zgodne z prawem ludzkich osób i ludzkich wspólnot. Wszędzie jesteśmy równocześnie świadkami wielkich trudności. Miniony okres wrósł w ludzi, w ludzką świadomość, w postawy człowieka, wszędzie więc jesteśmy świadkami trudności, a czujemy to także wśród nas, na polskiej ziemi, jak trudno zamienić prawdę solidarności na uczynki dnia powszedniego, jak trudno odbudowywać w nowych warunkach wymiar prawdziwego dobra wspólnego.

W dniu kanonizacji prosiłem naszego Brata Alberta, aby stał się patronem naszego przełomu, naszej trudnej odnowy. Dziś tę prośbę ponawiam wobec Ciebie, Matko z Jasnej Góry. Niech ten ewangeliczny kwas, zaczyn chlebowy przemieni całe to wielkie tworzywo życia społeczeństw w chleb nowej dojrzałości ludzkiej, chrześcijańskiej, europejskiej. I abyśmy nie zrażali się trudnościani, byśmy nie upadali na duchu. Chrystus powiedział: “W cierpliwości posiądziecie wasze dusze”. Oby dana była nam samym, a także wszystkim naszym sąsiadom i pobratymcom ta ewangeliczna miara cierpliwości, czyli zarazem męstwa i wielkoduszności, która pomaga “zgromadzać a nie rozpraszać”.

Ai pellegrini venuti da diverse Diocesi italiane

Saluto ora i vari gruppi di lingua italiana. Rivolgo il mio pensiero anzitutto al numeroso contingente della Scuola Allievi della Polizia di Stato, giunto a Roma per un corso di perfezionamento ed aggiornamento di Ispettori di Polizia. Il mio fervido augurio a tutti voi, cari Allievi, ed al personale dell’Istituto che vi accompagna; auspico che il vostro servizio, generosamente offerto per il bene dell’intera comunità civile, si svolga sotto la protezione del Signore e sia costantemente testimonianza di rettitudine e garanzia di ordine nel Paese.

Un particolare saluto va poi ai pellegrini della Parrocchia di Garzola ed agli atleti ed organizzatori degli sport nautici, che venerano, come loro Patrona, la Vergine detta “del Prodigio”. Invoco per voi, cari appassionati e cultori dello sport nautico, Maria “Stella del mare”, perché vi sia protezione e guida per la piena realizzazione della vita cristiana.

Saluto, infine, i componenti del coro alpino “Oltre Piave” di Vigo di Cadore, in diocesi di Belluno. La vostra presenza ed i vostri canti, mi ricordano le cordiali espressioni di ospitalità e le bellezze delle Dolomiti, conosciute durante i miei soggiorni estivi in Cadore. Grazie, carissimi cantori, per questa visita, e il “Signore delle cime”, che spesso invocate con le vostre canzoni folkloristiche, protegga sempre voi e le vostre famiglie.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio cordiale benvenuto ai Giovani, agli Ammalati e agli Sposi Novelli. Miei cari, domani celebreremo la memoria di Sant’Alberto Magno, Vescovo e Dottore della Chiesa.

L’esempio di Sant’Alberto sia per voi di stimolo, cari giovani, a ricercare nella vostra vita l’armonia tra la scienza umana e le verità rivelate. Infatti, quest’insigne Dottore della Chiesa, ha saputo spaziare nei differenti campi dello scibile umano e ricondurli alla causa ultima, che è Dio, creatore del mondo intero.

Così anche voi, cari fratelli ammalati, chiedete a Dio, per l’intercessione di Sant’Alberto, il dono della sapienza del cuore, affinché sappiate accettare le vostre sofferenze fisiche e spirituali ed offrirle al Signore per la salvezza degli uomini.

Ed infine a voi, sposi novelli, dico: imparate da questo Santo ad essere perseveranti nella testimonianza e soprattutto nella confidenza in Colui che vi ha uniti per sempre mediante il Sacramento del matrimonio. In questo modo sarete, come Sant’Alberto fu per numerosi studenti, veri educatori dei figli che Dio vorrà darvi in dono. Su tutti la mia Benedizione.



© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana
MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 20:19
Lo Spirito Santo come dono
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 21 novembre 1990



1. Tutti conosciamo le delicate e invitanti parole rivolte da Gesù alla samaritana, venuta ad attingere acqua presso il pozzo di Giacobbe: “Se tu conoscessi il dono di Dio” (Gv 4, 10). Sono parole che ci introducono in un’altra essenziale dimensione della verità rivelata sullo Spirito Santo.

Gesù in quell’incontro parla del dono dell’“acqua viva”, asserendo che chi la beve “non avrà più sete” (Gv 4, 14). In altra occasione, Gerusalemme, Gesù parla di “fiumi di acqua viva”, e l’evangelista, che riporta questa parola, aggiunge che Gesù diceva questo “riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7, 38. 39). In seguito l’evangelista spiega che quello Spirito sarebbe stato dato soltanto quando Gesù fosse stato “glorificato”.

Dalla riflessione su questi e altri testi analoghi è emersa la convinzione che appartiene alla rivelazione di Gesù il concetto dello Spirito Santo come Dono concesso dal Padre. Del resto, stando al Vangelo di Luca, nel suo insegnamento (quasi catechetico) sulla preghiera, Gesù fa notare ai discepoli che, se gli uomini sanno dare dei buoni doni ai loro figli, “quanto più il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11, 13): Lo Spirito Santo è la “cosa buona” più di tutte le altre (cf. Mt 7, 11), il “dono buono” per eccellenza!

2. Nel discorso d’addio agli apostoli, Gesù li assicura che egli stesso chiederà al Padre per i suoi discepoli soprattutto questo dono: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14, 16). Parla così alla vigilia della sua passione, e dopo la risurrezione annuncia il prossimo compimento della sua preghiera: “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso . . . finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24, 49). “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni . . . fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

Gesù chiede al Padre lo Spirito Santo come Dono per gli apostoli e per la Chiesa sino alla fine del mondo. Ma nello stesso tempo egli è colui che porta in sé questo dono, e anzi possiede, anche nella sua umanità, la pienezza dello Spirito Santo, poiché “il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa”. Egli è colui che “Dio ha mandato”, che “proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura” (Gv 3, 35. 34).

3. Anche mediante la sua umanità, è il Figlio di Dio stesso a mandare lo Spirito: se lo Spirito Santo è pienamente il Dono del Padre, Cristo-uomo, portando a termine nella sua passione redentiva la missione abbracciata e svolta per obbedire al Padre, obbedienza “fino alla morte in croce” (Fil 2, 8), rivela, mediante il suo sacrificio redentore di Figlio, lo Spirito Santo come Dono e lo dà ai suoi discepoli. Quello che nel cenacolo Gesù chiama la propria “dipartita” nell’economia salvifica diventa il momento prefissato al quale è legata la “venuta” dello Spirito Santo (cf. Gv 16, 7).

4. Ma attraverso tale momento culminante dell’autorivelazione del mistero trinitario, ci è permesso di penetrare ancor meglio nella vita intima di Dio. Lo Spirito Santo ci è fatto conoscere non solo come Dono agli uomini, ma anche come Dono sussistente nella stessa vita intima di Dio. “Dio è amore”, ci ha detto san Giovanni (1 Gv 4, 8): amore essenziale, come precisano i teologi, comune alle tre divine Persone. Ma ciò non esclude che lo Spirito Santo, come Spirito del Padre e del Figlio, sia Amore in senso personale, come abbiamo spiegato nella precedente catechesi. Per questo egli “scruta le profondità di Dio” (1 Cor 2, 10), con la potenza di penetrazione propria dell’Amore. Per questo egli è anche il Dono increato ed eterno, che le divine Persone si scambiano nella vita intima del Dio uno e trino. Il suo essere amore si identifica col suo essere Dono. Si potrebbe addirittura dire che “per lo Spirito Santo Dio “esiste” a modo di dono. È lo Spirito Santo l’espressione personale di un tale donarsi, di questo essere Amore. È Persona-Amore. È Persona-Dono” (Dominum et vivificantem, 10).

5. Scrive sant’Agostino che, “come l’essere nato è per il Figlio essere dal Padre, così l’essere Dono è per lo Spirito Santo procedere dal Padre e dal Figlio” (De Trinitate, IV, 20: PL 42, 908). Vi è nello Spirito Santo un’equivalenza tra l’essere Amore e l’essere Dono. Spiega bene san Tommaso: “L’amore è la ragione di un dono gratuito, che si fa a una persona perché le si vuol bene. Il primo dono è dunque l’amore (“amor habet rationem primi doni”) . . . Perciò, se lo Spirito Santo procede come Amore, procede anche come Primo Dono” (Summa theologiae, I, q. 38, a. 2). Tutti gli altri doni vengono distribuiti tra i membri del corpo di Cristo per il Dono che è lo Spirito Santo, conchiude l’Angelico con sant’Agostino (De Trinitate, XV, 19: PL 42, 84).

6. Essendo all’origine di tutti gli altri doni elargiti alle creature, lo Spirito Santo, Amore-Persona, Dono increato, è come una fonte (“fons vivus”), da cui tutto deriva nel creato; è come un fuoco d’amore (“ignis caritas”), che sparge scintille di realtà e di bontà in tutte le cose (“dona creata”). Si tratta dell’elargizione dell’esistenza mediante l’atto della creazione, e della grazia agli angeli e agli uomini nell’economia della salvezza. Per questo l’apostolo Paolo scrive: “L’amore di Dio è stato riversato nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).

7. Anche questo testo paolino è una sintesi di quanto insegnano gli apostoli subito dopo la Pentecoste. “Pentitevi, - esortava Pietro - ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (At 2, 38). Poco dopo lo stesso apostolo, mandato al centurione Cornelio per battezzarlo, potrà capire, per l’esperienza di una rivelazione divina, “che anche sopra i pagani si doveva effondere il dono dello Spirito Santo”. Gli Atti registreranno anche l’episodio di Simon Mago, che avrebbe voluto “acquistare con denaro” lo Spirito Santo. Simon Pietro lo rimprovererà duramente per questo, ribadendo che lo Spirito Santo è soltanto dono, e si riceve gratuitamente, appunto come dono di Dio (cf. At 8, 19-23).

8. È ciò che ripetono i Padri della Chiesa. Leggiamo ad esempio in Cirillo d’Alessandria: “Il nostro ritorno a Dio si fa per Cristo Salvatore, avviene solo attraverso la partecipazione e la santificazione dello Spirito Santo. Colui che ci congiunge e, per così dire, ci unisce a Dio è lo Spirito, ricevendo il quale siamo partecipi e consorti della divina natura; noi lo riceviamo per mezzo del Figlio e nel Figlio riceviamo il Padre” (Cirillo Alessandrino, In Evang. Ioannis, 9, 10: PG 74, 544). È il “ritorno a Dio”, che si effettua continuamente nei singoli uomini e nelle generazioni umane, nel tempo che intercorre dalla “dipartita” redentrice di Cristo - del Figlio al Padre - alla sempre nuova “venuta” santificante dello Spirito Santo, che si completerà con la venuta gloriosa di Cristo alla fine della storia. Tutto ciò che, nell’ordine sacramentale, nell’ordine carismatico, nell’ordine ecclesiastico-gerarchico, serve a questo “ritorno” dell’umanità al Padre nel Figlio è una molteplice e varia “diffusione” dell’unico Dono eterno, quale è lo Spirito Santo, nella sua dimensione di dono creato, ossia di partecipazione negli uomini dell’Amore infinito. È “lo Spirito Santo che dà se stesso” dice san Tommaso (Summa theologiae, I, q. 38, a. 1, ad 1). Vi è una certa continuità tra il Dono increato e i doni creati, che faceva scrivere a sant’Agostino: “Lo Spirito Santo è eternamente Dono, ma temporalmente è (ciò che è) donato” (De Trinitate, V, 16.17: cc. 50, 224).

9. Da questa vetusta tradizione di Padri e Dottori della Chiesa, anelli di congiunzione con Gesù Cristo e gli apostoli, deriva ciò che si legge nell’enciclica Dominum et vivificantem (n. 54): “L’amore di Dio Padre, dono, grazia infinita, principio di vita, è divenuto palese in Cristo, e nell’umanità di lui si è fatto “parte” dell’universo, del genere umano, della storia. Quella “apparizione” della grazia nella storia dell’uomo, mediante Gesù Cristo, si è compiuta per opera dello Spirito Santo, che è il principio di ogni azione salvifica di Dio nel mondo: egli, “Dio nascosto”, che come amore e dono «riempie l’universo»”. Al centro di questo ordine universale costituito dai doni dello Spirito Santo vi è l’uomo, “creatura razionale, che, a differenza delle altre creature terrene, può giungere a godere della Persona divina e usufruire dei suoi doni. A questo può pervenire la creatura razionale, quando diventa partecipe del Verbo divino e dell’Amore che procede dal Padre e dal Figlio, sì da poter per sua libera apertura interiore conoscere veramente Dio e rettamente amarlo . . . Ma questo non certo per virtù propria, ma per dono concesso dall’alto . . . In questo senso compete allo Spirito Santo essere dato, e essere Dono” (Summa theologiae, I, q. 38, a. 1).

Avremo ancora occasione di mostrare l’importanza di questa dottrina per la vita spirituale. Per ora sigilliamo col bel testo dell’Angelico Dottore le nostre catechesi sulla Persona dello Spirito Santo, Amore e Dono di carità infinita.

Ai pellegrini di espressione spagnola

Amadísimos hermanos y hermanas,

Deseo ahora dar mi más cordial bienvenida a todos los peregrinos y visitantes de lengua española.

En particular, a las Hermanas Franciscanas Misioneras de la Madre del Divino Pastor y a las Religiosas Escolapias, que se encuentran en Roma haciendo un curso de renovación espiritual. A todas aliento a un renovado compromiso de generosa entrega a Dios y a la Iglesia, en fidelidad a su propia vocación de almas consagradas.

Igualmente saludo a las demás personas procedentes de España y de los diversos Países de América Latina, entre los que se hallan un grupo de profesionales latinoamericanos que hacen un curso de perfeccionamiento en Turín.

Con afecto imparto a todos la Bendición Apostólica.

Ai fedeli di lingua portoghese

Amadíssimos irmãos e irmãs,

Para todos, envio as minhas saudações cordiais, extensivas aos vossos entes queridos, com a minha Bênção Apostólica.

Ai pellegrini polacchi

“"Jeden drugiego brzemiona noście" - to zwięzłe zdanie Apostoła jest inspiracją dla międzyludzkiej i społecznej solidarności. Solidarność - to znaczy: jeden i drugi, a skoro brzemię, to brzemię niesione razem, we wspólnocie. A więc nigdy: jeden przeciw drugiemu. Jedni przeciw drugim. I nigdy "brzemię" dźwigane przez człowieka samotnie. Bez pomocy drugich. Nie może być walka silniejsza od solidarności. Nie może być program walki ponad programem solidarności. Inaczej - rosną zbyt ciężkie brzemiona. I rozkład tych brzemion narasta w sposób nieproporcjonalny”.

W dzisiejszej modlitwie “cyklu jasnogórskiego” pragnę nawiązać do tych właśnie słów. Były one wypowiedziane podczas ostatniej pielgrzymki do Ojczyzny, w Gdańsku na Zaspie. Dzisiaj je powtarzam i rozważam ponownie, rozważam wobec Ciebie, Jasnogórska Matko, rozważam wspólnie z moimi rodakami, gdy obraz życia społeczeństwa uległ historycznym przeobrażeniom. Dziś, gdy Opatrzność stawia przed nami trud budowania od podstaw społeczeństwa suwerennego, które jest samorządne i które w sposób demokratyczny stanowi o sobie . . .

Dziś trzeba nam także wiedzieć, jak “różnić się szlachetnie”.

“Różnić się”, to znaczy także odkrywać na nowo znaczenie solidarności.

Napisałem kiedyś: “Ten, kto wyraza sprzeciw, nie usuwa się od udziału we wspólnocie, nie wycofuje swej gotowości działania na rzecz wspólnego dobra . . . Treścią sprzeciwu jest przede wszystkim sposób pojmowania, a bardziej jeszcze sposób urzeczywistniania dobra wspólnego”. Historia naszego stulecia to potwierdza.

“Różnić się” - to znaczy także “uzupełniać się wzajemnie”. A więc - nie przede wszystkim “zwalczać się”, ale “pełniej wyrażać” wspólnotę w wielorakich nurtach zbiorowego działania. Dobro wspólne jest dla wszystkich i przez wszystkich. Nie tylko wówczas, gdy trzeba go wspólnie bronić - jak w przeszłości, jak wczoraj - ale bardziej jeszcze, gdy trzeba je wspólnie tworzyć. Jak dzisiaj i jutro!

Minęły z górą trzy lata od słów wypowiedzianych w Gdańsku na Zaspie. Dzisiaj trzeba nam się modlić, o Matko naszego Narodu, o taką umiejętność “różnienia się”, które służy budowaniu wspólnego dobra. Prawdziwego dobra wspólnego.

Nigdy bowiem “nie może być walka silniejsza od solidarności”. Nie może być program walki ponad programem solidarności.

Zawsze pozostają w mocy te Pawłowe słowa: “jeden drugiego brzemiona noście”. A więc nigdy: jeden przeciw drugiemu. Jedni - przeciw drugim. I nigdy “brzemię” dźwigane przez człowieka samotnie . . . “skoro brzemię, to brzemię niesione razem, we wspólnocie”.

Pani Jasnogórska! W momentach ważnych dla przyszłości Rzeczypospolitej, bądź z nami! Panno roztropna! Ucieczko grzeszników! Panno można! Stolico Mądrości! Królowo Polski!

Witam serdecznie wszystkich pielgrzymów z Polski, wszystkich Polaków obecnych na tej audiencji. W szczególności ks. bpa Ryszarda Karpińskiego z Lublina; uczestników pieszej pielgrzymki z Warszawy do Częstochowy; pielgrzymów z parafii św. Jadwigi w Milanówku; z parafii Bożego Ciała w Bydgoszczy; z parafii Wniebowzięcia Matki Bożej i Miłosierdzia Bożego w Puławach w diecezji lubelskiej; duszpasterstwo ludzi pracy i absolwentów szkół wyższych z Kielc; pielgrzymów z parafii Wniebowzięcia Matki Bożej z Torunia; pielgrzymkę policjantów z ziemi Słupskiej; pielgrzymkę z dekanatu Główczyce-Skórowo z diecezji koszalińsko-kołobrzeskiej; z dekanatu Głuchołazy z diecezji opolskiej; z parafii Wniebowzięcia Matki Bożej z Płocka; z parafii św. Stanisława Kostki z Przasnysza; prócz tego grupę pielgrzymkowo-turystyczną “Quo vadis” z Krosna; grupę z Kuratorium Oświaty i Wychowania z Tarnobrzegu; uczestników grup turystycznych: “Agra” z Kielc, “Poltur” z Warszawy, “Juventur” z Jeleniej Góry, “Impuls-Sport” z Wrocławia, “Esperantur” z Bydgoszczy.

Ai vari gruppi di pellegrini provenienti da diverse regioni italiane

Il mio cordiale saluto ora ai pellegrini di lingua italiana, ed anzitutto agli Allievi Ufficiali di Complemento del Genio, appartenenti al 140° Corso. Vi auguro, cari giovani, che l’esperienza del servizio che state compiendo vi prepari alle future responsabilità e si attui nello spirito di collaborazione e di amicizia, specialmente in quelle emergenze che richiedono il vostro soccorso e il vostro aiuto.

Saluto poi il Parroco ed i Fedeli della Parrocchia romana di San Giovanni Battista al Collatino, che ricordano quest’anno il XXV di fondazione della loro Comunità. Invito tutti ad avere sempre presenti le parole del Concilio Vaticano II, che esortano i componenti delle parrocchie ad essere “un luminoso esempio di apostolato comunitario. Operate insieme, cari sacerdoti e fedeli, solidali e concordi nell’impegno di diffondere il Vangelo.

Il mio pensiero va poi a tre gruppi speciali: all’Associazione Filarmonica della Mezza Età, di Lama, in diocesi di Perugia; agli Ospiti e ai Dipendenti dell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, in diocesi di Cosenza, e all’Associazione degli Invalidi Civili del Molise. A tutti un fervido augurio di ogni bene.

Saluto particolarmente i ragazzi di diversi Istituti scolastici, che hanno partecipato al premio per la bontà, intitolato a “Livio Tempesta”. Siate sempre coraggiosi e generosi testimoni dell’amore fraterno, ben consapevoli che la società ha estremo bisogno di solidarietà, di comprensione e di concreti aiuti verso i più deboli.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Carissimi Giovani, Ammalati, Sposi Novelli, a voi, come di consueto, giunga il mio saluto più cordiale. Oggi, la liturgia ci propone la “memoria” della Presentazione al tempio della Beata Vergine Maria. È una delle feste mariane molto sentite dalla devozione popolare. Essa vuol commemorare la “dedicazione” a Dio di Maria Bambina e richiamare alla considerazione la nostra consacrazione avvenuta nel Battesimo, rendendoci partecipi della stessa vita trinitaria di Dio.

La Vergine Santissima aiuti a vivere, come “consacrati” a Dio: voi, giovani, nelle vostre aspirazioni e nei vostri ideali per il presente e per il futuro; voi, malati, nelle vostre speranze e nella vostra pazienza, soprattutto nei momenti più difficili di sofferenze e di dura prova; e voi, Sposi Novelli, nella vostra fiducia e nel vostro entusiasmo, necessari per ben iniziare la nuova vita familiare. A tutti la mia Benedizione Apostolica.



© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana
MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 20:19
Lo Spirito Santo, anima della Chiesa
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 28 novembre 1990



1. Oggi diamo inizio a una nuova serie di catechesi del ciclo pneumatologico, nel quale ho cercato di attirare l’attenzione degli ascoltatori vicini e lontani sulla fondamentale verità cristiana dello Spirito Santo. Abbiamo visto che il Nuovo Testamento, preparato dall’Antico, ce lo fa conoscere come Persona della santissima Trinità. È una verità affascinante, sia per il suo intimo significato, sia per il suo riflesso sulla nostra vita.

Possiamo anzi dire che si tratta di una verità-per-la-vita, come del resto lo è tutta la rivelazione riassunta nel Credo. In modo speciale lo Spirito Santo ci è stato rivelato e dato perché sia per noi, per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini chiamati a conoscerlo, luce e guida di vita.

2. Parliamo anzitutto dello Spirito Santo come principio vivificante della Chiesa.

Abbiamo visto a suo tempo, nel corso delle catechesi cristologiche, che Gesù, fin dall’inizio della sua missione messianica, ha raccolto intorno a sé i discepoli, tra i quali ha scelto i Dodici, chiamati apostoli, e che tra di loro ha assegnato a Pietro il primato della testimonianza e della rappresentanza.

Quando alla vigilia del suo sacrificio sulla croce ha istituito l’Eucaristia, ha dato agli stessi apostoli il mandato e il potere di celebrarla in sua memoria (Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24-25). Dopo la risurrezione ha conferito loro il potere di rimettere i peccati (Gv 20, 22-23) e il mandato della evangelizzazione universale (Mc 16, 15). Possiamo dire che tutto ciò si ricollega all’annunzio e alla promessa della venuta dello Spirito, che si attua il giorno della Pentecoste, come riferiscono gli “Atti degli apostoli” (At 2, 1-4).

3. Il Concilio Vaticano II ci offre alcuni testi significativi sulla decisiva importanza del giorno della Pentecoste, che viene spesso presentato come il giorno natale della Chiesa davanti al mondo. Leggiamo infatti nella costituzione Dei Verbum (n. 4) che “con l’invio dello Spirito Santo (Cristo) compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina che Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna”. Vi è dunque tra Gesù Cristo e lo Spirito Santo uno stretto collegamento nell’opera salvifica.

A sua volta la costituzione Lumen gentium (n. 4) sulla Chiesa dice dello Spirito Santo: “Questi è lo Spirito che dà vita, è una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cf. Gv 4, 14; 7, 38-39); per lui il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali”. Dunque, per la potenza e l’azione dello Spirito, mediante il quale è stato risuscitato Cristo, saranno risuscitati coloro che sono a Cristo incorporati. È l’insegnamento di san Paolo, ripreso dal Concilio (cf. Rm 8, 10-11).

Lo stesso Concilio aggiunge che, scendendo sugli apostoli, lo Spirito Santo diede inizio alla Chiesa, la quale, nel Nuovo Testamento e specialmente da san Paolo, viene descritta come il corpo di Cristo: “Il Figlio di Dio . . . comunicando il suo Spirito, fa sì che i suoi fratelli, chiamati fra tutte le genti, costituiscano il suo corpo mistico” (Lumen gentium, 19 e 7).

La tradizione cristiana, che riprende questo tema paolino dell’“Ecclesia Corpus Christi”, del quale - sempre secondo l’Apostolo - lo Spirito Santo è il principio vivificante, giunge a dire con bellissima espressione che lo Spirito Santo è l’“anima” della Chiesa. Qui basti citare sant’Agostino, che in un suo discorso afferma: “Ciò che il nostro spirito, cioè la nostra anima, è in rapporto alle nostre membra, lo è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, cioè per il corpo di Cristo, che è la Chiesa” (Sermo 269, 2: PL 38, 1232). È pure suggestivo un testo della “Somma Teologica”, nel quale san Tommaso d’Aquino, parlando di Cristo capo del corpo della Chiesa, paragona lo Spirito Santo al cuore, perché “invisibilmente vivifica e unifica la Chiesa”, come il cuore “esercita un influsso interiore nel corpo umano” (Summa theologiae, III, q. 8, a. 1, ad 3). Lo Spirito Santo “anima della Chiesa”, “cuore della Chiesa”: è un bel dato della Tradizione, sul quale occorre indagare.

4. È chiaro che, come spiegano i teologi, l’espressione “lo Spirito Santo anima della Chiesa” va intesa in modo analogico. Egli infatti non è forma sostanziale” della Chiesa come lo è l’anima per il corpo umano, col quale costituisce l’unica sostanza uomo. Lo Spirito Santo è il principio vitale della Chiesa, intimo, ma trascendente. Egli è il Datore di vita e di unità della Chiesa, sulla linea della causalità efficiente, cioè come autore e promotore della vita divina del “Corpus Christi”. Lo fa notare il Concilio, secondo il quale Cristo, “perché ci rinnovassimo continuamente in lui (cf. Ef 4, 23), ci ha resi partecipi del suo Spirito, il quale unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che esercita il principio vitale, cioè l’anima, nel corpo umano” (Lumen gentium, 7).

Seguendo questa analogia si potrebbe anzi paragonare tutto il processo della formazione della Chiesa, già nell’ambito dell’attività messianica di Cristo sulla terra, alla creazione dell’uomo secondo il “Libro della Genesi”, e specialmente all’ispirazione dell’“alito di vita” per il quale “l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2, 7). Nel testo ebraico il termine usato è “nefesh” (essere animato da un soffio vitale); ma, in un altro passo dello stesso Libro della Genesi (Gen 6, 17), il soffio vitale degli esseri viventi viene chiamato “ruah”, cioè “spirito”. Secondo quest’analogia, si può considerare lo Spirito Santo come soffio vitale della “nuova creazione”, che si concretizza nella Chiesa.

5. Il Concilio ci dice ancora che “il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito” (Lumen gentium, 4). Questa è la prima e fondamentale forma di vita che lo Spirito Santo, a somiglianza dell’“anima che dà la vita”, infonde nella Chiesa: la santità, secondo il modello di Cristo “che il Padre ha santificato e mandato nel mondo” (Gv 10, 36). La santità costituisce l’identità profonda della Chiesa come corpo di Cristo, vivificato e partecipe del suo Spirito. La santità dà la salute spirituale al corpo. La santità decide anche della sua spirituale bellezza: quella bellezza che supera ogni bellezza della natura e dell’arte; una bellezza soprannaturale, nella quale si rispecchia la bellezza di Dio stesso in un modo più essenziale e diretto che in ogni altra bellezza del creato, proprio perché si tratta del “Corpus Christi”. Sul tema della santità della Chiesa torneremo ancora in una prossima catechesi.

6. Lo Spirito Santo viene chiamato “anima della Chiesa” anche nel senso che egli porta la sua luce divina in tutto il pensiero della Chiesa, che “guida a tutta la verità” secondo l’annuncio di Cristo nel Cenacolo: “Quando . . . verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito . . . prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 13. 15).

È dunque sotto la luce dello Spirito Santo che nella Chiesa avviene l’annunzio della verità rivelata, e si opera l’approfondimento della fede a tutti i livelli del “Corpus Christi”: quello degli apostoli, quello dei loro successori nel magistero, quello del “senso della fede” di tutti i credenti, fra i quali i catechisti, i teologi e gli altri pensatori cristiani. Tutto è e dev’essere animato dallo Spirito.

7. Lo Spirito Santo è ancora la fonte di tutto il dinamismo della Chiesa, sia che si tratti della testimonianza che deve rendere a Cristo dinanzi al mondo, sia nella diffusione del messaggio evangelico. Nel Vangelo di Luca Cristo risorto, quando annunzia agli apostoli l’invio dello Spirito Santo, insiste proprio su questo aspetto, dicendo: “Io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24, 49). La connessione tra Spirito Santo e dinamismo è ancora più chiara nel racconto parallelo degli Atti degli apostoli (At 1, 8), dove Gesù dice: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Tanto nel Vangelo quanto negli Atti la parola greca per “forza” o “potenza” è “dynamis”, dinamismo. Si tratta di un’energia soprannaturale, che da parte dell’uomo esige soprattutto la preghiera. È un altro insegnamento del Concilio Vaticano II, secondo il quale lo Spirito Santo “dimora nella Chiesa e nei fedeli, e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale” (Lumen gentium, 4). Il Concilio anche in questo testo si riferisce a san Paolo (cf. Gal 4, 6; Rm 8, 15-16. 26), del quale vogliamo qui ricordare specialmente il passo della Lettera ai Romani (8, 26) dove dice: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”.

8. A conclusione di quanto abbiamo detto finora, rileggiamo un altro breve testo del Concilio, secondo il quale lo Spirito Santo “con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni!” (Lumen gentium, 4). Vi è in questo testo un’eco di sant’Ireneo (Adversus haereses, III, 14, 1: PG 7, 966), che fa giungere a noi la certezza di fede dei Padri più antichi. Vi è la stessa certezza annunciata da san Paolo quando diceva che i credenti sono stati liberati dalla servitù della lettera “per servire nel regime nuovo dello Spirito” (Rm 7, 6). La Chiesa tutta intera è sotto questo regime e trova nello Spirito Santo la fonte del suo continuo rinnovamento e della sua unità. Perché più potente di tutte le debolezze umane e dei peccati è la forza dello Spirito che è Amore vivificante e unificante.

Ai pellegrini di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,Iextend a special welcome to the newly professed Missionaries of Charity and to the members of their families. Dear Sisters: As you devote yourselves to serving the neediest of our brothers and sisters, may you always experience the deep joy which comes from your religious consecration. My cordial greetings also go to the musicians and dancers from the Kalaikaviri Centre in Tiruchirapalli, India, and to the members of the Saint Augustine Gospel Choir and Chorale from Washington. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience I invoke the abundant blessings of Almighty God.

Ai numerosi gruppi di espressione tedesca

Liebe Schwestern und Brüder!Mit dieser Betrachtung grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher sehr herzlich. Ich wünsche Euch in den Tagen Eures Aufenthaltes in Rom auch geistlich fruchtbare Stunden und die Erfahrung der lebendigen Kraft des Heiligen Geistes. Dazu erteile ich Euch und Euren lieben Angehörigen daheim von Herzen meinen Apostolischen Segen.

Ad un gruppo di giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!Saluto il gruppo giapponese dei sostenitori della rivista “Seibo no Kishi”, fondata da San Massimiliano. Vi invito a fare vostri gli ideali missionari di questo grande evangelizzatore del nostro tempol’amore all’Immacolata e l’impegno per la salvezza delle anime. Mentre vi affido alla protezione dell’Immacolata, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione spagnola

Amadísimos hermanos y hermanas,Saludo muy cordialmente a todos los peregrinos y visitantes de lengua española. En particular, al grupo de sacerdotes latinoamericanos que hacen un curso en el “Centro Internacional de Animación Misionera” de Roma y les aliento a un renovado empeño en la gran tarea de difundir el mensaje cristiano de salvación. Igualmente, saludo a todas las personas procedentes de España y de los demás Países de América Latina, entre las cuales se encuentran un grupo del “Centro educativo Richard von Weizsäcker”, de Bolivia. A todos imparto con afecto la Bendición Apostólica.

Ai fedeli di lingua portoghese

Caríssimos irmãos e irmãs,Desejando-vos esta abundância de graça nos caminhos da vossa vida, saúdo-vos afectuosamente e concedo-vos a Bênção Apostólica.

Ai pellegrini venuti dalla Polonia

1. “Prosimy was, katoliccy Pasterze narodu niemieckiego, abyście na własny sposób obchodzili z nami nasze chrześcijańskie Milenium: czy to przez modlitwy, czy przez ustanowienie w tym celu odpowiedniego dnia. Za każdy taki gest będziemy wam wdzięczni. I prosimy was też, abyście przekazali nasze pozdrowienia i wyrazy wdzięczności niemieckim braciom ewangelikom, którzy wraz z wami i z nami trudzą się nad znalezieniem rozwiązania naszych trudności.

W tym jak najbardziej chrześcijańskim, ale i bardzo ludzkim duchu, wyciągamy do was, siedzących tu na ławach kończącego się Soboru, nasze ręce oraz udzielamy wybaczenia i prosimy o nie. A jeśli wy, niemieccy biskupi i Ojcowie Soboru, po bratersku wyciągnięte ręce ujmiecie, to wtedy dopiero będziemy mogli ze spokojnym sumieniem obchodzić nasze Milenium w sposób jak najbardziej chrześcijański. Zapraszamy was na te uroczystości jak najserdeczniej do Polski”.

Pani Jasnogórska! Dziś odczytuję wobec Ciebie, w obecności moich rodaków, to orędzie - zrodzone przed 25 laty w wielkim trudzie serc i sumień. “Orędzie biskupów polskich do ich niemieckich braci w Chrystusowym urzędzie pasterskim”, przy końcu Soboru, w przeddzień naszego Milenium, spotkało się wówczas z odbiorem przeważająco negatywnym. Co więcej, stało się okazją do ciężkich oskarżeń, a nawet do pomówienia o zdradę narodowej sprawy.

Kiedy dziś, po 25 latach odczytujemy je na nowo, lepiej widać głęboki chrześcijański motyw w nim zawarty. Chrystus powiedział: “idź i pojednaj się” zanim złożysz twój dar na ołtarzu. Przed 25 laty naród polski przybliżał się do szczególnego ołtarza dziejów, na którym złożony miał być Trójcy Przenajświętszej dar tysiąclecia dziejów Ojczyzny.

“Idź i pojednaj się” . . . czyń wszystko, na co cię stać, by osiągnąć pojednanie, jeśli sprawiedliwość, miłość i pokój mają kształtować ludzkie dzieje. Sprawiedliwość, miłość . . . a nie nienawiść, nie “zimna wojna”.

Po 25 latach dziękujemy, Pani Jasnogórska, za to orędzie, które tyle wówczas kosztowało cierpienia. Dziękujemy za to, że Pasterze Kościoła w Polsce odważyli się na nie. Zaufali Ewangelii i zawierzyli Tobie.

Dziś, po 25 latach, wobec rozwoju wydarzeń w Europie, dziękujemy za to Orędzie, bo było słowem profetycznym. A zarazem pionierski krok w kierunku odbudowy moralnej jedności na naszym kontynencie. Krok - jeden z pierwszych. Szczególny wkład do “europejskiego skarbca”.

Dziękujemy Ci, Matko z Jasnej Góry . . .

Serdecznie witam ks. bpa Józefa Życińskiego, nowego Pasterza diecezji tarnowskiej; pielgrzymów z Krakowa, z parafii św. Szczepana; pielgrzymkę międzyparafialną z Luborzycy; pielgrzymkę z archidiecezji gnieźnieńskiej; z parafii bł. Urszuli Ledóchowskiej w Lublinie; pielgrzymkę Polskiego Katolickiego Biura Pielgrzymkowego ze Stanów Zjednoczonych; grupę pracowników Państwowego Gospodarstwa Rolnego z Chowienic; grupę kolejarzy z Wrocławia; grupy turystyczne z Warszawy, Poznania i Gniezna: “Sigma Travel” i “Poltur”; prócz tego pielgrzymów z parafii Świętych Apostołów Szymona i Judy z Wąbrzeźna w diecezji chełmińskiej oraz grupę pracowników Samochodowni PKP z Lublina.

Ai numerosissimi fedeli: venuti da diverse regioni italiane

Saluto tutti i pellegrini di lingua italiana presenti a questa Udienza; anzitutto il gruppo degli Ispettori Salesiani, convenuto a Roma per un corso di aggiornamento. Auguro loro di seguire sempre il singolare carisma educativo di San Giovanni Bosco, “padre e maestro dei giovani”, che si fonda sulla forza della ragione e della fede, e sulla testimonianza della carità, in un clima di sapiente familiarità.

Il mio pensiero va, poi, alle novizie della Congregazione delle “Missionarie della Fede”, provenienti dalle Filippine, dal Brasile, da Samoa, dalla Colombia e dall’Italia. Carissime, la nuova evangelizzazione, che impegna oggi la Chiesa, sia lo scopo della vostra vita; dedicatevi con entusiasmo all’annuncio della Parola di Dio a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo, nostro Redentore.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

A voi, Giovani, Malati e Sposi Novelli giunga il mio particolare saluto! La vostra presenza mi conforta, perché è segno della vostra fede e anche del vostro amore per il Papa!

Esprimo il benvenuto a tutti i giovani: saluto in particolare i ragazzi delle scuole de L’Aquila, i quali, accompagnati dalle Autorità della Provincia e dai Sindaci dei rispettivi Comuni, hanno partecipato ad un concorso patrocinato dall’Unicef, in occasione della “Perdonanza di Papa Celestino V”. Cari ragazzi, vorrei che non dimenticaste mai nella vita le parole forti del vostro “proclama” e “programma” di vivere, cioè, “compiutamente al servizio del prossimo”. Siate “credenti in Dio e nei valori dell’uomo, testimoni del perdono e della riconciliazione”, capaci di affermare “nuovi ideali, virtù e conoscenze”. Così si potrà sperare in una società rinnovata e fondata sul progresso autentico e sulla civiltà del Vangelo.

Il mio augurio di bene e l’espressione del mio affetto vanno a tutti gli ammalati, e specialmente ai tre gruppi di ammalati accompagnati qui dall’Unitalsi dell’Emilia-Romagna; dalla Parrocchia di Santa Maria degli Angeli di Acerno, in Diocesi di Salerno; dalla Chiesa Arcipretale di Leno, in Diocesi di Brescia. Per tutti voi, sofferenti, valga il pensiero che Cristo vi è vicino, che di fronte a lui ogni vostra difficoltà o pena è preziosa per la redenzione del mondo.

A voi, infine, Sposi Novelli, dico: camminate ogni giorno incontro al Cristo che vuol rendere felice ed indissolubile il vostro amore sponsale. A tutti imparto la mia Benedizione.

Appello per la pace in Liberia e in Rwanda

Desidero ora invitarvi a ricordare con me nella preghiera il Continente africano, in cui permangono numerose situazioni di conflitto, di miseria e di carestia. Vecchi problemi irrisolti e nuove tensioni affliggono milioni e milioni di fratelli di quelle terre, tanto provate e pur così ricche di speranze.

Vorrei menzionare, in primo luogo, la situazione della Liberia, ormai da un anno sconvolta da lotte fratricide. Migliaia di vittime, centinaia di migliaia di profughi ed immense distruzioni sono il terribile bilancio di una guerra di cui, nonostante diversi tentativi, non sembra ancora intravedersi la fine. Intanto, s’aggravano le violenze, si diffondono le malattie e incombe la fame.

Un’altra cara Nazione, da me visitata in settembre, sta attraversando un periodo di gravi difficoltà: il Rwanda. Dopo gli scontri sanguinosi del mese scorso, continuano purtroppo a giungere notizie di tensioni e di violenze, che seminano divisioni, accrescono la povertà e complicano il già grave problema dei rifugiati, con temibili conseguenze per l’intera regione.

Uniamo la nostra preghiera a quella delle giovani Chiese dell’Africa, per implorare il ritorno della pace. Invochiamo il Signore perché accolga nella sua misericordia le vittime, dia conforto a chi soffre e sostegno a chi si prodiga per lenire le piaghe del corpo e dello spirito. Chiediamo al Signore dell’Universo di illuminare le menti di quanti portano responsabilità, perché ritrovino pensieri di pace, favoriscano la riconciliazione, uniscano gli sforzi per la ricostruzione e per un nuovo e sereno progresso. Voglia Iddio che la comunità internazionale non resti insensibile all’appello che proviene da tanta sventura e offra ogni necessaria collaborazione e aiuto. Interceda per noi Maria santissima, dolcissima Madre di Cristo e nostra Madre.



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