Capitolo Terzo LA PROMESSA PERSONALIZZATA DEL PADRE

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MARIOCAPALBO
00martedì 27 marzo 2012 13:12
Indice

Capitolo Terzo

 

 

LA PROMESSA PERSONALIZZATA DEL PADRE

 

 

         Entrando nell'ufficio di Tony, gli occhi mi si incollarono alla lavagna. Il nostro lavoro di ingegneri aerospaziali può essere altamente tecnico, ma di rado mettiamo quelle formule pretenziose sulla lavagna - di solito raffiguriamo giusto quegli schizzi dei nuovi dispositivi per provarli. "Stai facendo alquanto lo scientifico, eh?" gli chiesi. "Stai forse cercando di impressionare qualcuno?"

 

         "Ah, la formula," rispose Tony alzando lo sguardo dalla scrivania con un sorriso malizioso. "Non riesci a capirla, o mi sbaglio?" E posando lo sguardo sulla lavagna, lesse:

 

       lim                   z                              °°

In [ z ->  °° (1+ 1)]   +(sin² x cos² x) =  å   cosh y 1-tanh²y

                          z                              n = O      2n

 

         No, credo di non capirla." A questo punto mi sentivo piuttosto imbarazzato.

         "É semplice!" Rispose Tony prendendo in mano un pezzo di gesso. "In realtà è una delle idee più semplici che si possano incontrare." La luce nei suoi occhi e quel sorriso malizioso mi dissero che ci ero cascato. E quanto mai intenzionalmente, sotto alla maestosa formula scrisse: 1 + 1 = 2.

 

         "Oh si. ora la riconosco." O almeno lo pensavo.

         Tony tornò ad appoggiarsi alla sedia, continuando a sorridere: "In qualche modo ti ricorda il cristianesimo, vero?"

         "Cosa?"

         Voglio dire, che il messaggio di Gesù lo stiamo rendendo talmente complicato! Vi aggiungiamo dottrine, parliamo di sacramenti e sovraccarichiamo ogni cosa finché non si riesce più a riconoscerlo." Tony è un cristiano impegnato e un amico intimo. In realtà è stato lui ad introdurmi, anni addietro, in una relazione personale col Padre; e ancora una volta dovevo riconoscere la sua saggezza.

 

         Hai ragione, Tony, è proprio così."

         Il Padre ha sempre mirato a che il Suo massaggio fosse semplice, ma gli uomini non riescono a lasciarlo stare com'è. Quando sulla scena è arrivato Gesù, ha predicato un messaggio semplice, ma gli uomini sono tornati a complicarlo. Nelle prossime pagine scopriremo la bella semplicità del messaggio di Gesù - la verità semplice, e tuttavia difficile da credere, relativa a chi noi siamo, proprio noi che ci definiamo cristiani.

 

 

La ribellione - e malgrado tutto la Promessa

 

         Non importa come interpretate l'evento di Adamo e di Eva, il suo messaggio di base è lo stesso: in origine l'uomo era stato fatto per godere una relazione speciale con Dio. La storia della Genesi dice che, prima che l'uomo si ribellasse, in realtà esisteva una tale relazione intima tra lui e Dio. Eppure di fatto si ribellò. Egli scelse di usare il dono della "libera volontà" per agire in maniera indipendente. E cominciò a camminare nell'autosufficienza, su un sentiero che Dio non aveva scelto, oppure, come si esprime il Vaticano II: "bramando di conseguire il proprio fine al di fuori di Dio.":

 

"Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà sua, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio."[1]

                                                                    

         L'atto di autosufficienza dell'uomo ha distrutto quella relazione speciale tra Dio e l'uomo. Si trattava di pura ribellione - pura, perché Dio non poteva avere in Sé colpa alcuna per provocarla. Nonostante la ribellione, Dio non ha rinunziato a prendersi cura dell'uomo perché questi era l'opera più perfetta di tutta la Sua creazione; non Si sarebbe accontentato di nulla che fosse meno della restaurazione completa della vera dignità dell'uomo. Ma come fare? Ora l'uomo era impotente, e non poteva farlo da solo: nella ribellione aveva perduto la sua potenza.

 

         Ma Dio aveva un piano: - un attacco in tre momenti successivi alla pietosa condizione dell'uomo. Il primo passo stabiliva un principio che ci dimostra l'amore stabile e tollerante di Dio. Il nome che daremo a questo principio è Alleanza. Leggendo la Scrittura, non si deve andare molto lontano per trovare Dio che lo introduce: lo troviamo menzionato per la prima volta in Genesi, Capitolo 6, e da quel punto in poi nella Bibbia l'Alleanza è il tema fondamentale che pervade tutta la Scrittura. Un'alleanza è un contratto, o accordo, tra due persone, ma non nel senso comune della parola. Esso porta con sé un senso di permanenza, il senso delle due persone che si legano in un accordo eterno. E questo probabilmente vi sorprenderà: quando Dio entra in un’alleanza Egli Si lega: in realtà per amore del Suo socio nell'alleanza, Dio pone dei limiti a Se Stesso. Egli è per natura eterno, quindi Si lega eternamente ai Suoi soci dell'alleanza. I vescovi degli U.S.A. hanno accentuato questo principio dell'alleanza nel documento sugli "Insegnamenti di Base":

                           

""Il Dio vivente" è santo, giusto e misericordioso. Infinitamente saggio e perfetto, Egli Si è impegnato fermamente con gli uomini e li ha legati a Sé con solenni alleanze. Ha sempre presente ciascuno di noi. Egli ci libera, ci salva e ci ama con l'amore di un padre, l'amore di uno sposo."[2]

 

         Si comincia a capire l'amore di Dio per noi (caduti come siamo) quando Lo vediamo entrare in questi accordi eterni. Qui non vi è posto per un Dio distante e incurante. Entrando nell'alleanza Egli dice: "Vedi quanto m’interesso a te. Mi lego per amore tuo: ho il progetto di restaurarti alla tua dignità." Oppure, come dice la Scrittura:

 

"Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà." (Geremia 31,3).

 

         C'è ancora una cosa da capire riguardo alle Alleanze: ce ne sono di due specie, che chiameremo "condizionata" e "incondizionata". L'alleanza condizionata si limita a dire: "Se tu farai 'questo e quello', io farò 'così e così'." In altre parole, la promessa che ti faccio dipende dal fatto che tu adempi la tua parte dell'accordo. Allora potreste sospettare che una promessa incondizionata non contenga tali "se". Dice: "Io farò questo e questo, qualunque cosa accada, indipendentemente da quello che tu dirai o farai." Ora la Scrittura ci rivela che Dio ha stipulato entrambi i tipi d’alleanza: alcune parti esigono che si risponda in un certo modo, altre invece ci chiedono solo di accettare l'alleanza. In queste alleanze incondizionate Dio dice semplicemente: "Ecco qui, prendi, è tuo."

 

         Una volta comprese queste idee fondamentali sull'alleanza, possiamo considerare la legge di Dio e rilevare alcuni fatti notevoli: Primo, Dio ha promesso a Mosè che avrebbe riscattato Israele dall'Egitto per portarlo nella Terra Promessa. Questo realizzava l'alleanza incondizionata fatta con Abramo anni addietro. Lo avrebbe fatto indipendentemente dagli ostacoli; e tutti sappiamo le cose grandi ed insolite che Egli realizzò per portare a compimento quell'alleanza. Quando tuttavia dette la Legge a Mosè, concluse un'alleanza condizionata: molto dipendeva dalla fedeltà con cui Israele avrebbe obbedito a quelle regole.

 

"Ascolta o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele" (Deuteronomio 6,3).

 

Dio stava dicendo loro che la loro prosperità nella Terra Promessa dipendeva direttamente da come avrebbero obbedito alla Legge.

 

         A questo punto molti affermano che Dio è diventato una specie di sorvegliante, che fa delle leggi e dice: "Ubbidisci, oppure..." Ma non è affatto così. Essendo Dio l'autore della natura umana, non faceva altro che dare all’uomo il programma di come avrebbe dovuto agire: stava stabilendo i principi di operazione. A dire il vero una volta ho sentito qualcuno che si riferiva alla Bibbia come al "Manuale del Fabbricante". La legge non era tanto una "moralità restrittiva" quanto un piano secondo cui vivere e nel quale l'uomo avrebbe potuto trovare la giusta relazione con Dio e con gli altri uomini.

 

         Nel dare la Legge, Dio espose con chiarezza questo punto, ma troppa gente lo ha ignorato.

 

"Osserverete dunque le Mie leggi e le Mie prescrizioni, mediante le quali, chiunque le metterà in pratica, troverà la vita" (Levitico 18,3).

 

         La legge era il metodo di un Padre amoroso per istruire i propri figli su come trovare la "vita vera". Se Dio sembra duro ed esigente nel porre queste regole, dobbiamo ricordare che stava trattando con un popolo semi-civilizzato e ribelle che si era abituato alle proprie vie di peccato. La donazione della Legge in realtà è stato un atto d'amore, e ci si aspettava che da essa uscissero cose buone. Mosè disse:

 

"Per aver voi dato ascolto a queste norme e per averle osservate e messe in pratica, il Signore tuo Dio conserverà per te l'alleanza e la benevolenza che ha giurato ai tuoi padri. Egli ti amerà, ti benedirà, ti moltiplicherà" (Deuteronomio 7, 12-13).

 

         Ma l'uomo era caduto ed era debole, e nessuna alleanza né alcuna legge, per quanto perfetta, avrebbe potuto rialzarlo dal suo stato di peccato. Nel piano di Dio doveva esserci un'altra fase prima che l'uomo potesse venir ricostruito. Per portare questa fase a compimento, Dio ha fatto la cosa più notevole e amorevole che avesse mai fatto: ha mandato Gesù.

 

 

L'annuncio della Nuova Alleanza

 

     Alcune persone hanno pensato, erroneamente, che il "Dio d'amore" sia stato introdotto solo nel Nuovo Testamento. Parlano come se Gesù avesse d'improvviso lanciato l'idea di un Padre Celeste che ama in un mondo ingenuo e ignaro. Ma il Vecchio Testamento è pieno di riferimenti all'amore e all'interessamento di Dio per il Suo popolo. Per bocca del profeta Osea il Padre ci ha rivolto queste parole d'amore:

 

"Perciò, ecco, la attirerò a me,

la condurrò nel deserto

e parlerò al suo cuore...

Ti farò Mia sposa per sempre...

nella benevolenza e nell'amore" (Osea, 2,16; 21).

 

La persona a cui Dio Si riferisce in questi passo è Israele. S. Paolo tuttavia fa rilevare che la profezia di Osea voleva manifestare l'amore del Padre per tutto il popolo, e cita questo profeta nella lettera ai Romani:

 

"Chiamerò 'Mio popolo' quello che non era il Mio popolo, e Mia 'diletta' quella che non era la Mia diletta." (Romani 9,5 - (Osea 2,25)

 

Nella sua lettera ai Corinzi S. Paolo cita un altro profeta, il grande Ezechiele, che dà lo stesso messaggio di fondo:

 

"Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il Mio popolo."                   (2 Corinzi 6,16 - Ezechiele 37, 26-27)

 

Vediamo che Dio qui parla di un'alleanza diversa, una "nuova alleanza". Il Padre dette poi a un altro profeta, Geremia, il compito di descrivere esattamente cosa avesse in mente. Il brano in cui Geremia proclama il messaggio di Dio riguardo a di questa "nuova alleanza" è talmente denso di significato per i cristiani che il Nuovo Testamento lo ripete al completo (Ebrei 8,8). Alcuni teologi sono giunti a chiamarlo il "Protovangelo".  Ecco ciò che il Padre aveva promesso:

 

"Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda Io concluderò un'alleanza nuova. Non come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, un'alleanza che essi hanno violato, benché Io fossi loro Signore. Questa sarà l'alleanza che Io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò la Mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora Io sarò il loro Dio ed essi il Mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: riconoscete il Signore, perché tutti Mi riconosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché Io perdonerò la loro iniquità e non Mi ricorderò più del loro peccato" (Geremia 31, 31-34).

 

         Per assicurarsi che questo brano di vitale importanza non sfuggisse a nessuno, i Padri della Chiesa sono tornati a citarlo nel Vaticano II ed hanno poi dichiarato che l' "Israele" di cui si parla è il "Nuovo Israele", la Chiesa istituita da Gesù.[3] Dato che questo messaggio è per noi che formiamo il "Nuovo Israele", sarà bene esaminarlo più da vicino.

 

         Il Padre inizia questa profezia dicendo che la nuova alleanza non sarebbe stata uguale alla vecchia: non si sarebbe basata su leggi e regole religiose stipulate, alle quali si doveva obbedire, altrimenti... Ma no, la nuova alleanza sarebbe stata tutt'altra cosa. In realtà sarebbe stata diversa da tutto ciò che l'uomo aveva conosciuto fino a quel momento: ora infatti Dio avrebbe invaso l'essere interiore degli uomini ed avrebbe "scritto la Sua legge nel loro cuore." Non si sarebbe trattato solo di un concetto teologico, poiché il Padre faceva rilevare che mediante questo processo di invasione l'uomo avrebbe veramente "conosciuto il Signore."

 

         Ma c'è una cosa riguardo al modo di esprimersi della Bibbia che è necessario capire: Quando la Scrittura parla di "conoscere", intende assai più della conoscenza intellettuale. Vuol parlare di un'esperienza di prima mano. Quando allora parla di conoscere qualcuno, significa conoscere quella persona mediante un'amicizia intima, fino al punto di sapere cosa pensa o come si sente. L'intimità matrimoniale è un ottimo esempio di questo tipo di relazione. Il Padre, allora, sta dicendo che la nuova alleanza dovrà basarsi su un'amicizia intima tra l'uomo e Dio. In altre parole, tra Dio - il Creatore - e l'uomo - la Sua creazione - esisterà una relazione nuova e potente. Egli rileva anche nell'ultima frase della profezia che le caratteristiche di quella relazione saranno la misericordia e il perdono. In breve, l'uomo stava per essere invaso dalla stessa vita di Dio, dal Suo amore, dalla Sua misericordia e dal Suo perdono. Ma come?

 

 

La  Nuova  Alleanza

 

         Questa "nuova alleanza" predetta dai profeti è stata realizzata tramite una persona: Gesù di Nazaret. Se vogliamo capire qualcosa dell'alleanza, dobbiamo guardare a Gesù Cristo.

 

         Personalmente egli non era la nuova alleanza, ma come aveva predetto il profeta Malachia (Malachia 3,1), Gesù era il "messaggero dell'alleanza". Doveva mostrarci il come  e il perché della stessa, la sua bellezza e la sua potenza. E doveva morire perché anche noi potessimo esserne partecipi. Ma questa Nuova Alleanza si sarebbe realizzata solo in coloro che sarebbero arrivati a credere.

 

     Dobbiamo convenire che Gesù ha compiuto in maniera perfetta la Sua missione. Egli ci ha parlato di continuo della profondità, della potenza, della bellezza e della maestà della nuova relazione tra Dio e l'uomo. Proviamo a sfogliare il vangelo di Giovanni per cogliere alcune descrizioni vive di questa relazione:

 

"Io sono venuto nel nome del Padre Mio" (Giovanni 5,43).

"E chi Mi ha mandato è veritiero, e voi non Lo conoscete, Io però Lo conosco perché vengo da Lui ed Egli mi ha mandato." (Giovanni 7, 28-29)

 

"E anche il Padre che mi ha mandato, ha reso testimonianza di Me" (Giovanni 5,37). "Orbene, sono Io che do testimonianza di Me Stesso, ma anche il Padre, che Mi ha mandato, Mi dà testimonianza" (Giovanni 8,18).

"Se Io glorificassi Me stesso, la Mia gloria non sarebbe nulla; chi Mi glorifica è il Padre Mio, del quale voi dite: 'É nostro Dio!', e non Lo conoscete. Io invece Lo conosco" (Giovanni 8, 54-55). 

 

"Io e il Padre siamo una cosa sola" (Giovanni 10,30).

"... Il Padre è in Me, ed Io nel Padre" (Giovanni 10,38).

"... nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me. Se conoscete Me, conoscerete anche il Padre; fin da ora Lo conoscete e Lo avete veduto... Chi ha visto Me ha visto il  Padre... Non credi che Io sono nel Padre e che il Padre è in Me? Le parole che Io vi dico non le dico da Me; ma il Padre che è in Me compie le Sue opere." (Giovanni 14, 6-10).

 

"In verità in verità vi dico, il Figlio da Sé non può fare nulla se non ciò che vede fare al Padre; quello che il Padre fa, anche il Figlio lo fa. Il Padre infatti ama il Figlio, Gli manifesta tutto quello che fa" (Giovanni 5, 19-20).

 

"... non sono solo, ma Io (sono con) il Padre che Mi ha mandato." (Giovanni 8,16).

"Padre, Ti ringrazio ché Mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre Mi dai ascolto" (Giovanni 11, 41-42).

 

         All'inizio del Vangelo di Giovanni Gesù Si riferisce al tempio sacro come alla "casa del Padre Mio" (Giovanni 2,16). Queste parole stabiliscono il tema del Vangelo di Giovanni: esso annuncia il mistero di una relazione profonda e potente tra Gesù e il Padre. Nei passi appena citati possiamo vedere con chiarezza come Gesù dichiarasse la propria totale disponibilità nei confronti del Padre, e come a questa corrispondesse la totale disponibilità del Padre verso di Lui. Gesù afferma di "conoscere" il Padre, e ricordiamoci che nel linguaggio biblico "conoscere" significa "sperimentare"; la presenza del Padre, quindi, affluiva letteralmente tramite Gesù. É detto che il Padre è al fianco di Gesù e che in realtà Gli insegna. Gesù esprime la consapevolezza di essere "inviato" dal Padre Suo, e allora fa quello che il Padre vuole. Notate che sia Gesù sia il Padre avvertono l'amore e il rispetto reciproco. Gesù glorifica  il Padre; il Padre, a Sua volta, glorifica Gesù. La loro relazione è talmente completa, che alla fine Gesù deve confessare: "Il Padre ed Io siamo una cosa sola." Sì, sono una cosa sola nel pensiero, nel fine, nella missione, nell'amore verso l'uomo caduto e spezzato. Voi ed io non dobbiamo chiederci come deve essere Dio: una volta che avete visto Gesù, ma visto davvero, avete visto il Padre. E, ovviamente, il Padre voleva proprio questo.

 

         Se dovessimo chiedere ai nostri amici  com'è Dio o come agisce, e in che modo ha relazione con i peccatori, riceveremmo risposte molto diverse: per alcuni sarebbe un Dio duro ed esigente; per altri un Dio onnisciente, sempre pronto ad amare tutti e a perdonare ogni cosa. Ma i cristiani dovrebbero avere una sola risposta: "É esattamente come Gesù." Non si tratta di una risposta semplicistica. Al contrario, essa dice qualcosa di molto profondo: riconosce che Gesù era "vero Dio e vero uomo", la vera immagine nella carne dell'invisibile Io Sono. Dice che ora gli uomini hanno il diritto di guardare Gesù e osare dire che capiscono com'è Dio. É incredibile, ma proviene proprio dalle labbra dello stesso Gesù Cristo. Quanta misericordia ha Dio? Quanto perdono? Quanto è esigente? Quanto è servizievole? Guardate al Vangelo di Gesù e potete esser certi di saperlo. Lo ha detto Gesù.

 

         C'è un altro punto che dovreste notare nel dialogo di Gesù: il nome "Padre" è usato circa diciotto volte. "Padre" è il nome che Gesù preferiva a tutti gli altri quando Si rivolgeva a Dio o parlava di Lui. Per gli ebrei dell'epoca si trattò di una rivelazione esplosiva: nella storia ebraica il nome di Dio era sacro al punto di non poter essere pronunziato. Ora arriva Gesù e Si riferisce all’onnipotente, al trascendente Io Sono chiamandolo semplicemente "Padre". E quando i discepoli chiedono a Gesù come avrebbero dovuto pregare, Egli risponde: "Ecco come dovete pregare:  'Padre nostro ... " (Matteo 6,9).

 

         Possibile? Egli stava chiedendo a dei semplici uomini di avere con Dio la stessa Sua familiarità? Forse lo abbiamo sentito ripetere troppo spesso da Gesù perché potesse penetrarci nel intimo. Ed è facile arrivare a smarrire il pieno impatto di quella dichiarazione oppure, come gli ebrei del tempo di Gesù, possiamo pensare che i Suoi insegnamenti siano troppo duri da credere. Pronunziamo le parole, ma in fondo in fondo ci chiediamo se davvero possono essere vere. Gesù tuttavia non si ferma a questo punto; continua per riferirsi al Padre come "Abbà" (Marco 14,36) e ci insegna a fare lo stesso. L'uso che Gesù fa di questa particolare parola è significativo. Alcuni potrebbero argomentare che Egli intendesse la parola "Padre" giusto come un altro titolo formale per Dio, e in realtà sono in molti ad usarla in quel modo. Ma introducendo la parola "Abbà", Gesù non lascia spazio a simili interpretazioni.

 

     Padre Brennan Manning[4] rileva che "Abbà" in ebraico è una parola di tenero affetto, e nota che gli psicologi hanno scoperto qualcosa di molto significativo. Le prime parole pronunziate dal bambino italiano medio di un anno o due sono: "Ba... Ba... Ba...: Babbo." Lo stesso bimbo posto in Israele all'epoca di Gesù avrebbe detto: "A... A... A... Abbà." In altre parole, Abbà equivale al nostro papà. Quando usate questa parola, respingete qualsiasi idea di formalità. Quando la usò Gesù, ci rivelò semplicemente quanto sarebbe stata intima questa relazione personale.

 
MARIOCAPALBO
00martedì 27 marzo 2012 13:13

Il messaggio incredibile

 

         Il modo con cui Gesù andava in giro a svolgere il suo ministero dovrebbe dirvi qualcosa. Era evidente che non stava cercando di fondare una nuova filosofia o un nuovo codice morale. Se fosse stato quello il suo scopo, come seguaci Si sarebbe indubbiamente scelto dei dotti scribi  anziché pescatori o esattori. Avrebbe anche provveduto a scrivere Egli stesso delle istruzioni. Ma non lo ha fatto. Perché? Perché l'ultima cosa che voleva dare al mondo era una nuova "religione". Si può dire con certezza che fino alle sue ultime ore sulla terra, neppure i Suoi discepoli più intimi si siano resi conto dei Suoi veri propositi. Ci vollero tre anni e mezzo per preparare i discepoli, ma ora Gesù poteva completare il Suo incredibile messaggio.

 

         L'Ultima Cena fu la sera in cui Gesù annodò tutti i fili e disse chiaramente quale fosse in realtà la Sua missione. Disse: "Non sono venuto sulla terra per fare degli uomini migliori con una migliore morale. No, sono venuto invece a fare uomini nuovi di prima qualità. La relazione di cui ho goduto con mio Padre ora dovrà essere esattamente la stessa di cui godrete anche voi."

 

         La nuova alleanza sarebbe stata un'alleanza di "figliolanza" - la vita di Dio avrebbe invaso gli uomini comuni proprio come aveva fatto con Gesù. ' Incredibile, sì, ma veniva da Colui che per tanto tempo aveva vissuto quella relazione. Gesù aveva detto di essere "la luce del mondo":

 

"Finche sono nel mondo, sono la luce del mondo" (Giovanni 9,5).

 

         Ora invece diceva: "Voi siete la luce del mondo." (Matteo 5,14). Quanto Gli apparteneva per mezzo del Padre ora sarebbe stato anche nostro. Gesù ci stava persino promettendo lo stesso amore da parte del Padre che Egli Stesso aveva conosciuto:

 

"Il Padre stesso vi ama, poiché voi Mi avete amato, e avete creduto che Io sono venuto da Dio"

(Giovanni 16,27).

 

Gesù stava porgendo a noi cristiani la relazione totale che Egli aveva col Padre, ad un punto tale che lo stesso Padre ci onora:

 

"Se uno Mi segue, il Padre lo onorerà" (Giovanni 12,26).

 

Ci promette anche la stessa Sua "conoscenza" o esperienza di quella relazione:

 

"Ancora un poco e il mondo non Mi vedrà più; voi invece Mi vedrete perché Io vivo e voi vivete (in Me la vita divina). In quel giorno voi saprete che Io sono nel Padre e voi in Me e Io in voi. Chi accoglie i Miei comandamenti e li osserva, questi Mi ama. Chi Mi ama sarà amato dal Padre Mio, e anch'Io lo amerò e Mi rivelerò a lui" (Giovanni 14, 19-21).

 

         E che dire dei numerosi portenti compiuti da Gesù mentre era sulla terra "in carne e ossa"? Non Si sarà certo aspettato che anche noi li avremmo compiuti! Ma, a dire il vero, era proprio ciò che Si aspettava, perché ha detto:

 

"In verità, in verità vi dico: anche chi crede in Me compirà le opere che Io compio, e ne farà anche di più grandi"(Giovanni 14,12).

 

            Ma era proprio quello che intendeva dire? Gesù sapeva che gli uomini che avevano una relazione personale col Padre avevano a loro disposizione quella stessa abbondante potenza, ma non solo questo. Avevano bisogno di essere incorporati in una Chiesa, in un "corpo di Cristo", per condividere, quali fratelli cristiani, quella stessa potenza di Cristo.

 

            E anche la gioia immensa e profonda manifestata da Gesù  doveva appartenerci.

 

"Questo vi ho detto perché la Mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena."                (Giovanni 15,11)

 

            Ora a questo punto qualcuno potrebbe cercare di argomentare che Gesù stesse parlando solo ai Suoi discepoli, ma non è per niente vero. Gesù pregò con grande potenza per tutti coloro che poi sarebbero stati chiamati "cristiani":

 

"Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in Me; perché tutti siano una sola cosa. Come Tu, Padre, sei in Me e Io in Te, siano anch'essi in Noi una cosa sola, perché il mondo creda che Tu Mi hai mandato. E la gloria che tu ha dato a Me io l'ho data a loro, perché siano come Noi una cosa sola. Io in loro e Tu in Me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che Tu Mi hai mandato e li hai amati come hai amato Me" (Giovanni 17, 20-23).

 

            Gesù stava parlando di voi e di me, comuni cristiani che dovevano diventare una cosa sola nel Padre e una cosa sola nel Figlio. É questo ciò che il Padre avrebbe fatto nella terza fase, quella definitiva, della restaurazione dell'uomo: avrebbe mandato lo Spirito Santo a  vivere in noi. Lo Spirito avrebbe impiantato in noi la vita divina, ricostruendoci. Gesù aveva detto:

 

"Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non Lo vede e non Lo conosce. Voi Lo conoscete perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi" (Giovanni 14, 16-17)

 

            Gesù non stava solo annunciando che Dio è Tre Persone Divine (La Trinità). Più in particolare Egli affermava che saremmo stati partecipi della stessa vita della Trinità. Lo Spirito Santo ci avrebbe resi figli di Dio - tuttavia non figli nello stesso senso generico in cui lo sono tutti gli uomini. Gesù diceva che saremmo stati figli di Dio nello stesso senso in cui lo era Lui. Avremmo avuto la stessa vita divina; saremmo stati figli e figlie legittimi di Dio.

 

 

I santi ci hanno creduto

 

     Questa credenza permeava la Chiesa primitiva al punto che S. Paolo proclamò trionfalmente:

 

"Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio.[5] E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: 'Abbà! Padre!' Lo Spirito Stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle Sue sofferenze per partecipare anche alla Sua gloria"

            (Romani 8, 14-17).

 

            Si, e persino l' "Abbà" deve diventare nostro. É questo il punto al quale deve giungere la nostra intimità col Padre. Ma affinché qualcuno non pensi che stiamo interpretando male la Scrittura, guardiamo anche alle note esplicative di questo brano, che si trovano nella traduzione ufficiale americana, la New American Bible:

 

"Il Cristiano, a causa della presenza dello Spirito in lui, non solo gode della nuova vita ma anche di una nuova  relazione con Dio, quella di figlio adottivo ed erede,  tramite Cristo, delle sofferenze e della gloria del quale è partecipe."[6]

                    

            E qui non si tratta di un caso isolato negli scritti di S. Paolo. Ogni epistola da lui scritta proclama la potenza di questa relazione. Paolo ne ha fatto uno dei suoi temi predominanti. Consideriamo allora qualche altro versetto. Ai Colossesi Paolo scrive:

 

"...il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ora manifesto ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi"

           (Colossesi 1, 26-27)

 

"Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, a immagine del suo Creatore" (Colossesi 3, 9-10).[7]

 

            E agli Efesini:

 

"Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio" (Efesini 2,19).

 

"Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi." (Efesini 5,1).

                          

            Ed anche ai Galati:

 

"Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù" (Galati, 3,26).

 

"... Dio mandò il Suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del Suo Figlio che grida Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se sei figlio sei anche erede per volontà di Dio" (Galati 4, 4-7).

 

            Ma S. Paolo non è stato il solo autore del Nuovo Testamento a proclamare questo messaggio. Questa "Buona Novella" sul Padre che ci eleva allo stato di figli e figlie viene predicata da tutti gli autori del Nuovo Testamento. Ad esempio, vediamone alcuni:

 

San Giacomo

 

"Di Sua (di Dio) volontà Egli ci ha fatti Suoi figli con una parola di verità."[8]                        (Giacomo 1,18 -Bibbia di Gerusalemme)

 

San Giuda

 

"... agli eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo" (Giuda 1,1).

 

San Pietro

 

"Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d'un tempo, quando eravate nell'ignoranza, ma a immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: "Voi sarete santi perché Io sono santo." E pregando chiamate Padre Colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere,.."

            (1 Pietro 1, 14-17).

 

San Giovanni

 

"Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione[9] è col Padre e col Figlio Suo Gesù Cristo" (1 Giovanni 1,3).

 

"Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio. E lo siamo realmente! ... Noi fin d'ora siamo figli di Dio; ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli Si sarà manifestato noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è" (1 Giovanni 3, 1-2).

 

            Qui c'è una cosa da ricordare: le epistole di questi grandi uomini non erano indirizzate a santi canonizzati, ma erano scritte a tutti i cristiani. Costituivano le istruzioni di base per chi era nuovo alla fede, e fornivano la guida a chi era più maturo nel cammino cristiano. La Chiesa, nel proclamarle parte della sacra Scrittura, ci dice che quel messaggio è valido anche per noi.

 

            Per dimostrare che questo insegnamento non era confinato alla Chiesa degli Apostoli, saltiamo al quinto secolo e agli scritti di S. Leone Magno, Pontefice della Chiesa Cattolica Romana. Vediamo subito che il messaggio rimane invariato:

 

"Dio nostro Padre ci ha fatti Suoi figli e figlie facendoci membri del corpo del Figlio Suo. Non siamo salvati per merito nostro, ma perché siamo incorporati in Gesù Cristo."[10]

    

In un altro punto S. Leone esorta i cristiani a lodare e ringraziare nostro Padre:

 

"... per l'amore inesprimibile di nostro Signore nel farSi uomo per noi e nel cambiare il nostro peccato in innocenza, rendendo nuova la nostra vecchia natura gravata dl peccato. Vediamo stranieri che diventano figli adottivi di Dio, e disadattati entrare nell'eredità dei figli, peccatori che cominciano a diventare dei santi."[11]

                     

            Facciamo un'altra carrellata nel corso dei secoli per vedere cosa ha avuto da dire il Vaticano II. I documenti sono pieni, alla lettera, di riferimenti alla nostra relazione col Padre e con Gesù. Eccone giusto alcuni:

 

"I laici quindi, come per degnazione divina, hanno per fratello Cristo il quale, pur essendo Signore di tutti, non è venuto per essere servito ma per servire."[12]

      

"La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione: L’uno riceve da Dio creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito libero nella società, ma soprattutto egli è chiamato a comunicare con Dio Stesso in qualità di figlio e a partecipare alla Sua stessa felicità." [13]

    

"Crediamo che il Padre abbia tanto amato il mondo da dare il Proprio Figlio per salvarlo. In verità, mediante lo stesso Figlio Suo Egli ci ha liberati dalla schiavitù del peccato, riconciliando a Sé tutte le cose tramite Lui, "facendo pace mediante il sangue della Sua croce", affinché "potessimo esser chiamati "figli di Dio", ed esserlo veramente."[14]

      

            Potremo seguire questo insegnamento con assoluta continuità nel corso dei secoli. Perché? Perché sta al centro del messaggio di Gesù. Al secondo capitolo abbiamo visto come la cultura di alcuni secoli abbia distorto, o male interpretato, il messaggio, ma il messaggio in sé non è mai cambiato né cambierà mai. Se noi, o i cristiani di altri secoli, non abbiamo ascoltato o capito questo messaggio, non è perché esso non c'era. Esso ha avuto sempre un posto preminente negli insegnamenti e nella teologia ufficiale della Chiesa. Alcuni grandi cristiani in tutti i secoli hanno ascoltato il messaggio e trovato il "Padre", e hanno sempre detto che la relazione di cui essi  godevano avrebbe dovuto essere sperimentata da ognuno. Ma non si sa per quale motivo, non abbiamo dato loro ascolto: Era sempre un messaggio per qualcun altro. Oggi tuttavia, noi cristiani dobbiamo afferrare il messaggio e scoprire chi siamo. Il Cardinale Suenens così si esprime:

 

"Ciò che ci manca è la consapevolezza della nostra identità cristiana. Non osiamo credere, con la fede che attende, che i vari doni dello Spirito siano sempre disponibili per la Chiesa di Dio. Non ci ricordiamo abbastanza spesso di essere ricchi delle ricchezze di Dio e che queste sono nostre nella fede, se le chiediamo con umiltà, e se siamo pronti a riceverle con fiducia. Noi cristiani non sappiamo chi siamo. Siamo figli di Dio, eredi del Suo Regno, ma ci comportiamo come se non lo fossimo. Abbiamo a nostra disposizione dei tesori spirituali che restano sepolti, perché la loro esistenza ci è sconosciuta, oppure perché ci manca la fede di credere che possiamo trovarli e usarli." [15]

       

            Si, Gesù ha stabilito la Nuova Alleanza perché noi, peccatori e decaduti, potessimo essere restaurati nei confronti del Padre in qualità di figli e figlie. La Nuova Alleanza ci dà una identità in Gesù Cristo - e ora possiamo sapere davvero chi siamo. E, cosa ancor più notevole, questa alleanza è senza condizioni: non dobbiamo fare niente per meritarla. Essa è firmata dal Padre nel sangue di Gesù, e possiamo contare che il Padre mantenga le Sue promesse. É un'alleanza di vita, la vita della Trinità in noi che ci fa, in un senso vero, concreto, reale, figli e figlie del Padre.

            Fantastico!

 

Grazie, Padre, perché non avremmo mai potuto immaginare ciò che avevi preparato per noi.

 



[1] [Documenti del Vaticano II, La Chiesa nel Mondo Contemporaneo, n° 13].

[2] [Insegnamenti di Base per Istruttori Religiosi Cattolici, n°2]

[3] Documenti del Vaticano II, La Chiesa, n° 9.

[4] Brennan Manning, T.O.R., autore de I Rivoluzionari Gentili e Profeti e Amanti

[5] In questa relazione di figli di Dio lo Spirito Santo, più che un semplice "maestro interiore" è il principio di una vita nel Cristo, che è vita divina. E se è una nuova vita, deve essere anche una nuova relazione con Dio.

[6] N.A.B., nota in calce a Romani 8, 14-17

[7] Più si impara a conoscere Dio, non solo con la mente ma anche con il cuore e con tutto il nostro essere, più si diventa uomo nuovo, cioè si vive di più questa vita nuova in Cristo data dallo Spirito.

[8] La parola di verità è l'insieme della rivelazione di Dio agli uomini. La rivelazione che Dio è nostro Padre ci rende  consapevoli della nostra "figliolanza" e di conseguenza cambia completamente la nostra relazione con Lui.

[9] Riguardo alla "comunione", la Bibbia di Gerusalemme porta la seguente nota: "Questo termine esprime uno dei temi più importanti della mistica giovannea; unità della comunità cristiana, fondata sull'unità di ogni fedele con Dio, nel Cristo. Questa unità è espressa in diversi modi: Il cristiano dimora in Dio e Dio dimora in lui, è nato da Dio, è da Dio, conosce Dio ... Questa unione con Dio è manifestata dall'amore fraterno. La testimonianza apostolica è strumento di questa comunione."

[10] Anne Field, O.S.B. Legare l'Uomo Forte, p. 55

[11] Ibid. p. 34

[12] Documenti del Vaticano II, La Chiesa, n° 32

[13] Documenti del Vaticano II, La Chiesa nel Mondo Contemporaneo, n° 21

[14] Concilio Vaticano II, Messaggio all'Umanità.

[15] Cardinale Suenens, Lo Spirito Santo nostra Speranza, p. 110

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