Capitolo Terzo I L C O M P L E S S O D E L D E S E R T O

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MARIOCAPALBO
00giovedì 2 febbraio 2012 18:29

la crescita spirituale

Capitolo Terzo

  

 I L   C O M P L E S S O   D E L   D E S E R T O

 

Per quale motivo Dio mette una "zona desertica" tra noi e la nostra terra promessa? Per gli Israeliti, l'esistenza del deserto tra il Mar Rosso e Canaan - la loro biblica Terra Promessa - fu un fatto geografico: non avrebbero potuto giungere a Canaan senza attraversare il deserto. Per noi invece, il deserto non è un fatto geografico; tuttavia esso è lì - assai vero e reale! Tra la promessa e il suo reale adempimento vi è un deserto fisico e spirituale fatto di problemi, difficoltà, confusione. E, ovviamente, è proprio questo il campo in cui la tentazione entra in gioco quale punto focale.

 

                                 

      Abbiamo visto che la tentazione si riferisce alla promessa tramite la condizione. Ma è proprio nel deserto che arriviamo a mettere in dubbio non solo la validità della condizione, ma talvolta persino la stessa promessa. E' un tipo di dubbio che va risolto prima di poter procedere oltre e possedere la grazia; e proprio per provocare quel confronto Dio ha posto l'esperienza del deserto sul nostro cammino. E prima di poter procedere su quel cammino dobbiamo arrivare, non solo a vedere la validità delle Sue condizioni ma anche ad osservarle.  

           Ciò può apparire quanto mai severo e definito a quanti amano pensare che l'amore di Dio sia di una tal natura che Egli non si tratterrà certo dall'adempiere una promessa, solo perché non si è fatto completamente fronte alla condizione. Possiamo chiederci: "Gesù non si è forse addossato tutto il nostro male, quando morì sulla croce per noi? Non ha forse pagato tutti i nostri debiti e osservato le nostre condizioni, così che a noi non resta che chiedere e ricevere? Se lo ameremo e reciteremo le preghiere, di sicuro realizzerà le promesse che reclamiamo e a cui ci siamo aggrappati per tutti questi anni!"  

     Ma se è così che la pensate, correte il rischio di fare un grave errore, e le promesse che attendete potrebbero non concretizzarsi mai. Sono convinto che se solo fosse possibile, Dio ci darebbe ogni cosa che chiediamo incondizionatamente. Ma non può, perché se lo facesse, ci distruggerebbe.  

     John D. Rockfeller una volta disse: "Mi è capitata assai di rado, se mai, una situazione in cui io abbia potuto dare quantità notevoli di qualcosa senza ferire la gente." Se egli si sentiva in quel modo, come pensate si senta Dio?  

         La prima volta che lessi la promessa di Dio della terra dove scorre latte e miele - la terra con sorgenti, vigneti, città che non è necessario costruire - una terra che stava solo aspettando me - dissi: "Signore, è semplicemente meraviglioso! Sono docile, obbediente e pronto a riceverla!"  

     Poi, dal modo in cui spesso Dio mi parla, ebbi quest’impressione: "No, figlio, non sei ancora pronto!"

     "Perché no?", risposi. E giunse la Sua risposta: "Figlio, l'unica cosa che ora non saresti in grado di sostenere è proprio il successo". Ma io obiettai: "Come, Signore! Io sono in grado di sostenerlo! Dammi subito la mia eredità". Al che il Signore rispose ancora: "Vuoi dire come al figliol prodigo?"  

          Come fece il figliol prodigo a trovarsi nei guai? Pretendendo troppo presto l'eredità! Quando ebbe in tasca tutti quei soldi, dimenticò suo padre. L'aver ricevuto troppo e troppo presto quasi lo distrusse, e farebbe lo stesso anche a noi (Vedi Prv 20,21, amplificata).  

      Avete mai visto negli USA la nascita improvvisa di una stella del cinema? Nel giro di una notte viene scelta dai produttori; quindi è sottoposta al trattamento Madison-Avenue: tv, riviste, ricevimenti, attenzione e ammirazione. Ben presto diventa un essere egocentrico ed intrattabile, e non molto tempo dopo sarà talmente presuntuosa, che nessuno riuscirà più a lavorare con lei. Come una stella cadente che sfreccia nel cielo, risplende e brilla per una stagione, per poi bruciarsi, essere gettata via - e dimenticata. É un esempio limite, ma osservate il comportamento, in qualunque campo, di chi giunge ad un successo o ad una ricchezza improvvisi. Una eredità miliardaria può distruggere la persona immatura e impreparata. Non metterete mai un figlio quindicenne a capo della vostra azienda: gli darete prima un lavoro come ragazzo delle pulizie, e via via che si dimostrerà capace, gli affiderete responsabilità maggiori.  

      Ciò vale sia per i beni materiali sia per le ricchezze spirituali. Dio Padre vuole che diventiamo persone spiritualmente mature; vuole che siamo i Suoi testimoni in tutto il mondo. Vuole predicare messaggi potenti tramite noi - fare miracoli, manifestare la Sua potenza ed il Suo amore. Tuttavia, non può rovesciarci addosso l'intero fardello prima che siamo diventati maturi al punto di saper gestire la responsabilità.  

           Cosa pensate mi succederebbe se un uomo ricchissimo mi dicesse: "Mumford, penso che tu sia il più gran maestro che io abbia mai ascoltato. Stai facendo un ottimo lavoro per il Signore. Ti manderò dieci milioni al mese per il resto della tua vita - vai ad abitare con la famiglia in una villa sul mare - e concediti pure una Cadillac nuova con autista ogni anno".  

      Ve lo dico io cosa succederebbe, perché mi conosco bene. Comincerei a pensare: "Mio Dio, quanto sono in gamba. Dio è proprio fortunato ad avere intorno uno come me". Ben presto dimenticherei che è Dio l'origine di tutto ciò che possiedo, e comincerei a pensare d’essere IO la ragione per cui le cose vanno tanto bene.  

            Mosè avvertì gli Israeliti su quattro cose che sarebbero potute capitare, una volta che avessero ricevuto le ricchezze e mangiato a sazietà. Pensate che quelle stesse cose abbiano ancora un qualche rilievo per noi?:  

1.      Sarebbe stato facile dimenticare Dio.

2.      Avrebbero potuto attribuire quella vita abbondante ad una fonte diversa da Dio.

3.      Avrebbero potuto provocare Dio, tentando la Sua pazienza.

4.      Avrebbero potuto tentare Dio, metterlo alla prova.  

      Quando arrivano successo e ricchezza, è piuttosto semplice vedere con quanta facilità la persona riesce a dimenticare Dio o ad attribuire il successo ad altre fonti a Lui estranee. L'uomo d'affari che raggiunge l'apice della professione, o il politico che vince una elezione territoriale, possono essere tentati a pensare che tutto ciò sia dovuto al buon lavoro svolto, o alla propria grandezza.  

            Ma come si fa a provocare Dio? Gli Israeliti lo fecero chiedendo piú di quanto Dio volesse dar loro in quel momento: volevano un segno più grande di quanto Egli fosse disposto a dare. Questa è una tentazione che dobbiamo affrontare anche quando per noi le cose prosperano.  

      I cristiani convertiti da poco, eccitati per la nuova fede appena trovata - e convinti che Dio possa, e voglia, fare tutto ciò che chiedono - vanno spesso alla ricerca di situazioni in cui dimostrare agli altri la potenza di Dio.  

      E' successo anche a me. Nel primo anno d’Università Biblica, dalla Scrittura cominciai ad avere qualche intuizione sulla guarigione divina. Mi convinsi che Dio poteva guarire tutti - e sempre! Una volta, durante un servizio assegnato agli studenti in una chiesa presso l'università, mi trovai di fronte al caso di un uomo su una sedia a rotelle, malato da molti anni. Ansioso di vedere la manifestazione della potenza di Dio, balzai accanto a quell'uomo, comandandogli con forza: "Nel nome di Gesù, sii guarito e alzati!" Non successe niente. Ovviamente ne rimasi schiacciato; e la fede di quell'uomo, che per un istante aveva visto riaccendersi la speranza, ne fu scossa.  

      Nella mia immaturità mi ero precipitato avanti, chiedendo un miracolo, un segno che Dio non aveva in alcun modo indicato di voler eseguire in quel momento e in quel luogo. Dio può guarire, e in molti casi ho visto la Sua potenza guaritrice all'opera. Ma in quel caso particolare ero caduto nella tentazione di mettere Dio alla prova. Se quella volta Egli avesse guarito quell'uomo - non per la mia fedeltà e obbedienza ma perché desiderava guarirlo, probabilmente mi sarei gonfiato d'orgoglio per la mia "spiritualità", e avrei cominciato a considerarmi: "Mumford - L'Uomo Dei Miracoli." Da quel momento avrei corso il rischio di distruggere me stesso e gli altri assai più di prima di quell'incidente.  

      Se a volte chi riceve ricchezze - materiali o spirituali - ne trae svantaggio, inciampa e cade, ciò non è dovuto al fatto che le ricchezze, di per sé, siano pericolose o distruttive, ma ad un altro tipo di problema: chi le riceve, non è ancora pronto a gestirle.  

      Una bicicletta nuova e superveloce, o una sega elettrica a mano, sono regali splendidi. Ma avete mai visto un giovane affrontare una curva sulla sua bicicletta nuova fiammante, cadere, e ritrovarsi pieno di contusioni e d’ammaccature? O avete mai sentito parlare di qualcuno che si è tagliato via un dito con la sua nuova, potente sega elettrica? Vi è mai capitato di vedere una famiglia che riceve una prosperità improvvisa, e poco dopo i figli guidano come pazzi le moto nuove, e sono sempre più scadenti a scuola, mentre il matrimonio va in rovina e la moglie scappa con un altro? Che reazione avreste voi?  

      Potreste anche dire che: "La bicicletta superveloce e la sega elettrica sono pericolose - non le vorrò mai. La ricchezza improvvisa porta alla miseria, spero di non diventare mai ricco." O non direte invece: "Mi rendo conto che per correre bene in bicicletta, o per far funzionare a dovere una sega elettrica, ci vuole una certa perizia; sarà meglio che prima di possedere uno di quegli oggetti impari ad usarlo. La ricchezza va trattata con cautela. Sarà meglio imparare a servire in maniera responsabile, ed essere pronto, nel caso che Dio voglia affidarmi più beni materiali in questa vita."  

      La prima reazione: "Non vorrò mai una bicicletta ..." - risulta da ciò che io chiamo il "complesso del deserto".  

           Avendo visto altri rovinati dall'arrivo del successo, pensiamo d’essere più al sicuro restando poveri e in condizioni di bisogno. Ho visto dei fratelli, prima sorgere a fama e conquistarsi una posizione nella chiesa, e poi cadere. Di conseguenza si è sviluppato in me un bel complesso del deserto. A esser sinceri, avevo proprio paura del successo e temevo che, se mi fosse arrivato, avrei dimenticato Dio, sarei diventato testardo e avrei fatto dei passi falsi: "Signore ti prego, fa' che le mie

condizioni restino umili e che io sia malmesso, mezzo malato e con un vecchio macinino per automobile, così continuerò a dipendere da Te - e Ti resterò fedele. Non darmi troppe grazie e benedizioni Signore, perché so che non saprei reggerle!"  

     Gli Israeliti vagarono nel loro deserto facendo giri interminabili. Fecero l'esperienza degli splendidi miracoli di Dio, mangiarono a sazietà - e subito dopo dimenticarono Dio - o misero alla prova la Sua pazienza chiedendo di più. Continuarono a comportarsi in quel modo fino alla nausea. Di conseguenza, la loro esperienza di deserto si tradusse in una serie di problemi, senza soluzioni soddisfacenti.  

           Se poi vediamo che anche oggi, ai fratelli che vagano nel deserto, sopraggiungono conseguenze disastrose, arriviamo alla conclusione di non volere le "provviste" di Dio. Decidiamo quindi che preferiamo restare in una condizione di continuo bisogno, per non aver modo di dimenticare che dipendiamo da Dio in ogni istante.  

      Come parziale conseguenza del complesso del deserto abbiamo sviluppato l'idea che il successo rovina sempre, che il potere sempre corrompe e che le ricchezze sono la radice del male. Ci siamo talmente abituati a vivere nel deserto, da pensare che Dio voglia che vi restiamo in permanenza; e accettiamo il deserto come unico e normale metodo di vita per il cristiano "spirituale."  

           Ragioniamo così: "Gesù era povero, ed entrò in Gerusalemme su un somaro preso a prestito"; quindi diciamo che essere poveri è somigliare a Cristo. Estendiamo poi il concetto fino ad affermare che anche il fatto di subire continue difficoltà, malattie, problemi economici, persecuzioni e avversità è segno di spiritualità, e che attraverso tutti quei problemi potremo meglio glorificare Dio. Gli altri, infatti, vedendo la nostra pazienza, concluderanno che Dio ci mette in grado di sopportare tutto quel peso senza lamentarci. Chi abita in permanenza nel deserto guarda con occhio critico quelli che, all'apparenza, sono felici e liberi da ovvii problemi, e dice: "Aspetta ancora un po' - Dio farà i conti anche con te, e allora capirai l'amara realtà di questa vita, in un mondo malato a causa del peccato! Anche a te arriverà la sofferenza, e allora capirai l'intera realtà e diventerai veramente spirituale, come tutti noi che siamo chiamati a soffrire".  

      Ma questa è una forma di martirio auto-imposto che servirà solo a tenervi tanto lontani dall'adempimento delle promesse di Dio, come se vi trovaste in aperta ribellione contro di Lui e disobbediste con arroganza ai Suoi comandi. inorgoglirsi delle sofferenze e della povertà è altrettanto disastroso quanto inorgoglirsi di accumulare ricchezze o di raggiungere posizioni di prestigio.  

     Riuscite a capire che quei cristiani che misurano la propria spiritualità dall'umiltà del proprio stato di vita, sono nell'errore proprio quanto quelli che affermano che Dio va sempre in prima classe? Questi ultimi misurano la propria spiritualità in base all'abbondanza che Dio concede loro. Questa tendenza è definita: "l'etica del successo". I due estremi: il complesso del deserto, e quelli che inseguono la prosperità, sono entrambi sbagliati. La spiritualità, o vicinanza a Dio, non può essere misurata né dalla presenza, né dall'assenza di ricchezze materiali e spirituali.  

         Una volta avevo un amico che desiderava ardentemente servire Dio come missionario tra gli indiani più poveri. Visse per anni in miseria, regalando tutto quello che riceveva. Ma anziché mandarlo al campo di missione, dove avrebbe potuto continuare a vivere in abietta povertà, Dio lo mandò in una chiesa prosperosa, situata in un sobborgo di gente ricca. Lì fu il ministro della società "bene", della "Jet-society" e della "champagne-society". Quel mio amico rimase assai turbato da quella situazione: non gli sembrava giusto servire Dio in un ambiente tanto lussuoso. Non gli riuscì far fronte alla svolta presa dagli eventi, finché Dio non gli impresse in cuore questo concetto: "Per molti anni hai desiderato adattare il tuo modo di vivere a quello dei poveri, abbassandolo per vivere con loro e soffrire con loro. Ora io ti chiedo di alzare il tuo modo di vivere, adattandolo al livello di questa gente, per poter essere mio Messaggero in mezzo a loro in tal maniera che essi possano capirti ed accettarti."  

    Dio vuole portarci al punto in cui desideriamo essere docili e obbedirgli, sia a stomaco vuoto sia a stomaco pieno. Paolo imparò la lezione, e ce la passa in Filippesi 4, 12-13:  

"Ho imparato a vivere quasi di niente o con tutto. Ho imparato il segreto di accontentarmi in ogni situazione, sia che io resti a stomaco pieno che nella fame, nell'abbondanza o nel bisogno. Infatti, posso fare tutto ciò che Dio mi chiede, con l'aiuto di Cristo che mi dà forza e potenza."  

         La maggior parte della gente riesce a capire meglio cosa significhi dipendere da Dio quando non ha niente che quando ha troppo. Abbiamo più esperienza a vivere nel deserto che ad assaporare le delizie della terra promessa. Ma pur essendo il deserto un'esperienza necessaria alla vita cristiana, Dio non ha mai inteso che vi restassimo in permanenza. É necessario passare per il deserto, perché dobbiamo imparare cosa significhi dipendere da Dio. Ma quando avremo imparato la vera dipendenza da Lui, e smetteremo di dimenticarci di Lui, voltandogli le spalle non appena le cose cominciano a scorrere per un po' senza intralci, non sarà più necessario stare attaccati al ricordo del deserto. A quel punto avremo l'invito aperto ad entrare nella terra che Dio tiene in serbo per noi.  

     Può anche darsi che riceviamo la pienezza della Sua promessa in un campo della vita, e che attraversiamo invece il deserto in altri campi. Vi è, infatti, una enorme differenza tra una vera esperienza di deserto ed un complesso del deserto. Quando ero ancora all'Università Biblica, con Judy feci l'esperienza del deserto nel campo economico.  

        Non appena cominciai a confidare che Dio avrebbe provveduto alle mie necessità economiche, pregai così: "Signore, per la mia situazione economica dipendo da te." Quasi immediatamente il Signore cominciò a fornirmi aiuti economici tramite persone che me li inviavano per posta. Allora pensai: "Grazie, Signore, stai provvedendo in modo splendido". Poi arrivò un periodo di due mesi in cui, pur guardando ogni giorno, pieno di aspettativa, nella cassetta delle lettere, la trovavo sempre vuota! Ne rimasi assai sconvolto, e mi chiedevo cosa avesse mai il Signore che non andava. D'improvviso mi resi conto di aver trasferito la mia dipendenza da Dio alla cassetta delle lettere. Ma Dio, conoscendo il mio cuore, fece interrompere il flusso di denaro che giungeva per posta, perché potessi tornare alla giusta prospettiva e rendermi conto di CHI era la vera fonte delle mie risorse. Così imparai che Dio può rifornirmi in qualunque modo Egli scelga, ma Egli non vuole che io arrivi a dipendere dal "metodo di rifornimento", - ma solo da Lui.   

    Se impareremo a dipendere da Dio per la parte economica, i soldi non saranno più un problema, sia da milionari sia da poveracci sia campano felici con centomila lire la settimana. La dipendenza da Dio deve essere più di una semplice adesione formale!

    Dio desidera portarci nella terra promessa in ogni campo della vita: era il Suo piano per gli Israeliti, e lo è oggi anche per noi. Vuole provvedere a noi - mantenerci in salute, senza debiti, uniti e forti in famiglia e pieni di gioia, di pace e d'amore. Vuole darci tutto in abbondanza, affinché gli altri vedano la Sua bontà e, a loro volta, si rivolgano a Lui per ricevere i Suoi benefici.  

       Il piano originale di Dio per gli Israeliti, in quei tempi e in quel mondo, consisteva in questo: dovevano essere un esempio della Sua bontà e della Sua capacità di agire per loro conto. Furono scelti per essere strumenti nelle Sue mani, per poi attirare a Sé il mondo intero. Oggi siamo noi il popolo eletto, e Dio non vuole che restiamo a vagare nel deserto all'infinito. Vuole riempirci di grazie e prendere iniziative per noi, affinché siamo un esempio in questo mondo confuso e bisognoso; vuole che la nostra vita, le nostre case, i figli, riflettano la Sua gloria, in modo che quelli che non lo conoscono siano attirati a Lui.  

    Quando la gente si avvicina a noi, o viene alla nostra chiesa, Dio non vuole che se ne vada via triste perché ha constatato che la nostra vita è vuota e insignificante - affatto diversa da quella da cui cercano disperatamente di fuggire. Egli vuole che i cristiani siano ben diversi dagli altri - non perché parlano di cristianesimo, ma perché la loro vita irradia quella gioia e potenza che solo Cristo può dare. Se la nostra vita - in chiesa, a casa, col vicinato, sul lavoro - fosse davvero così, allora chi è stanco, disperato, ribelle, e i dubbiosi, tutti verrebbero da noi a cercare - e a trovare - risposte valide.

    Riguardo a questo profondo desiderio di Dio, Geremia ha scritto:  

"Li purificherò da tutti i loro peccati contro di me e li perdonerò. Allora questa città sarà un onore per me, sarà per me motivo di gioia, di lode e di gloria davanti a tutti i popoli della terra! I popoli del mondo vedranno il bene che io faccio al mio popolo, temeranno e tremeranno di santo timore" (cf. Ger  33, 8-9).  

          Ed ecco come Gesù espresse il desiderio del Padre Suo:  

"Voi siete la luce del mondo: una città sulla collina, che risplende nella notte affinché tutti la vedano. Non nascondete la vostra luce! Che brilli per tutti, e anche le vostre opere buone risplendano e siano visibili a tutti, affinché lodino il vostro Padre celeste" (cf. Mt 5, 14-16).  

            Dio vuole restaurare la nostra vita e purificare ogni briciola di ribellione dal nostro cuore. Egli desidera che la nostra vita diventi fonte di lode e di gloria per la Sua bontà. Quando ciò avverrà, potremo trasferirci dal deserto alla terra promessa, e diventare noi stessi l'adempimento del comando di Gesù di essere luce nel mondo, per la gloria di Dio.

      Ricordate, Dio non ha mai inteso farci abitare in permanenza nel deserto. Dobbiamo imparare come si fa ad attraversarlo, per entrare nella Sua terra di provviste abbondanti.

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