Indice Capitolo Sesto
C ' É D I P I Ú
Per le colline nel Tennessee gira la vecchia storia di un tagliaboschi. Pare fosse venuto a conoscere una nuovissima invenzione chiamata "motosega" e che si recasse quindi in città a comprarne una.
"Garantito: vi taglierà sei cataste di legna al giorno," promise il venditore, "altrimenti me la restituirete."
Pochi giorni dopo - com'era prevedibile - il montanaro tornò: "Ecco la motosega! Non è affatto buona. Ho lavorato fino a consumarmi le dita e mi ha tagliato solo quattro cataste al giorno."
Il venditore scosse il capo: "Ma non capisci!, è la nostra sega migliore. Falla provare a me." Spinse il legname e la sega si animò scoppiettando e sputando una nuvola di fumo blu.
Meravigliato, il montanaro fece un salto all'indietro: "Che è quel rumore? Perché quel rumore?"
Spesso anche noi ci comportiamo come quel montanaro il quale ignorava che la sega avesse in sé la propria potenza. Ci dimentichiamo che anche il cristianesimo ha in sé il proprio propulsore, e continuiamo a spingere a braccia, cercando di fare con le nostre sole forze umane tutto ciò che Gesù ha detto. Ma il Padre in realtà vuole che noi usiamo l'energia che Egli stesso ci ha fornito mediante la nostra relazione con Lui.
E c'è qualcosa di assolutamente unico riguardo a questa potenza: non scomparirà: ce n'è sempre un altro po'. Alcuni anni fa Padre Dennis Bennett scrisse un libro intitolato C'è di Più. Il suo messaggio era solo questo: nel Regno di Dio troverete sempre una potenza maggiore, più grazie, più esperienze, un Dio che vuol essere scoperto di più. In qualunque punto del cammino cristiano vi troviate, vi entusiasmerà sapere che il Padre ha in serbo tanto, tanto di più per voi.
Come ho detto prima, questa potenza inesauribile viene dallo Spirito Santo. Ma come fa a venire? E quando? E ancora, come la si rende attiva? E che farà per me quando l'avrò attivata? Sono le domande cui risponderò nel corso del presente capitolo.
Ciò che accadde in precedenza
Diamo un altro rapido sguardo al vostro Battesimo e alla vostra Cresima. Nell'ultimo capitolo abbiamo parlato di questi sacramenti in relazione alla salvezza; ora li considereremo dal punto di vista di ricevere la potenza dello Spirito Santo. Perché lo Spirito Santo viene dato sia nel Battesimo sia nella Cresima o Confermazione, ma è nella Cresima che si presume Egli "Si manifesti come vita." Per molti cattolici tuttavia ciò non è avvenuto, e allora vogliamo esplorarne i motivi per imparare cosa possiamo fare affinché ciò avvenga.
"Ma aspetta un po'," protesterà qualcuno, "stai dicendo che io ho ricevuto lo Spirito Santo sia nel Battesimo sia nella Cresima, senza ricevere questa potenza piena?" Sì, è proprio quello che sto dicendo. Perché insomma, tutti i sacramenti richiedono una fede matura per essere attivati. Lo Spirito Santo Si è incontrato con noi al punto in cui noi eravamo nella fede in quel momento, e ha operato dentro di noi in conformità. Ma finché la nostra fede non matura, non possiamo aspettarci di essere potenziati pienamente. Nella mia Cresima per esempio, mi preoccupavo solo di ciò che avrebbe potuto chiedermi il vescovo e del modo in cui mi avrebbe colpito con lo schiaffo; non avevo certo una fede che attende. Ma anche se l'avessi avuta, è difficile che un ragazzo di dodici anni abbia la maturità per saper come impiegare la piena potenza dello Spirito Santo. Sia io sia la mia fede dovevamo crescere.
Quando poi sono cresciuto, si è presentato un secondo problema: non sapevo affatto che a mia disposizione c'era la potenza dello Spirito Santo quale risultato di quei sacramenti ricevuti nell'infanzia: era rimasta lì, senza venir usata. Voglio provare ad illustrarvi questo fatto: In casa mia ho molte prese elettriche. Se dovessimo seguire i fili fino alla fonte dell'energia, scopriremmo un esteso sistema di centrali elettriche che si chiama Tennessee Valley Authority (TVA).
Ora la TVA possiede impianti a vapore giganteschi, dighe idroelettriche e impianti a energia nucleare, e tutti insieme contribuiscono ad alimentare le mie prese di energia elettrica ogni volta che ne ho bisogno. Ma per ottenere quell'energia devo fare qualcosa: in primo luogo devo credere che lì vi sia a mia disposizione della potenza, perché io la usi quando ne ho bisogno e, secondo, devo agire, nella fede, inserendovi una spina. Allo stesso modo, se il Battesimo e la Cresima che abbiamo ricevuto sono validi, lo Spirito Santo in noi è come una presa di corrente elettrica. Può starsene lì per anni senza venir usata, semplicemente perché per usare l'esteso sistema di potenza del Padre dobbiamo imparare ad agire nella fede matura e "inserire" la spina della potenza dello Spirito.
Una potenza portentosa
Ora noi sappiamo da una autorità riconosciuta che lo Spirito Santo trasmette potenza. Poco prima di ascendere al cielo Gesù ha detto:
"...ma avrete potenza quando lo Spirito Santo scenderà su di voi." (Atti 1,8)
Ma di che tipo di potenza spirituale stava parlando Gesù? Forse di una vaga potenza teologica?
É facilissimo capire che tipo di potenza fosse quando si sa che il Nuovo Testamento, all'origine, è stato scritto in greco, e che la parola che in questo brano è tradotta con "potenza" (CEI = forza ) era dynamis. É la stessa parola da cui deriva la parola italiana "dinamite". In altre parole, è una potenza facilmente osservabile, efficace e persino esplosiva. Lo Spirito Santo porta questo e niente di meno di questo.
Orbene, se c'è un peccato di cui tutti siamo colpevoli è proprio quello di sottovalutare ciò che il Padre può fare in noi attraverso la potenza dello Spirito Santo. S. Paolo si accorse di questo quando scrisse di un Padre che
"... in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi." (Efesini 3,20)
In quella stessa lettera Paolo parla della
"... straordinaria grandezza della Sua potenza in di noi credenti. È simile alla forza che Egli manifestò quando risuscitò Cristo dai morti..." (Efesini 1, 19-20)
Oggi tuttavia troviamo molta gente che crede ancora che questa potenza sia un qualcosa di piuttosto vago e difficile da individuare. Essendo spiritualmente deboli, pensano che anche lo Spirito Santo debba essere debole. Ma troverebbero assai difficile convincere S. Paolo di ciò. Egli aveva rilevato, infatti, che proprio perché noi siamo deboli ci era stato dato lo Spirito Santo:
"Allo stesso modo anche lo Spirito Santo viene in aiuto della nostra debolezza." (Romani 6,26)
La potenza che S. Paolo conosceva era talmente forte da trasfigurare completamente gli uomini che la incontravano. Non c'era possibilità di sbagliarsi sulla sua presenza; ognuno poteva constatarne i risultati. Gli Atti degli Apostoli descrivono Simone, un uomo tanto ignorante sulle questioni spirituali da offrire a Pietro del denaro in cambio del potere di dare agli altri lo Spirito Santo. Eppure, anche Simone aveva potuto vedere quella potenza:
"Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani..." (Atti 8,18)
É vero: in ogni racconto degli Atti degli Apostoli in cui lo Spirito Santo discende su qualcuno o su qualche gruppo, perfino l'osservatore più superficiale poteva vedere che era accaduto qualcosa.
Anche oggi possiamo essere trasformati allo stesso modo, e i risultati saranno ancora visibili. E per quale motivo, poi, non dovrebbero esserlo? Lo Spirito Santo non è cambiato! Il Padre sta usando la potenza del Suo Spirito per portarci in una relazione personale con Se Stesso. E diventando figli e figlie di Dio possiamo entrare, qui ed ora, nel "Regno di Dio". E questa è una cosa che tutti dovrebbero notare.
E ricordiamoci di non confondere il "Regno di Dio" col "cielo". Come ho detto prima, il Regno di Dio è sia in cielo sia proprio qui in terra, per tutti quelli che hanno una relazione personale col Padre. A proposito di questo "Regno" S. Paolo precisa alcune cose:
"Il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza." (I Corinzi 4,20)
"Il Regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia date dallo Spirito Santo." (Romani 14,17)
Questi due versetti dicono molto su questa relazione personale col Padre (che è il Re di questo Regno). Esso non consisterà in definizioni e dottrine, ma in una potenza vera e propria, per mezzo dello Spirito Santo. Quello stesso Spirito dona rettitudine, pace e gioia basate su questa nuova relazione. Ed è vero, in tutti i versetti in cui Gesù si riferisce al "Regno di Dio", di fatto Egli descrive non il cielo, ma la vita di un cristiano potenziata dallo Spirito Santo.
Così, quel carattere cristiano che non saremmo in grado di realizzare con la sola potenza umana, sarà ora prodotto dalla potenza dello Spirito. S. Paolo ci fa un elenco delle caratteristiche della nostra personalità nuova, "potenziata dallo Spirito":
"Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé." (Galati 5,22)
In tutto questo possiamo vedere un Padre che Si interessa davvero a noi, personalmente. Ci dona, gratuitamente, una relazione personale intima; quindi ci fornisce la potenza per "vivere al livello" richiesto da quella relazione. Non dobbiamo mai preoccuparci di dovercela fare da soli, ci ha pensato il Padre.
Una fede viva
Ovviamente abbiamo bisogno di quella potenza. Ma come fare esattamente per renderla attiva nella nostra vita? Come farla "venire alla vita"? La risposta è la "fede"; dobbiamo essere uomini e donne di fede. Ma proprio "fede" è uno dei termini di cui si fa più largo abuso del cristianesimo, e dei più ampiamente fraintesi . Alcuni vi diranno che fede è lo stesso che credenza, convinzione, ma non è affatto così! Altri ancora diranno che si tratta di un insieme di dottrine e di dogmi ecclesiastici. Ma secondo il Nuovo Testamento la fede è assai più di una semplice credenza, e non è certo solo un sistema di dottrine. La lettera agli Ebrei ci offre questa definizione della fede:
"La fede è la certezza delle cose che si sperano e la prova di quelle che non si vedono." (Ebrei 11,1)
In altre parole, la fede è una fiducia forte e stabile nella persona del Padre, è sapere chi Egli è, contare su di Lui. Sappiamo che il Padre ha promesso certe cose, e noi confidiamo in Lui perché è affidabile: manterrà quelle promesse. Può anche darsi che non riusciamo a riconoscere la Sua azione sul momento, ma poiché l'ha detto, noi ci crediamo. La gente ci ha deluso in passato, e continuerà a deluderci in futuro; ma non così il Padre. Fede, quindi, significa rispondere alle Sue promesse dicendo: "Sì, Padre, io credo a quello che dici e sono pronto a fare un passo nella fede e ad agire sulla base della Tua promessa." Ricordiamo le parole di S. Paolo:
"Colui che vi chiama è affidabile, e farà tutto questo." (1 Tessalonicesi 5,24)
E allora, noi come ci comporteremo? In realtà col nostro spirito ribelle e indipendente stiamo arrendendoci a un Padre che sappiamo ci darà "molto più di quanto possiamo chiedere o immaginare." (Efesini 3,20). Padre Brennan Manning ha scritto:
"Ogni qualvolta la fede viene accettata solo come un sistema chiuso di dogmi ben definiti perdiamo il contatto col Dio vivente. La fede che salva è un arrendersi a Dio."[ii]
La maggior parte della gente capisce che il Padre dà la "grazia" o il "potere" per avere fede, ma non sono certi di come fare per "arrendersi" a Lui. Ebbene, quando parliamo di "fede" riferendoci ad una relazione personale vediamo che, nella maggior parte dei casi, "arrendersi" assume il significato di fiducia totale. Gesù ci ha detto chiaramente di affidarci al Padre e di confidare in Lui in ogni cosa:
"Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano." ( Matteo 7, 7-11)
Ora potrete capire perché sia tanto importante una religione che includa l'"esperienza cristiana". La fiducia, se deve crescere, va "vissuta e dimostrata" con esperienze vere e proprie. Se non facciamo l'esperienza della mano del Padre che giorno dopo giorno, e ogni giorno, ci guida, non impareremo mai a confidare in Lui e ad affidarci a Lui come dovremmo; non riusciremo mai a far sì che la nostra indipendenza si arrenda davanti a Lui. Non inganniamo noi stessi! La convinzione intellettuale e la vera fede sono lontane mille miglia l'una dall'altra, e se la fede resta solo un esercizio intellettuale, alla fine muore. Essa va invece esercitata "affidandosi fiduciosi" al Padre.
Leggiamo attentamente i Vangeli e osserviamo il rapporto fiduciosi che Gesù aveva col Padre. Notiamo anche il modo in cui Gesù ha sempre cercato di insegnare ai Suoi discepoli quella stessa fede fiduciosa:
"In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre Mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel Mio nome, Io sono in mezzo a loro." (Matteo 18, 19-20)
Commentando la fede dei Vangeli, Padre Brennan Manning rileva:
"Nello stupendo sesto capitolo del Vangelo di Matteo, la fede è descritta come l'accettazione incondizionata del Dio rivelato da Gesù Cristo quale Padre amorevole: Se non ci arrendiamo nella fede alla Sua verità che ci salva e non viviamo sostenuti dalla Sua rassicurazione, non abbiamo fatto la professione di fede cristiana. Il termine "Padre" ricorre undici volte in quest'unico capitolo, ed è proprio questo il "Padre" nel quale i discepoli di Gesù devono riporre una fiducia assoluta. I discepoli sono chiamati uomini di "poca fede" se non confidano nel loro Padre che conosce le loro necessità e che pensa agli uccelli del cielo e ai gigli del campo."[iii]
Lo sviluppo di questo tipo di fede esige l'impegno. Fino a quando Gesù non è il Signore della nostra vita nel senso in cui abbiamo parlato nell'ultimo capitolo, ci sarà impossibile crescere in quel tipo di fede fatto di affidamento totale. Non c'è altro modo: dobbiamo fare di Gesù Cristo e dei Suoi insegnamenti il nucleo centrale della nostra vita. Solo allora saremo in grado di godere una relazione personale che si basa sulla fiducia. Nel suo libro, Cristo tra noi, Anthony Wilhelm spiega questo collegamento tra fede e impegno:
"La fede è fondamentalmente un impegno, una libera scelta attraverso la quale ci diamo a Gesù Cristo e cominciamo a vivere una vita completamente nuova. É la decisione libera e personale di abbandonarci pienamente al Dio vivente. Siamo convertiti, ci orientiamo totalmente verso di Lui, siamo una persona che ha fatto un cambiamento.
Forse è meglio considerare la fede come relazione dinamica, un incontro vivo e continuo tra Dio e noi per mezzo del quale cresciamo di continuo nella conoscenza di Lui e della Sua volontà per noi, e ci impegniamo a vivere in conformità."[iv]
Questa fede viva di cui stiamo parlando, allora, è una resa del nostro atteggiamento indipendente del tipo: "Posso farcela da solo." É un affidarsi profondamente al Padre fondato sul nostro impegno totale. Questo tipo di fede è meglio definito con l'espressione: "fede che attende", ed è una fede che crede, che si affida e che si aspetta che accada qualcosa. É proprio il tipo di fede insegnatoci da Gesù:
"Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato." (Marco 11,24)
La fede che attende crede a ciò che ha detto il Padre: crede alle Sue alleanze e alle Sue promesse, ma non si limita a questo: agisce su quanto crede. Fa il passo necessario e dice: "Padre, lo hai detto e io ci credo. Allora: affare fatto. Pensaci tu." É audace, ardita, senza compromessi, e non cerca mai un alibi aggiungendo: "Ma certo, se è la Tua volontà." La fede che attende sa con certezza qual è la Sua volontà, e agisce di conseguenza.
Potenza attraverso la fede che attende
E allora, come si fa ad attivare la potenza dello Spirito Santo? Basta chiederlo, ma chiederlo con la fede che attende! Crediamo al Padre. Ha detto che vuole darci potenza con il Suo Spirito; crediamoci e aspettiamo che avvenga. Se esiste qualcuno in cui si può aver fiducia, questi è il nostro Padre celeste. Riascoltiamo le parole di Gesù:
"Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono." (Luca 11,13)
Leggendo con attenzione i Vangeli scopriremo come mai nessuno che si sia rivolto a Gesù nella fede, qualunque cosa abbia chiesto, sia stato respinto: Gesù ha sempre fatto fronte ai loro bisogni. Ora il Padre ci ha detto, attraverso Gesù, di chiedere la potenza dello Spirito. Dovrebbe esser facile per noi accostarci alla promessa con la fede che attende.
E non solo dovremmo aspettarci che il Padre faccia quanto ha promesso, ma anche di vedere dei segni al riguardo, una manifestazione ben definita della potenza dello Spirito che è all'opera in noi. Non deve trattarsi necessariamente di un sentimento determinato, di un dono particolare dello Spirito o di qualunque altra cosa sperimentata da qualcuno che conosciamo. C'è sempre una parte di mistero nel modo in cui lo Spirito Santo dà potenza a una persona, e allora non metteteGli dei lacci aspettando che agisca in una maniera particolare. LasciateLo libero! Ma aspettatevi di vedere la Sua presenza in modo assai concreto.
Se riteniamo di non aver mai praticato la "fede che attende", né la potenza dello Spirito nella nostra vita, usiamo la semplice preghiera qui sotto per attivare quella potenza disinserita. Ma ricordiamoci che la preghiera deve essere sincera, deve venire dal cuore. Leggiamola prima un paio di volte, meditiamola un po', quindi preghiamo sul serio.
"Padre amatissimo, mi sono impegnato con Te e ho fatto di Gesù il Signore della mia vita. Ora desidero approfondire la mia relazione personale con Te e ho bisogno della potenza del Tuo Spirito Santo che mi hai promesso. Padre, libera ora, in me, quella potenza, e fammi sperimentare quella presenza mediante alcuni segni del Tuo amore. Grazie, Padre, perché sarà così."
I sentimenti
La presenza dello Spirito in noi porterà spesso con sé sentimenti di amore, gioia, pace, pazienza ecc. - tutti frutti dello Spirito Santo. Ma non dovremo mai dipendere né da questi né da nessun altro sentimento particolare come segni della presenza, o meno, dello Spirito Santo in noi. Se siamo stati battezzati e cresimati e se abbiamo chiesto sinceramente di ricevere la potenza dello Spirito Santo, dobbiamo credere che ciò accadrà. In fondo, è stato il Padre Stesso a prometterlo.
Consideriamo ora per un istante il problema dei sentimenti. Il Padre ha rivelato alcuni "fatti" riguardo a Se Stesso e alla nostra relazione con Lui, e noi li accettiamo sulla base della "fede." Sentimenti ed emozioni vengono dopo la nostra azione di fede. A tale proposito, esaminiamo questa illustrazione:
Qui la fonte della potenza e della forza sta nella rivelazione del fatto da parte del Padre. La fede segue a ruota, e fornisce il carburante per produrre quella potenza. I sentimenti vengono trascinati in coda - a dire il vero potrebbero anche esser lasciati completamente indietro, e il treno continuerebbe a muoversi. I sentimenti per noi sono confortanti, ed è certo una gioia immensa "avvertire" la presenza di Dio. Abbiamo bisogno dei sentimenti e dobbiamo volerli, ma questi non possono stare alla guida del treno, né dovrebbero indurci ad accettare o a respingere ciò che il Padre ha promesso. Se ci accompagnano, è stupendo; ma se non arrivano, la fede basata sui fatti ci dice che le cose continuano ad andar bene. Se abbiamo pregato onestamente e con sincerità per ricevere la potenza dello Spirito Santo, dovremmo anche credere di averla ricevuta. É un fatto.
Problemi relativi al ricevere
Sarò onestissimo: molta gente ha problemi quando si tratta di ricevere o di attivare la potenza dello Spirito Santo. Pregano, supplicano, analizzano e si pentono, ma non arriva nulla. Li sentiamo dire: "Ho pregato con la fede che attende, mi sono pentito come meglio ho potuto, ma non mi pare sia accaduto niente. Non solo non ci sono sentimenti, ma non vedo neppure alcun frutto."
A questo punto compare la grandissima tentazione di lasciar semplicemente perdere tutto. A chi ha questo tipo di problema, chiedo di non cedere alla tentazione. Cerchiamo invece di dissotterrare quel blocco - e di ricevere la potenza dello Spirito che sta operando per noi.
Vi sono molte cose che possono impedire che quella potenza venga liberata in noi, ed allora poniamoci queste domande:
"Mi sono arreso davvero?"
Scopriremo che la nostra volontà libera è assai più forte di quanto potevamo immaginare e che proprio questa ci impedisce di arrenderci, di prenderci quell'impegno di cui abbiamo parlato in precedenza. Se facciamo resistenza in qualunque campo, non abbiamo ancora fatto di Gesù il "Signore" di quel campo. Ricordate che Egli chiede la resa totale. Il Cardinale Suenens commenta:
"Devo esaminare me stesso e pormi alcune domande dirette: 'Sono convertito veramente? Ho davvero orientato tutta la mia anima verso il Signore in una vera metànoia? Mi accontento di aver abbandonato il peccato evidente e aperto, chiamando questa conversione, mentre allo stesso tempo continuo a rimanere aggrappato ad una saggezza che è solo mia, alle mie idee, alla mia prudenza, alle mie nozioni di come dovrebbero essere le cose? Ho accettato davvero Gesù come Signore di tutti gli eventi concreti della mia vita?"[v]
"È il mio orgoglio a impedirmi di arrendermi?"
Arrendersi richiede umiltà, e nessuno tra noi ha una sovrabbondanza di questa virtù. Ma non confondiamo la timidezza e la riservatezza con l'umiltà. La vera umiltà cristiana ci permette di avere il cuore di un servo, per servire Dio e i fratelli. Spesso scopriremo che anche la persona più timida ha una buona dose di orgoglio interiore per cui, qualunque sia il nostro carattere, dovremmo esaminare quanto orgoglio abbiamo; può essere eccessivo, e bloccare quindi la vera resa a Dio.
"Ho in me del risentimento?"
L'incapacità a perdonare è forse il maggior ostacolo che impedisce al Padre di riversare il Suo Spirito nella nostra vita; è come una doccia fredda sull'azione dello Spirito Santo. Gesù era ben consapevole di questo, e dopo averci dato la Preghiera del Signore, ha intenzionalmente scelto di porre l'enfasi su questo punto:
"Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe." (Matteo 6, 14-15)
Con l'esperienza pratica ho scoperto che l'incapacità a perdonare costituisce un blocco comune a quanti che fanno qualche richiesta al Padre. In genere il problema ruota intorno a qualche avvenimento "imperdonabile" del passato, che li ha feriti davvero. Non ricordano che il perdono non è un'emozione, ma una decisione della mente. Spesso devono solo decidere di perdonare, ignorando del tutto le emozioni, e dopo un po' di tempo l'emozione del perdono si allineerà alla decisione, e infine avvertiranno il perdono per quelle ferite del passato.
Se in noi ospitiamo l'incapacità di perdonare, il Padre ci chiederà di liberarcene, e finché questo non sarà avvenuto Egli non potrà agire in noi e tramite noi come vorrebbe. Ci chiederà di decidere di perdonare. Dimentichiamo le emozioni. Esse gridano: "Non posso perdonare," ma è una menzogna, perché il perdono è una decisione, e noi possiamo prenderla. S. Leone Magno osservava:
"Sebbene questa faccenda di perdonare gli altri ci resti tanto difficile e sia così esigente, è allo stesso tempo una gioia grandissima sapere che il Signore la usa per guarire le nostre ferite. Quante volte noi stessi abbiamo bisogno del perdono per i nostri innumerevoli sbagli! E qui ci viene data la chiave per ricevere il perdono: Quando perdoniamo il fratello, il Signore perdona noi. Quando dimostriamo compassione verso gli altri, sperimentiamo su noi stessi la compassione del Signore."[vi]