Capitolo Secondo P R O M E S S E A L C O N D I Z I O N A L E

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MARIOCAPALBO
00giovedì 2 febbraio 2012 18:27

la crescita spirituale

Capitolo Secondo

  

 P R O M E S S E   A L   C O N D I Z I O N A L E  

 

Tra noi e l'adempimento di ciascuna delle promesse di Dio c'è una situazione che include la prova o tentazione. Consideriamo da vicino alcune delle promesse basilari che Dio offre a quanti si avvicinano a Lui, per vedere a che punto - in relazione alla promessa - entra in gioco la tentazione.  

      Niente, a mio avviso, è più triste dello spettacolo dei cristiani rassegnati all'errata idea che Dio, oggi, non possa o non voglia riversare su di noi le Sue abbondanti grazie e benedizioni. Al dire di alcuni, pensereste che Dio sia un taccagno adirato, che col contagocce concede solo quelle poche grazie sufficienti a farci andare avanti in qualche modo in questa valle di lacrime; oppure che Egli sia un Dio sleale, visto che fa piovere ricchezze su alcuni e non su altri; guarisce alcuni e non altri, a seconda del Suo imperscrutabile capriccio.

      La Bibbia ci illustra un Dio che desidera ansiosamente darci le sue delizie, senza preferenze o parzialità di sorta. Ma mentre si fa spesso riferimento alla Bibbia come al Libro delle Promesse, essa è anche il testo che ci illustra in maniera pratica come farle diventare realtà. In tutta la Bibbia non vi è una sola promessa vuota di contenuto. Luca 1,37 dice:  

          "Nulla è impossibile a Dio, e nessuna parola che viene da Dio sarà priva di potenza, o irrealizzabile" (amplificato).  

           Il primo caso a cui faremo riferimento riguarda gli Israeliti, il popolo che Dio si è scelto: Dio li fece uscire dalla schiavitù in Egitto per condurli in una terra dove scorre latte e miele. La Sua promessa era:  

"Diventerete una grande nazione in una terra gloriosa 'dove scorre latte e miele,' come il Dio dei vostri padri vi ha promesso... Dio vi darà grandi città piene di ogni cosa - città che non avrete costruito, campi che non avrete arato, pozzi che non avrete scavato, viti ed olivi che non avrete piantato..." (vedi Dt 6,3; 10,11).  

     Ora dobbiamo ricordare che, pur parlando di un popolo specifico in un certo luogo e tempo della storia, le stesse promesse sono applicabili oggi anche a noi, gli Israeliti spirituali. Dio desidera liberarci da qualsiasi tipo di schiavitù in cui possiamo trovarci - che si tratti di schiavitù psicologica, spirituale o fisica - "per portarci in una terra dove scorre latte e miele." E questa è una illustrazione dell'abbondanza di cose buone, sia fisiche sia spirituali, che Dio ha in serbo per noi già in questa vita.

      Non sembra perfino troppo bello per essere vero? Dio vuole darci tutto ciò di cui potremmo avere bisogno - cose per cui non ci è richiesto di darci da fare! Mosè poi prosegue dicendo agli Israeliti che Dio stesso avrebbe provveduto a cacciare i nemici davanti a loro (v. 19).  

            Se vogliamo usare un linguaggio chiaro e corrente, tutto ciò significa che Dio desidera condurci verso una situazione - spirituale e fisica - in cui Egli Stesso provvederà ad ogni nostra necessità: lavoro, casa, amici, abiti, cibo, pace della mente - e a tutto quanto possiamo desiderare. Per ottenerlo, non sarà necessario conquistarselo col lavoro: ossia guadagnarcelo o meritarlo.  

       Se tutto è così semplice, perché allora gli Israeliti non sono entrati nella Terra Promessa? Voi ed io conosciamo la Bibbia quel tanto per sapere come andò la loro storia: vagarono nel deserto per quarant'anni - brontolando e lamentandosi per tutto il tempo; e tutti gli appartenenti alla prima generazione di ex-schiavi (con due valide eccezioni: Giosué e Caleb), perirono nel deserto prima che i loro figli potessero entrare nella terra.  

      E ancora: se è davvero tanto semplice, perché voi ed io non abitiamo già da ora nella nostra terra promessa? Può darsi invece che stiamo vagando nel nostro deserto privato, probabilmente a fare la nostra parte di proteste e di lamentele! E magari può persino darsi che alcuni di noi, in quel deserto, ci muoiano, senza mai giungere a godere quella vita piena promessaci da Dio.  

           Innanzi tutto, diamo un'altra occhiata alla promessa che Dio fece agli Israeliti. Molto spesso commettiamo lo stesso errore che pare abbiano fatto loro: quello cioè di estrarre la promessa dal contesto che la circonda e la sostiene. Rileggendo il Deuteronomio in questa nuova prospettiva, ecco cosa vediamo:  

"... Se obbedirete a questi comandamenti, diventerete una  grande nazione ... in una terra gloriosa 'dove scorre latte e miele', come vi ha promesso il Dio dei vostri padri...

ascoltate, Jahvé è il vostro Dio, Lui solo. Dovete amarlo con tutto il vostro cuore, la vostra anima, la vostra mente. E dovete sempre pensare a questi comandamenti che oggi vi do. Dovete insegnarli ai vostri figli e parlarne quando siete in casa e fuori a passeggio, alla sera e come prima cosa al mattino ... Quando il Signore vostro Dio vi avrà portati nella terra promessa ai vostri antenati ... quando vi avrà dato le grandi città piene di cose buone - città che non avrete costruito, ... pozzi che non avrete scavato e viti e olivi che non avrete piantato - e quando avrete mangiato fino a non poterne più, state attenti a non dimenticare il Dio che vi ha liberati dalla ... schiavitù. Quando sarete sazi, non dimenticate di venerarlo e di servirlo ... e di usare solo il suo nome quale avallo alle vostre promesse.

Non dovete provocarlo e tentare la Sua pazienza ... [la Versione King James dice: Non tenterai il Signore Dio tuo...]

Se Gli obbedirete, tutto andrà bene per voi, e potrete entrare e possedere la buona terra promessa dal Signore ... Sarete anche in grado di cacciare tutti i nemici che vivono nella vostra terra, come il Signore vi aiuterà a fare" (vedi Dt 6, 3-19).

 

I "se" di Dio  

Non vi sembra che le promesse suonino piuttosto diverse quando le mettete nel contesto giusto? Ascoltate un'altra promessa che troviamo in Isaia 1,19:  

"SE solo mi permetteste di aiutarvi, e se obbedirete, io vi farò ricchi!"  

La traduzione della CEI esprime così lo stesso versetto:  

"Se mi darete ascolto, mangerete i frutti di questa terra".  

           Ma cosa sta dicendo Dio? Non vi pare di notare qualche SE in apertura a queste dichiarazioni? Nel caso di Mosè, che ricorda agli Israeliti le promesse di Dio, egli parla di "obbedire a questi Comandamenti," cioè ai Dieci Comandamenti datigli da Dio. Per riassumere l'ammonizione, possiamo dire:

"Obbedite ai comandamenti, amate Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, insegnate questo ai vostri figli, e quando giungerete alla terra fertile ed avrete mangiato a sazietà, non dimenticate chi vi ha dato tutto ciò. Non provocate né tentate Dio. Obbeditegli, ed egli caccerà tutti i nemici davanti a voi, perché possiate possedere la terra. Siate docili e obbedienti, e mangerete le cose buone della terra, prospererete e sarete ricchi".  

            Come conciliare questi due pensieri? Da una parte, Dio che dice di volerci dare cose buone senza dovercele guadagnare o meritare; dall'altra, dove afferma che non potremo avere quelle stesse cose, a meno che non ne facciamo alcune altre. Ma vi pare logico e coerente tutto ciò? E, ancor più importante, è conforme al Nuovo Testamento, che ci assicura che Dio ci ha dato il Suo unico Figlio, Gesù Cristo, quale dono gratuito - e che accettando Lui come nostro Salvatore non dobbiamo più pagare la penalità di morte per i nostri peccati? Ci dice che invece della pena di morte possiamo ricevere il dono della grazia di Dio, il Suo perdono e la vita eterna in Cristo.  

            Siamo arrivati a ciò che probabilmente è uno degli aspetti più dibattuti della vita cristiana: legalismo contro "tutto per grazia." Vi sono gruppi di credenti da entrambi i lati della barricata: quelli che si appoggiano al legalismo, sottolineando eccessivamente la credenza di dover osservare certe norme e regole per essere nel giusto rapporto con Dio - e quelli che dicono che sotto la Nuova Alleanza (sigillata in Gesù Cristo sulla croce), i doni di Dio non si possono "guadagnare" osservando certe norme e regole: in Cristo, ogni cosa è gratuita.  

      Dovremmo allora scegliere da che parte stare e uscire a combattere? Non sia mai! Nessuna delle due posizioni estreme è giusta, e tuttavia entrambe hanno colto qualche aspetto della verità, portandolo troppo lontano. L'errore può derivare sia dall'enfasi eccessiva sia dalla trascuratezza. Dio non vuole il legalismo, ma neppure la disobbedienza! In realtà, tutto quello che Egli vuole darci è dono, e non potremo guadagnarci niente con la nostra bontà o coi nostri sforzi. I doni di Dio tuttavia si potranno ricevere solo a determinate condizioni.  

           Nel caso che questo discorso vi sembrasse piuttosto ambiguo, osserveremo alcune promesse del Nuovo Testamento:  

"SE rimanete in me, e obbedite ai miei comandi, potrete chiedere tutto quello che volete e vi sarà dato" (Gv 15,7).  

      É lo stesso Gesù a parlare, e sta facendo una promessa davvero notevole. Ma notate il SE iniziale: alla promessa c'è una condizione. A dire il vero, non conosco una sola promessa in tutta la Bibbia che non sia collegata ad una condizione.

      Consideriamo la promessa della salvezza:  

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).  

Nel mondo alcuni periscono perché non hanno aderito alla condizione della salvezza, offerta come dono gratuito solo a quanti scelgono di credere.

Il termine "credere" può essere spiegato così:

"chi ha fiducia, confida, aderisce e conta su Gesù Cristo".  

Stiamo parlando di qualcosa che va assai oltre l'adesione formale: si tratta piuttosto di una fiducia personale totale, dell'adesione completa a Cristo in ogni aspetto della vita. E' questa la condizione.  

            La condizione stabilisce sempre in che modo potrà essere mantenuta una promessa, che si tradurrà in realtà solo alle condizioni prescritte.  

      Esaminiamo un'altra promessa di Gesù:  

"Io sono la vite, voi i tralci. Chi vive in Me, e io in lui, produrrà un grande raccolto di frutti" (cf. Gv 15, 5-6).  

      La promessa dice che produrremo un raccolto abbondante purché, cioè solo alla condizione che "viviamo in Lui", e che "Gli permettiamo di vivere in noi."  

      Gesù prosegue per spiegarne il motivo:  

"Perché senza di me [separati da me] non potete far nulla. Chi si separa da me viene gettato via come un ramo inutile, si secca e poi viene raccolto, accatastato con tutti gli altri e gettato nel fuoco a bruciare."  

            La condizione è necessaria per una ragione semplicissima: separati da Gesù Cristo non possiamo produrre alcun frutto spirituale!  

       Il motivo delle condizioni che Dio mise alle promesse fatte agli Israeliti era lo stesso: separati da Dio non sarebbero stati in grado di possedere la terra e di godere il tipo di vita che Egli voleva per loro. Riuscite a vedere che la condizione: "SE sarete docili e obbedienti ..." messa davanti alla promessa: "... mangerete le cose buone della terra ..." era necessaria perché Dio sapeva che, se avessero cercato di ottenere le stesse cose a modo loro, alla fine avrebbero riportato un miserabile fallimento? L'obbedienza a Dio aveva lo scopo di ridurre la loro dipendenza dalle proprie risorse e forze naturali, e di aumentare la loro dipendenza da Dio.  

Dio non è un tiranno che ci vuole tremanti e impauriti nell'obbedienza davanti a Lui; ma poiché ci ama e conosce bene la nostra natura, Egli sa che - lasciati a noi stessi - faremo sempre grandi pasticci in ogni cosa.  

"Lasciati a voi stessi, separati da me, non potete far nulla" (vedi Gv 15,5)."  

          Quando disse queste parole, Gesù intendeva dire che separati da Lui non potremo fare niente di veramente valido e durevole. Ci è semplicemente impossibile produrre il tipo di frutto che Egli può produrre in noi e tramite noi, quando siamo uniti intimamente a Lui e dipendiamo da Lui. Dobbiamo rinunciare alla nostra autosufficienza, e nell'esperienza cristiana arrivare al punto di smetterla coi nostri sforzi e attività frenetiche, per permettere a Lui di agire.  

      Un'altra verità che Gesù ha cercato di imprimere nei Suoi discepoli è che, se avessero creduto in Lui, un giorno avrebbero compiuto opere più grandi di quelle che Lui stesso faceva. Un giorno i discepoli chiesero a Gesù:  

"Che cosa dobbiamo fare per produrre [abitualmente] le opere di Dio? - Cosa dobbiamo fare per eseguire quanto Dio ci richiede?" Gesù rispose: "Questa è l'opera (servizio) che Dio vi chiede, che crediate a Colui che Egli ha mandato - che aderiate a Lui, confidiate in Lui, contiate su di Lui, e abbiate fede nel Suo Messaggero" (Gv 6, 28-29, amplificata).  

Gesù disse loro - e sta dicendo oggi anche a noi - che quando la smetteremo di agire a modo nostro, secondo le nostre forze, riconoscendo la nostra insufficienza, solo allora potremo lasciarlo agire tramite noi.  

          Come cristiani, in fondo al cuore avvertiamo che tutto quello che facciamo con le nostre forze "per il Signore", equivale a zero. Possiamo darci da fare a costruire chiese, organizzare riunioni, missioni, risvegli spirituali, scuole domenicali di insegnamento religioso. Ma noi non riusciremo a salvare nessuno, né a guarire nessuno. Noi non saremo in grado di confortare i disperati, di dare la vista ai ciechi o di liberare chicchessia dalla prigione della propria colpa. Solo quando giungeremo alla posizione di affidarci totalmente a Gesù Cristo - con una fiducia ed obbedienza totali, lasciando in disparte le nostre iniziative e i nostri sforzi frenetici - solo allora vedremo Gesù portare la salvezza agli altri tramite noi. Lo vedremo guarire e confortare gli altri, liberarli servendosi di noi. Sarà sempre un'opera Sua, ma compiuta attraverso la nostra disponibilità ed obbedienza al Suo comando.  

     Questa è la sola ed unica via per entrare nella nostra terra promessa. La terra promessa infatti è luogo di riposo, e gli sforzi personali frenetici non la riguardano né le appartengono. La lettera agli Ebrei descrive la promessa di Dio relativa a un luogo di riposo, e ci dice come fare per entrarvi:  

"Pur essendo ancora valida la promessa di Dio - la sua promessa che tutti possono entrare nel suo luogo di riposo - dovremmo tremare di paura, perché alcuni di voi alla fine possono correre il rischio di non giungervi. Infatti questa notizia meravigliosa - il messaggio che Dio vuole salvarci - ci è stata data proprio come fu data a quelli che vissero al tempo di Mosè. Ma ad essi non giovò a nulla, perché non vi credettero. Non ebbero fede in essa: Perché solo noi che crediamo in Dio possiamo entrare nel luogo del Suo riposo ... Questo nuovo posto di riposo di cui Egli parla, non significa la terra di Israele in cui li condusse Giosuè. Se Dio avesse inteso ciò, non avrebbe parlato di un "OGGI" tanto tempo dopo, riguardo al momento per entrarvi. Vi è quindi un riposo pieno e completo che ancora attende il popolo di Dio ... Facciamo quanto di meglio possiamo per entrare anche noi in quel luogo di riposo ... badando a non disobbedire a Dio, come fecero i figli di Israele, che così mancarono di entrarvi" (cf. Eb 4, 1-11).  

            Alcuni sostengono e insegnano che questo luogo di riposo è dove entriamo dopo la morte, ma non credo sia quanto voleva insegnare Gesù. Infatti Egli disse - e non si stancò di continuare a ripetere - che ora dobbiamo smettere di darci da fare, smettere di agire in maniera autonoma, per permettere a Lui di agire tramite noi. Oggi la nostra terra promessa è un luogo di riposo, dove abiteremo in città che non avremo costruito e riceveremo cose buone per cui non avremo lavorato - perché solo Dio compirà l'opera per noi e tramite noi. Ma Gli sarà fisicamente e spiritualmente impossibile farlo fino a quando non ci arrenderemo a Lui, rinunciando ai nostri tentativi di voler raggiungere da soli, coi nostri mezzi, l'obiettivo.  

      La condizione postaci da Dio è che dobbiamo voler rinunciare alle nostre vie, ai nostri modi di agire, alle nostre opere (che la Scrittura chiama "opere morte"), ed obbedire ad ogni Suo comando, mentre Egli vive in noi ed opera tramite noi. Le promesse di Dio vanno sempre considerate in relazione alle loro condizioni.  

           E proprio nel bel mezzo della nostra reazione alle condizioni, entra in campo la tentazione. La tentazione si riferisce alla promessa tramite la condizione. Quando una promessa viene data con una condizione, Dio ci dice: "Io farò questo SE tu farai quello". LA tentazione allora ci mette davanti ad una scelta:

1.       aderire alla condizione di Dio, oppure

2.       ignorarla.  

     Se osserveremo la condizione, potremo ricevere quanto promesso - la terra promessa. Se invece sceglieremo di ignorarla, non potremo vedere l'adempimento della promessa.

     Torniamo agli Ebrei ed ascoltiamo:  

"'Ma, dice Dio, ero molto adirato con loro, perché il loro cuore guardava sempre altrove, anziché guardare a me, ed essi non hanno mai trovato le vie che io volevo seguissero'.

Quindi Dio, pieno d'ira verso di loro, fece a se stesso un giuramento che non li avrebbe mai fatti giungere a questo luogo di riposo" (cf. Eb 3, 10-11).  

          Le promesse di Dio sono vere e reali, ma anche le Sue condizioni. Esiste ancora una terra promessa che aspetta voi e me. La decisione di giungervi diventa una questione di scelta personale.

      Non temete di avventurarvi in ciò che Dio vuole provvedere per voi - nella vostra terra promessa!

 

 

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