Indice Capitolo Secondo
O R I E N T A R S I V E R S O D I O
(1) L'accettazione piena e totale di Gesù nella nostra vita comporta un cambiamento radicale, e
non è certo detto che una persona battezzata, che afferma di essere cristiana e che agisce cristianamente abbia fatto davvero quel cambiamento. In italiano le parole "conversione" e "pentimento" sono usate per indicare due aspetti di quel cambiamento profondo, essenziale se desideriamo essere veri cristiani. In questo capitolo ci proponiamo di arrivare a capire pienamente cosa significhi, nella pratica, accettare il pentimento e la conversione per poi concretizzarli nella nostra vita.
Se non cambierete…
(2) Quando a Gesù venne rivolta l'importante domanda: "Chi è il più grande nel regno dei cieli?" (tra
chi ha accettato Dio alle Sue condizioni), leggiamo la risposta:
"Allora Gesù chiamò a Sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete (cambierete) e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli." (Mt 18,2-3)
(3) La parola greca che traduciamo con "conversione", in questo brano significa "girare qualcosa
nella direzione opposta", invertire il percorso di un cavallo, o di un esercito. La si usava per indicare quando il lottatore riusciva a rivoltare l'altro nel senso opposto, nell'altra direzione. Se ora vogliamo considerare il modo in cui il nostro Signore ci ha dato questa parola, il significato risulta chiaro: "a meno che un uomo non riconosca che la direzione della sua vita è sbagliata e non faccia una vigorosa inversione di marcia, non entrerà mai nel regno dei cieli. L'incontro con Gesù implica questo.
(4) Ci siamo mai convertiti in questo modo? abbiamo mai fatto un cambiamento tanto radicale? Ci
siamo mai orientati completamente verso Gesù? Forse alcuni di noi hanno pensato di poter seguire Gesù in maniera soddisfacente credendo solo ad alcune verità e limitandosi a compiere alcune buone azioni. Ma seguire Gesù, se richiede anche quelle cose, in realtà richiede molto di più: esige un cambiamento profondo, un'inversione radicale di rotta, una dedizione totale della nostra vita a Lui.
...e diventerete come bambini
(5) Il risultato del cambiamento sarà che diventeremo come bambini. Svilupperemo in noi la
semplicità e la libertà di un bimbo sicuro. Il bimbo sicuro è avvolto dall'esperienza dell'amore dei genitori e da questa è controllato, mentre sperimenta il proprio amore per loro. Tutto il resto ha un'importanza secondaria e viene dopo, proprio grazie a questa esperienza di base.
Se una volta abbiamo deciso di orientare profondamente la nostra vita verso Gesù (la nuova conversione da adulti) e di continuare in quella direzione, anche noi diventeremo "come bambini" sicuri, che non nascondono niente perché non hanno niente da nascondere. Ci saremo orientati verso un'unica direzione e cammineremo sicuri verso di essa: avremo fatto il cambiamento radicale e profondo richiesto da Gesù a tutti i suoi seguaci: "...se non cambierete..."
Ma questo non è poi così facile, perché implica una resa totale alla volontà di Dio. Allora non cercheremo più di far rientrare Dio nei nostri schemi e nelle nostre idee; saremo invece noi a cercare di adattarci alle Sue.
(6) Una preghiera:
Signore Gesù, senza di Te io non posso far nulla,
ma col Tuo potere posso fare tutto.
Dammi ora la potenza della Tua grazia, perché io possa
allontanarmi completamente da tutto ciò che si oppone
alla volontà del Padre mio adorabile. Insegnami come fare
per dedicare a Te tutta la mia vita.
Dovete convertirvi a Dio
(6) Quando Pietro e Giovanni operarono un miracolo per mezzo della potenza di Gesù ed uno zoppo
si mise a camminare, leggiamo che : "tutto il popolo fuor di sé per lo stupore accorse verso di loro". Pietro allora colse l'occasione per dire loro cosa avrebbero dovuto fare:
"Pentitevi dunque e cambiate vita (convertitevi, orientatevi verso Dio)" (Atti 3,19)
Più avanti in questo capitolo esamineremo la parola "pentirsi"; ma qui ci proponiamo di meditare, in atteggiamento di profonda preghiera, sull'espressione: "convertirsi a Dio" o "orientarsi verso Dio".
(8) Negli scritti di S. Luca (l'autore degli Atti), la parola "conversione" significa "rivolgersi,
orientarsi" verso la persona annunciata come Signore. Non è mai un invito a orientarsi verso la Chiesa, la fede, e neppure verso il battesimo. Il Signore è l'unico al quale ci possiamo convertire.
S. Luca presenta la conversione come qualcosa da attuarsi in piena libertà; non è mai una cosa che ci viene imposta. La conversione è un'offerta libera, personale e radicale che l'uomo fa a Dio di tutto il proprio essere. Lo avete mai fatto? O forse, sin dalla fanciullezza ve la siete cavata senza preoccuparvi troppo, limitandovi a fare qualcosa di cristiano? Vi siete mai dati completamente a Gesù?
E rinunciare a tutto
(9) Il significato di questo "orientarsi verso Dio" o conversione, risulta chiarissimo se ascoltiamo le
parole che Gesù ha rivolto a tutti i suoi seguaci:
"Poi, a tutti, diceva: 'Se qualcuno vuol venire dietro a Me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e Mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per Me, la salverà." (Lc 9, 23-24)
Niente è più radicale che rinnegare se stessi; ma è proprio questo che la conversione a Gesù richiede: niente di meno. A ognuno di noi è richiesto di perdere la vita per amore di Gesù. Ciò non implica necessariamente la morte fisica, ma richiede un abbandono senza riserve a Gesù e alla guida del Suo Spirito Santo, proprio allo stesso modo in cui un bambino sicuro si comporta verso i genitori che lo amano e che egli ama. Ognuno di noi deve chiedersi se ha mai accettato Gesù completamente, alle Sue condizioni, senza alcuna riserva. Lo abbiamo fatto mai? Perché è proprio questa la parte centrale del significato di "orientarsi verso Dio" o "convertirsi".
(10) Talvolta convertirsi a Dio può richiedere una decisione dolorosa:
"Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi, in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre..." (Lc 12,51-52)
Con Gesù o contro di Lui?
(11) A differenza degli altri capi civili o religiosi, Gesù non accetta amicizie marginali. In fondo al
cuore ognuno deve aver preso una decisione per Lui o contro di Lui. Può darsi che qualche volta non riusciamo a vivere all'altezza di quella decisione a causa del peccato, ma dobbiamo prenderla al livello più profondo della nostra personalità:
"Chi non è con Me è contro di Me; e chi non raccoglie con Me, disperde." (Lc 11,23)
(12) Allora non possiamo passare tutta la vita a pensare a Gesù, a interrogarci su quanto ha affermato, a discutere le Sue domande, a fare dispute sulla Sua esistenza. Egli non si limita a chiedere il nostro interesse, né ci chiede solo di essere ammirato, o di studiare la Sua vita; Egli esige una decisione da parte nostra a proposito di quanto afferma sulla conversione a Lui come Persona vera, reale, che vive e ama. Non possiamo permetterci una risposta debole o vacillante; deve essere un fuoco che brucia dentro di noi:
"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49)
La conversione ogni giorno
(13) Spesso usiamo la parola "conversione" per riferirci a qualcosa che è avvenuto una volta nel
passato. Ma Gesù ha detto che la conversione deve continuare "ogni giorno" (Lc 9,23). L'amicizia vera cresce sempre; l'amore vero si rinnova di continuo. Una relazione autentica cambia ogni giorno, via via che gradualmente si muore al proprio egoismo e si vive di più per l'altro. Lo stesso accade per la conversione cristiana: essa cresce, è dinamica e sempre diversa, perché si approfondisce ogni giorno mentre riscopriamo di continuo quanto sia amabile Gesù.
(14) Al momento della conversione da adulti la nostra vita si orienta verso Dio, ma poi deve restare
avvinta a Lui in maniera permanente. Dobbiamo fare spesso delle letture per verificare se continuiamo a muoverci nella direzione scelta, se ci spostiamo verso di Lui ogni giorno ad un ritmo più ardente. Proprio come la vita del corpo si ferma se il cuore cessa di battere, anche la fede muore se si interrompe questa dinamica interiore di conversione.
Il pentimento
(15) Sarebbe strano voltare il viso verso una nuova direzione e poi restare immobili. Di solito si
comincia a camminare in quella nuova direzione. La vera conversione ci fa incamminare sulla via del Signore ed inizia una passeggiata con Gesù che durerà tutta la vita e che ci porterà a Dio, nostro Padre. Ciò significa stare lontani dal peccato, e proprio questo è il pentimento. Nessun cattolico nega la necessità di riconoscere il proprio stato di peccato, ma forse qualcuno ha considerato il sacramento della penitenza come qualcosa che ci toglie dallo stato di peccato. Talvolta possiamo aver dimenticato che la colpevolezza è il nostro stato permanente davanti a Dio e che di conseguenza dobbiamo essere in uno stato di pentimento permanente davanti a Lui.
(16) Ogni rinnovamento profondo della vita cristiana deve partire da un rinnovamento del pentimento.
Ciò significa la riscoperta dello stato di colpa in cui siamo nati. Solo allora potremo apprezzare pienamente la misericordia continua che Dio ci offre tramite Gesù, morto per i nostri peccati.
(17) S. Marco prese nota delle prime parole rivolteci da Gesù all'inizio del Suo ministero :
"Pentitevi (metanoneô) e credete al vangelo" (Mc 1,15)
Noi che vogliamo seguire Gesù dobbiamo capire ed accettare questo richiamo al pentimento e accoglierlo in maniera permanente nella nostra vita.
La Chiesa primitiva aveva risposto così a questo comando:
"E partiti, predicavano che la gente si pentisse." (Mc 6,12)
Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai dimenticato di predicare il pentimento, e per potersi considerare cristiani è essenziale la risposta a questo richiamo.
L'esempio di Maria
(18)Maria è stata concepita senza peccato non perché avesse dei meriti personali, né perché
non avesse bisogno di redenzione. No, la sua immacolata concezione è dovuta alla misericordia di Dio e fu possibile grazie alla prevista morte redentiva di Gesù. Ella non aveva bisogno di pentirsi di peccati personali, ma col suo amore contrito riconobbe la misericordia di Dio.
"Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva." (Lc 1,47)
(19) L'amore che ha per noi l'ha spinta ad esortarci a una preghiera e a una penitenza continua e a dire, dopo la meditazione di ciascun mistero di suo Figlio:
"O Gesù, perdona le nostre colpe, salvaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua misericordia."
Ricordiamo i nostri peccati
(20) Spesso all'inizio della Messa diciamo: "Riconosciamo i nostri peccati." Questo non è certo un
invito a rivangare in tutti i loro cupi dettagli i peccati del passato, né si vuol mettere continuamente in dubbio la validità delle confessioni precedenti. Ma abbiamo peccato, e dobbiamo provarne dispiacere. Sappiamo che se abbiamo confessato i peccati siamo anche stati perdonati, e questo senza riserve né risentimenti: il nostro Padre celeste ci vuole perdonare più di quanto noi vogliamo essere perdonati. Ecco come ci vede e in che modo Si comporta con noi quando abbiamo peccato e ne siamo dispiaciuti:
"Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò... il padre disse: 'Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato." (Lc 15,20-24)
É questa la reazione di Dio quando ci avviciniamo al sacramento della Sua misericordia. I peccati, una volta che ci siamo pentiti, glorificano Dio perché ci aiutano a riconoscere la Sua misericordia infinita.
Lo stato di colpa é più del peccato
(21) Il peccato è qualcosa di assai più ampio e profondo del solito elenco che possiamo trovare nei
libri di preghiera. Questo non per colpa di chi ha scritto quei libri, ma perché il concetto di peccato è estremamente ampio e la parola include tanti significati. Ogni volta che manchiamo di rispondere a Dio in maniera generosa e completa, in ogni circostanza della vita, commettiamo un peccato. Nella misura in cui io non sono "completamente" santo, ecco, proprio in quella misura sono peccatore. Gesù ci dice:
"Così anche voi, quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo dei servi inutili. Abbiamo fatto tutto quanto dovevamo fare." (Lc 17,9)
E Dio ha messo queste parole sulle labbra del salmista del Vecchio Testamento:
"Signore, (Yahweh,[1])ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alla mia supplica, tu che sei fedele,
e per la Tua giustizia rispondimi.
Non chiamare a giudizio (non mettere alla prova) il Tuo servo:
nessun vivente davanti a Te è giusto." (Sal 143, 1-3)
(22) É chiaro quindi che il nostro pentimento deve essere molto più ampio e profondo di quello che si
riferisce ai soli peccati effettivamente commessi. Nella preghiera che tutti recitiamo affermiamo di aver peccato non solo in ciò che abbiamo fatto, ma anche nelle "omissioni", cioè nelle cose che abbiamo mancato di fare. Il nostro cuore non può mai essere pienamente soddisfatto del modo in cui serve Dio: in realtà siamo peccatori per sempre, bisognosi sempre di pentimento quando tendiamo di continuo la mano per ricevere la misericordia del Signore in Gesù Cristo nostro Salvatore.
(23) Ed è questo, alla radice, il dolore che avvertiamo quando riconosciamo di non aver risposto a
quel Dio - che ci ha tanto amati da "darci il Suo Figlio unigenito" (Gv 3,16) - con l'amore di tutto il nostro cuore, la nostra anima, la nostra mente e di tutte le nostre forze. La risposta che riusciamo a darGli nell'amore è sempre di gran lunga inferiore a quello che ha fatto per noi, e di questo dobbiamo continuamente pentirci.
Siamo peccatori redenti
(24) "Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato ...(e) per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori..." (Rm 5,12; 19)
Per il solo fatto di appartenere alla razza umana noi tutti, di fatto, abbiamo approvato Adamo nel suo rifiuto di Dio, confermando tale approvazione col peccato personale.
Ne deriva quindi che nella profondità del nostro essere siamo tutti inesorabilmente e irrimediabilmente in stato di peccato. Per questo Paolo ha potuto scrivere:
"Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene." (Rm 7.18)
oppure, secondo una traduzione diversa:
"In me, cioè nel mio essere naturale, non vi è alcun principio di bene."
Ovviamente siamo felici del fatto che, grazie all'amore di Dio e alla nostra fede, ora noi siamo redenti, ma non dobbiamo mai dimenticare che il nostro bisogno di redenzione è continuo e che viene soddisfatto dalla "grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo."
Potenza nella battaglia contro il peccato
(25) Lo stato di colpevolezza si manifesta nella nostra vita proprio allo stesso modo in cui si
manifestò nella vita di S. Paolo: in una lotta contro le nostre migliori intenzioni:
"Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio... non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me... Sono uno sventurato!" (Rm 7, 15; 24)
E prosegue:
"Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!" (Rm 7, 24-25)
Quando accettiamo il fatto di essere peccatori e di aver bisogno della potenza redentrice di Gesù in ogni istante della nostra vita, rendiamo a Dio un grande onore. Egli ha detto:
"Ti basta la mia grazia:
la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza." (2 Cor 12,9)
Farisei o Pubblicani?
(26) Vi siete mai ritrovati a stilare un elenco delle cose buone che fate per Dio, e cioè quanto siete
onesti, generosi, gentili, puri e sinceri? Forse lo avete ringraziato per queste vostre qualità e a quel punto avete smesso di pregare. Magari poi, a volte si siete sorpresi a condannare qualcuno che all'apparenza non dimostrava queste stesse virtù, sbagliando, perché nessuno può mai presumere di essere più accetto di un altro agli occhi di Dio. Egli, infatti, guarda le nostre azioni, ma va anche assai oltre: ci scruta nel cuore e lo conosce perfettamente.
Un pensiero da meditare: Cercate di scoprire quali erano i motivi nascosti nel cuore dei due protagonisti di questa storia, che indussero Gesù a prendere la decisione che prese.
(27) "Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri: 'Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, Ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.'" (Lc 18,9-14)
(28) Il fariseo non mentiva: infatti aveva molte buone azioni a suo credito. Né l'altro stava fingendo una falsa umiltà: pareva credesse davvero a quanto diceva, cioè di essere un peccatore. Il motivo della decisione di Dio non poteva quindi risiedere nel loro comportamento; doveva essere ricercata nel loro cuore. Un cuore era contrito, umile; ma non l'altro. Il fariseo, sebbene facesse delle cose buone e giuste, aveva dimenticato il proprio stato di colpevolezza, il bisogno che aveva della misericordia continua di Dio. Il pubblicano invece non lo aveva dimenticato: "O Dio, abbi pietà di me peccatore."
E proprio questa deve essere la preghiera costante di ogni cristiano veramente sincero. Deve provenire da un cuore contrito, che riconosce di essere inerme senza l'opera salvifica di Gesù. Questo è particolarmente vero quando non ci rendiamo conto di nessun peccato specifico e quando riteniamo di aver fatto tutto quello che Dio ci ha detto di fare. É proprio allora che il rischio è maggiore, che il vero pentimento del cuore ci può abbandonare.