chiesa e rinnovamento
PRIMA seconda CAPITOLO SECONDO
INSIDIARE LA PAROLA DI DIO
In questo capitolo vorrei esaminare cinque dei modi principali in cui oggi vedo insidiata la Parola di Dio. Il primo è semplicemente il diretto diniego dell'autorità della Parola di Dio come essa ci giunge nella Scrittura, nella tradizione e nell'insegnamento della Chiesa.
Il diniego diretto
Spesso il diniego delle verità cristiane specifiche è radicato in un precedente diniego del fatto che, sia la Scrittura che la tradizione cristiana, abbiano davvero autorità nella nostra situazione contemporanea. Allora la Scrittura, la tradizione cristiana autentica e, per i cattolici, il magistero della Chiesa, non diventano altro che un'opinione tra le molte altre che i cristiani dovrebbero consultare nel momento in cui decidono cosa pensare o il da farsi. La gente con questo tipo di mentalità non rinnega tutta l'autorità, ma piuttosto sostituisce l'autorità della Scrittura, della tradizione cristiana e del magistero della Chiesa con quella degli "esperti", con le indagini d'opinione, oppure con le proprie opinioni e preferenze personali.
Un membro della facoltà di uno dei principali seminari protestanti americani, durante un discorso ad una convocazione, rivolto ad un pubblico composto di seminaristi, professori universitari e personale, ha fornito un esempio straordinario di questa mentalità. La sua dichiarazione rivela con forza un atteggiamento oggi comune, sebbene spesso in maniera implicita, tra molti cattolici:
Che cosa ha a che fare la tradizione cristiana antica, col suo linguaggio arcaico e il suo carattere individualistico, con l'espressione oggi necessariamente sociale e secolare del cristianesimo? A che serve più insegnare o studiare le discipline classiche, quando le basi per la nostra azione sono date, con sufficiente chiarezza, dall'etica contemporanea e dagli studi aggiuntivi della sociologia e della psicologia? Sospetto che molti di noi qui presenti, se fossimo messi con le spalle al muro, dovremmo rispondere in tutta onestà: "Poco davvero." Possiamo avere qualche interesse estetico nella tradizione, ma non corriamo più il rischio di confondere i giudizi estetici con quelli normativi. Si ha così, probabilmente, un'ampia accettazione intuitiva di due affermazioni diverse:
(1), il Nuovo Testamento e il Credo per noi non sono più, in alcun modo, autoritari né canonici; (2), oggi il cristiano può trovare, nelle dichiarazioni e nelle soluzioni contemporanee, linee guida sufficienti alla sua fede e alla sua azione.
Così non siamo certo in territorio sicuro. Non siamo riusciti a trovare, dal passato, nessuno standard unico e autoritario che ci indichi cosa dire o come vivere. Né abbiamo di noi stessi una conoscenza certa, costruita sulla base della nostra esperienza immediata. Ci troviamo, di fatto, nell'abisso di un'incertezza continua, ma siamo risparmiati dal cadere nel caos proprio da quella tensione esistente tra passato e presente. Il punto specifico da noi occupato sull'abisso è il risultato del nostro dialogo individuale. Non abbiamo alcuna certezza che il luogo in cui ci troviamo sia il migliore e quello definitivo su cui restare. [1]
É importante notare che questo professore di seminario sta descrivendo un atteggiamento implicito. I professori e seminaristi ai quali si rivolge non respingono esplicitamente e consapevolmente la Parola di Dio. Egli sta piuttosto affermando che, quando fossero in qualche modo costretti a definire la loro reale posizione, lui e i suoi colleghi scoprirebbero che, di fatto, essi hanno abbandonato il loro impegno e la loro dedizione verso l'autorità della Parola di Dio quale autorità suprema della loro vita.
Nei circoli cattolici non è cosa comune trovare dichiarazioni tanto schiette, sebbene non siano del tutto sconosciute. Tuttavia, si incontrano normalmente cattolici, sia "professionisti" che ordinari, i quali di norma parlano e agiscono in modo tale da indicare che la Parola di Dio - nel modo in cui ci giunge nella Scrittura, nella tradizione e attraverso il magistero della Chiesa - non conserva più un'autorità suprema nella loro vita.
Hans Küng per esempio, vorrebbe che la comunità accademica, e i teologi in primo luogo, fossero gli interpreti autoritari della Scrittura e della tradizione, sostituendosi così al papa e ai vescovi. [2] Rosemary Reuther, un'eminente teologa cattolica, non solo approva con entusiasmo l'impegno di Küng, ma anche suggerisce cosa fare per portarlo a compimento:
Ecco ciò che in realtà Küng richiede: che l'accademia sostituisca la gerarchia - come il Magistero di insegnamento della Chiesa. Ciò non può essere realizzato dalla stessa accademia: comporta l'equivalente della Rivoluzione Francese nella Chiesa, la deposizione di una costituzione monarchica della Chiesa a favore di una democratica. [3]
Un altro teologo cattolico americano, David Tracy, al quale spesso si fa riferimento come ad uno dei più brillanti teologi cattolici americani, sostiene che i teologi cristiani si dovrebbero in primo luogo impegnare verso le norme ed i principi della comunità accademica, ed essere a questi innanzi tutto leali. Egli afferma che tale impegno deve includere non soltanto il loro lavoro professionale di teologi, ma anche la loro vita personale e ciò in cui essi individualmente credono. [4]
Questo slittamento di lealtà e di impegni sta influenzando la vita delle comunità religiose. La madre superiora di una comunità di suore cattoliche della provincia del Maryland si è dimessa dall'incarico perché, in coscienza, non si sentiva più in grado di appoggiare il piano di "rinnovamento" messo in atto nella sua comunità. Ha affermato che quel piano innalzava l'esperienza personale delle sorelle al di sopra della Parola di Dio , quale autorità suprema per la comunità:
"Il Piano di Rinnovamento per la Missione" sposta il centro della vita dalla fede nell'azione di Dio alla concentrazione su noi stessi, i membri della comunità. "L'esperienza vissuta delle sorelle" è la fonte autoritaria di conoscenza che regola le azioni e le decisioni, e sostituisce, anziché esserne il complemento, le fonti autoritarie di rivelazione nella Chiesa. In realtà, l'esperienza vissuta diventa il criterio per valutare la rivelazione, la base per selezionare ed interpretare i passi della Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa; l'analisi sociale diventa il punto di partenza della teologia. [5]
Un simile rifiuto, implicito o esplicito, dell'autorità della Parola di Dio non è semplicemente una questione dottrinale teorica, astratta, limitata alla teologia speculativa. Qui non sto cercando in primo luogo di attirare l'attenzione sugli abusi della libertà accademica di cui i teologi hanno bisogno per poter lavorare in maniera creativa: mi preoccupo piuttosto della diffusione di simili atteggiamenti ed insegnamenti in tutta la Chiesa, assai oltre la comunità accademica e spesso, pare, con lo scopo esplicito di portare il popolo di Dio lontano dalla Sua Parola, fino ad arrivare talvolta ad un incoraggiamento attivo all'immoralità.
Ad esempio, l'editore di una rivista cattolica per il rinnovamento della vita parrocchiale (rivista venduta in molte chiese parrocchiali), solo pochi anni fa nella rivista scrisse un articolo in difesa della pratica della bisessualità. Rifiutava l'autorità della Parola di Dio per sostituirla con l'autorità dei propri desideri soggettivi:
Le persone - giovani e vecchi, bellezze hollywoodiane e bellezze spirituali - per me sono diventate tutte "oggetti" sessuali.
E allora, perché non maschi e femmine?... Sicuramente ognuno di noi è, almeno un poco, bisessuale - capace cioè, nelle circostanze adatte, di esprimere con amore e con soddisfazione la propria sessualità nei confronti di una persona dell'uno o dell'altro sesso... Se davvero devo essere onesto con me stesso io posso vedere e sentire - attraverso una specie di estrapolazione, interna e viscerale e non solo mentale, dalle fantasie adolescenziali a veri corpi vivi e alla persona femmina come femmina e alla persona femmina come persona - che in realtà è la persona come persona che desidero sessualmente, o che potrei, o dovrei desiderare nella mente, nel cuore e nelle viscere. E allora, perché non la persona maschio?
La Legge di Dio, dite voi? Suvvia, dobbiamo crescere anche dal punto di vista teologico. Diciamo di non avere un Dio antropomorfico, una specie di grande burattinaio, vecchio, maschio (e magari, potremmo supporre, eterosessuale?), e allora, non teniamone davvero nessuno! Dio opera le meraviglie della Sua provvidenza, del Suo amore e delle Sue leggi, proprio nell'intimo profondo delle nature "individuali," concrete e viventi, che Egli crea e sostiene. [6]
Dietro al tono umoristicamente offensivo di un simile incoraggiamento all'immoralità sta l'indifferenza, e persino il disprezzo, verso le sorgenti della verità cristiana. Ripetiamo qui le parole di S. Agostino:
É necessario che diventiamo docili mediante la pietà, per non contraddire la Sacra Scrittura, sia quando la comprendiamo e la vediamo attaccare alcuni dei nostri vizi, sia quando non riusciamo a capirla e riteniamo di essere più saggi di lei e meglio in grado di dare dei precetti. Dovremmo invece pensare e credere che quanto sta scritto è migliore e più vero di qualsiasi cosa che potremmo mai pensare da noi stessi, anche quando ci è oscuro.[7]
Un'altra rivista che fornisce abbondanti esempi di come sia minacciata la Parola di Dio è "U.S. Catholic". Da anni ormai U.S. Catholic pubblica regolarmente articoli che insidiano l'autorità della Parola di Dio così come è presentata nella Scrittura, nella tradizione e nel Magistero della Chiesa. Pubblicata dai Padri 'Claretiani' di Chicago, è distribuita dalla Paulist Press in tutti gli Stati Uniti ed è inserita per la vendita nei portariviste parrocchiali. [8]
Oggi accade sempre di più che nella Chiesa la Parola di Dio venga respinta quando entra in conflitto con le preferenze personali, l'opinione della comunità accademica secolare o con i movimenti e le "cause" contemporanee. Ciò ha indotto alcuni a proclamare sfrontatamente che possiamo semplicemente omettere, togliendoli dalla Scrittura, quei passi che insegnano qualcosa di sgradevole per la mentalità contemporanea. Un tale rimedio si applica con una passione particolare agli insegnamenti della Scrittura riguardanti la struttura e l'ordine della famiglia e della Chiesa e la questione dei ruoli degli uomini e delle donne. Un articolo su un giornale teologico così si esprimeva, con schiettezza e scarsa sensibilità al riguardo: "Allora possiamo dire, con chiara convinzione e senza tema di colpa, che se Gesù non era un femminista non veniva da Dio." [9]
Pronunciamenti "teologici" di questo tipo hanno indotto buona parte del clero al tentativo piuttosto notevole di "spiegare" la Parola di Dio in quei campi. Ecco come si è espresso un ecclesiastico nel commentare 1 Corinzi 11,2-16:
Sapendo che in fondo (Paolo) aveva torto, si arrabbiò, si mise a discutere sulla proprietà, sulla natura e su prove dimostrative che non erano affatto dimostrative. Qui non stiamo dicendo che egli fosse ignorante del vangelo, ma piuttosto che lo conosceva, e non sapeva come affrontarlo. [10]
Atteggiamenti simili nei confronti della Scrittura non si limitano ai giornali teologici, e neppure a quella parte del clero esposta a questo tipo di pensiero, ma stanno sempre più diventando la caratteristica di molti "cristiani comuni."
Alcuni anni fa scrissi un libro sulla vita familiare nel quale, in sostanza, riaffermavo l'insegnamento della Scrittura e della tradizione cristiana autentica nei confronti della vita della famiglia cristiana. [11] Il libro fu recensito da una giornalista che fa parte del sindacato cattolico e che quotidianamente pubblica una rubrica su una nota rivista familiare cattolica americana. I suoi articoli compaiono su molti giornali diocesani, ed inoltre è stata una degli oratori principali alla Conferenza dei Vescovi Americani per il loro programma: "Decennio della famiglia."
A lei, come revisore, il mio libro non piacque. I meriti di quel libro particolare non rivestono un interesse per i nostri scopi, ma i motivi della critica costituiscono un interessante commento su dove molti oggi vedono la posizione di autorità nella Chiesa Cattolica.
Ella criticò il libro perché "si mette in posizione di collisione con la cultura contemporanea, con l'evoluzione della condizione della donna, e con le scuole più rispettate di salute mentale." Inoltre, fu sorpresa che un ex presidente della Conferenza Episcopale Americana avesse appoggiato il libro, poiché "esso è in una tale contraddizione con i precetti del Piano del Ministero Pastorale per le Famiglie approvato nel Maggio 1978 dai Vescovi americani." Proseguì dicendo di aver lavorato in una commissione che collaborava con i vescovi alla formulazione di quel piano. [12]Ella disse che alcuni dei principali fondamenti della vita familiare basati sulla Scrittura, così come sono presentati nel libro, sono "problemi arcaici, per quanto riguarda i genitori." Il motivo? "Abbiamo ascoltato le loro necessità - di 825.000 genitori - ed abbiamo poi cercato di presentare un ministero che prenda in considerazione la famiglia di oggi, che deve combattere con la cultura contemporanea." [13]
La cosa in particolare più preoccupante in questa recensione è che essa non considera affatto l'opinione del libro, cioè che la vita familiare doveva essere fondata sulla Parola di Dio. Questo aspetto è semplicemente liquidato come non pertinente, poiché la Scrittura è in corso di collisione con determinati elementi della società contemporanea. Le nuove sorgenti di verità sono "la cultura contemporanea," "la condizione in evoluzione della donna" e i risultati di un sondaggio d'opinione. Non si fa neppure il minimo tentativo per giustificare la sostituzione delle vecchie sorgenti di verità con le nuove.
La domanda radicale che questo tipo di atteggiamento fa sorgere può esser formulata in molti modi diversi. Ci accostiamo alla Scrittura con l'intenzione di cercare di farle sostenere determinate tendenze popolari correnti, sia sociali sia politiche, come ad esempio il femminismo radicale e il marxismo? Oppure guardiamo alle Scritture e all'insegnamento della Chiesa in vista di conformare ad essi il modo in cui affronteremo la vita, e di valutare le tendenze contemporanee alla loro luce?
Per esporre in maniera più succinta la questione: se le tendenze contemporanee e la Scrittura autenticamente interpretata sono in conflitto tra loro, da che parte sta la nostra obbedienza? Chi deve cedere? L'insegnamento della Chiesa e la Scrittura, oppure la "cultura contemporanea," "la condizione in evoluzione della donna" e l'opinione di 825.000 cattolici medi americani?
Un altro esempio di questo atteggiamento lo troviamo in una lettera apparsa su un giornale cattolico diocesano:
Sono spiacente, caro editore, ma non credo che il brano di Paolo agli Efesini sia parola di Dio; e se credere significa vivere ciò in cui crediamo, non ci crede neppure nessun altro, che si tratti di mariti o di mogli! Le parole di Paolo sono dei fossili, da tenere in libreria per esser letti dagli esperti affinché questi possano rilevare tra loro quanto fosse primitiva la gente ai "tempi della Bibbia," quanto fossero barbari, non civilizzati.
Inoltre, se queste letture sono tanto difficili da capire e la loro ricorrenza nella liturgia fa perdere la fede alla gente, allora, in pratica, quelli di Roma dicono: "É meglio insistere che le parole di Paolo sono parola di Dio e perdere anime, di quanto non sarebbe escludere il linguaggio arcaico di Paolo dalla liturgia e usare in sua vece qualcosa di valido.
... I libri della Bibbia furono messi insieme in un unico libro dagli uomini. Che altri uomini più saggi di loro li separino!" [14]
Vi è certo la necessità di formulare, in maniera responsabile, domande sulla cultura, la forma letteraria e le intenzioni dell'autore nell'interpretazione della Scrittura: ma il facile rifiuto di quella parte della Scrittura in disaccordo con le ideologie contemporanee, evidente in questo caso, è semplicemente spaventoso. Quale contrasto tra l'atteggiamento sempre più ostile da parte di molti nei confronti della Scrittura, e l'atteggiamento dei Padri della Chiesa Primitiva! Quando si trovavano ad affrontare modi tanto arroganti di avvicinarsi alla Parola di Dio, come quelli incontrati qui sopra, essi rispondevano rudemente:
Non hanno temuto di mettere le mani sulle sacre Scritture, dicendo di averle corrette. E non è nemmeno probabile che ignorino quanto sia temeraria la loro offesa. Poiché essi o non credono che le sacre Scritture provengano dalla bocca dello Spirito Santo, nel qual caso sono degli increduli, oppure, se si ritengono più saggi dello Spirito Santo, cos'altro possono essere se non diabolici? [15]
Quale contrasto tra tanti atteggiamenti contemporanei nei confronti della Parola di Dio e l'insegnamento del Concilio Vaticano Secondo sulla natura ispirata ed infallibile della Parola di Dio!
Le realtà divinamente rivelate contenute e presentate nella sacra Scrittura sono state affidate per la parte scritta all'ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, facendo affidamento sulla fede degli apostoli, ritiene che i libri sia del Vecchio sia del Nuovo Testamento, nella loro interezza e in tutte le loro parti, siano sacri e canonici perché, essendo stati scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo (cf. Gv 20,31; 2 Tm 3,16; 2 Pt 1,19-21; 3,15-16), hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa.. Nel comporre i libri sacri Dio scelse degli uomini, e mentre venivano usati da Lui essi si servirono anche dei loro poteri e capacità, di modo che, con Dio che agiva in loro e tramite loro essi, come autori veri, consegnarono allo scritto ogni cosa e solo quelle cose che Egli voleva.
Quindi, poiché ogni cosa asserita dagli autori ispirati o scrittori sacri si deve ritenere asserita dallo Spirito Santo, di conseguenza si deve riconoscere che i libri della Scrittura insegnano con fermezza e fedeltà, e senza errore alcuno, quella verità che Dio voleva mettere negli scritti sacri a beneficio della nostra salvezza. Perciò "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio ed utile per l'insegnamento, il rimprovero, la correzione e l'istruzione nella giustizia; affinché l'uomo di Dio possa essere perfetto, equipaggiato per ogni opera buona" (2 Tm 3,16-17). [16]