Uno scopo fondamentale nel modo in cui Dio ha elaborato il piano di salvezza è che nessuno avrebbe avuto motivo per vantarsi, auto-glorificandosi.
Ø La vera radice del peccato è l’orgoglio, e questo va spezzato se vogliamo vedere il trionfo della grazia di Dio.
Ø Il dover rinunziare ai nostri sforzi per difendere noi stessi, per spiegare, giustificare e razionalizzare le nostre azioni, per arrivare semplicemente ad esporre all’amore salvifico di Cristo il nostro bisogno disperato, è una componente essenziale della natura della salvezza.
L’illudere se stessi e il comportarsi con formalismo farisaico sono le nostre caratteristiche di creature “cadute”. La spaventosa verità è che tutti abbiamo un bisogno disperato di Dio, del Suo perdono, del Suo amore e del Suo Spirito Santo e
Ø tutti dobbiamo abbandonare il nostro orgoglio, ammettere la nostra necessità e venire ai piedi della Croce per ricevere misericordia e perdono.
Come ha rilevato Padre Benedict Groeschel, l’ammissione del bisogno e dell’impotenza espressi nei dodici passi dell’Anonima Alcolisti, ora utilizzata da diversi altri gruppi, arriva al cuore del Vangelo:
Ø “Se nella tua vita non hai riflettuto abbastanza sul totale stato di necessità e sulla completa impotenza della persona simboleggiata dal figliol prodigo, dovresti riesaminare i dodici passi dell’ Anonima Alcolisti …
Ø Molti autori spirituali ritengono, giustamente, che lo stato di totale indigenza riflesso in quei passi in realtà è la situazione spirituale di tutti gli uomini …
Gesù esige che i Suoi seguaci si pentano in modo tale da ammettere la loro impotenza sul peccato e la loro incapacità a salvare se stessi.”[9]
Mi chiamo Ralph e sono un peccatore.
Un aspetto stimolante di questa dipendenza da Dio si trova nel Decreto sull’Ecumenismo del Vaticano II:
- “Questo Sacro Concilio spera fermamente che le iniziative dei figli della Chiesa Cattolica, unite a quelle dei fratelli separati, procedano, senza ostruire le vie della divina Provvidenza e senza pregiudicare le ispirazioni future dello Spirito Santo.
- Questo Concilio inoltre dichiara di rendersi conto che questo santo obiettivo – la riconciliazione di tutti i cristiani nell’unità della sola e unica Chiesa di Cristo – trascende i poteri e i doni umani.
Esso pone quindi la propria completa speranza interamente nella preghiera di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e della potenza dello Spirito Santo.”[10]
Padre Cantalamessa fa notare un altro motivo per cui Dio ha scelto la fede come porta di accesso al Suo Regno:
Ø “Se vi avessero detto: la porta del Regno è l’innocenza, la porta è la stretta osservanza dei comandamenti, la porta è questa o quella virtù, avreste potuto trovare delle scuse e avreste detto: Non fa per me! Io non sono innocente, non ho quella virtù.
Ma ti si dice: la porta è la fede. Credi! Questo non è qualcosa al di sopra di te, che va oltre te, non è a chissà quale distanza da te.”[11]
Di recente mi hanno chiesto perché i battisti del Sud erano tanto desiderosi di condividere con gli altri la Buona Novella, in confronto al totale disinteresse del cattolico medio. Pensandoci, mi sono venuti alla mente diversi motivi. Il principale è che
Ø la maggior parte dei battisti ha una comprensione chiara del messaggio fondamentale del Vangelo, cioè, che siamo salvati dalla grazia mediante la fede, e il riconoscimento personale di cosa ha fatto Gesù per noi.
- Sono inoltre convinti che il fatto di credere o non credere porti un’enorme differenza, e che esistano davvero un cielo e un inferno. Purtroppo
- sembra che la maggior parte dei cattolici non abbia capito con chiarezza il messaggio evangelico di base, né apprezzi quanto Gesù ha fatto per loro o capisca le conseguenze eterne, per lo meno non a sufficienza da motivarli a condividere con gli altri la Buona Novella.
Nonostante tutti gli anni di istruzione cattolica e di altre catechesi, pare vi siano dei vuoti sbalorditivi.
Il Dr. Peter Kreeft, professore di filosofia presso il Boston College, ha fatto osservazioni simili attraverso il contatto con i suoi studenti, per lo più cattolici:
La vita di Dio entra in noi mediante la fede,
- ci attraversa mediante la speranza
- ed esce da noi mediante le opere d’amore.
Questa è chiaramente l’idea biblica, e quando protestanti e cattolici che conoscono la Bibbia discutono sinceramente l’argomento, è sorprendente come arrivano presto a trovarsi d’accordo su questo, il punto fondamentale.
- Ma molti cattolici non hanno ancora imparato questa dottrina del tutto cattolica e biblica.
- Pensano di essere salvati dalle buone intenzioni, o essendo gentili, cortesi, sinceri; provandoci con un po’ più di impegno o facendo un numero sufficiente di opere buone. Negli ultimi 25 anni ho chiesto a centinaia di studenti cattolici del college:
- Se tu morissi stanotte e Dio ti chiedesse il motivo per cui dovrebbe farti entrare in cielo, cosa Gli risponderesti?
- La vasta maggioranza non conosce proprio la risposta giusta da dare alla più importante di tutte le domande, l’essenza stessa del cristianesimo.
- Di solito non menzionano neppure Gesù!
Fin quando noi cattolici non conosceremo le fondamenta, i protestanti non ci ascolteranno quando cercheremo di insegnare loro qualcosa sui piani superiori dell’edificio.
Ø Forse il Signore permette che continui a persistere la divisione tra cattolici e protestanti solo perché i protestanti hanno abbandonato alcune preziose verità insegnate dalla Chiesa, ma anche perché
a molti cattolici non è mai stata insegnata la più preziosa di tutte le verità: che la salvezza è un dono gratuito di grazia, accettato per fede.[12]
Tre anni dopo il Dottor Kreeft tornò sullo stesso tema e dichiarò ancor più bruscamente la spaventosa verità della situazione:
Ø “In America la maggior parte dei cattolici proprio non sa come arrivare in cielo, come essere salvati.
Può sembrare una dichiarazione estrema o esagerata, ma da anni di esperienza di insegnamento so che corrisponde a verità …
Ø Nel rispondere alla domanda di come si aspettano di andare in cielo, la maggior parte degli studenti cattolici neppure menziona Cristo.
- Pensano di entrarvi se sono stati abbastanza buoni. Ciò significa, in tutta semplicità, che
è l’unica lezione più fondamentale di tutta la religione cristiana, la cosa più importante che si possa mai sapere sulla terra, loro non la conoscono.
- Magari alla fine potrebbero anche arrivare in cielo, ma se ciò avverrà non sarà come cristiani ma come buoni pagani…
E questa non è solo una lezione che sarebbe bene imparassimo; è una lezione assolutamente necessaria da imparare. È in gioco l’eternità.”[13]
In un recente discorso ad un gruppo di vescovi americani Giovanni Paolo II ha avvertito di non allontanarsi troppo dall’essere centrati su Gesù Cristo, e Lui crocifisso:
Ø “Talvolta persino i cattolici anno perduto, o non hanno mai avuto modo di sperimentare personalmente Cristo: non Cristo come un semplice “paradigma” o “valore”, ma il Signore vivente: “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6).
Ø Nel parlare di questa necessità noi, come San Paolo, non dobbiamo mai allontanarci dal nucleo del messaggio: “Cristo crocifisso … Cristo, la potenza di Dio e la sapienza di Dio” (1 Cor 1,23.24).”[14]
In un’altra occasione ha parlato dell’essenza della salvezza come di un “aggrapparsi” a Cristo, il tipo di resa nella fede che, ammettendo la nostra necessità, spezza l’orgoglio:
Ø “Chi vuol essere salvato deve solo aggrapparsi a Cristo.”[15]
Questo richiama alla mente quanto ebbe da dire Cirillo di Gerusalemme a proposito della salvezza.
Ø “Oh, la meravigliosa bontà di Dio verso gli uomini! I giusti del Vecchio Testamento erano accetti a Dio grazie alle fatiche di molti anni; ma ciò che riuscirono ad ottenere attraverso un servizio lungo e gradito a Dio,
Ø a voi è concesso in un breve lasso di tempo tramite Gesù! Se infatti credete che Gesù è il Signore e che Dio Lo ha fatto risuscitare dai morti, sarete salvati e portati in Paradiso da Colui che vi fece entrare il buon ladrone.”[16]
E il Cardinal Danneels ha rilevato quanto è profonda in noi la tendenza a resistere alla verità di non poterci salvare da soli, neppure in parte:
Ø “Oggi la dottrina della grazia è indubbiamente il concetto più trascurato nella teologia e nella vita cristiana pratica.
- Il fatto che non siamo in grado di salvarci da soli, neppure in parte – che dipendiamo totalmente dal dono della grazia di Dio – è per molti un intralcio.
- Resta loro difficile capire che la grazia non elimina la nostra libertà e la nostra autonomia; al contrario, è proprio il loro fondamento.
Il sogno di una persona autosufficiente pare sia inestirpabile. La stessa essenza della fede tuttavia sta nell’accettare l’idea della nostra dipendenza da Dio.”[17]
Al fine di evitare il pericolo di un moralismo pelagiano, il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, nell’introduzione all’insegnamento morale cattolico, sottolinea con forza la necessità assoluta di dipendere dalla grazia di Dio per poter vivere l’insegnamento morale della Chiesa.
Ø L’Arcivescovo Jean Honoré, di Tour, Francia, strettamente connesso allo sviluppo di questo catechismo, ammette francamente che una precedente stesura dello stesso fu giustamente criticata per non aver chiarito che la morale cristiana non era solo una questione di “conformità virtuosa”, ma che esigeva una dipendenza radicale dalla grazia di Dio:
In realtà, mentre il Catechismo era riuscito ad esprimere l’invito a seguire il Vangelo e a puntare alla perfezione, non manifestava (almeno non a sufficienza) che una simile richiesta può essere realizzata solo dai battezzati, con l’aiuto della grazia gratuita che li sana e li assolve dal peccato e li sostiene lungo il cammino.
Ø In breve, non essendo stato dichiarato completamente o con sufficiente chiarezza, non risultava immediatamente ovvio che qualunque cosa i cristiani facciano nell’ordine della salvezza e della santità, non lo fanno da soli, ma solo con l’assistenza divina.
Ø Nel loro impegno a crescere nella virtù tutti i cristiani, perfino i più grandi santi, sono peccatori giustificati e salvati.
Mancando di sottolineare l’azione anteriore della grazia del Signore e della presenza interiore dello Spirito,
Ø il Catechismo correva il rischio di omettere una delle condizioni più fondamentali dell’azione morale secondo il Vangelo. Per evitare la trappola della casistica era stato fatto uno sforzo consapevole. Quello del moralismo era stato evitato con cura.
Si poteva dire che la prima stesura avesse conservato un tono pelagiano che ancora andava corretto.[18]
Come ha affermato il Cardinal Ratzinger parlando del modo in cui il nuovo Catechismo si riferisce all’insegnamento morale:
Ø “Questa sezione del testo non è un elenco di peccati, ma si propone lo scopo di illustrare come si realizza la vita morale dall’interno di una prospettiva cristiana. Così la morale diventa cosa semplicissima; è amicizia col Signore, è vivere e camminare con Lui.”[19]
Carl Anderson, diacono a Washington D.C., U.S.A., dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi sul Matrimonio e la Famiglia, in un seminario di studio privato per i vescovi del Nord America al quale io stesso ho partecipato, rilevò l’importanza di questo crescente interesse sulla Persona di Gesù:
Nella nuova evangelizzazione il Santo Padre ci ha fornito due testi che sono fonti essenziali, il Catechismo della Chiesa Cattolica e Veritatis Splendor. Si potrebbe porre la domanda:
Ø In che modo questi documenti possono scansare le difficoltà che hanno colpito la Humanae Vitae? Vorrei indicare che la risposta si può trovare nell’esplicito Cristocentrismo dei documenti.
- Entrambi si centrano chiaramente sulla Persona di Gesù Cristo ed entrambi identificano la vita cristiana come una vita che deriva dall’incontro con la Persona di Cristo. Essi riaffermano che
- la fede cristiana ha al centro e quale punto di partenza il riconoscimento della presenza viva di Cristo nella vita del Suoi seguaci.
La vita cristiana non è in primo luogo una morale; non è una filosofia; non una sociologia, né una politica.
- Questo era certo presupposto negli insegnamenti ufficiali della Chiesa che precedono questi documenti; in molti casi tuttavia non era abbastanza esplicito.
Ne è risultato che la proposta cristiana nella nostra cultura è stata troppe volte sottoposta a una forma di riduzionismo che ha cercato di farne in primo luogo una morale, una sociologia, una filosofia o una politica.[20]
Dean Anderson rileva che quanto talvolta era presupposto nell’insegnamento precedente della Chiesa, e cioè che il fondamento di tutto è la Persona di Gesù Cristo, ora, nella nuova situazione culturale, per rendere comprensibile il nostro insegnamento deve essere reso esplicito.
Ø Dalla sua vasta esperienza di vita religiosa e di storia della Chiesa, Padre Cantalamessa rileva quanto sia importante l’enfasi sulla grazia:
La novità del messaggio cristiano risulta annebbiata quando predicazione, catechesi, guida spirituale e tutte le altre attività formative della fede
Ø insistono unilateralmente su doveri, virtù, vizi, punizione e, in generale, su ciò che l’uomo “dovrebbe fare”,
- presentando la grazia come un aiuto che viene all’uomo mentre cerca di adempiere al proprio impegno di compensare ciò che non è in grado di fare da solo e non, al contrario,
- come un qualcosa che arriva prima di questi sforzi e che li rende possibili; quando il “dovere” è creato dalla legge e non dalla grazia e quando, di conseguenza,
- il dovere non è concepito come un nostro debito di gratitudine verso Dio, ma piuttosto come un qualcosa che crea – se lo adempiamo –
- un debito di gratitudine da parte di Dio verso di noi; quando, in altre parole,
Ø la morale è separata dal kerygma.
In una sfera più ristretta, la vita religiosa è ugualmente offuscata quando, nella formazione data a persone giovani e a novizi, nei ritiri e in altre occasioni,
- si passa più tempo a parlare di carisma, di tradizioni, regole e costituzioni e della spiritualità particolare dell’ordine (spesso poverissima e incoerente), anziché a parlare di Cristo il Signor e del Suo Spirito Santo.
Il centro di attenzione si sposta impercettibilmente da Dio all’uomo, e dalla grazia alla legge.[21]
Padre Thomas Weinandy rileva che questa tendenza è stata presente anche nell’opera missionaria cattolica tradizionale:
Ø “In passato l’evangelizzazione cattolica nel Terzo Mondo, e anche nelle società occidentali, ha assunto troppo spesso la forma di sostenere soltanto una vita morale.
Ø È chiaro che alla gente si deve insegnare la morale cristiana, ma una presentazione tanto limitata non solo è pelagiana – poiché trascura la necessità della fede in Gesù – ma facilmente porta anche il bagaglio culturale dell’evangelista.[22]
Questo ovviamente è un problema anche dei nostri giorni.
Ø A tutti i livelli della Chiesa si avverte una crescente sensibilità al bisogno di porre l’accento sulla grazia di Dio:
Quando San Paolo parla della grazia che libera dalla legge, mentre i suoi maggiori pensieri diretti stanno con la Legge mosaica, pare che mediti anche, più o meno implicitamente, su tutto ciò che il concetto di legge contiene, forse inclusi i precetti dei Vangeli.
Ø San Tommaso riprese l’espressione paolina “la lettera uccide”, quando scrisse: “Per lettera dobbiamo intender ogni legge scritta esteriore all’uomo, persino i precetti morali come quelli contenuti nel Vangelo.
- Quindi, anche la lettera del Vangelo ucciderebbe se non ci fosse la presenza interiore della grazia guaritrice della fede (gratia fidei sanans)” (Summa teologica, I-II q. 106, a. 2).
Senza la grazia della fede che guarisce il nucleo del male, l’obbedienza cristiana a tutto quanto ha comandato il Signore … non solo sarebbe impossibile da praticare, ma genererebbe anche schiavitù e alienazione.[23]
E come disse il Cardinal Tarancon, ex Arcivescovo di Toledo, Spagna:
Ø “Oggi per la Chiesa sarebbe sbagliato pensare di imporre al mondo la morale cattolica. Senza la grazia di Dio non vi è modo che qualcuno possa vivere la morale cattolica, e tanto meno che la accetti.”[24]
E il Vescovo Christoph Schönborn, O.P., Vescovo Ausiliario di Vienna, Austria, che è stato segretario del comitato editoriale per il nuovo Catechismo, parla di come il Catechismo metta in risalto “la supremazia della grazia”.[25]
In noi vi è qualcosa che si ribella contro il tipo di fede fiduciosa che sola può salvare. In noi vi è qualcosa che vorrebbe per lo meno aiutare Dio nel salvarci. E mentre noi, per Sua grazia, possiamo collaborare con Dio, la principale grazia iniziale, salvifica, è del tutto immeritata e immotivata.
Ø Sì, ciò significa che siamo completamente in debito con Dio. Sì, significa che ciascuno di noi, senza eccezione, ha bisogno di essere tanto perdonato.
E solo chi è stato molto perdonato, ama molto (vedi Lc 7,47).
Un altro nome per tutto questo è misericordia. Dio è ricco di misericordia, e Si è servito di Suor Faustina, una suora polacca di questo secolo, per sottolineare la Sua misericordia, proprio come nel diciassettesimo secolo si servì di Margaret Mary. Riconoscere la Misericordia Divina significa riconoscere la parte centrale del Vangelo.
Ø Che siamo stati grandi peccatori o no, a tutti noi è stato perdonato molto. Rifiutarsi di ammettere il nostro bisogno di perdono, di ammettere che siamo davvero peccatori o di riconoscere il perdono che ci viene offerto è correre il rischio del suicidio, come Giuda, oppure il rischio di sprofondare sempre più nel peccato, come Lenin:
- “Di fronte al proprio peccato, al proprio crimine, al proprio errore l’uomo, da Caino a Lenin, come anche altri hanno rilevato, non riesce a perdonare se stesso, non può perdonarsi. Tutto è finito.
- A Zurigo lo stesso Lenin usò le parole di Caino: “Il mio male è troppo grande e non può essere perdonato.”
Ma è proprio quello il supremo paradosso del messaggio cristiano:
Ø il peccato è perdonato … È questa la sorpresa, l’esperienza della compassione che ognuno può avere nella relazione con Cristo.”[26]