CAPITOLO 11 Il più grande di questi

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MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 20:43

Chiesa e rinnovamento

CAPITOLO 11

Il più grande di questi

 

 

Una delle grandi domande filosofiche è:Perché esiste l’essere anziché il nulla? Qual è vero il motivo dell’esistenza?

Ø      Un noto principio filosofico è questo: Il bene diffonde se stesso. Siamo talmente abituati alla routine quotidiana della vita che di rado facciamo un passo indietro per notare l’ovvio. Esistiamo. E non dovremmo esistere.

Ø      Nella Sua immensa bontà e amore Dio ha portato all’esistenza noi e l’intero universo quale via per condividere la Sua gloria illimitata. È stata una Sua iniziativa sin da principio.

Ø      Ci ha creati per amore. Ci ha creati con una dignità e una libertà che partecipavano in qualcosa alla Sua Stessa natura. Siamo stati creati a Sua immagine, ad immagine di Dio; siamo stati creati maschi e femmine. Non ci ha fatti come robot o automi; ci ha conferito dignità e libertà.

Quando abbiamo usato quella libertà per allontanarci da Lui, in una folle ricerca di vita eterna al di fuori di Lui, Egli non ci ha distrutti o abbandonati alla nostra nullità, bensì ha deciso di offrirci una possibilità di restaurazione e di riconciliazione in un’esibizione d’amore persino più sconvolgente della creazione.

 

Mentre eravamo ancora incatenati al nostro peccato – e il peccato non è niente se non è sgraziato – nella nostra ostilità, egoismo, libidine, avidità e arroganza blasfema, Egli ci ha amati e ci è venuto incontro con un gesto di amore generoso e sconvolgente:

è      Ma Dio dimostra il Suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).

è      “E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici nella mente, intenti a compiere opere cattive, ora Egli vi ha riconciliati nel Suo corpo di carne per mezzo della Sua morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili davanti a Lui: purché restiate fondati e fermi nella fede, senza deviare dalla speranza del vangelo che avete ascoltato” (Col 1, 21-23).

è      “In questo si è manifestato tra noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il Suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi potessimo avere la vita per mezzo di Lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il Suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4, 9-10).

Padre Raniero Cantalamessa sottolinea il concetto interessante che, forse a causa della tendenza naturale della ragione umana, o magari dell’influenza della filosofia di Aristotele sulla vita della Chiesa,

Ø      siamo portati ad anteporre il nostro dovere di amare Dio al fatto fondamentale che è Dio ad amarci per primo:

Ø      Ma la rivelazione attribuisce maggiore importanza al secondo significato; all’amore di Dio per noi, anziché al nostro amore per Dio.

è      Aristotele disse che Dio muove il mondo nella misura in cui Egli è amato, ovvero, fin quando Egli è l’oggetto dell’amore e l’obiettivo finale di tutte le Sue creature (Metaf. XII, 7, 1072b); ma la Bibbia dice proprio il contrario, che Dio crea e muove il mondo perché ama il mondo.

Riguardo quindi all’amore di Dio, la cosa più importante non è che l’uomo debba amare Dio, ma che Dio ama l’uomo e che lo ha amato per primo … Tutto il resto dipende da questo, inclusa la nostra possibilità di amare Dio.”[1]

 

è      Anche noi un tempo eravamo folli, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e piaceri, vivendo i nostri giorni nella malvagità e nell'invidia, odiati dagli uomini e odiandoci a vicenda. Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il Suo amore per gli uomini,

-        Egli ci ha salvati NON in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per Sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, che Egli ha effuso su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché potessimo essere giustificati dalla Sua grazia e diventare eredi, nella speranza della vita eterna. Questa parola è degna di fede” (Tito 3, 3-8).

 

è      Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Gv 3,1).

è      In Lui abbiamo la redenzione mediante il Suo sangue, il perdono dei peccati secondo la ricchezza della Sua grazia. Che Egli ha riversato abbondantemente su di noi” (Ef 1, 7-8).

è      Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

 

Torniamo ancora a quanto ci fa rilevare Padre Cantalamessa, attingendo alla tradizione della Chiesa:

Sant’Agostino osserva che l’intera Bibbia non fa altro che parlare dell’amore di Dio (Cat.Rud. I, 4,4; PL 40, 319); Ne è, diciamolo, piena. È questo il messaggio che sostiene e spiega tutti gli altri messaggi.

-        Nella Bibbia l’amore di Dio è la risposta a tutti i “perché”; il perché della Creazione, dell’Incarnazione, della Redenzione …

-        Se la parola scritta della Bibbia potesse essere cambiata in una parola parlata e diventare un’unica voce, questa voce, più potente del ruggire del mare griderebbe: Il Padre ti ama! (Gv 16,27).

-        Tutto ciò che Dio fa e dice nella Bibbia è amore, persino la Sua ira non è altro che amore. Dio “è” amore! Hanno detto che non è poi così importante sapere se Dio esiste o no; la cosa importante è sapere se Egli è amore (Kierkergaard, The Gospel of Suffering, IV). E la Bibbia ci assicura che Egli è amore![2]

 

E ha fatto tornare in vita voi, quando eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo avete vissuto alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera nei figli della disobbedienza.

-        In mezzo a loro un tempo abbiamo vissuto anche tutti noi, nelle passioni  della nostra carne, seguendo i desideri del corpo e della mente; ed eravamo per natura figli dell'ira, come il resto dell’umanità.

-        Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, anche se eravamo morti per i nostri peccati ci ha fatti rivivere con Cristo: (per grazia infatti siete stati salvati). Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei luoghi celesti, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della Sua grazia mediante la Sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.

-        Per questa grazia infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera Sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2,1-10).

 

Quanto è straordinario l’amore di Dio! Quanto è immeritato, generoso, molto oltre quanto avremmo mai potuto immaginare o chiedere. E ne abbiamo solo percezioni vaghe, se pur così ispirate!

Ø      La Scrittura accenna a cose persino più straordinarie che si dispiegheranno nei “tempi a venire”, manifestazioni e celebrazioni persino più fantastiche dell’insondabile amore di Dio, e lontanissime dalla nostra esperienza presente o dalla nostra capacità di comprendere: Egli “ci ha anche risuscitati con Lui, e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della Sua grazia mediante la Sua bontà verso di noi in Cristo Gesù” (Ef 2, 6-7).

 

è      Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non appare ancora. Sappiamo però che quando Egli Si manifesterà, noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è. Chiunque ha questa speranza in Lui, purifica se stesso, come Egli è puro” (1 Gv 3, 2-3).

è      “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esserci rivelata. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio … Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; e non solo la creazione, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché in questa speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza” (Rom 8, 18-19; 22-25).

 

L’Umiltà di Dio

 

Dio non ci costringe ad amarLo. Se lo facesse, non sarebbe veramente amore. Egli dimostra un rispetto immenso per la nostra libertà, e ci invita, ma non  forza.

Ø      Arriverei persino a dire che il rispetto che ci dimostra, la Sua umiltà, è scandaloso.

Ricordo quando da bambino, forse non avevo ancora dieci anni, pregai Dio che mi togliesse la libertà di respingerLo. Grazie alla benevolenza di Dio che ha agito attraverso i miei genitori e la Chiesa, sono cresciuto con un amore sincero e con una comprensione autentica di Dio e non ho mai voluto fare qualcosa per offenderLo o respingerLo. Crescendo ho temuto, giustamente, di offenderLo e perfino di respingerLo:

Ø      Dio non ha accolto la mia richiesta, e nel “crescere” ho dovuto attraversare momenti dolorosi, ma ora so che se l’amore non è dato liberamente, in realtà non è amore.

Ø      Nella Sua grande saggezza Dio ha deciso che la preziosità dell’amore dato liberamente sorpassa di gran lunga lo spaventoso costo della probabile repulsione da parte di molti.

L’amore liberamente dato deve essere davvero speciale per valere quel rischio di rigetto. E il Suo amore è esattamente questo. Che ci sia dato di riconoscere la santa profondità dell’amore umile rivelato nella venuta di Gesù!

 

è      In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l' hanno sopraffatta

-        Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non Lo riconobbe.

-        Venne fra la Sua gente, ma i Suoi non l' hanno accolto.

A quanti però l' hanno accolto e hanno creduto nel Suo nome, ha dato potere di diventare figli di Dio; i quali sono nati non da sangue, non dal volere della carne né dal volere dell’uomo, ma da Dio.

E il Verbo divenne carne e venne ad abitare in mezzo a noi pieno di grazia e di verità; e noi abbiamo visto la Sua gloria, gloria di Figlio unigenito del Padre,. (Gv 1, 1-5; 10-14).

 

Che Dio ci doni la grazia di piangere davanti a queste parole: “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non Lo riconobbe. Venne fra la Sua gente, ma i Suoi non l' hanno accolto.”

Ø      Quando fu respinto dai Suoi Gesù pianse, con lacrime d’amore e di dolore. Che lo Spirito di Dio ci unisca a Lui nel Suo amore e nel Suo dolore, perché se non partecipiamo alla Sua sofferenza, non parteciperemo alla Sua gloria.

Ø      L’amore ci unisce all’Amato nel dolore come nella gioia. Mi fa ricordare le parole di Gesù a Suor Margherita Maria: “Ecco questo cuore che tanto ha amato gli uomini, e che è così poco contraccambiato”:

è      Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, le cose che costruiscono la pace! Ma ormai queste sono nascoste ai tuoi occhi. … tu non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata" (Lc 19, 41-42; 44).

 

L’umiltà di Dio di andare dai Suoi senza sommergerli con la Sua divinità;

Ø      l’umiltà di Dio di venire, manifestando una profondità d’amore che il mondo non ha mai visto. Un amore puro, altruistico, un amore che si proponeva il bene dell’amato, che aveva tesori da condividere e che bramava condividerli, un amore che aveva da donare la vita eterna e che voleva donarla.

Ø      Un amore nascosto e umile, modesto e mite; un amore che poteva essere respinto, e lo è stato, ed è Gesù, che:

è      pur essendo di natura divina, non considerò la Sua uguaglianza con Dio come qualcosa a cui afferrarsi; ma svuotò Se Stesso, assumendo la forma di servo, nato a somiglianza degli uomini.

-        Apparso in forma umana, umiliò Se Stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

-        Per questo Dio Lo ha enormemente esaltato e Gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 6-11).

 

Nella Persona di Suo Figlio Gesù il Padre sta dando un dono grande e prezioso agli uomini. Un dono si può ricevere; ma si può anche rifiutare.

Ø      È il dono dell’amore puro e santo, dell’amore eterno, un amore più forte della morte che salverà tutti quelli che si affidano ad esso.

Ø      Ma Gesù può salvare solo quelli che confidano in Lui, che si arrendono al Suo amore, che accettano di essere amati da Lui.

Ø      Spesso l’orgoglio è d’intralcio: “Gesù sapendo che il Padre Gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, Si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, Se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui Si era cinto.

-        Venne dunque da Simon Pietro e questi Gli disse: «Signore, Tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che Io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con Me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!» (Gv 13, 3-9).

Talvolta è più difficile essere amati che amare, accettare amore che darlo, in particolare per coloro che si vantano di essere “forti” o “sicuri di sé”. In un certo senso è umile ricevere e accettare amore. Ci rende vulnerabili, rivela una nostra necessità, una umanità, una mancanza di completezza. Esige anche una risposta reciproca che ci rende ancor più vulnerabili.

Ø      Quando Gesù Si avvicina per amarci, possiamo sentirci minacciati, vulnerabili e tirarci indietro, oppure rinchiuderci in noi stessi. Possiamo avvertire ansia o paura, chiedendoci debolmente se riusciremo a sopravvivere alla resa e allo sconvolgimento del nostro modo di affrontare la vita, costruito con tanta precisione e che ha formato la nostra personalità e le nostre relazioni.

Lasciarsi andare e accettare di essere amati dall’amore immenso di Gesù, e contraccambiare quell’amore, è l’unico modo per raggiungere il cielo. In realtà è la definizione di cielo, e deve cominciare ora.

 

Pietro fu umiliato dall’umiltà di Gesù: non era pronto a lasciarsi amare in maniera tanto umile e profonda.

Ø      Tuttavia quando Gesù gli disse che era la sola via per essere collegati a Gesù, Pietro rispose con una resa totale.

Non fu la resa a renderlo perfetto, ma fu quella a permettergli di fare l’esperienza di essere amato in modo perfetto. Forse fu proprio il ricordo di quell’amore a permettergli di pentirsi e tornare dopo quella terribile caduta, anziché uccidersi per la disperazione come fece Giuda.

 

A salvare il mondo è l’umile donazione della vita di Gesù; e a salvare noi è ricevere quell’amore umile.

Ø      Dalle profondità del Suo amore umile Gesù ci chiama, ci invita: “Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati e gravati, e Io vi arò riposo. Prendete il Mio giogo sopra di voi e imparate da Me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per voi stessi. Il Mio giogo infatti è facile e il Mio carico leggero" (Mt 11, 28-30).

Di fronte a un amore simile, a un tale mistero, a una tale profondità, mancano le parole. Solo amore che chiama amore, umiltà che chiama umiltà possono bastare. È così, infatti, che tutto ebbe inizio:

 

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".

A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".

Allora Maria disse all'angelo: "Com'è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e ti adombrerà la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 'nulla è impossibile a Dio".

Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei” (Lc 1, 26-38).

 

Davanti alla prospettiva concreta dell’Amore Divino Maria ebbe paura, ma rispose alla grazia che Dio le dava arrendendosi.

Ø      Tutta la sua vita cambiò per quell’umile Sì. E anche la nostra vita cambia. Il suo cuore era talmente pieno di gioia e di stupore davanti alla grandezza di Dio e alle meraviglie del Suo amore che in risposta al saluto di Elisabetta cantò:

Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore". Allora Maria disse:

L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato all'umiltà della Sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il Suo nome.

Di generazione in generazione la Sua misericordia si stende su quelli che Lo temono. Ha manifestato la potenza col Suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, Suo servo, ricordandosi della Sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre" (Lc 1, 24-55).

 

L’umiltà di Dio si avvicinò all’umiltà che Dio aveva donato a Maria, una figlia degli uomini, e la sua risposta ha dato la speranza a tutti noi.

 

 

L’Esempio dell’Amore Umile

 

Il modello di umiltà che vediamo nell’Amore Divino è offerto esplicitamente come modello nel quale lo Spirito di Dio, nella Sua misericordia e saggezza, ci attirerà. Quello che Gesù ha fatto e il modo in cui lo ha fatto servono da esempi per manifestarci come sarà la vita in cielo e come diventerà la vita dei redenti, già da questa terra.

Ø      Proprio in alcuni dei brani esaminati per meglio capire l’umiltà dell’amore di Dio vediamo, assieme alle straordinarie descrizioni, le esortazioni a seguire noi stessi quell’esempio, ora che la grazia di Dio è all’opera nella nostra vita per rendere possibile quell’amore umile.

Ø      Lo straordinario inno del Cristo “servo” in Filippesi inizia con l’esortazione: “Abbiate tra voi la stessa mentalità che era in Cristo Gesù” (Fil 2,5).

 

Inoltre, quando impariamo da Lui, che è mite ed umile di cuore, ciò che impariamo è umiltà e mitezza. Per di più la Scrittura indica che, poiché Dio ci dà la grazia di umiliare noi stessi, possiamo per così direpiegarci verso” l’umiltà: “Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice: Dio Si oppone ai superbi; agli umili invece dà la Sua grazia” (Gc 4,6).

Ø      Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno” (1 Pt 5,6).

è      “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Mt 23,12).

Il modello dell’amore umile deve essere la caratteristica non solo della nostra relazione con Dio, ma anche della relazione con gli altri. L’amore col quale siamo amati da Dio ci libera, ci chiama e ci dà il potere di amarci l’un altro.
MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 20:44

Amatevi Gli Uni Gli Altri

 

La grandezza del sacrificio di Cristo libera una potenza nella vita di quanti sono in unione con Lui che, mentre ci purifica e ci libera progressivamente, nelle nostre relazioni con gli altri ci permette di crescere nel modello del Suo amore.

Ø      Talmente grandi sono il sacrificio e l’Alleanza fatte con noi nel Suo sangue, tanto è grande il potere liberato nella nostra vita, che Gesù parla di un Comandamento “nuovo” che riassume qual è la Sua volontà riguardo alle nostre relazioni con gli altri.

è      Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come Io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete Miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13, 34-35).

è      Come il Padre ha amato Me, così anch'Io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i Miei comandamenti, rimarrete nel Mio amore, come Io ho osservato i comandamenti del Padre Mio e rimango nel Suo amore. Questo vi ho detto perché la Mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il Mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come Io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 9-13).

 

Gesù ha portato i discepoli in cima a un alto trampolino e ora dice loro di saltare. Dice loro che ora dovranno entrare nel regno dell’amore umile, tenace, caratteristico delle relazioni tra Padre, Figlio e Spirito Santo.

Ø      Li sta invitando ad entrare nella vita e nell’amore divino e a permettere al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo di impartire la loro stessa vita e il modello del loro amore a “semplici mortali”.

-        L’implicazione è che la vita del discepolo, di rinunziare a se stesso e addossarsi la croce dell’amore umile e tenace, è la vita di Dio Stesso, è la vita dello stesso cielo.

-        E mentre ci arrendiamo sempre più all’amore di Dio e entriamo nel modello del Suo amore nella relazione con gli altri, la promessa è che la nostra gioia sarà completa.

Quest’amore non è né impersonale né inumano. Se vissuto in modo autentico, è intensamente umano e intensamente personale.

Ø      L’amore “Agape” non è un amore svincolato dalle emozioni; è amore liberato dalle impurità.

Talvolta possiamo avere una nozione distorta di cos’è l’amore di Dio e quindi di cosa dovrebbe essere il nostro amore reciproco,

Ø      una nozione intaccata dall’influenza della filosofia greca su certi accostamenti alla spiritualità. Propriamente inteso, l’amore di Dio è appassionato e pieno di compassione, e il nostro amore per gli altri deve essere autenticamente umano e fervente quanto puro:

 

Il tema della compassione del Padre è scomparso dal linguaggio e dalla coscienza della Chiesa; è stato del tutto ignorato. …

Ø      Il processo generale e inesorabile di adattamento alla cultura del tempo ha fatto sì che l’idea biblica della sofferenza di Dio fosse sacrificata all’idea greca della impassibilità di Dio.

Ø      È stata anche influenzata dal fatto che l’impassibilità (apatheia) divenne, in alcuni monasteri, il più alto ideale ascetico, l’apice stesso della santità, e quindi si riteneva che fosse sovranamente attribuito a Dio.

Così la metafisica ontologica fu progressivamente in grado di penetrare la teologia e di soppiantare definitivamente il modo biblico di pensare. …

-        La conseguenza immediata fu che l’immagine di Dio come definita dalla tradizione assunse, contro le intenzioni del Concilio di Nicea e di Costantinopoli, le caratteristiche tipicamente greche di un Dio immobile e indifferente” (W Kasper, Jesus der Christus, III 1, 2, Mainz, 1974).[3]

 

Sant’Agostino, per la grande sensibilità di coscienza e l’ideale di alta santità, fece molto presto a reagire contro una certa interpretazione dell’ideale greco di apatheialibertà dalla passione.

Ø      Vide che il progresso della vita cristiana riusciva a riordinare nel modo giusto le nostre passioni, non a distruggerle. “Se quella deve esser chiamata apatia (apathia), dove la mente non è oggetto di alcuna emozione, allora chi non considererebbe tale insensibilità peggiore di ogni vizio?[4]

Agostino rilevò che Cristo ha sperimentato tutte le emozioni umane: dolore, paura, compassione, amore, gioia – in maniera piena e reale, e di quelli che pensavano di essersi gettati le emozioni dietro le spalle, ha dichiarato:

Ø      quelle persone piuttosto perdono tutta l’umanità, anziché ottenere la vera tranquillità.

-        Una cosa infatti non è necessariamente giusta per il fatto di essere inflessibile, né salutare perché è insensibile.”[5]

è      L’amore sia genuino; odiate il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rom 12, 9-10).

è      Tutto si faccia tra voi nella carità” (1 Cor 16,14).

è      Vi esorto dunque io, prigioniero per il Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore” (Ef 4, 1-2).

è      Il fine di questo richiamo è però l’amore, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera” (1 Tm 1,5).

è      Dopo aver santificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero amore, gli uni gli altri” (1 Pt 1,22).

 

Persino i mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa di Avila, famosi per la loro intensa trattazione della purificazione necessaria per essere uniti pienamente a Dio, parlano anche dell’intensità dell’amore umano che dovrebbe sgorgare da un cuore puro. Come dice Padre Dubay nel suo commento alla loro opera:

Ø      Un amore ardente per Dio implica e provoca la scomparsa di eccessivi attaccamenti a se stessi e di egoismi, ma non distrugge la reciprocità dell’amore umano interpersonale.

Ø      Al contrario, l’amore divino intensifica l’amore umano.

La realtà, altro nome per santità, è un insieme integrato: tutto si inserisce in armonia e rafforza tutto il resto. La verità è davvero sinfonica.”[6]

 

Anche C.S. Lewis esprime lo stesso concetto alla sua maniera tipicamente sconvolgente e penetrante:

Ø      “Quando avrò imparato ad amare Dio meglio delle mie persone più care sulla terra, amerò queste persone care meglio di ora.

Ø      Fin quando imparo ad amare i miei cari a spese di Dio e al posto di Dio, mi dirigerò verso la condizione in cui non li amerò affatto.

Quando si mettono al primo posto le cose più importanti, le seconde non vengono soppresse, ma accresciute.”[7]

 

 

Nelle Azioni, Non Solo A Parole

 

L’amore di Cristo non si esprimeva solo a parole, ma anche nelle Sue azioni: atti quotidiani di servizio amorevole, paziente, umile; atti straordinari di guarigione, liberazione, predicazione, insegnamento e miracoli;

Ø      e l’atto più straordinario di tutti, farsi uomo, in obbedienza al Padre, obbedienza che lo portò alla resa totale nella morte sulla Croce.

Ø      Fede, speranza e amore, se sinceri, ci porteranno ad agire, a vivere nelle azioni che Dio ha predisposto per noi.

-        La fede libera la potenza per agire;

-        la speranza ci dà il motivo per agire;

-        l’amore ci costringe ad amare, nelle azioni come a parole. Infatti,

la misura della vera spiritualità e della relazione autentica con Dio, si manifesta nell’amore espresso attraverso le azioni:

è      Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la Sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.

-        Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?

-        Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1 Gv 3, 16-28).

 

è      “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non conosce Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4, 7-8).

è      “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” (1 Gv 3,14).

è      Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non agisce con giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello. Poiché questo è il messaggio che avete udito fin dal principio: che dovremmo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 3, 10-11).

è      Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da Lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1 Gv 4, 20-21).

Sono parole forti, chiare e stimolanti. Mi ricordano ciò che una volta qualcuno disse:

Ø      Ciò che mi preoccupa non sono le parti della Bibbia che non capisco, ma quelle che capisco.”

Ma Gesù non ci invita a saltar giù dal trampolino (o a uscire dalla barca) lasciandoci poi alle nostre risorse personali.

Ø      Lui salta con noi, cammina con noi sull’acqua e fa tutto quello che può per noi non solo col Suo esempio, ma anche con la Sua presenza personale, col suo amore e insegnamento costante, per aiutarci a “crescere” nell’amore sacrificale della Trinità.

Ovviamente nessuna di queste cose è possibile senza il dono dello Spirito, per mezzo del quale la legge di Dio ora è scritta nei nostri cuori, e lo vedremo brevemente.

Ø      É un processo che dura una vita. Ma certo è bene cominciare: pentirsi, perdonare, chiedere il Suo aiuto.

Ø      Se ci imbattiamo in blocchi o ostacoli, oggi possiamo trovare ogni tipo di libri e piccoli gruppi di cristiani che possono aiutarci ad eliminare gli ostacoli e ad aprire, spalancare il cuore al perdono e all’amore, nelle azioni come a parole.

Anche Gesù sa bene che talvolta non possiamo imparare solo attraverso “insegnamenti” o parole: è necessaria una certa dose di sofferenza per spezzare l’orgoglio, umiliare il cuore e spalancarli  alla misericordia e alla compassione.

Ø      Egli è il medico divino e interverrà con qualsiasi tipo di chirurgia dell’anima sia necessaria per permetterci di vivere nell’amore, quali Suoi figli diletti.

Possiamo  fidarci nella Sua mano esperta sulla nostra vita, che ordina gli eventi e le circostanze per il nostro bene e per la Sua gloria.

Ø      Soprattutto Gesù ci invita ad “amarci gli uni gli altri”, riferendosi ai fratelli cristiani, quale segno della Sua presenza in mezzo al Suo popolo che ha risposto all’offerta della salvezza.

Ma dice anche chiaramente che il Suo, e il nostro amore, deve includere e raggiungere l’intera umanità.

 

 

Cosa Include l’Amore di Dio

 

La “religione” talvolta può diventare chiusa in se stessa, farisaica, dare giudizi e condanne gratuite a chi è “al di fuori” :

Ø      una perversione grave ma comune di ciò che Dio intendeva dovessero essere le adunanze del Suo popolo.

-        Anziché amare chi è “al di fuori”, la nostra natura umana caduta è portata a servirsi della “nostra religionesome piano d’appoggio del nostro ego, un modo per sentirsi superiori agli altri.

-        Della unione vivente con Gesù facciamo un sistema o un’ideologia, oppure un sostituto per quella unione, e ce ne serviamo per giudicare e condannare gli altri. Quanta differenza da ciò che Gesù intendeva e intende!

è      “Ma a voi che ascoltate, Io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.

-        A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da' a chiunque ti chiede; e a chi ti prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

è      Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché Egli è benevolo verso gli ingrati e gli egoisti. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.

è      Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi, in cambio" (Lc 6, 27-38).

 

Quando Gesù ci avverte di non giudicare né condannare, non esclude che si distingua la differenza tra bene e male.

Ø      Non esclude quanto in altri punti della Scrittura è consigliato: ammonire, esortare, dire la verità nell’amore.

-        Non esclude l’invito, a chi è bloccato nel peccato, a pentirsi, a tornare al Signore o ad abbandonare il peccato.

-        Non esclude che si giudichino alcune situazioni in cui abbiamo la responsabilità di farlo. Non esclude il ricorso ai “tribunali” legittimamente stabiliti dalla Chiesa per regolare i problemi gravi.

Sta escludendo il controllo compiaciuto, ipocrita e definitivo sul valore di un’altra persona, o di assumere la posizione di Dio, che spetta solo a Dio. Quel giudizio e la conseguente assoluzione o condanna spetta solo a Dio.

Ø      Ancora una volta Egli si aspetta che si faccia tutto con un amore umile, saldo e misericordioso,

e non vuole che l’amore si limiti a chi ci è caro o ci è simile: al nostro tipo, alla nostra classe, alla nostra chiesa o denominazione, al nostro movimento o gruppo, alla nostra razza o sesso, o “religione”.

 

Le cosiddette guerre di religione capitate in tutta la storia e che ancor oggi si stanno verificando sono un abominio per il Signore.

Ø      Che si tratti di un’idea aggregante contro il comunismo, di un segno di identità nei conflitti etnici o di una “chiave” per il benessere e la prosperità, la religione non deve essere usata per i nostri fini personali. La vera religione non è la maligna proiezione del nostro ego sul nostro gruppo etnico, affiliazione religiosa, identità denominazionali, chiesa di appartenenza, o identità nazionale bensì:

La religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” (Gc 1,27).

 

É forse questo il digiuno che ho scelto, un giorno in cui l'uomo si umili? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto? Forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?

Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene di perversione, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente?

-        Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. La tua giustizia camminerà davanti a te, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia.

-        Allora Lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed Egli dirà: "Eccomi!" Se toglierai di mezzo a te il giogo, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all'affamato e soddisferai il desiderio dell’afflitto, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio.

-        Ti guiderà sempre il Signore, soddisferà i tuoi desideri con cose buone, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non vengono a mancare.

-        La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di molte generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi” (Is 58, 5-12).

 

Nel profondo del cuore abbiamo la tendenza egoistica a restringere il ciclo dell’amore, a escludere gli altri dal nostro amore e dall’amore di Dio.

Ø      Persino le persone più vicine a Gesù, e anche dopo la Pentecoste, dovettero lottare contro questa tendenza. A Pietro furono necessarie visioni straordinarie e “mandati divini” per allargargli il cuore all’amore e accettare i pagani come fratelli in Cristo (vedi Atti 10): "Voi sapete che non è lecito per un Giudeo associarsi o far visita a persone di un’altra nazione; ma Dio mi ha mostrato che non dovrei chiamare impuro nessun uomo comune” (Atti 10,28).

Gesù ha illustrato il messaggio dell’amore e della misericordia universali in molte delle Sue parabole. Sia nella parabola del buon samaritano, del banchetto nuziale, del vignaiolo e dei suoi dipendenti Gesù ha detto chiaramente che

Ø      chiunque si trovi nel bisogno è il nostro prossimo, e il fatto che siamo già Suoi discepoli non ci dà il diritto di guardare gli altri dall’alto in basso o di restringere il cerchio dell’amore:

 

è      Giovanni Gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel Tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel Mio nome e subito dopo possa parlare male di Me. Chi non è contro di noi, è per noi” (Mc 9, 38-40).

è      Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio” (Lc 13,29).

è      E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste Io devo condurre; ascolteranno la Mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10,16).

 

Non è insolito leggere di diversi santi cattolici che offrono compassione a un povero mendicante, per poi scoprire che si trattava dello Stesso Cristo.

Ø      Le parole di S. Agostino ci aiutano a mantenere aperto il cuore agli “estranei”: “Quanti lupi stanno dentro l’ovile, e quante pecore fuori![8]

Come dice il Concilio Vaticano II: “Anche se è incorporato nella Chiesa, chi non persevera nella carità non è salvato … Tutti i figli della Chiesa dovrebbero tuttavia ricordare che la loro condizione esaltata non è il risultato dei loro meriti, ma della grazia di Cristo.

Ø      Se poi non corrispondono alla grazia col pensiero, parole e opere, non solo non saranno salvati, ma saranno giudicati con maggior severità.”[9]

In che modo si applica a noi tutto questo?

Ø      Quanto è importante aprire il cuore al debole, al povero e a chi nel mondo non conta nulla, a chi non ha alcuna influenza, è impotente (vedi Giacomo 2, 1-9).

-        Quanto è importante amare non solo le persone del nostro gruppo, comunità o movimento, ma anche la Chiesa intera!

-        Quanto è importante amare non solo i membri della nostra Chiesa locale, nazionale o internazionale, ma tutti i membri del corpo di Cristo, in qualunque Chiesa o denominazione si trovino!

Quanto è importante amare gli ebrei!

 

Quanto è importante amare i buddisti, i musulmani,

-        gli Indù, gli animisti, gli umanisti secolari,

-        i liberali e i conservatori,

-        gli atei, i tiepidi,

-        i neri e i bianchi, i bruni i gialli e i rossi,

-        i peccatori e i santi,

-        maschi e femmine,

-        malati e sani,

-        equilibrati e squilibrati
MARIOCAPALBO
00martedì 7 febbraio 2012 20:44

ognuno e tutti coloro che Dio ha creato e per i quali Cristo è morto, e lo Spirito Santo è stato riversato nei nostri cuori proprio per metterci in grado di amare.

 

Senza compromettere minimamente ciò che crediamo e l’immenso tesoro che ci è stato affidato, un modo essenziale per manifestare l’amore di Cristo ai membri delle varie religioni del mondo come anche ai non credenti, è nutrire verso di loro un atteggiamento di rispetto.

Ø      Papa Giovanni Paolo II in più d’una occasione ha sottolineato che, quando proclamiamo Cristo, dobbiamo farlo “nello spirito di comprensione e di pace del Vangelo”. Fa inoltre notare che nei suoi scritti sulla missione della Chiesa vi è “un messaggio d’amore e di rispetto per i fratelli e sorelle di altre tradizioni.”[10]

Ø      Il Cardinal Danneels ha rilevato che l’atteggiamento di S, Francesco d’Assisi verso i Musulmani, di grande rispetto verso di loro e verso le loro convinzioni, è ricordato ancora oggi:

-        Quando Francesco d’Assisi andò a parlare ai musulmani e al loro sceicco, proclamò Gesù con un tale grande rispetto per le credenze dello sceicco e dei musulmani che lo si ricorda ancora dopo sei secoli. Penso che anche noi dovremmo aspirare a sviluppare un simile atteggiamento.”[11]

Ø      Padre Marie-Dominique Philippe lo esprime bene: “Il cattolico è una persona col cuore grande come quello di Cristo. Perciò essere “Cattolico” è la stessa cosa che essere “universale”. Ciò significa tenere ogni cosa nella giusta considerazione, proprio come fece Cristo. Il cattolico è uno che – secondo la potente espressione di un discepolo di Origene – attraverso il cuore di Cristo, si considera responsabile per tutta l’umanità. ...

-        E non ci è richiesto  di dare la nostra opinione e dire “Che branco di imbecilli: dove pensano di andare … ?”

-        No, Ci è richiesto di aiutarli.  Per questo quando li aiutiamo, non ci interessa minimamente giudicarli poiché tutta la nostra energia è necessaria per conquistarli e portarli a Dio!”[12]

Compito impossibile? Sì, impossibile senza l’aiuto di Cristo. Ma con Lui, tutto è possibile.

 

 

L’Amore, Riversato nei Nostri Cuori

 

Con le nostre capacità, non possiamo amare così. Ci verrebbe un esaurimento nervoso se ci provassimo.

Ø      Ma lo stesso amore di Dio, un amore infinito, abbondante, è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo:

è      Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per Suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci rallegriamo, nella speranza di condividere la gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci rallegriamo anche delle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce sopportazione, la sopportazione il carattere, e il carattere produce la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 1-5).

           

è      E Io ho fatto conoscere loro il Tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale Mi hai amato sia in essi e Io in loro" (Gv 17,26).

è      Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della Sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal Suo Spirito nell'uomo interiore.

-        Che Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nell’amore,

-        possiate avere il potere di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità,

e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3, 14-19).

 

L’amore con cui siamo amati, l’amore che è venuto a noi per vivere in noi e con noi, Cristo Stesso, che è amore e la sorgente di ogni amore, ci dà la forza di amare, di perdonare, di essere perdonati e di continuare ad amare.

Ø      Per poter amare nel modo comandato da Cristo, dobbiamo sapere con quale amore siamo amati. Una volta che conosciamo quell’amore e continuiamo a conoscerlo, e vivendo in quell’amore uniti a Cristo, allora saremo guidati, motivati e rafforzati, incoraggiati, consolati e potenziati da esso: “ Sta scritto, infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né che furono mai concepite dal cuore dell’uomo,  queste ha preparato Dio per coloro che Lo amano, Dio le ha rivelate a noi per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2, 9-10).

 

è      Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di compassione, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi mettete l’amore, che lega tutto insieme in perfetta armonia” (Col 3, 13-14).

è      La Tua bontà è davanti ai miei occhi e nella fedeltà dirigo i miei passi” (Sal 25 [26], 3).

è      Esulterò di gioia per il tuo amore fedele” (Sal 30 (31), 8 – Bibbia Am. 31,7).

è      “Molti sono i dolori del malvagio, ma l’amore fedele circonda colui che spera nel Signore” (Sal 31[32],10).

è      Quanto è prezioso il tuo amore fedele, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle Tue ali,” (Sal 35[36], 8 – Bibbia Am. 36,7)

 

Una volta conosciuti le ricchezze, i tesori, la stabilità, la purezza e la potenza dell’amore di Dio per noi,  allora potremo amare ciò che quell’amore ama con un amore vero, dal cuore.

Ø      Anziché amare il denaro, la malvagità, i posti d’onore, il voler apparire buoni, le lodi degli uomini, una volta conosciuto l’amore di cui siamo oggetto, possiamo amare la bontà, la lode che ci viene da Dio, il Suo Regno, il Suo nome, la Sua volontà, il Suo popolo, la Sua parola, la Sua verità, i Suoi giudizi, i Suoi comandi e le Sue vie (vedi Sal 119, 97; 119; 127;  167).

Solo quando sappiamo in che modo siamo amati possiamo abbandonare definitivamente il “peccato” che pare si sia incollato nei recessi più profondi della mente, del cuore, delle emozioni e della volontà, e quindi amare la bontà e odiare la malvagità.

Ø      La tolleranza segreta della cattiveria, l’attaccamento alla malvagità, l’attrazione indulgente verso di essa, possono essere spezzate solo dall’amore che ci rende liberi.

Ø      Solo quando siamo fiduciosi che l’amore eterno che ci invita ad arrenderci supera di molto l’attrazione segreta che nutriamo verso il peccato e il suo fascino falso ma potente, solo allora avremo la libertà e il coraggio di farla davvero finita con lo stesso, di bruciare i nostri ponti e metterlo a morte.

 

Solo quando sapremo qualcosa sulla profondità dell’amore con cui siamo amati potremo sperare che in ogni circostanza della vita, persino nelle più difficili e apparentemente più tragiche, l’amore troverà la via per riportare la vittoria da una apparente sconfitta:

è      Non temere per uno spavento improvviso, né per la rovina degli empi quando verrà, perché il Signore sarà la tua sicurezza, preserverà il tuo piede dal laccio” (Prv 3, 25-26).

Alcuni anni fa rimasi molto commosso quando il Cardinal Suenens mi inviò la copia di una breve autobiografia scritta mentre si preparava a morire. Riassume le lezioni spirituali imparate nel corso di una vita alla sequela del Signore:

 

A 86 anni è vicino l’eterno domani … Oggi sono tornato a sperimentare la mia intuizione infantile, che aveva capito, proprio dagli inizi della vita, quanto essa è precaria, e che solo la vita eterna è vita vera.

Questa vita di domani sarà l’ingresso definitivo nel Regno di Dio dove tutto è luce e tenerezza … Con l’approssimarsi della morte , vedo su ogni pagina della mia vita una filigrana, per così dire, che dimostra quando l’amore attento di Dio ha sorvegliato sul mio andirivieni di ogni giorno, e tanto è vero che

ciò che noi abbiamo chiamato casi o circostanze che coincidono non erano altro che la Provvidenza che agiva con delicatezza infinita

Come addio a quanti leggono questo libretto, vorrei dire:

Il segreto della vita cristiana e della sua serenità altro non è che l’abbandono totale e completo all’Amore indefettibile di Dio, in tutte le circostanza.

E TUTTO significa TUTTO

GRAZIE, SIGNORE

PER IERI, PER OGGI, PER DOMANI.[13]

 

 

Amore e Potenza

 

Vi è un legame sorprendente tra amore cristiano e potenza spirituale che è necessario considerare.

Ø      L’amore di Dio riversato nei nostri cuori è proprio questo, l’amore di Dio.

-        Quell’amore è di un’umiltà profonda, ma è anche profondamente libero e potente.

-        Non assomiglia spesso al tipo di libertà e di potenza che il mondo  riconosce, ma è una libertà e una potenza che al confronto fa impallidire ciò che il mondo chiama con questi vocaboli. Subito dopo il grande inno all’amore in 1 Corinzi 13, Paolo procede così:

Fate dell’amore il vostro scopo, e desiderate ardentemente i doni spirituali, specialmente di poter profetizzare” (1 Cor. 14,1).

 

Questa è una fortissima esortazione a ricercare l’amore ma anche i doni dello Spirito.

Ø      Talvolta le due cose vengono messe in opposizione.

-        Alcuni danno l’impressione che poiché “il più grande di questi è l’amore”,

-        gli altri doni dello Spirito necessari all’azione, spesso “esterna”, non siano importanti o che siano un po’ al disotto della persona veramente spirituale o “interiore”.

-        Altri possono dare l’impressione che la cosa davvero importante sono i doni dello Spirito per l’azione e che l’amore è delizioso, ma che non è quello “il meglio”.

-        L’insegnamento della Scrittura ci dice di fare dell’amore il nostro scopo e di desiderare ardentemente i doni spirituali.

Fate dell’amore il vostro scopo” e “desiderate ardentemente  sono due esortazioni davvero molto forti. L’amore di Dio cerca di manifestarsi in azioni ispirate dallo Spirito Santo accompagnate dai doni elargiti dallo Stesso Spirito. L’amore e la bontà di per sé si diffondono.

 

Giovanni Paolo II ha fatto di recente alcune fortissime dichiarazioni sull’importanza dei carismi per la vita della Chiesa. Inizia citando il Concilio Vaticano II:

Ø      Non è solo attraverso i sacramenti e il ministero della Chiesa che lo Spirito Santo santifica il Popolo di Dio, lo guida e lo arricchisce delle Sue virtù. Distribuendo i Suoi doni come vuole (cf. 1 Cor 12,11), Egli distribuisce tra i fedeli di ogni grado anche grazie speciali. Attraverso questi doni Egli li rende idonei e pronti a intraprendere vari compiti e uffici per il rinnovamento e per la crescita della Chiesa” (Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium, 12).

E prosegue:

 

Perciò la partecipazione alla missione messianica da parte del Popolo di Dio non si ottiene solo attraverso la struttura amministrativa della Chiesa e la vita sacramentale. Avviene anche in un altro modo, quello dei doni spirituali o carismi.

Ø      Questa dottrina, richiamata dal Concilio, si basa sul Nuovo Testamento e serve a  dimostrare che lo sviluppo della comunità ecclesiale non dipende solo dall’istituzione dei ministeri e sacramenti, ma

-        è anche incoraggiata e promossa dai doni gratuiti e imprevedibili dello Spirito, che agiscono anche al di fuori dei canali istituiti.

-        A motivo di questa concessione di grazie speciali risulta evidente che il sacerdozio universale della comunità ecclesiale è guidato con una libertà sovrana dallo Spirito (“come Egli desidera”, dice San Paolo [1 Cor 12,11])  spesso sbalorditiva

-        Ognuno di noi da Dio riceve molti doni, adatti personalmente a noi e alla nostra missione. A causa di questa diversità, non esiste una via individuale di santità o missione  che sia mai identica alle altre.

Lo Spirito Santo dimostra di rispettare ogni individuo e vuol promuovere in ciascuno uno sviluppo originale della vita spirituale e del modo di rendere testimonianza.

 

Dopo aver individuato l’‘importanza della funzione profetica nella Chiesa e della libertà responsabile di parola, il Papa conclude:

Ø      Se è questo il profilo della libertà di parola, possiamo solo dire che

Ø      non vi è opposizione tra carisma e istituzione, perché è l’unico Spirito che ravviva la Chiesa con i vari carismi.

I doni spirituali servono anche a esercitare i ministeri. Sono conferiti dallo Spirito per promuovere l’avanzamento del Regno di Dio. In questo senso possiamo dire che la Chiesa  è una comunità di carismi.”[14]

 

E il Vaticano II, del Decreto sul Ministero e Vita dei Sacerdoti, sollecita in modo specifico i pastori ufficiali della Chiesa a promuovere e incoraggiare i doni carismatici dello Spirito:

Ø      Mentre si devono mettere gli spiriti alla prova per stabilire se sono da Dio, i vari doni carismatici dei laici devono essere scoperti con fede, riconosciuti con gioia e promossi con diligenza, che si tratti di doni di qualità umile o tra i più decantati.[15]

Ø      In pratica, spesso non è così facile per le cose nuove che lo Spirito sta facendo trovare  il  proprio posto all’interno della vita della Chiesa; sono richiesti molto amore e pazienza.

Come ha rilevato Monsignor Cordes in un suo libro recente, dalla nostra storia abbiano molto da imparare a questo riguardo:

 

Eppure il dovere di promuovere questi carismi, sollecitato dal Concilio, non appare di facile realizzazione. Già a livello biblico l’Apostolo dei Pagani si sentì obbligato ad ammonire la propria comunità:

Non soffocate lo Spirito. Non disprezzate il dono della profezia!” (1 Ts 5,20). …

Lo stesso apostolo dei Pagani ebbe da lottare per il nucleo essenziale del Vangelo di salvezza, che vide messo in pericolo tra i Galati (cf. Gal 3,1). … Evidentemente

Ø      alla comunità ecclesiale resta difficile permettere a nuove espressioni o moti dello Spirito, per quanto bene provati e approvati, di agire liberamente. …

I movimenti spirituali non sono apprezzati nel modo in cui la frequenza statistica dell’espressione lascia intendere.

-        I loro slanci al contrario sono accolti con scetticismo;

-        entrano in frizione con le strutture tradizionali;

-        spesso non riescono a liberarsi dagli intralci dei corpi di consultazione postconciliare;

-        spesso i media della Chiesa li passano sotto silenzio;

-        sono considerati campi da gioco per i profani e per gli estranei. …

-        persino più evidente è la lezione della storia che manifesta come l’iniziativa salvifica di Dio è spesso impedita dalla cecità umana. Questo è concepito dalla vita e opere di alcuni grandi rinnovatori:

-        Antonio, il padre del deserto; Anastasio, il teologo; Benedetto, il fondatore dell’ordine dei Benedettini; Francesco ed Ignazio.

Tutti questi e molti altri hanno per noi un avvertimento: solo dopo la loro morte furono loro accordati gli “onori dell’altare”; in vita incapparono nella più ostinata resistenza ad ogni livello da parte della gerarchia ecclesiastica.[16]

 

Non basta star seduti sul sedile posteriore e aspettare che sia l’amore ad arrivare a noi.

Ø      Ci è stato comandato di ricercare con ansia l’amore, di ricercare Dio Stesso, di impegnarci a camminare sulla via dell’amore.

Non basta essere “aperti” ai doni spirituali; dobbiamo piuttosto orientare il nostro cuore verso di essi, desiderarli positivamente, pregare per riceverli e desiderare arrendersi ad essi.

Ø      L’amore ci costringe ad avvalerci di tutto ciò che Dio desidera mettere a nostra disposizione come modo per aiutare e servire gli altri, liberare gli altri, incoraggiarli e rafforzarli.

Ø      Non orientare il cuore verso i doni spirituali significa ricadere in quella codardia, timidezza o paura contro la quale la Scrittura ci avverte esplicitamente:

è      Per questo motivo ti ricordo di riaccendere il dono di Dio che è in te tramite l'imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di potenza, di amore e di autocontrollo” (2 Tm 1,6-7).

 

Un predicatore profetico contemporaneo esprime bene il concetto:

Ø      “Dobbiamo recuperare la santità senza il legalismo, l’audacia e la potenza senza la presunzione e il potere senza l’orgoglio.

Quando la Chiesa farà questo, otterrà l’attenzione sia del cielo che della terra, perché il suo Dio sarà con lei nella Sua presenza manifesta.”[17]

Ø      C’è un’energia, una potenza, una forza impartite da Dio attraverso lo Spirito Santo, un amore riversato nei nostri cuori che ci riempie di energia per agire:

è      É Lui, infatti, che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per poter presentare ciascuno maturo in Cristo. Per questo mi affatico, e lotto con tutta l’energia Egli  infonde dentro di me” (Col 1, 28-29).

 

Amore e potenza spirituale devono essere legati con forza tra loro; quando non lo sono, è presente qualcosa di inferiore alla pienezza del Vangelo.

 

Rafforzati ora nella fede, nella speranza, nell’amore e nella potenza spirituale,

torniamo a considerare la situazione che noi, assieme a tutta la Chiesa, stiamo oggi vivendo.

 

 



[1] Padre Raniero Cantalamessa, La Vita nella Signoria di Cristo (ed. Ancora, Milano, 1994) p. 3.

[2] Ibid., pp. 3-4.

[3] Ibid., pp. 107-8.

[4] Agostino, La Città di Dio, XIV, 9.

[5] Ibid.,

[6] Padre Thomas Dubay, S.M., Fire Within (San Francisco: Ignatius Press, 1989), p. 277.

[7] C. S. Lewis, “Letter to a Lady”, 8 novembre, 1952, nella ed. W. H. Lewis, Letters of  C. S. Lewis, p. 248; citato in: Dubay, Fire Within, p. 286.

[8] Citato da Cantalamessa in: La Vita nella Signoria di Cristo, p. 152.

[9] Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium, 14.

[10] Giovanni Paolo II, “Dialogue Leads to Genuine Conversion”, L’Osservatore Romano (ed inglese), 18 novembre, 1992, p. 9.

[11] Cardinal Godfried Danneels, “Do We Still Have the Courage to Proclaim Christ?” FIAT Newsletter, n. 3 (aprile 1992): 3.

[12] Padre Marie-Dominique Philippe, O.P., Follow the Lamb … (Laredo, Tex. : Congregation of St. John, 1991), p. 35.

[13] Cardinal Suenens, Spiritual Journey (Gravenplein, Belgium: F.I.A.T. Publications, 1990), pp. 63-71.

[14] Giovanni Paolo II, “Charisms Have Role in Church’s Life”, L’Osservatore Romano (ed. inglese), 1 luglio 1992, p.11.

[15] Decreto sul Ministero e Vita dei Sacerdoti Presbyterorum Ordinis, 9.

[16] Vescovo Paul Cordes, Charisms and New Evangelization (Middlegreen, Slough, U.K.: St. Paul Publications, 1992), pp. 10-14.

[17] Paul Cain, “The Jealousy of God”, Morning Star Journal, Vol. 2, n. 3, p. 49.
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