5 agosto

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MARIOCAPALBO
00giovedì 14 agosto 2014 20:08
Il timore casto di Dio

05/08



 



Preghiera


Ti scongiuro, o Dio, che abbandonare è andare in rovina, a cui tendere è amare, che vedere è possedere: vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)



 



Lettura



Il timore casto di Dio


E’ in errore chi crede di essere vincitore del peccato, se si astiene dal peccato per timore del castigo; poiché anche se non si compie esternamente l’atto della passione cattiva, questa è come un nemico che portiamo dentro di noi. Come può risultare innocente al cospetto di Dio chi desiderasse fare ciò che è proibito, se gli fosse sottratto il castigo temuto? Perciò è colpevole nella sua propria volontà chi vorrebbe fare ciò che non è lecito e si astiene dal farlo solo perché non lo può impunemente, poiché, per quanto sta in lui, preferirebbe che non ci fosse la giustizia che proibisce e castiga i peccati; e se preferisce che non ci fosse la giustizia, chi metterebbe in dubbio che, avendone la possibilità, la sopprimerebbe? Come può essere dunque giusto un nemico così accanito della giustizia che, se glie ne si offrisse l’occasione, ne sopprimerebbe i precetti per non sopportarne le minacce o il giudizio? Concludendo, è nemico della giustizia chi non pecca per timore del castigo: sarà invece amico della giustizia chi non pecca per amore di essa, poiché allora veramente avrà timore del peccato. Mi spiego meglio: chi teme la geenna, non ha paura di peccare ma di bruciare. Teme invece di peccare chi odia il peccato stesso come la geenna. Ecco qual è il timore casto di Dio e che resta per tutti i secoli. Il timore del castigo invece ha il suo tormento e non è insito nell’amore: l’amore perfetto lo caccia lontano(Ep. 145, 4)



 



Per la riflessione


Ricordati, Signore, che siamo polvere e con la polvere hai creato l’uomo; egli si era perduto e fu ritrovato (Lc 15, 24). Neppure l’Apostolo trovò in sé il suo potere, essendo polvere anch’egli, ma il tuo soffio gli ispirò le parole che tanto amo, quando disse: Tutto posso in colui che mi fortifica. Fortificami, affinché io sia potente; dà ciò che comandi e comanda ciò che vuoi. (Conf. X, 31.45)



 



Pensiero agostiniano


Non è penoso e gravoso ciò che comanda Colui che aiuta a mettere in pratica ciò che comanda. (Sermo 96, 1)


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