Catechesi sul Credo, parte III: Lo Spirito Santo Datore di Vita gennaio 1990

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MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 19:39
Il nome «Spirito» nella rivelazione dell'Antico testamento
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 3 gennaio 1990



1. Nelle catechesi dedicate allo Spirito Santo - persona e missione - abbiamo voluto anzitutto ascoltarne l’annuncio e la promessa da parte di Gesù, particolarmente nell’ultima cena, rileggere la narrazione che gli Atti degli apostoli fanno della sua venuta, riesaminare i testi del Nuovo Testamento, che documentano la predicazione su di lui e la fede in lui nella Chiesa primitiva. Ma nella nostra analisi dei testi ci siamo più volte incontrati con l’Antico Testamento. Sono gli stessi apostoli che nella prima predicazione, dopo la Pentecoste, presentano espressamente la venuta dello Spirito Santo come adempimento delle promesse e degli annunci antichi, vedendo l’antica alleanza e la storia di Israele come tempo di preparazione a ricevere la pienezza di verità e di grazia, che doveva essere portata dal Messia.

Certo, la Pentecoste era un evento proiettato verso l’avvenire, perché dava inizio al tempo dello Spirito Santo, che Gesù stesso aveva indicato come protagonista, insieme col Padre e col Figlio, dell’opera della salvezza, destinata a dilatarsi dalla croce in tutto il mondo. Tuttavia, per una più completa conoscenza della rivelazione dello Spirito Santo, occorre risalire al passato, cioè all’Antico Testamento, per rintracciarvi i segni della lunga preparazione al mistero della Pasqua e della Pentecoste.

2. Dovremo, dunque, tornare a riflettere sui dati biblici riguardanti lo Spirito Santo e sul processo di rivelazione, che si delinea progressivamente dalle penombre dell’Antico Testamento fino alle chiare affermazioni del Nuovo, e si esprime prima all’interno della creazione e poi nell’opera della redenzione, prima nella storia e nella profezia di Israele, e poi nella vita e nella missione di Gesù Messia, dal momento dell’incarnazione a quello della risurrezione.

Tra i dati da esaminare vi è anzitutto il nome con cui lo Spirito Santo viene adombrato nell’Antico Testamento, nonché i diversi significati espressi con questo nome.

Sappiamo che nella mentalità ebraica il nome ha un grande valore per rappresentare la persona. Si può ricordare, in proposito, l’importanza che nell’Esodo e in tutta la tradizione di Israele viene attribuita al modo di nominare Dio. Mosè aveva chiesto al Signore Dio qual era il suo nome. La rivelazione del nome era considerata manifestazione della persona stessa: il nome sacro metteva il popolo in relazione con l’essere, trascendente ma presente, di Dio stesso (cf. Es 3, 13-14).

Il nome con cui viene adombrato, nell’Antico Testamento, lo Spirito Santo ci aiuterà a comprenderne la proprietà, anche se la sua realtà di persona divina, consostanziale al Padre e al Figlio, ci è fatta conoscere soltanto nella rivelazione del Nuovo Testamento. Possiamo pensare che il termine sia stato scelto con accuratezza dagli autori sacri; e anzi che lo stesso Spirito Santo, il quali li ha ispirati, abbia guidato il processo concettuale e letterario che già nell’Antico Testamento ha fatto elaborare un’espressione adatta a significare la sua persona.

3. Nella Bibbia il termine ebraico che designa lo Spirito è ruah. Il primo senso di questo termine, come della sua traduzione latina spiritus, è “soffio”. In italiano è ancora osservabile la parentela tra “spirito” e “respiro”. Il soffio è la realtà più immateriale che percepiamo; non la si vede, è sottilissima; non è possibile afferrarla con le mani; sembra un niente, eppure ha un’importanza vitale; chi non respira non può vivere. Tra un uomo vivente e un uomo morto c’è questa differenza che il primo ha il soffio e l’altro non ce l’ha più. La vita viene da Dio; il soffio dunque viene da Dio, che lo può anche riprendere (cf. Sal 103, 29-30). Da queste osservazioni sul soffio, si è arrivati a capire che la vita dipende da un principio spirituale, che è stato chiamato con la stessa parola ebraica “ruah”. Il soffio dell’uomo sta in rapporto con un soffio esterno molto più potente, il soffio del vento.

L’ebraico “ruah”, come il latino spiritus, designano anche il soffio del vento. Nessuno vede il vento, però i suoi effetti sono impressionanti. Il vento spinge le nuvole, agita gli alberi. Quando è violento, solleva il mare e può inabissare le navi (Sal 106, 25-27). Agli antichi il vento appariva come una potenza misteriosa, che Dio aveva a disposizione (Sal 103, 3-4). Lo si poteva chiamare il “soffio di Dio”.

Nel libro dell’Esodo, un racconto in prosa dice: “Il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte soffio d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare all’asciutto . . .” (Es 14, 21-22). Nel capitolo successivo, gli stessi eventi vengono descritti in forma poetica e allora il soffio del vento d’oriente viene chiamato “il soffio delle narici” di Dio. Rivolgendosi a Dio, il poeta dice: “Al soffio delle tue narici si accumularono le acque . . . Soffiasti con il tuo soffio e il mare coprì i nemici” (Es 15, 8. 10). Così viene espressa in modo molto suggestivo la convinzione che il vento fu, in queste circostanze, lo strumento di Dio.

Dalle osservazioni fatte sul vento invisibile e potente, si è arrivati a concepire l’esistenza dello “spirito di Dio”. Nei testi dell’Antico Testamento, si passa facilmente da un significato all’altro, e anche nel Nuovo Testamento vediamo che i due significati sono presenti. Per far capire a Nicodemo il modo di agire dello Spirito Santo, Gesù adopera il paragone del vento e si serve dello stesso termine per designare tanto l’uno quanto l’altro: “Il soffio - cioè il vento - soffia dove vuole . . . così è di chiunque è nato dal Soffio, cioè dallo Spirito Santo” (Gv 3, 8).

4. L’idea fondamentale espressa dal nome biblico dello Spirito non è quindi quella di una potenza intellettuale, ma quella di un impulso dinamico, paragonabile all’impulso del vento. Nella Bibbia, la prima funzione dello Spirito non è di far capire, ma di mettere in moto; non d’illuminare, ma di comunicare un dinamismo.

Tuttavia questo aspetto non è esclusivo. Altri aspetti vengono espressi, i quali preparano la rivelazione successiva. Anzitutto l’aspetto d’interiorità. Il soffio, infatti, entra all’interno dell’uomo. In linguaggio biblico, questa constatazione si può esprimere dicendo che Dio mette lo spirito nei cuori (cf. Ez 36, 26; Rm 5, 5). Sottilissima, l’aria penetra non soltanto nel nostro organismo, ma in tutti gli spazi e interstizi; questo aiuta a capire che “lo Spirito del Signore riempie l’universo” e che “pervade”, in particolare, “tutti gli spiriti” (Sap 1, 7; 7, 23) come dice il Libro della Sapienza.

All’aspetto d’interiorità si ricollega l’aspetto di conoscenza. “Chi conosce le cose dell’uomo, domanda san Paolo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui?” (1 Cor 2, 11). Soltanto il nostro spirito conosce le nostre reazioni intime, i nostri pensieri non ancora comunicati ad altri. In modo analogo e a maggior ragione, lo Spirito del Signore, che è presente all’interno di tutti gli esseri dell’universo, conosce tutto dall’interno. Anzi, “lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio . . . Le cose di Dio nessuno le ha mai potute conoscere se non lo Spirito di Dio” (1 Cor 2, 10-11).

5. Quando si tratta di conoscenza e di comunicazione tra le persone, il soffio ha una connessione naturale con la parola. Infatti per parlare adoperiamo il nostro soffio. Le corde vocali fanno vibrare il nostro soffio, il quale trasmette così i suoni delle parole. Ispirandosi a questo fatto, la Bibbia metteva volentieri in parallelo la parola e il soffio (cf. Is 11, 4), o la parola e lo spirito. Grazie al soffio, la parola si propaga; dal soffio essa prende forza e dinamismo. Il Salmo 32 (v. 6) applica questo parallelismo all’evento primordiale della creazione e dice: “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera . . .”.

In testi del genere, noi possiamo scorgere una lontana preparazione della rivelazione cristiana del mistero della santissima Trinità: Dio-Padre è principio della creazione; egli l’ha attuata mediante la sua Parola, cioè mediante il suo Verbo e Figlio e mediante il suo Soffio, lo Spirito Santo.

6. La molteplicità dei significati del termine ebraico “ruah”, adoperato nella Bibbia per designare lo Spirito, sembra dare adito a qualche confusione: effettivamente, in un dato testo, spesso non è possibile determinare il senso preciso della parola; si può esitare tra vento e respiro, tra alito e spirito, tra spirito creativo e Spirito divino.

Questa molteplicità, però, è anzitutto una ricchezza, perché mette tante realtà in comunicazione feconda. Qui conviene rinunciare parzialmente alle pretese di una razionalità preoccupata di precisione, per aprirsi a prospettive più larghe. Ci è utile, quando pensiamo allo Spirito Santo, tener presente che il suo nome biblico significa “soffio” e ha rapporto con il soffio potente del vento e con il soffio intimo del nostro respiro. Invece di attenerci a un concetto troppo intellettuale e arido, troveremo profitto nell’accogliere questa ricchezza di immagini e di fatti. Le traduzioni, purtroppo, non sono in grado di tramandarcela interamente, perché si trovano spesso costrette a scegliere altri termini. Per rendere la parola ebraica “ruah”, la traduzione greca dei Settanta adopera 24 termini diversi e quindi non permette di scorgere tutte le connessioni che si trovano tra i testi della Bibbia ebraica.

7. A conclusione di questa analisi terminologica dei testi dell’Antico Testamento sulla “ruah”, possiamo dire che da essi il soffio di Dio appare come la forza che fa vivere le creature. Appare come una realtà intima a Dio, che opera nell’intimità dell’uomo. Appare come una manifestazione del dinamismo di Dio, che si comunica alle creature.

Pur non essendo ancora concepito come Persona distinta, nell’ambito dell’essere divino, il “soffio” o “Spirito”, di Dio si distingue in certo modo da Dio che lo manda, per operare nelle creature. Così, anche sotto l’aspetto letterario, la mente umana viene preparata a ricevere la rivelazione della Persona dello Spirito Santo, che apparirà come espressione della vita intima di Dio e della sua onnipotenza.

Ai fedeli di lingua francese

Je suis heureux de saluer les pèlerins et les visiteurs d’expression française. En particulier, j’adresse mes salutations cordiales aux forains venus de l’Est de la France. Chers amis, par profession, vous mettez de la joie au coeur des autres. Soyez-en félicités et remerciés! Je vous offre mes meilleurs voeux pour vous-mêmes et pour les membres de vos familles.

A toutes les personnes ici présentes, je souhaite une bonne année nouvelle. Je leur donne de gran coeur ma Bénédiction Apostolique pour les aider à répandre le message et la joie du Christ.

Ai pellegrini di espressione inglese

Dear Brothers and Sisters,

I am pleased to welcome the members of the Maitland Catholic Choir from Australia and all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience, especially the Parish Pilgrimage of St. Thomas Aquinas, from Lund, Sweden, and also a Parish Group Polish from Lund, Sweden.

May Jesus Christ, the new-born Prince of Peace, fill your hearts with his peace through this New Year. Upon all of you I cordially invoke the abundant blessings of God our Almighty Father.

Ad un gruppo di fedeli provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini giapponesi, guidati dal P. Hayat: all’inizio del nuovo anno auguro che la vostra vita cristiana sia, per i vostri connazionali, come l’evangelico grano di senape, affinché il Regno di Dio si instauri al più presto anche in Giappone.

Invoco su di voi la protezione della Madonna e vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai gruppi di lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Herzlich grüße ich bei der heutigen ersten Audienz im neuen Jahr alle anwesenden Pilger deutscher Sprache. Von Herzen wünsche ich euch und allen, zu denen meine Worte gelangen, den Beistand des göttlichen Geistes, sein Licht und seine Führung für ein gottwohlgefälliges Leben und Wirken in diesem neuen Jahr des Herrn. Hierbei begleite ich euch in der Liebe Christi mit meinem besonderen Apostolischen Segen.

Ai pellegrini di lingua spagnola

Junto con mis mejores deseos para el Año que comienza, saludo ahora muy cordialmente a todos los peregrinos y visitantes de lengua española.

Mis primeras palabras de afectuosa bienvenida deseo dedicarlas a los sacerdotes, religiosos y religiosas aquí presentes, a quienes aliento a renovar su generosa entrega a las tareas ministeriales y apostólicas. Igualmente, a las jóvenes del Movimiento Regnum Christi y al grupo de estudiantes de las Academias de Overbrook (Dallas) y de Dal Riada (Dublín).

A todos imparto de corazón la Bendición Apostólica.

Ai fedeli di espressione portoghese

Caríssimos irmãos e irmãs de língua portuguesa,

Saúdo cordialmente aqueles que me escutam, desejando-lhes felicidades, com os favores de Deus, e que o ano que está a começar seja realmente, para todos, um Ano Bom!

Ai pellegrini polacchi

Serdecznie witam pielgrzymów z Polski, z Gorzowa księdza Biskupa Ordynaiusza oraz księży biskupów pomocniczych, zarówno już wyświęconego jak i tego, który ma być wyświęcony w najnliższą uroczystość Trzech Króli w Bazylice św. Piotra; serdecznie witam pilgrzymkę Duszpasterstwa Prawników Polskich z ks. prof. Tadeuszem Pieronkiem ich duszpasterzem; witam także uczestników grup turystycznych z Polski - Turysty i Orbisu. Wszystkich serdecznie pozdrawiam przy pozątku nowego roku 1990. . . . Serdecznie pozdrawiam wszystkich obecnych tu rodaków i życzę błogosławieństwa Bożego w nowym roku dla całej naszej Ojczyzny.

Ai gruppi di lingua italiana

Mi è gradito ora salutare voi, Sacerdoti, che celebrate il 25º o il 50º anniversario di ordinazione, e voi, Suore Benedettine, che festeggiate ricorrenze particolarmente significative della vostra professione religiosa. Sono vicino a voi, cari fratelli e sorelle, con la preghiera, in cui chiedo al Salvatore di ricolmarvi della sua bontà, affinché la vostra vita sia sempre orientata a Lui ed al prossimo. Questo augurio e questa invocazione viene da me elevata anche per le religiose Mercedarie del SS. Sacramento, alle quali rivolgo pure il mio benvenuto.

Cordialmente saluto, poi, voi alunni dei Seminari di Napoli e di Chioggia, che partecipate a questa udienza con i vostri superiori ed i vostri familiari. Carissimi, il ricordo della nascita di Gesù vi sia di sprone a crescere nella sua grazia e nel suo servizio.

Giunga poi una parola di saluto a voi, soci dell’Azione Cattolica della diocesi di Saluzzo, che con il vostro Vescovo, Monsignor Sebastiano Dho, siete oggi pellegrini a Roma. Vi esorto a perseverare nella testimonianza di fede e di amore a Cristo nella vita quotidiana, estendo tale invito ai rappresentanti di alcune Comunità di Sant’Egidio provenienti da diversi paesi. Saluto i bambini del coro denominato “Grillo Canterino” e i membri dell’Associazione dei “ Cantori di Assisi”.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo pure un saluto ed uno speciale augurio ai giovani, ai malati, agli sposi novelli. Sia sempre Gesù Cristo per tutti voi, la via che segni i passi del nuovo anno, da poco iniziato. Lo sia per voi, cari giovani, nel vostro cammino di crescita, nelle decisioni del vostro programma di vita, nelle scelte morali che vi impegnano. Lo sia ancora per voi, ammalati, nel comprendere e nell’accettare la sofferenza, come momento di redenzione e di grazia, sull’esempio del Redentore. E lo sia per voi, sposi novelli, perché possiate tracciare un cammino di vita familiare capace di testimoniare sempre nell’amore e nella visione cristiana della vostra esistenza la grandezza e la bellezza del Sacramento del Matrimonio. A tutti la mia Benedizione Apostolica.



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MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 19:41
L'azione creatrice dello Spirito divino
L'azione creatrice dello Spirito divino
Udienza Generale — 7 Gennaio 1990

1. Nel linguaggio biblico il rilievo dato alla «ruah» come «soffio di Dio» sembra dimostrare che l'analogia tra l'azione divina invisibile, spirituale, penetrante, onnipotente, e il vento, era radicata nella psicologia e nella tradizione, a cui attingevano e nello stesso tempo davano nuovo alimento gli autori sacri. Pur nella varietà di significati derivati, il termine serviva sempre per esprimere una «forza vitale» operativa dall'esterno o dall'interno dell'uomo e del mondo. Anche quando non designava direttamente la persona divina, il termine riferito a Dio - «spirito (o soffio) di Dio» - imprimeva e faceva crescere nell'anima di Israele l'idea di un Dio spirituale che interviene nella storia e nella vita dell'uomo, e preparava il terreno alla futura rivelazione dello Spirito Santo.

Così possiamo dire che già dalla narrazione della creazione, nel libro della Genesi, la presenza dello «spirito (o vento) di Dio», che aleggiava sulle acque mentre la terra era deserta e vuota e le tenebre coprivano l'abisso (cf. Gen 1,2), è un riferimento di notevole efficacia a «quella forza vitale». Esso suggerisce che il «soffio» o «spirito» di Dio ha avuto un ruolo nella creazione: quasi un potere di animazione, insieme con la «parola» che dà l'essere e l'ordine alle cose.

2. La connessione tra lo spirito di Dio e le acque, che osserviamo all'inizio del racconto della creazione, si ritrova in altra forma in diversi brani della Bibbia e vi diventa anche più stretta, perché lo Spirito stesso viene presentato come un'acqua fecondante, sorgente di nuova vita. Nel libro della consolazione, il Secondo-Isaia esprime questa promessa di Dio: «Io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido. Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri; cresceranno come erba in mezzo all'acqua, come salici lungo acque correnti (Is 44,3-4). L'acqua che Dio promette di far scorrere è il suo spirito, che egli «verserà » sui figli del suo popolo. Non diversamente il profeta Ezechiele annuncia che Dio «effonderà » il suo spirito sulla casa d'Israele (Ez 39,29), e il profeta Gioele riprende la stessa espressione che assimila lo spirito a un'acqua versata: «Effonderò il mio spirito, dice Dio, sopra ogni carne...» (Gl 3,1).

Il simbolismo dell'acqua, con riferimento allo Spirito, sarà ripreso nel Nuovo Testamento e arricchito di nuove sfumature. Avremo occasione di tornarvi.

3. Nel racconto della creazione, dopo la menzione iniziale dello spirito o soffio di Dio che aleggiava sulle acque non troviamo più la parola «ruah», nome ebraico dello spirito. Il modo però in cui viene descritta la creazione dell'uomo suggerisce un rapporto con lo spirito o soffio di Dio. Infatti si legge che, dopo aver plasmato l'uomo con polvere del suolo, il Signore Dio «soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un'anima vivente». La parola «alito» (in ebraico «neshama») è un sinonimo di «soffio» o «spirito» («ruah»), come si vede dal parallelismo con altri testi: invece di «alito di vita» leggiamo «soffio di vita». D'altra parte, l'azione di «soffiare», attribuita a Dio nel racconto della creazione, viene ascritta allo Spirito nella visione profetica della risurrezione (Ez 37,9).

La Sacra Scrittura ci fa quindi capire che Dio è intervenuto per mezzo del suo soffio o spirito per fare dell'uomo un essere animato. Nell'uomo c'è un «alito di vita», che proviene dal «soffiare» di Dio stesso. Nell'uomo c'è un soffio o spirito che assomiglia al soffio o spirito di Dio.

Quando il libro della Genesi, al capitolo 2, parla della creazione degli animali, non accenna a una relazione così stretta col soffio di Dio. Dal capitolo precedente sappiamo che l'uomo è stato creato «a immagine e somiglianza di Dio».

4. Altri testi, tuttavia, ammettono che anche gli animali hanno un alito o soffio vitale e che l'hanno ricevuto da Dio. Sotto questo aspetto l'uomo, uscito dalle mani di Dio, appare solidale con tutti gli esseri viventi. Così il Salmo 104 non pone distinzione tra gli uomini e gli animali quando dice, rivolgendosi a Dio creatore: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono» (Sal 104,27-28). Poi il Salmista aggiunge: «Se togli loro il soffio, muoiono e ritornano nella polvere. Mandi il tuo soffio, sono creati e rinnovati la faccia della terra» (Sal 104,29-30). L'esistenza delle creature dipende dunque dall'azione del soffio-Spirito di Dio, che non solo crea, ma anche conserva e rinnova continuamente la faccia della terra.

5. La prima creazione, purtroppo, fu devastata dal peccato. Dio, però, non l'abbandonò alla distruzione, ma ne preparò la salvezza, che doveva costituire una «nuova creazione (cf. Is 65,17; Gal 6,15; Ap 21,5). L'azione dello Spirito di Dio per questa nuova creazione viene suggerita dalla famosa profezia di Ezechiele sulla risurrezione. In una visione impressionante, il profeta ha sotto gli occhi una vasta pianura «piena di ossa», e riceve l'ordine di profetizzare su queste ossa e di annunziare: «Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo Spirito e rivivrete...» (Ez 37,1-5). Il profeta esegue l'ordine divino e vede «un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente» (Ivi, 37,7). Poi appaiono i nervi, la carne cresce, la pelle ricopre i corpi e infine, alla voce del profeta, lo spirito entra in quei corpi, che ritornano allora in vita e si alzano in piedi (Ivi, 37,8-10).

Il senso primo di questa visione era di annunciare la restaurazione del popolo d'Israele dopo la devastazione e l'esilio: «Queste ossa sono tutta la gente d'Israele», dice il Signore. Gli Israeliti si consideravano perduti, senza speranza. Dio promette loro: «Farò entrare in voi il mio spirito e vivrete» (Ivi, 37,14). Alla luce però del mistero pasquale di Gesù, le parole del profeta acquistano un senso più forte, quello di annunciare una vera risurrezione dei nostri corpi mortali grazie all'azione dello Spirito di Dio.

L'apostolo Paolo esprime questa certezza di fede, dicendo: «Se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).

La nuova creazione, infatti, ha avuto il suo inizio grazie all'azione dello Spirito Santo nella morte e risurrezione di Cristo. Nella sua passione, Gesù ha accolto pienamente l'azione dello Spirito Santo nel suo essere umano (cf. Eb 9,14), il quale ha condotto attraverso la morte a una nuova vita (cf. Rm 6,10), che egli è ormai in grado di comunicare a tutti i credenti, trasmettendo loro questo stesso Spirito, prima in modo iniziale, nel Battesimo, poi pienamente nella risurrezione finale.

La sera di Pasqua, Gesù risorto, apparendo ai discepoli nel cenacolo, rinnova su di loro la stessa azione che Dio creatore aveva compiuto su Adamo. Dio aveva «soffiato» sul corpo dell'uomo per dargli vita. Gesù «soffia» sui discepoli e dice loro: «Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22).

Il soffio umano di Gesù serve così all'attuazione di un'opera divina più meravigliosa ancora di quella iniziale. Non si tratta soltanto di creare un uomo vivente, come nella prima creazione, ma di introdurre gli uomini nella vita divina.

6. A buon diritto, perciò, san Paolo stabilisce un parallelismo e un'antitesi tra Adamo e Cristo, tra la prima e la seconda creazione, quando scrive: «Se c'è un corpo animato (in greco «psychikon», da «psyché» che significa anima) vi è anche un corpo spirituale («pneumatikon», cioè completamente permeato e trasformato dallo Spirito di Dio), poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un'anima vivente (Gen 2,7), ma l'ultimo Adamo è divenuto spirito che fa vivere» (1 Cor 15,45). Cristo risorto, nuovo Adamo, è talmente permeato, nella sua umanità , dallo Spirito Santo, che può essere chiamato lui stesso «spirito». Infatti questa sua umanità non ha solo la pienezza dello Spirito Santo per se stessa, ma anche la capacità di comunicare la vita dello Spirito a tutti gli uomini. «Se qualcuno è in Cristo, scrive ancora san Paolo, è una nuova creatura» (2 Cor 5,17).

Si manifesta così pienamente, nel mistero di Cristo morto e risorto, l'azione creatrice e rinnovatrice dello Spirito di Dio, che la Chiesa invoca dicendo: «Veni creator Spiritus», «Vieni, Spirito creatore».
MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 19:42
L'azione profetica dello Spirito divino

L'azione profetica dello Spirito divino

Udienza Generale — 14 Gennaio 1990

1. Ricollegandoci alla precedente catechesi, possiamo cogliere tra i dati biblici già riferiti l'aspetto profetico dell'azione esercitata dallo spirito di Dio sui capi del popolo, sui re, e sul Messia. Tale aspetto richiede un'ulteriore riflessione, perché il profetismo è il filone lungo il quale scorre la storia di Israele, dominata dalla figura preminente di Mosè, il «profeta» più eccelso, «con il quale il Signore parlava a faccia a faccia» (Dt 34,10). Lungo i secoli gli israeliti prendono sempre più familiarità col binomio «la Legge e i Profeti», come sintesi espressiva del patrimonio spirituale, affidato da Dio al suo popolo. Ed è mediante il suo spirito che Dio parla e agisce nei padri, e di generazione in generazione prepara i tempi nuovi.

2. Senza dubbio il fenomeno profetico, che si osserva storicamente, è legato alla parola. Il profeta è un uomo che parla a nome di Dio, consegna a coloro che lo ascoltano o lo leggono ciò che Dio vuol far conoscere sul presente e sull'avvenire. Lo spirito di Dio anima la parola e la rende vitale. Comunica al profeta e alla sua parola un certo pathos divino, per cui diviene vibrante, a volte appassionata e sofferente, sempre dinamica.

Non di rado la Bibbia descrive episodi significativi, nei quali si osserva che lo spirito di Dio si posa su qualcuno, e questi subito pronuncia un oracolo profetico. Così avviene per Balaam: «Lo spirito di Dio fu sopra di lui». Allora «pronunciò il suo poema e disse:...Oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi...» (Nm 24,2.3-4). E la famosa «profezia», che anche se si riferisce, nell'immediato, a Saul e a Davide, nella lotta contro gli amaleciti, evoca nello stesso tempo il futuro Messia: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe, e uno scettro sorge da Israele...» (1Sam 15,8; 30,1ss).

3. Un altro aspetto dello spirito profetico a servizio della parola è che esso si può comunicare e quasi «suddividere», secondo le necessità del popolo, come nel caso di Mosè preoccupato del numero degli israeliti da condurre e governare, che contavano ormai «600.000 adulti». Il Signore gli comandò di scegliere e riunire «70 uomini tra gli anziani d'Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scribi». Ciò fatto, il Signore «prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui 70 anziani: quando lo spirito si fu posato su di essi, quelli profetizzarono...» (cf. Nm 24,16-25).

Nella successione di Eliseo a Elia, il primo vorrebbe addirittura ricevere «due terzi dello spirito» del grande profeta, una specie di doppia parte dell'eredità che toccava al figlio maggiore, per essere così riconosciuto come suo principale erede spirituale tra la moltitudine di profeti e di «figli dei profeti», raggruppati in corporazioni. Ma lo spirito non si trasmette da profeta a profeta come un'eredità terrena: è Dio che lo concede. Difatti così avviene, e i «figli dei profeti» lo constatano: «Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo» (2Sam 2,15).

4. Nei contatti di Israele con i popoli confinanti non mancarono manifestazioni di falso profetismo, che portarono alla formazione di gruppi di esaltati, i quali sostituivano con musiche e gesticolazioni lo spirito proveniente da Dio e aderivano addirittura al culto di Baal. Elia condusse una decisa battaglia contro questi profeti, rimanendo solitario nella sua grandezza. Eliseo, per parte sua, ebbe maggiori rapporti con alcuni gruppi, che sembravano rinsaviti.

Nella genuina tradizione biblica si difende e rivendica la vera idea del profeta come uomo della parola di Dio, istituito da Dio, al pari e al seguito di Mosè: «Io susciterò loro un profeta come te in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà quanto io gli comanderò» (Dt 18,18). Questa promessa è accompagnata da un ammonimento contro gli abusi del profetismo: «Il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire. Se tu pensi: Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detta? Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l'ha detta il Signore» (Dt 18,20-22).

Altro aspetto di tale criterio di giudizio è la fedeltà alla dottrina consegnata a Israele da Dio, nella resistenza alle seduzioni dell'idolatria. Si spiega così l'ostilità contro i falsi profeti. Compito del profeta, come uomo della parola di Dio, è di combattere lo «spirito di menzogna» che si trova sulla bocca dei falsi profeti, per tutelare il popolo dalla loro influenza. E una missione ricevuta da Dio, come proclama Ezechiele (13,2-3): «Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, profetizza contro i profeti di Israele, e di' a coloro che profetizzano secondo i propri desideri: Guai ai profeti stolti, che seguono il loro spirito senza aver avuto visioni».

5. Uomo della parola, il profeta deve essere anche «uomo dello spirito», come già lo chiama Osea: deve avere lo spirito di Dio, e non solo il proprio spirito, se deve parlare a nome di Dio.

Il concetto è sviluppato soprattutto da Ezechiele, che lascia intravedere la presa di coscienza ormai avvenuta circa la profonda realtà del profetismo. Parlare in nome di Dio richiede, nel profeta, la presenza dello spirito di Dio. Questa presenza si manifesta in un contatto che Ezechiele chiama «visione». In chi ne beneficia, l'azione dello spirito di Dio garantisce la verità della parola pronunciata. Troviamo qui un nuovo indizio del legame fra parola e spirito, che prepara linguisticamente e concettualmente il legame che a un livello più alto, nel Nuovo Testamento, viene posto tra il Verbo e lo Spirito Santo.

Ezechiele ha coscienza di essere personalmente animato dallo spirito: «Uno spirito entrò in me, - egli scrive - mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava». Lo spirito entra all'interno della persona del profeta. Lo fa stare in piedi: dunque ne fa un testimone della parola divina. Lo solleva e lo mette in movimento: «Uno spirito mi sollevò... e mi portò via». Così si manifesta il dinamismo dello spirito. Ezechiele, peraltro, precisa che sta parlando dello «Spirito del Signore» (Ez 2,2; 3,12-14; 11,5).

6. L'aspetto dinamico dell'azione profetica dello Spirito divino risalta fortemente nelle profezie di Aggeo e di Zaccaria, i quali, dopo il ritorno dall'esilio, hanno vigorosamente spinto gli ebrei rimpatriati a mettersi al lavoro per ricostruire il tempio di Gerusalemme. Il risultato della prima profezia di Aggeo fu che «il Signore destò lo spirito di Zorobabele... governatore della Giudea e di Giosuè... sommo sacerdote e di tutto il resto del popolo ed essi si mossero e intrapresero i lavori per la causa del Signore degli eserciti». In un secondo oracolo, il profeta Aggeo intervenne di nuovo e promise l'aiuto potente dello Spirito del Signore: «Coraggio, Zorobabele... Coraggio, Giosuè... Coraggio, popolo tutto del paese, dice il Signore, e al lavoro... il mio spirito sarà con voi, non temete» (Ag 2,4-5). E similmente il profeta Zaccaria proclamava: «Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito, dice il Signore degli eserciti» (Zc 4,6).

Nei tempi che precedettero più immediatamente la nascita di Gesù, non c'erano più profeti in Israele e non si sapeva fino a quando sarebbe durata tale situazione. Uno degli ultimi profeti, Gioele, aveva però annunciato un'effusione universale dello Spirito di Dio che doveva verificarsi «prima che venisse il giorno del Signore, grande e terribile», e doveva manifestarsi con una straordinaria diffusione del dono di profezia. Il Signore aveva proclamato per suo tramite: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni essere umano e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni rivelatori; i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,4.1).

Così si doveva finalmente adempiere l'augurio espresso, molti secoli prima, da Mosè: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito» (Nm 11,29). L'ispirazione profetica avrebbe raggiunto perfino «gli schiavi e le schiave», superando ogni distinzione di livelli culturali o condizioni sociali. Allora la salvezza sarebbe stata offerta a tutti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3,5).

Come abbiamo visto in una catechesi precedente, questa profezia di Gioele trovò il suo compimento nel giorno di Pentecoste, sicché l'apostolo Pietro, rivolgendosi alla folla stupefatta, poté dichiarare: «Accade quello che predisse il profeta Gioele»; e recitò l'oracolo del profeta, spiegando che Gesù «innalzato alla destra di Dio aveva ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso e lo aveva effuso» abbondantemente. Da quel giorno in poi, l'azione profetica dello Spirito Santo si è continuamente manifestata nella Chiesa per darle luce e conforto.

MARIOCAPALBO
00sabato 6 aprile 2013 19:43
L'azione direttiva dello Spirito divino
GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 17 gennaio 1990



1. L’Antico Testamento ci offre preziose testimonianze circa il ruolo riconosciuto allo “Spirito” di Dio - come “soffio”, “alito”, “forza vitale”, simboleggiato dal vento - non solo nei libri che raccolgono la produzione religiosa e letteraria degli autori sacri, specchio della psicologia e del linguaggio di Israele, ma anche nella vita dei personaggi che fanno da guida al popolo nel suo cammino storico verso l’avvenire messianico.

È lo Spirito di Dio che, secondo gli autori sacri, agisce sui capi facendo sì che essi non solo operino in nome di Dio, ma con la loro azione servano veramente al compimento dei disegni divini; e guardino perciò non tanto alla costruzione e all’ingrandimento di un loro potere personale o dinastico secondo le prospettive di una concezione monarchica o aristocratica, ma alla prestazione di un servizio utile agli altri e particolarmente al popolo. Si può dire che, attraverso questa mediazione dei capi, lo Spirito di Dio penetra e conduce la storia di Israele.

2. Già nella storia dei patriarchi si osserva che a guidarli e a condurli nel loro cammino, nei loro spostamenti, nelle loro vicende, c’è una mano superna, realizzatrice di un piano che riguarda la loro “discendenza”. Tra di essi è Giuseppe, nel quale risiede lo Spirito di Dio come spirito di sapienza, scoperto dal faraone, che chiede ai suoi ministri: “Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?” (Gen 41, 38). Lo spirito di Dio rende Giuseppe capace di amministrare il paese e di svolgere una sua straordinaria funzione non solo per la sua famiglia e le diramazioni genealogiche di questa, ma in ordine a tutta la futura storia di Israele.

Anche su Mosè, mediatore tra Jahvè e il popolo, agisce lo spirito di Dio, che lo sostiene e lo guida nell’esodo che porterà Israele ad avere una patria e a diventare un popolo indipendente, capace di assolvere il suo compito messianico. In un momento di tensione nell’ambito delle famiglie accampate nel deserto, quando Mosè si lamenta con Dio perché si sente impari a portare “il peso di tutto questo popolo”, Dio gli comanda di scegliere settanta uomini, con i quali dare una prima organizzazione del potere direttivo a quelle tribù in cammino e gli annuncia: “Io prenderò lo spirito che è su di te per metterlo su di loro, perché portino con te il carico del popolo e tu non lo porti più da solo”. Ed effettivamente, radunati settanta anziani intorno alla tenda del convegno, “il Signore prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani” (Nm 11, 14. 17. 25).

Quando, alla fine della sua vita, Mosè deve preoccuparsi di lasciare un capo alla comunità, perché “non sia un gregge senza pastore”, il Signore gli indica Giosuè, “uomo in cui è lo spirito”: e Mosè impose “le mani su di lui”, sicché anch’egli è “pieno dello spirito di saggezza” (Dt 34, 9). Sono casi tipici della presenza e dell’azione dello Spirito nei “pastori” del popolo.

3. A volte il dono dello spirito è conferito anche a chi, pur non essendo un capo, è chiamato da Dio a rendere un servizio di qualche importanza in particolari momenti e circostanze. Per esempio quando si tratta di costruire la “tenda del convegno” e “l’arca dell’alleanza”, Dio dice a Mosè: “Vedi, ho chiamato per nome Bezaleel . . . l’ho riempito dello spirito di Dio perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro”. E anzi, anche riguardo ai compagni di lavoro di questo artigiano, Dio aggiunge: “Nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza, perché possano eseguire quanto ti ho comandato: la tenda del convegno, l’arca della Testimonianza” (Es 31, 6-7).

Nel Libro dei Giudici vengono celebrati degli uomini che inizialmente sono “eroi liberatori”, ma poi anche governatori di città e distretti, nel periodo di assestamento tra il regime tribale e quello monarchico. Secondo l’uso del verbo shâfat, “giudicare”, nelle lingue semitiche imparentate all’ebraico, essi vanno considerati non solo come amministratori della giustizia, ma come capi delle loro popolazioni. Essi vengono suscitati da Dio, che comunica loro il suo spirito (soffio-ruah) in risposta a suppliche rivolte a lui in situazioni critiche. Più volte nel Libro si attribuisce la loro comparsa e la loro azione vittoriosa a un dono dello spirito. Così nel caso di Otniel, il primo dei grandi giudici di cui si riassume la storia, è detto che “gli israeliti gridarono al Signore e il Signore suscitò loro un liberatore, Otniel . . ., ed egli li liberò. Lo spirito del Signore fu su di lui ed egli fu giudice d’Israele” (Gdc 3, 9-10).

Per Gedeone l’accento è posto sulla potenza dell’azione divina: “Lo spirito del Signore investì Gedeone”. Anche di Iefte è detto che “lo spirito del Signore discese su Iefte”. E di Sansone: “Lo spirito del Signore cominciò ad agitarlo”. Lo spirito di Dio in questi casi è il donatore di una forza straordinaria, del coraggio delle decisioni, a volte di un’abilità strategica, per cui l’uomo è reso capace di svolgere la missione affidatagli per la liberazione e la guida del popolo (cf. Gdc 6, 34; 11, 29; 13, 25).

4. Quando avviene la svolta storica dai Giudici ai Re, secondo la richiesta degli Israeliti di avere “un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli” (1 Sam 8, 5), l’anziano giudice e liberatore Samuele fa in modo che Israele non smarrisca il sentimento dell’appartenenza a Dio come popolo eletto e che sia assicurato l’elemento essenziale della teocrazia, cioè il riconoscimento dei diritti di Dio sul popolo. L’unzione dei re come rito istitutivo è il segno della investitura divina che pone un potere politico a servizio di una finalità religiosa e messianica. In questo senso Samuele, dopo aver unto Saul e avergli preannunciato l’incontro a Gabaa con un gruppo di profeti salmodianti, gli dice: “Lo spirito del Signore investirà anche te e ti metterai a fare il profeta con loro e sarai trasformato in un altro uomo”. “Ed ecco, quando [Saul] ebbe voltato le spalle per partire da Samuele, Dio gli mutò il cuore . . . Lo spirito di Dio lo investì e si mise a fare il profeta in mezzo a loro”. Anche quando spuntò l’ora delle prime iniziative di battaglia, “lo spirito di Dio investì Saul”. Si attuava in lui la promessa della protezione e dell’alleanza divina fattagli da Samuele: “Dio sarà con te”. Quando lo spirito di Dio abbandona Saul, che viene atterrito da uno spirito cattivo, è già sulla scena Davide, consacrato dal vecchio Samuele con l’unzione per cui “lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi” (1 Sam 10, 6; 10, 7-10; 11, 6; 16, 13-14).

5. Con Davide, ben più che con Saul, prende consistenza l’ideale del re unto dal Signore, figura del futuro Re-Messia, che sarà il vero liberatore e salvatore del suo popolo. Anche se i successori di Davide non raggiungeranno la sua statura nell’attuazione della regalità messianica, e anzi non pochi prevaricheranno contro l’alleanza di Jahvè con Israele, l’ideale del Re-Messia non tramonterà e sempre più si proietterà nell’avvenire in termini di attesa, rinfocolata dagli annunci profetici.

Specialmente Isaia mette in rilievo il rapporto tra lo spirito di Dio e il Messia: “Su di lui si poserà lo spirito del Signore”. Sarà ancora lo spirito di fortezza, ma prima di tutto spirito di sapienza: “Spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”, quello che spingerà il Messia a operare con giustizia in favore dei miseri, dei poveri e degli oppressi (Is 11, 2-4).

Il santo spirito del Signore, il suo “soffio”, che percorre tutta la storia biblica, sarà dunque dato in pienezza al Messia. Quello stesso spirito che alita sul caos prima della creazione, che dà la vita a tutti gli esseri, che suscita i Giudici e i Re, che abilita gli artigiani al lavoro per il santuario, che dà la saggezza a Giuseppe, l’ispirazione a Mosè e ai profeti, come a Davide, scenderà sul Messia con l’abbondanza dei suoi doni e lo metterà in grado di compiere la sua missione di giustizia e di pace. Colui sul quale Dio avrà “posto il suo Spirito”, “porterà il diritto alle nazioni”; “egli non verrà meno e non si abbatterà finché non avrà stabilito il diritto sulla terra” (Is 42, 4).

6. In quale maniera egli “stabilirà il diritto” e libererà gli oppressi? Sarà forse con la forza delle armi come avevano fatto i Giudici, sotto l’impulso dello Spirito, e come fecero, molti secoli dopo, i Maccabei? L’Antico Testamento non permetteva di dare una risposta chiara a questa domanda. Alcuni passi annunciavano interventi violenti, come ad esempio il testo d’Isaia (42, 4) che dice: “Calpestai i popoli con sdegno, li stritolai con ira, feci scorrere per terra il loro sangue”. Altri invece insistevano sull’abolizione di ogni lotta: “Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo; non si eserciteranno più nell’arte della guerra.

La risposta doveva essere rivelata dal modo in cui lo Spirito Santo avrebbe guidato Gesù nella sua missione; dal Vangelo sappiamo che lo Spirito spinse Gesù a rifiutare l’uso delle armi e ogni ambizione umana e a riportare una vittoria divina per mezzo di una generosità sconfinata, versando il proprio sangue per liberarci dai nostri peccati. Così si manifestò in maniera decisiva l’azione direttiva dello Spirito Santo.

Ai pellegrini di lingua francese

Cher Frères et Soeurs,

Je salue cordialement les visiteurs de langue française venus à cette audience et je leur donne volontiers ma Bénédiction Apostolique.

Ai fedeli di lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I welcome the many seminarians and priests from the United States who are present at today’s Audience. I pray that your visit to Rome, the City of the Apostles Peter and Paul, will inspire in you an ever deeper love for Jesus Christ and for the mystery of his Church. To you and to all the English-speaking visitors and pilgrims I gladly impart my Apostolic Blessing as a pledge of God’s grace and peace.

Ai pellegrini di lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit einem herzlichen Willkommensgruß erbitte ich auch allen anwesenden Pilgern die reichen Gaben des Heiligen Geistes und erteile ihnen von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai pellegrini di lingua spagnola

Amadísimos hermanos y hermanas,

Saludo con particular afecto a todas las personas, familias y grupos que participan en esta audiencia, procedentes de los diversos Países de América Latina y de España, a quienes imparto de corazón la Bendición Apostólica.

Ai fedeli di lingua portoghese

Caríssimos irmãos e irmãs de língua portuguesa,

Saúdo e desejo felicidades a quantos me escutam; e ao grupo de Brasileiros anunciado e a todos, dou, de coração, a minha Bênção.

Ai fedeli polacchi

Pozdrawiam zespói wokalny z parafii św. Andrzeja w Warszawie “Lord’s Singers” oraz różnych pielgrzymów zarówno z kraju, jak i z emigracji, w szczególności grupę turystyczną “Turysta”.

Ai gruppi italiani

Il mio caloroso benvenuto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli: vi auguro che la vostra vita sia una generosa conquista di nobili traguardi per la gloria di Dio e il servizio dei fratelli.

Un saluto particolare va pure ai Focolarini, alle Novizie e alle Postulanti del Monastero di S. Anna di Bastìa Umbra, alle Piccole Suore della Sacra Famiglia e ai rappresentanti del circo “Nando Orfei”. A tutti auguro ogni bene ed imparto la mia Benedizione Apostolica.

L’unità dei cristiani è in stretta relazione con la diffusione della fede nel mondo. La sua ricerca è quindi un impegno prioritario di tutti i battezzati. Lo ribadisce Giovanni Paolo II nel breve discorso pronunciato durante l’udienza generale in occasione dell’inizio della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”. Il tradizionale appuntamento di preghiera e di meditazione comincerà domani 18 e terminerà il 25. Queste le parole pronunciate dal Papa.

Domani avrà inizio l’annuale “Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani”. In alcuni Paesi dell’emisfero sud essa si svolge attorno alla festa di Pentecoste. Questa distinzione nel tempo non tocca in nulla l’identica prospettiva che ispira tutti i cristiani: intensificare la preghiera per invocare da Dio il dono dell’unità.

Il tema proposto per quest’anno richiama l’anelito manifestato da Gesù stesso nella preghiera per l’unità dei discepoli e di tutti coloro che, nel tempo, avrebbero creduto alla loro parola: “Che tutti siano una sola cosa . . . affinché il mondo creda” (Gv 17, 21). L’unità dei cristiani è posta in stretta relazione con la diffusione della fede nel mondo. La sua ricerca, quindi, è un impegno prioritario che coinvolge tutti i battezzati.

Invito voi tutti qui presenti e i cattolici del mondo intero a pregare intensamente per l’unità durante questa speciale Settimana. Vi invito anche a unirvi, dove è possibile, agli altri cristiani per implorare dal Signore questo grande dono. Valgano questi giorni a suscitare in tutti un rinnovato impegno personale e comunitario per la ricerca dell’unità nell’unica Chiesa di Cristo.



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