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. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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LETTERA ENCICLICA ECCLESIA DE EUCHARISTIA

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2017 19:12
06/06/2017 19:11

♦ 37. L' Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. Se l' Eucaristia rende presente il Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un' esigenza continua di conversione, di risposta personale all' esortazione che san Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: « Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5, 20). Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l' itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico.   Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all' interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti « ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto ».76                                                                                                         ♦38. La comunione ecclesiale, come ho già ricordato, è anche visibile, e si esprime nei vincoli elencati dallo stesso Concilio allorché insegna: « Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integra la sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti con Cristo – che la dirige mediante il Sommo Pontefice e i Vescovi – dai vincoli della professione di fede, dei Sacramenti, del governo ecclesiastico e della comunione ».77 L' Eucaristia, essendo la suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa, esige di essere celebrata in un contesto di integrità dei legami anche esterni di comunione. In modo speciale, poiché essa è « come la consumazione della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti »,78 richiede che siano reali i vincoli della comunione nei Sacramenti, particolarmente nel Battesimo e nell' Ordine sacerdotale. Non è possibile dare la comunione alla persona che non sia battezzata o che rifiuti l' integra verità di fede sul Mistero eucaristico. Cristo è la verità e rende testimonianza alla verità (cfr Gv 14,6; 18,37); il Sacramento del suo corpo e del suo sangue non consente finzioni.      ♦39. Inoltre, per il carattere stesso della comunione ecclesiale e del rapporto che con essa ha il sacramento dell' Eucaristia, va ricordato che « il Sacrificio eucaristico, pur celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del Signore, riceve l' intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica ».79 Deriva da ciò che una comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse autosufficiente, ma deve mantenersi in sintonia con ogni altra comunità cattolica.   La comunione ecclesiale dell' assemblea eucaristica è comunione col proprio Vescovo e col Romano Pontefice. Il Vescovo, in effetti, è il principio visibile e il fondamento dell' unità nella sua Chiesa particolare.80 Sarebbe pertanto una grande incongruenza se il Sacramento per eccellenza dell' unità della Chiesa fosse celebrato senza una vera comunione col Vescovo. Scriveva sant' Ignazio di Antiochia: « Si ritenga sicura quell' Eucaristia che si realizza sotto il Vescovo o colui a cui egli ne ha dato incarico ».81 Parimenti, poiché « il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell' unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli »,82 la comunione con lui è un' esigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico. Di qui la grande verità espressa in vari modi dalla Liturgia: « Ogni celebrazione dell' Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, con l' Ordine episcopale, con tutto il clero e con l' intero popolo. Ogni valida celebrazione dell' Eucaristia esprime questa universale comunione con Pietro e con l' intera Chiesa, oppure oggettivamente la richiama, come nel caso delle Chiese cristiane separate da Roma ».83                                                                                                                  ♦40. L' Eucaristia crea comunione ed educa alla comunione. San Paolo scriveva ai fedeli di Corinto mostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee eucaristiche, fossero in contrasto con quello che celebravano, la Cena del Signore. Conseguentemente l' Apostolo li invitava a riflettere sulla vera realtà dell' Eucaristia, per farli ritornare allo spirito di comunione fraterna (cfr 1 Cor 11,17-34). Efficacemente si faceva eco di questa esigenza sant' Agostino il quale, ricordando la parola dell' Apostolo: « Voi siete corpo di Cristo e sue membra » (1 Cor 12,27), osservava: « Se voi siete il suo corpo e le sue membra, sulla mensa del Signore è deposto quel che è il vostro mistero; sì, voi ricevete quel che è il vostro mistero ».84 E da tale constatazione deduceva: « Cristo Signore [...] consacrò sulla sua mensa il mistero della nostra pace e unità. Chi riceve il mistero dell' unità, ma non conserva il vincolo della pace, riceve non un mistero a suo favore, bensì una prova contro di sé ».85                                                                                                        ♦  41. Questa peculiare efficacia nel promuovere la comunione, che è propria dell' Eucaristia, è uno dei motivi dell' importanza della Messa domenicale. Su di essa e sulle altre ragioni che la rendono fondamentale per la vita della Chiesa e dei singoli fedeli mi sono soffermato nella Lettera apostolica circa la santificazione della domenica Dies Domini,86 ricordando, tra l' altro, che per i fedeli partecipare alla Messa è un obbligo, a meno che non abbiano un impedimento grave, sicché ai Pastori s' impone il corrispettivo dovere di offrire a tutti l' effettiva possibilità di soddisfare al precetto.87 Più recentemente, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nel tracciare il cammino pastorale della Chiesa all' inizio del terzo millennio, ho voluto dare particolare rilievo all' Eucaristia domenicale, sottolineandone l' efficacia creativa di comunione: « Essa – scrivevo – è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata. Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa, che può svolgere così in modo efficace il suo ruolo di sacramento di unità ».88                                                                                          42. La custodia e la promozione della comunione ecclesiale è un compito di ogni fedele, che trova nell' Eucaristia, quale sacramento dell' unità della Chiesa, un campo di speciale sollecitudine. Più in concreto, questo compito ricade con particolare responsabilità sui Pastori della Chiesa, ognuno nel proprio grado e secondo il proprio ufficio ecclesiastico. Perciò la Chiesa ha dato delle norme che mirano insieme a favorire l' accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla Mensa eucaristica e a determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve astenere dall' amministrare la comunione. La cura nel favorirne la fedele osservanza diventa espressione effettiva di amore verso l' Eucaristia e verso la Chiesa.                                                                                                            ♦ 43. Nel considerare l' Eucaristia quale sacramento della comunione ecclesiale vi è un argomento da non tralasciare a causa della sua importanza: mi riferisco al suo rapporto con l' impegno ecumenico. Noi tutti dobbiamo ringraziare la Trinità Santissima perché, in questi ultimi decenni, molti fedeli in ogni parte del mondo sono stati toccati dal desiderio ardente dell' unità fra tutti i cristiani. Il Concilio Vaticano II, all' inizio del Decreto sull' ecumenismo, riconosce in ciò uno speciale dono di Dio.89 È stata una grazia efficace che ha messo in cammino per la via ecumenica sia noi, figli della Chiesa cattolica, sia i nostri fratelli delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. L' aspirazione verso la meta dell' unità ci sospinge a volgere lo sguardo all' Eucaristia, la quale è il supremo Sacramento dell' unità del Popolo di Dio, essendone l' adeguata espressione e l' insuperabile sorgente.90 Nella celebrazione del Sacrificio eucaristico la Chiesa eleva la sua supplica a Dio Padre di misericordia, perché doni ai suoi figli la pienezza dello Spirito Santo così che diventino in Cristo un solo corpo e un solo spirito.91 Nel presentare questa preghiera al Padre della luce, da cui discende « ogni buon regalo e ogni dono perfetto » (Gc 1,17), la Chiesa crede nella sua efficacia, poiché prega in unione con Cristo capo e sposo, il quale fa sua la supplica della sposa unendola a quella del suo sacrificio redentore.                                                                                                                 ♦44. Proprio perché l' unità della Chiesa, che l' Eucaristia realizza mediante il sacrificio e la comunione al corpo e al sangue del Signore, ha l' inderogabile esigenza della completa comunione nei vincoli della professione di fede, dei Sacramenti e del governo ecclesiastico, non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino a che non sia ristabilita l' integrità di tali vincoli. Siffatta concelebrazione non sarebbe un mezzo valido, e potrebbe anzi rivelarsi un ostacolo al raggiungimento della piena comunione, attenuando il senso della distanza dal traguardo e introducendo o avallando ambiguità sull' una o sull' altra verità di fede. Il cammino verso la piena unità non può farsi se non nella verità. In questo tema il divieto della legge della Chiesa non lascia spazio a incertezze,92 in ossequio alla norma morale proclamata dal Concilio Vaticano II.93 Vorrei comunque ribadire quello che nella Lettera enciclica Ut unum sint soggiungevo, dopo aver preso atto dell' impossibilità della condivisione eucaristica: « Eppure noi abbiamo il desiderio ardente di celebrare insieme l' unica Eucaristia del Signore, e questo desiderio diventa già una lode comune, una stessa implorazione. Insieme ci rivolgiamo al Padre e lo facciamo sempre di più "con un cuore solo" ».94                                                                                      ♦45. Se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all' amministrazione dell' Eucaristia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l' obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l' eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una intercomunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale.  In tal senso si è mosso il Concilio Vaticano II, fissando il comportamento da tenere con gli Orientali che, trovandosi in buona fede separati dalla Chiesa cattolica, chiedono spontaneamente di ricevere l' Eucaristia dal ministro cattolico e sono ben disposti.95 Questo modo di agire è stato poi ratificato da entrambi i Codici, nei quali è considerato anche, con gli opportuni adeguamenti, il caso degli altri cristiani non orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica.96                                                          ♦46. Nell' Enciclica Ut unum sint io stesso ho manifestato apprezzamento per questa normativa, che consente di provvedere alla salvezza delle anime con l' opportuno discernimento: « È motivo di gioia ricordare che i ministri cattolici possano, in determinati casi particolari, amministrare i sacramenti dell' Eucaristia, della Penitenza, dell' Unzione degli infermi ad altri cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, ma che desiderano ardentemente riceverli, li domandano liberamente, e manifestano la fede che la Chiesa cattolica confessa in questi Sacramenti. Reciprocamente, in determinati casi e per particolari circostanze, anche i cattolici possono fare ricorso per gli stessi Sacramenti ai ministri di quelle Chiese in cui essi sono validi ».97  Occorre badare bene a queste condizioni, che sono inderogabili, pur trattandosi di casi particolari determinati, poiché il rifiuto di una o più verità di fede su questi Sacramenti e, tra di esse, di quella concernente la necessità del Sacerdozio ministeriale affinché siano validi, rende il richiedente non disposto ad una loro legittima amministrazione. Ed anche inversamente, un fedele cattolico non potrà ricevere la comunione presso una comunità mancante del valido sacramento dell' Ordine.98  La fedele osservanza dell' insieme delle norme stabilite in questa materia99 è manifestazione e, al contempo, garanzia di amore sia verso Gesù Cristo nel santissimo Sacramento, sia verso i fratelli di altra confessione cristiana, ai quali è dovuta la testimonianza della verità, come anche verso la stessa causa della promozione dell' unità. 


CAPITOLO QUINTO   IL DECORO
DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA 

♦47. Chi legge nei Vangeli sinottici il racconto dell' istituzione eucaristica, resta colpito dalla semplicità e insieme dalla « gravità », con cui Gesù, la sera dell' Ultima Cena, istituisce il grande Sacramento. C' è un episodio che, in certo senso, fa da preludio: è l' unzione di Betania. Una donna, identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda (cfr Mt 26,8; Mc 14,4; Gv 12,4) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno « spreco » intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – « i poveri li avete sempre con voi » (Mt 26,11; Mc 14,7; cfr Gv 12,8) – Egli guarda all' evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l' unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell' onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte, indissolubilmente legato com' è al mistero della sua persona.  Il racconto continua, nei Vangeli sinottici, con l' incarico dato da Gesù ai discepoli per l' accurata preparazione della «  grande sala » necessaria per consumare la cena pasquale (cfr Mc 14,15; Lc 22, 12), e con la narrazione dell' istituzione dell' Eucaristia. Lasciando almeno in parte intravedere il quadro dei riti ebraici della cena pasquale fino al canto dell' Hallel (cfr Mt 26,30; Mc 14,26), il racconto offre in maniera concisa quanto solenne, pur nelle varianti delle diverse tradizioni, le parole dette da Cristo sul pane e sul vino, da Lui assunti quali concrete espressioni del suo corpo donato e del suo sangue versato. Tutti questi particolari sono ricordati dagli Evangelisti alla luce di una prassi di « frazione del pane » ormai consolidata nella Chiesa primitiva. Ma certo, fin dalla storia vissuta di Gesù, l' evento del Giovedì Santo porta visibilmente i tratti di una « sensibilità » liturgica, modulata sulla tradizione antico- testamentaria e pronta a rimodularsi nella celebrazione cristiana in sintonia col nuovo contenuto della Pasqua.                                                                                ♦48. Come la donna dell' unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di « sprecare  », investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell' Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la « grande sala », essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell' avvicendarsi delle culture a celebrare l' Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull' onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l' eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana. E in effetti, che cosa mai potrebbe bastare, per esprimere in modo adeguato l' accoglienza del dono che lo Sposo divino continuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata delle singole generazioni di credenti il Sacrificio offerto una volta per tutte sulla Croce, e facendosi nutrimento di tutti i fedeli? Se la logica del « convito » ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa « dimestichezza » col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il « convito » resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito eucaristico è davvero convito « sacro », in cui la semplicità dei segni nasconde l' abisso della santità di Dio: «  O Sacrum convivium, in quo Christus sumitur! ». Il pane che è spezzato sui nostri altari, offerto alla nostra condizione di viandanti in cammino sulle strade del mondo, è « panis angelorum », pane degli angeli, al quale non ci si può accostare che con l' umiltà del centurione del Vangelo: « Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto » (Mt 8,8; Lc 7,6).                                                                   ♦49. Sull' onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l' istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza dell' evento celebrato. Nasce da questo il percorso che ha condotto, progressivamente, a delineare uno speciale statuto di regolamentazione della liturgia eucaristica, nel rispetto delle varie tradizioni ecclesiali legittimamente costituite. Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L' architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell' Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione.  È stato così, ad esempio, per l' architettura, che ha visto il passaggio, non appena il contesto storico lo ha consentito, dalle iniziali sedi eucaristiche poste nelle « domus » delle famiglie cristiane alle solenni basiliche dei primi secoli, alle imponenti cattedrali del Medioevo, fino alle chiese grandi o piccole, che hanno via via costellato le terre raggiunte dal cristianesimo. Le forme degli altari e dei tabernacoli si sono sviluppate dentro gli spazi delle aule liturgiche seguendo di volta in volta non solo i motivi dell' estro, ma anche i dettami di una precisa comprensione del Mistero. Altrettanto si può dire della musica sacra, se solo si pensa alle ispirate melodie gregoriane, ai tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi liturgici della Santa Messa. E non si rileva forse un' enorme quantità di produzioni artistiche, dalle realizzazioni di un buon artigianato alle vere opere d' arte, nell' ambito degli oggetti e dei paramenti utilizzati per la Celebrazione eucaristica?  Si può dire così che l' Eucaristia, mentre ha plasmato la Chiesa e la spiritualità, ha inciso fortemente sulla « cultura », specialmente in ambito estetico.                                                                                                                      ♦50. In questo sforzo di adorazione del Mistero colto in prospettiva rituale ed estetica, hanno, in certo senso, « gareggiato » i cristiani dell' Occidente e dell' Oriente. Come non rendere grazie al Signore, in particolare, per il contributo dato all' arte cristiana dalle grandi opere architettoniche e pittoriche della tradizione greco-bizantina e di tutta l' area geografica e culturale slava? In Oriente l' arte sacra ha conservato un senso singolarmente forte del mistero, spingendo gli artisti a concepire il loro impegno nella produzione del bello non soltanto come espressione del loro genio, ma anche come autentico servizio alla fede. Essi, andando ben oltre la semplice perizia tecnica, hanno saputo aprirsi con docilità al soffio dello Spirito di Dio.  Gli splendori delle architetture e dei mosaici nell' Oriente e nell' Occidente cristiano sono un patrimonio universale dei credenti, e portano in se stessi un auspicio, e direi un pegno, della desiderata pienezza di comunione nella fede e nella celebrazione. Ciò suppone ed esige, come nel celebre dipinto della Trinità di Rublëv, una Chiesa profondamente « eucaristica », in cui la condivisione del mistero di Cristo nel pane spezzato è come immersa nell' ineffabile unità delle tre Persone divine, facendo della Chiesa stessa un' « icona » della Trinità.  In questa prospettiva di un' arte tesa ad esprimere, in tutti i suoi elementi, il senso dell' Eucaristia secondo l' insegnamento della Chiesa, occorre prestare ogni attenzione alle norme che regolano la costruzione e l' arredo degli edifici sacri. Ampio è lo spazio creativo che la Chiesa ha sempre lasciato agli artisti, come la storia dimostra e come io stesso ho sottolineato nella Lettera agli artisti.100 Ma l' arte sacra deve contraddistinguersi per la sua capacità di esprimere adeguatamente il Mistero colto nella pienezza di fede della Chiesa e secondo le indicazioni pastorali convenientemente offerte dall' Autorità competente. È questo un discorso che vale per le arti figurative come per la musica sacra.                                                                                                                 ♦ 51. Ciò che è avvenuto nelle terre di antica cristianizzazione in tema di arte sacra e di disciplina liturgica, si va sviluppando anche nei continenti in cui il cristianesimo è più giovane. È, questo, l' orientamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II a proposito dell' esigenza di una sana quanto doverosa « inculturazione ». Nei miei numerosi viaggi pastorali ho avuto modo di osservare, in tutte le parti del mondo, di quanta vitalità sia capace la Celebrazione eucaristica a contatto con le forme, gli stili e le sensibilità delle diverse culture. Adattandosi alle cangianti condizioni di tempo e di spazio, l' Eucaristia offre nutrimento non solo ai singoli, ma agli stessi popoli, e plasma culture cristianamente ispirate.  È necessario tuttavia che questo importante lavoro di adattamento sia compiuto nella costante consapevolezza dell' ineffabile Mistero con cui ogni generazione è chiamata a misurarsi. Il « tesoro » è troppo grande e prezioso per rischiare di impoverirlo o di pregiudicarlo mediante sperimentazioni o pratiche introdotte senza un' attenta verifica da parte delle competenti Autorità ecclesiastiche. La centralità del Mistero eucaristico, peraltro, è tale da esigere che la verifica avvenga in stretto rapporto con la Santa Sede. Come scrivevo nell' Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, « una simile collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e celebra l' unica fede professata da tutti ed essendo eredità di tutta la Chiesa non può essere determinata dalle Chiese locali isolate dalla Chiesa universale ».101                                                                                                          ♦52. Si comprende, da quanto detto, la grande responsabilità che hanno, nella Celebrazione eucaristica, soprattutto i sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi, assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa universale, che è sempre chiamata in causa dall' Eucaristia. Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti. Una certa reazione al « formalismo » ha portato qualcuno, specie in alcune regioni, a ritenere non obbliganti le « forme » scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti.  Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà. Esse sono un' espressione concreta dell' autentica ecclesialità dell' Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri. L' apostolo Paolo dovette rivolgere parole brucianti nei confronti della comunità di Corinto per le gravi mancanze nella loro Celebrazione eucaristica, che avevano condotto a divisioni (skísmata) e alla formazione di fazioni (' airéseis) (cfr 1 Cor 11, 17-34). Anche nei nostri tempi, l' obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell' Eucaristia. Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa. Proprio per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche, ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale. 

 CAPITOLO SESTO  ALLA SCUOLA DI MARIA,
DONNA « EUCARISTICA 
» 

♦53. Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa. Nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, additando la Vergine Santissima come Maestra nella contemplazione del volto di Cristo, ho inserito tra i misteri della luce anche l' istituzione dell' Eucaristia.102 In effetti, Maria ci può guidare verso questo Santissimo Sacramento, perché ha con esso una relazione profonda.  A prima vista, il Vangelo tace su questo tema. Nel racconto dell' istituzione, la sera del Giovedì Santo, non si parla di Maria. Si sa invece che Ella era presente tra gli Apostoli, « concordi nella preghiera » (At 1,14), nella prima comunità radunata dopo l' Ascensione in attesa della Pentecoste. Questa sua presenza non poté certo mancare nelle Celebrazioni eucaristiche tra i fedeli della prima generazione cristiana, assidui « nella frazione del pane » (At 2,42).  Ma al di là della sua partecipazione al Convito eucaristico, il rapporto di Maria con l' Eucaristia si può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna « eucaristica » con l' intera sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo.                                                                                                                 ♦54. Mysterium fidei! Se l' Eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può esserci di sostegno e di guida in simile atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo nell' Ultima Cena in adempimento del suo mandato: « Fate questo in memoria di me! » diventa al tempo stesso accoglimento dell' invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: « Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l' acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal modo "pane di vita" ».                                                                                ♦  55. In certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l' Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l' incarnazione del Verbo di Dio. L' Eucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l' Incarnazione. Maria concepì nell' Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore.  C' è pertanto un' analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell' Angelo, e l' amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva « per opera dello Spirito Santo » era il « Figlio di Dio » (cfr Lc 1,30–35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l' intero suo essere umano- divino nei segni del pane e del vino. « Beata colei che ha creduto » (Lc 1,45): Maria ha anticipato, nel mistero dell' Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, « tabernacolo » – il primo « tabernacolo » della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all' adorazione di Elisabetta, quasi « irradiando » la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse l' inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica?                                                       

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