. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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ANGELI E DEMONI

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2015 13:40
18/02/2015 13:15

La manifestazione più alta dell'adorazione di Dio

5. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chia­mano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo Regno. Essi sono uniti a Dio mediante l'amore consumato che scaturisce dalla beatificante visio­ne, faccia a faccia, della Santissima Trinità. Lo dice Gesù stesso: «Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10). Quel «vedere sempre la faccia del Padre» è la manifestazione più alta dell'ado­razione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella «liturgia celeste», compiuta a nome di tutto l'universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa, specialmente nei suoi momenti culminanti. Basti qui ricordare l'atto col quale la Chiesa, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, prima di dare inizio alla pre­ghiera eucaristica nel cuore della santa Messa, si richiama «agli angeli e agli arcangeli» per cantare la gloria di Dio tre volte santo, unendosi così a quei primi adoratori di Dio, nel culto e nell'amorosa conoscenza dell'ineffabile mistero della sua santità.

 

Compito degli angeli buoni

6. Sempre secondo la rivelazione, gli angeli, che parte­cipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia nella salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della Divina Provvidenza. «Non sono essi tutti spiriti inca­ricati di un ministero inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?», domanda l'autore della Lettera agli Ebrei (Eb 1,14). E questo crede e inse­gna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezio­ne degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 già più volte citato: «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (Sal 91,11 s). Gesù stes­so, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai «loro angeli» (Mt 18,10); attribui­sce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supre­mo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio» (Lc 12,8s). Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell'uomo. Interesse e partecipazione che sem­brano ricevere una accentuazione nel discorso escatologi­co, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo alla fine della storia (cfr. Mt 24,31; 25,31.41).

 

La sollecitudine degli angeli per l'uomo e per la sua salvezza

7. Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmen­te gli Atti degli Apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l'uomo e per la sua salvezza. Così, quando l'angelo di Dio libera gli Apostoli dalla prigione (cfr. At 18,10) e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. O quando guida l'attività di Pietro nei riguardi del centu­rione Cornelio, il primo pagano convertito (At 10,3-8; 11,12-16), e analogamente l'attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza (At 26,29).

Da questi pochi fatti citati a titolo esemplificativo, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potu­to formarsi la persuasione sul ministero affidato agli Angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita, e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell'in­vocazione dell'«Angelo di Dio». Questa preghiera sembra fare tesoro delle belle parole di san Basilio: «Ogni fedele ha accanto a sé un angelo come tutore e pastore, per por­tarlo alla vita».

 

Michele, Gabriele e Raffaele


  1. È infine opportuno notare che la Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele Arcangelo (cfr. Dn 10,13.20; Ap 12,7; Gd 9). Il suo nome esprime sinteticamente l'atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. «Mica-El» significa infatti: «Chi come Dio?». In questo nome si trova dunque espressa la scelta salvifica grazie alla quale gli angeli «vedono la faccia del Padre» che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura lega­ta soprattutto al mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Il suo nome significa: «la mia potenza è Dio» oppu­re «potenza di Dio», quasi a dire che, al culmine della creazione, l'incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine il terzo arcangelo si chiama Raffaele. «Rafa-El» significa: «Dio guarisce». Egli ci è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell'Antico Testamento (cfr. Tb 12,15ss), così significativa circa l'affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione.


A ben riflettere si vede che ciascuna di queste tre figure - Mica-El, Gabri-El, Rafa-El - riflette in modo particolare la verità contenuta nella domanda sollevata dall'autore della Lettera agli Ebrei: «Non sono forse essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?» (Eb 1,14).

 

LA CADUTA DEGLI ANGELI RIBELLI

Satana, lo spirito maligno detto anche diavolo o demonio

1. Continuando l'argomento delle precedenti catechesi dedicate all'articolo della fede riguardante gli angeli, creature di Dio, ci addentriamo oggi ad esplorare il mistero della libertà che alcuni di essi hanno indirizzato contro Dio e il suo piano di salvezza nei confronti degli uomini.

Come testimonia l'evangelista Luca, nel momento in cui i discepoli tornavano dal Maestro pieni di gioia per i frutti raccolti nel loro tirocinio missionario, Gesù pronuncia una frase che fa pensare: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore» (Lc 10,18). Con queste parole il Signore afferma che l'annuncio del regno di Dio è sempre una vitto­ria sul diavolo, ma nello stesso tempo rivela anche che l'edi­ficazione del regno è continuamente esposta alle insidie dello spirito del male. Interessarsene, come intendiamo fare con la catechesi di oggi, vuol dire prepararsi alla condizio­ne di lotta che è propria della vita della Chiesa in questo tempo ultimo della storia della salvezza (così come afferma il Libro dell'Apocalisse (Ap 12,7). D'altra parte, ciò permet­te di chiarire la retta fede della Chiesa di fronte a chi la stra­volge esagerando l'importanza del diavolo, o di chi ne nega o ne minimizza la potenza malefica.

Le precedenti catechesi sugli angeli ci hanno preparati a comprendere la verità che la Sacra Scrittura ha rivelato e che la Tradizione della Chiesa ha trasmesso su satana, cioè sull'angelo caduto, lo spirito maligno, detto anche diavolo o demonio.

 

Rifiuto di Dio con il conseguente stato di «dannazione»

2. Questa «caduta», che presenta il carattere del rifiuto di Dio con il conseguente stato di «dannazione», consiste nella libera scelta di quegli spiriti creati, che hanno radi­calmente e irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno, usurpando i suoi diritti sovrani e tentando di sovvertire l'economia della salvezza e lo stesso ordinamento dell'in­tero creato. Un riflesso di questo atteggiamento lo si ritrova nelle parole del tentatore ai progenitori: «diventerete come Dio» o «come dèi» (cfr. Gen 3,5). Così lo spirito maligno tenta di trapiantare nell'uomo l'atteggiamento di rivalità, di insubordinazione e di opposizione a Dio, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza.

 

L'artefice della morte

3. Nell'Antico Testamento la narrazione della caduta dell'uomo, riportata nel Libro della Genesi, contiene un riferimento all'atteggiamento di antagonismo che satana vuole comunicare all'uomo per portarlo alla trasgressione. Anche nel Libro di Giobbe (1,11; 2,5.7) leggiamo che satana cerca di far nascere la ribellione nell'uomo che soffre. Nel Libro della Sapienza (2,24) satana è presentato come l'artefice della morte, che è entrata nella storia dell'uomo assieme al peccato.

 

Satana e gli altri demòni sono stati creati buoni da Dio

4. La Chiesa, nel Concilio Lateranense IV (1215), insegna che il diavolo (o satana) e gli altri demòni «sono stati creati buoni da Dio ma sono diventati cattivi per loro propria volontà». Infatti leggiamo nella Lettera di san Giuda: «...gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la loro dimora, il Signore li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno». Similmente nella seconda Lettera di san Pietro si parla di «angeli che avevano peccato» e che Dio «non risparmiò, ma... precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serban­doli per il giudizio» (2Pt 2,4). È chiaro che se Dio «non perdona» il peccato degli angeli lo fa perché essi riman­gono nel loro peccato, perché sono eternamente «nelle catene» di quella scelta che hanno operato all'inizio, respingendo Dio, contro la verità del Bene supremo e definitivo che è Dio stesso. In questo senso scrive san Giovanni che «il diavolo è peccatore fin dal principio...» (IGv 3,8). E «sin dal principio» egli è stato omicida e «non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui» (Gv 8,44)

 

Satana, «menzognero» cosmico e «padre della menzogna»


  1. Questi testi ci aiutano a capire la natura e la dimen­sione del peccato di satana, consistente nel rifiuto della verità su Dio, conosciuto alla luce dell'intelligenza e della rivelazione come Bene infinito, Amore e Santità sussistente. Il peccato è stato tanto maggiore quanto maggiore era la perfezione spirituale e la perspicacia conoscitiva dell'intel­letto angelico, quanto maggiore la sua libertà e la sua vici­nanza a Dio. Respingendo la verità conosciuta su Dio con un atto della propria libera volontà, satana diventa «men­zognero» cosmico e «padre della menzogna» (Gv 8,44). Per questo egli vive nella radicale e irreversibile negazione di Dio e cerca di imporre alla creazione, agli altri esseri creati a immagine di Dio, e in particolare agli uomini, la sua tragica «menzogna sul Bene» che è Dio. Nel Libro della Genesi troviamo una descrizione precisa di tale men­zogna e falsificazione della verità su Dio, che satana (sotto forma di serpente) tenta di trasmettere ai primi rappresen­tanti del genere umano: Dio sarebbe geloso delle sue pre­rogative e imporrebbe perciò delle limitazioni all'uomo (cfr. Gen 3,5). Satana invita l'uomo a liberarsi dell'impo­sizione di questo giogo, rendendosi «come Dio».


 

La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo


  1. In questa condizione di menzogna esistenziale satana diventa - secondo san Giovanni - anche «omicida», cioè distruttore della vita soprannaturale che Dio sin dall'ini­zio aveva innestato in lui e nelle creature, fatte a «imma­gine di Dio»: gli altri puri spiriti e gli uomini; satana vuol distruggere la vita secondo la verità, la vita nella pienezza del bene, la soprannaturale vita di grazia e di amore. L'autore del Libro della Sapienza scrive: «...la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno espe­rienza coloro che gli appartengono» (Sap 2,24). E nel Vangelo Gesù Cristo ammonisce: «Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10,28).


 

Questo angelo caduto ha conquistato in certa misura il dominio sull'uomo

7. Come effetto del peccato dei progenitori questo angelo caduto ha conquistato in certa misura il dominio sull'uomo. Questa è la dottrina costantemente confessata e annunziata dalla Chiesa, e che il Concilio di Trento ha confermato nel trattato sul peccato originale: essa trova drammatica espressione nella liturgia del Battesimo, quando al catecumeno viene richiesto di rinunziare al demonio e alle sue seduzioni.

Di questo influsso sull'uomo e sulle disposizioni del suo spirito (e del corpo), troviamo varie indicazioni nella Sacra Scrittura, nella quale satana è chiamato «il principe di que­sto mondo» (cfr. Gv 12,31; 14,30; 16,11), e persino il Dio «di questo mondo» (2Cor 4,4). Troviamo molti altri nomi che descrivono i suoi nefasti rapporti con l'uomo: «Beelzebul» o «Belial», «spirito immondo», «tentatore», «maligno» e infi­ne «anticristo» (1 Gv 4,3). Viene paragonato a un «leone» (1Pt 5,8), a un «drago» (nell'Apocalisse) e a un «serpente» (Gen 3). Molto frequentemente per designarlo viene usato il nome «diavolo» dal greco «diaballein» (da cui «diabolos»), che vuol dire: causare la distruzione, dividere, calunniare, ingannare. E a dire il vero tutto questo avviene fin dall'ini­zio per opera dello spirito maligno che è presentato dalla Sacra Scrittura come una persona pur asserendo che non è solo: «siamo in molti», gridano i diavoli a Gesù nella regio­ne dei Geraseni (Mc 5,9); «il diavolo e i suoi angeli», dice Gesù nella descrizione del futuro giudizio (cfr. Mt 25,41).

 

«Possessioni diaboliche»


  1. Secondo la Sacra Scrittura, e specialmente il Nuovo Testamento, il dominio e l'influsso di satana e degli altri spi­riti maligni abbraccia tutto il mondo. Pensiamo alla parabo­la di Cristo sul campo (che è il mondo), sul buon seme e su quello non buono che il diavolo semina in mezzo al grano cercando di strappare dai cuori quel bene che in essi è stato «seminato» (Mt 13,38s). Pensiamo alle numerose esortazio­ni alla vigilanza (Mt 26,41; IPt 5,8), alla preghiera e al digiuno (Mt 17,21). Pensiamo a quella forte affermazione del Signore: «Questa specie di demoni in nessun altro modo si può scacciare se non con la preghiera» (Mc 9,29). L'azione di satana consiste prima di tutto nel tentare gli uomini al male, influendo sulla loro immaginazione e sulle loro facoltà superiori per volgerle in direzione contraria alla legge di Dio. Satana mette alla prova persino Gesù (cfr. Lc 4,3-13), nel tentativo estremo di contrastare le esigenze del­l'economia della salvezza così come Dio l'ha preordinata.


Non è escluso che in certi casi lo spirito maligno si spin­ga anche ad esercitare il suo influsso non solo sulle cose materiali, ma anche sul corpo dell'uomo, per cui si parla di «possessioni diaboliche» (cfr. Mc 5,2-9). Non è sempre faci­le discernere ciò che di pretematurale avviene in questi casi, né la Chiesa accondiscende o asseconda facilmente la ten­denza ad attribuire molti fatti a interventi diretti del demo­nio; ma in linea di principio non si può negare che nella sua volontà di nuocere e di condurre al male, satana possa giun­gere a questa estrema manifestazione della sua superiorità.

 

Presenza di satana nella storia dell'umanità

9. Dobbiamo infine aggiungere che le impressionanti parole dell'apostolo Giovanni: «Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno» (1Gv 5,19), alludono anche alla presenza di satana nella storia dell'umanità, una pre­senza che si acuisce man mano che l'uomo e la società si allontanano da Dio. L'influsso dello spirito maligno può «celarsi» in modo più profondo ed efficace: farsi ignorare corrisponde ai suoi «interessi». L'abilità di satana nel mondo è quella di indurre gli uomini a negare la sua esi­stenza in nome del razionalismo e di ogni altro sistema di pensiero che cerca tutte le scappatoie pur di non ammet­terne l'opera. Ciò non significa però l'eliminazione della libera volontà e della responsabilità dell'uomo e nemme­no la frustrazione dell'azione salvifica di Cristo. Si tratta piuttosto di un conflitto tra le forze oscure del male e quel­le della redenzione. Sono eloquenti, a questo proposito, le parole che Gesù rivolse a Pietro all'inizio della passione: «...Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te perché non venga meno la tua fede» (Lc 22,31).

Per questo comprendiamo come Gesù nella preghiera che ci ha insegnato, il «Padre nostro», che è la preghiera del regno di Dio, termina quasi bruscamente, a differenza di tante altre preghiere del suo tempo, richiamandoci alla nostra condizione di esposti alle insidie del Male-Maligno. Il cristiano, appellandosi al Padre con lo spirito di Gesù e invocando il suo Regno, grida con la forza della fede: fa' che non soccombiamo alla tentazione, liberaci dal Male, dal Maligno. Fa', o Signore, che non cadiamo nell'infedeltà a cui ci seduce colui che è stato infedele fin dall'inizio.

 

LA VITTORIA DI CRISTO SULLO SPIRITO DEL MALE

La potenza di satana non è infinita

1. Le nostre catechesi su Dio, Creatore delle cose «invisibili», ci hanno portato a illuminare e ritemprare la nostra fede per quanto riguarda la verità sul maligno o satana, non certamente voluto da Dio, sommo amore e santità, la cui Provvidenza sapiente e forte sa condurre la nostra esistenza alla vittoria sul principe delle tenebre. La fede della Chiesa infatti ci insegna che la potenza di satana non è infinita. Egli è solo una creatura, potente in quanto spirito puro, ma pur sempre una creatura, con i limiti della creatura, subordinata al volere e al dominio di Dio. Se satana opera nel mondo per il suo odio contro Dio e il suo regno, ciò è permesso dalla Divina Provvidenza che con potenza e bontà («fortiter et suaviter») dirige la storia del­l'uomo e del mondo. Se l'azione di satana certamente causa molti danni - di natura spirituale e indirettamente di natura anche fisica - ai singoli e alla società, egli non è tuttavia in grado di annullare la definitiva finalità cui ten­dono l'uomo e tutta la creazione, il Bene. Egli non può ostacolare l'edificazione del regno di Dio, nel quale si avrà, alla fine, la piena attuazione della giustizia e del­l'amore del Padre verso le creature eternamente «predesti­nate» nel Figlio-Verbo, Gesù Cristo. Possiamo anzi dire con san Paolo che l'opera del maligno concorre al bene (cfr. Rm 2,28) e che serve a edificare la gloria degli «eletti» (cfr. 2Tm 2,10).

 

La vittoria di Cristo sul «principe di questo mondo»

2. Così tutta la storia dell'umanità si può considerare in funzione della salvezza totale, nella quale è iscritta la vittoria di Cristo sul «principe di questo mondo» (Gv 12,31; 14,30; 16,11).

«Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adore­rai» (Lc 4,8), dice perentoriamente Cristo a satana. In un momento drammatico del suo ministero, a chi lo accusa­va in modo sfacciato di scacciare i demoni perché alleato di Beelzebul, capo dei demoni, Gesù risponde con quelle parole severe e confortanti insieme: «Ogni regno discorde cade in rovina, e nessuna città o famiglia discorde può reggersi. Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso. Come potrà dunque reggersi il suo regno?... E se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il Regno di Dio» (Mt 12,25-28). «Quando un uomo forte, bene armato fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa l'armatura nella quale confi­dava e ne distribuisce il bottino» (Lc 11,21s). Le parole pronunciate da Cristo a proposito del tentatore trovano il loro compimento storico nella croce e nella risurrezione del Redentore. Come leggiamo nella Lettera agli Ebrei, Cristo si è fatto partecipe dell'umanità fino alla croce «per ridurre all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo... e liberare così quelli che... erano tenuti in schiavitù» (Eb 2,14s). Questa è la grande certezza della fede cristiana: «il principe di questo mondo è stato giudicato» (Gv 16,11); «il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo» (IGv 3,8), come ci attesta san Giovanni. Dunque il Cristo crocifisso e risorto si è rivelato come quel «più forte» che ha vinto «l'uomo forte», il diavolo, e lo ha spodestato. Alla vittoria di Cristo sul diavolo partecipa la Chiesa: Cristo, infatti, ha dato ai suoi discepoli il potere di cacciare i demoni (cfr. Mt 10,1 e par.). La Chiesa esercita tale potere vittorioso mediante la fede in Cristo e la preghiera (cfr. Mc 9,29; Mt 17,19s), che in casi specifici può assumere la forma del­l'esorcismo.

 

L'annuncio e l'inizio della vittoria finale

3. In questa fase storica della vittoria di Cristo si inscri­ve l'annuncio e l'inizio della vittoria finale, la Parusia, la seconda e definitiva venuta di Cristo alla conclusione della storia, verso la quale è proiettata la vita del cristiano. Anche se è vero che la storia terrena continua a svolgersi sotto l'influsso di «quello spirito che - come dice san Paolo - ora opera negli uomini ribelli» (Ef 2,2), i credenti sanno di essere chiamati a lottare per il definitivo trionfo del Bene: «la nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6,12).

 

La lotta si concluderà con la definitiva vittoria del bene

4. La lotta, man mano che se ne avvicina il termine, diventa in certo senso sempre più violenta, come mette in rilievo specialmente l'Apocalisse, l'ultimo libro del Nuovo Testamento (cfr. Ap 12,7ss). Ma proprio questo libro accentua la certezza che ci è data da tutta la rivela­zione divina: che cioè la lotta si concluderà con la defini­tiva vittoria del bene. In quella vittoria, precontenuta nel mistero pasquale di Cristo, si adempirà definitivamente il primo annuncio del Libro della Genesi, che con termine significativo è detto «Protovangelo», quando Dio ammo­nisce il serpente: «Io porrò inimicizia tra te e la donna» (Gen 3,15). In quella fase definitiva Dio, completando il mistero della sua paterna Provvidenza, «libererà dal potere delle tenebre» coloro che ha eternamente «predestinati in Cristo» e li «trasferirà nel regno del suo Figlio diletto» (Col 1,13s). Allora il Figlio sottometterà al Padre anche l'intero universo, affinché «Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,28).

 

Il mistero dell'inizio si ricollega col mistero del termine

5. Qui si concludono le catechesi su Dio Creatore delle «cose visibili e invisibili», unite nella nostra impostazione con la verità sulla divina Provvidenza. Appare evidente agli occhi del credente che il mistero dell'inizio del mondo e della storia si ricollega indissolubilmente col mistero del termine, nel quale la finalità di tutto il creato raggiunge il suo compimento. Il Credo, che unisce così organicamente tante verità, è veramente la cattedrale armoniosa della fede.

In maniera progressiva e organica abbiamo potuto ammirare stupefatti il grande mistero dell'intelligenza e dell'amore di Dio, nella sua azione creatrice, verso il cosmo, verso l'uomo, verso il mondo degli spiriti puri. Di tale azione abbiamo considerato la matrice trinitaria, la sapiente finalizzazione alla vita dell'uomo, vera «immagi­ne di Dio», a sua volta chiamato a ritrovare pienamente la sua dignità nella contemplazione della gloria di Dio. Abbiamo ricevuto luce su uno dei massimi problemi che inquietano l'uomo e pervadono la sua ricerca di verità: il problema della sofferenza e del male. Alla radice non sta una decisione errata o cattiva di Dio, ma la sua scelta, e in certo modo il suo rischio, di crearci liberi per averci amici. Dalla libertà è nato anche il male. Ma Dio non si arrende, e con la sua saggezza trascendente, predestinandoci ad essere suoi figli in Cristo, tutto dirige con fortezza e soa­vità, perché il bene non sia vinto dal male.

Dobbiamo ora lasciarci guidare dalla divina rivelazione nella esplorazione di altri misteri della nostra salvezza. Intanto abbiamo accolto una verità che deve stare a cuore di ogni cristiano: come esistano degli spiriti puri, creature di Dio, inizialmente tutte buone, e poi per una scelta di peccato, separatesi irriducibilmente in angeli di luce e in angeli di tenebre. E mentre l'esistenza degli angeli cattivi chiede a noi il senso della vigilanza per non cedere alle loro lusinghe, siamo certi che la vittoriosa potenza del Cristo redentore circonda la nostra vita perché ne siamo noi stessi vincitori. In ciò siamo validamente aiutati dagli angeli buoni, messaggeri dell'amore di Dio, ai quali, ammaestrati dalla tradizione della Chiesa, rivolgiamo la nostra preghiera: «Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen».

 

 

II

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOIICA

Paragrafo 5

IL CIELO E LA TERRA

325. Il Simbolo degli Apostoli professa che Dio è «il Creatore del cielo e della terra», e il Simbolo niceno­costantinopolitano esplicita: «... di tutte le cose visibili e invisibili».


  1. Nella Sacra Scrittura, l'espressione «cielo e terra» significa: tutto ciò che esiste, l'intera creazione. Indica pure, all'interno della creazione, il legame che ad un tempo unisce e distingue cielo e terra: «La terra» è il mondo degli uomini (cfr. Sal 115,16). «Il cielo», o «i cieli», può indicare il firmamento (cfr. Sal 19,2), ma anche il «luogo» proprio di Dio: il nostro «Padre che è nei cieli» (Mt 5,16)3 e, di conseguenza, anche il «cielo» che è la glo­ria escatologica. Infine, la parola «cielo» indica il «luogo» delle creature spirituali - gli angeli - che circondano Dio.

  2. La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma: Dio, «fin dal principio del tempo, creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature, quello spirituale e quel­lo materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre; e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo».


 

I. Gli angeli

L'ESISTENZA DEGLI ANGELI: UNA VERITA DI FEDE


  1. L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che là Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quan­to l'unanimità della Tradizione.


 

CHI SONO?


  1. Sant'Agostino dice a loro riguardo: «"Angelus" offi­cii nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La paro­la "angelo" designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chie­de l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo». In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che «vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10), essi sono «potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola» (Sal 103,20).


330. In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visi­bili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria.

 

CRISTO «CON TUTTI I SUOI ANGELI»


  1. Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono i suoi angeli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli [...]» (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: «Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: troni, dominazioni, principati e potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo dise­gno di salvezza: «Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?» (Eb 1,14).

  2. Essi, fin dalla creazione' e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa sal­vezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, proteggono Lot, salvano Agar e il suo bambino, trattengono la mano di Abramo; la Legge viene comunicata mediante il ministe­ro degli angeli (At 7,53), essi guidano il popolo di Dio, annunziano nascite e vocazioni, assistono i profeti, per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù.

  3. Dall'incarnazione all'ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio «introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio» (Eb 1,6). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato di risuo­nare nella lode della Chiesa: «Gloria a Dio...» (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, servono Gesù nel deserto, lo confortano durante 1'agonia, quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei nemici22 come un tempo Israele. Sono ancora gli angeli che evan­gelizzano (Lc 2,10) la Buona Novella dell'incarnazione e della risurrezione di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, saranno là, al servizio del suo giudizio.


 

GLI ANGELI NELLA VITA DELLA CHIESA


  1. Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli.

  2. Nella liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; invoca la loro assistenza (così nell'In paradisum deducant te angeli... -In paradiso ti accompagnino gli angeli - nella liturgia dei defunti, o ancora nell'«Inno dei cherubini» della liturgia bizan­tina, e celebra la memoria di alcuni angeli in partico­lare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).

  3. Dal suo inizio (cfr. Mt 18,10) fino all'ora della morte (fr. Le 16,22) la vita umana è circondata dalla loro prote­zione e dalla loro intercessione. Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita». Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.


 

Paragrafo 7

II. La caduta degli angeli


  1. Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce seduttrice, che si oppone a Dio, la quale, per invidia, li fa cadere nella morte. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavoo. La Chiesa insegna che all'inizio era un angelo buono, creato da Dio. «Diabolus enim et alii dxmones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali - Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi».

  2. La Scrittura parla di un peccato di questi angeli? Tale «caduta» consiste nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribel­lione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: «Diventerete come Dio» (Gen 3,5). «Il diavolo è peccatore fin dal principio» (1Gv 3,8), «padre della menzogna» (Gv 8,44).

  3. A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell'infinita misericordia divina. «Non c'è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta, come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte»4o.

  4. La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama «omicida fin dal principio» (Gv 8,44), e che ha perforo tentato di distogliere Gesù dalla missione affi­datagli dal Padre. «II Figlio di Dio è apparso per distrug­gere le opere del diavolo» (1Gv 3,8). Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione men­zognera che ha indotto l'uomo a disobbedire a Dio.

  5. La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spiri­to, ma pur sempre una creatura: non può impedire l'edifi­cazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni - di natura spi­rituale e indirettamente anche di natura fisica - per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina del­l'attività diabolica è un grande mistero, ma «noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28).


 

III

SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELIA FEDE

 

FEDE CRISTIANA E DEMONOLOGIA

Nel corso dei secoli la Chiesa ha sempre riprovato le varie forme di superstizione, la preoccupazione ossessiva di Satana e dei demòni, i diversi tipi di culto e di morbo­so attaccamento a questi spiriti; sarebbe perciò ingiusto affermare che il cristianesimo, dimentico della signoria universale di Cristo, abbia fatto di Satana l'argomento preferito della sua predicazione, trasformando la Buona Novella del Signore risorto in messaggio di terrore. Al suo tempo, san Giovanni Crisostomo dichiarava ai cristiani di Antiochia: "Non ci fa certamente piacere intrattenervi sul diavolo, ma la dottrina dalla quale esso mi offre lo spunto risulterà assai utile a voi. In realtà sarebbe un errore funesto comportarsi come se, considerando la storia già risolta, la Redenzione avesse ottenuto tutti i suoi effetti, senza che sia più necessario impegnarsi nella lotta di cui parlano il Nuovo Testamento e i maestri della vita spirituale.

 

IL DISAGIO CONTEMPORANEO

In questo errore si potrebbe cadere anche oggi. Da molte parti, infatti, ci si domanda se non sia il caso di rie­saminare su questo punto la dottrina cattolica, a cominciare dalla Sacra Scrittura. Certuni credono impossibile una qualsiasi presa di posizione - come se il problema potes­se esser lasciato in sospeso! - osservando che i Libri Santi non permetterebbero di pronunziarsi né a favore né contro l'esistenza di Satana e dei suoi demòni; il più spesso, però, questa esistenza è apertamente revocata in dubbio. Certi critici, ritenendo di poter identificare la posizione propria di Gesù, pretendono che nessuna sua parola garan­tirebbe la realtà del mondo demoniaco, mentre l'afferma­zione della sua esistenza rifletterebbe piuttosto, là dove ricorre, le idee di scritti giudaici, oppure dipenderebbe da tradizioni neotestamentarie e non da Cristo; poiché essa non farebbe parte del messaggio evangelico centrale, non impegnerebbe più, oggi, la nostra fede e noi saremmo liberi di abbandonarla. Altri, più obiettivi e più radicati nello stesso tempo, accettano le asserzioni della Sacra Scrittura sui demòni nel loro senso ovvio, ma aggiungono subito che, nel mondo d'oggi, esse non sarebbero accetta­bili neppure per i cristiani. Anch'essi, dunque, le eliminano. Per alcuni, infine, l'idea di Satana, qualunque ne sia l'ori­gine, non avrebbe più importanza e, attardandosi a giusti­ficarla, il nostro insegnamento perderebbe credito e farebbe ombra al discorso su Dio, che, solo, merita il nostro interesse. Per gli uni e per gli altri, finalmente, i nomi di Satana e del diavolo non sarebbero altro che personifica­zioni mitiche e funzionali, il cui significato sarebbe sol­tanto quello di sottolineare drammaticamente l'influsso del male e del peccato sull'umanità. Puro linguaggio, quindi, che la nostra epoca dovrebbe decifrare per trovare un modo diverso di inculcare ai cristiani il dovere di lotta­re contro tutte le forze del male nel mondo.

Queste prese di posizione, ripetute con sfoggio di eru­dizione e diffuse da riviste e da certi dizionari teologici, non possono non turbare gli spiriti: i fedeli, abituati a prendere sul serio gli avvertimenti di Cristo e degli scritti apostolici, hanno l'impressione che discorsi del genere intendano, in questo campo, imprimere una svolta all'opi­nione pubblica e coloro, tra essi, che hanno una conoscenza delle scienze bibliche e religiose, si domandano fin dove condurrà il processo di smitizzazione avviato in nome di una certa ermeneutica.

Di fronte a postulati di questo genere e per rispondere al loro processo mentale, dobbiamo, in breve, fermarci anzitutto al Nuovo Testamento per invocarne la testimo­nianza e l'autorità.

 

IL NUOVO TESTAMENTO E IL SUO CONTESTO

Prima di ricordare con quale indipendenza di spirito Gesù si sia sempre comportato nei confronti delle opinioni del suo tempo, è importante notare che i suoi contempora­nei non avevano tutti, a proposito di angeli e di demòni, la credenza comune che certuni sembrano oggi loro attribuire e dalla quale Gesù stesso dipenderebbe. Un'annotazione con la quale il libro degli Atti illustra la polemica provo­cata tra i membri del Sinedrio da una dichiarazione di san Paolo, ci fa sapere infatti che, a differenza dei Farisei, i Sadducei non ammettevano "né risurrezione, né angelo, né spirito", cioè, come il testo viene inteso da buoni inter­preti, non credevano alla risurrezione e, quindi, neppure agli angeli e ai demòni. Così, a proposito di Satana, dei demòni e degli angeli, l'opinione dei contemporanei sem­bra divisa tra due concezioni diametralmente opposte; come, dunque, pretendere che Gesù, esercitando e dando ad altri il potere di scacciare i demòni e, nella sua scia, gli scrittori del Nuovo Testamento, non abbiano fatto altro che adottare, senza il minimo spirito critico, le idee e le pratiche del loro tempo? Certo, Cristo, e a maggior ragione gli apostoli, appartenevano alla loro epoca e ne condivide­vano la cultura; Gesù tuttavia, a motivo della sua natura divina e della rivelazione che era venuto a comunicare, trascendeva il suo ambiente e il suo tempo, sfuggiva alla loro pressione. La lettura del discorso sulla montagna è sufficiente del resto a convincersi della sua libertà di spi­rito come del suo rispetto per la tradizione'. Perciò quan­do egli rivelò il significato della sua redenzione, dovette tener conto evidentemente dei Farisei, i quali, come lui, credevano al mondo futuro, all'anima, agli spiriti e alla risurrezione; ma anche dei Sadducei, i quali non ammette­vano queste credenze. Quando i primi lo accusarono di scacciare i demòni con la complicità del loro principe, egli avrebbe potuto scagionarsi schierandosi con i Sadducei; ma, così facendo, avrebbe smentito ciò che egli era e la sua missione. Egli dunque, doveva senza rinnegare la cre­denza agli spiriti e alla risurrezione - che aveva in comune con i Farisei - dissociarsi da costoro ed opporsi, non meno, ai Sadducei. Pretendere dunque oggi che il discorso di Gesù su Satana esprima soltanto una dottrina mutuata dall'ambiente, senza importanza per la fede universale, appare, di primo acchito, come un'opinione poco informata sull'epoca e la personalità del Maestro. Se Gesù ha usato questo linguaggio, se, soprattutto, egli lo ha tradotto in pratica nel suo ministero, è perché esso esprimeva una dottrina necessaria - almeno per una parte - alla nozione e alla realtà della salvezza da lui portata.

[Modificato da MARIOCAPALBO 18/02/2015 13:39]

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