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Scritti dei Papi sull'adorazione

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2015 18:42
08/02/2015 18:38

Paolo III, Giulio III, Pio IV

Il Concilio di Trento

 Il Concilio di Trento, iniziato nel dicembre del 1545 e terminato nel 1563, è stato un evento fondamentale nella storia della Chiesa cattolica e del Cristianesimo in genere. 

Il periodo di attività viene suddiviso in tre fasi:

La prima appartiene al pontificato di Paolo III, va dal 1545 al 1549 e vide la partecipazione di undici nazioni europee. Si racconta che all'apertura dei lavori le strade di Trento furono invase da una lunga processione di cardinali, vescovi, arcivescovi, teologi, giuristi, oratori e nobili. In questa prima fase vennero discussi e approvati vari regolamenti e provvedimenti di natura dogmatica e disciplinare, ispirati ai canoni propri delle Sacre Scritture e alla cosiddetta Bibbia Vulgata, tradotta dalle versioni greca e bizantina, che divenne l'unica versione autorizzata dalla chiesa (in seguito chiamata anche Vulgata Clementina, da papa Clemente VIII, soppiantata solo nel 1979 dallaBibbia Nova Vulgata). Le sessioni della prima fase furono improvvisamente interrotte nel 1547 per l'avanzare di un'epidemia di tifo nel territorio e per questo trasferite a Bologna.

La seconda fase del Concilio di Trento prese corpo tra il 1551 ed il 1552, sotto la guida pontificia di Giulio III, che decise di riaprire i lavori dopo i contrasti sorti tra il precedente papa, Paolo III e l'imperatore Carlo V. Nell'anno vennero emanati decreti relativi all'importanza dei Sacramenti dell'Eucaristia, della Penitenza e dell'Estrema Unzione. La seconda fase venne sospesa per via della guerra tra le truppe di Carlo V e i Principi elettori protestanti (elettori in quanto candidati al trono imperiale). Carlo V (1500-1558) è considerato l'ultimo grande imperatore del medioevo, il protettore della cristianità, come egli stesso amava autodefinirsi.

Quando la terza e ultima fase del Concilio di Trento iniziò, nel 1562, sotto il pontificato di papa Pio IV, ogni speranza di conciliare i protestanti si affievolì sempre più, soprattutto in vista del potere che andava formandosi nelle mani dei gesuiti. Era infatti nota la fama del nuovo ordine nell'individuazione dei sospettati di eresia durante il periodo dell'Inquisizione, contro tutti i sostenitori di teorie contrarie all'ortodossia cattolica.

In sintesi, al termine dei lavori, nel 1563, il Concilio di Trento poté non solo confermare l'insanabile frattura sul piano dogmatico della religione cattolica con le correnti protestanti, ma anche riorganizzare la vita del clero.

Dogma della TRANSUSTANZIAZIONE

Il Concilio di Trento nella definizione dogmatica della XIII sessione dell'11 ottobre 1551:
Decreto sul santissimo sacramento dell’eucaristia.  

Il sacrosanto Concilio ecumenico e generale Tridentino, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della Sede Apostolica, benché non senza una particolare guida e ammaestramento dello Spirito santo si sia raccolto per esporre, cioè, la vera e antica dottrina della fede e dei sacramenti e rimediare a tutte le eresie e agli altri gravissimi mali, da cui la Chiesadi Dio è ora miseramente travagliata e divisa in molte e diverse parti, questo, tuttavia, fin da principio si prefisse in modo particolare: strappare dalle radici la zizzania degli abominevoli errori e degli scismi, che il nemico in questi nostri tempi procellosi ha sovraseminato sulla dottrina della fede, sull’uso e sul culto della sacrosanta eucaristia, che, d’altra parte, il nostro Salvatore ha lasciato nella sua Chiesa come segno di unita e di amore, con cui volle che tutti i cristiani fosse congiunti ed uniti fra loro.

Quindi lo stesso sacrosanto Sinodo intende proporre su questo venerabile e divino sacramento dell’eucaristia, la sana, pura dottrina che la Chiesa cattolica, istruita dallo stesso Gesú Cristo, nostro signore, e dagli apostoli, e sotto l’influsso dello Spirito santo, che le suggerisce di giorno in giorno ogni verità, ha sempre ritenuto e riterrà fino alla fine del mondo. Esso, quindi, proibisce a tutti i fedeli cristiani di osare in seguito, di credere, insegnare o predicare diversamente da come è stato spiegato e definito da questo presente decreto.  

Capitolo I.

Della presenza reale del signore nostro Gesú Cristo nel santissimo sacramento dell’eucaristia.  

Prima di tutto questo santo Sinodo insegna e professa chiaramente e semplicemente che nel divino sacramento della santa eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente, sotto l’apparenza di quelle cose sensibili, il nostro signore Gesú Cristo, vero Dio e vero uomo.

Non sono, infatti, in contrasto fra loro questo due cose: che lo stesso nostro Salvatore sieda sempre nei cieli alla destra del Padre, secondo il modo naturale di esistere, e che, tuttavia, presente in molti altri luoghi, sia presso di noi con la sua sostanza, sacramentalmente, con quel modo di esistenza, che, anche se difficilmente possiamo esprimere a parole, possiamo, tuttavia, comprendere con la nostra mente, illuminata dalla fede, essere possibile a Dio, e che anzi dobbiamo credere fermissimamente. Questo, infatti, tutti i nostri padri, che vissero nella vera Chiesa di Cristo, e che hanno trattato di questo santissimo sacramento, hanno professato chiarissimamente: che il

nostro Redentore ha istituito questo meraviglioso sacramento nell’ultima cena, quando, dopo la benedizione del pane e del vino, affermò con parole esplicite e chiare di dare ad essi il proprio corpo e il proprio sangue.

Queste parole, riportate dai santi evangelisti, e ripetute poi da S. Paolo, hanno per sé quel significato proprio e chiarissimo, secondo cui sono state comprese dai padri, è pertanto sommamente indegno che esse vengano distorte da alcuni uomini rissosi e corrotti a immagini fittizie e immaginarie, con le quali è negata la verità della carne e del sangue di Cristo, contro il senso generale della Chiesa, la quale come colonna e sostegno della verità, ha detestato come sataniche queste costruzioni fantastiche, escogitate da uomini empi, riconoscendo con animo sempre grato e memore questo preziosissimo dono di Cristo.  

Capitolo II.  

Del modo come è stato istituito questo santissimo sacramento.  

Il Signore, quindi, nell’imminenza di tornare da questo mondo al Padre, istituí questo sacramento. In esso ha effuso le ricchezze del suo amore verso gli uomini, rendendo memorabili i suoi prodigi, e ci ha comandato di onorare, nel riceverlo, la sua memoria e di annunziare la sua morte, fino a che egli venga  a giudicare il mondo. Egli volle che questo sacramento fosse ricevuto come cibo spirituale delle anime, perché ne siano alimentate e rafforzate, vivendo della vita di colui, che disse: Chi mangia me, anche lui vive per mezzo mio  e come antidoto, con cui liberarsi dalle colpe d’ogni giorno ed essere preservati dai peccati mortali.

Volle, inoltre, che esso fosse pegno della nostra gloria futura e della gioia eterna; e quindi simbolo di quell’unico corpo, di cui egli è il capo e a cui volle che noi fossimo congiunti, come membra, dal vincolo strettissimo della fede, della speranza e della carità, perché tutti professassimo la stessa verità, e non vi fossero scismi fra noi. 

Capitolo III.  

Eccellenza della santissima eucaristia sugli altri sacramenti.  

La santissima eucaristia ha questo di comune con gli altri sacramenti: che è simbolo di una cosa sacra e forma visibile della grazia invisibile.

Tuttavia in essa vi è questo di eccellente e di singolare: che gli altri sacramenti hanno il potere di santificare solo quando uno li riceve, mentre nell’eucaristia vi è l’autore della santità già prima dell’uso. Difatti gli apostoli non avevano ancora ricevuto l’eucaristia dalla mano del Signore e già Egli affermava che quello che Egli dava era il suo corpo. Sempre vi è stata nella Chiesa di Dio questa fede, che, cioè, subito dopo la consacrazione, vi sia, sotto l’apparenza del pane e del vino, il vero corpo di nostro Signore e il suo vero sangue, insieme con la sua anima e divinità. In forza delle parole, il corpo è sotto la specie del pane e il sangue sotto la specie del vino; ma lo stesso corpo sotto la specie del vino, e il sangue sotto quella del pane, e l’anima sotto l’una e l’altra specie, in forza di quella naturale unione e concomitanza, per cui le parti di Cristo Signore, che ormai è risorto dai morti e non muore piú, sono unite fra loro; ed inoltre la divinità per quella sua ammirabile unione ipostatica col corpo e con l’anima.

È quindi verissimo che sotto una sola specie si contiene tanto, quanto sotto l’una e l’altra.

Cristo, infatti, è tutto e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte di questa specie; e similmente è tutto sotto la specie del vino e sotto le sue parti.  

Capitolo IV.  

La transustanziazione.

 Poiché, poi, Cristo, nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la specie del pane, perciò fu sempre persuasione, nella Chiesa di Dio, - e lo dichiara ora di nuovo questo santo Concilio - che con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione.

 Capitolo V.  

Del culto e della venerazione dovuti a questo santissimo sacramento.

 Non vi è, dunque, alcun dubbio che tutti i fedeli cristiani secondo l’uso sempre ritenuto nella Chiesa cattolica, debbano rendere a questo santissimo sacramento nella loro venerazione il culto di latria, dovuto al vero Dio.

Non è, infatti, meno degno di adorazione, per il fatto che sia stato istituito da Cristo signore per essere ricevuto. Crediamo, infatti, che è presente in esso lo stesso Dio, di cui l’eterno Padre, introducendolo nel mondo, dice: E lo adorino tutti i suoi angeli; che i magi, prostrandosi,adorarono, che la scrittura attesta essere stato adorato in Galilea dagli apostoli.

Dichiara, inoltre, il santo Concilio, che con pensiero molto pio e religioso è stato introdotto nella Chiesa di Dio l’uso di celebrare ogni anno con singolare venerazione e solennità e con una particolare festività questo nobilissimo e venerabile sacramento, e di portarlo con riverenza ed onore per le vie e per i luoghi pubblici, nelle processioni. È giustissimo, infatti, che siano stabiliti alcuni giorni festivi, in cui tutti i cristiani manifestino con cerimonie particolari e straordinarie il loro animo grato e memore verso il comune Signore e Redentore, per un beneficio cosí ineffabile e divino, con cui viene ricordata la sua vittoria e il suo trionfo sulla morte.

Ed era necessario che la verità trionfasse talmente sulla menzogna e sull’eresia, perché i suoi avversari, posti dinanzi a tanto splendore e a tanta letizia della Chiesa universale, o vengano meno, disfatti e vinti, o presi e confusi dalla vergogna, si ricredano.



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