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. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Di Padre Antonino M. di Monda

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2015 13:18
01/02/2015 20:07

Richiami morali ed ascetici da non trascurare 
Le visioni dei Santi sono un grande richiamo di amore a non fare la stessa fine dei dannati. 
Da rilevare, che visioni o "discese" all'inferno si moltiplichano, sem¬bra, nel secolo XX, il secolo della maledizione, del peccato e dell'apostasia generale dalla fede; o "come stato autorevolmente e insospettabilmente defi¬nito "il secolo delle idee assassine", "il secolo del male", "il secolo dei mar¬tiri", "il secolo dei genocidi". 
Non è soprattutto in questo secolo che l'attaccamento alla vita terrena e alla carne e al sesso hanno raggiunto punte da capogiro?. 
Esse, perciò, sono oltre tutto grandi richiami di un amore santo che non si dà per vinto. Richiami fecondi di applicazioni morali ed ascetiche per chi vuol capire. Vediamone almeno qualcuna. 
1. Dette visioni sono richiami a non lasciarsi illudere da mode e corren¬ti di pensiero che si allargano sempre più, fino a far credere vero quello che è solo una colossale menzogna. E cioè, a coloro che si illudono che Dio, essen¬do amore e misericordia infinita non dannerà nessuno all'inferno, le visioni dei Santi - anche di Santi che magari più hanno parlato di amore e di miseri¬cordia divina (si pensi soprattutto a Santa Faustina Kowalska) - ribadiscono le tremende verità dell'inferno. Sr. Faustina constaterà che i dannati visti da lei erano, in gran parte, quelli che non credevano all'inferno. 
I Santi fanno risuonare alto il monito che l'inferno esiste per davvero: illudersi è da pazzi. La semplice prospettiva di correre rischio di dannarsi, sempre possibile, dovrebbe spingere ad evitarlo con tutte le forze. E di fronte alla prospettiva di un naufragio totale si accetteranno pure tutte le sofferenze e le umiliazioni e le miserie, che può riservare il percorso terreno. 
I Santi dicono che è necessario persuadersi che questa vita che meglio si direbbe, secondo S. Agostino, una vita che muore o una morte che vive, non è la vita vera, ma solo un percorso per arrivare al porto della eternità. 
La Madonna lo dirà chiaramente a Medjugorje: "Molta gente sulla terra è ormai convinta che, dopo la morte, sia tutto finito. Ma questo è un grande errore. Qui siete solo di passaggio. Dopo la morte c'è l'eternità". 
È significativo che Dio e la Madonna facciano vedere a veggenti e a Santi, oltre al purgatorio e al paradiso, anche l'inferno. Non è un chiaro segno che tutta la vita - vissuta più a livello materiale o più a livello spirituale - ha come traguardo la vita eterna, che può diventare morte eterna? 
Oggi si crede così poco all'inferno, con quali conseguenze è facile immaginare. E sono non pochi ad insegnare o a seminare dubbi su questa tre¬menda e misteriosa realtà. Ma i Santi vi credevano - ce lo dicono le testimo¬nianze addotte - e come! Mi piace, anzi, concludere questo punto con un'altra testimonianza di S. Giovanni Bosco, di cui pure qui si è parlato. Non tenendo conto della "ininterrotta tensione escatologica che emerge violenta dai Vangeli e che per quasi venti secoli ha dominato nella cultura cattolica, com¬pendiata nei 'novissimi' - morte, giudizio, inferno o paradiso - (...) si ecclissa il sensus stesso del cristianesimo tradizionale, che ruotava attorno a queste quattro impressionanti meditazioni. Era talmente forte questa trepidazione del poi, che don Giovanni Bosco, il fondatore dei Salesiani, dedicava sei su sette delle meditazioni che proponeva ai suoi ragazzi durante la settimana alla contemplazione della morte, del giudizio di Dio e della dannazione eter¬na ...una sola al paradiso. Oggi i reverendi salesiani riderebbero di queste tru¬culente ingenuità cui il loro Fondatore dava tanto rilievo". 
E tuttavia, con tutte le perplessità o obiezioni che può suscitare detto dogma, il meglio sarebbe sempre schierarsi dalla parte più sicura. E la parte più sicura non può essere quella degli intellettuali o presunti tali o quella dei viziosi e superficiali della vita. Forse non aveva torto Baudelaire. "Baude¬laire, uno che di demoni se ne intendeva - ci dice Messori - voleva denunciare ai giudici di Parigi (per interesse personale mascherato, in modo truffaldino, da difesa della civiltà e da lotta contro la superstizione) i gazzettieri del suo tempo: Questi signori, i quali giurano che inferno e diavoli non esistono e che inveiscono contro chi ci crede ancora, hanno, con tutta evidenza, buoni moti¬vi personali per farlo. Se non temessero nulla, riderebbero. Se si arrabbiano, è perché temono". 
2. Dette apparizioni o visioni sono un richiamo a salvare soprattutto l'anima. Esse ci dicono implicitamente: a che serve possedere il mondo inte¬ro se si dovesse perdere l'anima? A Suor Consolata Betrone che, nella guerra 40-45, supplicava incessantemente perché mettesse fine all'orrenda carneficina soprattutto di giovani generazioni, Gesù le rispose: "Vedi, Con¬solata, se oggi Io concedessi la pace, il mondo ritornerebbe nel fango... la prova non sarebbe sufficiente... ". Quanto ai giovani inviati al macello: "Oh, non è meglio due, tre anni di acerbe, intense, inaudite sofferenze e poi un'eter¬nità di gaudii; che una intera vita di dissolutezze e poi l'eterna dannazione? (...) Oh, quanta gioventù ringrazierà in eterno Dio per essere periti in questa guerra, che li ha salvati eternamente". 
Salvare prima di tutto l'anima propria e adoperarsi a salvare pure quel¬le dei fratelli. "L'anima è l'unica cosa - scrive P Faber - che meriti cura. Pensate un istante al significato di esser dannato, e dannato eternamente! Chi può approfondirne l'orrore? Chi può dipingersi adeguatamente la grandezza della rovina, la vastità della sciagura, gli insopportabili tormenti, l'irrimedia¬bile ferocia della disperazione? Pure S. Teresa vide le anime umane quotidia¬namente affollarsi sulla soglia dell'inferno, e cadervi fitte come cadono le frondi per vento autunnale. Gesù stette tre ore pendente dalla sua croce per ciascuna di quelle anime perdute! Esse potrebbero ora essere tutte fulgida¬mente raggianti e belle nella corte celeste! Forse esse ci amarono, furono da noi riamate, e v'era molto di amabile in esse. Un dì furono generose, affabi¬li, disinteressate; ma esse amarono il mondo e furono padroneggiate dalle loro proprie passioni; e benché non ci pensassero, crocifissero di nuovo Nostro Signore; ed ora sono perdute, dannate eternamente!" . 
3. E sono un richiamo che dicono: è tempo che si torni alla predicazio¬ne dei novissimi, parlando quindi anche dell'inferno. Sono decenni che certi argomenti - e tra questi certamente anche l'inferno - sono tabù nella Chiesa. Così comportandosi, come ci si può illudere di essere fedeli al compito assun¬to di annunciare il verbo di Cristo? 
Cristo ha parlato dell'inferno, e come! Ne ha parlato tanto da potersi affermare essere -l'inferno - tra le più presenti nella sua predicazione di salvez¬za. Si presume di saperne più di Cristo e di essere più saggi di Lui? La paura di terrorizzare le anime è paura messa avanti da satana, l'eterno nemico dell' uomo, che vuole distogliere da tale predicazione e annuncio. Parlare dell'in¬ferno, anche se - come ovvio - va fatto con equilibrio, evitando fanatismi e fis¬sazioni. Pio IX, verso la fine del suo pontificato, raccomandava a un Missionario francese: "Predicate molto le grandi verità della salvezza, predi¬cate specialmente l'inferno. Dite chiaramente tutta la verità sull'inferno, non c'è nulla di più efficace per far riflettere i poveri peccatori e convertirli". 
Il grande Papa Pio XII, nell'Esortazione programmatica ai Parroci e Predicatori quaresimali di Roma, il 23 marzo 1949, disse: "La predicazione delle prime verità della fede e dei fini ultimi non solo nulla ha perduto della sua opportunità ai nostri tempi, ma anzi è divenuta più che mai necessaria ed urgente. Anche la predica sull'inferno. Senza dubbio si deve trattare un simi¬le argomento con dignità e saggezza. Ma quanto alla sostanza stessa di que¬ste verità, la Chiesa ha, dinanzi a Dio e agli uomini, il sacro dovere di annun¬ziarla, d'insegnarla senza alcuna attenuazione, come Cristo l'ha rivelata, e non vi è alcuna condizione di tempi che possa far scemare il rigore di que-st'obbligo. Esso lega in coscienza ogni sacerdote a cui, nel ministero ordina¬rio e straordinario, è affidata la cura di ammaestrare, di ammonire e di gui¬dare i fedeli". 
Stando a quanto racconta P Pellegrino Emetti, in uno o più esor¬cismi, il diavolo avrebbe detto che, tra le tante cose che gli fanno piacere (divorzio, discoteche, mode femminili indecenti, ecc.) "soprattutto mi piac¬ciono e mi rallegrano quei Vescovi e quei Preti che negano la mia esistenza e la mia opera nel mondo ...e sono tantissimi ... oh, che gioia, che gioia per me ... lavoro tranquillo e sicuro ... persino i teologi oggi non credono alla mia esistenza ... che bello ... che gioia...e così negano anche quel loro Dio che era venuto per distruggermi ... invece l'ho vinto ... l'ho inchiodato io sulla croce ...ahahahah...! Bravi questi Preti ... bravissimi questi Vescovi ... bravissimi questi teologi... sono tutti miei fedeli servitorelli... ne faccio quello che voglio ahahahah...! Ormai sono miei... li porto dove voglio... vestiti da beccamorti... con la sigaretta sempre in bocca... profumati come gagà ... in cerca di donnic¬ciole facili... con aiuto di ultima moda... pieni di danaro... si ribellano ai dogmi del loro falso Dio... e della falsa Chiesa di quel Crocifisso mia vitti¬ma... sono i miei soldati più sicuri del mio regno, pieno pieno di loro... Con essi metto confusione e smarrimento nel popolo, che allontano sempre più dal falso Dio... e porto nel mio regno di odio e di disperazione eterna... per sem¬pre con me, con me... ahahahahah! Quanti di essi ne ho fatti scrivere alle sètte mie... allettati dalla mia carriera e dal mio denaro... li compro con facilità... perché finalmente sono riuscito a non far amare più, né quel falso loro Dio, né quella Donna che pretende di avermi vinto". 
4. Le suddette visioni dei Santi costituiscono un invito a parlare del peccato, di quello impuro soprattutto. Almeno in alcune di esse, si insiste a denunciare il triste ruolo che ha l'impurità nella dannazione delle anime: sono tanti a dannarsi per questo peccato. 
Bisogna insistere nella predicazione sul peccato perché se n'è perduto del tutto il senso. Il che significa che niente più è peccato per la mentalità cor¬rente; e in niente più si vede il peccato. 
Trasgredire allegramente i precetti di Dio e della Chiesa; favorire e soddisfare le tendenze anche più abnormi; porre come metro assoluto il pro¬prio io; accogliere e propalare le dottrine più strampalate e in pieno contrasto col Vangelo, ecc. ecc., tutto è niente. Per cui né ci si pente né si ritiene mate¬ria di confessione. Se ne può avere un'idea da certe confessioni: anime cari¬che di peccati gravissimi e mortali riducono la loro confessioni - quando si degnano di confessarsi - a... qualche parola...; a qualche bugia e... basta! È lo stato d'animo di innumerevoli uomini e donne che, immersi fino al collo nel disordine morale, vivono tranquilli e sicuri, contenti magari di vedersi "buoni" nel fondo del cuore e di non far male a nessuno. 
Le visioni dei Santi spingono a parlare del peccato e soprattutto del peccato impuro, generalizzatosi nelle sue forme anche più repellenti e portato addirittura in trionfo come una conquista di libertà. Se ne deva parlare, non perché il peccato impuro è il più grave, ma perché è certamente quello in cui incorre la quasi totalità degli uomini, ed è quello che più facilmente fa perde¬re la fede e trascina all'inferno. Una situazione morale, quella odierna, disa¬strosa. E tuttavia gli annunciatori della Parola di Dio, vescovi e sacerdoti e cristiani impegnati esitano più che mai a parlarne. 
È questo - oltre tutto - uno dei tanti segni di una crisi tremenda della Chiesa di oggi, crisi avvertita anche da laici. Uno di questi, Sergio Quinzio, mette in bocca ad una sua creatura letteraria, Papa Pietro, queste parole: "Dobbiamo prendere atto dell'apostasia della Chiesa che elude lo scandalo della fede, che lo stravolge in ciò che fede non è, riducendo a etica la salvez¬za escatologica, e perciò se ne fa un'opera ragionevolmente umana". 
E conclude: "Bisogna avere il coraggio di riconoscere che in tempi recenti la verità cristiana non è stata più annunciata nella sua integrità, ma via via ne sono stati accentuati sempre più marcatamente i risvolti e le impli¬cazioni compatibili con la sensibilità degli uomini ... moderni. Il cristianesimo si è praticamente ridotto così, agli occhi dei più, ad una forma di umanesimo (...). Dai supremi pastori della Chiesa fino alle più umili omelie che si pro¬nunciano tutte le domeniche nelle nostre Chiese, il discorso che viene propo¬sto è ormai, quasi sempre, un discorso soprattutto etico, sociale, politico, eco¬nomico. Non è esagerato dire che, in questo senso, il Magistero ha abdicato al proprio compito. La Chiesa, in quanto istituzione, sembra non avere più il coraggio di proclamare la propria fede. Tutto fa pensare che se ne vergogni, o addirittura finga di credere ancora ciò in cui in realtà non crede più". 
Come non vedere pure che la scomparsa completa del peccato nell'an¬nuncio della Parola è certamente una delle cause più importanti del generale abbassamento di tono e di fervore della vita cristiana e del rilassamento, sem¬pre più preoccupante, dei costumi? 
Sì, lo sappiamo bene, le polemiche nel mondo riguardo al sesso sono tante da tutte le parti e da tutti i settori. La Chiesa è accusata di essere sessuo¬foba; ci si scaglia contro teologi e moralisti accusati di esagerare su questo peccato; si reclama libertà assoluta in fatto di contraccettivi, di mode, di tutte le forme di trasgressioni del sesto comandamento. Si ha l'impressione che il mondo sia impazzito, una volta cancellata o messa da parte la prospettiva della vita o morte eterna. 
Le visioni dei Santi invitano energicamente a riflettere. È da ribadire ancora una volta che gli annunciatori della Parola di Dio hanno il dovere sacrosanto di predicare a tutte le creature tutto quello che Cristo ha insegnato. E noi sappiamo che nell'insegnamento del Cristo, il peccato, i novissimi, in particolare l'inferno, hanno un posto di tutto rilievo. La lotta alle cattive ten¬denze, il peccato anche solo di pensiero, il tema della conversione radicale, la realtà dell'inferno si affermano quasi ad ogni pagina del Vangelo. Non si pos¬sono illudere le anime con le sole belle parole di amore, di misericordia, ecc. Di fronte, anzi, ad una società che sembra piombata in un coma profondo irre¬versibile, è più che mai urgente una terapia d'urto, un possente elettroshock che faccia aprire gli occhi su una situazione morale, che potrebbe diventare tragica. Certo, - lo ripetiamo ancora - se si vuole, si può cancellare dalla vita ogni esigenza morale; si può ostinatamente negare l'esistenza dell'inferno. Ma è questa la realtà? Non serve a niente ostinarsi pervicacemente a negare l'esistenza di un muro: andandovi a sbattervi contro, nonostante la contraria persuasione soggettiva, ci si romperà certamente la testa! È quanto, in soldo¬ni, vogliono dirci i Santi con le loro apparizioni o visioni. 
5. Le apparizioni dicono pure che bisognerebbe impegnarsi immensa¬mente di più per la salvezza dell'anima. E ad essa principalmente dovrebbe orientarsi l'apostolato nella Chiesa. 
Si parla tanto di poveri, di terzo e quarto mondo, di bambini che muoio¬no di fame. In proposito, si pensi a tutte le campagne umanitarie, sempre poche di fronte ai reali bisogni esistenti e sempre da incoraggiare e benedire. Si pian¬ge e ci si rattrista giustamente al pensiero che milioni di uomini muoiono di fame. Però non si piange quasi mai sui peccatori che rischiano la vita eterna. Il Papa Benedetto XVI ha detto nel suo Messaggio per la Quaresima 2006: "In nessun modo è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del loro cuore". "Anche oggi – aggiunge -, nel tempo della interdipendenza globale, si può constatare che nessun progetto economico, sociale o politico sostituisce quel dono di sé all'altro nel quale si esprime la carità. Chi opera secondo questa logica evangelica vive la fede come amicizia con il Dio incarnato e, come Lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del prossimo. Lo guar¬da come incommensurabile mistero, degno di infinita cura ed attenzione. Sa che chi non dà Dio dà troppo poco, come diceva la beata Teresa di Calcutta: 'La prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo'. Perciò occorre far trovare Dio nel volto misericordioso di Cristo: senza questa prospettiva, una civiltà non si costruisce su basi solide". 
Le parole del Papa spaziano certamente su un più vasto orizzonte, ma sono tali che comprendono anche lo stato di povertà di coloro che, per il pec¬cato, sono a rischio continuo di eterna salvezza. E perciò bisogna senz'altro ammettere che a vincere questa rovinosa povertà si fa troppo poco, se non niente addirittura. La Madonna di Fatima dice che molte anime vanno all'inferno perché nessuno prega per loro. Non ignoriamo che ci sono nella Chiesa tante anime eroiche che
Conclusione

Bisogna ammettere che le rivelazioni presentate in queste pagine, pur se private, possono riempire di sgomento e di terrore. E faranno acuire, forse, anche alcuni problemi o quesiti, che non cessano di tormentare lo spirito umano di ogni tempo e condizione. Quesiti come questi, per es.: come è pos¬sibile che Dio punisca e per sempre, un povero peccatore che, volente o nolen¬te, è pur sempre una creatura di impensabile fragilità e miseria? Come è pos-sibile immaginare un inferno eterno? Rispondere dettagliatamente ci portereb¬be lontano e non è questo lo scopo di queste pagine. Ma, in fondo, a tali que¬siti - se si riflette bene - la risposta, almeno in qualche modo, la si è data già in queste pagine.
Ma più che perdersi in questi interrogativi, è bene ricordare che alle nostre paure e preoccupazioni rispondono altre rivelazioni rassicuranti, fatte ad anime privilegiate. Ecco, per es., come parla Gesù a Suor Benigna Consolata: 'Io dò loro (le mie pecorelle) la vita eterna e in eterno non peri¬ranno e nessuno le strapperà dalle mie mani (Gv 10,28). Hai capito, Consolata? Nessuno può strapparmi un'anima. Perché allora il dubbio: Chissà se mi salverò!, se io nel Vangelo ho assicurato che nessuno può strap¬parmi un'anima e dò a questa anima la vita eterna e quindi non perirà?
Credimi, Consolata, all'inferno ci va chi vuole, cioè chi vuole vera¬mente andarci perché, se nessuno può strapparmi un'anima dalle mani, l'ani¬ma, per la libertà concessale, può tradirmi, rinnegarmi e passare di propria volontà al demonio. Oh, se invece di ferire il mio Cuore con queste diffiden¬ze, pensaste un po' al Paradiso che vi attende, perché io vi ho creati non per l'inferno ma per il Paradiso, non per andar a far compagnia al demonio, ma per godermi eternamente nell'Amore.
Vedi, Consolata, va all'inferno chi vuole andarvi... pensa come è stol¬to il vostro timore di dannarvi. [...]. Dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio sangue, dopo che per una intera esistenza l'ho circondata di grazie, di grazie... all'ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione e quindi quest'anima sta per amarmi eternamente, Io, che nel santo Vangelo ho promesso di dare ad essa la vita eterna e che nessu¬no me la strapperà di mano, me la lascerò rubare dal demonio, dal mio peg¬gior nemico? Ma, Consolata, si può credere a questa mostruosità?
Vedi, l'impenitenza finale è per quell'anima che vuole andare all'infer¬no di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia immensa misericordia, perché Io non rifiuto il perdono a nessuno, a tutti offro e dono la mia immen¬sa misericordia, perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l'anima, perché Io li perdono se essa si pente, ma è l'ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare".
Sempre alla stessa Suora Gesù dirà pure: "Consolata, ho bisogno di vittime, il mondo si perde e Io lo voglio salvare. Consolata, un giorno il demo¬nio ha giurato di perderti ed Io di salvarti. Chi ha vinto? ...Ebbene, ha giura¬to di perdere anche il mondo e Io giuro di salvarlo, e lo salverò col trionfo della mia misericordia e del mio amore. Sì, salverò il mondo con l'Amore misericordioso, scrivilo".
Anche a Sr. Faustina Kowalska Gesù disse un giorno: "Desidero che i miei Sacerdoti annunzino questa mia grande misericordia per le anime pec¬catrici. Il peccatore non tema di avvicinarsi a me. Anche se l'anima fosse co¬me un cadavere in piena putrefazione, se umanamente non ci fosse più rime¬dio, non è così davanti a Dio.
Le fiamme della misericordia mi consumano, desidero effonderle sulle anime degli uomini. Sono tutto amore e misericordia. Un'anima che ha fidu¬cia in me è felice perché io stesso mi prendo cura di lei. Nessun peccatore, fosse pure un abisso di abiezione, esaurirà mai la mia misericordia, poiché più vi si attinge e più aumenta. Figlia mia, non cessare di annunziare la mia misericordia, col farlo darai refrigerio al mio Cuore consumato da fiamme di compassione per i peccatori. Quanto dolorosamente mi ferisce la mancanza di fiducia nella mia bontà!
Per punire ho tutta l'eternità, adesso invece prolungo il tempo della misericordia per essi. Anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, rivol¬gendosi alla mia misericordia, il peccatore mi glorifica e onora la mia Passione. Nell'ora della sua morte io lo difenderò come la mia stessa gloria. Quando un'anima esalta la mia bontà, Satana trema davanti ad essa e fugge fin nel profondo dell'inferno".
E come bisogna bandire ogni preoccupazione e paura di dannarsi, se si cammina nell'obbedienza e nell'amore; così bisogna pure non temere il dia¬volo che si sforza di portare tutti all'inferno. Ce lo dice, tra i tanti, S. Teresa d'Avila: "Se questo Signore è così potente, come so e vedo; se i demoni non gli sono che schiavi, come la fede non mi permette di dubitare, che male mi possono fare se io sono la serva di questo Re e Signore? Piuttosto, perché non sentirmi così forte da affrontare l'inferno intero?...
Sapete quando i demoni ci fanno spavento? Quando ci angustiamo con le sollecitudini per gli onori, per i piaceri e le ricchezze del mondo. Allora noi, amando e cercando quello che dovremmo aborrire, mettiamo nelle loro mani le armi con cui potremmo difenderci e li induciamo a combatterci con nostro immenso pregiudizio. (...) Piaccia a Dio che io (...), sorretta dalla sua grazia, ritenga riposo ciò che è riposo, onore ciò che è onore, piacere ciò che è pia¬cere, e non il contrario. Allora farei le corna a tutti i demoni, che fuggirebbe¬ro spaventati".
I Santi! Sono sempre loro che, tutto pieni di Cristo luce e vita, ci ripe¬tono parole di vita eterna!
[Modificato da MARIOCAPALBO 01/02/2015 20:51]

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