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. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
 
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Di Padre Antonino M. di Monda

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2015 13:18
01/02/2015 20:07

10 - TERESA MUSCO
Nacque a Caiazzo (CE) il 7 giugno 1943 e morì a Caserta il 19 agosto 1976. Ebbe innumerevoli fenomeni mistici tanto che P Roschini l'ha detta la più grande mistica del secolo scorso. Pare che non una volta sola abbia visto l'inferno o vi ci sia portata in qualche modo.
Il 29 novembre 1961 Teresa si lagna dolcemente con Gesù, dicendo: "Io quel poco che sto facendo, lo faccio di vero amore, ma Tu perché mi hai mostrato l'inferno e mi hai fatto scendere nell'abisso?
Mi è sembrato di esservi da secoli ed ho subìto tutti i tormenti, tra cui non è stato il minimo quello di ascoltare le sterili confessioni dei dannati e le grida di odio, di dolore e di disperazione. Perché mai, Gesù, mi hai mostrato ciò? Forse io sono una di quelle anime? Quanto orrore sento nella mia anima!
"Un'altra volta, Teresa sogna di essere in un grande prato con tante margherite bianche. Ad un bel momento il grande fabbricato è scomparso e Teresa si è ritrovata a guardare una cosa spaventosa, in una grande luce: questa era piena di fuoco e di demoni che, con le loro mani misteriose affer¬ravano giovani, vecchi, bambini, signorine, trascinandoli giù, mentre veniva¬no divorati dalla fiamme e le loro braccia scarnite, trasparenti erano alzate in alto, verso il cielo. Quel grande vuoto era divenuto un mare di fuoco, che ondeggiante cercava di prendere qualche anima, che passava di lì".
Un altro giorno, alle ore 11,25, Teresa, avvertendo molta stanchezza, si è appoggiata sul letto. Ma come se lì fosse stato qualcuno ad attenderla, si sente fermata sul letto da due mani, come inchiodata in croce, e due persone hanno cominciato a percuoterla come se le strappassero la carne. Poi si sente come trasportata in un deserto dove vi erano innumerevoli serpenti di ogni colore. Vi era pure un serpente di mille colori, lungo dieci metri e con sette teste che sbranava ogni persona che passasse per quel deserto.
Teresa cerca di rendersi conto di dove si trovi, lotta tanto, ma quando vede scritto su un cartello "luogo di dannazione" le viene la forza di pregare l'Angelo Custode a salvarla.
Si ritrova sul letto tutta coperta di lividure: erano le ore 2 di pomerig¬gio.
Un altro giorno si ritrova di fronte ad un deserto da attraversare. Camminò a lungo e poi senti lunghi lamenti e poi ancora fortissimi lamenti, e vede in una stanza il grande demonio, Lucifero, che prendeva quelle anime, erano ragazze e ragazzini, e le metteva nel fuoco, facendo sentir loro grandi dolori e, poi comandava la loro volontà. Quando le anime non obbedivano, la bocca del demonio si legava al cuore delle persone e ne beveva tutto il sangue.
Ancora. È il 10 gennaio 1975. All'improvviso Teresa è portata fuori dal suo corpo, mentre accanto ad esso lo guardano due angioletti. Si è ritrovata, assieme al suo Angelo Custode come in un grande deserto. Arrivati in mezzo ad esso, l'Angelo scompare ed ella si è trovata in mezzo a due crepacci di montagna che doveva attraversare. Riesce a passare a fatica e si ritrova anco¬ra in un deserto dove vi era un pagliaio con dentro tanti uomini, simili a vam¬piri con tutti i denti fuori della bocca. Va a chiedere a loro dove si trovasse la strada, ma essi l'afferrano e la colpiscono con un frustino.
Teresa cade per terra sotto le loro mani e non ha la forza di rialzarsi, mentre quelli continuavano a menarla. Invoca aiuto dalla Madonna e quegli esseri scompaiano. Teresa si alza e vede il suo corpo tutto sporco di sangue e pieno di lividure. Ha cominciato a camminare e la strada si apriva da sola davanti, chiudendosi di nuovo dietro le sue spalle. Arriva in un piazzale dove era il suo Angelo Custode che le dice: "Teresa, io ero con te e tu non mi hai sentito, ma ora ti dirò che verrà un giorno che gli abissi dell'inferno si apri¬ranno sotto i piedi dei dannati, mentre nel cielo vi sarà un gran trionfo di Santi. Con orrore gli abissi si spalancheranno davanti, per poi chiudersi sopra di essi, senza scampo e per tutta l'eternità". L'Angelo l'invita poi a tor¬nare a casa e Teresa si ritrova di nuovo davanti al letto col suo corpo lì diste¬so. Rientrata in se stessa trova il suo corpo, vivo e vero pieno di lividi.
Anche quanto segue deve riferirsi a una visione dell'inferno del 27 dicembre 1974: "... sola qui? Sola no, non voglio restare sola! Il fuoco, il fuoco! Ah, quante anime che si disperano! Gesù, senti che grida disperate? Aiutale, Gesù, ti prego! Non puoi aiutare, Gesù? Perché? Com'è terribile, Gesù! Non permettere a nessuno che ci possa andare. Che cosa è quello? No, è il fuoco! Che calore! D'inverno non l'ho mai sentito un calore simile! O Gesù, io mica ci voglio andare in quel posto, aiutami, perché voglio aiutare gli altri a non andarci. Nulla si può fare per non farli urlare così, Gesù? ".
A solo titolo di curiosità riportiamo qui anche quanto visto da una veg¬gente di Lucera, dove ha lasciato un nome e una fama non comune: Rosa Lamparelli (n. 6.3.1910 +12.6.2000).
La Madonna le descrisse il paradiso, l'inferno e il purgatorio. Così lei racconta: "Vuoi vederlo? Mi disse. Mi prese per mano e mi condusse. Il primo a visitare fu l'inferno; era composto di un gran sotterraneo con una grande porta all'entrata e di dentro formato come tanti archi tutti affumicati. Un calore immenso e una puzza insopportabile vi era. Dal fondo venivano grida disperate di tanti dannati. Quello che potei vedere mi è sempre impresso; da una parte vi erano tanti uomini che si dibattevano disperatamente e vicino vi era una donna di una forma orribile coi capelli scarmigliati, gli occhi fuori dalle orbite, nera come un carbone, faceva orrore. Non dico poi di tanti altri dannati trasformati in tanti animali spaventosi che non posso ricordare senza rabbrividire. Non volli andare più avanti e pregai il mio angelo e la Madonna di condurmi indietro. Mi portarono al Purgatorio... ".
Che dire delle visioni di Teresa Musco? Ecco qualche considerazione:
a) L'inferno è il luogo di dannazione: un mare di fuoco, pieno di demo¬ni, presentati questi anche sotto l'immagine di serpenti dai mille colori.
b) I dannati sono divorati dalle fiamme, dal fuoco di cui è impossibile dire il calore e l'intensità: "P. Franco, che fuoco, che fuoco! No, Gesù, abbi pietà di noi, Signore. Gesù non puoi buttarmi così. E’ terribile! Quanto fuoco".
Assieme al fuoco, mille altri tormenti (inutili confessioni= rimorsi di coscienza, rimpianti di non aver corrisposto alle grazie, ecc.) che strappano loro grida di odio, di dolore e di disperazione.
c) Assieme a tutto ciò, i dannati sono tormentati dai diavoli (i serpenti dai mille colori) e da Lucifero (il serpentaccio lungo dieci metri). "I demoni che, con le loro mani misteriose afferrano giovani, vecchi, bambini, signori¬ne, trascinandoli giù, mentre venivano divorati dalla fiamme e le loro braccia scarnite, trasparenti erano alzate in alto, verso il cielo. Lucifero, che prende ragazze e ragazzini, e le mette nel fuoco, facendo sentir loro grandi dolori e, poi comandava la loro volontà. Quando le anime non obbedivano, la bocca del demonio si legava al cuore delle persone e ne beveva tutto il sangue".
d) Nessuno, neanche Gesù, può aiutare i dannati divorati dal fuoco: "Il fuoco, il fuoco! Ah, quante anime che si disperano! Gesù, senti che grida disperate? Aiutale, Gesù, ti prego! Non puoi aiutare, Gesù? Perché? Com'è terribile, Gesù! Non permettere a nessuno che ci possa andare".
e) Sono tante le anime che vanno a finire nel fuoco eterno:
"Quante anime che si disperano! Quanto fuoco, quante anime! Non ne ho visto mai così, mi sento scoppiare. Attento! Attento! No, come può finire così tanta gente? Gesù non vuole questo. Allora preghiamo tutti".
f) La visione finale dopo il giudizio universale: non ci sarà che paradi¬so e inferno. Così parla a Teresa il suo Angelo Custode:
"Teresa (...) ora ti dirò che verrà un giorno che gli abissi dell'inferno si apriranno sotto i piedi dei dannati, mentre nel cielo vi sarà un gran trion¬fo di Santi. Con orrore gli abissi si spalancheranno davanti, per poi chiuder¬si sopra di essi, senza scampo e per tutta l'eternità".

Uno sguardo d'insieme
Le visioni dell'inferno, avute dai Santi, pur così diverse tra loro nei dettagli, lasciano intravedere tutta una serie di verità rivelate, che è bene evi¬denziare in qualche modo in una visuale d'insieme.
Da notare, prima di tutto, che non esiste opposizione sostanziale tra dette visioni e i dati rivelati. Si hanno solo sfumature e dettagli diversi: diffe¬renze che, non essendo in contraddizione tra loro, potrebbero essere tutte vere, rispondenti cioè alla verità oggettiva, vista da angolature diverse, così come sono tutti veri i vari panorami di una città, ripresi da vari punti.
Ma non è però da escludere neanche che dette differenze siano dovute, in qualche modo, alla struttura spirituale e temperamentale dei veggenti. E cioè esse potrebbero essere anche effetti di fantasie fervide o di ricordi di let¬ture fatte e anche di complessi, identificati o no. Elementi quindi di fantasia, introdottisi, diciamo così, furtivamente nelle varie apparizioni.
Le descrizioni possono risentire, non meno, delle idee e della teologia professata, come presto vedremo parlando soprattutto della Emmerick.
Ciò premesso proviamo ad offrire una visuale d'insieme di tutte le visioni presentate.
1. Per i Santi, dunque, l'inferno è una terribile realtà e non una favo¬letta per bambini! In pratica è il tragico fallimento di creature, che, create per la felicità e la vita eterna, si ritrovano - e per di più eternamente - nell'infelici¬tà più totale.
Uno sciagurato fallimento, e per di più irreparabile, nessuno più può annullare o modificare. Come si fa a vivere lontano da Dio, nel fuoco e in mille altri tormenti?... E come si fa a vivere, sapendo che questa tremenda situazione sarà sempre così, senza mai mai mai mutare?... Mistero sconcertan¬te! Alle barzellette e ironie sciocche, i Santi oppongono descrizioni che fanno fremere di terrore e di spavento. Ed essi, senza dubbio, sono infinitamente più credibili di tutti gli sciocchi che popolano il mondo. Credibili per la loro san¬tità che è dirittura di anima e di mente, che mai si presterebbe ad ingannare qualcuno. E credibili per il favore che godono presso Dio, che si serve volen¬tieri di loro per operare meraviglie e inviare agli uomini i suoi messaggi di sal-vezza e di misericordia.
Se si riflettesse un pochino soltanto, molto probabilmente tanti sfuggi¬rebbero a questo supremo e definitivo fallimento della vita.
2. Per tutti i Santi, passati qui in rassegna, l'inferno è l'esatto opposto del paradiso. L'inferno è il carcere di eterna ira, dove si sprofondano caverno¬se prigioni, si estendono orrendi deserti e si scorgono smisurati laghi rigurgi¬tanti di mostri paurosi, orribili. Là dentro si dibattono esseri discordi e dispe¬rati, vi ferve cioè l'eterna e terribile discordia dei dannati.
In cielo invece si gode la gioia e si adora l'Altissimo dentro giardini ricchi di bellissimi fiori e di frutta squisiti che comunicano la vita. E qui tutto è gioia, ordine, bellezza, incanto per gli occhi e per l'anima. Qui regna l'unio¬ne dei Santi eternamente beati. Ed è questa la ricompensa data da Dio ai suoi fedeli servitori.
3. Per tutti i Santi l'inferno è qualcosa di si orrido da superare ogni umana immaginazione. In esso vi regna - come si deduce dall'insieme delle visioni - il mostruoso, tutto ciò che fa paura e atterrisce (l'arido deserto, abis¬si senza fondo, mostri, serpenti, ecc.). Le pene dei dannati, quelle del danno e del senso, - inesprimibili e tali da non poter trovare, per esse, paragoni o ana¬logie - sono presentate in tutta la loro crudezza in una certa varietà che, però non crediamo porti danno agli elementi essenziali che, come si è detto, sono in perfetta e totale sintonia con la Rivelazione. Qui interessano soprattutto i contenuti delle visioni con tutte le conclusioni e conseguenze che se ne pos¬sono trarre.
Tutti parlano di fuoco e di altri orrendi castighi.
Esse sono quelle elencate dalla Menendez e che si ritrovano, più o meno in tutte le altre apparizioni, e cioè:
La perdita di Dio: la pena che costituisce propriamente 1'infemo, I continui rimorsi di coscienza,
La consapevolezza che quella sorte non cambierà mai,
Il fuoco che penetra l'anima senza annientarla, un fuoco puramente spi¬rituale acceso dall'ira di Dio,
L'oscurità continua e un fetore soffocante,
La compagnia continua di Satana,
La disperazione con l'odio a Dio, e con le imprecazioni, le maledizio¬ni, le bestemmie.
I dolori che vi si soffrono sono spaventosi e intollerabili. Al confronto i dolori più atroci della terra, come dice la stessa S. Teresa "non sono nemmeno da paragonarsi con quanto allora ho sofferto, specialmente al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza alcuna mitigazione. Ma anche questo era un nulla innanzi all'agonia dell'anima. Era un'oppressio¬ne, un'angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimermi. Dire che si soffrano continue agonie di morte è poco..." (S. Teresa d' Avila).
Ma il supplizio maggiore è il fuoco e la disperazione interiore, che non si sa descrivere.
4. Tutti parlano pure dei supplizi riservati ad alcuni vizi.
"Queste sono pene che tutti i dannati soffrono - aggiunge la Menendez ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro". S. Teresa parla, in merito, di "spaventosis¬simi castighi". Ogni vizio ha i suoi castighi particolari. C'è chi accusa le mani che hanno rubato, o la lingua e gli occhi con i quali hanno peccato.
Tra le pene del dannato ci sono ancora quelle inflitte dallo stesso sata¬na e dai diavoli. Perché? Perché il dannato, consapevolmente o inconsapevol¬mente, li ha scelti in vita e li ha serviti come suoi signori e padroni. E il dia¬volo, il maligno per essenza, non può dare e non sa dare che umiliazioni e sof¬ferenze.
Stando così le cose viene da chiedersi:come è possibile che ci sia chi adori il diavolo e ad esso si appoggi? È pazzesco confidare nel proprio acer¬rimo nemico che vuole solo la dannazione eterna di tutti. Come è ugualmen¬te incomprensibile che si possa diffidare di Dio, che ha dato mille prove del suo amore, e che per salvare l'uomo dalla schiavitù di satana e dal rischio tre¬mendo dell'inferno, si è incarnato e ha dato il proprio sangue in riscatto.
5. In piena conformità al Vangelo e al Magistero della Chiesa, in tutte le visioni si insiste sull'eternità dell'inferno e sulla disperazione che la certez¬za di tale terribile realtà provoca nei dannati. Nessuna mitigazione, quindi, o evasione, tanto meno una loro soppressione.
Purtroppo alla unanimità espressa dai Santi sulle verità dell'inferno, non sembra che vogliano sempre adeguarsi teologi, letterati e opinionisti anche di grido. Anche se, ad onore del vero, è, forse, la stessa grandezza del mistero che spinge a "sognare" uscite e soluzioni impossibili. A riguardo scelgo solo due esempi.
Il primo riguarda i dannati all'inferno. Tutti i Santi vedono innumere¬voli dannati all'inferno. Vari di loro anzi affermano di averli visti cadere nel¬l'abisso. Così, per es., S. Veronica Giuliani: "La montagna viva era un clamo¬re di maledizioni orribili. Essa era l'inferno superiore, cioè l'inferno benigno. Infatti la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco.
I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlava¬no disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi. E in quell'abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... ".
S. Giovanni Bosco vede precipitare nell'inferno giovani da lui cono¬sciuti, ecc.
Non potendosi negare l'esistenza dell'inferno - una verità così chiara¬mente espressa dalle Scritture e dai Santi -, si è ipotizzato che esso sia vuoto. L'inferno, perciò, di cui tante volte ha parlato soprattutto il Signore in persona, non sarebbe che uno spauracchio da non prendere troppo sul serio o uno spaventapasseri che fa paura solo agli ignari e ingenui!
È chiaro che, con tutto il rispetto e la stima che abbiamo soprattutto per i teologi, preferiamo credere ai Santi che, prescindendo anche dalla concor¬danza con le Scritture, sono, come già detto, immensamente più credibili degli stessi grandi teologi e letterati.
Altro esempio riguarda l'eternità dell'inferno e delle sue pene. Tutti i Santi citati ci parlano di eternità delle pene con l'esclusione anche di qualsia¬si attenuazione. Ed ecco che, oggi, anche dopo la condanna dell'apocatastasi di Origene, viene a dirci il contrario il Maritain in un volumetto dell'età seni¬le dal titolo Le Cose del cielo, a cura di Nora Possenti Ghiglia, ediz. Massimo, Milano.
I dannati nell'inferno - dice il Maritain - lavorano a costruire edifici che crollano a causa delle loro divisioni e odi. "Essi faranno delle città nell'infer¬no, delle torri, dei ponti, vi condurranno battaglie... nel male stesso manife¬stano i doni e le energie ontologiche di cui la creatura non sarebbe sprovvi¬sta se non quando cessasse di essere" (p. 77).
C'è il fuoco, ma "poiché l'anima resta rivolta contro Dio e fissata nel¬l'odio, il fuoco non le serve a nulla e le brucia eternamente" (p. 75). Eternamente di sicuro, dal momento che le anime sante protestano con¬tro l'eternità dell'inferno. Il nostro amore, questo amore che (Dio) ci ha dato, come potrebbe essere soddisfatto di vedere Dio odiato senza fine, e senza fine bestemmiato da esseri usciti dalle sue mani? Vedere il crimine aggiungersi al crimine? E tra i maledetti ce n'è di quelli che amiamo [...].
"No, noi non cesseremo mai, continueremo a pregare e a gridare per il Sangue del Salvatore, ah!, senza avere, lo sappiamo bene, il minimo diritto di essere esauditi, e lasciando solamente la follia dell'amore esalare da noi libe¬ramente, gratuitamente" (p. 78). Maritain spera che Dio cambi la volontà dei dannati "fissata nel male in virtù dell'ordine della natura in maniera assolu¬ta e immutabile", con un "miracolo".
Per farla breve, ogni dannato viene "perdonato (sempre dannato ma perdonato)" e così "lascia i luoghi bassi, viene fuori dal fuoco, è trasportato nel limbo. Egli gioirà, benché rimanga ferito, di quella felicità naturale" di cui godono i bimbi morti senza battesimo, "e che è ancora un inferno rispet¬to alla gloria" (p. 79). "Il fuoco dell'inferno resta eterno in se stesso, conti¬nua a bruciare senza fine (...) ma coloro che vi erano stati immessi ne sono stati tratti fuori per miracolo" (p. 80). Resta per Maritain, che "questi perdo¬nati sono dei perduti. Non sono stati salvati, non sono riscattati"; solo, "la loro anima è tratta fuori dalla pena del senso in quanto causata dal fuoco" (ibidem).
Commenta il Blondet: "Spero si capisca l'enormità di quel che viene qui elucubrato. E che si veda la radice torbida di quella malattia del cattoli¬cesimo che - in mancanza di migliori approfondimenti - s'è chiamata buoni¬smo, e di cui Maritain è stato uno dei massimi diffusori".
Il buonismo che è una forma del sentimentalismo, rivela qui che la radi¬ce di ogni sentimentalismo è la sensualità, il materialismo sensuale. Maritain infatti suppone che il destino dei dannati possa essere migliorato sottraendoli al fuoco; è il dolore fisico, la "pena del senso" quello che per lui pesa davve¬ro. La pena del danno, è qualcosa che si può sopportare, non è vero? Tutto ciò è ovviamente insensato. Se, come dice Maritain, "la giustizia di Dio è la sua pazienza" (p.74), ossia se fosse vero che Dio "soffre che delle creature for¬mate a sua immagine lo rifiutino... eternamente", sarebbe più coerente ipotiz¬zare che, per porre fine alla propria sofferenza, Dio concedesse anche ai dannati la salvazione, ossia la visione di sé; perché il `fuoco' non è che un ‘simbolo’ del dolore della mancata visione: anche se un simbolo radicalmen¬te concreto, che realmente brucia ogni fibra dell'essere umano, anima e corpo. Ma pretendere la salvazione finale dei dannati è palesemente eretico, e Maritain se ne astiene".
Come si vede, proprio perché le visioni dei Santi qui presentate, non sono immaginazione o pura fantasia, offrono tutte un quadro sostanzialmente identico dell'inferno, perché riflettono verità oggettive. Ciò che le Sacre Scritture, i Santi Padri ci dicono sinteticamente o anche velatamente, viene qui squadernato e approfondito nei suoi particolari, anch'essi differenti solo in dettagli che non distruggono affatto una omogenea visuale d'insieme.

Qualche considerazione teologica
Sulle visioni dei Santi qui addotte si potrebbero fare parecchie conside¬razioni da vari punti di vita. Ci limiteremo a farne qualcuna soprattutto d'in¬dole teologica e morale.
1. Non sfugga all'attenzione, prima di tutto, che quanto accaduto ai Santi e qui esposto, è dovuto all'iniziativa di Dio stesso. Tutte le visioni, infat¬ti, ci dicono che esse sono volute e permesse da Dio per ribadire e conferma¬re questo tremendo mistero dell'inferno. In effetti, a parte ogni considerazio¬ne, i Santi sono i migliori interpreti della Rivelazione di Dio. È Lui che fa "scendere" all'inferno il veggente o la veggente o fa guidare da angeli chi ha stabilito debba subìre si straordinaria e tremenda avventura o esperienza. Ciò dice che il suo dominio si estende per davvero ad ogni realtà esistente, ed è Lui il vero Signore e dominatore di tutto, compreso l'inferno. Non è il diavo¬lo il padrone dell'inferno, anche se egli esercita qui un dominio che è, prima per lui, fonte di inaudite sofferenze
2. Il mistero dell'inferno, considerato soprattutto nella sua eternità, sconcerta e fa quasi smarrire la ragione. Ma esso si illumina non poco se si pensa - come hanno affermato vari dei Santi qui proposti - che esso è voluto e creato dal demonio e dal dannato stesso. I veggenti di Medjugorje, dopo aver visto l'inferno, chiedono alla Madonna se quelle persone dannate, potranno un giorno, uscire dall'inferno - e la Madonna risponde: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio, hanno scelto libe¬ramente di essere lontani da Dio, per sempre! Dio non vuole forzare nessuna ad amarlo".
Dio, sommo amore, mai avrebbe voluto l'inferno. In un esorcismo fatto a Roma dal P Candido, a questi che aveva detto con ironia al demonio: "Vattene da qui, tanto, il Signore te l'ha preparata una bella casa, ben scal¬data!", il demonio avrebbe risposto: "Tu non sai niente. Non è Lui che ha fatto l'inferno. Siamo stati tutti noi. Lui non ci aveva neppure pensato".
3. L'inferno è prodotto ed esiste per il peccato, e perciò è il peccato il vero creatore dell'inferno, quel peccato sul quale tanto si scherza e si ironiz¬za, e che lo si vuole in nome della vita e della felicità da godere.
L'inferno è la mercede del peccato, di ogni peccato che offende gravemente il Signore: mercede, conseguenza e frutto del peccato, soprattutto del peccato impuro sessuale in tutte le sue forme. Ne sono convinti e consenzien¬ti tutti i Santi che presentano l'inferno. Si rilegga quanto detto ed esortato dal¬l'Angelo a S. Giovanni Bosco, parole confermate non meno da Giacinta, la piccola veggente di Fatima che, prima di morire, dirà tra l'altro: "I peccati che portano più anime all'inferno sono i peccati della carne. Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù. Le persone che servono Dio non devono segui¬re la moda. La Chiesa non ha mode. Gesù è sempre lo stesso".
Tutti i dannati, nella visione di S. Giovanni Bosco avevano scritto in fronte il proprio peccato. In effetti è il peccato che danna l'anima. La visione di Don Bosco vuol dire pure forse che ognuno si può dannare anche per un solo peccato mortale, se la morte dovesse accadere senza aver potuto liberar¬si da tale stato. Ma generalmente ci si danna soprattutto per un peccato pre¬dominante nella vita terrena, dal quale proliferano tante altre male erbe.
L'affermazione che l'inferno è il prodotto dell'inferno, non è inficiata da quanto afferma S. Veronica Giuliani, che si va all'inferno soprattutto per l'ingratitudine all'amore di un Dio appassionato, flagellato e coronato di spine e morto per noi. In effetti, ogni peccato è un gesto di ingratitudine allo scon¬finato amore di Dio.
In pratica l'inferno è la ricompensa di chi non ha voluto capire e apprezzare e accettare l'infinita follia di un amore divino donatosi tutto. E sul¬l'infinita misericordia di Dio ha prevalso, se così ci è lecito esprimerci, l'infi¬nita giustizia di Dio: "Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno" (S. Veronica). Il fatto che l'inferno sia originato dal peccato spiega tante cose! Ma, pur con queste luci, il mistero si chiarisce fino a un certo punto. Ci si doman-da, infatti, subito: come può l'uomo volere veramente l'inferno? La risposta di S. Tommaso illumina fino a un certo punto. Egli dice che i dannati sono ostinati come i demoni e perciò il loro volere non potrà mai essere buono. E spiega così la cosa: "... il valore deliberativo deriva da loro stessi (cioè dagli spiriti dannati stessi), in quanto è in loro potere inclinare con l'affetto verso questa o quell'altra cosa. E tale volere in essi è solo cattivo, questo perché essi sono del tutto stornati dall'ultimo fine del retto volere; e d'altronde non può esserci un atto buono di volontà, se non in ordine alfine predetto. Quindi anche se vogliono un bene, lo vogliono non bene, cosicché il loro volere anche in tal caso non può dirsi buono".
E ciò perché la volontà degli angeli buoni (e quindi anche delle anime umane con la morte del corpo) è confermata nel bene, mentre la volontà dei demoni (e anche di tutti i dannati) è ostinata nel male. La causa di questa osti¬nazione non proviene dalla gravità della colpa, bensì dalla particolare condi¬zione della loro natura e del loro stato. Mentre infatti l'uomo, nel conoscere, procede discorrendo e cioè passando gradatamente da una verità all'altra, l'angelo invece - e similmente l'uomo con la morte - percepisce col suo intel¬letto in modo irremovibile. E perciò la volontà dell'uomo aderisce ad una cosa in modo instabile, conservando il potere di staccarsi da essa per aderire ad una cosa contraria; la volontà dell'angelo, invece, aderisce stabilmente e irremo¬vibilmente al suo oggetto.
4. Nell'inferno non solo esistono mostri paurosi, ma ovunque vi pre¬domina il mostruoso, l'orrido, perché tale è il peccato, il mostro per eccellen¬za, che strappa all'anima il benessere e la vita, e la deforma, facendole per¬dere ogni dignità. Per questo, come abbiamo visto, i dannati si gettano da soli in quel fuoco, e quando ne escono assomigliano a belve feroci, che bestem¬miano e gridano il loro odio e la loro ribellione. Talmente cambiati e sfigura¬ti che si stenta a crederli esseri umani. Santa Veronica vede i dannati apparire prima come bestie legate di diverse specie, ridiventati poi uomini, ma tanto spaventevoli e brutti, da incutere più terrore dei demoni stessi. Tali anime sono morte e divenute come bestie per il peccato.
Non c'è che dire. Anche i veggenti di Medjugorje affermano: "Abbiamo visto gente assolutamente normale, come quelli che si incontrano per la strada, che si gettavano da soli in quel fuoco. Quando ne uscivano assomigliavano a belve feroci che gridavano il loro odio e la loro ribellione e bestemmiavano ... Era difficile credere che fossero esseri umani, tanto erano sfigurati, cambiati...". In effetti, l'uomo che obbedisce alle sue passioni e al demonio, non ne diventa solo schiavo, ma si degrada come lui, bestia spaven¬tosa e deforme. D'altra parte Satana, essendo sprofondato nell'abisso di ogni degrado, non può che vedere e contattare solo dei mostri come lui.
Ma qui si innesta, ancora una volta, il problema della vera libertà. Dio ha donato la libertà all'uomo non perché facesse quello che vuole, ma perché facesse liberamente quanto torna, in definitiva, a profitto e a vantaggio del¬l'uomo stesso. La libertà, quindi, è un dono per fare più grande l'uomo, per renderlo veramente uomo signore e re dell'universo intero. E ciò si avvera scegliendo liberamente il bene da fare. Scegliere invece liberamente di tra¬sgredire la legge, di fare il male, non solo non è affatto un diritto da rivendi¬care, ma solo un tristo potere e segno aperto di imperfezione di ogni libertà creata. Il che significa pure che scegliendo il male, l'uomo non si innalza, non conquista vette immacolate di perfezione - ah le sciocchezze e le vanterie di un libero pensiero rivendicato come segno di grande dignità e nobiltà davanti a Dio e davanti agli uomini! - ma scende, si degrada al livello delle bestie che, non potendo operare con la ragione che non hanno, sono sempre pronte a cac¬ciare unghie e artigli per sopraffare o difendersi. Che differenza tra un Santo che è arrivato ad un esercizio perfettissimo della libertà e un uomo che, pur inneggiando e gloriandosi scioccamente di essere un libero pensatore e uno che non si lascia condizionare da niente e da nessuno, in verità è solo un mise¬rabile schiavo delle sue passioni e dei suoi istinti. Che differenza tra un pec-catore impaziente, violento, passionale e un Santo dal volto sereno e giocon-do,dall'animo fatto amore e bontà con tutti! "Mettere a prova la libertà anche contro Dio (= il peccato voluto e amato) - ha ricordato Benedetto XVI - non innalza l'uomo, ma lo abbassa e lo umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo".
5. L'inferno è lo svelamento completo del peccato. Si ripete da tutte le parti che il peccato è veleno e morte, sconquasso e squilibrio, suicidio e dan¬nazione. Difficile però vedere sulla terra il peso del suo veleno e l'entità della sua vera essenza. È soprattutto nell'inferno che il peccato, come dice la beata Emmerick, operando in pienezza in tutta la sua virulenza, matura e sviluppa tutto il suo carico di mostruosità e di morte. "L'inferno - dice lei - rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di errore. Quanto si sente e si vede di orribile all'inferno è l'essenza, la forma interiore del peccato scoperto".
L'inferno è perciò anche la continuazione dell'inferno del cuore, volu¬to dai peccatori con i loro peccati.
Se si comprendesse che, assieme a satana, è il peccato il grande nemi¬co dell'uomo! Come far capire poi che arrivare addirittura ad esaltare il pec¬cato come segno di distinzione e di grandezza, è il massimo della stupidità e della pazzia? Ma purtroppo di tali "pazzi" il mondo, in ogni epoca, ne è stato sempre pieno!
6. Nell'inferno regna pure la tenebra, la notte fonda: in tutte le visioni si parla di tenebre. "Non v'era luce ma tenebre fittissime; eppure quanto poteva dar pena alla vista, si vedeva ugualmente nonostante l'assenza della luce" (S. Teresa). Luogo oscurissimo (S. Veronica).
Non c'è che dire, è sempre in atto la stessa logica: il peccato è la nega¬zione di Dio che è luce, vita, bellezza, la verità, l'amore, la fonte in una paro¬la di tutti i valori. Coloro perciò che hanno rifiutato la luce, saranno perenne¬mente nelle tenebre più fitte, perché l'opposto alla luce è appunto la tenebra, la notte, il simbolo di ogni negazione. Chi rifiuta la luce non può che vivere nella tenebra. Tenebra già nella vita terrena e tenebra paurosa nell'inferno.
Ma pur nel buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio.
7. Nell'inferno è bandito l'amore. Nelle cavernose prigioni e orrendi deserti e laghi dell'inferno - dice la Emmerick - ferve l'eterna e terribile discor¬dia dei dannati. Nell'inferno cioè non può esistere l'amore, perché vi predo¬mina assoluto l'odio verso tutto e verso tutti e anche tra dannato e dannato. Senza amore vi ferve la discordia. La discordia è il contrario della concordia, che è un effetto della carità, dell'amore. La concordia infatti "deriva dal fatto che la carità unisce i cuori di persone in una data cosa, che è principalmen¬te il bene divino, e secondariamente il bene del prossimo".
"La discordia è figlia della vanagloria, perché ciascuno degli opposi¬tori si fissa sul proprio punto di vista, senza cedere all'altro; ed è una proprie¬tà della superbia e della vanagloria cercare la propria eccellenza".
Nell'inferno non può esserci né pace né amore, e perciò, non potendo¬vi esistere né compagnia né associazione di sorta, vi regna pure la più spaven¬tosa solitudine. Non per nulla è stato detto del diavolo che egli è l'essere non più capace di amare. Ma lo stesso deve dirsi di tutti i dannati. Deve dirsi allo¬ra che l'inferno sono gli altri, come ha scritto Sartre. Ciò è vero in pieno pro¬prio nell'inferno dove l'inferno sono gli altri ai quali si vuol fare del male e dai quali si riceve tutto il male possibile.
Che se è avvenuto, e può sempre accadere, che qualche dannato - rifa¬cendoci a fatti storici - avverte parenti o amici e conoscenti di stare nell'infer¬no, esortando a cambiare la vita per non fare la stessa fine, ciò non è dettato da amore o sana preoccupazione. Si tratta solo di misteriosi interventi che i dannati spesso sono costretti a fare, solo perché così vuole Dio nei suoi imper¬scrutabili disegni.
Anche per questo le pene dell'inferno mai potranno attenuarsi: l'amo¬re, da solo, sarebbe già un grande lenimento alle orrende sofferenze.
8. L'inferno rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di erro¬re, essendo di tutto questo continuazione e sviluppo e anche rivelazione tota¬le. Ogni dannato ha sempre presente questo pensiero: che i tormenti da lui sof¬ferti sono il frutto naturale e giusto dei suoi misfatti. Come tanto spesso sono i peccati nel mondo a produrre paurosi disastri. Conferme a questa dottrina ce ne sono tante, specie negli scritti dei SS. Padri, come S. Agostino. Ma mi piace qui riportare una testimonianza di una Santa (o candidata alla canonizzazione) dei nostri tempi, Edvige Carboni. Prima che scoppiasse la terribile seconda guerra mondiale Edvige ne fu avvertita a più riprese. Per es., la Madonna le disse: "Verrà fra pochi mesi una terribile guerra. Io sto tratte-nendo il braccio del mio Figlio sdegnato per le mode immodeste e altri pec¬cati orribili, ma non riesco a placarlo".
Nel settembre 1941 in una visione Gesù così disse a Edvige: "Figliola, io agli uomini ho dato la libera volontà di operare come a loro piace. Il mondo è tanto cattivo, che sono stato costretto ad abbandonarlo a se stesso. Non sono io che ho mandato la guerra, no, no. Sono i peccati degli uomini che hanno attirato il presente pagello; sono i capi, che fanno da soli. E io interverrò, quando vedrò che gli uomini non possono fare più niente. Allora salverò la mia Sposa, la Chiesa".
Nell'inferno si aduna dunque tutta la sozzura del mondo. Se in cielo gli effetti dei peccati dei salvati sono stati cancellati dalla misericordia di Dio; gli effetti invece delle iniquità dei dannati sono come accumulati nell'inferno, che appare, così, come una specie di immondezzaio dove vanno a finire tutti i rifiuti non riciclati. E così si ripresenta, una volta di più, la visione di due realtà contrapposte, di due città, la città dell'odio e della discordia, della mostruosità e della infelicità eterna, e la città dell'amore e della bellezza e della felicità perenne.
Questo pensiero - che è soprattutto della beata Emmerick, Suora agosti¬niana - richiama istintivamente alla mente La Città di Dio di S. Agostino. "Due amori - egli dice - hanno dunque fondato due città: l'amore di sé portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l'amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste".
Ed è sempre S. Agostino a dirci che la sede definitiva dei cittadini della Città di Dio è il cielo, il paradiso; per gli abitanti della città terrena è l'infer¬no.
9. Anche nell'inferno esiste un ordine e una gerarchia:
Anche nell'inferno c'è un ordine: chi ha peccato di più e più gravemen¬te, soffre più spaventosamente degli altri che hanno peccato meno e con meno responsabilità. E più grande è il peccato commesso, più mostruosi si è: nella visione dei tre fanciulli di Fatima "I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti". Le differenze nota¬te (i dannati erano come braci trasparenti e nere o abbronzate) rispondono molto probabilmente alle diverse forme di tormenti dati per i peccati specifi¬ci, oppure vogliono sottolineare che non tutti sono colpevoli allo stesso modo e nella stessa misura.
Per questo perciò esistono nell'inferno vari reparti, raffigurati forse in quelle montagne, l'una diversa dall'altra dalla quale i dannati si precipitano nell'abisso. Spalancatasi infatti la montagna e apertisi i suoi fianchi, Santa Veronica vede una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco.
I demoni, estremamente furiosi, molestano le anime le quali urlano disperate. A questa montagna seguono altre montagne più orride, le cui visce¬re sono teatro di atroci e indescrivibili supplizi.
Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abi¬tatori. "E a quest'arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati".
In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (son quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l'inferno.
All'improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell'altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d'un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d'immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. "I peccati che hanno com¬messo sono i più gravi che mai vivente può immaginare".
Nel fondo dell'abisso ci sono i gerarchi dell'inferno. Qui, infatti, Santa Veronica vede un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell'abisso. La Santa nota che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Alla domanda agli ange¬li di chi fossero quelle anime, ella riceve questa terribile risposta: "Essi furo¬no dignitari della Chiesa e prelati religiosi".
Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati.
Dunque non è la stessa cosa meritare l'inferno per un solo o per molti peccati mortali. Il peccato pesa sempre spaventosamente ed è sempre gravido di conseguenze.
10. La visione di satana forma il tormento dell'inferno, come la visio¬ne di Dio forma la delizia del Paradiso. Ritorna qui - soprattutto nella visione della Emmerick - il confronto col cielo: i beati sono felici nella visione di Dio che è la fonte e la radice di tutti i loro beni; i dannati sono tormentati incredi¬bilmente nella loro visione del loro massimo nemico e artefice in parte della loro dannazione.
11. L'inferno è il luogo della giustizia: "Mira e guarda bene questo luogo - dice il Signore a S. Veronica Giuliani - che non avrà mai fine. Lì sta per tormento la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno". E tuttavia, anche nell’inferno, secondo S. Caterina da Genova, splende in qualche modo la misericor¬dia di Dio, perché: "La pena dei dannati non è già infinita in quantità, imper¬ciocché la dolce bontà di Dio spande il raggio della sua misericordia anche nell'inferno. Perché l'uomo morto in peccato mortale, merita pena infinita, e tempo infinito di essa pena. Ma la misericordia di Dio ha fatto solo il tempo della pena infinito, e la pena terminata in quantità: imperciocché giustamen¬te gli avrebbe potuto dar molto maggior pena che non gli ha dato.
Oh quanto è pericoloso il peccato fatto con malizia! Perché l'uomo con difficoltà se ne pente, e non pentendosi esso, sempre sta la colpa, la quale tanto persevera, quanto l'uomo sta nella volontà del peccato commesso, o di commetterlo" (n.9).
12. L'inferno è eterno soprattutto perché nessun dannato chiederà mai perdono a Dio. La Madonna dice ai veggenti di Medjugorje: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere (siamo noi a sottolineare) ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre!".
L'inferno è una scelta libera dei dannati. Ancora la Madonna di Medjugorie dice ai veggenti: "Dio ha donato a ciascuno la libertà. Sulla terra ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio, contro la sua volontà, pienamente consapevoli: cominciano così l'inferno nel loro cuore; quando viene il momento della morte, se non si pentono, è lo stesso inferno che continua".
13. I dannati, appena morti, si precipitano da se stessi nell' inferno, vi si gettano come se desiderassero sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire.
Anche qui si trova riscontro in S. Caterina da Genova che così scrive: "Siccome lo spirito netto e purificato non trova luogo, eccetto Dio, per suo riposo, per essere stato a questo fine creato, così l'anima in peccato non ha altro luogo se non l'inferno, avendole ordinato Dio quel luogo per fin suo. Però, in quell'istante che lo spirito vien separato dal corpo, l'anima va all'or¬dinato luogo suo senz'altra guida, eccetto quella che ha la natura del pecca¬to; partendosi però l'anima dal corpo in peccato mortale. E se l'anima non trovasse in quel punto quella ordinazione, procedente dalla giustizia di Dio, rimarrebbe in maggiore inferno che non è quello, per ritrovarsi fuori di essa ordinazione, la quale partecipa della divina misericordia, perché non dà all'anime condannate tanta pena, quanta esse meritano. Perciò, non trovan¬do luogo più conveniente, né di minor male per loro, spinte dall'ordinazione di Dio, vi si gettan dentro, come nel suo proprio luogo" (n.12).
Di fronte alla luce possente di Dio e alla sua Maestà il dannato si vede tanto abietto e miserabile da non poterne assolutamente sopportare la vista e la presenza, e perciò fugge, si inabissa.
Succede un po' la stessa cosa tra gli uomini. Chi, invitato a un gran ban¬chetto, si accorgesse all'ultimo momento di aver la faccia sporca, scappereb¬be via dalla vergogna. Si potrebbe dire, quindi, che non è Dio prima di tutto a scacciare il dannato, ma lui stesso: "Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?" (2 Cor 6,14). Tenebra e luce, deformità e santità, disordine e ordine perfettissimo non pos¬sono coesistere o convivere.
Il dannato fugge dalla vista di Dio e poi lo odia pure. Demoni e danna¬ti, tutti si scagliano contro di Lui, odiandolo e maledicendolo. "La montagna viva - afferma tra gli altri S.Veronica Giuliani - era un clamore di maledizioni orribili ".
Un odio spaventoso, inestinguibile e senza ragione. Il dannato mai potrà accusare Dio di essere Lui, sia pure in qualche modo, la causa della sua dannazione. L'odio allora si spiega perché strutturalmente la luce non è la tenebra, e la grazia non è il peccato. L'una nega l'altro, l'una si oppone radi¬calmente all'altro. Ma i dannati non possono non odiare e non maledire chi è in uno stato felice del tutto opposto al loro.
Da aggiungere pure che il dannato si sente condannato e svergognato anche dalla semplice presenza di Dio, anche senza parlare. Così come un'ani¬ma santa, pur senza dire niente, accusa e condanna i cattivi.
14. I demoni dispensano pene e sofferenze inaudite nel loro odio .... Incapaci ormai di poter amare, essi non hanno altra gioia - se di gioia si può parlare - che di far soffrire al massimo tutti gli altri.
Per lo più si rischia di andare all'inferno perché si vuol fare quello che si vuole, si pecca, si trasgredisce la legge con l'illusione di essere liberi e non esseri sottomessi a nessuno. Tragica illusione, l'uomo non può essere assolu¬tamente libero. O se si è schiavi della giustizia, schiavitù che in effetti è splen¬dida affermazione di vita e di dominio di sé e quindi di vera libertà; o si è schiavi dell'empietà che è vera e tremenda schiavitù che porta alla morte: "Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedir¬gli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia?" (Rom 6,16).
"E’ sempre accaduto secondo l'eterna e giusta legge di Dio che chi non ha voluto essere governato secondo dolcezza, si governa da sé quasi come castigo, e chi di propria volontà ha respinto il giogo soave e il lieve peso della carità, ha dovuto reggere di mala voglia il peso insopportabile della propria volontà. Perciò con un criterio mirabile e giusto la legge eterna ha messo in posizione contraria a sé ed ha conservato sottoposto a sé chi l'aveva fuggita, dato che egli non ha potuto sottrarsi per le sue colpe alla severità della giu¬stizia e, soggetto al suo potere, ma escluso dalla felicità, non è riuscito a rimanere a Dio nella sua luce, nella sua pace, nella sua gloria".
E Dio fa di tutto perché le anime siano preservate da sì spaventosa sorte. Ci sono mille argomenti che provano come il Signore ricorra a tutti i mezzi per salvare gli uomini. Egli li vuole salvi e felici con Lui. Per questo egli insiste, spinge, esorta, corregge, spaventa affinché l'anima capisca ed operi secondo il suo vero vantaggio spirituale.
Di questa volontà salvifica di Dio è prova anche questa stessa moltepli¬cità di visioni. Ma, in proposito ascoltiamo anche un messaggio dato a Suor Menendez. Il 10 giugno del 1923 le apparve Gesù: aveva una bellezza cele¬stiale improntata a sovrana maestà. La sua potenza si manifestava nel tono della voce. Queste le sue parole: "Josepha, scrivi per le anime". Voglio che il mondo conosca il mio Cuore. Voglio che gli uomini conoscano il mio amore. Lo sanno ciò che ho fatto per loro? Gli uomini cercano la felicità lontano da me, ma inutilmente: non la troveranno.
A Suor Benigna Consolata Ferrero, Gesù confiderà un giorno, dopo averle mostrato l'inferno: "Vedi, Benigna, quel fuoco!...Sopra a quel¬l'abisso io ho steso, come un reticolato, i figli della mia misericordia, perché le anime non vi cadano dentro. Quelle però che si vogliono dannare, vanno lì per aprire con le proprie mani quei fili e cadere dentro e una volta che vi sono dentro neppure la mia bontà le può salvare. Queste anime sono inseguite dalla mia misericordia molto più di quanto sia inseguito un malfattore dalla polizia, ma esse sfuggono alla mia misericordia".
Sr Faustina dice: "Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferi¬sco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato".



[Modificato da MARIOCAPALBO 01/02/2015 20:50]

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